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Don Milani: vita e attività, Appunti di Pedagogia

Documento completo, che descrive lo stretto legame tra il periodo storico e l'attività pedagogica di Don Milani. Nella parte conclusiva è presente un ricco confronto tra il pedagogista popolare e Maria Montessori-Maritein, accompagnato da un riassunto sui punti centrali della pedagogia dell'autore.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 04/10/2023

CC234
CC234 🇮🇹

7 documenti

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Scarica Don Milani: vita e attività e più Appunti in PDF di Pedagogia solo su Docsity! DON MILANI Lorenzo Milani, nacque a Firenze nel 1923. Appartenente ad una famiglia laica e raffinata, egli si interessò subito alla pittura. Grazie alla pittura iniziò a vedere le cose come un unità, in cui ogni parte dipende dall’altra. Con il tempo, tuttavia, non gli basto più vedere questo rapporto tra i colori, ma iniziò a cercarlo con le persone. Mentre affrescava una cappella sconsacrata, Lorenzo trovò la sua vocazione sfogliando il Vangelo e scoprì così una fede pura ed essenziale, convertendosi al cattolicesimo. A soli vent’anni, nonostante le resistenze e l’opposizione della famiglia, entrò in seminario. La cosa che impressionò moltissimo gli altri seminaristi era la sua cura di vivere poveramente tanto che nella sua camera non volle il letto, ma una branda. Don Milani era alla ricerca di una forma di povertà quasi francescana. Questo desiderio di praticare una vita umile,nacque in opposizione all’affermarsi del regime fascista e dei sentimenti da questo promossi. Nell’ottobre 1947 venne nominato cappellano nella parrocchia di S. Donato a Calenzano, alle porte di Firenze. Si trovò ad operare in una realtà rurale arretratissima: i suoi parrocchiani erano braccianti, pastori ed operai, perlopiù analfabeti. Don Milani si convinse così a fare ciò che lo Stato non aveva fatto, ossia occuparsi dell’istruzione dei più deboli. Per quanto riguarda l’educazione, possiamo dire che con il fascismo, più precisamente con la Riforma Gentile del 1923, la società assunse una struttura fortemente gerarchica e piramidale. Questa riforma estese l’obbligo di istruzione fino ai 13 anni: cinque anni di scuola elementare e tre anni successivi di scuola media o di scuola di avviamento professionale, mirava dunque a ridare dignità al ruolo del maestro e agli studi, che avevano il delicato compito di forgiare le menti delle nuove generazioni. (che potevi permetterselo, andava al liceo) Il reale proposito, tuttavia, era quello di contenere il numero della popolazione scolastica notevolmente cresciuta durante il periodo giolittiano ( 1903-14); venne infatti fatta una selezione tra coloro che avevano le possibilità di continuare a studiare e chi invece non era così fortunato. Nacquero si conseguenza delle vere scuole di elite. Nell’immediato dopo guerra (al crollo del fascismo), fuori dai palazzi borghesi la situazione dell'istruzione era desolante: agli inizi degli anni 50 più della metà degli italiani non avevano la licenza elementare. Gli analfabeti erano 5 milioni e mezzo, quasi 13% della popolazione. L’intuizione di Don Milani fu dunque quella di definirsi maestro ancora prima di prete. A Calenzano fondò una scuola popolare e iniziò il suo impegno: dare alla gente, di cui era spiritualmente responsabile, il massimo possibile di acculturazione nel senso di conoscenza, ma soprattutto di capacità critica (così da difendersi dai potenti padroni). Egli era convinto che solo la cultura potesse aiutare i contadini a superare la loro rassegnazione e che l’uso della parola equivalesse a ricchezza e libertà. A S. Donato il sacerdote costruì una comunità, dove ogni regola gerarchica venne sconvolta: la scuola di Don Milani, infatti, era una scuola senza posti predefiniti, senza cattedra, senza programmi né voti, non c'era nemmeno il crocifisso alla parete, poiché non si voleva impedire agli atei, agli areligiosi, a quelli che non credevano, ai comunisti e ai socialisti di frequentarla. Le sue posizioni radicali non gli costarono solo critiche, ma addirittura un trasferimento. Infatti, in occasione delle elezioni amministrative del 1951 e poi delle politiche nel 1953, egli non rispettò la direttiva vaticana del voto non contrario alla chiesa, ma anzi si espresse in pubblico sostenendo la libertà del voto e affermando che ognuno avrebbe dovuto votare secondo coscienza. L’assumere questa posizione fu visto come un atto oltremodo provocatorio dalla chiesa: costretto ad abbandonare Calenzano, fu mandato a Barbiana nel 1954. Barbiana era un piccolo paesino isolato sui monti fiorentini: 124 abitanti in tutto, una chiesa, un cimitero e una manciata di case sparse. Un angolo sperduto molto lontano dall’Italia del boom economico. Appena arrivato Don Milani fece un gesto simbolico: costruì dal nulla e nel nulla la sua scuola popolare per giovani operai e contadini. Il suo obiettivo, infatti, era aiutare i più svantaggiati a liberare la loro cultura e la loro dignità attraverso la parola, per essere in grado di affrontare le difficoltà della vita. Quella di Barbiana era una scuola all’avanguardia, basata su un metodo completamente innovativo, che attirò le critiche dell’Italia tradizionalista. Questa era una scuola aperta, seria e impegnativa: si andava a scuola dopo il lavoro, tutto il giorno, sette giorni su sette per tutto l’anno. Si utilizzava il metodo della scrittura collettiva (ossia si leggevano i quotidiani, si discutevano e si scriveva insieme il L'umanesimo promosso da Don Milani si ricollega all'umanesimo integrale di Maritain: - Maritain visse la prima guerra mondiale, questa tragica esperienza lo segnò così tanto che iniziò a chiedersi come fosse possibile che la modernità avesse generato simili atrocità. Trovò la risposta a questa domanda nella perdita del valore della persona: la persona infatti non era più considerata come unica e irripetibile, ma solamente come un oggetto della scienza. Maritain sosteneva che fosse compito dell'educazione riportare l'uomo al centro, iniziò così a promuovere una educazione integrale, liberale e pluralista. Integrale poiché doveva accrescere tutti gli aspetti della persona, liberale poiché doveva superare la distinzione fra scuola classica e lavoro e avere come fine ultimo la libertà dell'uomo, pluralista poiché doveva promuovere valori comuni, validi per tutti. -Allo stesso modo Don Milani visse la seconda guerra mondiale e tutto il periodo di instaurazione del regime fascista. Vide dunque la nascita di un regime che promuoveva e privilegiava i diritti del più forte, lasciando indietro i meno fortunati. Così come Maritain anche Don Milani promosse un umanesimo integrale, ossia decise di dare importanza al primato dell'essere, schierandosi a favore dei poveri. Il fine ultimo della sua educazione era permettere ai meno fortunati di riscattarsi dalle ingiustizie sociali provocate dalla disparità tramite la parola, come Maritain privilegiava dunque l'uguaglianza di valori possibilità.
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