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Don Milani, Manzi e Lodi, Appunti di Didattica generale e speciale

I tre "maestri" della scuola attiva del secondo '900 italiano

Tipologia: Appunti

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Caricato il 23/04/2020

elisa.viviani
elisa.viviani 🇮🇹

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(32)

21 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Don Milani, Manzi e Lodi e più Appunti in PDF di Didattica generale e speciale solo su Docsity! DON MILANI - Don Lorenzo Milani nasce nel 1923. - E' il rampollo di una famiglia ebrea molto ricca e di straordinaria cultura. - La sua mamma studia inglese con James Joyce; per far ripetizioni a lui interverrà niente di meno che Giorgio Pasquali, il padre della filologia italiana. - Ha uno spirito artistico molto pronunciato: dopo un periodo di vita a Milano, andrà a bottega da un artista tedesco, Hans-Joachim Staude, per diventare un pittore. - In quel momento della sua esistenza incontra un prete fiorentino, Don Raffaele Bensi, e con lui matura la scelta di una conversione cristiana radicale. Una conversione che serve non solo a strapparlo ad un ambiente borghese, ma anche in qualche modo ad inverare (attuare, realizzare) quello che era stato un battesimo fatto per motivi razziali dai genitori durante il periodo della persecuzione fascista. - Questo giovane giudeo-cristiano rappresenta all'interno del suo seminario e all'interno del clero fiorentino una voce di grande radicalità. Lo si vedrà quando viene mandato a Calenzano, nella periferia di Firenze, dove il suo amore per la classe operaia diventerà la ragione di un modo stesso di vivere il sacerdozio, non solo e prima di tutto come un annuncio pio in quanto tale, ma come un annuncio educativo, la formazione alla cultura, il consegnare la parola in tutti i sensi che può avere. - E a Calenzano Don Lorenzo Milani si fa dei nemici, talmente tanti che l'Arcivescovo di Firenze per punirlo gli offre di mandarlo parroco e priore a Barbiana, una parrocchietta sul crinale dell'Appennino dove non arriva né la strada, né la luce. - Don Milani accetta questa sfida e farà di Barbiana il centro di una irradiazione culturale, spirituale e teologica di grande rilevanza. Ed è lì che pubblicherà Esperienze pastorali, un libro sulla sua riflessione fatta a Calenzano che verrà messo fuori commercio dal Sant'Ufficio. Ed è lì che formerà una piccola scuola per i figli dei contadini che diventerà un modello di grande innovatività e creatività pedagogica. - Una scuola alla quale prenderanno parte anche grandi figure della cultura italiana, fotografi come Oliviero Toscani, grandi giuristi che si lasciano coinvolgere in questa esperienza di emancipazione delle classi subalterne attraverso la cultura. - Si ammalerà di un linfoma molto giovane (muore nel 1967 a giugno) ma prima di morire farà in tempo ad essere rinviato in giudizio per aver difeso l'obiezione di coscienza ed essere diventato famoso in tutta Italia per la sua difesa appunto della vita di questi ragazzini delle classi subalterne che nella scuola trovavano grazie a lui un momento di emancipazione e non di esclusione. - La sua figura è una figura complessa perché ridurla ad un pedagogista vorrebbe dire perdere quella che è stata la sua grande passione bruciante di un figlio di Israele innamorato della parola che diventando cristiano porta nella sua fede quello stesso amore e quello stesso fuoco. MANZI LO SCOLARO ALBERTO MANZI Alberto Manzi è nato a Roma il 3 novembre 1924, figlio di Ettore, tranviere e di Maria, casalinga, che ebbero un’altra figlia Elena. Manzi ha avuto quattro figli (Alda, Massimo, Roberta e Flavia) dalla prima moglie Ida, e una figlia, Giulia, dalla seconda moglie Sonia Boni. Con queste ultime si trasferirà, nel 1986, da Roma a Pitigliano (Grosseto). Pagina 1 Le prime fotografie dall’album di famiglia, i libri e le pagelle di scuola di Alberto Manzi. Questi ultimi con la loro veste grafica e i contenuti sono documenti interessanti sullo “stile d’epoca” e anche sul maestro quando era ancora scolaro. Divertente notare come il giudizio per ogni materia alla fine di ogni anno fosse “lodevole” tranne che in “disegno e bella scrittura” dove era solo “bravo”. Alberto Manzi ha cominciato per tempo a dimostrare che pagelle e schede di valutazione raramente sono affidabili... VOLEVO FARE IL CAPITANO “Il mio sogno da ragazzo era di fare il capitano di lungo corso, per cui ho studiato all’Istituto nautico, ma contemporaneamente studiavo all’Istituto magistrale [...]. L’Istituto nautico lo frequentavo perché mi piaceva, [...] ma pensando sempre di fare il maestro”. Alberto Manzi si diploma nel 1942. Durante la seconda guerra mondiale presta servizio sui sommergibili della Marina Militare Italiana e dopo il 1943 entra nel Battaglione da sbarco San Marco, divisione aggregata all’VIII Armata inglese. “Facendo la guerra, poi, ho scoperto che tante cose per cui si pensava valesse la pena vivere erano solo delle falsità. [...] Soprattutto dopo l’esperienza della guerra, l’idea fissa che avevo era di aiutare i ragazzi. [...] rinnovare un po’ la scuola, per cambiare certe cose che non mi piacevano”. ESSERE UOMINI Manzi è stato anche poeta. Le sue prime scritture hanno forme e metri della poesia. Manoscritte su gruppi di fogli e quaderni e poi trascritte a macchina in più copie su sottili veline: il fondo archivistico del Centro Alberto Manzi conserva tutti questi scritti, che documentano quanto “bollisse” nell’animo passionale ma già ben formato del diciottenne Alberto. Non l’intimismo del proprio “io” ma, al contrario, liriche nutrite di forte idealità patriottica e civile (amore di Patria, per la bandiera, onore a chi muore per gli ideali comuni) si mescolano con poesie di attenta analisi della società e dei vizi degli uomini (“Italianucoli”), con rime di forte accento satirico, in un romanesco che rimanda naturalmente a Trilussa. Alla poesia scritta Manzi tornerà tra il 1983 e il 1984, con 16 poesie dedicate alla moglie Sonia (pubblicate postume in Essere uomo, Edizioni Laurum, Pitigliano 1998). Poesie di affetti, ma ancora una volta – chiudendo il circolo della sua vita – Manzi ribadisce i “fondamentali” della sua visione della vita e dell’uomo: ... perché così non saremo uno, soli, sotto il tacco del potere, ma noi, tutti, un uno plurimo che cantiamo la gioia di essere uomini. LA SCUOLA DEL CARCERE Dopo la guerra e la laurea in Biologia, dal 1946 al ’47 Manzi viene “sbattuto” a insegnare nel carcere minorile “Aristide Gabelli” di Roma, in un’enorme ‘aula’ senza banchi, sedie, libri, senza niente, con 94 ragazzi, dai 9 ai 17 anni (perché al 18° passavano al Regina Coeli), con alfabetizzazioni e storie differenti. Una classe difficile, di cui Manzi si guadagna l’attenzione iniziando a raccontare la storia di un gruppo di castori che lottano per salvare la propria libertà. Funziona. I giovani carcerati scrivono insieme la storia e la portano pure in scena. Manzi ne rielaborerà il suo primo romanzo, Grogh, storia di un castoro, premiato nel 1948 con il “Collodi” per le opere inedite, due anni dopo pubblicato dalla Bompiani e poi tradotto in 28 lingue; nel 1953 ne fu ricavata una riduzione radiofonica dalla Rai. Nel carcere “Gabelli” Manzi ha anche dato vita, assieme ai ragazzi, a “La tradotta” il primo giornale mensile redatto e successivamente stampato dagli ospiti di un istituto di pena. COSA NON VA NELLA SCUOLA D’OGGI Alberto Manzi nel suo mestiere di insegnante riversava entusiasmo, metodo, volontà di sperimentare, di rimettere continuamente tutto in discussione, in gioco. Non fu invece mai entusiasmante il suo rapporto con l’istituzione e la gerarchia scolastica. Né con il potere in generale. Pagina 2 Presta molta attenzione a come si formano i concetti; un corretto processo formativo si realizza con la pratica e con l’esperienza, non con il trasferimento passivo di concetti e la memorizzazione di informazioni svincolati dall’esperienza. Secondo Manzi l’educazione scientifica era uno dei punti più deboli della scuola italiana degli anni ’50. La sua doppia formazione, scientifica e pedagogica-psicologica, gli consentiva una visione globale. Non lasciava niente al caso: organizzava, pianificava, costruiva per ‘decostruire’ subito dopo. Le domande, i ‘trabocchetti’ logici, il rovesciamento, la rimessa in discussione dei ‘punti fermi’, il gioco: questi gli strumenti utili per insegnare ai bambini e ai ragazzi, partendo dalla loro forma mentis e dalle realtà che vivevano e conoscevano, a fare ragionamenti logici, ad acquisire un metodo per districarsi nei ‘labirinti’ del sapere e della vita. “Partire da cose semplici e concrete per arrivare gradualmente ad un principio di astrazione”, era scritto nella presentazione del quarto quaderno Primavera per la scuola materna. I BUONI SUSSIDIARI Manzi ha curato alcune collane di volumi sussidiari per tutte le classi di scuola elementare. Volumi ‘chiavi in mano’, li segui- va dall’inizio alla fine del progetto: collazionava testi e immagini, disegnava il menabò, dava precise indicazioni a grafici e tipografi su dimensioni dei testi, sul posizionamento delle immagini delle quali spesso disegnava lui stesso il modello esecutivo o il bozzetto. 
 Come è?... Cosa fa?... Che cosa pensi che sia?... Che cosa pensi su?... Osserva e rispondi... Che differenze noti?... Vero o falso?... Uno di questi disegni rappresenta... qual è?... Ecco come nasce... metti insieme... separa... trova... sono le indicazioni ricorrenti, per stimolare, provocare, divertire, al fine di fare crescere la capacità di elaborare concetti e sviluppare l’intelligenza. Perché “intelligenti si diventa” ha scritto più di una volta Alberto Manzi. Però occorrono anche buoni maestri e buoni sussidiari. PERCHE’ UN NUOVO LIBRO DI LETTURA? “Perché un nuovo libro di lettura? Per rispondere ad una esigenza attualissima: i ragazzi non leggono o leggono troppo poco. E nella scuola generalmente si insegna la tecnica del leggere, ma non si dà il gusto di leggere. [...] Per il bambino il libro di lettura è il simbolo, il rappresentante di tutti i libri del mondo; se imparerà ad amare il suo libro continuerà ad amare la lettura e chi legge è uno che meglio degli altri partecipa attivamente e intelligentemente alla vita della sua comunità [...] Per il ragazzo il libro deve [...] essere qualcosa di piacevole, dove si può non solo leggere, ma colorare, trasformare, fare, disfare, ampliare, ridere, inventare, riflettere. [...] Il libro si trasforma così in qualcosa di personale, perciò vivo. In sintesi gli scopi che gli autori si sono proposti sono: • sviluppare il gusto del leggere; 
 • sviluppare l’attività logica, il ragionamento, l’analisi, la sintesi; 
 • sviluppare l’osservazione, la riflessione; 
 • sviluppare la fantasia; 
 • sviluppare il senso dell’umorismo; 
 • sviluppare il gusto della ricerca scientifica; 
 Pagina 5 • stimolare a far da sé; 
 • insegnare a pensare. Soprattutto insegnare a pensare [...]” C’ERA UNA VOLTA…UNA FIABA “... Diciamo che innanzi tutto la fiaba è “scienza”, non invenzione fantastica; scienza perché guarda e cerca di analizzare la realtà del mondo usando, invece che la tecnica, la fantasia... ... La fiaba narrata dal genitore crea un’atmosfera di amorosa “complicità” tra l’adulto e il bambino... ... Purtroppo c’era una volta il papà o la mamma o la nonna... che raccontavano le fiabe... 
 ... Il deforme cartone animato propinato a iosa dalla televisione, pone l’eroe in un mondo meccanico che non è il mondo del bambino... Mazinga, o chi per lui, preme un pulsante, il raggio di luce abbaglia, colpisce, distrugge... ... Occorre che la fiaba ritorni anche nella scuola, proprio perché il bambino si pone “i primi ed eterni interrogativi... come i grandi filosofi... e le fiabe gli forniscono delle risposte a questi pressanti interrogativi” (Bettelheim)... ... Per questo la favola non è fuori tempo, non sarà mai fuori tempo. Per questo sarebbe non solo bello, ma importante, che la sera qualcuno sedendosi sul letto del bambino, cominci nuovamente a dire: “C’era una volta... “. PRIMO: RISPETTA IL BAMBINO “Le ho provate tutte per cercare di trasformare questa benedetta scuola, nel rispetto del bambino, perché questo è il punto fondamentale” ha scritto Manzi. 
 Nel giugno 1975 il maestro si era rifiutato di classificare gli alunni perché “classificare significa impedire un armonioso sviluppo intellettivo, ... significa impedire un apprendimento cosciente... obbligare ad accettare definizioni stabilite... educare alla menzogna e alla falsità... Se è obbligatoria la classificazione, delego la segreteria della scuola a dare lo stesso voto ad ogni alunno e per ogni materia”. Nel 1976 scrisse al suo direttore didattico che avrebbe compilato le pagelle per il II quadrimestre solo se gli avessero dimostrato che “dare i voti e compilare una classificazione (sia pure a parole) è un mezzo che aiuta i ragazzi a crescere in intelligenza, in solidarietà, in amicizia...”. Nel 1981 dal provveditore agli studi di Roma fu sospeso dall’insegnamento per due mesi per la mancata compilazione dei giudizi analitici nelle schede di valutazione degli alunni. Ci furono articoli sulla stampa nazionale, vibrate proteste da parte dei genitori dei ragazzi, interrogazioni parlamentari. NELLA STORIA DELLA TELEVISIONE E D’ITALIA Qualcuno ha detto che tra i protagonisti del progresso dell’Italia, dal secondo dopoguerra del secolo scorso, un posto di prima fila aspetta ad Alberto Manzi e alla scuola di “Non è mai troppo tardi”. Anche con la televisione Manzi collaborò per tutta la vita, ideando programmi, scrivendo racconti e testi, conducendo trasmissioni e proponendone sempre di nuove. Radio e televisione erano partner ‘naturali’ per il suo progetto di stimolare lo sviluppo intellettuale dei bambini attraverso la lettura, il gioco, la fantasia. Ma assieme alle potenzialità ne colse per tempo anche le possibili debolezze o degenerazioni. Rispondendo alla domanda “la televisione è educativa?” Manzi affermò “... questo “strumento” è valido se mette in moto l’individuo, se lo spinge, cioè, a “fare”, dato che ogni nostro concetto deriva dall’esperienza. Ma se abbiamo solo una conoscenza derivata dalla semplice informazione, diventiamo solo ripetitori di “cose” e non creatori in noi stessi di cultura”. IMPARIAMO INSIEME Pagina 6 Insieme per Manzi è stata, da sempre, una delle parole ‘magiche’ preferite, fin dai primi scritti, dai primi libri. Insieme nella stessa comunità, nella stessa patria dell’uomo, il mondo... “Insieme” fu anche il titolo per le trasmissioni pensate – sull’esempio della celeberrima scuola televisiva per gli italiani – per insegnare l’italiano agli extracomunitari. “Insieme per apprendere a comunicare tra di noi (leggere – scrivere) per conoscere il mondo dove viviamo, la gente con la quale viviamo, abbandonando la passività mentale dello spettatore televisivo...” scriveva Manzi nella proposta per la Rai. A causa, secondo lo stesso Manzi, del fatto che pochi extracomunitari avevano la televisione e potevano guardarla nell’orario di pranzo assegnato alle lezioni, e senza possibilità di repliche, la trasmissione non funzionò come avrebbe potuto se meglio programmata. Fu l’ultima conduzione televisiva di Alberto Manzi. ALBERTO MANZI: SINDACO Nel 1994 Alberto Manzi accetta di candidarsi e viene eletto sindaco di Pitigliano, in provincia di Grosseto. Completa così il cerchio dell’impegno sociale e civile che ha caratterizzato – accanto a quello educativo: nel carcere e nelle aule scolastiche, alla radio e alla televisione, e alla produzione letteraria – la sua ricca biografia. Nemmeno l’impegno quotidiano da primo cittadino blocca la sua capacità e la voglia di analizzare e di progettare, sia per il territorio di Pitigliano, sia per la scuola e i bambini. Tra le sue carte da sindaco si trova l’illustrazione del Progetto Azil per un museo all’aperto che, partendo dal mal utilizzato patrimonio archeologico etrusco di Pitigliano, favorisse lo sviluppo turistico del territorio ma anche la scoperta della vita passata, del rapporto tra storia e ambiente, ambiente e uomo. C’è anche un progetto “Città dei bambini - Ponte d’oro - Centro di educazione ambientale, suddiviso in tre settori, distinti ma complementari”. Quanto scritto su di lui dal 4 dicembre 1997, data della sua scomparsa, ad oggi fatica a dare la misura completa di quanto Alberto Manzi ha realizzato nel corso dei suoi 73 anni di vita. INTERVISTA A MARIO LODI: SE I BAMBINI NON PARLANO https://www.youtube.com/watch?v=hLDLKTSDnSs Mario Lodi afferma che ha pensato (negli anni ’50, con le prime televisioni) che la televisione potrebbe diventare un teatro o di più la televisione del popolo italiano, che trasmette il meglio di quello che si produce, in tutti i campi. Tutta la nostra vita sarebbe stata ricchissima sul piano culturale grazie alla televisione. Lodi ci credeva. Pensava che era impossibile che l’uomo si lasciasse sfuggire una cosa così importante, cioè avere a casa gratuitamente il meglio di quello che produce la società nostra. La televisione italiana iniziò con un maestro, Manzi. Egli si accorse che c’erano migliaia di analfabeti. Con il programma ‘non è mai troppo tardi’, Manzi insegnò a scrivere e a leggere a questi analfabeti italiani. Questa è una funzione della televisione, cioè arricchire culturalmente la nostra popolazione. Poi ci fu qualcuno, cioè il famoso filosofo Karl Popper, che disse che la televisioni, così come la pubblicità, i film degli omicidi (che ci mostrano i disastri e non le opere buone), diventa un mezzo pericoloso perché porta a cambiare il modo di pensare della gente, a cominciare dai bambini. L’idea di dire alla televisione di cambiare, di migliorarsi, di farlo diventare un fatto culturale. Lodi e la sua associazione ha deciso di raccogliere firme. È iniziato da Lodi e in poco tempo hanno raccolto 550mila firme. Queste firme le hanno portate al ministero e li ha mandati a Roma, dove hanno consegnato queste firme. Le televisioni, tutte presenti e firmarono, promisero di migliorarla, per esempio di valorizzare la produzione della cultura degli scrittori, dei poeti. Hanno firmato tutti, ma non hanno fatto nulla. Nessuno ha modificato il suo atteggiamento. Pagina 7 Allora ci pensò un paio di giorni. Un giorno ritornò a scuola con un violino (4 corde, l’archetto). Glielo fa usare a tutti. Manzi fa notare che il violino ha 4 corde ma che fa moltissimi suoni. Manzi non sa se l’alunno ha modificato il suo concetto ed è arrivato a capire che con 4 corde si può fare tutto, però è rimasto colpito dal fatto. I ragazzi rivedevano ciò che loro già sapevano, lo dicevano e ci riflettevano. LE SCHEDE DI VALUTAZIONE Su 26 ragazzi che Manzi aveva in classe, Manzi ne aveva 15 che avevano dei grossi problemi. Però quando nacque la storia delle schede, lui doveva dire che cosa erano questi ragazzi. Manzi non lo volevano scrivere perché diceva una cosa relativa ad un momento, ma questo documento rimane. Chi legge questo documento tra un anno, dirà che tale ragazzo è uno schizofrenico ecc.. Manzi per aver detto questo al preside, fu punito e rimase per 4 mesi senza stipendio. L’anno successivo doveva compilare le schede di valutazione, ma non le fece e scrisse con un timbro sopra tutto ‘fa quel che può. Quel che non può, non fa’. Un giudizio estremamente preciso e scientificamente esatto. Fu denunciato alla procura della Repubblica. Il giudice si mise a ridere e chiese perché con il timbro. Il secondo anno non lo scrisse con il timbro ma a mano. Oggi i bambini hanno molti più problemi di quelli di una volta o noi non capivamo i bambini o è la scuola che crea i problemi ai bambini. AMERICA DEL SUD. Manzi andò in America per la prima volta nel 1955-1956. Poi scoprì che vi erano altre situazioni. C’erano contadini e altre persone che non potevano iscriversi ai sindacati perché non sapevano leggere e scrivere. Nessuno gli insegnava a leggere a scrivere perché chi lo faceva veniva picchiato oppure ammazzato. Questo era proibito. Andò in Ecuador, Perù e faceva scuola ad un gruppo di 15 Indios. Dal 1957 fino al 1976-77. Non andava da solo. Verrà accusato di essere papisti, per cui iniziarono ad arrestare. Si voleva capire se la scuola dovesse servire l’uomo o doveva servire il potere. - Si ammalerà di un linfoma molto giovane (muore nel 1967 a giugno) ma prima di morire farà in tempo ad essere rinviato in giudizio per aver difeso l'obiezione di coscienza ed essere diventato famoso in tutta Italia per la sua difesa appunto della vita di questi ragazzini delle classi subalterne che nella scuola trovavano grazie a lui un momento di emancipazione e non di esclusione. La sua figura è una figura complessa perché ridurla ad un pedagogista vorrebbe dire perdere quella che è stata la sua grande passione bruciante di un figlio di Israele innamorato della parola che diventando cristiano porta nella sua fede quello stesso amore e quello stesso fuoco. Pagina 10 Dopo aver consultato i materiali caricati nella cartella MATERIALI DIDATTICI "LODI-MANZI- MILANI" dedicata a raccogliere documenti di consultazione sui tre "maestri" della scuola attiva del secondo '900 italiano, mantenendo gli stessi gruppi di lavoro creati per la Consegna N.1, impegnatevi in una riflessione condivisa che si proponga di giungere ad un'opera collettiva (un testo, una slide, una mappa) in cui dovrete individuare: - almeno tre concetti/idee che fanno da connettore, filo rosso, convergenza tra i tre autori considerati - almeno una domanda (3 totali) per ogni nucleo concettuale comune, che sia per voi attuale e valga la pena di chiedersi insieme! Il documento creato potrà essere caricato nello spazio riservato in quest'area a tale scopo, entro il 25 o massimo 26 marzo mattina, così che io possa visionarli e utilizzarli come spunto nella lezione in diretta del 26 Marzo ore 14.30. LEZIONI 23 e 24 MARZO: visione autonoma dei documenti (video e testi) proposti nella cartella Materiali Didattici su Mario Lodi, Alberto Manzi e Lorenzo Milani. Su questi autori e materiali sarà da svolgere la consegna di gruppo prevista per il 25 Marzo. LEZIONE SINCRONA 26 MARZO ore 12.30: La scuola attiva: riflessioni a partire dagli spunti emersi nei lavori di gruppo. 
 Per “DIDATTICA” non intendiamo soltanto la parte della pedagogia che studia la corretta applicazione dei metodi e delle modalità didattiche affinché favoriscano  la corretta formazione del discente, ma all’ interno di essa è fondamentale anche la relazione educativa che viene a crearsi tra l’ insegnante e l’alunno.  Fin da piccoli siamo stati abituati alla lezione frontale, una componente centrale nella didattica tradizionale in cui l’insegnante è di fronte alla classe e trasmette le proprie conoscenze. Possiamo definire questo tipo di lezione  come un “teatro” in cui il maestro è il protagonista che, di fronte alla grande platea di alunni, deve fare del suo meglio per suscitare interesse e motivazione. La curiosità è propria dei bambini che sono sempre, appunto, curiosi di scoprire il mondo che li circonda in cerca di risposte alle loro tante domande. Facendo affidamento a questo istinto, si può creare quel senso di competenza che facilita l’apprendimento. Oggi, però, la situazione è cambiata: siamo davanti ad un nuovo  “nemico invisibile” che ci ha costretti a modificare i nostri stili di vita repentinamente. Stiamo vivendo un periodo di grandi difficoltà che possiamo sconfiggere solo stando uniti e facendo leva sul nostro sentimento di responsabilità. La scuola fin da subito si è chiesta in che modo si potesse continuare a garantire il normale svolgimento delle lezioni anche stando a casa. Già da qualche settimana le scuole di ogni grado e le università stanno utilizzando varie piattaforme per arrivare nelle case degli studenti; nasce così la didattica a distanza, una modalità poco sperimentata che porta con sé diverse difficoltà. Pensiamo a chi non ha la possibilità di seguire una lezione online perché non munito di un computer o chi ha una connessione poco stabile. Questa situazione è sicuramente più complicata per gli studenti con disabilità che hanno bisogno di particolari attenzioni che la didattica a distanza non può dare. La presenza fisica, il contatto visivo e  i gesti non potranno mai essere sostituiti dalla webcam perché favoriscono uno scontro più efficace. Devono essere sperimentati da parte degli insegnanti nuove strategie per restare “connessi” con i propri alunni: mantenere la relazione attiva può non perdere di vista gli aspetti educativi. Nasce un nuovo modo di fare scuola che ha modificato la propria routine scolastica, ponendo di fronte a noi difficoltà che possono essere superate disponendo a tutti i mezzi per non restare indietro. Da altra parte la didattica a distanza può avvantaggiare chi per motivi di lavoro o personali non può essere presente fisicamente a lezione.  Infine, bisogna tornare a reinvestire nella scuola e che questo rappresenti il riconoscimento del valore di essa nella formazione di ogni singolo cittadino. Pagina 11 Pagina 12 Pagina 15 Pagina 16
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