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La pittura senese del XIII e XIV secolo: da Duccio di Buoninsegna a Simone Martini - Prof., Appunti di Storia dell'arte medievale

Lo sviluppo della pittura senese nel corso del xiii e xiv secolo, con particolare attenzione alle opere di due importanti artisti: duccio di buoninsegna e simone martini. Vengono analizzate le caratteristiche stilistiche e iconografiche delle loro opere, come la madonna rucellai di duccio e la maestà di simone martini, nonché il contesto storico e artistico in cui esse si inseriscono. Vengono inoltre evidenziate le differenze e le somiglianze tra i due artisti, come l'uso della prospettiva inversa e la rappresentazione della regalità della vergine.

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 15/02/2024

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Scarica La pittura senese del XIII e XIV secolo: da Duccio di Buoninsegna a Simone Martini - Prof. e più Appunti in PDF di Storia dell'arte medievale solo su Docsity! 18/12/2023 La pittura senese Chiara Matelli La cattedrale ed il palazzo pubblico sono le due istituzioni che tra la seconda metà del 200 e la prima metà del 300 furono soggette alle maggiori campagne decorative a Siena. Il linguaggio pittorico che si sviluppa nella città è influenzato dall’oreficeria e pittura del gotico francese, bizantineggiante, senza ovviamente ignorare la lezione di Giotto. La pittura è caratterizzata da una linea di contorno gotica, quasi floreale, che ritaglia le figure con un andamento elegante, raffinato; si nota l’utilizzo di un colore sgargiante, prezioso, che anticipa il tardo gotico (sarà pieno di preziosismi). Duccio di Buoninsegna Nasce nel 1255, muore nel 1318 a Siena, la sua attività pittorica si sviluppa a partire dagli anni 80 del 200. Madonna Rucellai, 1285 Una pala unitaria rettangolare, con terminazione cuspidata ed una cornice dipinta che alterna una serie di clipei a fasce decorative con motivo regolare. È stata realizzata per ornare l’altare della famiglia Rucellai nella basilica di Firenze. Nel campo principale della figurazione troviamo la Madonna con bambino in trono. Quest’ultimo, con una connotazione vagamente gotica, è raffigurato in assonometria -metodo di rappresentazione grafica-, riccamente decorato con una serie di placche ornate nella parte bassa; in alto una cortina alle spalle della Vergine, di un prezioso tessuto, completa la parte superiore del trono. La Madonna è rappresentata leggermente di tre quarti, coperta da un manto scuro bordato da una fascia dorata, mentre il bambino, sempre di tre quarti dal lato opposto, è rappresentato nell'atto di benedire, con attorno ai fianchi un ricco manto rosso, con una serie di decorazioni dorate che ricordano la crisografia bizantina (uso e arte bizantina di scrivere su pergamena con inchiostro aureo); sotto al drappo rosso una sottilissima veste con dettagli in oro. Sei angeli in disposizione verticale affiancano la Madonna, tre per lato, appoggiando i piedi alla struttura e fluttuando nello spazio bidimensionale. A questo riguardo Duccio non ha interesse a farci percepire la profondità: il fondo oro contribuisce ad annullare i riferimenti spaziali e rendere la scena atemporale, sempre contemporanea. La Madonna è in questo caso una figura solenne che mantiene una distanza dall’osservatore, non una vicina madre come avrebbe rappresentato Giotto. È una scena con assetto ampiamente ieratico. La vergine è una figura allungata, elegante, il suo panneggio è curato nonostante sembri quasi una silhouette, con un’attenta linea frastagliata nella bordatura. Nei panneggi delle vesti la linea va ad addolcirsi (soprattutto nelle vesti degli angeli) dosando chiaroscuri di luci e colori che danno un minimo di tridimensionalità. La struttura appare quasi identica alla coeva Maestà di Cimabue del 1280. LA PITTURA DEL ‘200 ROMA Ci troviamo sul Celio, non lontani dalla Basilica di S. G. in Laterano e da quella di S. Clemente; qui sorge il monastero dei Santi Quattro Coronati. Nelle decorazioni pittoriche del monastero, in particolare dell’oratorio, vigono alcune scelte iconografiche volte a legittimare il potere papale: Storie dell’Imperatore Costantino e di Papa Silvestro I Tra i vari episodi infatti spicca quello in cui l’imperatore conduce a piedi il cavallo di Papa Silvestro I in segno di sottomissione. Nell’iconografia e nello stile è evidente la derivazione di matrice bizantina. Nello stesso luogo, nel 1995 viene scoperta un’area di clausura che fino a poco tempo fa non risultava accessibile al pubblico, la cosiddetta Aula regia. In cui compaiono rappresentazioni Il Giudizio universale, Pietro Cavallini, 1273/1308 LA PITTURA DEL ‘300 SIENA La pittura senese del 300 raccoglie e potenzia la grande eredità di Duccio. I grandi capolavori della prima metà del secolo rispondono prevalentemente ad un progetto politico e propagandistico che il governo cittadino persegue con determinazione. Tra queste spiccano le opere di Simone Martini (1284-344) e Pietro ed Ambrogio Lorenzetti dedite al Palazzo Pubblico. Queste illustrano e documentano la grandezza della città la sua prosperità, fortuna e saggia gestione. Nello stesso luogo, nel 1995 viene scoperta un’area di clausura che fino a poco tempo fa non risultava accessibile al pubblico, la cosiddetta Aula regia. In cui compaiono rappresentazioni Santa Cecilia in Trastevere Ciclo di affreschi di cui è sopravvissuto solo il Giudizio universale in cui è possibile notare una certa influenza conosciuta, quella di Cimabue, amalgamata a quella della tradizione gotica francese. I santi si adagiano in uno spazio quadrato e abitabile. Domina la preziosità del colore e stupiscono i passaggi cromatici Simone Martini, allievo di Duccio, si ritrova a lavorare alla Maestà commissionata nel 1315-21 per il Palazzo Pubblico di Siena, partiamo allora da un confronto con la Maestà, a soggetto religioso del suo precursore, da cui si differenzia per il ruolo (uno religioso, l’altro politico), lo sfondo blu cobalto e l’elegante baldacchino che attribuiscono un carattere cortese straordinariamente moderno; la presenza di svariati simboli civici (stemma cittadino e quello popolano). La pala d’altare dell’Annunciazione realizzata da Martini e Lippo Memmi nel 1333, commissionata dall’Opera del Duomo di Siena in onore della Vergine e dei Santi patroni della città (conservata fino al 1799 nella cappella di Sant’Ansano, oggi agli Uffizi); presenta una struttura architettonica di gusto gotico con lo sfondo arricchito da una compatta stesura di foglie d’oro e arricchita da velature che rendono le forme morbide e sfumate. L’immagine centrale coglie il momento culminante: l’angelo appena appoggiatosi a terra sta mormorando le parole di rito mentre la Madonna si schermisce chiudendo il velo sul petto in atteggiamento di casta ritrosia, trono e pavimento posti in scorcio prospettico donano profondità. La composizione tiene conto per altro della cornice, assecondata dalla disposizione dei personaggi (cuspide centrale adornata dallo Spirito Santo circondato da angeli). La superficie pittorica è impreziosita dalla presenza di incrostazioni e dorature. La rappresentazione è pregna di naturalismo. Simone Martini, allievo di Duccio, si ritrova a lavorare alla Maestà commissionata nel 1315-21 per il Palazzo Pubblico di Siena, partiamo allora da un confronto con la Maestà, a soggetto religioso del suo precursore, da cui si differenzia per il ruolo (uno religioso, l’altro politico), lo sfondo blu cobalto e l’elegante baldacchino che attribuiscono un carattere cortese straordinariamente moderno; la presenza di svariati simboli civici (stemma cittadino e quello popolano). Nel 1321 Simone Martini si trova a realizzare il Guidoriccio da Fogliano all’assedio di Montemassi. Dipinto celebrativo che testimonia la superiorità e grandezza della città di Siena. La raffigurazione è influenzata da uno stile laico e fortemente propagandistico.
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