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Accumulazione Capitalistica e Ruolo delle Banche Miste: Studio su Regno Unito e Germania -, Sintesi del corso di Economia Aziendale

Il processo di accumulazione capitalistica attraverso l'industrializzazione e la nascita delle banche miste in regno unito e germania. Il liberalismo economico e la rivoluzione finanziaria hanno determinato la fondazione di grandi banche miste, che hanno assunto il ruolo di gestione di comitati di collocamento e sottoscrizione di società industriali, nonché il consolidamento del loro debito a breve. Le banche miste hanno svolto un ruolo chiave nella concentrazione capitalistica e nel finanziamento dell'accumulazione in germania, marginalizzando il ruolo della borsa valori come strumento di accumulazione e formazione di capitale.

Tipologia: Sintesi del corso

2011/2012

Caricato il 13/11/2012

barbarapaolo
barbarapaolo 🇮🇹

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Scarica Accumulazione Capitalistica e Ruolo delle Banche Miste: Studio su Regno Unito e Germania - e più Sintesi del corso in PDF di Economia Aziendale solo su Docsity! Cap I: LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE Costituisce la più fondamentale trasformazione della vita umana in tutta la storia universale: rappresenta una rottura rispetto al passato che cambia; è un fenomeno originale ed irripetibile. Dopo l'industrializzazione inglese le modalità in cui avverranno altri processi analoghi saranno condizionati dai vantaggi della tecnologia più avanzata, dalla disponibilità del capitale e dalle forme di raccolta, da' i limiti del dominio politico dell'Inghilterra, ecc. Essa va considerata come una svolta storica segnante l'inizio della storia contemporanea. Nell'analisi di Marx, il capitalismo appare come l'ultimo di una serie di sistemi di classe ciascuno dei quali si è differenziato dagli altri per una specifica forma di estrazione del plus- lavoro (= La parte di lavoro che eccede le necessità produttive del lavoratore e della sua famiglia, soddisfatte con il c.d. salario-sussistenza). In questa visione le classi dominanti conservano la loro posizione sociale e mantengono certi rapporti di classe che permettono loro di “estrarre” plus-lavoro dalle classi subalterne. Per garantire il prelievo di questa “linfa vitale” costituita dal plus-lavoro le classi egemoni non si limitano a controllare la sfera produttiva ma tendono a ricercare un'organizzazione adeguata della sovrastruttura statuale, improntandola, in tutte le sue fondamentali istituzioni al principio della salvaguardia dell'assetto sociale ed economico vigente, ovvero al mantenimento dello status quo. Perché la rivoluzione industriale in Gran Bretagna? La risposta è articolata: vi sono 3 elementi da considerare: - all'inizio del ‘700, politicamente la Gran Bretagna era uno Stato unitario guidato da una monarchia costituzionalizzata. Questo processo si era realizzato attraverso Cromwell; gli atti più importanti del suo governo sono il Navigation Act che, stabilendo il principio che le navi straniere potevano trasportare in Gran Bretagna solo i prodotti della nazione di appartenenza, pose le basi della potenza marina inglese e costituì la premessa indispensabile per raggiungere il primato in questa materia. La rivoluzione Cromwelliana fu la base per la laicizzazione della società inglese valorizzando la ricchezza rispetto al rango nobiliare, promuovendo strategie matrimoniali che tesero a legare borghesia e aristocrazia facendo sì che quest'ultima non esitò ad impegnarsi anche in attività economiche che, in altri paesi, es Francia prerivoluzionaria, erano esplicitamente vietate per legge. -Ricchezza finanziaria detenuta dalla Gran Bretagna; essa derivava dallo sfruttamento del suo immenso impero coloniale. La Gran Bretagna era stata interessata dal fenomeno de l’ “accumulazione finanziaria”, la cui caratteristica è quella di realizzarsi non attraverso la creazione di una nuova ricchezza ma attraverso il rastrellamento e la concentrazione di quella che già esiste. Es: commercializzazione dei prodotti coloniali che vengono rivenduti ad un prezzo molte volte superiore al loro costo. Accumulazione capitalistica = processo di sviluppo industriale ci si realizza attraverso la crescita fisica della base industriale. È la fabbrica che nasce e aumenta progressivamente le sue dotazioni e capacità produttive con una politica più o meno sostenuta di investimenti realizzati sia con mezzi propri (autofinanziamento) sia attraverso il ricorso a finanziamenti esterni. -disponibilità di materie prime: ferro e carbon fossile. Tuttavia sono da considerare anche altri elementi: La rivoluzione scientifica e il pragmatismo della cultura inglese, la ridotta dimensione della sua popolazione, i salari relativamente più alti che vi si pagavano rispetto al continente. Accumulazione originaria e recinzioni 1 L'accumulazione originaria si ha quando il contadino viene espropriato della sua terra o quando il lavoratore a domicilio viene espropriato del suo telaio. Essa rappresenta il processo sociale che determina la fine di un'economia fondata in buona parte sull'autoconsumo. Il nodo centrale di questo processo riguarda la fine dell’autoconsumo e la sua trasformazione in domanda effettiva sul mercato. Privato della terra, il contadino dell'età preindustriale, non potrà più sostenersi con i prodotti del suolo perciò dovrà cercare di vendere il proprio lavoro sul mercato in cambio di un salario; cioè, chiederà al mercato quei prodotti (beni salario) che prima non vi transitavano perché era lui a produrli e consumarli direttamente. L'accumulazione originaria determina la liberazione della forza lavoro assorbita in attività agricole caratterizzate da una bassa produttività, e consente la formazione di un mercato del lavoro a basso costo che costituisce la premessa di ogni industrializzazione. Sarà lo Stato, “dall’alto”, a fornire al mercato la domanda che manca, essa sarà caratterizzata dagli obiettivi che vuole raggiungere e che perlopiù attivano i comparti industriali legate l'industria pesante. Così, invece di beni salario, l'industrializzazione procederà sviluppando i comparti dell'industria pesante legata alla produzione di beni d'investimento: siderurgia e la grande industria meccanica diverranno i settori industriali più importanti. La rivoluzione agraria Le ragioni delle basse rese dell'agricoltura precapitalistica risiedeva nell'eccessivo impoverimento del suolo dovuto ad un'incessante coltivazione che portò all'esaurimento dell'azoto contenuto nel terreno. La soluzione al problema si trovò nell'esaltazione delle foraggere, nel contesto di un'adeguata rotazione agraria quadriennale: il terreno veniva diviso in 4 parti e su ognuna di essa, nel corso dell'anno, si facevano “ruotare” le diverse culture. Altra importante caratteristica della rivoluzione agraria inglese è costituita dalla rapida diffusione dell' “affittuario capitalistico”, cioè, un imprenditore agricolo che prende in affitto la terra da un grande proprietario per periodi molto lunghi e al quale la legislazione agraria inglese assicura il riconoscimento, e quindi il pagamento, delle c.d. migliorie agrarie. Protagonisti della rivoluzione agraria inglese: -Tull: animatore della sperimentazione agraria e propagandista delle moderne pratiche agronomiche; -Townshend: si dedicò alla bonifica delle paludi sabbiose di una sua grande proprietà; trasformò questa terra in una delle più ricche del regno; -Bakewell: fu il primo ad intraprendere con successo il miglioramento delle razze domestiche attraverso la selezione naturale (incroci) che non sfuggì a Darwin e che lo portò in poco tempo ad aumentare più volte il peso medio del bestiame allevato nella produzione di latte delle sue mucche. Una delle caratteristiche principali della riduzione agraria è rappresentato dal forte aumento della produttività della terra che consentì nell'immediato di mantenere una popolazione assai più numerosa che nella fase precapitalistica. Il processo di industrializzazione: industria rurale, manifattura, industria Prima della rivoluzione il protagonista era costituito da una sorta di artigiano di villaggio o di piccolo proprietario abitante nel proprio casolare e che andava specializzandosi nella manifattura di alcuni prodotti. L'attività agricola e quella artigianale del lavoro a domicilio convivevano assorbendo tutta la manodopera disponibile. Il tessitore nella sua casa-bottega era padrone della produzione e indipendente, possedeva attrezzature, materie prime e andava di persona a vendere i suoi prodotti. Questo sistema di produzione é definito “sistema domestico”: quando 2 alimentari fino a che il loro prezzo interno non avesse raggiunto le 4 sterline e quarter. In questo modo, al riparo delle barriere protettive, le terre marginali che fornivano prodotti ad un prezzo assai più alto di quello sostenuto dalle terre inframarginali, diventavano quelle di riferimento per il prezzo sul mercato interno, dando luogo alla “rendita differenziale” goduta dai proprietari dei terreni più produttivi che per questa ragione erano affidati a prezzi più alti. Questa legge fu denunciata come una legge classista con cui si era voluto proteggere l'interesse settoriale di una parte minoritaria di cittadini, i proprietari terrieri, impedendo alla maggioranza della popolazione di pagare prezzi elevati per prodotti alimentari indispensabili. Complicò tutto anche la politica fiscale di Liverpool: in presenza di un debito pubblico che nel corso della guerra aumentò enormemente, il governo aveva abolito la tassa sul reddito e quindi, per coprire questi maggiori impegni di bilancio, si era trovato a dover contare solo sulle imposte indirette (sui consumi). Si creò quella situazione nella quale il governo inglese non volle abolire la Corn Law per timore delle reazioni della sua base elettorale ed il conflitto politico sorto intorno alla questione della riforma parlamentare aveva ricevuto una sua prima soluzione con la riforma elettorale del 1832: questa riforma mirava a due obiettivi: -il primo riguardava l'allargamento degli aventi diritto al voto. Non fu un grandissimo successo ma comunque dette soddisfazione alle richieste avanzate in proposito del ceto medio inglese, consentendo ad una sua rappresentanza di entrare in Parlamento per formare le leggi; -il secondo intendeva rimediare al sistema medievale della rappresentanza politica che stava diventando sempre più anacronistico a causa dei profondi mutamenti che il processo di industrializzazione aveva determinato nella distribuzione della popolazione sul territorio. La riforma delle circoscrizioni elettorali abbinata all'allargamento del suffragio, contribuì notevolmente a rinnovare la rappresentanza parlamentare anche dal punto di vista territoriale, togliendo all'aristocrazia, che controllava i voti delle campagne, un indubbio privilegio. La riforma del 1832 fu pagata dai Tory come una sconfitta che li tenne lontano dal governo fino al 1841; in quest'anno la guida del governo venne affidata a Peel il quale, nel suo partito, era il più vicino alle aspirazioni dell'Inghilterra industriale. L'inizio del suo governo coincise con una grave crisi economica; il primo punto sul programma fu il risanamento della finanza pubblica che egli attuò reintroducendo la tassa sul reddito; ciò consentì al governo di ridurre le imposte sui consumi, abbassando il costo della vita e stimolando la domanda interna in funzione antirecessiva. Nel contempo il fronte abolizionista si rafforzava con la costituzione dell’ Anticorn Law League; questa associazione mirava all'abolizione del protezionismo cerealicolo. Essa accusò i proprietari terrieri di usare il proprio peso politico contro i lavoratori e gli industriali; sosteneva la battaglia abolizionista con questi argomenti: -La legge avvantaggiava una minoranza della popolazione a spese della maggioranza; -essa ostacolava lo sviluppo industriale; -il protezionismo non proteggeva gli agricoltori ma solo i proprietari terrieri e questo perché aumentando i prezzi dei cereali aumentavano anche le rendite dei proprietari terrieri, cioè gli affitti che i capitalisti agrari pagavano per l'uso delle loro terre. Perciò l'aumento dei prezzi non andava a beneficio dei produttori agricoli ma veniva lucrato solo da coloro che non avendo alcun merito nella produzione, avevano solo la fortuna di possedere la terra; -La diffusione del libero commercio, determinando maggiore crescita economica e interdipendenza tra gli Stati avrebbe contribuito a sviluppare l'approccio al mondo, eliminando il flagello della guerra; Industrialismo e “luddismo” 5 Il luddismo rappresenta la risposta immediata ed emotiva che si determina di fronte al timore di perdere il lavoro a causa dell'introduzione di macchine che, aumentando la produttività del lavoro, ne riducano l'impiego, in un contesto sociale e politico che non offra garanzie di operai espulsi dal processo produttivo. Esso si colloca alla fine del 18º secolo, quando l'industrialismo ed il macchinismo imposero i lavoratori inglesi condizioni di vita durissime, caratterizzato dall'incertezza di perdere il lavoro. In poco tempo l'industrialismo aveva travolto un modello di vita e di lavoro tradizionale fatto di operosità, solidarietà, buoni sentimenti, all'interno di una comunità che trasmetteva sicurezza ed agiatezza a tutti i suoi membri. Esso fu la risposta di uomini che cercarono di reagire alle forze che stavano guidando questo processo di trasformazione, che tentarono di opporsi disperatamente, ricorrendo anche ad atti di forza e violenza, al vortice che stava spazzando via un passato cui erano fortemente legati. Il primo attacco organizzato le macchine utensili si ebbe nel 1811: gli uomini entrarono nella casa di un “padrone tessitore” distruggendo una mezza dozzina di macchine; questo atto di sabotaggio va collocato in una grave crisi economica provocata dal protrarsi delle interminabili guerre napoleoniche, le quali avevano portato ad un'altezza insostenibile i prezzi dei generi alimentari e ad una contemporanea diminuzione dei salari. In poco tempo più di 1000 macchine tessili furono distrutte; la reazione del governo alle petizioni che da più parti gli erano indirizzate per chiedere riparazioni, fu draconiana. Inviò soldati nelle zone minacciate e varò una legge che faceva della distruzione delle macchine un'offesa punibile con la pena di morte. Il Parlamento inglese si espresse con una schiacciante maggioranza in favore della pena di morte, lasciando intendere che le macchine erano più importanti degli uomini. L'escalation della violenza luddista nel 1812 raggiunse il suo punto più alto: non solo le fabbriche furono assaltate ma anche i depositi di armi e successivamente si presero di mira i singoli industriali. La popolazione fu lasciata in balia dei soldati e costretta a subire i più brutali soprusi. Alla fine la repressione ebbe la meglio sul luddismo. Questa vicenda è ricca di insegnamenti utili per affrontare i problemi che oggi l'invasione tecnologica propone e sta ad indicare che la strada verso l'innovazione offre una pluralità di percorsi possibili, ognuno è caratterizzato da diversi benefici e costi sociali. È proprio nella scelta di una strada che salvaguardi gli interessi complessivi dei vari componenti di una comunità che sta alla ricerca dell'assoluto del problema. Il movimento operaio inglese La rivoluzione industriale spazzò via in poco tempo un ambiente economico e sociale fondato sulla comunità è sulla solidarietà, precipitando nella miseria e nell'abbandono la più gran parte dei lavoratori inglesi. La risposta dell'esecutivo ai tentativi fatti dal nuovo proletariato industriale di dar vita ad un'organizzazione di difesa dei loro interessi fu precocemente dura. Nel 1924 con il Trade Union Act, si riconobbe il diritto di formare associazioni operaie, ma l'enorme proliferare di nuove organizzazione sindacali con le loro richieste spaventò il padronato al punto che si fece immediate pressione sul governo per ottenere nuove limitazioni al diritto di associazione. Esse vennero approvate l'anno successivo. Il divieto di legge venne contrastato sul campo della nascita delle prime forme di sindacalismo organizzato; successivamente altre organizzazioni vennero ad affiancarsi a questo sindacato e tra queste ebbero maggior fortuna quelle che riuscirono ad associare lavoratori di uno stesso ramo manifatturiero, come la Miner’s Association che riuscì in due anni a tesserare oltre 70.000 minatori. Furono esperienze difficili, soprattutto poiché vi era un potere illimitato da parte di industriali nell'assumere e licenziare a proprio comodo; per supplire alle debolezze del movimento sindacale nacque il Cartismo , un movimento popolare politico e sociale che voleva realizzare l'emancipazione delle classi lavoratrici; esso per un certo periodo fu il rifugio di molti lavoratori inglesi che non riuscivano a trovare accoglienza nel tradeunionismo. Esso fu il più importante movimento della classe operaia inglese; le sue forze variano da regione a regione e ad esso aderirono non tanto gli operai dell'industria, quanto quelli impegnati nei vecchi mestieri, quelli per così dire preindustriali, minacciati dall'avanzare della rivoluzione industriale. 6 Il programma dei cartisti comprendeva questi obiettivi: -suffragio universale; -abolizione del registro del censo per diventare parlamentare; -parlamenti annuali; -voto segreto; -collegi elettorali di eguali dimensioni; -retribuzione per i parlamentari; Il movimento si esaurì nel 1848 e la ragione politica di questa fine va ricercata nell'isolamento in cui movimento cartista era stato posto a causa dell'integrazione, parlamentarizzazione, dei ceti medi nel sistema politico che si era operata con la Riforma del 1832. Cap II: “GRANDE DEPRESSIONE E PROTEZIONISMO” Il trattato Anglo-Francese del 1860 inserì la “clausola della nazione favorita” con la quale si estendeva nei paesi terzi le migliori condizioni approvate dai firmatari, allo scopo di allargare la portata liberistica del trattato. Passarono pochi anni e questa tendenza venne superata da un'opposta tendenza al protezionismo determinata dall'insorgere della “Grande depressione” che coprì un lungo periodo caratterizzato da una clamorosa caduta dei prezzi. Le ragioni di questa gravissima caduta dei prezzi si riconducono a tre problemi: -azione deflattiva operata dal sistema monetario internazionale fondato sul monometallismo aureo; -unificazione fisica del mercato realizzata dalla rivoluzione dei trasporti, sia ferroviari che marittimi che, abbattendo drasticamente i costi di trasporto, mise in comunicazione i mercati europei con il mercato Nordamericano. Il mondo si stava facendo più piccolo. L'inizio della crisi prese le mosse da una circostanza mai vista prima: alla perdita dei raccolti di cereali europei del 1873, non face riscontro, come di solito accadeva in questi casi, un rialzo generalizzato dei prezzi ma, viceversa, seguì un loro rovinoso crollo. -affermazione sul mercato internazionale e interno di grandi imprese che, con l'applicazione di nuove tecnologie, erano in grado di realizzare innovazioni di prodotto e di processo che abbattevano drasticamente e progressivamente i costi dei prezzi dei loro prodotti. Il caso italiano La svolta protezionista segnò un lungo periodo di liberismo doganale nel quale la grande proprietà terriera e gli interessi agrari avevano visto una linea di difesa contro le pretese egemoniche della borghesia industriale. In Italia il liberalismo si era connotato per un mercato anti-industrialista, contro l'industria e contro i pericoli della questione sociale e il nascente proletariato proponeva la borghesia industriale. L'Italia era la fornitrice di materie prime (ferro, rame, zolfo, seta, ecc) e di derrate alimentari e come importatrici di manufatti a basso costo che, se prodotti in Italia in regime di protezione, sarebbero costati assai di più di quelli inglesi. Il primo passo verso il protezionismo venne fatto con l'adozione della tariffa del 1878 la quale 7 -l'assemblea legislativa dichiarò che i diritti feudali costituivano un’usurpazione, pertanto non andavano indennizzate e comunque andavano dimostrati dai nobili; -alla Convenzione la rivoluzione divenne sempre più radicalizzata e gli eventi precipitarono: i disordini, l'invasione delle truppe straniere, guerre ecc. portarono ad una lotta cruenta per il potere personale all'interno della Convenzione. Robespierre prese il potere e in questo interregno rivoluzionario si decise l'espropriazione delle terre aristocratiche e nobiliari e se ne promosse l'assegnazione ai contadini, facendo sorgere la proprietà contadina. Rivoluzione e sviluppo economico Con la rivoluzione i contadini francesi costituirono una classe “dei proprietari gravati dai pesi della fiscalità feudale”, un fatto che comportò alcune conseguenze di carattere strutturale e di lungo periodo: -In negativo: a) La nascita di questa nuova proprietà contadina non modificò che in piccola parte la preesistente chiusura autarchica dell'azienda contadina che continuò a rimanere arroccata nei suoi angusti confini. L'industria rurale e il lavoro a domicilio continuarono per molti anni ancora a costituire un’integrazione essenziale del reddito contadino, ciò rallentò la formazione sia della domanda interna che di un ampio mercato di lavoro a basso costo. La nascita di una diffusa proprietà contadina operò nel senso di rallentare la realizzazione dell'accumulazione originaria. b) La stagnazione demografica fu un'altra conseguenza di questa nuova situazione; dopo l'introduzione della legge napoleonica sull'eguaglianza ereditaria; il timore di disperdere in una prole numerosa i benefici della proprietà portò il mondo contadino francese ad adottare forme di controllo della natalità. c) Il conservatorismo politico e l'arretratezza contadina furono l'inevitabile conseguenza di questo diffuso pluralismo e costituirono un comprensibile ostacolo sulla strada della modernizzazione capitalistica del paese -In positivo: a) La semplificazione degli scambi e l'unificazione fisica del mercato unitamente all'introduzione di una legislazione economica rinnovata rispetto al passato; b) Affermazione dell'individualismo economico; vi furono due leggi importanti: la prima sanciva la libertà dell'industria del commercio e sopprimeva tutti i privilegi professionali sotto qualsiasi denominazione; La seconda decise l'annullamento di ogni specie di corporazione e ne proibì la ricostruzione. Di fatto si proibì l'organizzazione sindacale. A tutti questi elementi bisogna ricordarne altri che hanno caratterizzato lo sviluppo economico della Francia: lo scarso spirito di iniziativa e voglia di rischio della borghesia francese; l'insufficienza di tecniche finanziarie adeguate a realizzare quei grossi investimenti che ormai erano necessari in molti settori industriali per consentire l'accesso al mercato; la politica fiscale molto dura che drenava risorse ed impoveriva la domanda di beni di consumo frenando al tempo stesso lo sviluppo del mercato. 10 Da tutto questo deriva quella che appare la caratteristica principale del caso francese, cioè, l'iniziale lentezza del processo di industrializzazione che verrà superata solo nel periodo del II° Impero. Il passaggio che aprirà al paese verso una nuova e più dinamica fase di sviluppo sarà rappresentato dalla rivoluzione del 1848. La società per azioni Il principio fondamentale e giustificativo che ha consentito nascita e sviluppo della moderna S.p.a. consiste nella limitazione del rischio. Essa nacque per uno scambio tra la corona e i mercanti in base al quale il sovrano era disposto a concedere la limitazione del rischio in considerazione del valore sociale dell'attività economica svolta. In Gran Bretagna, in pieno periodo mercantilistica, lo sviluppo di questo tipo di società conobbe una dura battuta d'arresto in conseguenza al fallimento della Compagnia dei mari del Sud che fece sì che il governo inglese proibì questo tipo di società. Successivamente il governo, volendo controllare un numero crescente di società sfornite di personalità giuridica revocò questo divieto sottoponendo la costituzione di queste società all'approvazione parlamentare. In Francia la regolamentazione delle S.p.a. intesa come persona giuridica risale al codice del commercio del 1807. La rivoluzione finanziaria, la Haute Banque e il Crédit Mobilier La mancanza di una veste giuridica adeguata impedì la nascita di grandi banche. Continuò a prosperare la vecchia Haute Banque. All'inizio dell'’800 si era assistito al trasferimento in Francia di alcune ricche famiglie europee di banchieri israeliti e protestanti: tra cui i Rotschild, ecc. i quali si avvalevano per la loro attività di banchieri di un ingentissimo patrimonio familiare, di qualificate relazioni finanziarie, committenti quali i governi, e in generale si procurarono le risorse finanziarie che intermediavano collocando obbligazioni “aristocratiche” di grosso taglio in un circuito elitario. Questa banca operava con prestiti a breve scadenza che assicuravano guadagni elevati sicuri. A metà degli anni ‘50 la sua egemonia delle messe in discussione dalla nascita di alcune grandi banche in grado di raccogliere enormi volumi di depositi. La Caisse Générale de Commerce et de l’Industrie rappresenta uno dei primi esempi di banca d'investimento, svolse una significativa funzione monetaria ed ottenne questo incarico eludendo il divieto legale di emettere biglietti alla vista del portatore (= vera e propria carta moneta bancaria) per mezzo dell'emissione di “certificati di deposito” che svolgevano la funzione della carta moneta. Questa banca ebbe un grosso successo ma nel 1848 essa e tutte le banche sorte sul suo modello fallirono. Da questa data iniziò la rivoluzione finanziaria, sorsero grandi banche commerciali francesi sorrette da molte filiali. Queste nuove banche furono disposte a drenare credito, raccogliendo depositi nei luoghi in cui abbondavano risparmio, piuttosto che ad erogarlo a chi ne faceva richiesta. Svolsero un'attività speculativa arricchendosi, investendo prevalentemente in titoli del debito pubblico nazionale e in obbligazioni estere. 1852 nasce la Société Générale de Crédit Mobilier la cui azione costituì un forte stimolo all'emulazione da parte di tutto il sistema bancario francese modernizzandolo. Ulteriore stimolo derivò dalla Banque de France la quale, vide con favore l'investimento delle ferrovie ed accettò i titoli ferroviari come garanzia dei prestiti cresceva ferroviarie richiedevano, autorizzando le “anticipazioni su titoli”. Il successivo quadro economico instabile fece sì che l'imperatore volesse una sua banca, necessitava di nuovi banchieri politicamente disponibili e fedeli, così sorse il Crédit Mobilier una banca a base azionaria, con 60 milioni di capitale per ricevere depositi in conto corrente fino al doppio. L'istruzione tecnica In Francia la nascita delle grandi scuole avanzate di studi perlopiù tecnici o scientifici pratici era assolutamente un privilegio francese già nel corso del ‘700. Cap IV: “IL CASO TEDESCO” La riforma fondiaria 11 La Germania è un esempio di dualismo economico. Nel corso delle guerre napoleoniche, per rafforzare l'attaccamento dei contadini ai governi minacciati dall'espansionismo napoleonico, ebbe inizio anche negli Stati tedeschi il processo di abolizione della servitù feudale. Cosa doveva ricevere in cambio l'aristocrazia terriera per la perdita dei diritti feudali? Dopo lunghi dibattiti in Prussia venne stabilito che circa 1/3 della terra restasse ai contadini mentre il resto ritornasse al proprietario aristocratico. Per i contadini benestanti vi era la possibilità di un accesso pieno alla terra potendo riscattarla con il pagamento dell'equivalente di 25 cannoni annuali d'affitto. La liberalizzazione rafforzò ancora di più le differenze esistenti: ad ovest la ristrutturazione fondiaria portò alla nascita di una piccola proprietà contadina non autosufficiente ma che aveva il bisogno di integrare il proprio reddito con un lavoro salariato; accanto ad essa, attraverso un processo di selezione dal basso, si formarono e rafforzarono anche aziende agrarie capitalistiche destinate a produrre per il mercato, mentre l'azienda contadina è sostanzialmente autarchica e estrema mercato. In questa realtà, l'aumento della popolazione e della frammentazione fondiaria, accompagnandosi a politiche fiscali dure comportò un malcontento che sfociò nell'insorgenza contadina e dei moti del 1848 volti a rivendicare una riforma agraria e fiscale confacente ai bisogni delle masse rurali. Il fallimento del motto contadino aumentò il fenomeno delle emigrazioni transoceaniche, si rallentò la formazione del mercato, ecc. Discorso diverso vale per la realtà fondiaria e rurale ad est dell'Elba, caratterizzata dalla presenza di vaste proprietà aristocratiche. Qui la liberalizzazione dei servi si accompagnò ad una loro sostanziale proletarizzazione, dal momento che furono esclusi dall'accesso alla terra e rimasero, al pari di attrezzi e bestiame, come una pertinenza del fondo signorile. Ad Est, la liquidazione della costituzione agraria feudale rappresentò il presupposto che indusse l'aristocrazia ad operare una riorganizzazione del vecchio latifondo. Essa rappresenta l'occasione della nascita di un nuovo tipo di azienda capitalistica che, rotti i confini di una economia ristretta, iniziò a produrre per il mercato avvalendosi di tutte le opportunità che la tecnica agraria disponeva. Gli Junker e il militarismo tedesco Lo Junker è al contempo imprenditore agrario capitalistico, giudice ed ufficiale dell'esercito, rappresentante della casta burocratica che domina la corte del Reich. Il dominio dell'aristocrazia junker lo si comprende considerando la situazione di privilegio di cui gode: sotto il suo dominio: -la spesa pubblica fu orientata a sostenere gli interessi agrari che venivano tutelati: in modo particolare: sia attraverso una politica di lavori pubblici intesi a valorizzare le proprietà junker, sia attraverso la concessione di mutui agrari agevolati; -la politica doganale sempre più improntata al protezionismo agricolo; -l'immunità fiscale fu costantemente garantita da un sistema fiscale regressivo (chi ha maggiori redditi paga di meno, contrario di sistema fiscale progressivo) fondato sulle imposte indirette, prevalentemente sui consumi, senza imposte patrimoniali sul reddito. Gli Junker costituiscono parte integrante del militarismo tedesco che si rafforza nel contesto delle campagne militari condotte in vista dell'unificazione nazionale. Lo Junker è al centro di tutti i settori della società; la gerarchia, il grado, la divisa divennero simboli del privilegio di casta che assunse un fondamentale ruolo di disciplinatore delle classi sociali, della società, imponendo rispetto della gerarchia ed il principio della cieca obbedienza agli ordini che provengono da un superiore. L'esercito finì per assolvere anche a compiti di polizia, sempre pronto a mitragliare la canaglia socialista, cioè, gli operai che rivendicavano i loro diritti. Lo sviluppo economico 12 -emissione di azioni fatte sottoscrivere ai propri clienti che le cedevano alla banca stessa, per l'amministrazione, con delega a rappresentarli. Questa strategia consentiva a queste grandi banche una capillare presenza all'interno delle direzioni strategiche delle imprese. Etica imprenditoriale e regolazione pubblica Occorrono alcune considerazioni fondamentali: -La prima riconduce l'etica imprenditoriale al ruolo di semplice ipocrisia, di un'ideologia il cui scopo è quello della autorappresentazione apologetica, della definizione socialmente gratificante degli imprenditori capitalistici come gruppo sociale. Da questo punto di vista i suoi caratteri costitutivi: rendimento -efficienza, autonomia -indipendenza, la libera concorrenza, andrebbero a far parte dell'essenza delle virtù borghesi, anche se possono essere incompatibili con le regole dell'onesto a dir economico . -La seconda riguarda un carattere fondamentale del modo di essere e di funzionare dell'economia di mercato, che è emerso nell'esperienza storica e per il quale l'onestà, sarebbe una delle promesse fondamentali per lo sviluppo dell'economia di mercato. In pratica quanto più intenso è l'impegno imprenditoriale, tanta maggiore sarebbe la richiesta di tutela nei rapporti basati sulla fiducia. Onestà negli affari e accumulazione di capitale dovrebbero svilupparsi di pari passo. Il punto centrale di questa discussione riguarda il passaggio cruciale della codificazione giuridica di norme etiche; con il tempo si sono definiti insieme di valori e di comportamenti fondamentali per lo sviluppo delle comunità economiche. La Germania è stato il primo grande paese capitalistico nel quale il sistema giuridico ha fornito un sostegno positivo alle norme di comportamento imprenditoriali. Da ciò sono dipese alcune peculiarità del suo sviluppo economico: -La storia della lunga marcia che porterà il Reich tedesco ad adottare una legislazione societaria ispirata ai criteri di tutela degli investitori inizia nel 1830 in occasione della nascita delle prime società ferroviaria. Le sottoscrizioni avevano superato l'offerta e code di risparmiatori desiderosi di investire si erano formate davanti all'ufficio di sottoscrizione. La situazione accade negli anni ‘50. Il crollo economico che ne seguì costituì un primo momento di riflessione critica che permise di comprendere quanto poco seria fosse stata la costituzione di questa società. Il crollo del 1873 e la grande depressione sollevarono un coro di proteste contro l'etica vigente nei circoli dell'alta finanza e della borsa valori, accusati di disonestà. Questa cesura storica si pose alla base di un processo di trasformazione in legge di norme collettive destinate a limitare il margine d'azione degli imprenditori, e ciò rappresenta un’assoluta peculiarità della storia economica tedesca del 19º secolo. Questa legislazione portò al codice fallimentare, alla riforma del diritto azionario, alla tassazione nei guadagni di borsa ed alla legge sulla borsa. La regolazione del diritto azionario creò un grande dibattito che metteva sotto accusa le insufficienze della legge liberale del 1870 di fronte alle difficoltà che la depressione economica stava creando. Sotto accusa furono posti gli intenti speculatori dei promotori delle società per azioni, ai quali viene posto un argine con la legge del 1884 con la quale si regolavano alcune questioni fondamentali: -tutela degli azionisti mediante l'obbligo di rendere pubblici tutti i contratti relativi alla costituzione di una società; -obbligo del versamento di almeno il 25% del capitale azionario prima di dare inizio all'attività; 15 -rafforzamento dell'assemblea generale e istituzionale di un Consiglio di vigilanza, con compiti specifici; -tutela nei confronti della costituzione di società poco serie, determinando l'importo minimo di ogni azione evitando il trasferimento delle azioni prima che capitale fosse versato; -garanzie sulla durata di una società e introduzione di varie forme di tutela dei creditori. In Gran Bretagna nonostante i ripetuti tentativi di riformare il Company Act di impronta liberale, si dovette attendere la legge sulle società del 1900 per ottenere l'obbligo a rendere pubblici gli atti di costituzione di una società quotata in borsa. Anche questa legge fu ritenuta troppo rigida e nel decennio successivo subì molti emendamenti per cui la distanza con la Germania aumentò nuovamente. Anche l'organizzazione della borsa tra questi due paesi era molto diversa: in Gran Bretagna i membri della stessa erano specializzati esclusivamente in affari di borsa, e una volta effettuate le transazioni non si preoccupavano delle condizioni delle imprese; in Germania i principali operatori di borsa erano banchieri, essi combinavano affari in borsa con un occhio attento a guardare più lontano e fuori dalla borsa dal momento che essi erano interessati al buon esito degli investimenti che promuovevano. Forse perché le grandi banche miste svolgevano anche un ruolo di agenti di borsa, in Germania finì per affermarsi una legislazione fatta per soddisfare il rafforzamento di questo loro ruolo. Dal momento che essa rendeva difficile la creazione di società considerate troppo speculative, il ruolo delle banche miste, come garanti della solidità di questo tipo di operatrice finanziaria, risultò ampliato. La legislazione di borsa era giunta a stabilire: -aumenti della tassa sulle operazioni di borsa, intesa a rafforzare la posizione dei grandi operatori e a frenare lo sviluppo di un pulviscolo di operatori speculativi; -divieto delle transazioni a termine; -diritto di voto sulle azioni di deposito. Questa legislazione corrisponde alle esigenze di uno sviluppo industriale fondato su grandi banche miste, le quali, avvalendosi delle deleghe dei loro clienti proletari di azioni, potevano entrare con i loro rappresentanti nel consiglio di vigilanza delle grandi imprese che loro stesse finanziavano. Questi complessi legami erano alla base di quella condivisione dei fini che rendeva le banche interessate al buon esito delle società che finanziavano e controllavano. Ma non solo, poiché questo rapporto triangolare che legava le banche ai loro depositanti-investitori ed entrambi alle imprese finanziate, consentiva le banche una politica di diversificazione degli investimenti, collocando i pacchetti azionari delle società di fresca creazione con gli aumenti di capitali che si rendevano necessari per sostenere l'espansione di altre società presso i loro clienti, diversificando i rischi e consentendo ciò di finanziare anche investimenti rischiosi. Questa struttura finanziaria pose le basi del poderoso sviluppo industriale della Germania garantendo nella creazione di grandi società anonime industriali che appaiono assenti nel panorama industriale e finanziere inglese di quello stesso periodo. In Gran Bretagna la forma dell'impresa industriale su base azionaria risultò scarsamente diffusa e al suo posto vi erano imprese familiari, caratterizzata dall'identità tra proprietà e management che solo dopo la seconda quella mondiale verrà superata, allineando la Gran Bretagna ha Stati Uniti Germania. Le imprese industriali non si posero nella condizione di poter dividere con il mercato il rischio di impresa perché i risparmiatori, mancando di adeguate tutele, una volta bruciatisi gli investimenti fallimentari, avevano abbandonato il mercato dei titoli azionari industriali, per ripiegare sui titoli obbligazionari a tasso fisso. La scarsa tutela legislativa offerta al risparmiatore costituì per la Gran Bretagna una forte remora a finanziare settori industriali nuovi suscettibili di ampie 16 prospettive di sviluppo ma anche assai rischiosi. L'insuccesso del mercato britannico nelle industrie elettriche inglese aiuta a comprendere le caratteristiche principali del mercato britannico stesso, un mercato dominato da fondatori di società ed agenti di borsa che sfruttavano a fini speculativi le informazioni riservate che avevano sulle società che volevano finanziare. Dunque, la dimensione speculativa della City, unita alla mancanza di banche che avessero costanti normali rapporti di credito con l'industria e che partecipato attivamente anche alle transazioni in borsa, sul modello delle banche miste tedesche, frenarono l'evoluzione del mercato permanente di titoli industriali in cui fosse richiesta l'assunzione di rischio “non solo minimo”. Cap V: “IL CASO RUSSO” Mir = comunità di villaggio o una tipica associazione di famiglie contadine di villaggio autogovernantesi. Aveva la terra, i contadini e gli strumenti per lavorarla. Provvedeva a ripartire e ruotare le terre in base alla composizione delle famiglie per non creare privilegi e controllava il processo produttivo imponendo a tutti la stessa tecnica agraria. Questo sistema garantiva una solidarietà finanziaria verso lo Stato ed un sistema solidaristico tre condomini funzionante come un'assicurazione collettiva contro le calamità naturali. Lo Stato era visto come un'entità estranea e nemica che opprimeva i contadini con le tasse e con la leva militare senza dare nulla in cambio. Con Pietro il Grande ci si era mossi per avviare la Russia a divenire uno Stato militare moderno, sotto questa politica sorsero le prime industrie siderurgiche, i primi cantieri navali ed industrie tessili; tuttavia questi impulsi, nel voto politico quasi assoluto che attorniava la Corona, finirono per creare più burocrati, più industriali cortigiani e imprenditori. La liberazione dei servi della gleba nel 1860-61 rappresenta la risultante di due forze che stavano agitando con vigore la realtà economica e sociale del paese: La prima riguarda la drammatica condizione delle masse rurali che, già in passato, era stata fonte di ricorrenti rivolte contadine e che nella prima metà dell' ‘800 avevano ripreso a manifestarsi, la seconda chiama in causa la penetrazione anche in Russia dei principi del liberalismo economico professati nell'Europa del settecento da Adam Smith e segnala la nascita di una borghesia agraria liberale che puntava alla liberalizzazione e alla commercializzazione delle terre da troppo tempo immobilizzate nelle proprietà nobiliari. Liberazione dei servi e sviluppo del capitalismo agrario si posero come questioni connesse. Una volta che fosse apparsa chiara alla superiorità del modo di produzione capitalistico rispetto ad un'economia di sussistenza condotta con manodopera servile, l'agricoltura avrebbe potuto svolgere quel ruolo di accumulazione di capitale indispensabile a promuovere l'industrializzazione del paese. Liberazione dei servi era dovuta all'idea che essi dovessero riscattare la terra pagandone il corrispettivo al proprietario aristocratico. Siccome la maggioranza dei servi non disponeva del capitale necessario lo Stato si pose come intermediario tra essi e gli aristocratici, anticipando in buoni del tesoro il corrispettivo del valore della terra riscattata e addossando ai contadini un muto pagabile in rate per 49 anni. Il processo di liberalizzazione si scontrò con la resistenza aristocratica, essi si avvalsero di una “scappatoia” offerto dalla legge che consentiva di liberare da ogni impegno quei proprietari che cedevano gratuitamente 1/5 della terra assegnata ai contadini, i c.d. “lotti dei poveri”. Il risultato della liberazione fu che: -di terra buona ai contadini russi ne andò molto poca; -le terre furono sistematicamente sopravvalutate; -se rilasciarono terre in misura inferiore alla capacità lavorativa delle famiglie contadine per avere loro salariato disponibile per la grande azienda signorile; 17 principi è male; rettitudine e umanità sono le due virtù fondamentali del confucianesimo. La famiglia costituisce il modello da società e lo Stato viene concepito come una grande famiglia con un monarca che al tempo stesso padre e madre dei sudditi. -buddismo : vera e propria religione introdotta in tempi antichi dalla Corea. Il buddismo era indifferente e ostile allo Stato, era monastico, insegnava che l'unico modo per uscire dalla sofferenza era quello di raggiungere l'annullamento (nirvana). Il cambiamento Compito dell'uomo è vivere una vita di riconoscenza per i favori ricevuti. Lealtà e pietà sono saldamente stretti, dettano criteri di correttezza impongono regole di ferrei cerimoniali. Nel corso dell'era Tokugawa si formò una polarizzazione di interessi che vide lo sviluppo di due grandi aree metropolitane: -Yedo, la capitale politica del paese, sede dell'amministrazione centrale del Giappone e luogo di residenza dei signori feudali; -Osaka, capitale commerciale del paese. Nel corso del ‘700 l'ascesa del ceto mercantile si accompagna ad un logoramento del ceto aristocratico, esso perse potere d'acquisto e, per contrastare questo declino e ridimensionare il potere dei mercanti, si adottarono misure restrittive che accentuarono il già rigido isolamento internazionale imposto dallo shogunato al paese. Innanzi ad entrate sempre aleatorie e fluttuanti, legate com'erano all'andamento delle stagioni e dei raccolti, vi erano uscite in gran parte fissa, poiché erano destinati a sostenere una porzione non marginale della popolazione appartenente alla classe militare e alla nobiltà. L'ascesa di una potente corporazione dei mercanti ebbe un peso importante nello scardinare la rigidità della vecchia struttura sociale. La loro forte presenza nella vita cittadina tese a trasformare le vecchie regole ispirate dal codice militare. Accanto ai mercanti si affermò una nuova figura sociale nelle campagne, il coltivatore benestante che lottava per ottenere un proprio autonomo status ed un ruolo più attivo nelle amministrative locali. Comunque crebbe il malcontento e l'insofferenza dei contadini costretti a coltivare per il puro sostentamento e a dare tutto il resto in tasse allo Shogun. L'ascesa di queste nuove figure sociali ed il crescente disagio contadino rappresentarono una spinta sempre più forte che agì per sovvertire l'ordine imposto dai Tokugawa. Accelerò questo processo la violazione della Baia di Tokio da parte delle navi americane le quali portavano il messaggio di richiesta dell'apertura dei porti giapponesi alle navi americane ed un trattato commerciale tra le due nazioni. Quando l'anno successivo le navi tornarono per esigere la firma del trattato, obbligarono lo shogun a firmare; il Giappone dovette aprire agli americani tre porti; successivamente gli Stati Uniti aumentarono le loro pretese che chiedevano di aprire ulteriori porti ed altre potenze europee copiarono gli Stati Uniti fino a che il Giappone venne costretto a firmare analoghi trattati con molti Stati europei. La firma dei trattati per l'apertura dei porti che lo shogun firmò riaccese il conflitto da tempo sopito tra l'imperatore e lo shogun stesso; l'imperatore disconobbe la firma dei trattati ed emise un editto di “espulsione dei barbari”. La rivoluzione Meiji Essa non determinò la fine del potere aristocratico ma realizzò una redistribuzione di questo potere tra le maggiori famiglie feudali del paese. Nel periodo Tokugawa il paese sviluppò una propria economia, si diede un'organizzazione statale centralizzata anche se feudale, diede alla popolazione un’livello d’istruzione elevata per i canoni del tempo. I rivoluzionari-riformatori erano un gruppo omogeneo per età, origine sociale ed esperienza politica; appartenevano all'aristocrazia intellettuale di estrazione nobile che, preoccupata dell'andamento delle cose, con 20 l'aiuto di un potente gruppo di commercianti e di ricchi agricoltori, liquidò i vecchi gruppi al potere e con essi finì il feudalesimo realizzando un dinamico processo di modernizzazione. Lo spirito che animò la loro azione fu lo sconfinato orgoglio nazionale insofferente ad ogni diktat esterno. L'umiliazione per aver subito la firma dei trattati commerciali unito alla paura di subire un processo di colonizzazione da parte delle potenze occidentali, stimolò una forte reazione nazionalistica che si fondava sul moto “paese ricco esercito forte”. Queste élites erano giunte al potere dopo aver maturato la ferma convinzione che per raggiungere l'indipendenza politica del paese fosse necessario promuovere un sostenuto processo di industrializzazione, il solo in grado di realizzare questa forza economica e militare che avrebbero posto il Giappone nella condizione di trattare su base paritetica con le grandi potenze. Era un programma ambizioso e difficoltoso che non poteva essere affidato alla spontaneità del mercato ma richiedeva una guida risoluta da parte del nuovo governo inteso modernizzare in tempi brevi il paese. Il primo intervento fu politico: si rafforza e stabilità nuovo imperatore sprovvisto di un esercito per far rispettare il suo volere; vennero aboliti i feudi e questo comporta la fine di ogni potere autonomo e di ogni giurisdizione particolare, la demanializzazione delle terre ma anche lo scioglimento di tutti gli eserciti privati e la concentrazione del potere militare nel solo governo centrale. Ora viene ad affrontare la banconota fiscale in cui si trovava lo Stato, le ragioni di questa crisi riguardavano due questioni: -enorme carico costituito dagli stipendi pagate dallo Stato agli aristocratici e samurai; -l'inefficienza del sistema di riscossione dei tributi causata dalle molte differenze ed usanze locali in tema di tassazione. Il problema si sarebbe risolto aumentando e stabilizzando le entrate e tagliando le spese che avvenne con queste tappe fondamentali: -1871: vendita delle terre ex feudali ed ora demaniali rilasciando certificati di proprietà ai nuovi proprietari; -1873: si varò un nuovo sistema catastale e di imposta fondiario basato su alcuni punti strategici: stima di tutti i terreni che diventavano la base imponibile per la riscossione dell'imposta stabilita in denaro e non più in natura, definizione del proprietario come soggetto d'imposta obbligato a pagare una tassa annua del 3% sul valore accertato.; -1876: si impose ad aristocratici e samurai di convertire le loro rendite in capitali, costituito da titoli di Stato. Le sperequazioni furono enormi e come al solito i deboli furono sacrificati. Si verificò la proletarizzazione del ceto dei samurai, essi persero il loro antico status militare, sorse l'esercito imperiale che tolse ai samurai l'antico monopolio delle armi e delle arti marziali. La riforma militare era di importanza vitale perché si voleva assicurare al paese la capacità di sostenere da subito una possibile guerra con i potenziali invasori stranieri.; -1872: riforma sul sistema scolastico. L'impegno del governo per colmare il divario con l'Occidente si manifestò con la pubblicazione del codice fondamentale dell'istruzione con il quale si voleva che non vi fosse alcuna comunità con una famiglia analfabeta e che non vi fosse alcuna famiglia con una persona analfabeta. La riforma fu realizzata a forma piramidale organizzata per distretti che partiva dalle scuole primarie e giungeva sino alle università. Agli inizi del '900 i giovani giapponesi erano quasi completamente alfabetizzati.; -1883: si adottò il calendario gregoriano in uso in Europa occidentale e sostituire l'antico lunario cinese. -Sul piano economico l'opera di riforma cominciò dalla fattoria prima ancora che dalla fabbrica. Per i riformatori la terra doveva essere la fonte principale dell'entrata dello Stato e così fu. Si 21 introdussero tecnologie agrarie occidentali, si inviarono studenti all'estero, ci invitarono esperti stranieri a collaborare su progetti specifici, ecc. Si mosse la sperimentazione agraria e per ciò che concerne i prodotti agricoli per l'esportazione, viene data una cura particolare alla produzione del tè e della seta. Sin dai primi anni del periodo Meiji si affermò una triste caratteristica dell'industrialismo giapponese: la pratica da parte delle famiglie contadine di affittare per alcuni anni o di vendere agli industriali i propri figli. In mancanza della disponibilità dei privati ad effettuare investimenti in settori ad alto rischio e con prospettive di profitti protratte nel tempo, fu lo Stato che inizialmente si assunse il compito di promuovere la costruzione e la messa in opera di fabbriche nei settori strategici per lo sviluppo industriale del paese, alcune delle quali furono destinate a servire da modello per stimolare l'introduzione di nuove tecniche, o per provvedere il paese dei beni necessari. Successivamente sorsero molte fabbriche statali nei settori siderurgico, meccanico, cemento, vetro, carta, ecc. Particolare attenzione venne data al settore della seta, vennero impiantati moderni stabilimenti per la filatura secondo modello il francese ed italiano; inoltre, lo Stato promosse lo sviluppo ferroviario. Nel 1881 questa prima fase dell'industrializzazione giapponese si interruppe bruscamente. Lo Stato aveva sostenuto molti investimenti e per far fronte a questo gravoso impegno il governo era ricorso ad un forte indebitamento con conseguente emissione di carta moneta dichiarata inconvertibile. Vi fu una grande inflazione con conseguenti fughe di oro all'estero, crollo del cambio, ecc. ed il rischio di avvitare il paese in una crisi inflazionistica distruttiva, impose un drastico cambiamento di rotta e spinse la decisione di vendere le fabbriche non strategiche per alleggerire il debito dello Stato. Dal 1881 si può dire che iniziò un periodo in cui alla gestione diretta dello Stato subentra una fase di sussidi e contratti favorente le grandi imprese private. Lo sviluppo dell'industria pesante sarà lento, essa era concentrata nel settore dei cantieri navali, delle officine meccaniche. Moneta, banche, finanza Il terreno della riforma monetaria e finanziaria costituì uno dei problemi più difficili a cui i riformatori Meiji dovettero applicarsi. Nel 1868 regnava una babele monetaria derivante dall'antico uso dei feudi di battere moneta e, di conseguenza, un sistema monetario instabile, ma mancava anche un sistema di emissione fondato sulle omonime banche e, non esisteva di fatto un sistema bancario. Occorreva costruire dalle fondamenta strutture finanziarie senza le quali nessuna industrializzazione sarebbe stata possibile prima. La prima misura adottata dal governo per sviluppare una attività bancaria moderna fu quella di dar vita ad un sistema di banche di emissione a cui lo Stato concede il privilegio di emettere moneta. Il governo era intenzionato a creare mezzi di pagamento e, al contempo, i mezzi finanziari per sorreggere lo sforzo economico che stava compiendo. L'esperimento fallì. Si cercò di rimediare emanando una legge bancaria indirizzata a creare banche simili a quelle nazionali, il cui capitale doveva essere versato parte in biglietti convertibili in oro e parte in oro. Anche questo esperimento fallì. Ora era indispensabile creare un sistema di erogazione del credito che potesse diminuire la pressione che si era creata sulla finanza pubblica e che aveva portato il governo ad un’ingente emissione di titoli pubblici e al tempo stesso ad una forte emissione in carta monete inconvertibile, con evidenti effetti inflazionistici. Nacquero molte banche nuove e la capacità di credito dell'economia aumentò considerevolmente, nonostante l'incalzare dell'inflazione. Accanto le banche nazionali proliferavano banche private di piccole e piccolissime dimensioni; si trattava di un sistema dal basso profitto. Dopo la creazione della Banca del Giappone e l'abolizione delle banche nazionali, si varò la legge bancaria (1890) la quale voleva rimettere ordine al sistema bancario definendo natura e attività delle banche, dettando disposizioni su autorizzazioni e controlli, imponendo un limite massimo al fido che ciascuna banca poteva fare ad un singolo cliente. La legge bancaria si pose alla base di un profondo processo di ristrutturazione e concentrazione bancaria che, nonostante tutto, in pochi anni portò ad un notevole aumento del 22 il ricorso all'emissione di obbligazioni che venivano sottoscritte dalle banche, direttamente o offerte ai loro clienti. Accanto a queste obbligazioni si posero poi quelle emesse dal Tesoro e sottoscritte dalla Banca del Giappone intesa a finanziare la domanda pubblica in forte espansione, promossa nel tentativo di risollevare l'economia da una depressione economica che aveva ridotto la richiesta di prestiti bancari. Nel settembre 1931 il Giappone, approfittando della grave crisi finanziaria inglese e del fatto che gli Stati Uniti erano distratti dallo scenario asiatico perché erano impegnati per sopravvivere alla grande crisi che li aveva colpiti, il Giappone, violando ogni patto precedentemente sottoscritto, iniziò la guerra di aggressione alla Manciuria. La vicenda andava al di là di un episodio di conquista militare perché l'incidente, preso a pretesto per l'invasione, era stato provocato da una sorta di pronunciamento militare da parte di una fazione estremistica all'interno dell'esercito, all'insaputa del governo. Un episodio gravissimo che segnò l'avvio dell'espropriazione del potere del governo da parte dei militari, le cui fazioni estremistiche diedero vita a molti omicidi politici. Da questo momento il controllo militare del governo diventa sempre più stretto e nel ‘41 assunse la forma di dittatura militare. 1937 avvenne l'aggressione alla Cina. Ogni risorsa finanziaria venne messa a disposizione delle imprese coinvolte nello sforzo bellico e nel 1940-41 il Giappone iniziò un'impressionante azione di conquista continentale: vennero occupate l'Indocina, la Thailandia, la Birmania, la Malesia, le Indie olandesi e si iniziò l'occupazione dell'Urss. Al punto massimo della sua follia imperialistica il Giappone arrivò a controllare tutta l'Asia ma successivamente gli Stati Uniti gli imposero drastiche sanzioni economiche ma il Giappone le rifiutò e provocò l'attacco a Pearl Harbor; successivamente gli Stati Uniti sganciarono la loro prima bomba atomica su Hiroshima e successivamente l'imperatore giapponese firmò la resa senza condizioni. Cap VII: “LO SVILUPPO ECONOMICO DEGLI STATI UNITI” La Guerra Civile (1861-1865) fu lo spartiacque della storia. Per comprendere le ragioni che la determinarono occorre analizzare le vie dello sviluppo seguite nelle tre vaste aree geografiche di questo continente: 1) Il Sud, il cotone, gli schiavi : dall'inizio del '800 il sud divenne un grande produttore mondiale di cotone greggio. Alla vigilia della guerra civile la Gran Bretagna acquistava l'80% della sua produzione di cotone greggio che corrispondevano al 50% di tutte le esportazioni degli Stati Uniti. Le coltivazioni americane di cotone poggiavano su un'economia schiavistica e nel 1800 gli schiavi erano cresciuti esponenzialmente; i metodi di coltivazione erano sbrigativi: esauriti i terreni, con insistite coltivazioni, ci si spostava verso ovest alla conquista di terre vergini. 1808 : il congresso votò il divieto di importazione di schiavi, mentre le prospettive dell'economia schiavistica cambiarono e venne messa in discussione la convenienza economica dell'uso del lavoro schiavistico. Il prezzo degli schiavi era salito alle stelle ed in seguito a ciò l'andamento del prezzo del cotone diventa determinante per l'economicità della piantagione a monocultura cotoniera, gli allevatori del sud incominciarono a difendere sempre più la loro libertà di vendere il loro prodotto sui mercati che maggiormente lo remunerano. A ciò si aggiunse la grave crisi economica del 1857 che colpì particolarmente industria tessile del New England. Al manifestarsi 25 di queste difficoltà lo Stato federale rispose con la chiusura protezionistica, e questa politica, che favoriva il nord est industrializzato, era contraria agli interessi agrari del sud agricolo. Lo scontro sulla politica doganale tra il nord industriale protezionista ed il sud agricolo liberista, sarà una delle ragioni determinanti della rottura politica che porterà gli Stati del Sud ad abbandonare la confederazione e a determinare il casus belli che porterà alla Guerra di secessione. Essa segnò la fine legale della schiavitù; gli schiavi del sud ottennero la libertà anche se essa rimase non più che una definizione legale poiché gli ex schiavi non ebbero aiuti governativi e, dopo la guerra, la riorganizzazione del potere politico negli Stati del sud. A togliere i diritti civili ai cittadini neri avviando una legislazione discriminatoria che, indebolendo l'apposizione dei neri ebbe risvolti diretti sulla formazione del mercato del lavoro al sud e più tardi anche al Nord industrializzato. Ai rapporti schiavistici si sostituì uno schiavismo infido e moderno: la mezzadria, la quale, in breve, venne sinonimo di miseria e degrado sociale. 2) Il Nord Est : L’East Coast, era caratterizzata da una spiccata vocazione industriale e finanziaria. Qui erano presenti alcune condizioni di privilegio che resero agevole il suo sviluppo industriale; esse sono: -materie prime e fonti di energia in grande abbondanza e facilmente reperibili; -abbondanza di manodopera; -ampia rete di comunicazioni. La Frontiera fu una questione rilevante del secolo, essa era la linea immaginaria che veniva continuamente spostata in avanti in seguito alla colonizzazione dell'ovest. Essa pose la questione della possibilità che si offriva liberamente da tutti di lasciare l'industria dell’East Coast per cercare fortuna verso ovest. Questo fatto determinò una situazione nella quale gli imprenditori locali non poterono mai esercitare quel totale controllo sulla loro manodopera che altrove aveva consentito di praticare condizioni salariali particolarmente vantaggiose. Altra questione importante è quella che riguarda uno dei “caratteri originari” dell'industrialismo americano e cioè, quella della sua spiccata caratteristica a produrre secondo processi di standardizzazione e di forte intercambialità delle parti, delle componenti del prodotto, soprattutto di quello meccanico. La standardizzazione costituisce il presupposto principale della moderna produzione di massa; infatti, ottenere prezzi “tutti uguali” per soddisfare il principio dell'intercambiabilità non era facile, occorrevano macchine utensili, ad alta precisione in grado di alesare, forare, limare, ecc i metalli a grande velocità e saranno proprio queste macchine a svilupparsi velocemente negli Stati Uniti. Le macchine utensili svilupparono una produzione industriale improntata sulla velocità e precisione anziché sull'eleganza delle produzioni artigianali, infatti, la produzione di massa dell'auto con motore a benzina si sviluppò negli Stati Uniti malgrado fosse stato inventato in Europa. Lo sviluppo ferroviario rappresenta il maggiore stimolo allo sviluppo industriale; esso fu favorito dal ruolo attivo che lo Stato svolse nel sovvenzionare la costruzione delle ferrovie. Il finanziamento statale avviene in due modi: -concedendo in proprietà alle società ferroviarie i terreni demaniali attraversati dalla ferrovia; -assegnando sovvenzioni dirette, sia a fondo perduto, sia in prestiti che dovevan esser restituiti con interessi, dopo che la ferrovia aveva iniziato l'esercizio e lo sfruttamento economico della linea costruita. 26 L'enorme sviluppo della rete ferroviaria portò con sé il gigantesco sviluppo dell'industria siderurgica e meccanica; per molti anni le ferrovie negli Stati Uniti furono al centro di polemiche forti: esse furono accusate di organizzare “cartelli” l'esempio più clamoroso fu l'uso spregiudicato fatto degli accordi e delle tariffe ferroviarie al fine di eliminare la concorrenza, é quello della strategia condotta per anni dalla Standard Oil (Esso) di D. Rockefeller: egli, stipulando accordi con diverse società ferroviarie riuscì ad abbassare i costi di trasporto del petrolio greggio o raffinato che entrava e usciva dalle sue raffinerie, facendo nel contempo praticare ai trasporti delle raffinerie sue concorrenti prezzi assai più alti, tali da porre i loro prodotti fuori mercato. In questo modo queste società erano costrette a venire a patti e a cedere alla sua azienda le loro attività o ad entrare nel Cartello. 3) L’Ovest : è l'area in cui si formò un ceto di agricoltori viventi su grandi appezzamenti di terreno. Qui nacque e si consolidò il Farmer. Anche in questo caso il sud aveva svolto una forte resistenza per frenare il processo di colonizzazione del paese; La ragione principale va trovata nel fatto che, con la colonizzazione, si andava affermando all'ovest un tipo di civiltà rurale fondata su valori diversi da quelli su cui si reggeva l'economia schiavistica del sud. Per questo i suoi rappresentanti al congresso si mostrarono sempre contrari allo stanziamento di spesa di bilancio inteso a favorire questa colonizzazione, e in primo luogo avversarono sempre le leggi sugli Homestead. Erano queste le leggi federali che consentivano di arrivare alla proprietà della terra attraverso l'ottenimento in concessione di terreni demaniali con l'obbligo di impiantarvi una fattoria e di mettere a coltura il terreno entro breve periodo, pena la decadenza della concessione. 1862: fu varata un'importante legge con la quale si è liberalizzava la concessione di terre demaniali ai coloni, riducendo notevolmente la portata delle concessioni, che prima avevano riguardato lotti molto ampi di terreno. Quando nel 1890 la colonizzazione venne completata e la “Frontiera” cessò di esistere, gli Stati Uniti erano un grande paese agricolo dalla doppia caratteristica: quella di produrre sia i beni tipici dell'aria temperata, che le produzioni coloniali. Era finita anche la vecchia autarchia del Farmer, la meccanizzazione si era fortemente sviluppata e con essa anche la specializzazione produttiva si era notevolmente diffusa. Il mercato agricolo americano era concorrenziale e nessun produttore poteva influire sulla determinazione del prezzo. Alla vigilia della Guerra Civile, vi erano rapporti economici particolarmente stretti tra Est e Ovest, mentre il sud era rimasto isolato e impegnato in conflitti di interessi sia con l'ovest che con l'est. Dopo la guerra la consonanza di interessi tra ovest e est si attenua e si assiste ad un crescente contrasto di interessi economici e politici. Questo conflitto si accentuò a causa delle difficoltà provocate agli agricoltori da un processo deflazionistico acuto. Tutta la polemica monetaria legata la coniazione dell'argento e alla stampa di maggior carta moneta, rappresenta la lotta dei poveri, degli agricoltori indebitati dell'ovest, vessati dalle società ferroviarie, dalle società di silos, dalle banche, ecc contro gli interessi affaristici dell’East Coast. Quando, nel 1890 il valore della produzione industriale superò quello della produzione agricola, l'agricoltura cessò di rappresentare una “Civiltà economica” per diventare un semplice comparto produttivo, un fatto questo che non scalfì il mito degli Stati Uniti come un paese di fattoria, gestite direttamente dai proprietari. Dalla crisi del 1893 inizierà un ciclo ascendente dei prezzi, che migliorerà la condizione dei Farmers, aprirà processi di ristrutturazione agraria appoggiati su di una più grande dimensione media delle aziende, vedrà gli agricoltori organizzarsi in importanti Lobbies (gruppi d’interesse) miranti ad ottenere un maggior controllo sui prezzi non meno che una maggiore assegnazione di risorse federali. La Frontiera, con le sue insidie e pericoli, rappresenta un passaggio fondamentale per la formazione del carattere nazionale americano, essa plasma il carattere del pioniere, lo rende intrepido e dotato di spirito d'iniziativa; essa rappresenta quella libertà che le società europee non riescono a conquistarsi scrollandosi di dosso le sedimentazioni del passato 27 La legislazione societaria e la nascita dei grandi trusts Nella storia economica degli Stati Uniti le ferrovie hanno rappresentato, non solo il primo efficiente modello organizzativo e manageriale a cui tutta la grande impresa si ispirerà nella sua fase d'avvio, ma anche il polmone finanziario più importante del paese, che consentì la nascita di grandi fortune e di grandi banche d'investimento, che ben presto domineranno la scena finanziaria e creditizia del paese. Con gli anni ‘90 si affermò un contesto legislativo ed istituzionale nuovo che, nonostante la sua contraddittorietà, aprii un vasto campo operativo a queste grandi banche. Quando si varò lo Sherman Act, negli Stati uniti era in pieno sviluppo un processo di cartellizzazione che sosteneva la nascita di grandi gruppi in grado d’influenzare la struttura del mercato. I grandi trust, per aggirare la legge avevano da tempo dato vita ad “Amministrazioni fiduciarie”, cioè, gruppi di gestione non costituiti in società, i quali rilasciavano ai partecipanti “Certificati di credito rappresentativi del capitale” da esso posseduto, perché, lo scambio di azioni delle società era vietato. Perciò non poteva sorgere un trust con a capo una Holding che emettesse azioni a suo nome in cambio delle azioni delle società che aderivano al Gruppo. Questi certificati furono importanti e costituirono il primo concreto esempio di un mercato di titoli industriali negli USA. Essi vennero quotati in borsa ma incontrarono gravi difficoltà nel circolare, dal momento che si trattava per lo più di certificati di grosso valore, rappresentando essi il capitale di ogni singola impresa che aveva aderito al trust. Lo Stato che si mosse per primo per modificare l’arretratezza legislativa in materia di società di capitale fu il New Jersey, il quale varò una fondamentale legge in proposito, che consentiva la formazione di Società finanziarie, cioè di società madri che potevano possedere azioni di altre società. Questa legislazione consentiva: -operazioni interstatali; -scambio di azioni tra società; -concedeva tutte quelle libertà nella costituzione di società a responsabilità limitata concesse dal Company Act del 1856. Essa consentì di riorganizzare in società per azioni delle vecchie società fiduciarie attraverso lo scambio di azioni. Al posto dei vecchi “Certificati” il trust impersonato dalla holding capogruppo consegnava agli aderenti le proprie azioni, scambiandole con quelle delle società aderenti. In seguito a questa legislazione si formarono tre “Trust legali nazionali” determinanti la nascita del mercato dei valori mobiliari industriali e, conseguentemente, nacque e si sviluppò presso la borsa di New York il loro listino. Questa legislazione aprì la strada alla trasformazione delle società di persone in società di capitali, con quote azionarie, per poi, eventualmente, fonderle nei trusts, dal momento che all'epoca si era diffusa l'opinione che le grandi imprese, più delle piccole e medie, erano efficienti ed in grado di garantire migliori profitti. La crisi del 1893 fu drammatica ed innescò per alcuni anni un processo di concentrazione industriale che nessuna legge riuscì a frenare. Le fusioni erano legali sotto lo Sherman Act e la legge del New Jersey detta la base legale per queste fusioni che consentivano alle nuove concentrazioni industriali di fissare i prezzi senza violare lo Sherman Act. Questa crisi ebbe anche drammatici risvolti sociali: aggravò la condizione sociale degli strati più deboli della popolazione americana. Il presidente McKinley adottò una politica di restaurazione dei grandi interessi dei ceti ricchi e potenti a danno della classe operaia favorendo il profitto a danno del salario. La crisi e la depressione economica che ne seguì fece così da trasformare la fabbrica in obsoleta e assetata di grossi capitali freschi. Si necessitava una nuova impresa capace di attrarre capitali in una combinazione che garantisse: alti profitti, bassi rischi, controllo dei costi. Per ciò che concerne quest'ultimo punto, la questione più rilevante era rappresentata dal costo del lavoro, il quale, con il sorgere dei sindacati e a causa della particolare struttura del mercato del lavoro americano, iniziava a rappresentare un elemento di forte preoccupazione per il padronato 30 americano per questo non fu estraneo l'intento di sostituire, fin dove fosse possibile, la manodopera con il capitale, cioè con impianti tecnologicamente più avanzati in grado di funzionare con un numero minore di addetti. Ci furono grandi ed innumerevoli fusioni e questo processo fu reso possibile per la presenza di grandi banche private di investimento che si erano sviluppate anch’esse tramite grandi fusioni. La situazione si determinò perché sorse una profittevole attività: quella di creatori di monopolio, di promotori di fusioni. Ormai l'economia era gestita da grandi S.p.a. quotate in borsa. Il più importante rappresentante di questo ceto affaristico di promotori di fusioni fu Morgan, il quale sosteneva la libera impresa del laissez-faire, negli anni del New Deal, ed era uno dei più duri oppositori alla politica di Roosvelt per il controllo governativo degli affari. Egli raggruppò una costellazione di imprese siderurgiche fondando la United Steel Company che diventò la più grande società per azioni del mondo. Per ricapitalizzare il nuovo gruppo emise anche azioni privilegiate tenendo per sé quelle invendute ed entrando a far parte del consiglio di amministrazione della nuova società. La logica che guidò questo processo di fusione e la strategia che lo sorresse furono: -elaborazione di un piano industriale che desse prospettive di sviluppo nel tempo; -una dotazione di risorse finanziarie adeguate ad attuarlo; -una direzione fondata su base manageriale; -un duplice controllo del gruppo. Un controllo interno, realizzato attraverso i propri rappresentanti nel consiglio di amministrazione ed un controllo esterno, effettuato valendosi dei famosi studi legali americani, la cui assoluta professionalità era in grado di garantire, sulla base di una prassi già sperimentata in Gran Bretagna, un attento monitoraggio contabile delle società a loro affidate. La legislazione antitrust era facilmente aggirabile e la vicenda di Morgan lo dimostra chiaramente. Con l'esempio di Morgan le banche d'affari divennero le vere protagoniste dell'imponente processo di fusioni indicato; esse, operativamente, erano sostanzialmente diverse dalle banche miste tedesche; nel caso americano, i rappresentanti delle banche nei consigli di amministrazione dei nuovi gruppi rimanevano banchieri a tutti gli effetti, controllavano ma rimanendo estranei alle tecniche di gestione industriale, mentre i rappresentanti delle banche miste tedesche nei consigli di amministrazione erano manager appositamente addestrati e specializzati nel settore operativo dell'impresa controllata e dunque erano in grado di dirigerla tecnicamente. Comunque fu una fase transitoria che precedette il declino dei banchieri azionisti. Alla vigilia della grande guerra la separazione tra proprietà e manager si era fermata con grande decisione. Era già nata la “società senza padrone”, la Public Company, la società il cui capitale non era più concentrato in poche mani ma risultava frazionato in un numero sempre più rilevante di azionisti, istituzionali e non, nessuno dei quali era in grado di esercitare una sicura maggioranza nelle assemblee societarie. In questo contesto il management si avviava a divenire il vero padrone queste società, attendendo sempre più alla autoreferenziazione. Il suo dominio sulla città, la permanenza nel ruolo, trovano fondamento nell'efficacia dell'azione direttiva che deve garantire agli azionisti alti profitti e la valorizzazione del titolo in possesso azionario vantato. Il movimento sindacale negli Stati uniti 1869: sorsero i “Cavalieri del lavoro”; inizialmente agirono in clandestinità; sorsero come un’unione di mestiere ma ben presto si proposero di unificare il mondo del lavoro americano. La politica di questi utopisti che perseguivano l'ideale della fratellanza, si fondò sulla lotta pacifica per l'evoluzione morale ed intellettuale dei lavoratori. Non erano contro il capitale e i capitalisti, essi volevano solo difendere il lavoro nobile e Santo da forme di sfruttamento brutale. 1886: vi 31 fu un episodio drammatico di repressione antisindacale americano: durante un comizio fu fatto esplodere una bomba che uccise un poliziotto; le autorità, speculando sull'accaduto e scatenarono una violentissima campagna antisindacale. Questo fu anche l'anno della nascita della American Federation of Labour, il moderno sindacato americano inteso come gestione di interessi, come sindacalismo affaristico. Fin dalla sua nascita parve in grado di darsi scopi, programmi, metodi di lotta e modello organizzativo che gli consentirono di lottare con successo per il raggiungimento dei concreti obiettivi che si era prefissato. Esso, sin dal suo sorgere mirò: all’aumento salariale, meno lavoro e migliori condizioni di lavoro. È stato sempre favorevole alla contrattatazione collettiva e, preferendo le trattative allo sciopero, una volta che esse fossero venute meno, indiceva lo sciopero. L'organizzatore di questo sindacato si svolse in un periodo di profonda ristrutturazione capitalistica che assunse l'aspetto di un duro attacco contro il movimento operaio e le sue organizzazioni. 1895: sorse il Social Labor Party; questo nuovo sindacato di classe fu dell'avviso che la ricomposizione del movimento operaio non potesse avvenire sulla base del tipo di lavoro svolto ma piuttosto creando un grande sindacato industriale unitario che raccogliesse i lavoratori di tutte le industrie americane. Tra il 1905 e la prima guerra mondiale si cercò di creare uno strumento organizzativo adeguato alle esigenze della nuova classe operaia dequalificata dalla grande industria collocandolo in un più ampio contesto rivoluzionario di ispirazione marxista. Questo sindacato si batterà duramente con il suo antagonista principale, l’American Federation of Labour; contro il rischio che la creazione di un potere burocratico del sindacato, esercitato a danno dei lavoratori e comunque subalterno al patronato. L'uso dello Sherman Act in funzione antisindacale Lo Sherman Act ben presto venne utilizzato contro i lavoratori e le loro manifestazioni di resistenza. La vicenda da cui prendere mosse questa mostruosità giuridica che portò ad un uso assolutamente improprio della legislazione antitrust, fu uno sciopero alla Pullman che arrivò a costituire una delle cause di lavoro più famoso d'America. Questa società decise il taglio di 1/3 della sua manodopera e la riduzione dei salari dal 25-40%. Gli operai entrarono in sciopero e la società rispose con una serrata. Il sindacato dei ferrovieri andò in aiuto agli scioperanti boigottando le vetture Pullman non agganciando i suoi vagoni letto ai treni della linea Ovest- Chicago. La proprietà di questa linea ferroviaria licenziò i boicottatori ed innescò la linea dura del sindacato ferrovieri che bloccò tutti treni. Tutte le organizzative ferroviarie aderirono a questo sciopero generale ma la risposta padronale non fu da meno: la General Managers Association andò in soccorso alla Pullman e scese in campo anche la guardia nazionale, entrarono in funzione i tribunali e da sciopero pacifico la manifestazione divenne una guerriglia urbana. Si imbastì l'accusa di cospirazione ordita in violenza dello Sherman Act. Si sarebbe cioè causato lo sciopero in violazione delle leggi della libera concorrenza per danneggiare l'azienda. I giudici intimarono ai sindacalisti di concludere lo sciopero, essi non accettarono, lo sciopero venne confermato e di giudici li fecero arrestare per “oltraggio la Corte”. La resistenza venne così fatta piegare. Questa sentenza fece giurisprudenza così che cominciano ad arrivare contro gli scioperi in atto le ingiunzioni dei tribunali inteso spenderli. L'organizzazione scientifica del lavoro La seconda rivoluzione industriale prese le mosse dai primi anni ‘80 e aprì una nuova ondata di invenzioni e di prodotti che furono il frutto del progresso scientifico e tecnologico promosso e reso possibile dalla grande impresa moderna. I settori maggiormente interessati furono: elettricità, chimica, automobile, telefono. College ed università contribuirono alla routine scientifica e tecnologica ed ora, con i cambiamenti che scienze tecnologie avevano comportato, per le classi dirigenti industriali si creò l'esigenza di plasmare nuovi stili di vita; inoltre si trattava di trasformare lo Stato e il modo di essere e di funzionare di alcune sue fondamentali istituzioni, 32 1913: Ford introduce la “catena di montaggio semovente”; questa rivoluzionaria innovazione operò un profondo riallineamento tecnico, cambiando il modo di lavorare e il comportamento operaio, portando ad un formidabile aumento della produttività del lavoro. L'enorme aumento di produttività comportò il fatto che il lavoro era sempre semplice ma duro, noioso, stressante e creava spesso assenteismo. L'apparente premio di alti salari si mostrò ben presto insufficiente a far accettare la grande prestazione lavorativa da effettuare e, ben presto, vi furono comprensibili e giustificate proteste dei lavoratori. Con il Fordismo nasce lo “Stato autoritario del benessere”; uno Stato nel quale la struttura gerarchica viene invocata in nome della funzionalità dell'officina. Gerarchia, ordine, disciplina, ruoli, ma anche autoritarismo, repressione di comportamenti non omologati. Cap VIII: “MONETA, BANCHE, CREDITO” Il Gold Standard La lunga storia della moneta parte dal baratto. La moneta per essere riconosciuta tale deve svolgere alcune funzioni: -quella di mezzo di pagamento; -quella di riserva di valore e di ricchezza; -quella di misura di valore. Oro e argento sono i due materiali che si sono prestati ottimamente a costituire riserva di valore e di ricchezza, molto valore in poca quantità. La storia del Gold Standard inizia per caso in Gran Bretagna nel 1717 quando Newton fissò la sterlina ad una parità aurea che durò seppur con qualche oscillazione fino al 1931. In quell'anno egli fissò inoltre un prezzo legale dell'argento troppo basso rispetto al loro che in breve fece sparire tutte le monete d'argento dalla circolazione. Alla fine del 17º secolo in Gran Bretagna, essendoci meno oro e più argento, il prezzo ufficiale dell’oro era molto sopravvalutato ma dal Brasile cominciarono ad arrivare galeoni carichi di oro da coniare e l’argento sparì dalla circolazione. Nonostante questo per tutto il ‘700 l'argento mantenne un corso legale. Una volta sorto, il sistema aurico britannico dovete le sue fortune alla crescita della potenza industriale e finanziaria della Gran Bretagna, dal momento che tutti paesi che aspiravano ad intrattenere legami economici con essa furono indotti ad adottare il suo stesso sistema monetario fondato sull'oro. 1870: anno che segna l'inizio del processo di adozione generalizzata del sistema aureo da parte di sempre più numerosi paesi. Le ragioni di questa perduranza sono molte: -La prima ci rimanda alla questione dell'evoluzione tecnologica della coniazione. In Gran Bretagna fino al 1816, epoca in cui fu introdotto il torchio a vapore, la coniazione di monete era rudimentale e vi erano facili contraffazioni. Con l'adozione di questo torchio si perfezionò il conio e le monete erano difficilmente falsificabili e con ciò non vi era più la necessità di usare monete d'argento a garanzia del loro valore intrinseco; -la seconda riguarda la posizione degli agricoltori all'interno delle società industriali in formazione: gli agricoltori erano il ceto maggiormente danneggiato dalla deflazione ottocentesca sia in termini dei prezzi dei prodotti agricoli, sia perché erano sempre a combattere con situazioni di vittorie e per questo essi reclamavano una maggiore circolazione monetaria in grado di reflazionare l'economia e rianimare i prezzi. La fine del bimetallismo coincise con la fine dell'egemonia dei ceti agrari nella moderna società che si stava aprendo all'industrializzazione. Il Gold Standard si reggeva su alcuni principi fondamentali: 35 • l'unità di misura era definita in termini di oro. La banca centrale acquistava e vendeva oro a prezzo fisso; • libera coniazione. Chiunque poteva recarsi alla Banca d'Inghilterra per convertire l'oro in carta moneta e viceversa; • libera importazione-esportazione dell’oro; • i tassi di cambio tra le monete internazionali venivano fissati sulla base del loro contenuto a aureo; • i cambi erano fissi e potevano oscillare in una “banda ristretta” definita come “i punti dell’oro”. La teoria dei flussi dell’oro e dei prezzi di David Hume e il controllo della moneta David Hume con la sua teoria dei flussi del loro e dei prezzi ci conferma il pragmatismo della cultura inglese e l'inclinazione dei suoi scienziati e speculatori a interessarsi di questioni concrete. La sua teoria costituisce la più limpida esposizione delle leggi che regolavano il meccanismo del regime aureo. La sua principale caratteristica è la sua attualità, essa costituisce ancora oggi la premessa indispensabile per comprendere il regime aureo: il suo punto di forza è la semplificazione delle ipotesi. Hume prende in considerazione un mercato dove circolano solo monete d'oro e nel quale le banche giocano un ruolo marginale. Ecco il suo ragionamento: in un paese le esportazioni di beni venivano pagate in oro che veniva portato alla zecca per essere coniato in monete. Anche le importazioni venivano pagate in oro, per cui se un paese aveva un disavanzo commerciale voleva dire che si era verificata un'uscita netta di oro da quel paese. Essa determinava una concatenazione di eventi che avrebbero riportato l'equilibrio. Infatti l'uscita di oro causava una diminuzione della quantità di monete d'oro in circolazione che portava di conseguenza ad una diminuzione del livello dei prezzi (deflazione, aumento del valore della monete). Al contrario nel paese in attivo commerciale si verificava la situazione inversa, aumentava la circolazione monetaria e i prezzi tendevano a crescere (reflazione, diminuzione del valore della moneta). I flussi monetari influenzavano il livello dei paesi coinvolti negli scambi. i paesi in deficit, i cui prezzi calano, diventa più concorrenziale del paese in surplus i cui prezzi salgono e questo fatto determina il ritorno all'equilibrio, innestando un flusso inverso di oro dai paesi in surplus a quelli in deficit. La teoria di Hume diffuse l'idea del funzionamento automatico del Gold Standard e l'affermazione delle c.d. “regole del gioco” che ogni Stato doveva rispettare per garantire quegli automatismi. In base a queste regole: -il tasso di sviluppo degli aggregati monetari interni doveva risultare regolato prevalentemente dalla bilancia dei pagamenti; -lo Stato doveva evitare interventi in materia economica, un atteggiamento questo che doveva concretarsi in una politica di bilancio in pareggio; -le fluttuazioni cicliche dovevano considerarsi come necessario presupposto per il buon funzionamento del sistema monetario internazionale, che infatti postulava la flessibilità dei prezzi verso il basso (in primo luogo dei salari) e, quindi, il dissesto nei periodi di depressione di un gran numero d’imprese nonostante ciò diffondesse la disoccupazione su larga scala e recasse rilevanti danni al tessuto economico e sociale. Limite dominante il funzionamento dei sistemi monetari fondati sul Gold Standard: il concetto di equilibrio automatico implicava che l'esportazione e l'importazione di beni e servizi si equivalessero. Ove ciò non fosse accaduto, si sarebbe ritornati al primo stadio monetario, quello caratterizzato dall'uso della moneta metallica, e dunque si sarebbe stati costretti a pagare le importazioni con la moneta merce-oro. 36 Mentre il Gold Standard internazionale rimaneva stretto in questa gabbia d'oro, i sistemi monetari dei paesi che avevano adottato il Gold Standard si avviavano verso un secondo stadio monetario, cioè, verso un sistema nel quale si faceva sempre più largo uso di moneta finanziaria, ovvero di moneta bancaria non convertibile direttamente in oro. In questi paesi si stavano diffondendo due categorie di banche: gli istituti di credito i cui biglietti erano direttamente convertibili in oro (banche di emissione) e gli istituti di credito (banche di deposito) i cui biglietti erano convertibili in biglietti delle prime. Con ciò il Gold Standard si era trasformato in Gold Exchange Standard, nel quale i depositi erano dotati di una convertibilità in oro ma solo di secondo grado. Questa evoluzione rese sempre più contraddittorio il sistema di ricreazione di moneta interna ed internazionale, poiché l'arretratezza del sistema monetario internazionale rispetto al sistema monetario interno costituiva un ostacolo alla creazione di moneta. Nasce l'interrogativo fondamentale che sta alla base dell'evoluzione che il sistema monetario internazionale ha conosciuto dall’ ‘800 sino ai giorni nostri e che ha mirato a creare le condizioni perché ogni paese potesse rendere compatibili le esigenze dell'equilibrio interno con quelle dell'equilibrio esterno, cioè, perché potesse mettere in atto politiche economiche intese a sostenerne lo sviluppo senza che fossero soffocate dagli squilibri, più o meno temporanei, della sua bilancia dei pagamenti. Le risposte fornite all'interrogativo costituiscono importanti tappe nella lenta e faticosa definizione dei compiti che spettano ad una banca centrale nella veste di supremo regolatore della moneta. La Banca d'Inghilterra rispose al quesito forgiando alcuni strumenti di intervento il cui scopo, a seconda delle diverse circostanze, fu quello di contribuire a deflazionare (togliere moneta dalla circolazione) o reflazionare (aumentare la liquidità del sistema immettendo in esso maggiori quantità di moneta) l'economia. Il primo di questi strumenti è rappresentato dal ricorso alla c.d. manovra del tasso ufficiale di sconto (Tus). La banca centrale attraverso la manovra del Tus, cioè del tasso d’interesse che essa applica allo sconto di carta commerciale (cambiali) presentatagli dalla sua clientela o anche dalle anticipazioni su titoli ricevuti in garanzia, è in grado di aumentare o diminuire il volume del credito interno e con esso la liquidità del mercato finanziario. La manovra del Tus, determinando il livello del costo del denaro sul mercato, è in grado di favorire o meno l’attività economica. Se, ad es, il Tus s’alza, il costo del denaro aumenta e gli operatori, imprese o famiglie che siano, ne chiederanno a prestito in minor quantità aspettando che cali, rimandando spese ed investimenti e rallentando, “raffreddando” con ciò la dinamica economica. Viceversa se il Tus cala. Il secondo strumento che venne realizzato per controllare la moneta sono le operazioni di mercato aperto (Open Market). Esse presuppongono l’esistenza di un grande mercato finanziario. Questo mercato venne edificato solidissimo nel 19°sec. in Gran Bretagna intorno ai titoli del debito pubblico (c.d. consols) , per la semplice ragione che il Tesoro inglese seppe creare intorno ad essi quella fama di incrollabile stabilità che li rese assai popolari presso una nuova classe media di risparmiatori interni ma anche presso gli investitori esteri, e in specie presso le Banche Centrali che in esse investivano, senza correre rischi, quelle valute di riserva in sterline che servivano loro per effettuare i pagamenti internazionali. La banca d’Inghilterra ricorse a queste operazioni intorno al 1840, quando essa, per frenare l’euforia del mercato, per diminuire la liquidità e raffreddare i prezzi, incominciò a drenare moneta attraverso la vendita di consols, con la clausola di riacquisto nel mese successivo. Il caso descritto è quello di un intervento deflattivo, ma la Banca centrale può anche intervenire sul mercato reflazionandolo attraverso l’operazione inversa dell’acquisto di titoli. Si dà il caso di una rarefazione del credito e della moneta. I risparmiatori prelevano i loro risparmi dalle banche che si possono trovare in difficoltà ed allora per allentare queste tensioni il Tesoro può decidere di offrirsi come acquirente di titoli pubblici offrendo condizioni di remuneratività tali da modificare la loro preferenza per la liquidità e da indurli a cedere i titoli in loro possesso. In questo modo chi ha venduto i titoli si trova ad avere disponibilità liquide che riaffluiranno immediatamente al sistema bancario sotto forma di depositi, ridandogli liquidità. 37 Si confrontano due scuole e due concezioni monetarie: la prima espansiva, la seconda restrittiva. Con il Peel Act il governo inglese scelse la strada del rigore monetario attribuendo alla Banca d'Inghilterra: -il monopolio dell'Emissione, ancorando rigidamente la sterlina alle sue riserve auree; -la gestione centralizzata delle riserve metalliche del paese, per facilitare e migliorare i sistemi di pagamento, soprattutto internazionali. Una caratteristica che rappresenta una sorta di compromesso sulla strada delle definizioni del “Sistema della Banca Centrale” è rappresentato dalla configurazione che allora si volle dare alla Banca d'Inghilterra, che venne strutturata in due “Dipartimenti”: un dipartimento di emissione, rigorosamente disciplinato in funzione del Gold Standard ed un dipartimento bancario, che poneva le banche d'Inghilterra al pari delle altre banche commerciali del paese, consentendo le operazioni di sconto, anticipazioni sui titoli, ecc. con lo scopo di consentirle di fare profitti. Nonostante questo, con la riforma del 1844 prese l'avvio un processo evolutivo che avrebbe affinato nel tempo la capacità della Banca d'Inghilterra di intervenire come prestatore di ultima istanza e come supremo garante degli equilibri finanziari del paese minacciati dalle crisi che, durante tutto l’ ‘800 colpirono la City londinese. Il quadro che richiese il suo intervento è riassumibile in questi termini: finché la vita economica scorre ordinata tutto va bene e nessuno converte le sterline in oro, poi, quando esplode una crisi ciclica la carta moneta cerca beni rifugio (in primis l’oro) e si determinano fughe di capitali che cercano riparo dal rischio di una possibile svalutazione del cambio, il che può arrivare a mettere in discussione il principio della convertibilità. Quando il ciclo economico va bene, tutte le istituzioni creditizie concorrono ad aumentare la liquidità e la circolazione monetaria. La Banca d'Inghilterra lo fa, sia emettendo banconote contro oro, sia consentendo alla sua sezione bancaria di effettuare sconto di cambiali contro banconote. Le stesse banche commerciali fanno credito, contribuendo in questo modo anche ad aumentare la circolazione monetaria. 1847 di fronte alla situazione di grave crisi la Banca d'Inghilterra fu chiamata a fare la sua prima dura esperienza e sbagliò: di fronte alla fuga di oro, alzò il tasso di sconto dal 3 al 6% e ridusse lo sconto. Fece quello che non avrebbe dovuto fare: chiuse il rubinetto del credito quando ce n'era più bisogno. Questo comportamento aggravò la crisi e per le banche accade che i depositanti, spinti dal panico, corsero a ritirare i loro depositi e ad investirli nei più sicuri titoli pubblici, determinando un aggravamento della situazione delle tesorerie delle banche più esposte che, in alcuni casi, portò a gravi fallimenti. Per le imprese la crisi fu altrettanto grave, dal momento che, restringendosi il credito bancario, anche esse soffrirono di carenza di liquidità e vennero esposte al rischio di fallimento, di chiusura dell'attività, con licenziamenti, ecc. Per comprendere la situazione di illiquidità in cui possono cadere, in una congiuntura economica favorevole, alcune banche meno accorte e prudenti di altre, occorre aver chiara la lettura di bilancio di una banca. La posta più importante del passivo è in questi bilanci rappresentata dai depositi della clientela che, all'epoca, erano prevalentemente a vista, potevano essere ritirati in qualsiasi momento. Nell'attivo di bilancio troviamo le due voci principali costituite dal capitale della banca (mezzi propri), e dagli impieghi, cioè gli investimenti che la banca ha effettuato utilizzando i depositi dei suoi clienti. Il presupposto su cui si regge l'attività di intermediazione creditizia riposa sulla certezza che mai i clienti-depositanti della banca si presenteranno tutti insieme a ritirare i loro risparmi. Per questo, ogni banca procede alla stima della riserva liquida di cassa necessaria per far fronte alle richieste giornaliere di contante, tutto il resto viene investito. Da ciò emerge che il problema fondamentale di ogni banca è, in ogni epoca, quello di mantenere un sufficiente livello di liquidità. Per mantenere questa condizione, ogni banca deve cercare di non immobilizzare eccessivamente il suo attivo, cioè deve fare attenzione a concedere crediti, che alla scadenza verranno sicuramente onorati dalla clientela. Quando gli affari vanno bene, 40 avviene che le banche, alla ricerca di sempre maggiori profitti, si allontanino dai sani criteri prudenziali che dovrebbero animare la loro gestione e finiscano per eccedere nel credito e per trovarsi in una situazione di illiquidità. Avviene cioè che si mettono nella condizione di non poter far fronte alle richieste di rimborso avanzate simultaneamente da un certo numero di loro clienti. Per questo, pur in assenza di una gestione bancaria sana, in mancanza di un intervento istituzionale di supporto che metta a disposizione della banca quella liquidità che momentaneamente ha perduto, una situazione di momentanea illiquidità, trapelando tra la clientela, può portare al ritiro di massa dei depositi. La Banca d'Inghilterra, dalla crisi del 1847 trasse molti insegnamenti utili per il futuro. Anche nella crisi del 1866 venne innescata dal fallimento di una grande banca londinese la Overend, Garney & Company che aveva investito somme notevoli in compagnie ferroviarie inglesi e nordamericane. Il fallimento della Watson, impiegato nella costruzione della ferrovia di Liverpool, sommandosi al fallimento della società Pinto Perez, la portò ad un pesante fallimento che scatena una reazione a catena sulla piazza di Londra con molti altri fallimenti, assalto agli sportelli bancari, ecc ed un generalizzato Banking Panic che richiese un intervento deciso della Banca d’Inghilterra. Le banche ora reagirono diversamente: invece di deflazionare, di restringere la circolazione monetaria, si attuò un suo generalizzato aumento, reflazionando l’economia. Si venne incontro alle difficoltà di liquidità delle banche in crisi, fornendo loro buona parte del credito di cui avevano bisogno, evitando con ciò che fallissero. A conclusione di questa vicenda c'è che la Banca d'Inghilterra operò in questo caso, e per la prima volta, con determinata consapevolezza, assumendo un ruolo fondamentale a cui ogni banca centrale arriverà molti anni più tardi ad ispirare la sua azione e cioè: il ruolo del prestatore di ultima istanza. Si era arrivati, in definitiva, a comprendere la fondamentale esigenza di avere una quantità di moneta anelastica, nel periodo lungo, ma elastica nel breve. Sterlina e Impero La City di Londra divenne nell’ ‘800 il centro di tutte le transazioni mondiali di materie prime, i cui prezzi internazionali erano espressi in sterline. Venditori e compratori internazionali operavano sulla piazza di Londra appoggiandosi a banche locali di cui erano clienti e presso le quali disponevano di conti correnti. Si trattava delle Accepting Houses e Discount Houses. La ricchezza finanziaria della Gran Bretagna nacque in primo luogo da questo tipo di lavoro bancario, basato sul finanziamento del commercio industriale, da cui le banche della City traevano lucrose provvigioni. Un lavoro che trovava il suo fondamentale presupposto nel principio della compensazione. Le banche londinesi compensando tra loro i conti bancari dei compratori-venditori internazionali che operano sulla piazza di Londra, impedivano di fatto movimenti correnti in oro. La logica dei meccanismi di pagamenti internazionali fondati sulla sterlina nel contesto del Gold Standard era quella di limitare al massimo i movimenti internazionali di oro, sostituendo adesso la sterlina, ma anche quella di limitare la creazione di carta moneta operando compensazioni attraverso la moneta scritturale. Una stessa banca compensa crediti e debiti dei suoi clienti tra loro, ma anche le banche compensano i loro debiti e crediti attraverso le “stanze di compensazione”, nelle quali i banchieri portano gli effetti delle altre banche e ricevono i propri detenuti da altre banche, iscrivendo le differenze contabili nei rispettivi conti correnti detenuti presso la banca di emissione che è deputata al funzionamento della stanza di compensazione. La solidità della sterlina, unita all'opportunità di investimento che offriva la City arrivò a condizionare i comportamenti delle stesse banche centrali dei paesi più importanti, dei quali, non solo non convertirono i loro surplus in sterline in oro, ma li investivano in attività finanziarie denominate in sterline, acquistando generalmente i solidissimi consols, e arrivando anche a depositare presso la Banca d'Inghilterra le loro riserve auree infruttifere in cambio di attività finanziarie fruttifere. In 41 questo modo la banca centrale inglese veniva a disporre fisicamente di molto più oro di riserva, a copertura dei suoi crescenti impegni particolari (maggiori sterline stampate) ma anche come maggiore e più solida garanzia nei momenti di crisi che causavano fughe di oro. Questi meccanismi sono sostanzialmente quelli che consentirono alla Gran Bretagna nel corso dell' ‘800 di costruire un enorme edificio finanziario su basi auree obiettivamente esili e di diventare un gigantesco esportatore di capitali che andarono a finanziare lo sviluppo economico del pianeta. Ciò, fu reso possibile dalle regole della compensazione ma anche dalla regola non scritta che chiunque riceveva capitali inglesi li investiva sulla piazza di Londra. A tutto ciò si devono aggiungere le due regole auree che rappresentano il privilegio di cui può godere in ogni epoca e paese la cui moneta funziona da moneta di riserva internazionale e che valsero per la Gran Bretagna durante tutto l' ‘800 e almeno fino alla prima quella mondiale. Esse sono: -il paese la cui moneta è usata come moneta di riserva internazionale non ha bisogno di accumulare riserve in valuta. Esso paga i suoi debiti emettendo la propria carta moneta, mentre tutti gli altri paesi devono procurarsi valute e quindi operano sotto il vincolo della bilancia commerciale, dovendo cioè compensare merci (esportate) contro merci (importate); -il paese della moneta egemone rappresenta la fonte principale della creazione internazionale e lo fa attraverso il meccanismo del “deficit strutturale” della sua bilancia dei pagamenti. La creazione della liquidità internazionale rappresenta un punto di grande importanza e quindi, che sia un solo paese a determinarlo, perseguendo il proprio interesse particolare, invece che la comunità internazionale attraverso istituzioni monetarie sovranazionali, rappresenta ancora oggi il tema più importante ed irrisolto dell'economia internazionale che rimanda ai rapporti di forza fra gli Stati. Il sistema fino a qui indicato è sostanzialmente fiduciario, nel senso che poteva funzionare con poco oro e facendo a meno di una politica deflattiva proprio perché esso era sostenuto dalla fiducia degli operatori e delle loro banche centrali nella forza economica, politica e militare della Gran Bretagna. Il primato della sterlina ed il potere finanziario della City svolsero nel corso di tutta la seconda metà dell’ ‘800 un ruolo fondamentale nel consolidare un primato economico che la progressiva decadenza industriale del paese non poteva più assicurare. Verso la fine del secolo questo primato cominciò a logorarsi. Il principale campanello di allarme venne dalla consistenza sempre più precaria delle riserve auree inglesi e dalla difficoltà a mantenerle ad un livello adeguato a fronteggiare il volume sempre crescente di sterline in circolazione. L'aumento della circolazione delle sterline era dovuta: -al crescente deficit commerciale inglese, causato dal progressivo aumento delle importazioni di derrate alimentari e dalla crisi di esportazioni dovuta alla diminuzione di concorrenzialità delle sue esportazioni; -all'esportazione di capitali che, invece di investirsi nel rinnovamento dell'obsoleto apparato industriale inglese, preferivano andare a cercare investimenti più profittevoli, favorendo, come nel caso degli investimenti effettuati negli Stati Uniti, la nascita di un futuro micidiale concorrente. Per diversi decenni la City funzionò come una grande banca mista che usava i depositi della clientela internazionale che erogare credito a livello globale. A tutto ciò si aggiunga la grande responsabilità che ebbe il Company Act nell'allontanare i risparmiatori inglesi dall'investimento industriale. A fronte dei rischi che derivavano dall'investimento azionario richiesto per la capitalizzazione delle imprese, ai risparmiatori inglesi si offriva il privilegio di effettuare investimenti sicurissimi e di notevole redditività nella sottoscrizione del debito pubblico inglese. Con la seconda metà dell’ ‘800, non a caso, ebbero inizio gli anni d'oro delle classi medie, dei redditieri e dei ceti risparmiatori inglesi. Questo fatto, dovuto al ruolo imperiale che la finanza inglese fu chiamata ad esercitare per sostenere il potere della sterlina, si spiega anche al lume di un altro dato che emerge nella dinamica degli investimenti esteri inglesi. Le esportazioni nette di 42
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