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DOPOGUERRA, GERMANIA DI WEIMAR, ITALIA E BIENNIO ROSSO, Appunti di Storia

Riassunto del dopoguerra con particolare attenzione alla Germania di Weimar (con introduzione alla figura di Hitler e al suo libro) e all'Italia col biennio rosso (Mussolini e leggi razziali).

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 03/11/2022

emmadenardi
emmadenardi 🇮🇹

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Scarica DOPOGUERRA, GERMANIA DI WEIMAR, ITALIA E BIENNIO ROSSO e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! situazione post guerra in EU Alla crisi economica sociale del dopoguerra si somma il fatto che, nel 1917, nell’URSS sono scoppiate le due rivoluzioni e si è instaurato un regime comunista; in Europa sta avanzando l’ondata rossa sulla scia dei movimenti rivoluzionari. La visione comunista (fronte di vocazione internazionale) si diffonde in Europa in alternativa a quella delle socialdemocrazie. Questo ideale rivoluzionario attecchisce soprattutto in Germania e Italia poiché sono i due paesi che, per motivi diversi, sono usciti dalla guerra scontenti. L’Italia esce da vincitrice sulla carta ma aumenta la percezione della vittoria mutilata. Parallelamente all'impresa fiumana, in ITA dal ‘18 al ‘20 parliamo di biennio rosso. LA GERMANIA DI WEIMAR Alla fine della guerra si instaura la prima repubblica (9/11/19) dopo l'abdicazione del kaiser Guglielmo alla disfatta dell’impero germanico. Parallelamente a questo si stanno formando dei partiti che si ispirano esplicitamente al partito bolscevico russo portando a una scissione interna dal punto di vista politico tra esponenti socialdemocratici (SPD) e i nuclei partitici che nascevano dai consigli degli operai e dei soldati. In questa situazione ancora debole della 1° repubblica approfittano, tra novembre e gennaio, gli spartachisti (o comunisti rivoluzionari della lega di Sparta) che tentano di destituire il governo per dare vita ad una repubblica sovietica di Germania. La reazione a questo tentativo di rivoluzione è che le rivolte vengono duramente represse dai Freikorps (forze militari a cui avevano aderito molti ex combattenti nazionalisti e di destra) con un’azione antispartatista attaccando questi nuclei rivoluzionari nelle piu grandi città (Berlino, Brema e Amburgo). La vittoria definitiva la avranno il 15 gennaio del 1919,quando verranno uccise due figure fondamentali: Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht. All'assemblea costituente del 19 gennaio del 1919 vincono i socialdemocratici con una buona affermazione sia del centro cattolico che del primo nucleo della destra nazionalistica. Queste elezioni portano alla nascita della repubblica di Weimar. Questa repubblica, su carta, si presenta come una repubblica moderna, come un modello di democrazia parlamentare con una bilanciamento delle presenze partitiche che sembra rappresentare la possibilità della Germania uscire dal suo passato imperiale. Ma essa dimostrerà di essere un governo debole poiché non in grado di rispondere alla crisi sociale ed economica e a causa della sua costituzione interna di voci diverse che non riescono a far fronte alle pressioni. Il grande problema è quello delle riparazioni di guerra: la Germania non è in grado di assolvere a questo pagamento e per cercare di far fronte al problema inizia a stampare più moneta cadendo in una grande crisi inflazionistica. A dare forza al sentimento tedesco di vendetta verso FRA e GB, scoppia l’atto di occupazione del bacino della Ruhr (1923) da parte della FRA, la quale, decide di assediare il bacino carbonifero tedesco ricco di industrie (soprattutto siderurgiche). Il capo di governo tedesco, non potendo rispondere militarmente, risponde con una sorta di resistenza passiva di tutti i lavoratori tedeschi creando un’ennesima crisi economica: il governo deve pagare gli operai in sciopero e continua il processo di stampa di cartamoneta (iperinflazione e polverizzazione del marco=perde valore). Di questa situazione approfittano il partito nazional socialista dei lavoratori tedeschi (NSDAP) e Hitler, il quale tenta il colpo di stato a Monaco nel 1923 contro il governo Stresemann. Il colpo fallisce e Hitler viene incarcerato e in quest’anno avrà modo di elaborare il famoso testo “Mein Kampf”. Le condizioni dell’economia tedesca iniziano a preoccupare anche gli altri stati europei poiché temono che tutta questa crisi economica non faccia altro che dare forza alle rivoluzioni comuniste. Per questo motivo entrano in campo gli USA con il piano DAWES del 1924. Gli USA intervennero nella crisi economica tedesca concedendo un prestito alla germania di circa 800 milioni di marchi oro per permetterle di saldare il debito. A seguito di questo piano il processo inflazionistico tedesco si blocca, viene introdotta una nuova moneta (marco pesante) e vi è una sostanziale ripresa economica industriale. Negli anni successivi ci sarà un altro intervento americano a sostegno del governo Stresemann con il piano YOUNG del 1929 che riduce la portata delle riparazioni di guerra. In contemporanea, il governo Stresemann cerca di risolvere i rapporti con la FRA con il trattato di Locarno nell’ottobre del ‘25, il quale cerca di definire il reciproco rispetto dei confini e delle frontiere franco-tedesche: ITA e ING avevano il ruolo di garanti di questo rispetto. Il governo Stresemann porta la GER a ristabilirsi dal punto di vista economico, ma il destino della repubblica di Weimar sarà segnato dalla crisi del 1929, il cosiddetto annus horribilis a seguito della crisi epocale di Wall Street: gli effetti saranno devastanti poiché gli USA non potranno più finanziare la GER. Questa crisi aumenta la crisi sociale e il conflitto tra comunisti e destra: i nazionalsocialisti iniziano ad aumentare gradualmente i loro consensi. Il Mein Kampf Tradizionalmente considerato il vangelo del nazionalsocialismo, contiene idee propagandate attraverso una macchina del consenso in modo da permettere la diffusione su larga scala. Hitler personifica il potere grazie anche una personalità magnetica e comunicativa per le masse (non c’è dittatore senza massa, senza propaganda e senza personificazione del potere). I principi sono: - la rivalsa nei confronti del diktat di Versailles: non solo contro FRA e ING, ma anche contro coloro che lo hanno accettato → lotta interna (contro socialisti e democratici) che dovrebbe portare a un risollevamento sociale e morale del popolo tedesco - lotta contro gli ebrei: oltre che portarsi dietro il pregiudizio storico si sono resi colpevoli di aver diffuso il bolscevismo e di avere nelle loro mani un minaccioso potere economico, di essere quindi (proprio perché così ben integrati nella società tedesca) un pericolo invisibile → pericolosi. Il processo di questa lotta: individuazione, separazione e annientamento. - mito del sangue: tutti questi principi sono alimentati da uno sfondo mitico che è quello che ha permeato la cultura tedesca→il popolo tedesco ha una missione civilizzatrice di liberazione per tutta l’umanità. Questa idea è già presente nei poeti e filosofi romantici (Fichte → Discorso al popolo tedesco). - recupero dello spazio vitale alla luce anche del pangermanesimo: l’idea che la GER debba acquisire tutti quei territori di lingua tedesca che linguisticamente le appartengono (POL, Cecoslovacchia, AUS) alla luce di una convinzione della superiorità della razza indoeuropea e ariana che ha come riferimento il saggio sull’ineguaglianza delle razze di Arthur De Gobineau del 1854 (che contiene la teoria del darwinismo sociale). ITALIA e IL BIENNIO ROSSO 1918-1920 Dopo l’uscita dalla guerra il governo Orlando finì e venne sostituito da quello di Saverio Nitti. In Italia il biennio rosso coincide con l’impresa fiumana, segnata da uno spirito vendicativo e da un sentimento di insoddisfazione che guiderà D’Annunzio e le sue truppe alla presa di Fiume. L’ITA esce dilaniata dal punto di vista economico e sociale e in questo momento di crisi si diffondono gli ideali bolscevichi. Tra le forze in campo più liberali nascono dei nuovi partiti (partito comunista e partito cattolico). La crisi economica italiana è simile a quella della GER ed è dovuta al fatto che, dopo la guerra, a livello economico deve effettuare una riconversione delle industrie in nuovi settori. Questo processo di riconversione porta con sé la crisi di disoccupazione: reduci di guerra e giovani cercano di ritrovare un proprio ruolo economico all’interno di un’economia disastrata. In questo contesto la lira perde il potere d’acquisto e avviene l’inflazione. In Italia, soprattutto nel centro sud, iniziano a scoppiare episodi di occupazione delle terre: vengono occupate quelle in mano ai latifondisti ad opera dei contadini (che durante la guerra erano rimasti senza terre). Anche al centro nord la situazione è grave e le proteste vengono canalizzate dalle cooperative di lavoratori (bianche e rosse) che si ispirano esplicitamente alle idee socialiste-comuniste: iniziano ad annunciare rivolte e scioperi se i proprietari non assumono personale + esercitano una forte oppressione sui contadini per portarli a sé. Nel 1919 scoppiano 208 scioperi agricoli, ai quali si associano occupazioni di fabbriche, attentati contro ex combattenti, mobilitazioni nelle fabbriche. Le agitazioni per la situazione economica, politica e sociale portano alla costituzione di: - leghe rosse → ispirazione socialista, interlocutori dei contadini - leghe bianche → leghe sindacali che si ispirano all’orientamento di massa popolare cattolico Quindi nel fronte socialista inizia a diffondersi l’idea che si possa dare vita ad un processo rivoluzionario sul modello sovietico→ porta i socialisti italiani a esaltare un'ottica che possa essere anche violenta. A questo la politica risponde con profondi cambiamenti: nel 1912 era stato introdotto il suffragio universale maschile > le masse diventano i nuovi soggetti politici e devono essere guidate. Il fronte liberale era troppo debole e la classe dirigente liberale moderata era sempre più in difficoltà e poco preparata a diventare la guida. Iniziano a prendere sempre più consenso il partito socialista italiano - PSI - (fine ‘800 da Filippo Turati) e il partito popolare italiano - PPI (che diventerà la democrazia cristiana ‘40- ‘90). Il partito popolare italiano venne creato da Don Luigi Sturzo nel 1919: è importante perché è la prima volta che un partito popolare d’ispirazione cristiana entra ufficialmente nella vita politica italiana. Il partito userà i valori del cattolicesimo per porsi come alternativa alla lotta rivoluzionaria d’ispirazione socialista e comunista. Esso è la risposta al non expedit di Pio IX: dopo l’unità d'Italia, il papa non lo aveva riconosciuto e non permise ai cattolici di partecipare alla politica → non dipendeva dal papa. Il partito popolare italiano voleva rappresentare l’alternativa di liberazione, da questa situazione critica, ispirata però ai valori cristiana e chiedevano: ❖ gli operai: aumenti salariali e una settimana lavorativa di sei giorni per otto ore al giorno, regolamentazione più equa del lavoro ❖ i contadini: un miglioramento della condizione dei braccianti, la redistribuzione delle terre incolte e di venire a patti agrari che permettessero di lavorare in un regime di mezzadria (contro i grandi proprietari terrieri) Nel ‘19, a Torino, Antonio Gramsci (uno degli intellettuali ispiratori del partito comunista) aveva indicato i consigli di fabbrica italiani come organismi di rappresentanza molto simili ai soviet russi. Sulla scia di questo, a Livorno nel 1921, avviene una spaccatura definita del mondo socialista e nasce il PCI (partito comunista italiano) come nuova formazione politica ispirata profondamente alla vocazione internazionalistica del partito bolscevico di Lenin. All’interno del partito socialista inizia a nascere una duplice anima: ● riformisti: aperti all’idea che si potesse partecipare a grandi coalizioni con altre forze politiche ● massimalisti: escludevano la possibilità di compromesso con qualsiasi coalizione con altri partiti (esempio diretto dalla rivoluzione bolscevica) Nel 1920 torna al potere Giovanni Giolitti, il quale fu fondamentale per la firma del trattato di Rapallo (dello stesso anno) con la Jugoslavia. Quest'ultimo prevedeva che l’Italia conservasse Istria, Trieste e Zara, mentre la Jugoslavia ottenesse la Dalmazia. Fiume fu dichiarata libera. Le difficoltà che Giolitti dovette affrontare furono principalmente quelle legate all’occupazione delle fabbriche da parte dei metalmeccanici, sostenuti da Cgl (confederazione generale del lavoro) e dalla Fiom (federazione italiana operai metallurgici). A vincere questo scontro furono gli operai con la Cgl. Gli esiti del biennio rosso: I risultati riformisti e non rivoluzionari: i salari degli operai riescono sensibilmente ad aumentare, ma quelli che escono più disillusi sono gli imprenditori agricoli poiché vengono accolte le richieste dei piccoli agricoltori. Si creano due fronti: ❖ imprenditoriale-borghese disilluso dalla politica e impaurito ❖ massa di lavoratori agrari che continuano a portare avanti i propri interessi In questa fase di frattura prende sempre di più forza il fascismo agrario, il quale si propone come alternativa all’insuccesso evidente delle altre forze politiche che non riescono a incanalare queste paure in ambedue i fronti. Mussolini e i fasci di combattimento Vediamo la svolta quando Mussolini prende posizione a favore dell’entrata in guerra dell'Italia fondando il nuovo quotidiano Il popolo d’Italia, manifesto dell’interventismo nazionalista. Il 23 marzo 1919 Mussolini fonda a Milano il primo fascio* di combattimento. volontà individuali: non c’è distinzione tra privato e pubblico e non c’è possibilità di porre limiti all’azione dello Stato. Proprio questa posizione teorica, che sottende una concezione antiliberale e antidemocratica, fa sì che Gentile venga considerato come principale teorico del fascismo. CROCE e gli intellettuali antifascisti: Benedetto Croce fu ministro della Pubblica Istruzione nell’ultimo governo Giolitti tra il 1920 e il 1921. A partire dal 1925 Croce si oppose al fascismo con grande determinazione. Il 1 maggio 1925, come «risposta di scrittori, professori e pubblicisti italiani al manifesto degli intellettuali fascisti» pubblicò sul «Mondo» il suo Manifesto degli intellettuali antifascisti. Grazie al prestigio anche internazionale di cui Croce godeva, il regime tollerò la sua voce di opposizione. Croce afferma anzitutto l’autonomia della cultura dalla politica (una concezione che influenzerà profondamente l’atteggiamento di molti intellettuali durante il ventennio fascista). L’arte e la scienza sono tra le più alte attività umane e per questo gli intellettuali non devono contaminarsi con la politica, e tanto meno devono sostenere un partito che si è macchiato di violenze e soprusi. Croce confuta sia il carattere fideistico e insieme irrazionale del fascismo sia la forma di Stato totalitario, cui oppone il più alto valore dello Stato liberal-borghese, vero erede, diversamente da quanto sosteneva Gentile, della tradizione risorgimentale, della quale porta avanti gli alti valori morali e lo spirito democratico che lo aveva animato. Lo Stato fascista Per creare consenso, Mussolini, oltre alle leggi, pensa di instaurare un forte legame con la propaganda, grande influenza sulla massa. ➔ uso dei simboli: perché il fascismo diventi quasi una religione di stato. Simboli: fascio littorio, saluto romano, aquila romana. Tutti quei simboli antichi e radicati nella cultura umana e che devono essere ritrovati e rimessi in gioco. ➔ abilità retorica di Mussolini: il consenso si crea spettacolarizzando la politica (nei suoi discorsi in piazza Venezia) = la politica diventa un palcoscenico di cui il Duce è il protagonista. La finestra da cui parlava era una stanza del Palazzo Venezia che aveva la luce sempre accesa = lui è sempre che lavora per la sua patria. ➔ progetto totalitario volto a plasmare ogni aspetto della vita degli italiani fascisti (occupazione totalitaria): - occupazione di cultura ed istruzione e le organizzazioni di massa: E’ importante partire da scuola e tempo libero perché si deve partire dall’educazione per arrivare ad ottenere una cultura di massa fascista. Questo progetto educativo deve mirare a un nuovo uomo e deve seguire i ragazzi dall’infanzia ( fin da piccoli devono usare il saluto romano) all'università (si entrerà in università mostrando la carta dell’appartenenza al fascismo) > vengono creati degli enti. I testi delle scuole erano sempre controllati, i docenti dovevano giurare fedeltà al regime e la stampa veniva controllata dal ministero per la Cultura popolare. Anche le donne hanno un loro ruolo poiché è madre e senza di lei non potrebbe nascere un nuovo uomo e, di conseguenza, una nuova società. Anche le bambine facevano parte di questo nuovo progetto educativo. Voi siete l'aurora della vita, voi siete l’esercito del domani. Siamo in una fase della politica in cui essa ha bisogno di essere raccontata > legame con i mass media (radio, cinegiornali). Per quanto riguardava le organizzazioni di massa, tra le più importanti troviamo: l’Operazione nazionale dopolavoro (controllava l’organizzazione del tempo libero), i Fasci Giovanili (dai 18 ai 21 anni), i Gruppi universitari fascisti e l’Opera nazionale Balilla. Quest’ultima inquadrava i ragazzi tra gli 8 e i 18 anni e forniva loro un supplemento di educazione fisica, qualche forma di addestramento premilitare e un indottrinamento ideologico di base. - patti lateranensi: Mussolini ha tutti gli interessi per proporsi come figura di conciliazione con la Chiesa cattolica. Vuole dimostrare di essere capace di risolvere il nodo che per secoli era presente tra politica e religione/stato e chiesa. L’11 febbraio del 1929 si sottoscrivono questi patti nel palazzo del Laterano. Questi ultimi erano bilaterali (ciascun sottoscrivente deve qualcosa all’altro): sottoscritti da Mussolini, Papa Pio XI e il cardinale Gasparri. Si riconosce lo Stato Vaticano, la sua sovranità e la sua neutralità politica, gli viene data un’ingente somma di denaro per poterlo risarcire (dal 1870 la città del Vaticano non esisteva più), si riconosce alla religione cattolica di essere la religione di Stato. A sua volta, la Chiesa riconosce lo Stato italiano (fascista). - interventi in campo economico interno: vuole rispondere alla crisi del post guerra attraverso una politica autarchica (non essere dipendenti dagli altri e bastare a sé stessi). La prima fase (più liberale) economica è quella di rilanciare l’economia incoraggiando l’iniziativa privata (non porta grandi risultati) e l’industrializzazione (che inizia già in età giolittiana). La seconda fase è all'insegna del protezionismo, dell’autarchia e dell’interventismo dello stato. Inizia la stabilizzazione della moneta: salvare la lira dall’inflazione → quota novanta (a lira cresce e arriva ad una valutazione secondo cui 90 lire=1 sterlina). Questa politica forte autarchica con dazi sui cereali importanti (= battaglia del grano) aiuta ad aumentare del 50% la produzione cerealicola. Tra il ‘31 e il ‘34 viene avviato un lavoro di bonifica che permette di recuperare 60 mila ettari di territori insalubri. La terza fase prende il nome di corporativismo. Per ottenere questi grandi successi occorre coinvolgere le masse contadine e operaie che devono partecipare a questo progetto di potenziamento del paese > corporativismo come terza via alternativa al capitalismo e al collettivismo sovietico. Le masse devono trovare una nuova alleanza con gli imprenditori al fine di arrivare alla potenza economica dello stato fascista. Per diversi anni inaugura Mussolini il periodo della trebbiatura e si pone nelle vesti del contadino per mostrarsi “il primo tra pari”: ossia che scende tra il popolo per esaltare i valori rurali, perché la società italiana è ancora profondamente contadina e Mussolini, da abile dittatore, sà utilizzare questo elemento come strumento di propaganda e creazione del consenso. - politica estera di potenza: Il riconoscimento della figura di dittatore di Mussolini chiedeva anche un riconoscimento esterno europeo. Inizialmente segue un programma di politica moderata e rimane legato alla FRA e alla GB, nel frattempo cresce però il progetto di trasformare il mar Mediterraneo nel “mare nostrum”, rivendicando la politica di potenza che l’Italia possa tornare ad essere una potenza marittima, il che significava mettersi in conflitto con la GB. Dopo aver sottoscritto il patto di Locarno del 1925 con FRA, GB, FER e BEL, spinto dal progetto neo-imperialista in Africa andrà distaccandosi da FRA e GB (le quali non vedevano di buon occhio l’espansione). Decide di spostare la sua attenzione verso la GER e decide di invadere l’Etiopia nel 1935 con una guerra cruenta e sproporzionata. Questo fa nascere nei paesi come FRA e GB uno spirito molto critico che porterà all’imposizione di sanzioni punitive nei confronti di questa azione. Nel 1935 inizia anche un rapporto di reciproco riconoscimento Hitler e Mussolini e che porterà, nel ‘36, all’isolamento delle due nazioni e alla sottoscrizione dell’Asse Roma-Berlino. La conquista dell’Etiopia nasce dalla volontà di Mussolini di vendicare la sconfitta di Adua del 1896. Il 3 Ottobre 1935 viene dichiarata guerra all’Etiopia, nazione con una certa ricchezza e fondamentale per estendere il proprio dominio nel Corno d’Africa (che pensava avvenire senza conseguenze e ostacoli). Le caratteristiche: ➢ l'Italia ha messo a disposizione un impianto bellico potente e squilibrato rispetto ➢ contro la popolazione etiope vennero usati i gas asfissianti ➢ bombardati i centri abitati ➢ a causa della violenza sproporzionata le potenze europee accusano questa spedizione e imposero delle sanzioni economiche: blocco economico di prestiti e di entrata delle materie prime in ITA ➢ 51 stati su 54 furono d’accordo nel punire l’Italia, questa azione punitiva ebbe quasi un effetto contrario → rafforzò l’opinione pubblica della presenza degli italiani intorno al duce La guerra etiope inaugura l’ultima fase del fascismo, quella che culmina con l'emanazione delle leggi razziali. Mussolini giustifica questa impresa bellica con l’ideologia nazionalista che vede l’offensiva verso un popolo inferiore. Il totalitarismo italiano e i suoi limiti - Il totalitarismo era definito imperfetto poiché Mussolini, pur essendo il capo dei capi, continuava a doversi confrontare con re e Chiesa - seppur ci fosse stato un miglioramento economico, il paese continuava ad essere fortemente arretrato - con un ritardo economico anche l’utopico “uomo nuovo" era difficile da raggiungere Le leggi razziali Le leggi razziali vengono emanate nel 1938 e partivano dal presupposto che esistesse una superiorità biologica e culturale della razza bianca/ariana rispetto a tutte le altre. Nelle colonie italiane viene attuata una prima forma di legislazione italiana razzista attraverso l’applicazione della legge sulla separazione tra conquistati e conquistatori. Dal ‘38 in poi iniziano a comparire degli articoli e dei manifesti in difesa della razza (il manifesto degli scienziati razzisti). Con la pubblicazione di questo manifesto si aggiunge al razzismo italiano l’elemento antisemita e, tra il ‘38 e il ‘39, compaiono le LEGGI PER LA DIFESA DELLA RAZZA che puntavano l’attenzione sulla categoria dell’ebreo: su come riconoscere ed escludere l’elemento estraneo del sistema. Comportavano (per gli ebrei): ➔ impedimento di lavorare nella sfera pubblica ➔ impossibilità di lavoro negli ambiti professionali privati (giornalisti, avvocati, notai) ➔ esclusione di docenti e studenti ebrei dagli istituti scolastici ➔ divieto di accesso nei negozi (si ponevano cartelli) ➔ vietate la libertà personale, di movimento ➔ ghettizzazione dell'elemento ebraico in campo sociale vietando anche i matrimoni misti Si rafforza, di conseguenza, ancora di più il legame con il nazismo (la Germania aveva iniziato questa procedura già dal 1933) e con questo manifesto il regime fascista prende come principio che esista una pura razza italiana. La società italiana, come quella tedesca, aveva l’elemento ebraico ben integrato e, con la crisi del ‘29, accresce l’idea che l’ebreo sia il colpevole della data situazione si fomenta la “caccia all’ebreo”. Riguardo a questa questione, l'opinione pubblica, è prima indifferente e successivamente affronta una fase di accettazione passiva delle decisioni a questo proposito. La Chiesa non mantiene un atteggiamento univoco nonostante Pio XI avesse dichiarato l’antisemitismo inammissibile. Ci fu una leggera condanna nella quale si instaurava una condizione teologica impregnata da un’antisemitismo. Il Manifesto della razza - 1938 Pubblicato su “Il Giornale d'Italia” del 14 luglio 1938, il Manifesto degli scienziati razzisti o Manifesto della razza, anticipa di poche settimane la promulgazione della legislazione razziale fascista (settembre-ottobre 1938). Firmato da alcuni dei principali scienziati italiani, Il Manifesto diviene la base ideologica e pseudo-scientifica della politica razzista dell'Italia fascista. Il Manifesto consta di dieci brevi articoli: i primi tre enunciano princìpi generali; gli altri si addentrano nella situazione italiana. L’assunto di partenza, che delinea chiaramente i tratti del nuovo razzismo fascista alla fine degli anni Trenta, è rappresentato da una semplice affermazione: “le razze umane esistono”. 1. Le razze umane esistono e la loro esistenza è percepibile con i nostri sensi. 2. Esistono grandi razze e piccole razze. 3. Il concetto di razza è concetto puramente biologico. La differenza non sta solo nel fattore culturale come lingua e storia. 4. La popolazione dell’Italia attuale è nella maggioranza di origine ariana e la sua civiltà ariana. Ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane. 5. È una leggenda l’apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici. Dopo l’invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della nazione. 6. Esiste ormai una pura “razza italiana”. Questo enunciato è basato sulla purissima parentela di sangue che unisce gli Italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l’Italia. 7. È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l’opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Vuole soltanto additare agli Italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze, vuol dire elevare l’Italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità. 8. È necessario fare una netta distinzione fra i Mediterranei d’Europa (Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani dall’altra. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l’origine africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche relazioni ideologiche assolutamente inammissibili. 9. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Gli ebrei rappresentano l’unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani. 10. I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli Italiani non devono essere alterati in nessun modo. L’unione è ammissibile solo nell’ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un ceppo comune e differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi altri. Il carattere puramente europeo degli Italiani viene alterato dall’incrocio con qualsiasi razza extra-europea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani.
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