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DOPPIA Dispensa di Diritto Costituzionale (manuale "Lezioni di Diritto Costituzionale"), Dispense di Diritto Costituzionale

Resoconto degli argomenti nell'ordine di presentazione del manuale (con suddivisione per capitolo, paragrafi e sotto-paragrafi) Diritto costituzionale parziale: dispensa dei capitoli 1-2-10 Diritto costituzionale: dispensa dei capitoli 3-4-5-6-7-8-9 COMPRESO RESOCONTO DELLA TRATTAZIONE EMERGENZA COVID-19 Voto esame 27/30

Tipologia: Dispense

2021/2022

In vendita dal 22/07/2022

giada.bolognese
giada.bolognese 🇮🇹

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Scarica DOPPIA Dispensa di Diritto Costituzionale (manuale "Lezioni di Diritto Costituzionale") e più Dispense in PDF di Diritto Costituzionale solo su Docsity! DIRITTO COSTITUZIONALE Lezioni di diritto costituzionale CAPITOLO I Sezione I Lo Stato Lo Stato è la principale organizzazione della vita collettiva; le norme dettate dallo Stato e collocate al vertice dell’ordinamento sono oggetto di studio del diritto costituzionale, disciplina che si occupa delle regole fondamentali riguardanti diritti e doveri degli individui, l’organizzazione dell’apparato statale, le modalità stesse di produzione del diritto. → si tratta dell’unica organizzazione ad appartenenza necessaria, di cui cioè ogni individuo fa necessariamente parte e dal quale nessuno può sottrarsi. Lo Stato ha anche 1. Natura autoritaria: l’individuo non si trova mai posto sullo stesso livello dello Stato, in quanto deve rispettarne le regole (anche quando tra i due c’è una chiara corrispondenza di intenti, come nello Stato democratico). 2. Monopolio dell’uso della forza: l’osservanza delle regole non è mai affidata al comportamento spontaneo dei cittadini, le regole vengono rispettate attraverso apparati indipendenti (lo Stato moderno vieta a singoli di imporre con la forza la propria volontà). Lo Stato, inoltre, si fa garante di altri ordinamenti e presta la propria forza per garantire l’osservanza dei patti e dei rapporti privati. Sovranità → ha una rilevanza interna (impedire che, nell’ambito del proprio territorio, si manifestino altri poteri capacità di imporsi con la forza sui cittadini) ed una esterna (lo Stato non riconosce entità superiori, mantenendosi autonomo ed indipendente). Nascita delle CEE (attuale Unione Europea): processo iniziato con la progressiva rinuncia, ad opera di alcuni Stati, a parte della loro sovranità (“cessioni di sovranità”, rese possibili dal principio contenuto nell’art. 11 della Costituzione). Dal primato della legge al primato della Costituzione Per tutto l’Ottocento e fino alla Grande Guerra è esistito un modello di Stato chiamato liberale, fondato sul primato della legge, che ha visto l’affermarsi dei Parlamenti, in funzione limitante il potere del sovrano. La novità principale di questo nuovo modello statale era proprio il Parlamento, i cui poteri derivavano dal suffragio (prima censitario e poi allargato) dei cittadini politicamente attivi. Il primato della legge ne implicava l’assenza di limiti (legge come più alta espressione della libertà, in quanto limitante il potere del sovrano) → importanza riconosciuta ai codici, considerati strumenti per razionalizzare e sistematizzare l’ordinamento giuridico. I legislatori si impegnavano a rispettare i principi di astrattezza (che consentiva alla norma di non ridurre la sua applicazione ad una sola) e generalità (tutela dell’uguale applicazione nei confronti di tutti i cittadini). Le esigenze belliche condussero poi a Governi di unità nazionale con amplissimi poteri e ad un’ampia produzione normativa proveniente dall’esecutivo; con la fine della guerra cominciano le rivendicazioni di natura sociale e politica delle classi meno abbienti, poi veicolate dai nuovi partiti di massa→ i vecchi Stati si mostrano inadeguati a provvedere alle necessità di coesistenza del gruppo sociale. Nuova concezione di Costituzione: modello dato dalla Costituzione di Weimar (1919), in cui si afferma il riconoscimento di un catalogo di diritti dal contenuto riconosciuto marcatamente sociale. Lo Stato sociale di diritto infrange la limitazione del sistema rappresentativo a base censitaria tipico dello Stato liberal-borghese (che rispondeva all’esigenza di limitare il potere, anche se democratico, per la concezione della superiorità della legge sugli uomini), allargando la base elettorale fino alla conquista del suffragio universale. Diritti sociali: espressione della solidarietà e dell'uguaglianza sostanziale (uguaglianza di fatto), a garanzia della quale si determina l’intervento dello Stato nell’economia e nel mercato→ coesistenza e pluralità di valori ed 1 interessi spiega la rigidità delle Costituzioni (non modificabili dalle leggi approvate dal Parlamento), un meccanismo volto ad assicurare la non sopraffazione di una classe di interessi sull’altra. Lo Stato costituzionale, nasce in risposta alla crisi dello Stato liberale, riconoscendo alla Costituzione il primato nella gerarchia delle fonti del diritto, quale argine al potere di un legislatore che aveva rivelato un comportamento arbitrario ed ingiusto→ testi costituzionali presentano, come comune caratteristica, un ampio catalogo di diritti e una definizione dei poteri dello Stato garantiti dalla rigidità della Costituzione. Nascita in Europa dei Tribunali costituzionali (es. Corte costituzionale): meccanismi che consentano di verificare la costituzionalità delle leggi e di sanzionare quelle contrarie alla Costituzione, individuando eventuali abusi di potere ad opera del legislatore. Concezione descrittiva e prescrittiva della Costituzione La Costituzione di uno Stato è al tempo stesso una fonte di diritto, un insieme di regole e principi giuridici, manifesto politico e un’enunciazione di principi filosofici-politici → si tratta dunque di un atto normativo fondamentale nel quale sono contenute le regole basilari dell’ordinamento. Con la rivoluzione americana e francese si afferma una concezione prescrittiva di Costituzione, per cui quest’ultima è tale proprio in ragione del suo contenuto; così sancito dell’art 16 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, "Ogni società in cui la garanzia dei diritti non è assicurata, né la separazione dei poteri stabiliti, non ha una costituzione" → non tutti gli Stati, individuando come elementi essenziali della Costituzione la garanzia dei diritti e la separazione dei poteri, possono quindi definirsi costituzionali, ma solo quelli che riconoscono i diritti dell’uomo e li garantiscono attraverso la separazione dei poteri (superamento della classica concezione descrittiva che sosteneva come il concetto di Costituzione possa coincidere soltanto con il complesso delle regole fondamentali circa l’organizzazione dei pubblici poteri e i rapporti fra essi e con i singoli, senza considerare i contenuti). -) Modello del CIVIL LAW, predilige la proclamazione scritta dei diritti, sicché demandano a giudice il ruolo di concretizzare quelle affermazioni, attraverso l’interpretazione e l’applicazione delle disposizioni normative in caso concreto. La necessità di un testo scritto venne avvertita in quei paesi nei quali il passaggio dallo Stato assoluto a quello di diritto avvenne con uno strappa violento, con un moto rivoluzionario → Costituzione necessaria per assicurare certezze ai nuovi valori e alla nuova struttura sociale. -) Modello del COMMON LAW, di matrice prevalentemente consuetudinaria e giurisprudenziale, in cui i diritti emergono e si affermano senza la necessità di essere scritti, attraverso progressive evoluzioni del pensiero giuridico praticate dagli stessi giudici nelle proprie decisioni, coordinate tra loro dal principio del vincolo del precedente (stare decisis). Le prime Costituzioni rispondenti al modello prescrittivo formalizzano, di regola in documenti scritti, i principi propri del modello liberal-borghese dio limitazione del potere (Stato di diritto), legati tra loro da un’intrinseca coerenza come la concretizzazione della divisione dei poteri, l’affermazione del principio di legalità, la tutela dei diritti, fra i quali, i diritti di libertà, oltre che il principio di uguaglianza. Sezione II Esistono delle costanti che permettono con una certa approssimazione di elaborare modelli di riferimento, da un lato, sul rapporto fra Stato e cittadini e sulla finalità degli Stati, dall’altro, sui diversi poteri statali, sui loro rapporti e sulla loro trasformazione nel corso del tempo. Per forma di Stato si intende il rapporto fra chi detiene il potere in un determinato territorio e chi è ad esso assoggettato→ in ciò si concretizza anche il modo in cui viene impostato il rapporto tra l’autorità dello Stato e le libertà delle persone che nello Stato vivono. Per forma di governo si intende il rapporto fra i diversi poteri statali: la forma di governo è quindi lo strumento necessario attraverso il quale lo Stato persegue i fini che si è posto. Le diverse forme di governo possono 2 2. STATO FEDERALE, il decentramento, questa volta politico, è massimo (compatibilmente con l’esistenza di uno Stato sovrano) → deve esserci uno Stato centrale e altre entità territoriali, denominate “Stati membri”, “Cantoni”, “Lander”, che rappresentano politicamente le comunità locali ( tramite percorso aggregativo, o disgregativo) - Modello (su percorso aggregativo) sorto negli Stati federali degli USA e della Svizzera. - Modello (su percorso disgregativo) sorto negli Stati federali del Belgio, Germania e Austria. Altra caratteristica è la composizione bicamerale del Parlamento, formato da una prima camera rappresentativa dei cittadini di tutto il territorio e da una seconda camera che costituisce emanazione degli Stati membri (i quali godono di autonomia ma non di sovranità, altrimenti si parlerebbe di confederazione). Il decentramento politico è assicurato dalla Costituzione, la quale è modificabile solo con il consenso degli Stati membri (chiamati a partecipare alla revisione costituzionale e tutelati da una Corta costituzionale federale, incaricata di far rispettare il testo costituzionale in caso di conflitto tra Stati membri e Stato federale). 3. STATO REGIONALE, stato unitario in cui operano enti territoriali intermedi dotati di autonomia politica (Italia dal 1948 e Spagna); l’ente regione deve essere previsto dalla Costituzione (non eliminabile se non attraverso un lungo e complesso processo legislativo) e condivide con lo Stato centrale la potestà legislativa (ma non partecipa al procedimento di revisione costituzionale, non ha rappresentanza diretta nel Parlamento e non vanta una Costituzione, bensì uno Statuto). - Modello sorto nel Novecento a compimento di processi di parziale disarticolazione di Stati Centrali che decidono di concedere qualche forma di autonomia limitata a comunità locali. Sebbene a livello teorico la scelta dello Stato circa la modalità di articolazione del potere nel territorio (divisione verticale) non appare in correlazione con il rapporto tra governati e governanti (divisione orizzontale), nell’esperienza pratica uno Stato autocratico è incompatibile con una effettiva divisione del potere nel territorio Spesso ci si limita a differenziare tra Stato accentrato (in cui il decentramento politico è assente) e Stato articolato (federale e regionale, in cui il decentramento politico è previsto ed attuato in misura variabile). Forme di governo: aspetti generali Modo in cui il potere è distribuito e organizzato fra i diversi organi statali→ mezzo con cui lo Stato si prefigge di raggiungere determinati fini; distinzione fra: MONARCHIA, capo dello Stato che non è rappresentativo né elettivo; la carica dura tutta la vita e il governo è autocratico. REPUBBLICA, capo dello Stato che è rappresentativo ed elettivo (direttamente o indirettamente, con un'elezione di secondo grado, come succede in Italia); la carica ha durata limitata (in Italia per sette anni); il Presidente della Repubblica, infine, opera di norma in uno Stato democratico, dove la fonte di legittimazione del potere risiede nel popolo. In realtà, questa contrapposizione concettuale non vale sempre (esistono infatti monarchie elettive e repubbliche autoritarie) → occorre simmetricamente riconoscere che rappresentatività e democraticità non sono necessariamente incompatibili con la monarchia (esperienza inglese). Un'altra importante distinzione è quella fra FORME DI GOVERNO PURE, regimi nei quali un solo organo dello Stato detiene il monopolio del potere politico (governo di Assemblea della Francia della III Repubblica del 1875; governo delle monarchie assolute francesi e spagnole del Seicento). FORME DI GOVERNO MISTE, in cui il potere è ripartito in più organi costituzionali. La monarchia costituzionale Nella monarchia costituzionale la ripartizione del potere è fra i due organi (fondamento in una Carta costituzionale concessa dal Re, che può essere modificata dal legislatore, avendo validità di legge ordinaria): il Re e il Parlamento. 5 Il re è titolare del potere esecutivo e, formalmente, anche di quello giurisdizionale→ pur avendo le Camere la titolarità del potere legislativo, al Re spetta la sanzione e la promulgazione delle leggi e quindi, in una certa misura, una compartecipazione ed un controllo sul potere legislativo Re e Parlamento si fronteggiano, in queste esperienze, senza intermediazione del Governo: infatti i ministri sono nominati dal Re, che può anche revocarli e non esiste un rapporto di fiducia tra Governo e Parlamento → il Monarca, di fatto, in questa prima fase concentra in sé quasi tutti i poteri, potendo anche sciogliere le Camere. La precarietà insita nello squilibrio fra monarca e Parlamento, porterà gradualmente all'emersione di un Governo via via sempre più indipendente dal sovrano, le cui sorti saranno legate al gradimento del Parlamento→ evoluzione nella forma di governo parlamentare (Inghilterra / Italia durante il governo di Cavour). La forma di governo parlamentare La forma di governo parlamentare è caratterizzata dal rapporto di fiducia tra Governo e Parlamento, che insieme sono detentori di indirizzo politico; senza la fiducia da parte del Parlamento, il governo non può nascere e, una volta che questa venga meno il governo è obbligato a dimettersi. Contesto monarchico, o repubblicano: nel primo caso, il Re, e nel secondo, il Presidente della Repubblica, assumono un ruolo esterno ai poteri statali di garanzia dell'equilibrio fra i poteri e in posizione di neutralità rispetto ad essi (non partecipano all'indirizzo politico → sono necessari in particolari momenti, come nelle crisi istituzionali). Si assiste a una progressiva perdita di centralità del Parlamento e, viceversa, a un rafforzamento del ruolo del Governo: la conformazione delle attuali forme di governo dipende in larga misura dall'assetto dei partiti politici, il quale, a sua volta, è condizionato dai sistemi elettorali. Differenza tra sistema elettorale maggioritario e i sistemi proporzionali: a) MODELLO PARLAMENTARE INGLESE, fondato su un sistema maggioritario, ha di fatto creato una forma di governo fondata sul bipartitismo; possibilità di alternanza fra le forze politiche al Governo e determina un effetto indiretto del voto dei cittadini sul Governo → scegliendo il proprio parlamentare, si sceglie anche il partito che governerà. b) MODELLO TEDESCO, fondato su un sistema proporzionale con la clausola di sbarramento per i partiti che non ottengono almeno il 5%, ha condotto al risultato di un multipartitismo temperato. In realtà, la stabilità di questo modello politico è dato anche da altre due regole, e cioè la sfiducia costruttiva (che comporta che il Parlamento non possa sfiduciare il Governo se non provvedendo a votare a favore di uno nuovo) e l'impossibilità per i partiti incostituzionali (destra estrema e sinistra estrema) di entrare in Parlamento. c) MODELLO ITALIANO, fino al 1993, il sistema elettorale proporzionale non prevedeva alcun correttivo, e questo ha dato luogo a un sistema di multipartitismo estremo→ l'elevato numero di partiti, unito alla situazione politica italiana che comportava che la maggiore forza di opposizione, il partito comunista, non potesse di fatto accedere al Governo, ha comportato una democrazia bloccata, con impossibilità di alternanza, scarsissima influenza del voto degli elettori sul Governo del paese. Referendum popolare del 1993: i cittadini si sono espressi nel senso di un rifiuto del sistema proporzionale → fase nuova, nella quale, di fatto, si sono create le condizioni per arrivare a un sostanziale bipolarismo, cioè il raggruppamento di tanti partiti in coalizioni, che ha consentito l'alternanza, anche se non la stabilità. La forma di governo presidenziale La forma di governo presidenziale è nata negli Stati Uniti, che ne costituiscono ancor oggi il principale modello. Ripartizione del potere fra due organi che sono: a) Presidente, eletto dai cittadini (grandi elettori); detiene invece il potere esecutivo, ed ha il comando dell'amministrazione e delle forze armate. L'apparato di governo dipende totalmente da lui, che può nominare e revocare segretari di stato senza alcun intervento da parte delle assemblee elettive. 6 b) Assemblee elettive, (Senato e Camera dei rappresentanti), che insieme formano il Congresso; detengono il potere legislativo e di controllo sul Presidente e sul suo apparato di governo, ma sono prive del potere di sfiducia. Aspetto caratteristico: totale separazione del potere legislativo ed esecutivo (al Presidente è vietato presentare direttamente progetti di legge davanti ai rami del Congresso)→ I due poteri di indirizzo politico si controllano a vicenda e si professa una totale autonomia del potere giudiziario (giudici della Corte Suprema vengono nominati dal Presidente, con il preventivo gradimento (non scontato) del Senato, e sono in carica tutta la vita). Il principio della divisione dei poteri non è soltanto realizzato nella forma di governo, ma anche nella forma di Stato, che, essendo federale, comporta una articolazione del potere tra Stato centrale e Stati membri. Altre forme di governo: il semi-presidenzialismo e il governo territoriale 1. GOVERNO SEMI-PRESIDENZIALE: nata in Francia (riforme costituzionali volute da De Gaulle nel 1958 e nel 1962), combina elementi della forma di governo presidenziale ed elementi di quella parlamentare; Il Presidente della Repubblica viene eletto direttamente dal popolo e nomina un Governo, il quale però può essere sfiduciato dal Parlamento. Nato per rafforzare il ruolo del Presidente e del Governo (immaginato con un Presidente e un Parlamento della stessa forza politica), è stato messo alla prova nei casi in cui invece Parlamento e Presidente sono stati espressione di maggioranze diverse → situazioni di coabitazione (intervento del legislatore costituzionale francese per ridurre il più possibile il rischio di una simile evenienza). 2. GOVERNO DIRETTORIALE: si ispira all'esperienza francese, e presenta due organi costituzionali necessari: il Parlamento e il Governo. - Il Governo viene eletto dal potere legislativo, ma una volta entrato in carica diviene autonomo e di conseguenza i due organi procedono parallelamente, senza particolari interferenze. - Non è possibile, in momenti di crisi, che il Parlamento possa far dimettere il Governo→ per questo si tratta di una forma adottata in paesi piccoli, dove si ritrovano democrazie omogenee, cioè caratterizzate da forze politiche non particolarmente differenti le une dalle altre (Svizzera, dove si nominano Capo dello Stato, a rotazione, tutti i membri del Governo). Sezione III La vigenza dello statuto albertino fino al termine del regime fascista Lo statuto albertino, concesso (octroyée) dal Re di Sardegna Carlo Alberto di Savoia, il 04 marzo 1848, si ispirava al modello della monarchia costituzionale francese. 1. PRIMA FASE: Il Re, pur rimanendo titolare della sovranità, vedeva parzialmente limitati i propri poteri dalla presenza delle due Camere → esercitava, attraverso i suoi ministri, il potere esecutivo, nominava i magistrati e interveniva nella funzione legislativa mediante la convocazione e lo scioglimento delle Camere e il potere di sanzione e di promulgazione delle leggi. Poco rilievo aveva la proclamazione dei diritti dell’uomo; lo Statuto si autodefiniva “la legge fondamentale, perpetua e irrevocabile della Monarchia”, in grado di sopravvivere alle situazioni succedutesi nel XIX secolo con una serie di modificazioni, permessa dal suo carattere flessibile (interpretazione evolutiva delle sue disposizioni, e modificazione formale mediante semplice legge ordinaria). 2. SECONDA FASE: affermazione di una monarchia parlamentare; il Parlamento diviene il perno nella definizione dell'indirizzo politico, e, per prassi, si stabilisce una sorta di rapporto fiduciario con il Governo; il ruolo del Sovrano si riduce notevolmente, diritti dei cittadini godono di una minima estensione soprattutto in ambito economico. 3. TERZA FASE: crisi del modello liberale con le riforme fasciste, che modificano i principi fondamentali dello Stato e la stessa architettura costituzionale in più passaggi: - 1922, Gran Consiglio del Fascismo: venne stabilito che dovesse essere consultato in ordine a tutte le questioni di carattere costituzionale, oltre che investito del potere di indicare dei nomi tra i quali il Re avrebbe dovuto scegliere il Capo del Governo. 7 sentenza, la Corte Costituzionale ha chiarito come tutte le disposizioni costituzionali fossero immediatamente utilizzabili quali parametro di costituzionalità. In alcuni casi i diritti affermati nella Carta hanno trovato diretta applicazione anche senza l’intervento del legislatore, ma grazie all’attività pratica degli interpreti, in particolare i giudici → le norme programmatiche orientano l’interpretazione delle leggi, forniscono direttive vincolanti al legislatore e possono essere esse stesse fondate su una rivendicazione. I cardini della Costituzione: la centralità della persona in uno Stato pluralista; diritti e doveri alla luce dell’uguaglianza sostanziale Il disegno dei Costituenti per il nuovo Stato si è tradotto in una precisa architettura costituzionale: dopo i principi fondamentali, la Carta considera per primi i diritti dell’individuo, sia come singolo, sia come parte delle differenti formazioni sociali nelle quali è inserito, per poi disciplinare i vari poteri dello Stato (forma di governo, giurisdizionale, pluralità territoriali e Corte Costituzionale). La sistematica costituzionale risulta così articolata: a) Principi fondamentali (art. 1-12) Si ritiene che essi non siano contenuti solo nei primi dodici articoli, ma nell’intero disegno costituzionale; hanno valore normativo, costituendo il nucleo intangibile e immodificabile (anche mediante il processo di revisione costituzionale) della Costituzione, ma si atteggiano anche a linee guida per l'interpretazione del disposto costituzionale e per l'esplicitazione di regole implicite (entrambe operazioni molto delicate e rimesse all’interprete, in primo luogo la Corte Costituzionale). b) Parte I - Diritti e doveri dei cittadini (art. 13 - 54) a sua volta suddivisa in quattro Titoli: - Rapporti civili - Rapporti etico - sociali - Rapporti economici - Rapporti politici c) Parte II - Ordinamento della Repubblica, a sua volta suddivisa in sei Titoli: - Il Parlamento - Il Presidente della Repubblica - Il Governo - La Magistratura - Le Regioni, le Province, i Comuni - Garanzie costituzionali d) Disposizioni transitorie e finali - Principio PERSONALISTA, il riconoscimento e la garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo, comportano la centralità della persona umana → in questa prospettiva possono essere interpretati i richiami alla dignità e all’inviolabilità della persona, contenuti in numerosi articoli del dettato Costituzionale. - Principio SOLIDARISTICO, importante è l’accostamento ai diritti dei “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” che consentono limitazioni alla posizione soggettiva del singolo, in ragione delle esigenze di altri individui e della comunità in generale. I doveri trovano specificazione in particolare in ambito economico, per sua natura incidente in misura significativa sulla condizione di vita del singolo, laddove le formule “dell’utilità sociale” e "della funzione sociale” valgono a limitare le facoltà in astratto attribuite illimitatamente all’imprenditore e al proprietario. - Principio di UGUAGLIANZA (art. 3 della Costituzione), valido per tutti gli esseri umani (benché nel dettato costituzionale ci si riferisca solo ai cittadini), sia inteso come divieto di discriminazione sia come obiettivo sostanziale per la Repubblia, impegnata a rimuovere gli ostaoli che in concreto impediscono il pieno sviluppo della persona umana; non si vietano differenziazioni di trattamento, semplicemente si stabilisce che esse siano ragionevoli, non arbitrarie, e non si tradcano in una discriminazione verso il singolo o in una situazione di privilegio. L’azione della Repubblica è dunque limitata 10 a) Comma I: da una serie di fattori che non possono essere posti a fondamento di discipline differenziate secondo un elenco aperto (sesso, razza, religione, lingua, opinioni politiche, condizioni sociali e condizioni personali). b) Comma II: indicazione dell’obiettivo consistente nel pieno sviluppo della persona umana e nell'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese → Obiettivo sociale, i Costituenti erano pienamente coscienti delle difficoltà che potevano essere incontrate da molti cittadini per arrivare al pieno godimento dei diritti proclamati nella Carta, affidando ai pubblici poteri il compito di raggiungere l’uguaglianza sostanziale e la giustizia sociale. 1. Diritti sociali: mezzo principale per l’eliminazione delle differenze di fatto, economiche e sociali, affermati come posizioni giuridiche che devono trovare realizzazione attraverso concrete scelte legislative positive, non bastando quindi che lo Stato si limiti ad astenersi dall’entrare nella sfera di libertà del cittadino. 2. Diritti di matrice liberale: sottoposti dalla Costituzione a limiti consistenti non solo nel necessario restringimento delle facoltà del titolare in ragione della convivenza con altri titolari dei medesimi diritti, ma anche nell’assoggettamento a valori ulteriori, espressi in Costituzione → si tratta di formule che introducono nella struttura di tali diritti la considerazione di obiettivi di giustizia sociale ed equità. - Principio LAVORISTA, viene abbandonata l’idea che la posizione dei cittadini nella società dipenda dalle condizioni di nascita o dal censo, e si supera così il primato della proprietà privata dei beni, valore fondamentale della tradizione liberale → il lavoro non è più solo mezzo di sostentamento, ma strumento di realizzazione della personalità del singolo, mediante il quale questi contribuisce al “progresso materiale o spirituale della società” (e in questa direzione vanno interpretate anche le norme poste a tutela della parità di genere). - Principio PLURALISTA, la centralità della persona non implica un’impronta esclusivamente individualistica della Costituzione → in virtù del principio pluralista si ammette la presenza, fra l'individuo e la collettività statale, di organizzazioni sociali, quali mezzi indispensabili per lo svolgimento della personalità umana (mentre prima considerate come ostacolo nel rapporto diretto singolo-istituzioni). a) Le formazioni sociali sono titolari di ambiti di libertà garantiti dell’ordinamento statale e reclamano il rispetto della propria autonomia, organizzativa e funzionale, nei confronti dei pubblici poteri, ai quali è fatto divieto di asservirle a interessi superiori, anche attraverso misure di natura legislativa. L’intromissione nella vita interna delle formazioni sociali è comunque consentita affinché venga assicurata la tutela dei diritti fondamentali della persona anche all’interno di tali “poteri privati”. b) Il favor costituzionale verso il pluralismo sociale può tradursi in regimi speciali di agevolazione, favore o sostengo; certamente ammissibili, nel rispetto del principio di uguaglianza e parità fra tutte le formazioni sociali, al fine di impedire misure di favore nei confronti di alcuni interessi particolari. c) Allo Stato è concesso produrre norme fondate su accordi fra i pubblici poteri e le organizzazioni sociali, e anche di recepire accordi fra diverse organizzazioni (pur nel rispetto della medesima esigenza di uguaglianza), come sancito dagli artt. 7 e 8 (Stato e confessioni religiose) e dall’art. 39 (efficacia generale ai contratti collettivi di lavoro stipulati con i sindacati registrati) del dettato costituzionale. Uno Stato democratico in un ordinamento internazionale La struttura dei pubblici poteri è informata al principio democratico contemperato dal principio garantista: - Secondo il principio democratico, gli organi titolari dell’indirizzo politico sono strumenti della volontà popolare, e devono trovare, perciò, legittimazione, diretta o indiretta, nel popolo (art. 1 della Costituzione) - La democraticità del sistema è attuata mediante la costruzione di un meccanismo di “pesi e contrappesi”, in funzione di ulteriore garanzia del singolo nei confronti del potere stesso: in astratto, in aderenza al solo principio democratico, sarebbe plausibile una democrazia plebiscitaria (indirizzo politico affidato ad un singolo, eletto dal popolo), ed è proprio dall'esigenza (garantita poi dalla separazione dei poteri e dall’attribuzione a ciascuno di essi di una specifica funzione in quella limitata sfera di potere di un moderato esercizio del potere che nascono le Costituzioni → principio del governo delle leggi e non degli uomini (a scapito talora dell’efficienza e dell’immediatezza delle decisioni). 11 - Il principio garantistico prevale dunque su quello democratico riguardo al potere giudiziario e alla Corte costituzionale, la cui funzione di garanzia del sistema costituzionale e dei diritti del singolo potrebbe venire compromessa dall’applicazione radicale del principio democratico→ indipendenza dagli altri poteri dello Stato e terzietà rispetto agli interessi coinvolti. - Principio internazionalista (artt. 10 e 11): la Costituzione non si limita a considerare la Repubblica come ente a sé stante, ma la colloca all’interno della comunità internazionale, fondata sugli ideali dei diritti dell’uomo e di pacifica collaborazione fra le Nazioni; ciò consente l’apertura dell’ordinamento verso valori esterni e fini esterni, in funzione di garanzia sia dei diritti del cittadino e dello straniero, sia del carattere democratico dello Stato→ apertura sia verso il diritto internazionale in generale, sia verso quello pattizio (per i Costituenti pensato in riferimento alle Nazioni Unite, nella pratica funzionale all’adesione dell’Italia all'unione Europea). Lo Stato democratico di fronte alla pandemia Posto che le istituzioni si sono trovate ad affrontare impreparate una situazione del tutto inattesa (anche in ragione di un quadro costituzionale che non prevede una specifica disciplina finalizzata a regolare prolungate situazioni di emergenza), nel nostro Paese si sono susseguite più fasi: 1. PRIMA FASE → severa limitazione dei diritti di circolazione e di movimento delle persone che ha avuto conseguenti ripercussioni anche sull’esercizio di altri diritti costituzionali. Per la prima volta si assiste ad una situazione di sospensione generalizzata di tante libertà garantite dalla Costituzione. 2. SECONDA FASE → allentamento delle misure di prevenzione della diffusione del contagio (diminuzione casi) 3. TERZA FASE → introduzione di nuove rigorose misure di restrizione ai diritti delle persone, in ragione dell’aumento di casi dovuti alla ripresa della circolazione 4. QUARTA FASE → campagna vaccinale che ha permesso il pressoché generale abbandono delle restrizioni Oltre alle restrizioni ai diritti fondamentali, la pandemia ha compromesso un altro pilastro fondamentale dello Stato costituzionale, la separazione dei poteri; per garantire la funzionalità del Parlamento, le rigorose limitazioni ai diritti sono state veicolate per lo più da una serie di numerosissimi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri→ concentrazione di poteri nelle mani dello stesso (e del Commissario straordinario all’emergenza da lui nominato). La situazione pandemica ha ulteriormente e inoltre evidenziato le difficoltà in cui versa il sistema regionalistico italiano: oltre al rimpallo di responsabilità tra Regioni e Stato in merito alla rapidità e alla responsabilità nell’arginare i primi focolai di contagio, spesso le Regioni si sono contrapposte espressamente alle politiche messe in atto dallo Stato (adottando anche misure in palese contraddizione rispetto a quelle statali, di cui è stato chiesto e ottenuto l’annullamento da parte della Corte costituzionale). L’Unione Europea ha messo in campo, abbandonando l'atteggiamento di rigore e le politiche di austerità adottate come reazione a precedenti crisi economiche di rilievo, misure di sostegno indirizzate a favorire, nell’ottica della solidarietà tra gli Stati, la ripresa delle economie dei Paesi più colpiti→ in Italia, adozione del Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza che ambisce a riformare (entro il 2026) quattro settori centrali della vita del Paese (pubblica amministrazione, giustizia, semplificazione della legislazione e promozione della concorrenza). CAPITOLO II Sezione I Le modalità di produzione delle norme giuridiche Le norme giuridiche sono regole vincolanti che disciplinano comportamenti e rapporti in una qualsiasi società organizzata; nel loro insieme compongono l’ordinamento giuridico, che è un sistema in costante evoluzione poiché le regole che ne fanno parte sono esse stesse soggette a continue modifiche. Esse vengono prodotte dalle cosiddette fonti di diritto, che si articolano in due tipologie: 1. FONTI DI PRODUZIONE del diritto: immettono direttamente nell'ordinamento le norme giuridiche che regolano la vita in comune; atti o fatti cui l’ordinamento riconosce l'idoneità di produrre e modificare norme giuridiche. 12 Una norma giuridica si caratterizza dunque per il fatto di non contenere prescrizioni individuali e di non esaurire i propri effetti con una sola applicazione; gli atti normativi si distinguono perciò dagli atti amministrativi, emanati dalla pubblica amministrazione, caratterizzati dalla circostanza di avere per destinatari uno o più soggetti individuati e di circoscrivere i propri effetti al caso singolo. Diverse eccezioni: anche nello Stato Liberale, in cui si riteneva si dovesse assicurare solo l'uguaglianza formale senza preoccuparsi delle situazioni particolari, i legislatori talvolta approvavano leggi prive di generalità e astrattezza; con il passaggio allo Stato Sociale si assiste ad un incremento di interventi normativi settoriali e di carattere puntuale→ nuovo modo di intendere lo Stato, chiamato a garantire l’uguaglianza sostanziale: si tratta di una forma di attenuazione delle qualità di generalità ed astrattezza da considerarsi comunque legittima perché volta a tutelare i pieni diritti anche delle categorie di soggetti svantaggiati. LEGGI-PROVVEDIMENTO, rivolgendosi ad un delimitato novero di soggetti (quando vengano nominalmente individuati o siano numericamente circoscritti) o disciplinando situazioni che si verificano una tantum, rappresentano l’estrinsecazione del massimo allontanamento dal modello della legge quale atto generale e astratto; in questi casi è molto elevato il rischio che il legislatore violi il principio di uguaglianza. L’approvazione delle leggi-provvedimento non è in sé preclusa: l’art. 70 non richiede alcun elemento di carattere sostanziale atto a qualificare una legge; anche la Corte Costituzionale ha stabilito che la Costituzione definisce la legge “non in ragione del suo contenuto strutturale o materiale, ma in dipendenza dei suoi caratteri formali (provenienza da un certo organo o potere, il procedimento di formazione, il particolare valore giuridico)”→ la legge può attrarre nella propria sfera di disciplina anche contenuti particolari e concreti, normalmente oggetto di atti della pubblica amministrazione -) In considerazione del rischio di discriminazioni insito nelle previsioni di questo tipo, le leggi-provvedimento vengono sottoposte ad uno stretto scrutinio di costituzionalità: sono considerate costituzionalmente legittime solo se conformi al principio di “ragionevolezza”, ovvero se hanno dalla loro parte fondate giustificazioni, risultanti dagli obiettivi che le hanno ispirate, e non siano, piuttosto, espressione di un esercizio arbitrario del potere legislativo. -) Un ulteriore limite che tali leggi-provvedimento incontrano è il rispetto della funzione giurisdizionale: non essendo ammesse indebite interferenze del legislatore nell’attività dei giudici, non possono essere risolte, con la forma della legge, specifiche controversie giudiziarie che siano state definitivamente decise con una precedente sentenza passata in giudicato → costituirebbe lesione del principio di separazione dei poteri. Se la pendenza di un giudizio non costituisce di per sé un limite per il legislatore, essa può assumere rilievo ai fini del sindacato di ragionevolezza, qualora si appurasse che la norma-provvedimento sia stata approvata al solo fine di incidere sull’esito del giudizio, e quindi senza nessun’altra apprezzabile giustificazione. 3. INNOVATIVITÀ, ovvero sono capaci di modificare l’ordinamento giuridico; tuttavia possono anche essere prive di tale requisito → distinzione tra a) Leggi in senso meramente formale, aventi solo forma legislativa; ad esempio le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali: esse si limitano a conferire al Presidente della Repubblica il compito di ratificare una disciplina giuridica che non è data dalla legge stessa, ma dal trattato internazionale che si intende recepire nel nostro ordinamento. b) Leggi in senso materiale, portatrici di innovazione giuridica Si tratta in tutti e tre i casi di caratteristiche tendenziali, ma non necessarie delle norme giuridiche, proprio perché non sempre rinvenibili nelle stesse→ il nostro ordinamento non attribuisce valenza decisiva, al fine di individuare la presenza di una fonte del diritto, a elementi sostanziali, ma a criteri di carattere formale: una norma giuridica deve essere veicolata da un atto adottato secondo quanto stabilito dall’ordinamento in un’apposita fonte sulla produzione del diritto, o da un fatto cui l’ordinamento riconosce idoneità a produrre diritto. 15 Validità, forza ed efficacia delle norme giuridiche VALIDITÀ, di un atto (non) normativo è la caratteristica propria di un atto privo di vizi, in quanto posto in conformità alle norme giuridiche ad esso sovraordinate. Il vizio può essere: a) Formale: riguarda il procedimento di adozione stabilito dalla relativa fonte sulla produzione b) Sostanziale: la norma è in contrasto con il contenuto precettivo di disposizioni di rango superiore EFFICACIA, di un atto normativo è la caratteristica propria di un atto idoneo a produrre gli effetti giuridici voluti, e ad innovare l’ordinamento giuridico; una norma può essere valida ma non efficace (ad esempio le leggi promulgate ma non ancora pubblicate, oppure quelle nel periodo di vacatio legis). L’efficacia delle norme può subire delle limitazioni, come nel caso dell’abrogazione che incide, ma non annulla totalmente, gli effetti di una norma giuridica. FORZA, di un atto normativo è l’intensità propria di un atto nel produrre effetti giuridici; essa dipende dal livello gerarchico su cui la norma è posta e che si esprime in rapporto alle altre fonti del diritto. Viene definita: a) Forza attiva: idoneità della fonte di abrogare, modificare o derogare altre fonti del diritto b) Forza passiva: la capacità della fonte di resistere all’abrogazione, modifica e deroga da parte di altre fonti Sezione III La distinzione tra disposizione e norma: l’attività interpretativa Il passaggio dalla fonte alla norma non è diretto: a mediarne il rapporto è la disposizione, che rispetto alla norma ha funzione “servente e strumentale”→ enunciato linguistico scritto, adottato dall’organo che manifesta la volontà normativa (testo che viene redatto e approvato dall’autorità deputata a produrre diritto). NORMA è invece il significato che si ricava dalla disposizione mediante il processo di interpretazione; l’attribuzione del ‘giusto’ significato alla vera regola da applicare non è un’operazione meccanica e semplice, dal momento che ad ogni formula linguistica è sempre possibile associare svariati significati. Gli operatori giuridici devono dunque attivare una serie di strumenti che permettano loro di ricavare, dalla disposizione, la norma applicabile al caso concreto→ criteri interpretativi o ermeneutici, stabiliti dall’ordinamento giuridico al fine di evitare che le disposizioni vengano ‘stravolte’ nel loro significato dall’attività arbitraria di interpretazione degli stessi operatori giuridici. L’attività interpretativa è dunque posta in essere da tutti coloro che devono confrontarsi a vario titolo con il diritto: il compito assume, tuttavia, particolare rilievo quando a provvedervi sono i giudici che, nel caso di controversie, sono chiamati dall’ordinamento a stabilire la norma da applicare al caso concreto. L’interpretazione dei giudici non è da considerarsi creativa di diritto, come accade nei paesi di Common Law: le decisioni dei giudici non sono classificabili come fonti del diritto. Ciascun giudice può dunque discostarsi dai “precedenti” e proporre una diversa lettura della medesima disposizione. Va comunque segnalata la tendenza dei giudici a conformarsi agli indirizzi interpretativi prevalenti (il cosiddetto diritto vivente), e la particolare influenza esercitata dal precedente giudiziario espresso dalla Corte di cassazione: ai sensi dell’articolo 65 della Legge sull’ordinamento giudiziario, essa è “l’organo supremo della giustizia”, chiamato ad assicurare “l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge”. I criteri ermeneutici: nozioni ed esemplificazioni Art. 12 delle Preleggi: “Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore. Se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato.” Nonostante siano collocati in una fonte di rango primario, alcuni sostengono che le norme sull'interpretazione abbiano natura sostanzialmente costituzionale→ tra i diversi criteri interpretativi NON sussiste una vera e propria gerarchia; certamente il tenore testuale della disposizione è il punto di partenza, ma è vero che non è sempre 16 sufficiente, e spesso i giudici ricorrono all'uno o all'altro criterio ritenendo preminente quello letterale, talvolta quello sistematico, talvolta quello che fa perno sull’intenzione del legislatore. → Occorrerà quindi chiarire come essi interagiscano, lasciando agli interpreti il difficile compito di stabilire, nei non rari casi di conflitto tra più opzioni interpretative, a quale riconoscere preferenza. In ogni caso, l’interpretazione non potrà mai spingersi fino al punto di alterare, quando esistente, l'oggettivo tenore del testo di legge -) Tipologie di interpretazione 1. LETTERALE, fa perno sul significato proprio delle parole; l'interprete deve attribuire alle parole che compongono la disposizione il senso che hanno nel linguaggio comune o nel linguaggio tecnico-giuridico (preferendo quest'ultimo nel caso la parola sia presente in entrambi i linguaggi). 2. SISTEMATICA, Riferimento alla "connessione" tra le parole; il presupposto di tale criterio interpretativo è legato alla consapevolezza che ogni norma è parte di un complesso sistema giuridico, che le norme stesse concorrono a formare. L’interprete deve quindi leggere la disposizione tenendo conto dell'intero sistema normativo, non soffermandosi solo sulla singola disposizione ma allargando lo spettro della propria visione al contesto in cui tale disposizione si inserisce → il riferimento alla connessione deve essere esteso anche ai rapporti tra disposizioni diverse che si occupino della stessa materia o che, per altre ragioni, risultino comunque rilevanti. 3. CONFORME A COSTITUZIONE (adeguatrice), il significato della disposizione dipende dal suo essere inserita in un sistema giuridico e dal doversi dunque rapportare con altre disposizioni; ad essere poste in connessione sono però fonti normative poste su ordini gerarchici differenti → l'interprete è tenuto a privilegiare il significato conforme alla norma di rango gerarchico superiore. Se il testo normativo è una legge o un atto avente forza di legge, il parametro di riferimento per l'interpretazione sarà la Costituzione (affermazione del principio secondo cui gli operatori del diritto devono esperire un tentativo di interpretazione conforme a Costituzione, ovvero sono tenuti a prevenire il contrasto tra la disposizione legislativa e la Costituzione, agendo a livello interpretativo, e dando preferenza alla lettura della disposizione che, tra le più possibili, eviti l'insorgere della antinomia) → L'interpretazione conforme deve cedere il passo se si rivela "incompatibile con il disposto letterale della disposizione" e "del tutto eccentrica e bizzarra, anche alla luce del contesto normativo dove la disposizione si colloca". 4. INTENZIONE DEL LEGISLATORE, l'interprete deve verificare quali siano le ragioni che abbiano mosso legislatore di approvare una previsione normativa; in alcuni casi necessario distinguere: a) La volontà originaria del legislatore storico (interpretazione storica) Per rinvenire l'intenzione del legislatore storico: ricorrere lavori preparatori b) L'oggettiva volontà della legge (ratio legis), che con il tempo astrae e si allontana dall' intento che legislatore perseguiva nel momento in cui provava la legge. Per rinvenire la ratio legis: astrarre dalle specifiche circostanze e ricercare la finalità perseguita dalla regola giuridica come se ad averla posta fosse il legislatore attuale In caso di contrasto fra interpretazione storica e quella ricavabile dalla ratio legis, è prevalente la tesi per cui si dovrebbe preferire quella ricavabile dalla ratio legis, in quanto maggiormente idonea modellare la disposizione rendendola adeguata al mutamento delle esigenze storico-sociali. 5. EVOLUTIVA, facendo leva sulla ratio legis, si tengono in considerazione gli eventuali mutamenti del contesto sociale, tecnologico, culturale o giuridico; il ricorso a questo criterio ermeneutico consente di ampliare la portata della disposizione, in modo che possano esservi ricondotte fattispecie di cui non si era tenuto conto al momento della sua approvazione. 6. ANALOGICA, criterio utilizzabile solo in presenza di una lacuna nell'ordinamento; due tipologie: a) Analogia legis: quando un caso della vita non è espressamente disciplinato da una norma e si ricorre alla disciplina prevista da una fattispecie simile → Il presupposto di partenza è l'individuazione della ratio legis della disposizione e la verifica della possibilità di far aderire ad essa la fattispecie priva di disciplina. 17 -) Trova le proprie radici nello stato di diritto ottocentesco che collocava al centro del sistema il Parlamento e, di conseguenza, all'apice dell'ordinamento la fonte del diritto da questo prodotta, ovvero la legge (godeva di un primato che la esonerava da qualsivoglia limite e non la rendeva intoccabile da altre fonti) -) Da tale principio discendono due corollari: 1. Preferenza della legge: divieto per le fonti normative secondarie e atti amministrativi adottati dalla pubblica amministrazione di disporre in violazione della legge→ postulata la soggezione alla legge anche degli atti adottati nell'ambito dell'attività giurisdizionale (le sentenze dei giudici costituiscono applicazioni ed esecuzione della volontà legislativa, a cui risultano subordinati). 2. Esigenza della previa legge: il potere pubblico per potersi legittimamente manifestare, deve essere stato preventivamente autorizzato da una fonte normativa primaria -) Il principio di legalità è desumibile dalla lettura combinata di alcune disposizioni che, insieme considerate, ne mettono in evidenza alla funzione → di recente sembra emersa nella giurisprudenza della Corte Costituzionale l'idea che il principio di legalità in senso sostanziale sia principio generalizzato (la questione per cui principio di legalità in senso sostanziale debba considerarsi sempre implicitamente operante o piuttosto richiesto solo nei settori in cui la Costituzione detta una riserva di legge, rimane tuttavia controversa): 1. Principio di uguaglianza (art. 3 Cost): la sottoposizione alla legge prevede un uso arbitrario e discriminatorio del potere pubblico; il provvedimento incidente sulla posizione del singolo ha a fondamento una regola capace di applicarsi a situazioni analoghe, e non è il frutto di una decisione ad hoc, potenzialmente foriera di un discriminatorio sopruso. Esigenze riaffermata all'art. 97 Cost., dove si impone alla legge di assicurare l'imparzialità della pubblica amministrazione, ovvero che questa si ponga nella sua azione in una condizione di equidistanza rispetto alla generalità degli individui. A garanzia di tali principi (art. 113 Cost.) esiste potere di ricorrere contro atti della pubblica amministrazione eventualmente contraria legge. 2. Criterio ordinatore tra le fonti del diritto (art. 4 Preleggi): i regolamenti governativi "non possono contenere norme contrarie alle disposizioni delle leggi". Leggi Sul contenzioso amministrativo: in ogni caso "le autorità giudiziarie applicheranno gli atti amministrativi ed i regolamenti generali e locali in quanto conformi alle leggi” . -) Non è ammessa la presenza di un potere normativo autonomo della pubblica amministrazione, che non trovi proprio limite nella legge→ chiedersi se il principio di legalità come necessità di una previa legge debba ritenersi soddisfatto in presenza di una legge a) Che si limiti ad autorizzare l'emanazione di un atto regolamentare o amministrativo (formale) b) Che determini anche i principi cui l’attività pubblica si deve conformare (sostanziale) In assenza di indicazioni specifiche da parte della Costituzione, il principio di legalità sembrerebbe da intendersi in senso unicamente formale; se la Costituzione richiede espressamente che una certa materia sia disciplinata dalla legge (riserva di legge), il principio di legalità sembrerebbe da interpretarsi in senso sostanziale (casi in cui è necessaria una legge che abiliti la pubblica amministrazione ad intervenire, e ne fissi i limiti attraverso le indicazioni dei principi idonei a vincolarne e dirigerne l'attività). La riserva di legge La Costituzione prescrive che una certa materia sia disciplinata dalla legge o da un atto avente forza di legge, con esclusione o limitazione di intervento delle fonti normative ad essa subordinate. Con la riserva di legge si conferisce legislatore un potere non rinunciabile, dal momento che questo non può decidere di autorizzare esso stesso fonti secondarie ad intervenire in sua vece → esigenze di garanzia per i cittadini. Le ragioni per cui la Costituzione pretende che in tali delicati ambiti si eviti l'intervento di atti normativi sono: a) Considerazione per cui il parlamento, nel nostro ordinamento, sia l'organo rappresentativo di tutti i cittadini, che lo eleggono a suffragio universale e diretto→ le leggi da esso approvate sono l'esito di un confronto fra tutte le forze politiche che della volontà popolare sono espressione. 20 Governo: non sussistono le stesse garanzie per tale organo non direttamente rappresentativo del corpo elettorale, e dove siede solo la maggioranza, che non potrà quindi discutere il contenuto dell'atto con le forze politiche di opposizione. b) Il procedimento legislativo si caratterizza per la sua trasparenza: i lavori del Parlamento sono pubblici e chiunque può conoscere la posizione assunta dai diversi parlamentari → è massima per gli elettori la possibilità di verificare le responsabilità degli eletti. Governo: non sussiste tale garanzia di pubblicità per i lavori che si svolgono in seno a tale organo, le cui sedute non sono soggette al principio di pubblicità. c) Atti legislativi adottati dal Parlamento sono potenzialmente assoggettabili al controllo di costituzionalità rimesso alla Corte Costituzionale. -) La Costituzione prescrive una riserva di legge: intervento di una legge statale o di una legge regionale (?) 1. Legge statale: per una materia che può essere disciplinata solo dallo Stato 2. Leggi regionali: per una materia che può essere disciplinata solo dalla Regione Nonostante si parli di riserva di legge, la giurisprudenza ritiene che tale formula si riferisca anche agli atti aventi forza di legge, e non solo all'atto formale approvata dal Parlamento ai sensi dell'art. 70 Cost. Fa eccezione solo il caso in cui la Costituzione, espressamente, faccia richiamo al l'atto normativo emanato dalle "Parlamento" o dalle "camere" → riserva formale. Tendenza del nostro ordinamento a produrre diritto per il tramite di questi atti (mettere in discussione la ratio della riserva di legge per come i nostri costituenti l'avevano intesa; sarebbe preferibile ricorrere alle ordinarie procedure di formazione della legge, che implicano un dibattito parlamentare sufficientemente articolato) -) Le riserve di legge si distinguono in riserve di legge: ASSOLUTE, richiedono che l'intera materia sia disciplinata dalla legge o da un atto avente forza di legge → e estromissione totale delle fonti subordinate, poiché la materia in considerazione, per nessun profilo, potrà trovare la propria fonte di disciplina in atti normativi diversi dalle fonti primarie. RELATIVE, la Costituzione richiede che la legge determini i principi fondamentali della materia, permettendo che la disciplina sia integrata e dettagliata da atti normativi ad esso subordinati (principi fissati dal legislatore a cui bisogna necessariamente attenersi). Termini che la Costituzione NON utilizza mai; è dunque compito dell'interprete verificare se, a seconda delle espressioni utilizzate, la disposizione costituzionale sia di volta in volta riferita alla prima o alla seconda accezione. -) Altra distinzione di Levante è quella fra riserva di legge semplice e riserva di legge: RINFORZATA, la Costituzione oltre a riservare la disciplina di una certa materia alla legge, obbliga il legislatore, limitandone la discrezionalità, al rispetto di ulteriori vincoli, di contenuto o di procedimento -) La Costituzione talvolta richiede che a regolare taluni ambiti sia la sola fonte superprimaria→ riserva di legge costituzionale: il Costituente ha ritenuto non sufficiente la garanzia insita nella riserva di legge, e ha voluto specificare che la materia trattata meritasse di essere disciplinata da norme prodotte con le ampie maggioranze e secondo l’articolato procedimento previsto dall'art. 138 Cost., con tutte le conseguenze da ciò derivanti, quanto a stabilità e rilievo della disciplina. -) Stretto rapporto tra il principio di legalità e l'Istituto della riserva di legge Riserva di legge Principio di legalità Riguarda esclusivamente i rapporti tra fonti normative Attiene il rapporto tra leggi e tutti gli altri atti della pubblica autorità, siano essi normativi, siano essi di natura amministrativa → sovrapposizione tra i concetti di riserva di legge relativa ed il principio di legalità inteso in senso sostanziale: quando la Costituzione prevede una riserva di legge relativa, il principio di legalità sarà da intendersi in senso sostanziale, poiché la legge in questi casi non si limita ad autorizzare l'adozione di atti normativi secondari dell'autorità pubblica, ma deve anche indicare principi ordinatori della materia, delimitando l'ampiezza e le modalità di intervento del potere regolamentare. 21 L’applicazione del criterio di competenza e le sue conseguenze Contrasto tra fonti poste sullo stesso livello gerarchico → criterio di competenza: prevalenza della disposizione normativa alla quale la fonte sovraordinata abbia attribuito la specifica competenza ad intervenire in materia. 1. Contrasto tra norme di grado primario: la legge o l'atto avente forza di legge irrispettoso del principio di competenza verrà dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale per violazione della Costituzione. 2. Contrasto tra norme di grado secondario: il potere di provvedere all'eventuale annullamento della legge incompetente, per violazione della fonte primaria, sarà del giudice amministrativo (il giudice ordinario potrà solo procedere a disapplicarla nell'ambito della specifica controversia) -) Il criterio di competenza assume rilievo nella regolazione dei rapporti tra Stato e Regioni, che sono abilitate ad intervenire con proprie leggi solo nelle materie che la Costituzione assegna loro. -) Manifestazione del criterio di competenza: rapporti tra i regolamenti parlamentari e le altre fonti equiparate→ le norme costituzionali esprimono una "riserva di regolamento", attribuendo ai regolamenti parlamentari anche autonomia quanto ad organizzazione e funzionamento delle Camere. -) Regolamento degli eventuali contrasti tra diritto italiano e diritto dell'Unione Europea → rapporti tra norme nazionali e norme comunitarie con peculiarità assolute, riscontrabili soprattutto con riferimento agli effetti che si producono sulla norma "incompetente" in caso di accertato contrasto. L'applicazione del criterio cronologico ed il fenomeno abrogativo Dove non sia possibile applicare il criterio di competenza, il contrasto tra norme di pari grado può essere risolto mediante il ricorso al criterio cronologico → prevalenza della norma più recente e abrogazione della più risalente. Il fenomeno trova giustificazione nel inesauribilità del potere normativo, che, previsto in via astratta dalle fonti sulla produzione, non si risolve in una sola ed immodificabile manifestazione; si preferisce la norma più recente in ragione del fatto che questa corrisponde alla volontà attuale del potere normativo. ABROGAZIONE, delimitazione nel tempo dell’efficacia di una norma; non va confusa con l’annullamento, date le conseguenze radicalmente differenti a cui i due istituti danno luogo Annullamento Abrogazione L'annullamento di una legge ne comporta la perdita di validità → la norma annullata non può più trovare applicazione (dal momento che rappresenta il frutto dell’esercizio di un potere illegittimo) L'abrogazione di una legge ne restringe l’efficacia→ la norma abrogata (frutto di scelte politiche superate ma non illegittime) trova applicazione in tutti i rapporti sorti prima dell’entrata in vigore della norma abrogante “L'abrogazione non tante estingue le norme quanto, piuttosto ne delimita la sfera materiale di efficacia, e quindi l'applicabilità, ai fatti verificatisi sino ad un certo momento nel tempo” (Corte Costituzionale sentenza 49 del 1970) La norma abrogante non si applica i rapporti sorti anteriormente alla sua entrata in vigore per il principio di irretroattività sancito dall'art. 11 delle Preleggi, per cui gli atti normativi, salvo essi dispongano esplicitamente in modo diverso, hanno potere di regolare solo situazioni e rapporti collocati nel futuro, e non nel passato. -) Tipologie di abrogazione: Art. 15 delle Preleggi “Le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l'intera materia già regolata dalla legge anteriore” 1. ESPRESSA, tutte le volte in cui una nuova disposizione indichi esplicitamente le disposizioni precedenti che si intende abrogare→ effetto abrogativo che si produce in modo generalizzato (erga omnes), non potendo sussistere dubbi interpretativi sul fatto che l'abrogazione sia effettivamente avvenuta. perché non sussistano incertezze sull'individuazione delle disposizioni normative effettivamente abrogate occorre che esse siano nominativamente richiamate dalla disposizione abrogante (nessun rilievo deve essere riconosciuto alle clausole di stile “sono abrogate tutte le norme in contrasto con la presente legge”, pure spesso utilizzate dal legislatore) 22 CAPITOLO X Sezione I Dallo Stato liberale allo Stato Sociale Esiste una stretta correlazione tra la forma di Stato esistente in un dato ordinamento, intesa quale rapporto intercorrente tra chi detiene il potere e chi soggiace al potere stesso, e la disciplina dei diritti del cittadino → nozione di forma di Stato che la definisce quale modalità di correlazione tra libertà e autorità. Se la forma di Stato esistente in un dato ordinamento in un dato periodo storico influenza la disciplina dei diritti di libertà, si comprende la ragione per cui lo studio dei diritti di libertà non possa essere decontestualizzato dal processo di cambiamento che ha interessato le forme di Stato nel corso dei secoli. 1) Stato liberale ottocentesco: i diritti di libertà si affermano essenzialmente quali sfere individuali di autonomia riconosciute al cittadino e garantite nei confronti delle interferenze dei pubblici poteri. ● La valenza "negativa" che caratterizza il diritto di libertà nello Stato ottocentesco (libertà dallo Stato) poggia, sua volta, sulla nozione di e uguaglianza intesa in senso formale (concetto affermatosi come valore nel corso della Rivoluzione francese del 1789)→ i diritti di libertà sono quindi riconosciuti a tutti i cittadini, ma senza che lo Stato si preoccupi di garantirne il godimento effettivo. ● Si riscontra una profonda differenziazione quanto alla disciplina dei diritti di libertà, se si paragonano le esperienze dell'Inghilterra degli Stati Uniti e quello dell'Europa continentale: Esperienza angloamericana Tradizione continentale Europea I diritti di libertà vengono riconosciuti e garantiti dal potere giudiziario I diritti di libertà rinvengono il proprio fondamento in una Costituzione scritta, ovvero nella legge del parlamento, come espressione della volontà popolare 2) Con l’avvento della forma di Stato Sociale cambia la disciplina dei diritti di libertà, sia con riguardo ● Al significato attribuibile alla nozione: i diritti di libertà non sono più concepiti solo nell’accezione “negativa”, ma assumono rilievo anche in “positivo”, per cui la loro tutela effettiva richiede, più realisticamente, l’intervento dello Stato. 1) Diversa declinazione del principio di eguaglianza che da formale diventa sostanziale (come sancito nel nostro ordinamento dall’art. 3 comma II della Costituzione) → lo Stato non può limitarsi a proclamare i diritti di libertà in astratto, ma deve intervenire in concreto per assicurarne l’esercizio e la fruibilità da parte di tutti. 2) Riconoscimento di altri diritti, definiti diritti sociali o di prestazione: pretese azionabili dal singolo nei confronti dello Stato, affinché esso adotti gli strumenti idonei a garantire l'uguaglianza ed ovviare alle diseguaglianze insite nel tessuto sociale → si è osservato che la garanzia di effettività dei Diritti Sociali è condizione necessaria per l'esercizio dei diritti di libertà ● Agli strumenti che l'ordinamento costituzionale appresta a loro presidio; in primo luogo si annovera il principio di rigidità, che contraddistingue le Costituzioni del secondo dopoguerra → questo prevedeva essenzialmente due forme di garanzia dei diritti costituzionali: 1) La riserva di legge: strumento vincolante per il legislatore, tenuto al rispetto dei principi costituzionali nell'esercizio discrezionale del suo potere legislativo. 2) La riserva di giurisdizione: garanzia sostanziale costituita dalla previsione di alcuni principi costituzionali in materia processuale (ad esempio il diritto di azione e difesa e la presunzione di non colpevolezza), informanti l'esercizio della funzione giurisdizionale La tutela dei diritti: dal legislatore ai giudici L'evoluzione della forma di Stato ha inciso profondamente anche sul versante dei rapporti intercorrenti tra il legislatore e i giudici, costituzionali e comuni, determinando una tensione tra i due attori istituzionali, entrambi chiamati a intervenire, il primo con la legge, ed i secondi con le loro pronunce, nella tutela dei diritti fondamentali. 25 Ciò che maggiormente caratterizza lo Stato costituzionale del Novecento consiste nella scoperta definitiva del ruolo centrale dei giudici nell'affermazione dei diritti e delle ruolo assolto da questi stessi nell'interpretazione dei principi costituzionali → se prima infatti, il giudice altro non era se non un mero esecutore della legge, e perciò definito come la "bocca della legge", mentre era legislatore a ricoprire il ruolo di unico garante delle libertà, attraverso l'approvazione di leggi generali e astratte, nello Stato costituzionale è la rigidità della Costituzione che pone al riparo dalla discrezionalità del legislatore taluni diritti fondamentali ed esalta il ruolo, talvolta addirittura suppletivo, del potere giudiziario. Le decisioni giudiziarie sono vincolanti per il singolo caso risolto dal giudice, e sono prive di quella portata erga omnes, che, invece, è caratteristica intrinseca della legge → non potrebbe essere diversamente, se non si vuole minare il principio democratico su cui regge l'intero ordinamento. Lo stesso varrebbe per la soluzione opposta, quella di demandare in via esclusiva al potere legislativo la determinazione della disciplina dei diritti fondamentali: ciò potrebbe dirsi egualmente insoddisfacente di fronte a decisioni politiche spesso incapaci di assicurare un reale bilanciamento tra i diritti rilevanti nel caso di specie e "in conflitto" tra loro. In casi particolarmente controversi, può sorgere una "contesa" tra legislatore e giudici, in cui i secondi contraddicono oppure precedono le scelte legislative dei primi, in qualche caso "creando" anche direttamente nuovi diritti: si tratta di uno degli aspetti più caratteristici dello Stato costituzionale contemporaneo, che vede un progressivo avvicinamento dei sistemi di civil law a quelli di common law. La tutela internazionale dei diritti L'attenzione sempre maggiore che il diritto internazionale mostra quanto alla disciplina dei diritti fondamentali e l'apertura degli ordinamenti nazionali verso questa protezione "multilivello" dei diritti giustificano una sintetica ricostruzione degli strumenti che il diritto internazionale appresta a questi fini. 1. Effetti che la tutela internazionale dei diritti è suscettibile di dispiegare nell'ordinamento interno - Ampliamento quantitativo e qualitativo dei diritti già codificati nelle carte costituzionali degli Stati nazionali: diversi e ulteriori posizioni soggettive vengono quindi riconosciute come meritevoli di tutela. - Rafforzamento sul piano processuale, in senso lato, della tutela dei diritti, se si considerano i trattati di diritto internazionale istitutivi di meccanismi di tutela giurisdizionale, oppure paragiurisdizionale, che si giustappongono ai sistemi giurisdizionali nazionali di tutela dei diritti → Dal punto di vista di diritto sostanziale, possono richiamarsi: a) Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (1948) b) Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (1966) c) Patto internazionale sui diritti civili e politici (1966) 2. Tutela dei diritti fondamentali di livello internazionale: - CEDU: Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali 1. Sottoscritta a Roma nel 1950 dagli Stati membri del Consiglio d'Europa 2. Tutela ed interpretazione ad opera della Corte europea dei diritti dell'uomo (sede a Strasburgo) Organo giurisdizionale che garantisce l'effettivo rispetto della CEDU da parte degli Stati che hanno aderito al sistema convenzionale: ad essa possono presentare istanze: a) Gli stati che ritengano che altri Stati abbiano violato la CEDU b) I soggetti privati che ritengono di essere stati lesi nei diritti fondamentali da parte di uno degli Stati aderenti→ i loro ricorsi potranno essere promossi solo se siano stati prima percorsi tutti i tentativi di rimedio interno previsti dai singoli ordinamenti ed entro sei mesi dalla data della decisione interna definitiva 3. Garantisce la tutela dei diritti umani di tradizione liberale, offrendo copertura ai diritti civili ma omettendo riferimenti specifici ai diritti sociali che costituiscono uno dei tratti caratterizzanti la forma di Stato dell'ordinamento costituzionale italiano. 4. L'influenza delle pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo, specie se di condanna, non si riverbera solo sulle decisioni della Corte Costituzionale e dei giudici, ma può sollecitare interventi del 26 legislatore, chiamato a disciplinare settori caratterizzati da lacune oppure limiti che abbiano causato la violazione di uno o più principi della CEDU. - Carta Sociale Europea: a presidio di un nutrito catalogo di diritti sociali, a salvaguardia dei quali è preposto il Comitato europeo dei diritti sociali. - CGUE: Corte di Giustizia dell'Unione Europea: preposta a difesa dei diritti fondamentali contemplati nei Trattati europei e nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione (Carta di Nizza); essa ha il potere: 1. Di annullare un atto dell'Unione Europea che risulti in violazione dei trattati istitutivi oppure di uno o più diritti fondamentali sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione. 2. Di decidere sulle richieste avanzate dai cittadini ed alle imprese che si ritengano lesi da atti imputabili all'Unione stessa (Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea) 3. Di valutare la compatibilità del Diritto degli Stati membri rispetto al diritto dell'Unione Europea attraverso il meccanismo del cosiddetto rinvio pregiudiziale→ il giudice nazionale, dovendo applicare una norma interna apparentemente in contrasto con il diritto dell'Unione Europea, chiede alla CGUE di chiarire il significato da assegnare alla norma UE. I diritti nella pandemia Il tentativo di circoscrivere l'improvvisa diffusione del virus Covid-19 ha avuto tra le principali conseguenze la sospensione di numero di diritti sanciti dalla Costituzione → tale scelta si è rivelata foriera di molteplici criticità: 1. Mancato rispetto delle riserve assolute di legge, istituto di garanzia previsto dalla Costituzione nei casi in cui sia necessario limitare i diritti sanciti dalla Costituzione stessa (strumento principale di limitazione delle libertà costituzionali è stato quello del dPCM) 2. Congelamento indiscriminato di tutte le libertà di cittadini, avvenuto nonostante nel nostro ordinamento, secondo la giurisprudenza costituzionale, non esistano "diritti tiranni"→ La Corte Costituzionale afferma che "tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri" Prevalenza assoluta che si è certamente verificata nel corso della pandemia, dal momento in cui Governo e Parlamento l’hanno attribuita alla tutela della salute a completo discapito degli altri diritti, che pure trovano il riconoscimento nella Costituzione; questo mal si concilia con la necessità che, ogni diritto costituzionale, nel bilanciamento con altri diritti o interessi costituzionali, non sia mai sacrificato nel suo nucleo essenziale. 3. Le limitazioni straordinarie ai diritti fondamentali sono un sacrificio accettabile, ma solo se limitate nel tempo → sempre la Corte Costituzionale aveva già affermato in materia di terrorismo che "l'emergenza, nella sua accezione più propria, è una condizione certamente anomala e grave, ma anche essenzialmente temporanea. Ne consegue che essa legittima, si, misure insolite, ma che queste perdono legittimità, se ingiustificatamente protratte nel tempo": la sospensione di tali diritti, che poteva trovare giustificazione nei primi mesi della pandemia, è successivamente divenuta, proprio per lo scorrere del tempo, irragionevole e sproporzionata. Ripercussioni sulle persone più vulnerabili o già vittime di discriminazioni: DONNE, molte hanno perso il lavoro, altre con lo Smart Working si sono viste addossate non solo del lavoro di cura domestico (cui generalmente sono già chiamata in misura statisticamente più alta rispetto agli uomini), manchi lo andrei di accudire i bambini costretti a stare a casa tutto il giorno alle prese con la didattica on-line. Si è verificato un sensibile aumento della violenza domestica, data la permanenza obbligata nelle case ed il controllo continuativo a cui sono state sottoposte dal partner; inoltre la chiusura di presidi ambulatoriali, ha comportato notevoli difficoltà per poter procedere all'interruzione volontaria di gravidanza in sicurezza. DISABILI, spesso abbandonati alle loro famiglie a causa dell'interruzione dell'assistenza personale dei servizi di cura di sostegno, oppure costretti ad affrontare il distacco dalla famiglia e la solitudine in servizi residenziali o in ospedale; alcuni si sono visti negare l'accesso alle cure e all'assistenza sanitaria. Gli alunni con disabilità sono stati costretti per molto tempo a non poter usufruire delle attività di sostegno indispensabili per poter esercitare pienamente il loro diritto allo studio. STRANIERI, gli è stato precluso, in mancanza di un titolo di soggiorno di lungo periodo, della residenza nel territorio 27 → Le nozioni di discriminazione diretta e indiretta sono state precisate dal diritto dell'Unione Europea: il legislatore dell'Unione ha, infatti, incluso nel novero delle manifestazioni in cui si estrinseca una disparità di trattamento anche la molestia e l'ordine di discriminare, così come ha fatto propria la nozione di discriminazione multipla, ossia fondata su più di un fattore di discriminazione che nel loro intrecciarsi collocano la vittima in una posizione di svantaggio più elevato. I singoli fattori di discriminazione All’enunciazione del principio di uguaglianza formale si fa seguire un elenco di fattori di discriminazione: 1) Sesso: divieto di discriminazione che trova svolgimento in ulteriori disposizioni costituzionali: - Ambito familiare, con il principio “dell'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi” (art. 29 Cost.) - Materia di rapporti di lavoro, con il principio per cui “la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore” (art. 37 Cost.) - In tema di accesso alle cariche elettive, con il principio per cui si stabilisce che “tutti i cittadini dell'uno e dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge” (art. 51 Cost.) 2) Razza: non trova ulteriori specificazioni nel dettato costituzionale, ma opera quale divieto a carattere assoluto, come espressione della rottura con il precedente regime fascista. Il rilievo assunto dal fenomeno dell'immigrazione e l'evoluzione in senso multiculturale delle società odierne hanno contribuito ad accrescere la centralità del problema della tutela contro le discriminazioni razziali (adozione di misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa ed attuazione di direttive per la parità di trattamento tra persone indipendentemente dalla razza del origine etnica) 3) Lingua: esso va integrato dall'art. 6 Cost, che stabilisce che "la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche", così acconsentendo all'adozione di interventi specificamente rivolti a conservare il pluralismo linguistico presente sul territorio nazionale. 4) Confessione religiosa: principio che necessita di essere considerato congiuntamente ad altre disposizioni costituzionali che intervengono nella disciplina del fenomeno religioso: - Uguaglianza tra confessioni religiose ("Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge"; art. 8 Cost.) - Libertà di religione ( "Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa”; art. 19 Cost) - Materia di rapporti tra Stato e Chiesa cattolica (art. 7 Cost) 5) Opinioni politiche: il divieto rinviene nella Carta costituzionale ulteriori specificazioni: - Divieto di privare il cittadino della capacità giuridica, del nome e della cittadinanza (art. 22 Cost.) - Presidio della libertà di manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.) - Garanzia di uguaglianza e segretezza del voto (art. 48 Cost.) - Tutela della libertà di associazione politica (art. 49 Cost.) 6) Condizioni personali e sociali: applicazione in diverse situazioni: a) Discriminazioni nei confronti delle persone con disabilità b) Condizioni personali riguardanti diritti lgbti, che negli ultimi anni hanno avuto importanti riconoscimenti giurisprudenziali e legislativi→ particolarmente rilevanti sono le decisioni della Corte Costituzionale sul divieto di matrimonio fra persone dello stesso sesso e sulle conseguenze della rettificazione di sesso di uno dei coniugi in costanza di matrimonio. Il principio di ragionevolezza Il principio di uguaglianza formale è da ritenersi violato quando la legge "senza un ragionevole motivo" tratta diversamente fattispecie analoghe e viceversa → pur dovendo riconoscere al legislatore ampia discrezionalità quanto la disciplina che intenda di volta in volta adottare, dunque, ragioni di coerenza e congruità logica gli impongono di operare scelte ragionevoli, ossia non escludere da una disciplina fattispecie assimilabili, e non includervi fattispecie che, al contrario, presentino significativi profili di differenziazione. 30 TERTIUM COMPARATIONIS: la Corte usa raffrontare la fattispecie sottoposta al suo esame ad altra disciplina che costituisce un termine di paragone o di raffronto: è necessario individuare la ratio legis, da cui si deducono i motivi dell'intervento e le finalità che il legislatore vuole perseguire, alla luce delle quali si possono valutare le analogie o le differenze tra le fattispecie poste a raffronto. Il principio di ragionevolezza è divenuto un canone generale dell'ordinamento giuridico declinabile in vario modo: - Richiede che i mezzi approntati dal legislatore per conseguire un determinato scopo siano idonei al raggiungimento dello stesso e che siano anche proporzionati. - Implica una valutazione sulla congruità del bilanciamento operato dal legislatore fra gli interessi di volta in volta coinvolti nella disciplina. In definitiva, il principio di uguaglianza pone al giudice costituzionale l'esigenza di verificare la correttezza della classificazione operata dal legislatore in relazione alle fattispecie considerate, ma anche la NON contraddittorietà del trattamento giuridico introdotto, tenendo conto delle finalità che la disciplina mirava a perseguire. Il principio di eguaglianza sostanziale L'uguaglianza sostanziale completa quella formale consentendo interventi legislativi differenziati in favore delle categorie più svantaggiate→ l'obiettivo di simili interventi è quello di realizzare un'effettiva parità di trattamento e di possibilità di esercizio dei diritti. AZIONI POSITIVE: definite dalla Corte Costituzionale come "il più potente strumento a disposizione del legislatore, che, nel rispetto della libertà e dell'autonomia dei singoli individui, tende ad innalzare la soglia di partenza per le singole categorie di persone socialmente svantaggiate, al fine di assicurare alle categorie medesime uno stato effettivo di pari opportunità di inserimento sociale, economico e politico" Si tratta di interventi normativi che operano volutamente quali strumenti di diritto diseguale: la possibilità di adottare azioni positive, tuttavia, non è illimitata, perché potrebbe essere una causa di discriminazione nei confronti di gruppi dominanti o appartenenti alla maggioranza (discriminazione alla rovescia) -) Limiti: questione che rimane ancora molto discussa; alcuni esempi: - Ritenendo necessario il carattere temporaneo delle discriminazioni alla rovescia - La Corte Costituzionale ha affermato che le azioni positive, mentre possono agire sui punti di partenza (condizioni che rendono la posizione di taluni soggetti arretrata rispetto a quello degli altri), esse non possono venire utilizzate per attribuire loro direttamente il risultato (particolarità dei diritti politici) Principio alla base del riconoscimento costituzionale dei diritti sociali → va collegato a tutte quelle norme costituzionali che, nell'ambito degli specifici diritti, espressamente fanno riferimento ad un intervento statale per la loro effettiva concretizzazione (forte valenza acquistata dal principio di uguaglianza e di non discriminazione anche nell'ambito del diritto dell'Unione Europea; art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea). Lo statuto costituzionale delle persone straniere A differenza dell'art. 2 Cost, che si riferisce alla persona senza alcuna distinzione, altre previsioni della Costituzione in tema di diritti fondamentali si indirizzano esclusivamente ai "cittadini”. CITTADINANZA Condizione che determina l'appartenenza di uomini e donne ad uno Stato nazionale; metodi di acquisto: - Ius sanguinis: discendenza da padre o madre a loro volta titolari di cittadinanza italiana. - Ius soli: acquisto della cittadinanza per il semplice fatto di essere nati in Italia. - Ricorrere di determinate condizioni alle quali la legge riconosce la capacità di acquisto della cittadinanza (il coniuge straniero di cittadino italiano può diventare cittadino se risiede legalmente in Italia da almeno sei mesi, oppure tre anni dopo la data del matrimonio) In realtà, la maggior parte delle norme costituzionali che disciplinano i diritti, e che pure fanno testuale riferimento ai cittadini, sono state pacificamente interpretate come rivolte a tutti gli individui→ La Corte Costituzionale aveva 31 infatti rilevato che “se è vero che l'art. 3 si riferiva esplicitamente ai soli cittadini, è anche certo che il principio di eguaglianza vale pure per lo straniero quando trattasi di rispettare i diritti fondamentali” L’art. 10 comma II Cost stabilisce che “la condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge In conformità delle norme e dei trattati internazionali”, nell'ambito dei quali la protezione dei diritti fondamentali è notoriamente assicurata→ questo non significa che al legislatore sia preclusa in radice la possibilità di prevedere trattamenti diversificati tra cittadini e stranieri, semplicemente non si tollera che venga previsto un trattamento peggiore nei confronti degli stranieri rispetto alla generalità dei consociati senza un'idonea giustificazione (lo status di straniero non può essere di per sé considerato " causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi"). -)Il discorso è stato esteso anche ai doveri sanciti dalla costituzione: La Corte Costituzionale ha dichiarato infatti incostituzionale la previsione che richiedeva il requisito della cittadinanza italiana ai fini dell'ammissione allo svolgimento del servizio civile, in quanto “l'esclusione dei cittadini stranieri dalla possibilità di prestare il servizio civile nazionale comporta un’ingiustificata limitazione al pieno sviluppo della persona e all'integrazione nella comunità di accoglienza” PERMANENZA SUL SUOLO ITALIANO Per poter entrare oppure permanere legalmente nel territorio italiano, la persona straniera deve seguire iter burocratici particolarmente complessi (decreto legislativo n. 286 del 1998): DIRITTO DI ASILO→ (art. 10 comma III) si prevedono modalità alternative di ingresso e soggiorno, riservate però esclusivamente alla persona straniera alla quale "sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla costituzione italiana", per cui sussiste per questa il "diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge". Nel caso in cui apposite commissioni accolgano tale domanda, accertando l'effettiva impossibilità di godere dei diritti fondamentali nel paese di provenienza, il richiedente avrà diritto ad ottenere un titolo di soggiorno che gli consentirà di risiedere stabilmente nel territorio italiano; quanti invece siano destinatari di una decisione di rigetto della domanda di protezione saranno avviati alle procedure di rimpatrio → Attualmente la disciplina in materia di accoglienza dei richiedenti asilo è contenuta nel decreto legislativo n. 142 del 2015 ed è stata oggetto di numerose modifiche; l'accoglienza dei richiedenti si articola in diverse fasi: 1. Stato: provvedere al soccorso e alla prima assistenza, nonché alle operazioni di identificazione dei migranti 2. All'interno di appositi "centri governativi di prima accoglienza" ha luogo il completamento delle operazioni di identificazione del richiedente e la presentazione della domanda di asilo. In tali centri, in cui richiedenti dovrebbero permanere solo per il tempo necessario ad individuare una soluzione nell'ambito della successiva fase di accoglienza, devono essere garantiti standard igienico-sanitari ed abitativi, nonché accoglienza materiale, assistenza sanitaria, sociale e psicologica, mediazione linguistico-culturale, somministrazione di corsi di lingua italiana e servizi di orientamento legale ed al territorio. 3. La "fase di seconda accoglienza e di integrazione" è assicurata a livello territoriale dagli enti locali: in questa seconda fase a cui possono accedere sia i richiedenti asilo che quanti si sono visti accolti la domanda di asilo di protezione internazionale, dovrebbero essere garantiti non solo gli interventi materiali fondamentali, ma anche una serie di attività funzionali all'inserimento e all'integrazione all'interno della comunità. Sezione III La libertà personale 1. DEFINIZIONE Inviolabile libertà fisica dell’individuo, intesa come libera disponibilità del proprio corpo (art. 13 Cost). La garanzia dell’habeas corpus ha origini medievali, intesa come Diritto per coloro che si trovavano in stato di detenzione di essere tradotti davanti a un giudice, affinché questo potesse verificare le ragioni la legittimità dell'arresto; oggi tale diritto viene interpretato come l'impossibilità per le autorità pubbliche di porre una persona in stato di arresto (“libertà degli arresti”). 32 Art. 15 Cost Art. 21 Cost Comunicazione diretta a destinatari predeterminati e tendente alla segretezza (indipendente dal contenuto) Comunicazione rivolta ad una pluralità indeterminata di soggetti (libertà di manifestazione del pensiero) Non è sempre semplice determinare in quale ambito ricada la comunicazione (varia la pretese dell’autore) -) Segretezza: tutelata a patto che si è effettuata con modalità idonee a rendere la segreta→ ciò significa solo che coloro che entrano legittimamente in contatto con una comunicazione espressa con modalità non riservate potranno apprenderne il contenuto, pur senza poterlo rivelare agli altri. Il predicato della segretezza non si estende solo nei confronti dei soggetti privati, ma vale anzitutto nei confronti dei pubblici poteri, ai quali è precluso di capire i contenuti delle comunicazioni che si svolgono tra gli individui (questo in considerazione dei tanti soprusi che si erano verificati in epoca fascista). - Intercettazioni telefoniche: tema molto delicato in cui rientrano interessi di natura profondamente diversa; da una parte la tutela della segretezza delle comunicazioni private, dall'altra l'interesse alla conoscenza di notizie riguardanti personalità pubbliche. -) Possibilità in capo al destinatario di divulgare a terzi il contenuto di una comunicazione a sé indirizzata Dottrina divisa sul punto: - Una parte sostiene che la norma imporrebbe anche ai destinatari la segretezza delle comunicazioni ricevute - Una parte sostiene che il destinatario sia libero di gestire a sua volta la comunicazione ricevuta, perché nei suoi confronti non sembra predicarsi il rispetto della riservatezza. Indipendentemente dal fatto che il messaggio in questione sia protetto dalle garanzie dell'art. 15 o dell'art. 21 Cost., nel caso in cui il destinatario renda pubblico un messaggio privato, non è da escludere che gli possa essere considerato responsabile in proprio delle eventuali conseguenze pregiudizievoli causate a terzi. Libertà e segretezza possiedono autonomia concettuale, rilevante con riguardo ad alcune legittime restrizioni 2. TUTELA, analoga a quella della libertà personale e della libertà di domicilio quanto alla riserva di legge e alla riserva di giurisdizione: la norma, infatti, espressamente afferma che limitazioni alla libertà sono costituzionalmente legittime solo se disposte a seguito di "atto motivato dell'autorità giudiziaria e con le garanzie stabilite dalla legge"; Garanzia ancora più forte, poiché NON sono previste eccezioni che consentano l'adozione di provvedimenti provvisori e posticipino l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria. Diritto alla privacy Il Costituente ha tenuto ben presente anche il valore della riservatezza, pur senza aver canonizzato, in un preciso progetto normativo, il diritto alla privacy → la genericità del dettato costituzionale ha, ovviamente, rappresentato un limite di tutela, perché per lungo tempo il legislatore ordinario si è limitato a tutelare la privacy indirettamente sotto il profilo della tutela della corrispondenza e del domicilio. - Il codice penale punisce infatti le interferenze illecite nella vita privata intese come acquisizione e diffusione di notizie o immagini attinenti alla vita privata, mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, svolgentesi nell'abitazione altrui o un altro luogo di privata dimora o nelle appartenenze di essi - Oggi la riservatezza, come valore in sé, è ulteriormente tutelata dal legislatore, che allo scopo ha anche istituito il Garante per la protezione dei dati personali e ha disciplinato organicamente la materia del trattamento dei dati personali con apposito testo unico. Le libertà di circolazione, soggiorno, espatrio ed emigrazione 1. DEFINIZIONE (art. 16 Cost.) - Comma I: “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza” →Libertà 35 disciplinate consistono nella possibilità di muoversi liberamente all'interno del territorio nazionale (libertà di circolazione) e di stabilirvi altrettanto liberamente la residenza, la dimora o il domicilio (libertà di soggiorno) Tratti di contatto con la libertà personale ma strumenti di tutela che divergono: la libertà di circolazione e soggiorno non è infatti assistita dalla riserva di giurisdizione, anche se è garantita da una riserva di legge rinforzata per contenuto che consente le limitazioni soltanto "in via generale” per motivi di: a) Sanità: prevenire o impedire un pericolo di contagio o di propagazione di malattie infettive o epidemie. b) Sicurezza: prevenire situazioni che possano direttamente turbare l'ordine pubblico. - “Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche” (reazione ai provvedimenti di confino, tipici del regime fascista)→ solo agli ex Casa Savoia, alle loro Consorti e loro discendenti maschi sono stati vietati, (anche) per motivi politici, l'ingresso ed il soggiorno nel territorio nazionale (divieto rimasto in vigore fino al 2002 quando fu stabilito che tali norme citate nella XIII Disposizione transitoria e finale della Costituzione avevano esaurito i loro effetti) La libertà di circolazione e soggiorno è estesa dall'art. 21 del TFUE all'intero territorio dell'Unione Europea, per cui ogni cittadino (con i suoi familiari, anche non cittadini dell’UE) dell'Unione ha diritto di circolare nel territorio di uno Stato membro e di soggiornarvi per un periodo non superiore a tre mesi, senza alcuna condizione o formalità, salvo il possesso di una carta d'identità o di un passaporto in corso di validità. Per periodi superiori a tre mesi sono richieste alcune condizioni tra cui: essere lavoratore subordinato o autonomo nello Stato membro ospitante; disporre, per sé stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti e di un'assicurazione per malattia. - Comma II “Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e rientrarvi, salvo gli obblighi di legge” → si riconosce il diritto del cittadino di uscire dal territorio e di farvi rientro (libertà di espatrio), un diritto che trovo il terrore svolgimento nell'art. 35 comma III Cost., che tutela la libertà di emigrazione, consistente nelle spazio per ragioni economiche e lavorative, con stabilimento in uno Stato estero. Mentre nel primo caso la garanzia rispetto ad eventuali limitazioni è costituita dalla riserva di legge "salvo gli obblighi di legge", nel secondo caso, la riserva rinforzata di legge afferma "salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell'interesse generale". La libertà di religione e il principio di laicità 1. DEFINIZIONE (art. 19 Cost.) “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume” → la libertà di religione consiste nel diritto di credere, ma anche nel diritto di NON credere -) La libertà di religione si compone di tre diverse facoltà: a) Professare una fede b) Farne propaganda c) Esercitarne il culto -) La libertà di religione è riconosciuta nella sua dimensione: a) Individuale: stretta continuazione con il divieto di discriminazione (sancito dall’art. 3 Cost.); Non è riferita solo alle confessioni religiose, ma anche alle associazioni ed ai gruppi che svolgono attività con finalità religiose. b) Collettiva: rafforzata dal divieto, rivolto al legislatore, di introdurre limitazioni e speciali gravami fiscali in ragione del “carattere ecclesiastico” oppure “del fine religioso o di culto” di un'associazione o istituzione (art. 20 Cost.) che dà veste concreta al più generale diritto riconosciuto a tutte le confessioni religiose di essere egualmente libere davanti alla legge. -) Unico limite previsto esplicitamente concerne la necessità che i riti di culto non siano contrari al buon costume -) Rapporti fra Stato e confessioni religiose → i rapporti con la religione cattolica sono regolati sulla base del principio concordatario (art. 7 Cost.), mentre i rapporti con le altre confessioni sono regolati sulla base di intese con le relative rappresentanze (art. 8 Cost.) 36 La Corte Costituzionale ha precisato che NON esiste un diritto della confessione religiosa ad ottenere un'intesa dallo Stato, o anche solo ad avviare le trattative finalizzate ad ottenerla; lo Stato ha infatti la possibilità di opporsi ad una richiesta di negoziazione con una decisione non sindacabile davanti all'autorità giudiziaria. Principio di laicità: frutto dell’evoluzione dei rapporti intercorrenti tra Stato e religione cattolica nel passaggio dallo Statuto Albertino alla Costituzione repubblicana. Principio ricavabile da una lettura combinata di più disposizioni costituzionali (art. 2, 3 e 19 Cost.) Prima Dopo “La religione Cattolica, Apostolica e Romana è la sola religione dello Stato. Gli altri culti ora esistenti sono tollerati conformemente alle leggi” “Il principio supremo di laicità implica non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni ma garanzia dello Stato e per la salvaguardia della libertà di religione, il regime di pluralismo confessionale e culturale” → Da esso discendono alcuni importanti corollari tra cui: il principio di separazione degli ordini (art. 7 Cost); il principio di uguaglianza tra le confessioni religiose (art. 8 e 20 Cost); il principio di libertà religiosa (ex art. 19 Cost.) -) Libertà di coscienza: fondamento rinvenuto nell’art. 19 Cost. (ma anche nell’art 2 e 21 Cost.): libertà del singolo di formarsi le proprie convinzioni e di determinarsi conformemente ad esse → le convinzioni o i convincimenti interiori possono essere di varia natura, non necessariamente religiosi, ma anche etici, ideologici o filosofici. Seppur manchi di un esplicito riconoscimento nella Carta costituzionale, La Corte Costituzionale ne ha ricavato in via interpretativa il diritto; “la protezione della coscienza individuale si ricava dalla tutela delle libertà fondamentali dei diritti inviolabili riconosciuti e garantiti all'uomo come singolo, ai sensi dell’art. 2 Cost., dal momento che non può darsi una piena ed effettiva garanzia di quest'ultimi senza che sia stabilita una correlativa protezione costituzionale di quella relazione intima e privilegiata dell'uomo con se stesso che di quelli costituisce la base spirituale-culturale e il fondamento di valore etico-giuridico”. → Il legislatore ha previsto che in talune ipotesi, tassativamente previste, il singolo possa osservare il proprio "imperativo morale" il luogo di obblighi giuridicamente imposti (diritto all’obiezione di coscienza) La libertà di manifestazione del pensiero 1. DEFINIZIONE (art. 21 Cost.) -) Titolarità del diritto: non soltanto i cittadini godono di tale diritto ma anche gli stranieri, gli apolidi e, altresì, le formazioni sociali come precisato dalla Corte Costituzionale, che ha definito il "diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione" come "la pietra angolare dell'ordine democratico", volendo sottolineare come esso costituisca la "condizione del modo di essere e dello sviluppo della vita del paese in ogni suo aspetto culturale, politico, sociale "→ proprio grazie a tale diritto ciascuno può esprimere e diffondere le proprie opinioni, ed è possibile riuscire ad alimentare l'opinione pubblica rispetto ad ogni altro aspetto della vita sociale. -) Oggetto della libertà: la norma tutela espressamente la possibilità di far conoscere a chiunque la propria idea su un qualsivoglia argomento; la tutela è estesa ad ogni forma di manifestazione del pensiero, quale ne sia il contenuto, salvo il limite del buon costume (diritto di cronaca, di informazione…). Per contro il diritto è riconosciuto esclusivamente con riguardo alla manifestazione del proprio pensiero: questo rende legittimi i divieti posti a tutela della pubblica fede e quelli posti a tutela del diritto di autore. -) Limite (buon costume): per buon costume si intende certamente la sfera attinente al pudore sessuale, concetto che, in ragione della sua natura elastica, si presta ad evolversi nel tempo, congiuntamente alle trasformazioni dei costumi della società, e a relativizzarsi nello spazio→ di una concreta manifestazione del pensiero non è possibile affermare che essa sia contraria al buon costume, se non quando, in relazione alle circostanze di tempo e di luogo, essa offenda altri diritti costituzionalmente rilevanti. Accanto a questo limite espresso concorrono altri limiti impliciti, fra cui il diritto all'onore, tutelato esplicitamente dal codice penale con la previsione dei reati di ingiuria (di recente La Corte Costituzionale ha stabilito che la pena della detenzione per i casi in cui la diffamazione si è effettuata con il mezzo della stampa e 37 La Costituzione dedica alla famiglia tre importanti norme, che nel momento in cui furono scritte costituivano un'importante innovazione per la società italiana: la famiglia è stata disciplinata nello Stato fascista come entità non autonoma, ma subordinata allo Stato e di fatto esprimeva una visione patriarcale, fondata sulla superiorità del marito e sulla quasi assenza di diritti della moglie 1. (Art. 29 Cost) - Comma I: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” “Società naturale” “Fondata sul matrimonio” - Netta distinzione e autonomia della famiglia dallo Stato, volendo segnare una forte discontinuità con il passato - Il riferimento alla "natura", unita all'utilizzazione del verbo "riconoscere", allude a una preesistenza della famiglia rispetto allo Stato che da molti è stata interpretata come uno degli elementi del diritto naturale contenuti nella Costituzione. - Secondo un'interpretazione evolutiva, dovrebbero rientrare nella definizione anche realtà diverse dalla famiglia tradizionale, quali appunto le coppie eterosessuali non sposate e le coppie omosessuali - Secondo un'interpretazione non evolutiva, la famiglia costituzionale dovrebbe essere solo quella fondata sul matrimonio e le "altre" forme di unione sarebbero garantite solo dall'art. 2 Cost., come “formazioni sociali”. → Problematica sviluppata negli anni: 1. Nella sentenza n. 138/2010, il giudice costituzionale ha chiarito che tale norma doveva intendersi riferita solo alle coppie eterosessuali, mentre le coppie omosessuali sarebbero garantite dall'art 2 Cost. → il legislatore sarebbe dovuto intervenire con una disciplina generale. 2. Visto il ritardo dell'intervento del legislatore, nel frattempo le unioni omosessuali hanno avuto riconoscimenti importanti dalla giurisprudenza comune (soprattutto in materia di filiazione, in cui la giurisprudenza comune di legittimità ha riconosciuto le coppie conviventi omosessuali l'adozione, ovvero l'affido del figlio del partner). 3. Nel mentre il nostro Paese è stato condannato per non aver adeguatamente tutelato il diritto alla vita familiare delle coppie omosessuali ricorrenti che, al momento del ricorso, lamentavano l'impossibilità di vedere riconosciuta all'interno dell'ordinamento giuridico italiano il vincolo matrimoniale contratto all'estero. 4. Il legislatore interviene con la legge 76/2016 (Legge Cirinnà), la quale,seguendo le impostazioni del giudice costituzionale stabilisce l'istituto dell'unione civile, che, a dispetto del nome e salvo qualche profilo specifico, sancisce regole simili a quelle del matrimonio, sotto il profilo dei diritti e dei doveri e sotto l'aspetto patrimoniale→ non interviene però né sulla regolamentazione dei figli minori della coppia omosessuale, a cui non è consentito far ricorso all'istituto dell'adozione, nemmeno nella forma della stepchild adoption, né sulle modifiche quanto all'accesso alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita, che richiedono, quale requisito soggettivo di accesso alla procreazione artificiale, l'eterosessualità della coppia. La legge regola anche le convivenze, sia eterosessuali che omosessuali: vengono garantiti ai conviventi veri e propri contratti di convivenza, per cui si riconoscono diritti connessi all'assistenza nelle carceri e negli ospedali, garantendo la possibilità di rappresentanza per le decisioni da assumere nei casi di malattia che comportino l'incapacità di intendere e volere e nei casi di morte. - Comma II: “Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare” Il principio della parità fra uomo e donna all'interno della famiglia e certamente uno dei più innovativi della nostra Carta costituzionale (sviluppo molto lungo, con alcune decisioni insieme di adulterio femminile, di obbligo di mantenimento del coniuge, e di riforma del diritto di famiglia [1975]) Divorzio (referendum popolare 1974), fondamentale istituto, oggi affiancato dal divorzio breve, con cui si sono fortemente ridotti i termini necessari per la formalizzazione della cessazione del vincolo coniugale. 40 2. (Art. 30 Cost) “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli anche se nati fuori dal matrimonio” specificando che “la legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima” Figli legittimi figli naturali, pur non essendo pienamente equiparati, godono di uno status simile→ solo con la legge n. 219/2012, viene configurato un nuovo assetto giuridico dei rapporti familiari, con l'obiettivo di assicurare la piena equiparazione tra figli legittimi e naturali, completando il percorso iniziato attraverso la riforma del diritto di famiglia. Con questa riforma tutti i figli acquistano lo stesso stato giuridico e hanno diritto di crescere in famiglia e mantenere rapporti significativi con i parenti, indipendentemente dal fatto che siano o meno nati in costanza di matrimonio → l’art. 11 della stessa legge prevede che, anche nel codice civile, le parole "figli legittimi" e "figli naturali" siano sostituite dalla parola "figli". 3. (Art.31 Cost): compito di agevolare la formazione e l'adempimento dei compiti della famiglia con misure economiche, tutelando in generale con appositi istituti anche la maternità, l'infanzia e la gioventù. Sezione V Il diritto di elettorato attivo e passivo I diritti politici sono espressione dello status civitatis, ovvero dell'appartenenza del cittadino alla comunità politica, e danno forma concreta al principio democratico e della sovranità popolare enunciato dalla Costituzione al suo esordio (art. 1 Cost.) → sono disciplinati nel titolo IV (“Rapporti politici”) e vi comprendono: a) Diritto di voto (art. 48 Cost.): riconosciuto a tutti i cittadini, uomini e donne, che abbiano raggiunto la maggiore età (attualmente, 18 anni) e non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge. - Comma II: qualifica il voto come personale ed eguale, libero e segreto; - Personalità: un voto viene espresso personalmente e non può essere delegato - Uguaglianza: il voto di ciascuno vale quanto quello degli altri ( i voti si contano non si pesano) - Segretezza: garantisce all’elettore il libero esercizio del proprio diritto - Definito anche come un “dovere civico”, seppur sia consentita la facoltà di astenersi dalla partecipazione alla consultazione elettorale (non sono previste sanzioni verso coloro che non votano) → Dall'appartenenza alla comunità politica discendono (art. 48 Cost.) non solo situazioni giuridiche di vantaggio, ma anche corrispondenti doveri politici (difesa della patria, art. 52 Cost.; concorrere alle spese pubbliche art. 53 Cost.; fedeltà, art. 54 Cost). b) Diritto di associazione politica (art. 49 Cost.) c) Diritto di petizione (art. 50 Cost.): “Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità”→ istituto che viene solitamente collocato, insieme alla referendum, nel novero dei cosiddetti istituti di democrazia diretta d) Diritto di accesso alle cariche elettive (art. 51 Cost.): “Tutti i cittadini dell'uno dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini” Il testo dell'articolo costituisce l'esito di una modifica costituzionale intervenuta a promuovere un riequilibrio di genere all'interno delle assemblee elettive, in cui le donne sono state sottorappresentate 1. La legge costituzionale 01/2003 ha aggiunto alla disposizione originaria l'obbligo di prevedere misure volte a garantire le pari opportunità tra i due sessi. 2. La modifica dell'articolo 51 è stata preceduta da quella dell'articolo 117 che, nella formulazione vigente, stabilisce (comma IX) che "le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive" 3. In epoca precedente la Corte Costituzionale aveva censurato le norme che erano state approvate dal legislatore per favorire l'elezione di più donne attraverso la previsione di una riserva di posti nelle liste di candidati. 41 - Sentenza 422/1995 il Giudice costituzionale si era espresso nel senso di interpretazione restrittiva dell'articolo 51, negando che in materia elettorale potesse trovare applicazione l'uguaglianza sostanziale → incostituzionalità di qualsiasi disposizione tendente introdurre riferimenti al sesso dei rappresentanti, poiché ritenuta contrastante con il principio di uguaglianza formale. - Il Parlamento decide di modificare l'articolo 51 → nel frattempo la Corte Costituzionale aveva iniziato a correggere il proprio orientamento: con una vera e propria decisione overruling il Giudice costituzionale distinse tra misure incidenti solo sulla formazione delle liste dei candidati e misure dirette a garantire anche il risultato delle elezioni, salvando solo le prime. 4. La Corte Costituzionale ha avuto modo di tornare sul tema (sentenza 4/2010) confermando che il quadro costituzionale derivante dalle riforme "è complessivamente ispirato al principio fondamentale dell'effettiva parità tra i due sessi nella rappresentanza politica, nazionale e regionale" Una conseguenza di simile impostazione è stata la dichiarazione di infondatezza della questione di costituzionalità sollevata dallo strumento della doppia preferenza di genere (l’elettore può esprimere la preferenza per due candidati che devono essere necessariamente di sesso diverso): ad avviso del Giudice costituzionale si tratta di un meccanismo che non le dà il diritto di voto, né il diritto di elettorato passivo, dal momento che non è in grado di alterare la parità di chances tra i candidati in ragione del sesso di appartenenza e nemmeno di determinare il risultato delle elezioni. e) Diritto di iniziativa legislativa popolare f) Diritto di iniziativa referendaria La libertà di associazione politica DEFINIZIONE (art. 49) “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo Democratico a determinare la politica nazionale”. -) Secondo quanto previsto dalla costituzione, i partiti costituiscono lo strumento di raccordo tra le istituzioni ed i cittadini → in ragione dell'esperienza fascista, che aveva eliminato le opposizioni con la violenza, i Costituenti intesero disegnare una norma che presupponesse la competizione tra formazioni politiche (pluralismo partiti). Unica eccezione alla libertà ideologica dell'organizzazione politica, per cui "è vietata la riorganizzazione sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista" (XII Disposizione transitoria e finale) Il diritto per tutti i cittadini di associarsi in partiti trova un'ulteriore eccezione nell'art. 98 Cost., per cui "la legge stabilisce limitazioni al diritto di iscriversi ai partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari e agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all'estero" -) Storia politica: i partiti di massa fondati su forti ideologie, sono stati, fino alla fine degli anni ‘80 del secolo scorso, ben radicati nella società, costituendo il punto di riferimento delle diverse componenti sociali esistenti; a partire dagli anni ‘90 il partito tradizionalmente inteso è però entrato in crisi, per la fiducia meno intensa che cittadini vi riponevano → negli ultimi decenni i partiti hanno subito numerose trasformazioni, la principale delle quali quella della personalizzazione del partito stesso, reso riconoscibile esclusivamente dall'identificazione con il suo leader. Da questa prospettiva, non è priva di significato la circostanza che la maggior parte delle forze politiche oggi non abbia più nella sua denominazione neppure il sostantivo "partito". Ciò premesso, la Costituzione richiede in ogni caso divisione enti intermedi che si facciano portatori delle istanze del popolo alle istituzioni → concorrere alla determinazione della politica nazionale (selezionare candidati). -) “Metodo democratico”: metodo che esclude l'utilizzo di modalità violente o poco trasparenti nella competizione tra partiti → maggiori dubbi sussistono rispetto alla possibilità di imporre l'adozione di tale metodo anche all'interno dei partiti: si discute se e fino a che punto lo Stato possa imporre a tali soggetti, che restano pur sempre associazioni private con funzioni di natura pubblicistica, scelte che incidano sulla loro autonoma organizzazione. Sezione VI Il diritto al lavoro 42 - È previsto il divieto di ostinazione irragionevole nelle cure e l'obbligo per i medici di assicurare condizioni dignitose nella fase finale della vita anche grazie al ricorso alla sedazione palliativa. - Sono previste disposizioni relative alle dichiarazioni anticipate di trattamento che ciascuna persona può esprimere con riferimento ad accertamenti diagnostici, scelte terapeutiche e singoli trattamenti sanitari; diritto che si accompagna a quello di indicare una persona che potrà rappresentarla dinnanzi al medico e nelle sue relazioni con le strutture sanitarie. b) COLLETTIVA: si sostanzia in diverse esigenze → va considerata anche la possibilità di imporre trattamenti sanitari obbligatori per disposizioni di legge (previsti non solo per la tutela dell'individuo che ne è il destinatario, ma della collettività nel suo complesso), trattamenti che non devono in ogni caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana e la sua dignità. Certamente legato all'interesse collettivo è il diritto all'ambiente salubre, ovvero "l'ambiente è protetto come elemento determinativo della qualità della vita. La sua protezione non persegue astratte finalità naturalistiche o estetizzanti, ma esprime l'esigenza di un habitat naturale in cui l'uomo vive e agisce e che è necessaria alla collettività e, per essa, ai cittadini, secondo valori largamente sentiti; è imposta anzitutto da precetti costituzionali" (art. 9 e 32 Cost.) Diritto all’istruzione (art. 34 Cost) Dopo essere stata proclamata la libertà di accesso al sistema scolastico, che deve essere riconosciuta a tutti, la norma sancisce i principi dell'obbligatorietà e della gratuità dell'istruzione inferiore, che la Repubblica si impegna a garantire, per almeno 8 anni. Se a tutti è riconosciuto il diritto di conseguire la scolarizzazione di base, funzionale al raggiungimento delle condizioni necessarie per l'esercizio di altri diritti, il diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi è riconosciuto, opportunamente, solo ai "capaci e meritevoli", anche se privi di mezzi→ per poter rendere effettivo tale diritto e imposto alla Repubblica di erogare borse di studio, assegni alle famiglie e altre provvidenze, attribuite per concorso. I diritti delle persone con disabilità Comma III art. 38 Cost., si occupa del diritto alla formazione all'avviamento lavorativo delle persone con disabilità; pur essendo l'unica norma costituzionale esplicitamente dedicata ai diritti di tali persone, sul tema rilevano implicitamente molte altre norme della Costituzione, ed oggi tale tematica va affrontata alla luce di quanto dispone la relativa Convenzione delle Nazioni Unite (2006), approvata dall'Italia (legge n. 218/2009). -) Caratteristica principale di tale atto normativo e l'approccio bio-psico-sociale con cui affronta il tema della disabilità, che non coincide con la menomazione fisica, psichica o mentale del singolo Si ha disabilità solo quando una menomazione, interagendo con le barriere materiali, culturali e ideologiche che la società ha creato, o non ha saputo eliminare, impedisce alle persone con disabilità il godimento dei diritti in condizioni di uguaglianza con le altre persone. -) Il legislatore ha dato attuazione ai principi costituzionali in tema di diritti delle persone con disabilità: Legge 118/1971 Legge 104/1992 Legge 68/1999 Legge 67/2006 Oltre ad essere riconosciute misure economiche di sostegno, venne sancito il diritto allo studio, il diritto al trasporto gratuito, ed il principio per cui bambini disabili dovessero frequentare classi normali e non scuole speciali per soli alunni minorati Concetto di "handicap", ovvero svantaggio sociale derivante dalla presenza di una menomazione fisica; oltre a regolamentare alcune questioni sul diritto allo studio, vennero introdotte norme in materia di accessibilità, di accessi ai concorsi pubblici, di diritto di voto, di agevolazioni fiscali, di permessi lavorativi. Per quanto attiene al diritto all'avviamento professionale, venne introdotto il modello del cosiddetto "collocamento mirato" volto a consentire di “valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto” (progetti individuali e personalizzazione del lavoro) Consente alle persone con disabilità vittime di discriminazione un più semplice percorso di tutela giudiziaria rispetto alle ordinarie vie processuali. 45 → Particolarmente rilevante è stato anche il ruolo della Corte Costituzionale per l'affermazione dei diritti delle persone con disabilità, mediante le dichiarazioni di incostituzionalità di norme che, per ragioni legate alla scarsità delle risorse pubbliche, avevano negativamente inciso sul diritto allo studio. Sezione VII La proprietà e la libertà di iniziativa economica Con la disciplina costituzionale della proprietà privata e dell’iniziativa economica privata, le due anime dell'Assemblea costituente, quella liberale quella socialista, raggiungono un momento di compromesso ideale, sintetizzando l'alternativa tra Stato di diritto e liberale e Stato socialista nel modello di Stato di diritto sociale. Art. 42 Cost Art. 41 Cost “La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, a enti o a privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti" “L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana." → Tali norme segnalano la collocazione dello Stato italiano nella categoria dello Stato di diritto liberale, in contrapposizione allo Stato socialista, che invece mortifica l'iniziativa economica privata e la proprietà privata dei beni economici LIMITI (comma II dei due articoli), segnano un percorso di evoluzione da uno Stato di diritto liberale ad uno Stato di diritto sociale → la proprietà e l'iniziativa economica privata sono disegnate dalla Costituzione secondo una dimensione solidaristica, che si traduce anche in limitazioni alla libertà di iniziativa economica e alla proprietà, che raggiungono maggiore intensità nel caso delle nazionalizzazioni (art. 43 Cost.). La più incisiva delle limitazioni al diritto di proprietà è costituita dall’espropriazione per pubblica utilità (“La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale” art. 42 comma III Cost.): evidente caso di bilanciamento tra interesse generale e interesse individuale, dove, pur apprestando idonee garanzie in favore dell'interesse individuale, la prevalenza è accordata al generale. → riserva di legge rinforzata per contenuto che consente l'espropriazione solo per soddisfare "motivi di interesse generale", volta a consentire il successivo provvedimento amministrativo ablativo, oltre a prevedere un giusto indennizzo a compensazione del bene espropriato (va sottolineato che la Corte europea dei diritti dell'uomo ha più volte condannato il nostro Paese ad un maggior rispetto del diritto di proprietà). Sezione VIII I doveri costituzionali All'art. 2 Cost., non ci si limita a riconoscere i diritti inviolabili dell'uomo, ma, ispirandosi al principio solidaristico, si richiede contestualmente l'adempimento di "inderogabili doveri di solidarietà politica economica e sociale". Si tratta di un aspetto fondamentale, anche se spesso trascurato: necessariamente si richiede che tutti i soggetti che vivono e lavorano nel territorio italiano adempiano ad una serie di doveri → il mancato adempimento determina l'impossibilità per lo Stato di realizzare l'obiettivo fondamentale, rappresentato dal raggiungimento dell'uguaglianza sostanziale. Disposizioni costituzionali che individuano espressamente alcuni doveri: 1. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società (art. 4 comma II Cost.) 2. Dovere e diritto dei genitori mantenere istruire ed educare i figli anche se nati fuori dal matrimonio (art. 30) 3. L'esercizio del voto è un dovere civico (art. 48 comma II Cost.) 4. La difesa della patria e sacro dovere civico (art. 52 Cost.) 46 5. Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi (art. 54 comma I Cost.) 6. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge (art. 54 comma II Cost.) 7. Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva (art. 53 Cost.) → Sentenza 119/2015: Il giudice costituzionale ha sottolineato il ruolo ricoperto dall’assolvimento dei doveri di solidarietà nel favorire l'integrazione sociale del non cittadino→ la Corte intravede e disegna un nesso molto forte tra l'adempimento dei doveri sanciti dalla Costituzione nella sua Prima Parte e l'ampliamento della cerchia dei soggetti che possono definirsi a tutti gli effetti parte della comunità nazionale anche se sprovvisti della cittadinanza. Dei doveri costituzionali si può ragionare in tre modi: a) Come doveri puntualmente i previsti dal dettato costituzionale b) Come risvolto di ciascun diritto riconosciuto dalla Costituzione c) Come clausola aperta capace di informare l'intero sistema costituzionale (ispirato al principio di solidarietà) Non è sempre agevole definire l'esatta portata e le conseguenze di alcuni dei doveri espressamente previsti in costituzione → alcuni esempi delicati: - Dovere di fedeltà alla Repubblica: non può ridursi al pleonastico dovere di osservare la Costituzione e le leggi, ma può estendersi, anche al di là della legittimazione delle sanzioni per i fatti rivolti contro lo Stato, fino al punto di incidere sulla libertà di manifestazione del pensiero. - Dovere dei pubblici funzionari di adempiere le pubbliche funzioni con disciplina e onore: su di essi gravano doveri di fedeltà più stringenti, che si possono tradurre limitazioni al godimento di diritti costituzionali. - Diritto-dovere (civico) di voto: non assistito da una sanzione giuridica, ma sociale, secondo una prospettiva che sembra affidarne l'effettività alla coscienza civica degli elettori. - Dovere di concorrere alle spese pubbliche, in ragione della propria capacità contributiva: oggi tale dovere non ha la funzione commutativa di matrice liberale (tributo come corrispettivo di un servizio pubblico), ma esprime la funzione distributiva dei carichi pubblici, tipica dello Stato sociale, realizzando il dovere di solidarietà economica e sociale predicato nell'art. 2 Cost. Lo Stato sociale vuole assicurare l'effettiva garanzia dei diritti e per realizzare tale obiettivo deve far leva su un adeguato sistema fiscale → coerentemente con il principio di solidarietà, il sistema tributario deve essere informato a criteri di progressività (solo un prelievo che aumenta proporzionalmente all'aumentare della base imponibile è capace di assegnare, secondo quella prospettiva solidale, il giusto peso alla manifestazione di ricchezza). 47
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