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Economia Aziendale Corso Avanzato - Appunti COMPLETI e integrati, Appunti di Economia Aziendale

Materiale completo, ben strutturato ed ordinato. Comprende tutti gli argomenti trattati nell'insegnamento di Economia Aziendale Corso Avanzato (incluse le operazioni straordinarie). Nonostante la notevole mole di studio, il file è in grado di rendere più intuitiva la comprensione di argomenti particolarmente complessi, favorendo uno studio scorrevole e proficuo. Ottimo per raggiungere una votazione medio-alta (ho preso 30).

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 08/09/2023

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Scarica Economia Aziendale Corso Avanzato - Appunti COMPLETI e integrati e più Appunti in PDF di Economia Aziendale solo su Docsity! DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELL’ECONOMIA LM77 – Management Aziendale ◼ ECONOMIA AZIENDALE CORSO AVANZATO (12CFU) Partizione (A-L) - Prof. A. Venturelli A.A. 2021/2022 © Pierluca Greco Cap. 1: CREAZIONE DEL VALORE ______________________________________________________________________ 1 Introduzione_________________________________________________________________________________________ 1 Criteri di valutazione _________________________________________________________________________________ 5 Componente soggettiva dell’impresa ___________________________________________________________________ 6 Processi di accumulazione ____________________________________________________________________________ 9 Struttura giuridica delle imprese ______________________________________________________________________ 11 Cap. 2: VALUTAZIONE AZIENDA E CAPITALE ECONOMICO _____________________________________________ 13 Introduzione________________________________________________________________________________________ 13 Valutazione d’azienda _______________________________________________________________________________ 16 METODI DIRETTI ___________________________________________________________________________________ 21 METODI INDIRETTI _________________________________________________________________________________ 29 Cap. 3: DIMENSIONE DELLE IMPRESE _________________________________________________________________ 45 Introduzione________________________________________________________________________________________ 45 Sviluppo e Crescita _________________________________________________________________________________ 49 Cap. 4: AGGREGAZIONI AZIENDALI ___________________________________________________________________ 57 Definizione _________________________________________________________________________________________ 57 Classificazione Aggregazioni aziendali _________________________________________________________________ 62 Cap. 5: GRUPPI AZIENDALI ___________________________________________________________________________ 72 Confronto e differenze tra Aggregazioni e Gruppi ________________________________________________________ 72 Classificazione Gruppi aziendali _______________________________________________________________________ 77 Come si costituiscono i Gruppi aziendali _______________________________________________________________ 81 Vantaggi Finanziari dei Gruppi ________________________________________________________________________ 87 Disciplina giuridica dei Gruppi aziendali ________________________________________________________________ 89 OIC 21: VALUTAZIONE DELLE PARTECIPAZIONI________________________________________________________ 90 Corretta rappresentazione in bilancio delle partecipazioni ________________________________________________ 90 Cap. 6: BILANCIO CONSOLIDATO _____________________________________________________________________ 94 Panoramica generale ________________________________________________________________________________ 94 Formazione del bilancio consolidato ___________________________________________________________________ 97 Consolidamento integrale ___________________________________________________________________________ 104 FUSIONE ___________________________________________________________________________________________ 116 Panoramica generale _______________________________________________________________________________ 116 Iter di fusione______________________________________________________________________________________ 120 Il rapporto di cambio (RC) ___________________________________________________________________________ 128 Effetti giuridici _____________________________________________________________________________________ 131 Effetti contabili _____________________________________________________________________________________ 131 1. Creazione del valore 2 Le imprese sono componenti essenziali della collettività nella quale operano e possono contribuire a favorirne lo sviluppo, così come al contempo anche causarne svantaggi e problemi (pensiamo al caso della sostenibilità ambientale e delle attività industriali). Nel nuovo scenario permeato dalla Globalizzazione, le imprese si sono dovute adattare al meglio affinché i loro processi decisionali siano in grado di contrastare la complessità del contesto economico nel quale si sviluppa l’attività economica. Proprio a questo scopo sono utili dei modelli simbolici in grado di rappresentare le dinamiche economiche: l’obiettivo è quello di costruire un modello che rappresenti la natura, le finalità le condizioni di esistenza delle aziende, creare, condividere un quadro di riferimento comune. Nella costruzione del modello è fondamentale sottolineare la polivalenza della funzione aziendale. L’attività economica nasce dall’esigenza di soddisfare i bisogni vari che emergono a livello individuale e collettivo, attraverso l’impiego di beni economici, prodotti o servizi. Quindi l’obiettivo dell’attività economica è il soddisfacimento dei vari bisogni. L’attività economica si è concentrata nelle imprese in seguito all’evoluzione sociale ed economica come: - La divisione del lavoro; - Lo sviluppo di tecnologie; - La diffusione della moneta. Le imprese hanno una propria struttura e nell’attuare i vari processi di produzione devono raggiungere condizioni tali da garantire la loro proiezione nel lungo termine attraverso la rigenerazione continua dei cicli produttivi. La loro finalità principale riguarda quindi la creazione di valore nel lungo periodo. Si può affermare che la funzione di qualsiasi impresa è di ottenere prodotti/servizi dalla combinazione di fattori produttivi, che altrimenti non sono utilizzabili per soddisfare direttamente i bisogni. Il problema economico sta nel fatto che le risorse destinate all’attività economica sono risorse scarse. Nasce il problema dell’allocazione efficiente delle risorse produttive, quindi ci deve essere un rapporto tra l’utilità dei prodotti e servizi ottenuti e l’utilità dei fattori utilizzati; così la convenienza economica si misura in termini di valore. Agire economicamente significa sfruttare al meglio le risorse scarse disponibili per ottenere beni e servizi e garantire la continuità aziendale. In quest’ottica i caratteri principali dell’azienda sono: - continuità nel lungo periodo; - struttura multiforme composta da differenti elementi; - coordinamento dei diversi elementi per un equilibrio durevole. Le condizioni di equilibrio per ciascuna azienda si raggiungono quando è soddisfatto il principio di economicità, cioè la capacità di svolgere la propria funzione secondo parametri di efficienza ed efficacia, in modo che sia garantita la continua riproduzione di processi di produzione o di consumo. Sulla base di questo emerge che l’attività economica è di per sé onerosa, perché c’è un impiego ex ante di beni economici allo scopo di acquisire fattori produttivi e realizzare ex post beni e servizi per soddisfare i bisogni. I fattori produttivi devono essere combinati ed impiegati in modo da ottenere il massimo risultato con il minor consumo di stock disponibile: principio di efficienza. L’attività economica si distingue in produzione e consumo e questo rimanda a due tipologie di azienda: 1. Creazione del valore 3 1. Aziende di produzione e imprese di erogazione di beni/servizi, che partecipano indirettamente al soddisfacimento dei bisogni; 2. Aziende di consumo o di erogazione destinate al soddisfacimento diretto di determinati bisogni. Accanto al processo di trasformazione economica c’è un altro processo importante di circolazione finanziaria. Esso deriva dal fatto che oggi l’attività economica è prevalsa dall’esistenza della moneta, nelle sue varie forme. In tutti i contesti socioeconomici ci sono dei meccanismi regolatori dell’attività economica fondata sui mercati. Mercato Può essere definito mercato l’insieme delle transazioni che hanno ad oggetto un definito bene economico. Quindi le imprese, a monte, definiscono la dotazione di fattori produttivi necessari per attuare la trasformazione economica e ottenere beni e servizi che successivamente cedono a valle nel mercato degli utilizzatori. Nei mercati le transazioni avvengono attraverso i prezzi rappresentati da misure monetarie. I prezzi divengono da un lato Prezzi/Costi (riguarda l’uscita monetaria) dall’altro Prezzi/Ricavi (riguarda un’entrata monetaria). In tutti i mercati si accettano dilazioni di pagamento rispetto al momento in cui si attua il concreto trasferimento di mezzi di pagamento tra compratore e venditore. Si formano così crediti e debiti che prendono il nome di crediti e debiti di funzionamento (esistono anche i crediti di finanziamento). Per attuare i cicli produttivi le imprese devono dotarsi ex-ante dei fattori produttivi al fine di ottenere beni e servizi da collocare sui mercati. In questo modo c’è ex-post il recupero della dotazione finanziaria volta ad acquistare nuovamente i fattori produttivi e ad equilibrare i flussi monetari, ma anche a soddisfare la remunerazione dei fattori produttivi originari. Il finanziamento del capitale iniziale avviene tramite: - Il capitale d’apporto originario da parte dei promotori/imprenditori; - Il capitale concesso dai terzi che verrà rimborsato insieme all’interesse, da qui i crediti/debiti di finanziamento. Le condizioni di equilibrio sono raggiunte quando in un intervallo definito ci sono dei risultati di efficacia ed efficienza capaci di creare valore: differenza tra fattori consumati e valori venduti. L’incremento prende il nome di valore aggiunto che è destinato a remunerare i fattori produttivi, il capitale finanziario ed il lavoro. Il valore aggiunto è dato quindi dalla differenza tra i costi sostenuti per acquistare i fattori produttivi e i ricavi della produzione venduta. Ma il valore, di fatto, si crea quando l’utilità dei prodotti o servizi realizzati è maggiore delle utili tà consumate nella fase di trasformazione. La collocazione dei prodotti e servizi sul mercato, infatti, permette il recupero delle disponibilità finanziarie che vengono utilizzate per riacquistare le risorse indispensabili alla riproduzione del ciclo produttivo. Nell’ambito della gestione aziendale, un fattore molto importante è il tempo. Supponendo un periodo temporale [to;t], i flussi operativi racchiusi in questo periodo sono costituiti da cicli produttivi che si sono già conclusi con la vendita dei prodotti sul mercato e che quindi hanno trasformato i prodotti in flussi finanziari, ma anche da cicli ancora in corso di realizzazione che hanno assorbito parte dei fattori produttivi necessari per realizzare i prodotti e venderli. Dunque, considerando tutti gli elementi su un asse temporale, al momento t l’impresa è composta dal seguente mix di valori: 1. Creazione del valore 4 1. Valori monetari (mezzi di pagamento non ancora usati negli scambi); 2. Valori finanziari (crediti e debiti che negli scambi già effettuati dilazionano i movimenti della moneta); 3. Valori finanziari (debiti di finanziamento); 4. Valori economici (valore dei fattori produttivi ancora disponibili per il successivo impiego o in parte già impiegati) I valori 1, 2, 3, sono valori di natura finanziaria perché costituiti da mezzi monetari, crediti, debiti. I valori 4 sono valori di natura economica perché costituiti da utilità disponibili per completare i processi produttivi o per dar vita a nuovi. Più in dettaglio però NON è possibile identificare o separare i cicli produttivi, perché nello stesso arco temporale i cicli produttivi si sviluppano in maniera sincrona. Occorre individuare, separare e misurare: - Il flusso dei prodotti venduti sul mercato ed il correlato flusso di fattori produttivi utilizzato per la loro realizzazione; - Il valore dei fattori produttivi in attesa di impiego; - Il valore dei fattori produttivi già impiegati in alcune fasi di trasformazione e ancora in corso di realizzazione per ottenere il prodotto finito; - Il valore dei prodotti finiti, ma non ancora venduti. La prima tipologia di valori (cicli produttivi già conclusi) entra nella misurazione del risultato di periodo. Le altre tipologie entrano nella determinazione degli elementi della struttura aziendale da usare nel periodo successivo, cioè il patrimonio aziendale, insieme ai mezzi di pagamento disponibili, debiti di funzionamento e finanziamento e crediti di funzionamento. Tali valori sono denominati FPFS1 e si distinguono dai FPFR2, che sono quelli in base alle loro caratteristiche tecniche (impianti, macchinari, immobili) compongono, insieme al lavoro, la struttura interna dell’impresa, patrimonio aziendale (materie prime, semilavorati, prodotti finiti) risultato di periodo (costi e ricavi). I FPFR in base al principio di correlazione per determinare in maniera corretta il valore di periodo occorrono andare a considerare quanto tale fattore ha ceduto la propria utilità in quel periodo. Questo calcolo si effettua sulla base di procedimenti di ripartizione nel tempo dell’utilità complessiva, misurata sulla base del prezzo/costo originario. La ripartizione del costo in più esercizi consente di attribuire una quota, definita ammortamento, in capo a ciascun periodo. Tale valore aggiunto si ottiene sottraendo al valore della produzione in valore dei fattori produttivi esterni da quelli acquistati da terze economie e che vengono sostenuti anche prima di sostenere e attuare il processo produttivo. 1 Fattori produttivi a fecondità semplice 2 Fattori produttivi a fecondità ripetuta 1. Creazione del valore 7 Il concetto di imprenditorialità attrae una molteplicità di significati. L’imprenditore è: - Colui che individua opportunità sul mercato o che aggrega i fattori produttivi per realizzare l’attività produttiva; - Colui che crea discontinuità nei settori tramite processi d’innovazione; - Colui che si assume il rischio d’impresa. Un altro importante concetto è quello della managerialità. Managerialità L’insieme di competenze e conoscenze tecniche necessarie per condurre l’impresa. È una risorsa importante per contrastare gli effetti dei profondi e continui cambiamenti che caratterizzano l’ambiente economico nel quale si svolge l’attività d’impresa. Se in astratto il Capitalista/Imprenditore/Manager possono sembrare figure distinte, in concreto possono coincidere nello stesso individuo o in un gruppo di individui. Il loro contributo è imprescindibile per dare origine e garantire la continuità dell’impresa. Il capitalista, dunque colui che apporta capitale all’impresa, si trova in una condizione differente rispetto agli altri soggetti che a vario titolo partecipano alla vita aziendale. Infatti, ogni attività d’impresa necessita dell’apporto ex-ante di una dotazione di capitale finanziario, nella prospettiva di remunerazione ex-post che è eventuale e residuale (il valore creato sarà disponibile solo dopo aver remunerato le altre componenti – manodopera, P.A., ammortamenti, creditori, fornitori, ecc.) perché solo se si raggiungono le condizioni di equilibrio si crea valore nel lungo periodo. Il potere di governo attribuito al soggetto economico deriva dal fatto che al capitale finanziario conferito ex-ante c’è il rischio che il valore prodotto non sia sufficiente per assicurare la congrua remunerazione. Il concetto di rischio così delimitato è conosciuto come rischio economico d’impresa, a prescindere dall’oggetto economico dell’attività. Tale rischio trova la propria origine nell’incertezza che è presente nell’ambiente in cui opera l’azienda. Il rischio economico d’impresa si declina in un insieme di rischi specifici nella: - Rischi legati alla natura  rischi finanziari o di mercato; - Rischi legati alla dimensione temporale  rischi di breve, medio, lungo periodo. E va ad incidere non solo sulla singola impresa, ma anche sulle terze economie perché i soggetti portatori di interesse nell’impresa (stakeholder) sono sia interni (proprietari, amministratori, dipendenti) sia esterni (fornitori, finanziatori, clienti). In base a quest’ultime riflessioni, alcune componenti del valore aggiunto diventano oneri da sostenere per ottenere risorse da impiegare nei processi produttivi. Il lavoro e il prelievo della fiscalità generale devono essere considerati come parte dei processi di acquisizione dei FP misurati dagli scambi o vincolati dalle norme impositive. La misura più idonea a quantificare la congrua remunerazione è il reddito netto periodico (non il valore aggiunto), che costituisce la base per la remunerazione del FP residuale, il capitale finanziario conferito, cioè la remunerazione del capitale apportato dai possessori dei diritti di proprietà dell’impresa che deve remunerare gli oneri figurativi che costituiscono il compenso del capitale finanziario di rischio. 1. Creazione del valore 8 Gli oneri figurativi3 non sono correlati ad uscite finanziarie, ma rappresentano la risultante di un calcolo extracontabile che ogni impresa effettua per determinare la remunerazione dei fattori produttivi. Corrispondono alla somma dei seguenti elementi: 𝑂𝐹 = 𝑖 + 𝑟 + 𝑠 i: remunerazione del capitale investito; r: premio per il rischio d’impresa; s: salario direzionale. L’eventuale eccedenza di valore corrispondente alla differenza tra valore dei prodotti/servizi collocati con le Vendite (R) e Valore dei FP utilizzati (Cfp), della Remunerazione del lavoro (L), dell’Interesse ai finanziatori esterni (I), Tasse (T), Oneri finanziari (OF), rappresenta il Profitto (P): 𝑃 = 𝑅 − 𝐶𝑓𝑝 − 𝐿 − 𝐼 − 𝑇 − 𝑂𝐹 P: profitto; R: vendite; Cfp: valore (costo) dei FP utilizzati; L: remunerazione del lavoro; I: interesse finanziatori esterni; T: tasse; OF: oneri finanziari. Il Profitto rappresenta un extra-reddito: capacità del sistema aziendale di produrre valore. 3 Elementi di costo non contabilizzati, ma che bisogna considerare per individuare la redditività aziendale (es. il compenso dell’imprenditore nel caso in cui prestasse opera all’interno dell’impresa). 1. Creazione del valore 9 Processi di accumulazione L’aspetto soggettivo delle aziende può essere letto in una prospettiva più complessa. Ogni azienda è composta da elementi di diversa natura (materiali e immateriali) connessi tra loro da relazioni più o meno complesse. Queste relazioni non sono statiche e a direzione stabilita, ma sono dinamiche e, se vengono governate in modo adeguato, modificano la qualità degli elementi stessi, conferendo all’insieme una propria unicità. Tutto ciò richiama i principi della Teoria dei sistemi, la quale cerca di interpretare fenomeni complessi ricorrendo al concetto matematico di funzione, cioè la relazione di interdipendenza esistente tra diverse variabili. Infatti, il concetto di sistema coincide con una realtà complessa formata da elementi che sono collegati in modo circolare, cioè ogni elemento condiziona l’altro ed è a sua volta condizionato. All’interno del sistema si sviluppano delle forze che trovano espressione nel sistema stesso, perché nascono e si sviluppano al suo interno, per questo non sono trasferibili. Tali forze diventano di difficile valutazione perché spesso sono incluse negli assetti organizzativi, nel saper fare e nelle conoscenze che qualificano le competenze dei partecipanti all’impresa. Si può così affermare che nelle aziende, insieme al processo di produzione, emerge un processo di accumulazione di esperienze e conoscenze che portano ad una maggiore efficacia dell’assetto organizzativo. Ogni impresa diviene unica in base al diverso risultato determinato dal processo di accumulazione. Nelle imprese ci sono tre processi di accumulazione: 1. Accumulazione di capitale, che conduce alla creazione di valore e l’incremento del capitale conferito in origine; 2. Accumulazione di esperienze, per effetto dei processi di apprendimento favoriti dalla divisione del lavoro che porta alla specializzazione per compiti e funzioni; 3. Accumulazione di conoscenze, costituito dalle informazioni e dalle tecnologie sviluppate dalle imprese per mantenere l’innovazione dei prodotti e processi. Con riferimento all’accumulo di capitale si è già detto che, quando un’impresa opera con economicità crea valore, dato dalla differenza tra ricavi e costi in un determinato arco di tempo. Questa differenza è vista come un flusso finanziario positivo perché rigenera la struttura corrente dell’impresa, che rappresenta il capitale di funzionamento. Es. Se in un periodo n-n1 un’impresa ha un ricavo di 10.000 €, un costo di 7.000 €, ha generato un flusso finanziario netto di 3.000 €. Tale flusso contiene anche i movimenti di crediti e debiti di funzionamento, a differenza dei flussi monetari. Il flusso finanziario netto di 3.000 € comporta un incremento del Capitale circolante netto CCN dell’impresa, formato da Magazzino + Crediti di funzionamento + Liquidità – Debiti di funzionamento. Il flusso finanziario netto, inoltre, NON coincide con il reddito netto perché l’impresa deve misurare come costo del periodo anche il costo dei FPFR, facendo ricorso alle quote di ammortamento. Se nell’esempio l’ammortamento è di 1.000 €, il reddito netto diventa di 2.000 €. Se invece la congrua remunerazione del capitale conferito fosse stata di 500 €, tale somma è un debito verso coloro che hanno conferito capitale, la parte residua di 1.500 € è l’extra-profitto che prende il nome di Autofinanziamento proprio, (incremento del capitale iniziale senza ricorrere a nuovi apporti di capitale o > debiti di funzionamento), misurato dai fondi riserva e utili non distribuiti. Per comprendere meglio il processo di autofinanziamento occorre considerare di nuovo le quote di ammortamento. 1. Creazione del valore 12 Abbiamo visto che il capitale è formato da azioni o quote ideali che conferiscono uguali diritti che possono essere: - Diritti patrimoniali: conferiscono al sottoscrittore il diritto di ricevere, per ogni parte di capitale sottoscritto, una parte % del reddito periodico e la restituzione del capitale conferito in caso di liquidazione dell’impresa; - Diritti amministrativi: danno la possibilità di concorrere alle decisioni strategiche e alla gestione nella misura del capitale conferito. Ad ogni azione o quota corrisponde un voto; quindi, il controllo dell’impresa è assicurato dal possesso non di tutte le quote del capitale, ma da una quota (o azioni) di maggioranza. Rimangono da analizzare le imprese cooperative che, come le società di capitali, sono persone giuridiche e quindi i soci sono responsabili nei limiti del capitale conferito; però in questo caso le decisioni vengono prese in base alle volontà manifestate senza tener conto del capitale conferito. L’obiettivo è la mutualità, cioè uno strumento che consente a categorie di individui di poter svolgere una determinata attività economica. Occorre sempre che si crei valore, che però in questo caso non serve a remunerare il capitale conferito, ma offre il vantaggio per i soci che svolgono in comune l’attività. Per rendere più trasparente la finalità dell’impresa cooperativa, occorre distinguerne due tipi: - Impresa cooperativa di produzione, in cui i soci hanno diverse competenze tecniche, si uniscono per accumulare le potenzialità necessarie per realizzare una determinata attività, ottenendo una remunerazione più vantaggiosa se confrontata con un livello di salario adeguato alle mansioni svolte; - Impresa cooperativa di consumo, in cui i soci creano un’impresa comune per ottenere vantaggi in termini di prezzi dei beni acquistati. In entrambi i casi, si deve garantire ai soci lo svolgimento conveniente dell’attività economica, per questo sono sottoposte a normative speciali che tutelano la finalità mutualistica. Queste società sono molto diffuse, ma intorno ad esse ci sono malintesi che offuscano la loro concreta natura. DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELL’ECONOMIA LM77 – Management Aziendale ◼ ECONOMIA AZIENDALE CORSO AVANZATO (12CFU) Partizione (A-L) - Prof. A. Venturelli A.A. 2021/2022 © Pierluca Greco Cap. 1: CREAZIONE DEL VALORE ______________________________________________________________________ 1 Introduzione_________________________________________________________________________________________ 1 Criteri di valutazione _________________________________________________________________________________ 5 Componente soggettiva dell’impresa ___________________________________________________________________ 6 Processi di accumulazione ____________________________________________________________________________ 9 Struttura giuridica delle imprese ______________________________________________________________________ 11 Cap. 2: VALUTAZIONE AZIENDA E CAPITALE ECONOMICO _____________________________________________ 13 Introduzione________________________________________________________________________________________ 13 Valutazione d’azienda _______________________________________________________________________________ 16 METODI DIRETTI ___________________________________________________________________________________ 21 METODI INDIRETTI _________________________________________________________________________________ 29 Cap. 3: DIMENSIONE DELLE IMPRESE _________________________________________________________________ 45 Introduzione________________________________________________________________________________________ 45 Sviluppo e Crescita _________________________________________________________________________________ 49 Cap. 4: AGGREGAZIONI AZIENDALI ___________________________________________________________________ 57 Definizione _________________________________________________________________________________________ 57 Classificazione Aggregazioni aziendali _________________________________________________________________ 62 Cap. 5: GRUPPI AZIENDALI ___________________________________________________________________________ 72 Confronto e differenze tra Aggregazioni e Gruppi ________________________________________________________ 72 Classificazione Gruppi aziendali _______________________________________________________________________ 77 Come si costituiscono i Gruppi aziendali _______________________________________________________________ 81 Vantaggi Finanziari dei Gruppi ________________________________________________________________________ 87 Disciplina giuridica dei Gruppi aziendali ________________________________________________________________ 89 OIC 21: VALUTAZIONE DELLE PARTECIPAZIONI________________________________________________________ 90 Corretta rappresentazione in bilancio delle partecipazioni ________________________________________________ 90 Cap. 6: BILANCIO CONSOLIDATO _____________________________________________________________________ 94 Panoramica generale ________________________________________________________________________________ 94 Formazione del bilancio consolidato ___________________________________________________________________ 97 Consolidamento integrale ___________________________________________________________________________ 104 FUSIONE ___________________________________________________________________________________________ 116 Panoramica generale _______________________________________________________________________________ 116 Iter di fusione______________________________________________________________________________________ 120 Il rapporto di cambio (RC) ___________________________________________________________________________ 128 Effetti giuridici _____________________________________________________________________________________ 131 Effetti contabili _____________________________________________________________________________________ 131 1. Creazione del valore 2 Le imprese sono componenti essenziali della collettività nella quale operano e possono contribuire a favorirne lo sviluppo, così come al contempo anche causarne svantaggi e problemi (pensiamo al caso della sostenibilità ambientale e delle attività industriali). Nel nuovo scenario permeato dalla Globalizzazione, le imprese si sono dovute adattare al meglio affinché i loro processi decisionali siano in grado di contrastare la complessità del contesto economico nel quale si sviluppa l’attività economica. Proprio a questo scopo sono utili dei modelli simbolici in grado di rappresentare le dinamiche economiche: l’obiettivo è quello di costruire un modello che rappresenti la natura, le finalità le condizioni di esistenza delle aziende, creare, condividere un quadro di riferimento comune. Nella costruzione del modello è fondamentale sottolineare la polivalenza della funzione aziendale. L’attività economica nasce dall’esigenza di soddisfare i bisogni vari che emergono a livello individuale e collettivo, attraverso l’impiego di beni economici, prodotti o servizi. Quindi l’obiettivo dell’attività economica è il soddisfacimento dei vari bisogni. L’attività economica si è concentrata nelle imprese in seguito all’evoluzione sociale ed economica come: - La divisione del lavoro; - Lo sviluppo di tecnologie; - La diffusione della moneta. Le imprese hanno una propria struttura e nell’attuare i vari processi di produzione devono raggiungere condizioni tali da garantire la loro proiezione nel lungo termine attraverso la rigenerazione continua dei cicli produttivi. La loro finalità principale riguarda quindi la creazione di valore nel lungo periodo. Si può affermare che la funzione di qualsiasi impresa è di ottenere prodotti/servizi dalla combinazione di fattori produttivi, che altrimenti non sono utilizzabili per soddisfare direttamente i bisogni. Il problema economico sta nel fatto che le risorse destinate all’attività economica sono risorse scarse. Nasce il problema dell’allocazione efficiente delle risorse produttive, quindi ci deve essere un rapporto tra l’utilità dei prodotti e servizi ottenuti e l’utilità dei fattori utilizzati; così la convenienza economica si misura in termini di valore. Agire economicamente significa sfruttare al meglio le risorse scarse disponibili per ottenere beni e servizi e garantire la continuità aziendale. In quest’ottica i caratteri principali dell’azienda sono: - continuità nel lungo periodo; - struttura multiforme composta da differenti elementi; - coordinamento dei diversi elementi per un equilibrio durevole. Le condizioni di equilibrio per ciascuna azienda si raggiungono quando è soddisfatto il principio di economicità, cioè la capacità di svolgere la propria funzione secondo parametri di efficienza ed efficacia, in modo che sia garantita la continua riproduzione di processi di produzione o di consumo. Sulla base di questo emerge che l’attività economica è di per sé onerosa, perché c’è un impiego ex ante di beni economici allo scopo di acquisire fattori produttivi e realizzare ex post beni e servizi per soddisfare i bisogni. I fattori produttivi devono essere combinati ed impiegati in modo da ottenere il massimo risultato con il minor consumo di stock disponibile: principio di efficienza. L’attività economica si distingue in produzione e consumo e questo rimanda a due tipologie di azienda: 1. Creazione del valore 3 1. Aziende di produzione e imprese di erogazione di beni/servizi, che partecipano indirettamente al soddisfacimento dei bisogni; 2. Aziende di consumo o di erogazione destinate al soddisfacimento diretto di determinati bisogni. Accanto al processo di trasformazione economica c’è un altro processo importante di circolazione finanziaria. Esso deriva dal fatto che oggi l’attività economica è prevalsa dall’esistenza della moneta, nelle sue varie forme. In tutti i contesti socioeconomici ci sono dei meccanismi regolatori dell’attività economica fondata sui mercati. Mercato Può essere definito mercato l’insieme delle transazioni che hanno ad oggetto un definito bene economico. Quindi le imprese, a monte, definiscono la dotazione di fattori produttivi necessari per attuare la trasformazione economica e ottenere beni e servizi che successivamente cedono a valle nel mercato degli utilizzatori. Nei mercati le transazioni avvengono attraverso i prezzi rappresentati da misure monetarie. I prezzi divengono da un lato Prezzi/Costi (riguarda l’uscita monetaria) dall’altro Prezzi/Ricavi (riguarda un’entrata monetaria). In tutti i mercati si accettano dilazioni di pagamento rispetto al momento in cui si attua il concreto trasferimento di mezzi di pagamento tra compratore e venditore. Si formano così crediti e debiti che prendono il nome di crediti e debiti di funzionamento (esistono anche i crediti di finanziamento). Per attuare i cicli produttivi le imprese devono dotarsi ex-ante dei fattori produttivi al fine di ottenere beni e servizi da collocare sui mercati. In questo modo c’è ex-post il recupero della dotazione finanziaria volta ad acquistare nuovamente i fattori produttivi e ad equilibrare i flussi monetari, ma anche a soddisfare la remunerazione dei fattori produttivi originari. Il finanziamento del capitale iniziale avviene tramite: - Il capitale d’apporto originario da parte dei promotori/imprenditori; - Il capitale concesso dai terzi che verrà rimborsato insieme all’interesse, da qui i crediti/debiti di finanziamento. Le condizioni di equilibrio sono raggiunte quando in un intervallo definito ci sono dei risultati di efficacia ed efficienza capaci di creare valore: differenza tra fattori consumati e valori venduti. L’incremento prende il nome di valore aggiunto che è destinato a remunerare i fattori produttivi, il capitale finanziario ed il lavoro. Il valore aggiunto è dato quindi dalla differenza tra i costi sostenuti per acquistare i fattori produttivi e i ricavi della produzione venduta. Ma il valore, di fatto, si crea quando l’utilità dei prodotti o servizi realizzati è maggiore delle utili tà consumate nella fase di trasformazione. La collocazione dei prodotti e servizi sul mercato, infatti, permette il recupero delle disponibilità finanziarie che vengono utilizzate per riacquistare le risorse indispensabili alla riproduzione del ciclo produttivo. Nell’ambito della gestione aziendale, un fattore molto importante è il tempo. Supponendo un periodo temporale [to;t], i flussi operativi racchiusi in questo periodo sono costituiti da cicli produttivi che si sono già conclusi con la vendita dei prodotti sul mercato e che quindi hanno trasformato i prodotti in flussi finanziari, ma anche da cicli ancora in corso di realizzazione che hanno assorbito parte dei fattori produttivi necessari per realizzare i prodotti e venderli. Dunque, considerando tutti gli elementi su un asse temporale, al momento t l’impresa è composta dal seguente mix di valori: 1. Creazione del valore 4 1. Valori monetari (mezzi di pagamento non ancora usati negli scambi); 2. Valori finanziari (crediti e debiti che negli scambi già effettuati dilazionano i movimenti della moneta); 3. Valori finanziari (debiti di finanziamento); 4. Valori economici (valore dei fattori produttivi ancora disponibili per il successivo impiego o in parte già impiegati) I valori 1, 2, 3, sono valori di natura finanziaria perché costituiti da mezzi monetari, crediti, debiti. I valori 4 sono valori di natura economica perché costituiti da utilità disponibili per completare i processi produttivi o per dar vita a nuovi. Più in dettaglio però NON è possibile identificare o separare i cicli produttivi, perché nello stesso arco temporale i cicli produttivi si sviluppano in maniera sincrona. Occorre individuare, separare e misurare: - Il flusso dei prodotti venduti sul mercato ed il correlato flusso di fattori produttivi utilizzato per la loro realizzazione; - Il valore dei fattori produttivi in attesa di impiego; - Il valore dei fattori produttivi già impiegati in alcune fasi di trasformazione e ancora in corso di realizzazione per ottenere il prodotto finito; - Il valore dei prodotti finiti, ma non ancora venduti. La prima tipologia di valori (cicli produttivi già conclusi) entra nella misurazione del risultato di periodo. Le altre tipologie entrano nella determinazione degli elementi della struttura aziendale da usare nel periodo successivo, cioè il patrimonio aziendale, insieme ai mezzi di pagamento disponibili, debiti di funzionamento e finanziamento e crediti di funzionamento. Tali valori sono denominati FPFS1 e si distinguono dai FPFR2, che sono quelli in base alle loro caratteristiche tecniche (impianti, macchinari, immobili) compongono, insieme al lavoro, la struttura interna dell’impresa, patrimonio aziendale (materie prime, semilavorati, prodotti finiti) risultato di periodo (costi e ricavi). I FPFR in base al principio di correlazione per determinare in maniera corretta il valore di periodo occorrono andare a considerare quanto tale fattore ha ceduto la propria utilità in quel periodo. Questo calcolo si effettua sulla base di procedimenti di ripartizione nel tempo dell’utilità complessiva, misurata sulla base del prezzo/costo originario. La ripartizione del costo in più esercizi consente di attribuire una quota, definita ammortamento, in capo a ciascun periodo. Tale valore aggiunto si ottiene sottraendo al valore della produzione in valore dei fattori produttivi esterni da quelli acquistati da terze economie e che vengono sostenuti anche prima di sostenere e attuare il processo produttivo. 1 Fattori produttivi a fecondità semplice 2 Fattori produttivi a fecondità ripetuta 1. Creazione del valore 7 Il concetto di imprenditorialità attrae una molteplicità di significati. L’imprenditore è: - Colui che individua opportunità sul mercato o che aggrega i fattori produttivi per realizzare l’attività produttiva; - Colui che crea discontinuità nei settori tramite processi d’innovazione; - Colui che si assume il rischio d’impresa. Un altro importante concetto è quello della managerialità. Managerialità L’insieme di competenze e conoscenze tecniche necessarie per condurre l’impresa. È una risorsa importante per contrastare gli effetti dei profondi e continui cambiamenti che caratterizzano l’ambiente economico nel quale si svolge l’attività d’impresa. Se in astratto il Capitalista/Imprenditore/Manager possono sembrare figure distinte, in concreto possono coincidere nello stesso individuo o in un gruppo di individui. Il loro contributo è imprescindibile per dare origine e garantire la continuità dell’impresa. Il capitalista, dunque colui che apporta capitale all’impresa, si trova in una condizione differente rispetto agli altri soggetti che a vario titolo partecipano alla vita aziendale. Infatti, ogni attività d’impresa necessita dell’apporto ex-ante di una dotazione di capitale finanziario, nella prospettiva di remunerazione ex-post che è eventuale e residuale (il valore creato sarà disponibile solo dopo aver remunerato le altre componenti – manodopera, P.A., ammortamenti, creditori, fornitori, ecc.) perché solo se si raggiungono le condizioni di equilibrio si crea valore nel lungo periodo. Il potere di governo attribuito al soggetto economico deriva dal fatto che al capitale finanziario conferito ex-ante c’è il rischio che il valore prodotto non sia sufficiente per assicurare la congrua remunerazione. Il concetto di rischio così delimitato è conosciuto come rischio economico d’impresa, a prescindere dall’oggetto economico dell’attività. Tale rischio trova la propria origine nell’incertezza che è presente nell’ambiente in cui opera l’azienda. Il rischio economico d’impresa si declina in un insieme di rischi specifici nella: - Rischi legati alla natura  rischi finanziari o di mercato; - Rischi legati alla dimensione temporale  rischi di breve, medio, lungo periodo. E va ad incidere non solo sulla singola impresa, ma anche sulle terze economie perché i soggetti portatori di interesse nell’impresa (stakeholder) sono sia interni (proprietari, amministratori, dipendenti) sia esterni (fornitori, finanziatori, clienti). In base a quest’ultime riflessioni, alcune componenti del valore aggiunto diventano oneri da sostenere per ottenere risorse da impiegare nei processi produttivi. Il lavoro e il prelievo della fiscalità generale devono essere considerati come parte dei processi di acquisizione dei FP misurati dagli scambi o vincolati dalle norme impositive. La misura più idonea a quantificare la congrua remunerazione è il reddito netto periodico (non il valore aggiunto), che costituisce la base per la remunerazione del FP residuale, il capitale finanziario conferito, cioè la remunerazione del capitale apportato dai possessori dei diritti di proprietà dell’impresa che deve remunerare gli oneri figurativi che costituiscono il compenso del capitale finanziario di rischio. 1. Creazione del valore 8 Gli oneri figurativi3 non sono correlati ad uscite finanziarie, ma rappresentano la risultante di un calcolo extracontabile che ogni impresa effettua per determinare la remunerazione dei fattori produttivi. Corrispondono alla somma dei seguenti elementi: 𝑂𝐹 = 𝑖 + 𝑟 + 𝑠 i: remunerazione del capitale investito; r: premio per il rischio d’impresa; s: salario direzionale. L’eventuale eccedenza di valore corrispondente alla differenza tra valore dei prodotti/servizi collocati con le Vendite (R) e Valore dei FP utilizzati (Cfp), della Remunerazione del lavoro (L), dell’Interesse ai finanziatori esterni (I), Tasse (T), Oneri finanziari (OF), rappresenta il Profitto (P): 𝑃 = 𝑅 − 𝐶𝑓𝑝 − 𝐿 − 𝐼 − 𝑇 − 𝑂𝐹 P: profitto; R: vendite; Cfp: valore (costo) dei FP utilizzati; L: remunerazione del lavoro; I: interesse finanziatori esterni; T: tasse; OF: oneri finanziari. Il Profitto rappresenta un extra-reddito: capacità del sistema aziendale di produrre valore. 3 Elementi di costo non contabilizzati, ma che bisogna considerare per individuare la redditività aziendale (es. il compenso dell’imprenditore nel caso in cui prestasse opera all’interno dell’impresa). 1. Creazione del valore 9 Processi di accumulazione L’aspetto soggettivo delle aziende può essere letto in una prospettiva più complessa. Ogni azienda è composta da elementi di diversa natura (materiali e immateriali) connessi tra loro da relazioni più o meno complesse. Queste relazioni non sono statiche e a direzione stabilita, ma sono dinamiche e, se vengono governate in modo adeguato, modificano la qualità degli elementi stessi, conferendo all’insieme una propria unicità. Tutto ciò richiama i principi della Teoria dei sistemi, la quale cerca di interpretare fenomeni complessi ricorrendo al concetto matematico di funzione, cioè la relazione di interdipendenza esistente tra diverse variabili. Infatti, il concetto di sistema coincide con una realtà complessa formata da elementi che sono collegati in modo circolare, cioè ogni elemento condiziona l’altro ed è a sua volta condizionato. All’interno del sistema si sviluppano delle forze che trovano espressione nel sistema stesso, perché nascono e si sviluppano al suo interno, per questo non sono trasferibili. Tali forze diventano di difficile valutazione perché spesso sono incluse negli assetti organizzativi, nel saper fare e nelle conoscenze che qualificano le competenze dei partecipanti all’impresa. Si può così affermare che nelle aziende, insieme al processo di produzione, emerge un processo di accumulazione di esperienze e conoscenze che portano ad una maggiore efficacia dell’assetto organizzativo. Ogni impresa diviene unica in base al diverso risultato determinato dal processo di accumulazione. Nelle imprese ci sono tre processi di accumulazione: 1. Accumulazione di capitale, che conduce alla creazione di valore e l’incremento del capitale conferito in origine; 2. Accumulazione di esperienze, per effetto dei processi di apprendimento favoriti dalla divisione del lavoro che porta alla specializzazione per compiti e funzioni; 3. Accumulazione di conoscenze, costituito dalle informazioni e dalle tecnologie sviluppate dalle imprese per mantenere l’innovazione dei prodotti e processi. Con riferimento all’accumulo di capitale si è già detto che, quando un’impresa opera con economicità crea valore, dato dalla differenza tra ricavi e costi in un determinato arco di tempo. Questa differenza è vista come un flusso finanziario positivo perché rigenera la struttura corrente dell’impresa, che rappresenta il capitale di funzionamento. Es. Se in un periodo n-n1 un’impresa ha un ricavo di 10.000 €, un costo di 7.000 €, ha generato un flusso finanziario netto di 3.000 €. Tale flusso contiene anche i movimenti di crediti e debiti di funzionamento, a differenza dei flussi monetari. Il flusso finanziario netto di 3.000 € comporta un incremento del Capitale circolante netto CCN dell’impresa, formato da Magazzino + Crediti di funzionamento + Liquidità – Debiti di funzionamento. Il flusso finanziario netto, inoltre, NON coincide con il reddito netto perché l’impresa deve misurare come costo del periodo anche il costo dei FPFR, facendo ricorso alle quote di ammortamento. Se nell’esempio l’ammortamento è di 1.000 €, il reddito netto diventa di 2.000 €. Se invece la congrua remunerazione del capitale conferito fosse stata di 500 €, tale somma è un debito verso coloro che hanno conferito capitale, la parte residua di 1.500 € è l’extra-profitto che prende il nome di Autofinanziamento proprio, (incremento del capitale iniziale senza ricorrere a nuovi apporti di capitale o > debiti di funzionamento), misurato dai fondi riserva e utili non distribuiti. Per comprendere meglio il processo di autofinanziamento occorre considerare di nuovo le quote di ammortamento. 1. Creazione del valore 12 Abbiamo visto che il capitale è formato da azioni o quote ideali che conferiscono uguali diritti che possono essere: - Diritti patrimoniali: conferiscono al sottoscrittore il diritto di ricevere, per ogni parte di capitale sottoscritto, una parte % del reddito periodico e la restituzione del capitale conferito in caso di liquidazione dell’impresa; - Diritti amministrativi: danno la possibilità di concorrere alle decisioni strategiche e alla gestione nella misura del capitale conferito. Ad ogni azione o quota corrisponde un voto; quindi, il controllo dell’impresa è assicurato dal possesso non di tutte le quote del capitale, ma da una quota (o azioni) di maggioranza. Rimangono da analizzare le imprese cooperative che, come le società di capitali, sono persone giuridiche e quindi i soci sono responsabili nei limiti del capitale conferito; però in questo caso le decisioni vengono prese in base alle volontà manifestate senza tener conto del capitale conferito. L’obiettivo è la mutualità, cioè uno strumento che consente a categorie di individui di poter svolgere una determinata attività economica. Occorre sempre che si crei valore, che però in questo caso non serve a remunerare il capitale conferito, ma offre il vantaggio per i soci che svolgono in comune l’attività. Per rendere più trasparente la finalità dell’impresa cooperativa, occorre distinguerne due tipi: - Impresa cooperativa di produzione, in cui i soci hanno diverse competenze tecniche, si uniscono per accumulare le potenzialità necessarie per realizzare una determinata attività, ottenendo una remunerazione più vantaggiosa se confrontata con un livello di salario adeguato alle mansioni svolte; - Impresa cooperativa di consumo, in cui i soci creano un’impresa comune per ottenere vantaggi in termini di prezzi dei beni acquistati. In entrambi i casi, si deve garantire ai soci lo svolgimento conveniente dell’attività economica, per questo sono sottoposte a normative speciali che tutelano la finalità mutualistica. Queste società sono molto diffuse, ma intorno ad esse ci sono malintesi che offuscano la loro concreta natura. 2. Valutazione d’azienda e capitale economico 13 Cap. 2: VALUTAZIONE AZIENDA E CAPITALE ECONOMICO Introduzione Valutazione d’azienda Processo di stima4, eseguito con tecniche diverse, che consiste nell’individuare il valore del patrimonio investito nell’azienda dai proprietari, dunque consiste nell’attribuire un valore al capitale economico. Perché valutare un’azienda? Le valutazioni possono essere eseguite per diversi scopi; alcune volte è la legge a porre l’obbligo delle valutazioni (nei casi di conferimenti di beni in natura), altre volte è volontaria ed effettuata per esigenze informative del soggetto economico o dei vari stakeholder. In generale, i principali motivi per i quali viene effettuata la valutazione aziendale sono: • Redazione del bilancio d’esercizio secondo le norme dettate dal C.C.5 e P.C.6; • Trasferimento dell’azienda o di un ramo di essa (cessione o fusione); • Liquidazione dell’azienda; • Trasformazione del tipo societario; • Recesso del socio; • Accertamento della convenienza economica delle scelte strategiche prospettate. In base agli scopi a cui è rivolta la valutazione, si otterranno diverse configurazioni di capitale correlabili a ipotesi e momenti differenti della vita aziendale. Il capitale può essere visto secondo due punti di osservazione tra loro interconnessi: - Visione prospettica, per comprendere il valore dell’investimento nel capitale dell’azienda o se le scelte strategiche siano utilmente realizzabili; - Visione retrospettiva, per verificare se siano stati raggiunti gli obiettivi di performance. Tipologie di capitale Analizziamo le diverse tipologie di capitale: 1) CAPITALE DI FUNZIONAMENTO È rappresentato nel bilancio di esercizio ed è il patrimonio a disposizione dell’azienda in un determinato momento. Più in particolare, rappresenta sia le risorse disponibili (IMPIEGHI) sia le passività (FONTI) che gravano sull’impresa (CAPITALE NETTO - PASSIVITÀ). La determinazione del capitale di funzionamento ai fini della redazione del bilancio risente di obblighi previsti dal c.c. e dai p.c. In particolare, l’art 2423-bis c.c. dispone l’ancoraggio a due principi: - PRINCIPIO DI PRUDENZA ossia, esclude dalla formazione del reddito quei proventi e quegli incrementi patrimoniali che non siano certi e durevoli, mentre si devono imputare tutti i costi, oneri e perdite anche 4 Dunque, legato non solo a parametri contabili, ma anche extra-contabili. 5 Codice civile. 6 Principi contabili. 2. Valutazione d’azienda e capitale economico 14 se incerti o probabili. A questo principio è associato il corollario in base al quale si devono considerare nella formazione del reddito solo gli utili realizzati nell’esercizio, mentre si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio anche se conosciuti dopo la chiusura. Tale principio valuta gli elementi con il metodo del costo storico che è un criterio oggettivo basato sul prezzo pagato dall’azienda al momento dell’acquisizione sul mercato di un particolare bene, o in fase di produzione dello stesso. - PRINCIPIO DI CONTINUITÀ AZIENDALE stabilisce che le valutazioni devono essere eseguite con criteri di funzionamento, escludendo ipotesi di cessione o liquidazione dell’azienda, tenendo conto delle possibili evoluzioni della gestione ed i programmi operativi. 2) CAPITALE DI LIQUIDAZIONE Si ha quando, per motivi di varia natura, l’azienda cessa di esistere, comportando l’esigenza di misurare il capitale dell’impresa considerato in una prospettiva atomistica di realizzo. Esso rappresenta il valore che può essere assegnato all’azienda non come complesso unitario, ma come somma di elementi tra loro non più collegati da rapporti di complementarità. Si determina in base alla vendita diretta e separata degli elementi dell’attivo e sull’estinzione dei debiti residui. 3) CAPITALE ECONOMICO Rappresenta il capitale in funzione delle capacità prospettiche dell’impresa di produrre ricchezza. È determinato in occasione di: - Particolari momenti della vita aziendale; - Verifiche sull’efficacia della gestione. In sintesi, mentre il capitale di liquidazione si basa sull’autonoma realizzabilità dei singoli elementi, il capitale economico ed il capitale di funzionamento considerano la visione unitaria del patrimonio, quindi sistemica. Nel capitale di funzionamento, poi, i flussi reddituali futuri risultano identificati come riflesso alle operazioni in corso alla fine di un periodo amministrativo; CAPITALE ECONOMICO Rappresenta la ricchezza che il complesso di fattori produttivi è in grado di generare nel tempo grazie alla validità della combinazione produttiva7. Non è espressione di soli valori contabili, ma anche extra- contabili, ossia non individuabili dal piano dei conti o dalle voci presenti nel bilancio d’esercizio. Nel capitale economico la determinazione del relativo valore deriva da valutazioni che non considerano i singoli elementi patrimoniali esaltando l’unitarietà spazio-temporale dell’azienda, ma presentano dei limiti basati sull’incertezza su cui si basano le valutazioni (che pertanto assumono i connotati di una vera e propria stima). Capitale economico e Valore di mercato del capitale Al concetto di valore del capitale economico si contrappone la nozione di valore di mercato del capitale, legata esclusivamente ai prezzi del mercato. Questo concetto è legato all’esistenza di mercati finanziari dotati di un buon livello di efficienza, condizione che alcuni Paesi europei non presentano (in particolare l’Italia). Il motivo sta nel fatto che a livello europeo la creazione di valore è 7 Capacità prospettica dell’impresa di generare flussi di ricchezza (reddituali e finanziari) futuri. 2. Valutazione d’azienda e capitale economico 17 O ancora, nel caso di acquisizione di un’impresa da parte di: un imprenditore  egli avrà come obiettivo diventare un soggetto economico ed esercitare azione di governo; un investitore  egli avrà come obiettivo un investimento di capitale finanziario e quindi considererà l’azienda come un qualsiasi investimento finanziario; uno speculatore  egli avrà come obiettivo la massimizzazione nel breve periodo della plusvalenza data dall’acquisto e successiva vendita dell’azienda. Possono essere individuati molteplici posizioni di valutazione associabili alle varie categorie di stakeholder. Ai fini della determinazione del requisito soggettivo, una figura che supera i limiti della soggettività è il perito indipendente. Perito indipendente Esperto, nominato dal tribunale a favore di interessi collettivi e designato ad effettuare una valutazione equa, dal momento che egli si trova in una posizione di terzietà rispetto agli interessi dei soggetti coinvolti nel processo valutativo. L’analisi valutativa del capitale da parte di un perito deve rispettare comunque i seguenti requisiti: ✓ RAZIONALITÀ: la valutazione deve esprimere un processo logico, chiaro e convincente, e quindi largamente condivisibile; ✓ OBIETTIVITÀ E DIMOSTRABILITÀ: i dati oggetto di calcolo e le formule utilizzate devono essere controllabili al fine di eliminare l’arbitrarietà dei giudizi; ✓ STABILITÀ: bisogna evitare di usare metodi che implicano oscillazioni di valore, legati a fatti marginali o ad opinioni. Il valore del capitale può divenire instabile, ma solo in presenza di eventi straordinari che comportano variazioni delle stime iniziali; ✓ GENERALITÀ: il metodo usato non deve essere influenzato dalle caratteristiche delle parti coinvolte. Il concetto di generalità può anche essere definito di NEUTRALITÀ ED EQUITÀ (il termine equità non deve essere interpretato come necessità valore che possa mediare, ad esempio, tra venditore e acquirente). L’equità comporta l’obbligo di prescindere dalle posizioni soggettive e dalle valutazioni dell’acquirente o venditore. Infatti, in situazioni estreme, il valore del capitale economico stimato dal perito potrebbe non rientrare nella barra di oscillazione dei valori minimi per il venditore (o del valore massimo per l’acquirente). Qui occorre analizzare il fatto che ci può essere una differenza tra valore del capitale economico e prezzo effettivamente corrisposto; legata al principio di neutralità delle valutazioni del perito che devono assicurare il rispetto degli interessi delle parti della negoziazione. A questi interessi - chiamati condizioni soggettive di negoziazione - è imputabile il divario tra il prezzo ed il valore del capitale economico. Il prezzo è il valore contrattualmente concordato, cioè quello che si ottiene con l’incontro di domanda e offerta. Tra le condizioni soggettive di negoziazione si possono considerare: - Asimmetrie informative tra cedente e cessionario; - Effettiva divergenza di posizioni tra le parti; - Forza contrattuale e abilità negoziale tra le parti; 2. Valutazione d’azienda e capitale economico 18 - Interessi economici e non economici (ma personali) dei soggetti. Il processo di stima del capitale economico deve quindi prescindere da condizioni soggettive, ma deve solo rispettare le condizioni oggettive di negoziazione. Questo però non vuol dire che la stima sia oggettiva in assoluto, perché il processo di valutazione si fonda su ipotesi e congetture che potranno variare dando luogo a stime differenti anche con riferimento alla stessa impresa. Valutazione strategica d’azienda La valutazione del capitale economico deve essere effettuata non solo in caso di operazioni straordinarie, ma anche tutte le volte che si deve scegliere tra più alternative in grado di modificare l’assetto strategico dell’azienda. In generale, la valutazione dell’azienda in ottica strategica riguarda la valutazione compiuta da uno specifico soggetto in base alla sua posizione soggettiva di valutazione. Generalmente, se non sono valutazioni interne condotte dal top management, sono fatte dall’acquirente che vuole determinare il valore che l’azienda da acquistare può avere se inserita nella sua complessiva economia ed il contributo che può apportare per realizzare i suoi obiettivi strategici. La valutazione fatta dall’acquirente mira a determinare il valore in base alle sinergie e opportunità incrementali che può ottenere dall’acquisto. ➢ Le SINERGIE scaturiscono dall’unione di due sistemi imprenditoriali distinti e possono essere: • Sinergie di mercato: riguardano una riduzione della concorrenza perché si acquista un’azienda dello stesso settore; • Sinergie di efficienza operativa: riguardano i benefici che si possono ottenere sfruttando interrelazioni tangibili (hard) ed intangibili (soft) tra impresa acquirente ed impresa obiettivo; • Sinergie finanziarie: si ottengono dalla riduzione del costo del capitale di rischio e di credito, necessarie per realizzare l’investimento aziendale; • Sinergie fiscali: riguardano un risparmio d’imposta andando a sfruttare una specifica normativa tributaria. Ovviamente i benefici di queste sinergie devono essere valutati al netto dei costi necessari per realizzare integrazioni tra azienda acquirente ed acquistata. ➢ Le OPPORTUNITÀ INCREMENTALI rappresentano dei benefici a favore dell’acquirente quando l’acquisto viene portato a termine, in relazione alle nuove prospettive strategiche e di integrazione. Il CAPITALE STRATEGICO Ws è dato dalla somma di: • Valore del capitale economico (W); • Sinergie scaturite dall’acquisizione (S); • Opportunità incrementali scaturite dall’acquisizione (O) 𝑊𝑠 = 𝑊 + 𝑆 + 𝑂 La valutazione d’azienda in ottica strategica rappresenta una base informativa indispensabile per considerare l’ipotesi di cessione (disinvestimento) come alternativa a quella di mantenere e sviluppare l’azienda. 2. Valutazione d’azienda e capitale economico 19 Quando conviene optare per la cessione (disinvestimento)? Il disinvestimento si avrà solo quando il valore globale del complesso aziendale cresce in misura superiore cedendo l’azienda, piuttosto che nell’ipotesi in cui non si proceda alla dismissione. Questa valutazione si basa su condizioni oggettive di negoziazione aldilà degli interessi specifici delle parti, a differenza della valutazione effettuata dal perito indipendente che si basa su condizioni soggettive. Finalità della valutazione Come già detto si tratta di un processo di stima del valore del capitale economico di un’azienda e, di conseguenza, di stima dei diritti dei proprietari vantati su tale capitale. In base alle finalità per le quali si conduce la valutazione, si individuano due tipologie di capitale: il capitale economico o il capitale strategico. CAPITALE ECONOMICO (W) CAPITALE STRATEGICO (Ws) Si individua quando la valutazione aziendale viene condotta per: • Operazioni di finanza straordinaria; • Cessione intero complesso aziendale o ramo; • Fusione; • Scissione; • Scorporazione; • Aumento di capitale; • Quotazione in borsa. Valutazione del sistema aziendale nel suo complesso come entità autonoma ai fini del trasferimento, condotta da un perito indipendente. Si individua quando la valutazione aziendale viene condotta per: • Valutazione strategica d’azienda; • Scelte tra alternative strategiche. Valutazione dell’azienda condotta da uno specifico soggetto sulla base di condizioni oggettive di negoziazione e del criterio di economicità di gruppo. Metodi di valutazione del capitale economico I differenti metodi applicabili per determinare il valore dell’azienda si basano su due impostazioni: ➢ Valore di mercato del capitale azionario: fondato sugli andamenti dei prezzi delle azioni all’interno del mercato finanziario; ➢ Valore del capitale economico: riferito ad una valutazione che non dipende dal mercato. Quale metodo scegliere? La scelta del metodo da utilizzare tra i vari disponibili dipende da diversi fattori: - Caratteristiche dell’azienda e del settore; - Scopo e momento della valutazione; - Tipologia del valore da determinare; - Disponibilità ed attendibilità delle previsioni; - Correttezza ed affidabilità dei bilanci aziendali; 2. Valutazione d’azienda e capitale economico 22 Per quanto riguarda la selezione delle imprese comparabili, occorre individuare imprese simili sotto il punto di vista di: risorse generali, crescita attesa, struttura finanziaria, dimensione, localizzazione, svolgimento delle principali funzioni, presenza di risorse intangibili. b) L’AZIENDA DA VALUTARE NON HA PROPRIE QUOTE SUL MERCATO DI BORSA NÉ SU ALTRI MERCATI REGOLAMENTATI  MULTIPLI DA TRANSAZIONI COMPARABILI In questo caso, i metodi di valutazione si basano su transazioni comparabili; quindi, si ottengono le informazioni necessarie da negoziazioni simili avvenute al di fuori del mercato formalmente riconosciuto. In questo caso il problema è legato alla difficoltà di trovare un campione di aziende rappresentativo; perciò, spesso si fa riferimento ad un arco temporale superiore alla singola annualità. Tuttavia, il vantaggio dei prezzi che si ottengono da imprese similari è che si ottengono prezzi fatti effettivamente per imprese simili, ma presentano i seguenti limiti:  Troppo legati alle condizioni soggettive degli acquirenti che hanno fatto l’operazione;  Possono essere influenzati da particolari condizioni in modo rilevante. Applicazione Metodo dei Multipli Valutare l’azienda secondo il metodo dei multipli richiede lo sviluppo di indicatori (multipli) ottenuti come rapporti omogenei tra: • Prezzi espressi nei mercati finanziari (prezzi di borsa, ecc.); • Valori contabili desumibili dal bilancio d’esercizio (utili netti, margini operativi). Nel bilancio d’esercizio sono reperibili dati riferiti a diversi periodi temporali: − Storico: dati presentati nell’ultimo bilancio annuale pubblicato; − Trailing: sommatoria dei dati degli ultimi 4 trimestri; − Leading: dati prospettici  per la determinazione del denominatore devono essere considerati solo questi, ossia i dati prospettici di bilancio. 2. Valutazione d’azienda e capitale economico 23 In base alle possibili combinazioni tra prezzo e quantità esistono due principali famiglie di multipli, compresa una terza categoria aggiunta per arricchire il contenuto informativo della valutazione: ➢ Multipli ASSET-SIDE; ➢ Multipli EQUITY-SIDE; ➢ Multipli OPERATIVI. Multipli ASSET-SIDE Esprimono il rapporto tra valori di borsa e valori contabili di bilancio (grandezze economico- patrimoniali) della società. Prospettiva di azionisti e investitori. Focus sul mercato. Numeratore  EV (Enterprise Value) L’EV è il valore di mercato del capitale operativo10, dato a sua volta dalla somma di: • Capitalizzazione di borsa (valore azione x n° di azioni); • Posizione finanziaria netta (differenza tra debiti finanziari e disponibilità finanziarie). 𝐸𝑉 = 𝐶𝑎𝑝𝑖𝑡𝑎𝑙𝑖𝑧𝑧𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑖 𝑏𝑜𝑟𝑠𝑎 + 𝑃𝐹𝑁 = (𝑣𝑎𝑙𝑜𝑟𝑒 𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑥 𝑛𝑢𝑚. 𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖) + 𝑃𝐹𝑁11 Denominatore  è formato da valori che comprendono sia il capitale di apporto, sia l’indebitamento, quindi comprensivi di interessi passivi. Si tratta quindi di margini economici di rendimento dell’attività operativa (variabili in grado di sintetizzare la capacità dell’azienda di produrre ricchezza). I multipli asset-side più utilizzati sono i seguenti: ✓ EV/SALES: Valore del capitale operativo / | Fatturato | (in valore assoluto). Molto utilizzato per la sua facilità di calcolo e perché è meno influenzato dalle politiche contabili. Rispetto ad altre grandezze, inoltre, tende ad essere più stabile nel tempo e risulta essere sempre calcolabile con esattezza. Solo di rado trova applicazione nelle valutazioni di società con business ben avviati, perlopiù è presente in valutazioni di start-up o società con bassa leva operativa. Utilizzo in ambito valutativo  MEDIO ✓ EV/EBITDA: Valore del capitale operativo / Risultato operativo al lordo di interessi, imposte, | ammortamenti, accantonamenti | (gli ultimi due in valore assoluto). A livello pratico è il più utilizzato, in quanto coinvolge la grandezza reddituale EBITDA (margine operativo lordo) che esprime, meglio di tutte le altre, la capacità di un’azienda di generare valore attraverso la sua attività caratteristica. Nel prospetto di CE si colloca prima di tutte le voci inerenti alla gestione finanziaria e fiscale; pertanto, viene intaccato pochissimo da aspetti legati al fisco e alla contabilità. Viene utilizzato per valutare società con business stabili e maturi; in ambito industriale e, in generale, è sempre presente all’interno di ogni campione di multipli utilizzati per la valutazione. Utilizzo in ambito valutativo  ALTO 10 Attualizzazione dei flussi di risultato di competenza sia di azionisti, sia di finanziatori. 11 Sommando la PFN, otteniamo un EV che rappresenta il valore dell’azienda senza l’indebitamento (considera solo il complesso operativo). 2. Valutazione d’azienda e capitale economico 24 ✓ EV/EBIT: Valore del capitale operativo / Reddito operativo al lordo di interessi e imposte. È una buona alternativa al multiplo sull’EBITDA, particolarmente idoneo per società target con un attivo molto saturo di immobilizzazioni materiali. È al netto di deprezzamento e ammortamenti, ma risente molto delle regole contabili (quindi più influenzato da fattori esterni e legislativi rispetto all’EBITDA). Trova maggiore applicazione, come detto, in società con business stabili e maturi e con elevato capitale investito (immobilizzazioni materiali). Presenta un limite non indifferente: le differenze tra le politiche di ammortamento dei Paesi esteri potrebbero creare distorsioni nel processo valutativo d’azienda. Utilizzo in ambito valutativo  ALTO Multipli EQUITY-SIDE Ottenuti dalla stima del valore corrente del capitale. Rapporto tra prezzo delle azioni e risultato al netto di interessi passivi. Prospettiva del capitale di rischio (solo azionisti). Focus sulle transazioni. Trovano maggiore utilizzo nei settori a redditività consolidata (o in crescita). I termini del rapporto sono: Numeratore  P (Price): prezzo delle azioni dato dalle transazioni registrate in mercati ufficiali. Rappresenta il valore di mercato del patrimonio netto12 (capitale azionario). Denominatore  risultato al netto di interessi passivi (variabili in grado di sintetizzare la capacità dell’azienda di produrre ricchezza). I multipli equity-side più utilizzati sono i seguenti: ✓ P/EARNINGS: Prezzo di una singola azione / Utile netto assoluto (o Valore di ogni azione). Si possono costruire diverse configurazioni a seconda che si considerino utili storici, attesi o previsti. Rappresenta il numero di volte (misurabile in anni) in cui la società ripagherebbe con i suoi utili l’investimento effettuato dal risparmiatore. È molto semplice da calcolare in quanto le informazioni necessarie sono disponibili e facilmente reperibili; in ambito borsistico è molto utilizzato ed apprezzato. Tuttavia, risente di un’elevata influenza di politiche contabili, fiscali e straordinarie. Viene applicato indistintamente in tutti i settori. Utilizzo in ambito valutativo  ALTO ✓ P/FCF: Prezzo di una singola azione / Free cash-flow per ogni azione. Rappresenta il numero di volte (misurabile in anni) in cui la società ripagherebbe con i suoi flussi di cassa l’investimento effettuato dal risparmiatore. Anch’esso è molto influenzato dalle politiche contabili. Solitamente non viene utilizzato per le società finanziarie, ma in settori caratterizzati da elevati (e frequenti) investimenti. Utilizzo in ambito valutativo  MEDIO ✓ P/BOOK VALUE: Prezzo di una singola azione / Patrimonio Netto contabile assoluto (o per singola azione). Rappresenta quanto un investitore sia disposto a pagare in più rispetto al semplice valore patrimoniale dell’azienda. È molto utilizzato per le società caratterizzate da un’elevata consistenza patrimoniale necessaria 12 Attualizzazione dei flussi di risultato di competenza dei soli azionisti. 2. Valutazione d’azienda e capitale economico 27 È importante individuare imprese simili sotto lo stesso profilo di rischio e rendimento (pur operando in settori diversi). Applicazione dei Multipli di transazioni comparabili Nella tipologia di multipli di transazioni comparabili valgono le stesse considerazioni fatte per i multipli di mercato, ma con alcune accortezze: Al numeratore si sostituisce la capitalizzazione di borsa con il Valore capitale azionario pagato dall’acquirente nella transazione comparata. L’orizzonte temporale è molto più esteso a ritroso nel tempo, al fine di identificare un buon numero di negoziazioni tra società simili avvenute nel tempo per costituire il campione. Nei multipli di transazioni comparabili bisogna tener presente l’esistenza di alcuni fattori soggettivi legati alle contrattazioni tra venditore e acquirente, con rispettive influenze al rialzo e al ribasso: per questo motivo il prezzo pagato in una transazione non coincide quasi mai con l’EV della società. Sono molto diffusi soprattutto in Italia, essendo il panorama economico italiano maggiormente permeato da imprese di medio-piccole dimensioni non quotate. Considerazioni finali sul Metodo dei Multipli e carenze I multipli hanno avuto origine nei paesi anglosassoni, dove si sono diffusi grazie alla loro semplicità, il numero ridotto di dati da assumere, facilità di comunicarne i risultati e per il fatto che sono apparsi come indicatori oggettivi del valore di mercato delle aziende. All’opposto, In Europa si è attribuita scarsa significatività a tali metodi per i seguenti limiti: • costruzione troppo semplificatrice perché non valuta tutti i dati; • si considerano prezzi e non valori, quindi i prezzi risentono da circostanze di mercato e tendenze; • è difficile trovare aziende davvero comparabili che siano attendibili in termini di confronto. Più in particolare, tali metodologie non rispondono ai requisiti di RAZIONALITÀ, GENERALITÀ ed OBIETTIVITÀ. 2. Valutazione d’azienda e capitale economico 28 Requisito di Razionalità  non soddisfatto dai multipli perché: Requisito di Obiettività  non soddisfatto dai multipli perché: Requisito di Generalità  non soddisfatto dai multipli perché: Per le operazioni svolte in borsa, i corsi di borsa sono variabili nel tempo a causa di fattori occasionali che influenzano il mercato senza che spesso siano percepibili le ragioni delle fluttuazioni. Viene a mancare la relazione diretta tra: − Andamento valore azioni; − Valore di mercato capitale azionario; − Capitale economico dell’azienda. I metodi diretti sono piuttosto affidabili ma pongono pur sempre alcuni problemi di non facile soluzione, come ad esempio la scelta del tipo di prezzo qualora l’azione fosse negoziata su piazze diverse, ecc. Il valore che è effettivamente scambiato sul mercato è un valore che tiene conto delle condizioni soggettive di scambio, in contrasto quindi con quanto stabilito con tale requisito. In base a queste carenze, i metodi basati sui multipli sono stati spesso utilizzati nelle valutazioni come metodologia residuale e di controllo rispetto ai risultati ottenuti dall’applicazione di metodologie di valutazione indiretta (vedremo nel paragrafo successivo). Oggi si è orientati verso posizioni più equilibrate, quindi i multipli sono utili parametri di confronto e controllo se costruiti in modo da essere espressione delle vere determinanti del valore delle imprese. Le incertezze circa la comparabilità dei multipli spingono ad utilizzare più moltiplicatori, andando infine a pesare i risultati ottenuti e generando una scala prioritaria che privilegia quei multipli ritenuti più rispondenti alle caratteristiche dell’azienda target: per questo motivo, l’applicazione del metodo dei multipli nella stima del valore delle aziende finisce anch’essa per richiedere approfondite analisi e giudizi soggettivi, trascendendo da quel carattere di “metodo diretto” esente da stime e congetture. Per completezza è opportuno fare un breve cenno alle cosiddette regole del pollice13, che rientrano tra i metodi diretti (o dei multipli), in base alle quali il valore economico è ottenuto dal prodotto tra moltiplicatore di mercato e una grandezza ritenuta espressiva del valore dell’impresa per un determinato settore. 𝑉𝑎𝑙𝑜𝑟𝑒 𝑒𝑐𝑜𝑛𝑜𝑚𝑖𝑐𝑜 = 𝑚𝑜𝑙𝑡𝑖𝑝𝑙𝑖𝑐𝑎𝑡𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑖 𝑚𝑒𝑟𝑐𝑎𝑡𝑜 × 𝑔𝑟𝑎𝑛𝑑𝑒𝑧𝑧𝑎 𝑒𝑠𝑝𝑟𝑒𝑠𝑠𝑖𝑣𝑎 𝑑𝑒𝑙 𝑣𝑎𝑙𝑜𝑟𝑒 𝑑′𝑎𝑧𝑖𝑒𝑛𝑑𝑎 I vantaggi delle regole del pollice sono: ✓ Semplici da applicare; ✓ Costi contenuti; ✓ Si può evitare di considerare i valori contabili superando i problemi legati all’attendibilità degli stessi. 13 Metodi Empirici basati su un insieme di regole di esperienze ispirate al mercato e fondate su diffuse opinioni presenti nel settore nel quale opera l’azienda oggetto di stima. Trovano applicazione “diffusa” nella prassi professionale per la valutazione delle piccole o piccolissime aziende. 2. Valutazione d’azienda e capitale economico 29 METODI INDIRETTI I metodi indiretti rappresentano i principali metodi di stima del capitale economico di un’azienda, anche se i metodi diretti visti precedentemente possono comunque contribuire ad integrare la base informativa per esprimere un giudizio più consapevole. I metodi indiretti si classificano a seconda della base di riferimento: • GRANDEZZE FLUSSO ➢ Metodi reddituali ➢ Metodi finanziari I criteri di stima basati sui flussi generano due gruppi di metodologie: − Metodi di valutazione fondamentali teorici  definiscono in astratto tutti gli elementi che dovrebbero essere considerati per valutare il capitale economico; − Metodi di valutazione fondamentali semplificati  hanno minore razionalità ma risultano più facili da applicare. In entrambe le formule, l’attualizzazione dei flussi reddituali e finanziari andrebbe estesa in un orizzonte illimitato, perché l’impresa è di norma un istituto socioeconomico destinato a perdurare; quindi, non è possibile stabilire ex-ante il suo termine. Se, quindi, l’indagine si sposta nel futuro, è sempre più difficile ottenere dei dati attendibili, obiettivi e dimostrabili. Per rispettare queste caratteristiche si ricorre a formule semplificate. Può accadere che, in determinate circostanze, nemmeno le formule semplificate siano in grado di dare una giusta valutazione al capitale economico, e questo perché i flussi reddituali o finanziari non sono disponibili. • GRANDEZZE STOCK ➢ Metodi patrimoniali • GRANDEZZE FLUSSO & STOCK ➢ Metodi misti 2. Valutazione d’azienda e capitale economico 32 𝑖1 = free risk rate; (𝑹𝒎 − 𝒊𝟏)  Equity Risk Premium14 = differenza tra il rendimento medio di mercato ed il tasso free risk; 𝜷  Rischio sistematico = coefficiente che esprime la sensibilità del rendimento di un investimento ai movimenti del mercato. - Se 𝛽 > 1 la sensibilità del rendimento del titolo è maggiore di quella di mercato15; - Se 𝛽 = 1 la sensibilità del rendimento del titolo è uguale a quella di mercato; - Se 𝛽 < 1 la sensibilità del rendimento del titolo è minore di quella di mercato16. Ne segue che, secondo la logica del CAPM, fondata sulla definizione del “rischio come variabilità”, il tasso di attualizzazione dei flussi si determina come segue: 𝑖 = 𝑖1 + 𝑖2 = 𝑓𝑟𝑒𝑒 𝑟𝑖𝑠𝑘 𝑟𝑎𝑡𝑒 + 𝛽 ∙ (𝑅𝑚 − 𝑖1) La stima del valore residuo dell’azienda può essere il valore di liquidazione o il valore economico, cioè un valore di cessione di un’azienda (ancora in funzionamento) alla scadenza del periodo di riferimento. Se si tratta di un valore o dell’altro dipende dalle circostanze che caratterizzano l’azienda e l’ambiente concorrenziale alla fine del periodo d i riferimento. Di seguito saranno analizzati i principali metodi indiretti di valutazione d’azienda. 14 Stima del rendimento aggiuntivo che gli investitori chiedono al mercato per detenere un portafoglio di titoli azionari, che sono di per sé rischiosi, rispetto al rendimento chiesto su un asset che è privo di rischio. 15 Sono titoli con variabilità maggiore rispetto a quella del portafoglio di mercato, dunque titoli più rischiosi, definiti anche “aggressivi”. Essendo più rischiosi, a loro volta prevedono un rendimento superiore. 16 Titoli con variabilità inferiore a quella del portafoglio di mercato, definiti “difensivi”. Prevedono rendimenti e rischi inferiori. 2. Valutazione d’azienda e capitale economico 33 I Metodi Reddituali I metodi reddituali determinano il capitale economico utilizzando metodologie reddituali. Il valore originario dell’azienda è dato dalla sua redditività: l’azienda ha valore perché idonea a produrre in futuro un flusso di reddito. L’obiettivo dei metodi reddituali è valutare l’azienda come complesso unitario. Il valore del capitale economico d’azienda, in base alla capacità futura di produrre reddito, è sintetizzato dalla seguente espressione: 𝑾 = ∑ (𝒕 = 𝟏, … , 𝒏) 𝑹𝒕 ∙ 𝒗𝒕 + 𝑷′𝒏 ∙ 𝒗𝒏 𝒏 𝒕=𝟏 Paradigma teorico Guatri in presenza della grandezza REDDITO 𝑊 = valore del capitale economico; 𝑅𝑡 (𝑡 = 1, … , 𝑛) = redditi netti normalizzati stimati di anno in anno; 𝑃′𝑛 = valore di realizzo al tempo n; 𝑣𝑡; 𝑣𝑛 = coeff. di attualizzazione.  Questa formula, però, si basa sul paradigma teorico di Guatri, dunque su quantità difficilmente prevedibili lasciando troppo spazio a giudizi soggettivi! Da qui la necessità di trovare un metodo reddituale sostitutivo che è il Metodo Reddituale Semplificato del quale esistono diverse versioni in base: - Alle caratteristiche dell’azienda; - Al parametro reddituale; - All’orizzonte temporale di riferimento; - Al tasso di attualizzazione. Le principali versioni del Metodo Reddituale Semplificato sono: • Metodo Reddituale SEMPLICE; • Metodo Reddituale COMPLESSO. Metodo Reddituale SEMPLICE Determina il valore dell’azienda attualizzando, ad un certo tasso, il reddito medio futuro atteso dall’azienda stessa, ossia un reddito medio-normale-duraturo. …con durata illimitata e trascurabile il valore finale: 𝑾 = 𝑹 𝒊 2. Valutazione d’azienda e capitale economico 34 In questo caso l’espressione matematica è quella della rendita perpetua (W = R/i, dove W è il capitale economico, R è il reddito medio normale atteso ed i il tasso di attualizzazione) perché si applica quando si presumono redditi di durata illimitata e si trascura il valore finale di realizzazione perché n tende ad infinito. Nell’ipotesi in cui si consideri un reddito di durata limitata nel tempo la formula diventa: …con durata limitata e reddito costante: 𝑾 = 𝑹 ∙ 𝒂𝒌¬𝟏 + 𝑷𝒌 ′ ∙ 𝒗𝒌 𝑅 = reddito medio prospettico atteso; 𝑎𝑘¬1 = valore attuale di una rendita annua posticipata limitata a k anni; 𝑃𝑘 ′ ∙ 𝑣𝑘 = valore attualizzato del prezzo di realizzo rettificato dall’azienda all’anno k. La semplificazione più evidente adottata da questo metodo riguarda il fatto che si sceglie un parametro reddituale unico e costante per ognuno degli anni presi in considerazione. Il Reddito medio prospettico atteso deve essere calcolato considerando condizioni normali di gestione. Quindi è necessario un processo di normalizzazione del reddito volto a neutralizzare fenomeni straordinari di gestione: - Modifiche dei criteri di valutazione; - Cessione di terreni e fabbricati; - Ammortamenti non adeguati. Questo Metodo Reddituale Puro (o Semplice) permette di valutare l’avviamento, cioè il valore delle risorse dell’impresa che non sono capitalizzate durante la normale gestione ma che sono molto importanti nel conseguimento dei flussi di reddito. Per queste ragioni è importante nel momento del passaggio dell’impresa da una proprietà all’altra, quando occorre considerare l’unitarietà del sistema aziendale. Metodo Reddituale COMPLESSO Evoluzione del Metodo Reddituale Puro Determina il valore dell’azienda attualizzando i flussi di reddito previsti per ogni anno, fino al termine del periodo considerato (max 10 anni). Utilizzato da imprese che adottano sistemi informativi e strumenti di controllo. L’espressione matematica è quella che più si avvicina alla formula reddituale fondamentale …con durata limitata e redditi prospettici: 𝑾 = 𝑹𝟏(𝟏 + 𝒊)−𝟏 + 𝑹𝟐(𝟏 + 𝒊)−𝟐 + ⋯ + 𝑹𝒏(𝟏 + 𝒊)−𝒏 + 𝑽𝑭𝒏(𝟏 + 𝒊)−𝒏 𝑊 = capitale economico; 𝑖 = tasso di attualizzazione; 𝑅1, 𝑅2, … , 𝑅𝑛 = flussi reddituali attesi; 2. Valutazione d’azienda e capitale economico 37 Tasso di attualizzazione per il Flusso di cassa Unlevered  WACC: costo medio ponderato del capitale 𝑾𝑨𝑪𝑪 = 𝑲𝒅 ∙ (𝟏 − 𝒕) ∙ 𝑫 𝑬 + 𝑫 + 𝑲𝒆 ∙ 𝑬 𝑬 + 𝑫 𝐾𝑑(1 − 𝑡) = costo del debito (capitale di terzi) al netto delle imposte; 𝐾𝑒 = costo del capitale proprio; 𝐷 = capitale di debito (valore di mercato del capitale di terzi); 𝐸 = capitale proprio (equity17); 𝐸 + 𝐷 = capitale totale investito (valore di mercato complessivo dell’impresa); 𝐸 𝐸+𝐷 = peso del capitale proprio sul capitale totale investito; 𝐷 𝐸+𝐷 = peso del capitale di debito sul capitale totale investito; Il costo dell’indebitamento dipende dai tassi correnti, dal rischio d’impresa e dal beneficio legato alla deducibilità fiscale. Pertanto, secondo l’approccio Unlevered, il Metodo Finanziario Complesso attualizzato (con tasso di attualizzazione pari al WACC) in presenza di durata illimitata e flussi prospettici diverrebbe: 𝑾 = 𝑭𝟏(𝟏 + 𝑾𝑨𝑪𝑪)−𝟏 + 𝑭𝟐(𝟏 + 𝑾𝑨𝑪𝑪)−𝟐+. . . … + 𝑭𝒏(𝟏 + 𝑾𝑨𝑪𝑪)−𝒏 che si può riscrivere anche come segue: 𝑾 = ∑ 𝑭𝒏 (𝟏 + 𝑾𝑨𝑪𝑪)𝒏 𝒏 𝒕=𝟏 17 Il capitale sociale, conosciuto anche come capitale di rischio apportato dai soci per l’attività d’impresa. 2. Valutazione d’azienda e capitale economico 38 I Metodi Patrimoniali basati su grandezze stock I Metodi Patrimoniali si basano sulla valutazione analitica dei singoli elementi dell’Attivo e del Passivo che compongono il capitale. Sono adottati generalmente da aziende con un elevato ammontare di attività immobilizzate (holding pure, aziende di credito, ecc.). Questi metodi: - Considerano l’orizzonte temporale = 0; - Si basano sul prezzo che dovrebbe essere pagato per acquisire i singoli elementi del capitale dell’impresa; - Possono tener conto dei beni immateriali, oltre a quelli materiali; - Sono metodi meno razionali se confrontati con i metodi indiretti basati sui flussi; Si possono distinguere principalmente due Metodi Patrimoniali: • Metodo Patrimoniale SEMPLICE  non considera i beni immateriali; • Metodo Patrimoniale COMPLESSO  considera i beni immateriali. Metodo Patrimoniale SEMPLICE Considera l’uguaglianza tra il valore economico del capitale ed il valore del Patrimonio Netto rettificato. 𝑾 = 𝑲′ 𝑊 = valore economico; 𝐾′ = valore del Patrimonio Netto rettificato. Si parte dal capitale netto contabile ottenuto secondo criteri di valutazione ispirati al Principio di Prudenza e Competenza: gli elementi patrimoniali si valutano in base al costo di acquisto (o di produzione). Il Metodo Patrimoniale Semplice considera come valore dell’azienda l’investimento netto che sarebbe necessario allo scopo di avviare una nuova azienda con una struttura patrimoniale identica a quella oggetto di valutazione. Valore dell’azienda nel Metodo Patrimoniale SEMPLICE Valore azienda = Investimento netto da sostenere per avviare una nuova azienda che abbia la stessa struttura patrimoniale di quella che stiamo valutando. Occorre rideterminare i singoli elementi dell’attivo e del passivo a valori correnti, al fine di giungere – attraverso opportune rettifiche – alla determinazione del Patrimonio Netto rettificato K’. Rideterminazione a valori correnti degli elementi di Attivo e Passivo: Elementi dell’Attivo Elementi del Passivo Elementi a realizzo indiretto Sono valutati al presunto valore di realizzo. Sono valutati al presunto valore di estinzione. Sono valutati al valore di sostituzione (riproduzione). Di conseguenza: 𝑾 = 𝑲′ = 𝑲 ± 𝑹𝒆𝒕𝒕𝒊𝒇𝒊𝒄𝒉𝒆 𝒂𝒊 𝒗𝒂𝒍𝒐𝒓𝒊 𝒄𝒐𝒓𝒓𝒆𝒏𝒕𝒊 2. Valutazione d’azienda e capitale economico 39 In base a tale metodo, il valore dell’azienda sarà così determinato: Patrimonio netto alla data di riferimento + Rettifiche positive elementi patrimoniali - Rettifiche negative elementi patrimoniali - Riduzioni per oneri fiscali potenziali (se calcolati) = Patrimonio netto rettificato K’ (= W) Metodo Patrimoniale COMPLESSO Somma al valore del Patrimonio Netto rettificato K’ il valore dei beni immateriali e, in base alla loro natura, si scinde in I e II livello. 𝑾 = 𝑲′ + 𝒗𝒂𝒍𝒐𝒓𝒆 𝒃𝒆𝒏𝒊 𝒊𝒎𝒎𝒂𝒕𝒆𝒓𝒊𝒂𝒍𝒊 In base alla tipologia di beni immateriali si classifica in Capitale economico di I e II livello. BENI IMMATERIALI contabilizzabili ma non contabilizzati e aventi valore di mercato non contabilizzabili e non aventi valore di mercato − Brevetti; − Marchi; − Insegne; − Concessioni. Questi elementi devono essere ben identificabili, il loro valore dev’essere esprimibile in denaro, devono essere sfruttabili nel tempo e devono essere estraibili dal complesso aziendale in modo autonomo senza associare altri beni. − Know-how; − Qualità del capitale umano; − Rete di vendita; − Immagine aziendale; − Quota di mercato conquistata; − Ecc. Differenziale tra il valore del complesso aziendale esistente e il valore del complesso con beni del tutto analoghi, ma creato ex-novo. Come si stima il valore dei beni immateriali contabilizzabili ma non contabilizzati e aventi valore di mercato? Ci sono diversi approcci: ➢ APPROCCIO DEL COSTO • Costo di produzione  quanto costerebbe oggi ricreare i beni immateriali; • Costo storico residuale  somma dei costi sostenuti per la realizzazione dell’intangibile al netto dell’utilità già consumata; ➢ APPROCCIO ECONOMICO • Risultato differenziale  flusso di cassa differenziale generato dalla presenza del bene immateriale rispetto a chi non lo possiede; • Costo della perdita  minor utile e maggiori costi che si dovrebbero sopportare se il bene andasse perduto. Si tende a valutare il danno attualizzato. ➢ APPROCCIO DI MERCATO • Tasso di royalty compatibile  ricavo che si potrebbe ottenere se si dovesse cedere il bene a terzi; 2. Valutazione d’azienda e capitale economico 42 Limiti entro i quali la stima di W può variare dopo aver applicato questo Metodo: Capitale netto di liquidazione WL Valore Patrimonio Netto rettificato K1 K1 + Avviamento ➢ Limite superiore  PN rettificato maggiorato dell’intero avviamento; ➢ Limite inferiore  Capitale Netto rettificato diminuito del Badwill. Il valore del capitale economico W trova il proprio limite nel valore di liquidazione o stralcio delle attività costituenti il PN rettificato. ➢ METODO MVA (MARKET VALUE ADDED o METODO EVA) Metodo MVA - Market Value Added Misura il capitale economico dell’azienda in base ad un particolare parametro di misurazione: EVA (Economic Value Added). Secondo questo metodo, l’azienda crea valore soltanto dopo aver coperto il costo del capitale a titolo di debito o di proprietà (capitale proprio o di terzi). In formula: 𝑬𝑽𝑨 = 𝑵𝑶𝑷𝑨𝑻 − 𝑾𝑨𝑪𝑪 ∙ 𝑪𝑰 Misura la performance aziendale come differenza tra il Reddito Operativo netto e il Costo del capitale impiegato per generare quel reddito. 𝑁𝑂𝑃𝐴𝑇 = reddito operativo rettificato al netto degli oneri fiscali (quindi al netto delle imposte); 𝑊𝐴𝐶𝐶 = costo medio ponderato del capitale investito; 𝐶𝐼 = capitale investito nella gestione operativa (rettificato). Se EVA > 0  l’azienda crea valore dopo aver remunerato i finanziatori esterni ed il capitale di rischio (quindi investitori e azionisti). In questa prospettiva è possibile affermare che le aziende, pur registrando utili contabili, non creano valore economico se non è garantita la congrua remunerazione del capitale di rischio: la creazione del valore richiede che le risorse investite producano un rendimento maggiore del costo complessivo delle stesse. La stessa formula si può esprimere: 𝑬𝑽𝑨 = ( 𝑵𝑶𝑷𝑨𝑻 𝑪𝑰 − 𝑾𝑨𝑪𝑪) ∙ 𝑪𝑰 Arco temporale n Tasso di attualizzazione i Capitale netto di liquidazione Durata LIMITATA 3-5 anni; 8-10 anni per aziende con elevata stabilità reddituale. 𝑖 = 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑒𝑛𝑠𝑜 𝑓𝑖𝑛𝑎𝑛𝑧𝑖𝑎𝑟𝑖𝑜 ∙ 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜 È il limite inferiore della stima del valore d’azienda. Si ottiene quando c’è la cessazione dell’attività e la conseguente alienazione di cespiti che compongono il capitale. 2. Valutazione d’azienda e capitale economico 43 Riformulata in questo modo possiamo comprendere meglio la valenza dell’indicatore EVA. ➢ 𝑵𝑶𝑷𝑨𝑻 𝑪𝑰  esprime la redditività dell’impresa nell’attività caratteristica. Con questa formula si confronta quanto rende il business aziendale rispetto a quanto costano le fonti finanziarie, e determina il valore creato dall’impresa in un certo periodo. Risultato Operativo - Imposte effettivamente pagate + Plusvalenze valori di magazzino non contabilizzati ai valori correnti (FIFO in sostituzione del LIFO) + Interessi passivi + Ammortamento avviamento imputato all’esercizio + Spese a utilità pluriennale spesate in un solo esercizio (es. costi pubblicitari) + Accantonamenti per spese future e a fondi rischi specifici + Quota annuale TFR al netto dell’utilizzo +/- Proventi / Oneri straordinari - Imposte ricalcolate sul Reddito Operativo rettificato = NOPAT (Reddito operativo rettificato al netto d’imposta) Patrimonio Netto contabile + Riserve per imposte differite + Riserve magazzino valorizzate al FIFO al posto del LIFO per adeguarne i valori storici + F/do ammortamento avviamento al fine di ripristinare il valore investito + Sommatoria componenti straordinarie di reddito (positive/negative) al netto dell’effetto fiscale, contabilizzate tra i costi d’esercizio + F/di spese future e F/di rischi generici assimilabili a riserve di utile + F/di per imposte differite + F/do TFR, la cui permanenza tra le fonti finanziarie è assimilabile a riserva di capitali = CI (Capitale Investito rettificato) 𝑬𝑽𝑨 > 𝟎 < 𝟎 Si crea ricchezza dopo aver remunerato azionisti e creditori. Si distrugge valore. 2. Valutazione d’azienda e capitale economico 44 ✓ EVA come strumento di valutazione del management. L’obiettivo del management dev’essere quello di massimizzare il valore di mercato di un’azienda. Questo valore di mercato è necessario confrontarlo con il valore del capitale investito nell’azienda stessa. 𝑬𝑽 = 𝑴𝑽𝑨 + 𝑪𝑰 Il valore di un’azienda EV è uguale alla somma del Capitale investito CI e del valore aggiunto MVA che l’azienda stessa è riuscita a generare. Ne concerne che l’EVA può essere utilizzato come strumento di valutazione dell’operato del management, facendo coincidere gli interessi del management con gli interessi degli azionisti: un meccanismo di premiazione del management collegato al valore aggiunto creato funge da stimolo per accrescere annualmente l’EVA, dunque anche il MVA. Una doverosa distinzione da fare tra EVA e MVA: l’EVA è un indicatore interno di prestazioni che influenza la formazione di un premio nel valore di mercato dell’azienda, mentre l’MVA è una misura esterna. ✓ EVA come strumento di valutazione aziendale. Il valore di una società può essere considerato pari al capitale investito più la somma di tutti i futuri EVA attualizzati. 𝑬𝑽 = 𝑪𝑰 + (𝑺𝒐𝒎𝒎𝒂 𝑬𝑽𝑨 𝒂𝒕𝒕𝒖𝒂𝒍𝒊𝒛𝒛𝒂𝒕𝒊) 𝑴𝑽𝑨 = (𝑺𝒐𝒎𝒎𝒂 𝑬𝑽𝑨 𝒂𝒕𝒕𝒖𝒂𝒍𝒊𝒛𝒛𝒂𝒕𝒊) Sommando tutti gli EVA realizzati nell’arco temporale considerato si ottiene il MVA dal quale è possibile desumere il valore dell’azienda EV. Alcune ricerche hanno evidenziato l’assenza di una relazione così evidente tra EVA di un solo anno e il MVA  la causa può essere attribuita ad errori nel calcolo dell’EVA generati dalle inevitabili artificiosità contabili dei bilanci. Attualizzazione EVA: 𝑬𝑽𝑨𝑨 = 𝑬𝑽𝑨 (𝟏 + 𝑾𝑨𝑪𝑪)𝒕 3. Dimensione delle imprese 47 Comprendiamo chiaramente che il bilancio in forma abbreviata può essere redatto soltanto da micro e piccole imprese. D. lgs. 39/2010 – Obblighi Enti di interesse pubblico Il D. lgs. 39/2010 ha introdotto gli Enti di interesse pubblico, così denominati in quanto hanno un impatto verso il pubblico per la tipologia di attività che svolgono (es. banche). Se tali Enti superano delle soglie dimensionali devono rispettare degli obblighi normativi: tra questi, ad esempio, la redazione di dichiarazioni non finanziarie18. Data la regolamentazione a livello europeo e comunitario, ci sono poi degli adattamenti per il recepimento italiano diversi a seconda dell’oggetto di regolamentazione. Tuttavia, i parametri quantitativi presentano un livello di relatività che non ci consente, talvolta, di comprendere con esattezza il livello effettivo della dimensione di una specifica azienda. Per questo motivo si integra la considerazione dei parametri qualitativi. ➢ PARAMETRI QUALITATIVI • Numero di relazioni interaziendali Indica come un’azienda sta sul mercato in funzione della numerosità di interscambi e/o sinergie realizzate con altre aziende. È importante perché spesso rappresenta un fattore di vantaggio competitivo (specialmente per le realtà non grandi). La forza delle relazioni intraprese – dunque la capacità delle aziende di costruire aggregazioni formali o informali – consente soprattutto alle PMI di sopravvivere sul mercato. Sopravvivenza significa anche capacità di gestire e mitigare i rischi. Per quanto riguarda i rischi, il legislatore italiano ci fornisce dei riferimenti interpretativi quando, per esempio, disciplina per le aziende l’obbligo di prevedere la descrizione delle modalità di gestione dei rischi nella Relazione sulla Gestione (art. 2428). Anche i Principi Contabili disciplinano le varie tipologie di rischi. Negli ultimi anni questo tema di rischi ha portato le aziende ad introdurre una nuova tipologia di rischio: il rischio pandemico. • Peso economico L’influenza che un’impresa è in grado di esercitare nel settore economico in cui opera: coincide con la capacità di stare sul mercato ed incidere sui prezzi. • Spazio economico Insieme delle relazioni di diversa intensità che un’azienda sviluppa. L’intensità delle relazioni varia a seconda di quante attività economico-produttive vengono realizzate da queste aziende; quindi, l’intensità può essere più o meno forte a seconda della quantità di rapporti di scambio di beni/servizi. 18 Nuovo modello di bilancio che prevede informazioni che non si trovano nel bilancio di esercizio. 3. Dimensione delle imprese 48 Tornando alla dimensione, questa diventa fondamentale perché rappresenta una chiave di lettura utile per analizzare i comportamenti di aziende di grandi dimensioni, le debolezze delle PMI e le capacità adattive delle PMI. Es. obbligo di organo di controllo per SRL se si superano determinati limiti quantitativi (anche solo uno). La teoria economica statunitense ha sempre collegato l’efficienza e le potenzialità operative alle imprese di grandi dimensioni, affermando che le piccole imprese hanno un ruolo marginale. In Italia, però, il tema della dimensione d’impresa va inquadrato anche con riferimento alle PMI in quanto rappresentano un oggetto di osservazione specifico ed identificano una specificità propria del nostro Paese (l’80% del PIL dipende da loro). Le caratteristiche delle PMI sono: - governance familiare; - passaggio generazionale;  si dice che il passaggio di padre in figlio inevitabilmente genera delle discontinuità aziendali - scarsa dotazione di risorse finanziarie; - scarsa innovazione tecnologica; - quote di mercato irrisorie; - organizzazione semplice;  da un lato consente di essere flessibili mentre dall'altro determina livelli di deresponsabilizzazione 3. Dimensione delle imprese 49 Sviluppo e Crescita Il concetto di Sviluppo si differenzia da quello di Crescita dimensionale. Il concetto di crescita per le aziende è legato alla crescita dei parametri dimensionali (fatturato, numero di dipendenti e totale attivo), ma essa non sempre implica sviluppo. SVILUPPO Quando parliamo di Sviluppo aziendale facciamo riferimento non solo all’aspetto quantitativo, ma soprattutto all'aspetto qualitativo. Quando un’analista analizza il concetto di valore va ad indagare la creazione di valore e soprattutto il permanere e la soddisfazione dei principi fondamentali dell’economia aziendale che regolano il funzionamento, l’esistenza dell’azienda. I principi che regolano il funzionamento dell’azienda sono: ✓ Autonomia ✓ Perdurabilità ✓ Economicità  l’azienda riesce a remunerare congruamente i fattori produttivi. Questi principi sono alla base del funzionamento di un sistema produttivo e ci consentono di dire se un sistema produttivo è sano. Quindi, il concetto di Sviluppo deve indicare non solo l’ampliamento dimensionale, ma soprattutto la maturazione di condizioni di equilibrio economico, finanziario e patrimoniale. Il concetto di Sviluppo si collega con la capacità dell’impresa di avere prospettive certe di redditività futura (creazione di valore economico). Reddito ≠ Utile d’esercizio Non sono due concetti sovrapponibili in quanto l’Utile d’esercizio riguarda una condizione di natura puramente contabile. Per determinare il Reddito dobbiamo fare variazioni in aumento o in diminuzione dei costi sostenuti dall’azienda. Profitto Surplus che residua dopo la remunerazione di tutti i fattori produttivi. È l’elemento mediante il quale l’azienda può fare sviluppo! Teoria degli Stakeholder (Freeman) È importante che l’azienda venga gestita dall’imprenditore nella prospettiva degli impatti che questa attività genera nei confronti degli stakeholder. Con questa teoria si inizia a guardare non solo dal punto di vista degli shareholders ma anche degli stakeholder (dipendenti, azionisti, fornitori ...). Ecco che subentra il concetto di Valore Aggiunto, determinante in questa prospettiva perché, oltre a fornire una quantificazione della ricchezza prodotta attraverso il processo di creazione di valore aziendale, la dottrina definisce in che modo si distribuisce su tutti gli stakeholder. Questo significa individuare la porzione percentuale di Valore aggiunto che l’azienda ha assegnato alle differenti categorie di stakeholder. Quanta parte di Valore aggiunto viene assorbita dal personale? Quanta parte degli azionisti? Quanta parte dell'amministrazione finanziaria? 3. Dimensione delle imprese 52 Crescita ≠ Sviluppo Il concetto di Crescita è diverso dal concetto di Sviluppo! Quando si parla di Crescita, si fa riferimento esclusivamente ad un aumento di Capitale proprio. La Crescita aziendale può essere: ➢ Crescita INTERNA  nasce dall’impiego delle risorse disponibili per aumentare il capitale investito. Vede sempre lo stesso soggetto giuridico (l’azienda cresce internamente); ➢ Crescita ESTERNA  si realizza mediante forme eterogenee di aggregazioni aziendali. Comporta operazioni che coinvolgono più soggetti giuridici. CRESCITA INTERNA Per Crescita interna si fa riferimento alla capacità di sostenere investimenti in fattori produttivi in funzione di reperimento di Capitale proprio, di terzi e di Capitale rigenerato (autofinanziamento). Quindi, il fenomeno di Crescita interna è ancorato alla capacità dell’azienda di accrescere gli investimenti in funzione di coperture finanziarie. L’effetto degli investimenti è quello di acquisire una quota di mercato maggiore e di esercitare un potere competitivo. Più in particolare, la Crescita mediante investimenti sostenuti con il Capitale di terzi fa riferimento al concetto di Leva finanziaria. Quando è conveniente la Leva finanziaria La leva finanziaria è conveniente per l’impresa se il costo dell’indebitamento è più basso rispetto alla redditività dell’investimento programmato. Costo finanziamento (Capitale Terzi) < Rendimento dell’investimento Il costo dell’indebitamento è espresso dagli interessi passivi e consente di incrementare il risultato economico soltanto in caso di maggior rendimento generato dai nuovi investimenti. Sappiamo bene che il capitale reperito in prestito necessita di essere periodicamente rimborsato: i rimborsi determinano un impatto sulla gestione e sulla capacità d’espansione dell’azienda; perciò, è importante che vi sia un’opportuna correlazione tra entrate ed uscite finanziarie per preservare la stabilità dei risultati di periodo. CRESCITA ESTERNA Le imprese, poi, possono attuare la Crescita esterna mediante diverse operazioni: • Acquisizione Operazione che prevede il trasferimento della proprietà di un complesso aziendale ad un nuovo acquirente, il quale diviene il nuovo soggetto economico. • Aggregazione Prevede accordi e relazioni che influenzano l’autonomia gestionale delle aziende. • Gruppi aziendali Formati da una pluralità di imprese giuridicamente distinte, ma sotto il controllo di uno stesso soggetto economico che possiede parte del capitale necessario per esercitare tale controllo. 3. Dimensione delle imprese 53 • Fusione Fa parte delle operazioni straordinarie. Tramite la Fusione due o più imprese si sciolgono per dar vita ad una nuova società. Questa è formata dalla combinazione delle preesistenti imprese, ed in essa si concentrano l’insieme di risorse appartenenti alle unità disciolte e tutti i vari rapporti giuridici. Viene definita Fusione pura o Fusione per consolidamento, e si distingue dall’Incorporazione che invece prevede l’assorbimento di due o più imprese in un’unica impresa che continua ad esistere, ma con dimensioni più elevate. Il problema principale nell’operazione di Fusione è la misurazione del peso, quindi la partecipazione delle imprese coinvolte nella nuova struttura. Alla base delle valutazioni c’è il criterio del costo storico sostenuto per la loro acquisizione; si tratta, però, di un criterio non del tutto corretto in quanto oltre ai fattori produttivi, ciascuna impresa ha una propria capacità intrinseca di produrre valore in termine di: ✓ Vantaggi competitivi raggiungibili; ✓ Prospettive future di redditività. Pertanto, per valutare l’impresa bisogna considerare il suo capitale economico che non è il risultato della valutazione dei singoli elementi, ma è espressione del valore dell’azienda interpretata come unità economica funzionante capace di produrre redditi futuri. • Scissione Se scindiamo una società possiamo generare una crescita finanziaria perché quel nuovo soggetto può diventare investitore. CRESCITA ESTERNA Vantaggi Limiti ✓ Rapidità; ✓ Superamento barriere all’entrata; ✓ Minore fabbisogno finanziario; ✓ Incremento quota di mercato.  Potenziali conflitti tra livelli funzionali;  Orientamenti e stili direzionali eterogenei;  Costi di adattamento per uniformare le strutture disomogenee. I vantaggi offerti dalla Crescita esterna non devono essere enfatizzati perché spesso porta ad insuccessi, in quanto risulta molto difficile l’integrazione tra imprese con qualità e caratteristiche differenti. I limiti elencati sono assenti nella Crescita interna che viene attuata mediante lo sviluppo graduale delle risorse ed il progressivo adeguamento dell’organizzazione: nella Crescita esterna invece è richiesto uno sforzo di adattamento superiore perché sorge la necessità di uniformare in tempo le varie disomogeneità presenti sia nelle strutture tecnologiche, sia negli stili direzionali nei vari livelli di management. Tra l’altro, nella situazione di Crescita interna vi è anche maggiore libertà discrezionale in quanto un’azienda può scegliere arbitrariamente le tecnologie più moderne e convenienti da adottare, così come anche le localizzazioni e le predisposizioni organizzative che ritiene più idonee. Il percorso di Crescita di un’azienda può essere analizzato anche considerando gli effetti che provoca sull’estensione dei processi produttivi, cioè in base all’ampiezza delle fasi di produzione di una data categoria di prodotti e dell’omogeneità o varietà dei processi realizzati. Quindi, il processo di Crescita dimensionale dell’azienda può essere realizzato anche mediante: • Processo di DIVERSIFICAZIONE  l’espansione determina l’ingresso dell’azienda in settori produttivi e mercati completamente nuovi rispetto a quello nel quale già operava. 3. Dimensione delle imprese 54 In questo caso l’azienda opera in una pluralità di settori, perciò si assiste ad uno Sviluppo Polisettoriale. Nella realtà non è sempre agevole distinguere in modo netto le diversità tecnologiche di ogni singola produzione realizzata dall’impresa, perciò concettualmente si possono distinguere: − DIVERSIFICAZIONE LATERALE: i prodotti hanno delle tecnologie comuni; − DIVERSIFICAZIONE CONGLOMERALE: i settori ed i mercati serviti non presentano alcuna affinità. Si realizza con più facilità nel caso in cui l’impresa sostenga investimenti in imprese già operanti. Perché un’impresa può decidere di diversificare la produzione? Le motivazioni sono essenzialmente riconducibili a tre finalità: 1) Diviene necessaria quando l’impresa opera in mercati ormai saturi con basse prospettive di sviluppo futuro; 2) Può essere adottata come strumento per mitigare la rischiosità globale degli investimenti. Tutte le imprese che adottano la diversificazione produttiva mirano a stabilizzare i rischi di mercato e ridurli: risultati deludenti di un settore possono essere compensati da risultati favorevoli registrati in un altro settore servito dai vari portafogli produttivi della stessa azienda; 3) Un’azienda di grandi dimensioni (quindi avente un certo potere) può adottare la diversificazione per consolidare il potere del soggetto aziendale e del management, sfruttando così posizioni di dominanza anche in altri mercati. • Processo di CONCENTRAZIONE  l’azienda incrementa la propria posizione come produttrice di prodotti/servizi. In questo processo rientrano le scelte di integrazione. Integrazione Fenomeno che si viene a creare quando un’entità economica concentra le stesse attività. Si ha un’integrazione elevata quando c’è una quasi sovrapposizione tra processi produttivi e direzione strategica di due aziende. 4. Aggregazioni aziendali 57 Cap. 4: AGGREGAZIONI AZIENDALI Definizione Già da diverso tempo le aggregazioni aziendali trovano origine non soltanto per ragioni economiche, ma anche per la volontà della legislazione comunitaria che ha favorito la nascita di istituti aggregativi sotto riconoscimento di incentivi. Con un piccolo riferimento agli ultimi tre anni in cui era predominante la situazione di emergenza pandemica, questo fattore ha favorito o ha scoraggiato la formazione di aggregazioni aziendali? − Secondo alcuni l’emergenza ha favorito le aggregazioni in quanto si è fatto leva sulla collaborazione. Oggi le aziende sono quasi obbligate ad aggregarsi perché non trovano altre leve competitive per sopravvivere. − Secondo altri le aziende che operano in settori più colpiti dalla pandemia non potevano trovare una soluzione al problema attraverso l’aggregazione. In realtà una vera risposta non c’è perché bisogna condurre un’analisi da settore a settore. Inoltre, come già visto nel capitolo precedente, le aggregazioni aziendali rispondono ad un’esigenza di Crescita dimensionale e di Sviluppo. Aggregazione aziendale Qualsiasi forma di unione tra imprese, distinte giuridicamente, classificabile in base a criteri che evidenziano la diversa origine (natura), durata ed estensione. Principi di Autonomia e Dipendenza La definizione pone rilievo all’elemento “distinte giuridicamente”. La distinzione giuridica implica che ogni azienda mantenga una propria autonomia sia giuridica, sia patrimoniale. Nonostante ciò, però, vi è anche una dipendenza, ossia un legame che permette di circoscrivere (delimitare) l’ambito delle scelte concretamente attuabili. Autonomia e dipendenza sono due principi contrastanti, ma indispensabili nelle aggregazioni aziendali perché: ✓ AUTONOMIA  riconosce alle aziende la possibilità di formulare un proprio percorso decisionale per indirizzare l’organizzazione verso il conseguimento dei propri fini; ✓ DIPENDENZA  rappresenta una delimitazione, una quantità più o meno ampia di alternative strategiche- operative entro le quali le aziende aggregate possono effettuare le scelte. Permette di comprendere quanto veramente incide l’aggregazione su ogni singola azienda partecipante. Sempre la stessa definizione, poi, ci indica che la classificazione delle aggregazioni avviene in base ai seguenti tre criteri: natura – durata – estensione. Come presupposto di ogni motivazione che spinge le imprese ad aggregarsi ci sono sempre i due obiettivi fondamentali di limitazione della concorrenza ed incremento dell’efficienza tecnico-produttiva (quest’ultima mediante la riduzione dei costi di produzione). Per quanto riguarda la limitazione della concorrenza, le imprese che operano su determinati mercati possono stabilire, in base ad accordi più o meno formalizzati, di disciplinare e limitare la concorrenza. In questo caso l’oggetto degli accordi può riguardare, per esempio, l’area geografica di influenza riservata a ciascuna azienda coinvolta nell’accordo, oppure le quantità da produrre o addirittura i prezzi da applicare ai vari prodotti che si intende collocare. 4. Aggregazioni aziendali 58 Un vantaggio fondamentale garantito dalle aggregazioni è l’ampliamento dello spazio economico dell’azienda (ricordiamo uno dei parametri qualitativi della dimensione aziendale), con conseguente raggiungimento di soluzioni strategiche-operative più ampie ed efficienti. Economie di Scala, Apprendimento Raggio d’azione Approfondendo l’obiettivo dell’efficienza tecnico-produttiva è opportuno fare riferimento alle Economie di Scala. Economie di Scala Consistono nella riduzione dei costi unitari medi in seguito all’incremento delle dimensioni aziendali. La ragione del verificarsi delle Economie di Scala sta nel fatto che i Costi Fissi si distribuiscono – grazie all’aumento della produzione – su una maggiore quantità di prodotti/servizi. Più in particolare, i Costi Totali di produzione sono notoriamente classificati in: ➢ Costi Fissi: rimangono stabili al variare delle quantità prodotte; ➢ Costi Variabili: variano in modo proporzionale al variare delle quantità prodotte. 𝑪𝑻 = 𝑪𝑭𝑻 + 𝑪𝑽𝑻 = (𝑪𝑽𝒖 ∙ 𝑸) + 𝑪𝑭𝑻 𝐶𝑇 = Costi Totali di produzione; 𝐶𝐹𝑇 = Costi Fissi totali; 𝐶𝑉𝑇 = Costi Variabili totali; 𝐶𝑉𝑢 = Costo Variabile unitario; 𝑄 = Quantità prodotta; Nei Costi Fissi rientrano elementi come ammortamenti, locazioni, ecc. Nei Costi Variabili rientrano elementi come l’energia elettrica, consumo materie prime, ecc. Dunque, l’efficienza tecnico-produttiva si raggiunge per effetto delle Economie di Scala nelle aziende che realizzano uno stesso prodotto. Che vantaggi portano in generale le economie di scala? ✓ Migliore approvvigionamento dei fattori produttivi; ✓ Migliore collocamento sul mercato dei beni realizzati; ✓ Economicità del processo di trasformazione tecnica. È necessario specificare che questi vantaggi non si generano esclusivamente grazie all’aspetto dimensionale, ma risiedono anche nei numerosi vantaggi contrattuali che le grandi dimensioni delle imprese offrono nei rapporti con fornitori e clienti: l’impresa di grandi dimensioni riesce a strappare ai fornitori prezzi d’acquisto più convenienti legati soprattutto a condizioni vantaggiose per la fornitura di grandi lotti (vantaggi di costo) e ad imporre prezzi più alti ai clienti che acquistano i suoi prodotti o servizi finali. I mutamenti intervenuti negli ultimi decenni spingono le aziende ad acquisire maggiori livelli di flessibilità della struttura e l’incremento della qualità di prodotti e servizi offerti. A tal fine acquisiscono rilevanza: 4. Aggregazioni aziendali 59 ➢ Economie di Apprendimento (o di Esperienza – Learning by doing) Rappresentano il miglioramento delle conoscenze tecniche e la formazione di specializzazione interna all’azienda raggiunti grazie all’esperienza operativa continua. ➢ Economie di Raggio d’azione (o di Varietà della produzione) Nel caso dell’Economia di Scala si ottengono riduzioni di costo relative ad una produzione omogenea, con un singolo prodotto. La realtà dimostra come le riduzioni di costo siano possibili anche quando si amplia la gamma dei prodotti realizzati: le Economie di Raggio d’azione misurano i minori costi che si ottengono svolgendo in comune una pluralità di produzioni, rispetto all’ipotesi di produzione separata. In altre parole, le Economie di Raggio d’azione sono il risultato del risparmio di costi ottenuti per effetto di fattori produttivi comuni impiegati per la realizzazione di prodotti e servizi, o per l’ingresso in mercati diversificati. Offrono vantaggi di flessibilità tecnico-economica in quanto presuppongono macchinari flessibili che riescano a realizzare trasformazioni di linee produttive differenti. Teoria dei Costi di Transazione I Costi di transazione emergono quando occorre effettuare una transazione, ossia uno scambio di risorse. Costi di Transazione Oneri di incerta determinazione e difficile valutazione. Riguardano la fase preparatoria dello scambio (es. ricerca cliente, preparazione di un accordo commerciale, definizione contratto) o la fase di esecuzione della transazione (es. controllo delle prestazioni, costi di consulenza per gestione delle inadempienze). La Teoria dei Costi di transazione ci dice che essi traggono origine da due circostanze: 1) Razionalità limitata degli agenti economici  incapacità di scegliere con precisione l’alternativa migliore, a causa delle asimmetrie informative (limitate informazioni disponibili) e della limitata capacità di calcolare tutti i possibili costi-benefici associati a ciascuna alternativa.20 Le asimmetrie informative possono essere risolte grazie alle aggregazioni aziendali che, mediante reti di relazioni, consentono di trasferire maggiori conoscenze ed informazioni. 2) Rischio di comportamenti opportunistici tra le parti coinvolte  le controparti coinvolte in uno scambio sono potenzialmente orientate esclusivamente al proprio interesse personale. Da qui il rischio di comportamenti poco leali, ingannevoli e fraudolenti mirati a trarne il massimo vantaggio. Il problema è evitabile attraverso strumenti di tutela e controllo dell’efficacia delle transazioni, le quali darebbero un input verso condotte più corrette. L’entità dei Costi transazionali in questo caso varia in funzione delle caratteristiche delle transazioni, che di volta in volta possono richiedere meccanismi più o meno costosi per ridurre il rischio. In base a queste due circostanze, quindi, si generano i Costi di transazione che tendono ad incrementare quando le transazioni sono particolarmente complesse. 20 La Teoria dei Costi di Transazione si contrappone alle ipotesi dell’Economia Neoclassica, secondo la quale gli agenti economici sono dotati di razionalità assoluta ed hanno a disposizione tutti gli elementi informativi necessari per massimizzare la loro utilità. 4. Aggregazioni aziendali 62 partecipano e trasmettono l’input alle istituzioni che, tramite le loro decisioni, possono stabilire la tutela di determinati aspetti ritenuti critici in comune accordo tra tutte le imprese aggregate. Classificazione Aggregazioni aziendali La classificazione delle aggregazioni varia in base al criterio discretivo utilizzato: 1) Criterio: INTENSITÀ DEL RAPPORTO  estensione dell’intesa (aggregazione), che può riguardare una sola parte limitata oppure abbracciare tutti gli aspetti della gestione. 2) Criterio: GRADO DI FORMALIZZAZIONE  considera la presenza o meno di una struttura giuridica o amministrativa che regola i rapporti tra le imprese. Tale criterio è quello che utilizzeremo, e distingue tre livelli di aggregazione: I. Aggregazioni informali. Non trovano origine in accordi formalizzati tramite appropriati vincoli giuridici, ma si formano per effetto dei rapporti economici e finanziari stretti dalle aziende. Hanno maggiore probabilità di manifestarsi quando ricorrono alcune circostanze che rendono più rischioso lo svolgimento dell’attività di produzione. Ad esempio, quando la domanda è incerta; quando l’oggetto è la realizzazione di un prodotto complesso che richiede una pluralità di competenze; quando vi è la necessità di scambi frequenti tra le imprese. In questi casi può essere superflua la strada della formalizzazione poiché prevalgono rapporti di fiducia. II. Aggregazioni formali. Hanno alla base un negozio contrattuale che definisce i contenuti dell’accordo, cioè la natura, l’estensione e la durata dell’attività in comune. Rappresentano accordi prevalentemente di lungo termine e sono rivolte allo sfruttamento delle risorse complementari possedute dalle imprese aggregate. Nell’ottica del lungo periodo c’è la necessità che questi accordi traggano origine da contratti che ne definiscano precisamente obiettivi, prestazioni, regole e divisione dei risultati. III. Aggregazioni patrimoniali (Aggregazioni di tipo equity) Fondate sui rapporti di partecipazione al capitale sociale (equity) come strumento di legame interaziendale, così come accade nel caso dei gruppi. 4. Aggregazioni aziendali 63 AGGREGAZIONI INFORMALI Due tipologie di aggregazioni informali sono le seguenti: ➢ RETI DI SUBFORNITURA La configurazione teorica delle Reti di subfornitura contempla la presenza di un’impresa di grandi dimensioni che decide di affidare fasi integrate e complementari del suo processo produttivo ad una o più PMI21. Le Reti di subfornitura nascono in aree molto industrializzate per effetto della scelta della grande impresa di decentrare determinati anelli della catena produttiva. La conseguenza è che le sorti dell’impresa fornitrice sono unicamente legate alle prospettive di successo dell’impresa madre, anche se talvolta accade che l’impresa fornitrice sviluppi un elevato grado di specializzazione risultante in alti standard qualitativi che la fa diventare un vero e proprio fornitore critico per il successo dell’impresa madre. ➢ DISTRETTI INDUSTRIALI Il Distretto industriale è composto da un insieme di imprese prevalentemente PMI, intensamente interrelate e geograficamente concentrate. Questa forma di organizzazione industriale si qualifica per alcune peculiarità che causano l’intensa integrazione tra la dimensione economica, i valori ed i nessi sociali radicati in un definito spazio territoriale. Sono espressione della capacità del sistema imprese locali di sviluppare una progettualità strategica comune che si esprime in un programma di sviluppo del Distretto, opportunamente supportato da strumenti economici garantiti da attori istituzionali e sociali. I Distretti, infatti, sono destinatari di politiche di sviluppo finalizzate al loro consolidamento e crescita mediante interventi originati dalla programmazione economica regionale. Le caratteristiche sono: − Presenza di numerose PMI connesse da relazioni non soltanto contrattuali; − Specializzazione della produzione e forte vocazione all’esportazione; − Scomposizione delle fasi produttive tra imprese specializzate, con l’obiettivo di ottenere maggiore efficienza; − Significativo contributo alla divisione del lavoro; − Presenza di vincoli familiari e di reciproca fiducia; − Rilevanza dei valori condivisi e della presenza di strutture associative di istituzioni che nel complesso incentivano la propensione al rischio imprenditoriale. Importante evidenziare un altro aspetto dei Distretti industriali, connesso al fatto che nell’ambito di questa forma aggregativa informale convergono NON solo imprese che svolgono attività in termini di complementarità produttiva, ma anche secondo logiche concorrenziali. Essi, quindi, mirano ad esaltare l’immagine dell’area economico-geografica di cui fanno parte. 21 Piccole-Medie imprese. 4. Aggregazioni aziendali 64 Recentemente, ai tradizionali distretti operanti in settori maturi (calzaturiero, tessile, food, ecc.) si sono affiancati anche Distretti tecnologici, ossia distretti in cui le imprese si focalizzano su attività ad alto livello tecnologico dove risulta prevalente il ricorso agli elementi di conoscenza ed innovazione. AGGREGAZIONI FORMALI Le aggregazioni formali sono accomunate dal fatto che lo strumento di raccordo tra le imprese è conseguente alla sottoscrizione di un legame giuridico, cioè un contratto. Il contratto stipulato, definendo ex-ante vincoli, responsabilità ed ambito di applicazione, conferisce di fatto alle aggregazioni formali un maggior grado di certezza e stabilità, supportata dalla libera adesione delle parti al rapporto. I tratti caratteristici su cui di solito si fonda la ripartizione delle aggregazioni formali, si ricollegano a due variabili: − Criterio: Natura dell’accordo  criterio che distingue: • Aggregazioni formali a carattere generale (nelle quali gli effetti del negozio giuridico predominano l’intera attività delle imprese coinvolte); • Aggregazioni formali a carattere specifico (in cui vincoli giuridici interessano determinate materie o singoli affari conclusi). − Criterio: Durata temporale  consente di separare: • Aggregazioni formali a breve termine; • Aggregazioni formali a medio-lungo termine (la cui cessazione può verificarsi per scadenza del termine, se fissato contrattualmente, o per l’avvenuto adempimento delle prestazioni pattuite). È importante ricordare che nonostante i legami restrittivi dettati dalla dipendenza, le imprese conservano intatta la propria autonomia giuridica ed economica. 4. Aggregazioni aziendali 67 Controparti contrattuali FRANCHISOR  soggetto capofila titolare della formula commerciale e del know-how; FRANCHISEE  imprenditore che opera attraverso risorse materiali e immateriali messe a disposizione dal Franchisor; ROYALTY (Fisso – Variabile – Misto) costo sostenuto dal Franchisee per aderire al Contratto di Franchising. È un contratto che permette di avvicinare le imprese manifatturiere con le imprese commerciali. La finalità in virtù della quale i soggetti scelgono di stipulare il contratto di Franchising è rappresentata dall’incremento dei risultati competitivi, riducendo al contempo i costi ed il fabbisogno finanziario necessari per allargare l’area di influenza commerciale delle strutture produttive. Oggigiorno la formula del Franchising assume un contenuto ancora più ampio: costituisce, infatti, uno schema di cooperazione ed intesa continuativa per le fasi di produzione e commercializzazione di beni/servizi tra impresa affiliante ed una o più imprese affiliate, le quali restano formalmente indipendenti, ma effettivamente legate da vincoli contrattuali. Al Franchisee è data la possibilità di utilizzare la formula produttiva e commerciale del Franchisor (o Affiliante), compreso il diritto di sfruttamento sia delle tecnologie, sia dei segni distintivi, il tutto dietro versamento di canoni (Royalties). Si suddivide in tre tipologie: • Franchising di Servizi: nei quali il commerciante fornisce alla propria clientela i servizi ideati e appropriati dal Franchisor; • Franchising di Produzione: il Franchisee ottiene su licenza il diritto a produrre e non soltanto commercializzare i prodotti dello stesso. In questo caso ci troviamo di fronte all’intesa tra impresa produttrice ed uno o più partner distributori, i quali provvedono non solo alla vendita, ma anche alla fabbricazione, utilizzando gli impianti e i segni distintivi del primo; • Franchising Industriale: si distingue dai precedenti in quanto il rapporto è concluso tra imprese industriali e si concretizza per il trasferimento delle tecnologie all’affiliato che acquista il diritto a produrre e commercializzare i beni in oggetto. È un contratto che prevede vantaggi sia per l’Affiliante, sia per le imprese Affiliate. Vantaggi del Franchisor (impresa affiliante) Risparmio di risorse che consegue al non dover approntare una propria organizzazione di vendita, potendo contare su una rete di imprenditori locali. Vantaggi dei Franchisee (imprese affiliate) Possibilità di sfruttare nome, immagine, notorietà sul mercato dell’impresa produttrice ed il richiamo dei suoi prodotti. ➢ CONSORZIO La normativa pone particolare attenzione al tema dei Consorzi nel Libro V del c.c. Consorzio Art. 2602 c.c. Contratto attraverso il quale più imprenditori istituiscono un’organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese. 4. Aggregazioni aziendali 68 Rientra nella categoria dei “contratti plurilaterali con comunione di scopo” Possibile distinguere tra: • Consorzi ORIZZONTALI  in cui i consorziati operano in settori similari; • Consorzi VERTICALI  in cui i consorziati operano in settori complementari e affini; • Consorzi MISTI  in cui i consorziati hanno natura variegata (spesso coinvolgono anche enti pubblici e privati, come le camere di commercio). I consorzi possono essere, inoltre, analizzati in termini di: − Criterio: Durata • Consorzi TEMPORANEI; • Consorzi PERMANENTI. − Criterio: Soggetto promotore • Consorzi PUBBLICI; • Consorzi PRIVATI. Ciascuna impresa conserva la propria identità e individualità, ma alcune fasi del processo produttivo sono disciplinate dalle regole comuni del consorzio. I partecipanti a un consorzio sono imprese e imprenditori che svolgono la stessa attività oppure attività collegate. Rientra a tutti gli effetti nella categoria dei “contratti plurilaterali con comunione di scopo”, cioè contratti con più part i che insieme perseguono un obiettivo comune, condiviso e stabilito sin dal principio. ➢ RETE D’IMPRESA È stato istituito con una legge speciale: rappresenta, infatti, un importante oggetto di osservazione ed è uno strumento che ha registrato un accrescimento numerico notevole. Contratto di Rete d’impresa Accordo con il quale più imprenditori si impegnano a collaborare al fine di accrescere, sia individualmente (cioè la propria impresa), sia collettivamente (cioè le imprese che fanno parte della rete), la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato. Quindi, le finalità in virtù delle quali i soggetti stipulano un contratto di rete sono: ✓ Innovazione; ✓ Competitività. Entrambe le finalità si possono raggiungere in diversi modi: Crescita esterna; Differenziazione di prodotto; Leadership di costo; Internazionalizzazione. A tale scopo, mediante il contratto di rete, le imprese si obbligano (sulla base di un negozio giuridico e di un programma comune) a: • Collaborare in forme predeterminate attinenti all’esercizio delle proprie attività; 4. Aggregazioni aziendali 69 • Scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica al fine di ridurre le asimmetrie informative; • Esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa. Si discute se la Rete costituisca o meno un nuovo soggetto giuridico, oppure rimanga un accordo tra parti indipendenti tra di loro. Attualmente appare prevalente l’opinione che esclude che la Rete possa essere qualificata come un nuovo soggetto giuridico assimilabile, per esempio, ad altre forme di aggregazione, come A.T.I.23 e consorzi. Pertanto, la Rete risulta essere semplicemente un contratto tra più soggetti. Chi può stipulare il Contratto di Rete? qualsiasi imprenditore. Nella definizione espressa dalla norma, si precisa che il Contratto di Rete può essere stipulato da “più imprenditori”. I contraenti devono dunque essere imprenditori, indipendentemente dalla loro rispettiva natura (sono quindi incluse anche le imprese individuali, le società e gli imprenditori pubblici, anche non commerciali). Forma del contratto  Atto pubblico o Scrittura privata autenticata. La pubblicità del contratto è assicurata mediante la sua iscrizione al Registro delle Imprese, nella sezione in cui è iscritta ciascuna impresa contraente. Il Contratto di Rete ha una soggettività passiva d’imposta?  dipende da tipologia Soft o Hard. L’elemento fondamentale è capire se questo contratto dà vita ad una soggettività giuridica autonoma e quindi se quel contratto è un soggetto passivo d’imposta. Su questo tema bisogna distinguere due tipologie di contratto di rete: • Contratto di Rete “Soft” (Rete Oggetto)  prevede l’istituzione di un contratto che non ha un’autonomia patrimoniale perché non ha un fondo ad hoc costituito. In questo caso, dunque, non ha passività d’imposta ed inoltre non è nemmeno obbligato come soggetto a depositare un proprio bilancio; • Contratto di Rete “Hard” (Rete Soggetto)  ha una soggettività passiva d’imposta, detiene un proprio fondo patrimoniale e, dunque, è tenuto anche al deposito del bilancio. Acquista personalità giuridica autonoma con l’iscrizione alla Sezione ordinaria del Registro Imprese. È una novità introdotta nel 2012. Tuttavia, nella prassi l’istituto più ricorrente è quello Soft perché implica meno adempimenti. Oggetto del contratto Sempre in base alla Legge n°122 del 30 luglio 2010, la normativa prevede espressamente una collaborazione tra imprese in svariate forme. Quindi, l’oggetto del Contratto di Rete è formato da: • Attività di coordinamento: prevedono un alto livello di integrazione e permettono di ottenere migliori condizioni nei rapporti esterni, oppure per raggiungere un risultato finale unitario; Coordinamento del processo di controllo qualità beni lungo la filiera; Definizione di pricing nel rispetto dei limiti della normativa antitrust; Produzione di un bene finale. • Attività strumentali: prevedono alcune fasi dell’attività produttiva gestite in comune per sfruttare le Economie di Scala al fine di raggiungere migliori risultati gestionali; Acquisto e vendita di beni/servizi di interesse comune; Gestione logistica, magazzino, piattaforme telematiche; Promozione beni e marchi; Realizzazione laboratorio comune; Centro di ricerca comune. 23 Associazione Temporanea di Imprese. 5. Gruppi aziendali 72 Cap. 5: GRUPPI AZIENDALI Confronto e differenze tra Aggregazioni e Gruppi Per analizzare il fenomeno dei gruppi aziendali è conveniente partire evidenziando le peculiarità delle aggregazioni aziendali, in modo tale da poterle distinguere, appunto, dai gruppi aziendali. Peculiarità Aggregazioni Pluralità di soggetti - Insieme non riconducibile ad unità economica – NON dispongono del patrimonio delle singole imprese e non si appropriano dei risultati economici (autonomia) - Durata limitata Una prima peculiarità concerne l'esistenza di una pluralità di soggetti, i cui legami tra di essi possono essere più o meno intensi a seconda della tipologia di aggregazione e del contratto che regola i loro rapporti. In queste tipologie di aggregazioni, l'insieme delle imprese non è riconducibile ad unità, sovraordinata a favore di un unico centro di interessi, con il potere di disporre del patrimonio delle singole imprese e di appropriarsi del loro risultato economico. Molto spesso le aggregazioni presentano anche durata limitata per via della possibilità di modificare le proprie decisioni, sottraendosi ai legami interaziendali. Peculiarità Gruppi Pluralità di soggetti aventi un comune soggetto economico (Impresa dominante, Capogruppo) che governa l’insieme di imprese – Partecipazione al capitale di rischio – Durata lunga Nel caso dei gruppi aziendali l'elemento che ritorna dalle aggregazioni è la pluralità di soggetti giuridici, i quali però hanno un comune soggetto economico che governa l’insieme delle imprese. Nel Gruppo aziendale le imprese sono sottoposte al controllo di un'impresa dominante definita Capogruppo (o Holding), il cui soggetto economico esercita il potere di comando su tutte le imprese controllate. Il legame del gruppo aziendale ha elementi di solidità maggiore rispetto alle aggregazioni, per via della partecipazione ad un capitale di rischio. Per quanto riguarda la durata, aldilà che la partecipazione sia o meno di tipo strategico, è molto più lunga (più di un esercizio). La normativa vigente non giunge ad una definizione univoca di gruppo, né tantomeno ne delinea gli elementi caratteristici. Per dare una definizione di gruppo, è stato affidato a Cassandro (aziendalista) il compito di delineare gli elementi essenziali: GRUPPO AZIENDALE Cassandro (aziendalista) Il Gruppo aziendale prevede l’esistenza di una pluralità di imprese, con struttura societaria azionaria o a responsabilità limitata (S.p.A. o S.R.L.), aventi ciascuna autonomia giuridica propria. Esse sono accomunate da un legame finanziario rappresentato dal possesso, da parte di una società del gruppo (Capogruppo, Holding), della maggioranza o di una congrua parte di azioni (quote nel caso di S.R.L.) rappresentative del capitale delle altre società, nella misura sufficiente a determinare il controllo e la direzione di TUTTE le imprese del Gruppo. ✓ Esistenza di più imprese aventi ciascuna autonomia giuridica propria; ✓ Struttura societaria azionaria, o a responsabilità limitata, delle singole imprese; 5. Gruppi aziendali 73 ✓ Legame finanziario rappresentato dal possesso, da parte di una società del gruppo, della maggioranza o di una congrua parte delle azioni (o delle quote) rappresentative del capitale delle altre società, nella misura sufficiente a determinare il controllo e la direzione di tutte le imprese del gruppo. Pluralità e Autonomia giuridica delle imprese Le imprese facenti parte del Gruppo sono soggetti giuridici24 titolari di diritti ed obblighi, ed hanno una loro autonomia giuridica. Molto spesso l’autonomia giuridica è affiancata all’autonomia patrimoniale perfetta e quindi ad una netta distinzione tra il proprio patrimonio e quello della società. Nei Gruppi aziendali sono presenti una serie di aziende, le quali ovviamente hanno un proprio soggetto economico25 che indirizza lo svolgimento e la strategia ed esercita il controllo. La particolarità è che nell’ambito di un Gruppo aziendale questo soggetto economico diviene un soggetto comune; quindi, non è più ascrivibile alla singola azienda ma è riconducibile alla società controllante (società che detiene il controllo nei confronti delle altre, ossia la Capogruppo). Quindi abbiamo unicità del soggetto economico. Le aziende divise NON possono intendersi come Gruppo! Bisogna differenziare i Gruppi dalle aziende divise, le quali realizzano la loro attività produttiva in più stabilimenti, corredati da appropriati livelli di autonomia amministrativa, spesso numerosi e localizzati in aree geografiche distanti tra loro. In questo caso, non è possibile parlare di Gruppo, in quanto viene a mancare la pluralità dei soggetti giuridici; l’azienda è unica anche se territorialmente divisa e controllata da un soggetto economico. Personalità giuridica delle imprese Le società del Gruppo devono essere società di capitali; l’elemento distintivo è il capitale e questo avviene per il requisito del legame finanziario a titolo partecipativo. Nelle società di persone prevale l’elemento personale, il che non denoterebbe un legame finanziario. Un Gruppo per definizione è dato da una pluralità di soggetti giuridici dotati di autonomia patrimoniale perfetta. A proposito dell'argomento in oggetto, cioè la forma giuridica delle imprese di Gruppo, assume rilevanza la facoltà concessa dal legislatore di costituire società di capitali con un unico socio (unico soggetto giuridico). È sorto un dibattito in quanto ci si è chiesti se un singolo soggetto possa detenere il controllo nei confronti di una pluralità di soggetti. Può una S.p.A. con socio unico essere una holding (società controllante, Capogruppo) di altre società?  SÌ In definitiva sì, è consentita la possibilità di dare vita ad un gruppo in cui una S.p.A. / S.R.L. con socio unico possa detenere le partecipazioni nei confronti di una pluralità di forme giuridiche. Per essere ancora più precisi è indispensabile specificare che un’impresa individuale può detenere il controllo (può essere una holding) MA non può essere controllata! 24 Sogg. Giuridico: persona o gruppo di persone che si assumono diritti ed obblighi connessi all’attività dell’azienda (es. azionisti e soci). 25 Sogg. Economico: persona o gruppo di persone che esercitano potere volitivo e decisionale strategico (es. imprenditore e top management). 5. Gruppi aziendali 74 Legame Finanziario: partecipazione nel capitale delle imprese controllate L'importanza della struttura capitalistica delle imprese unite in un Gruppo è ancora più evidente se si tiene conto del terzo elemento, cioè il legame finanziario. Nelle società di capitali il capitale sociale è diviso in parti (quote o azioni) che conferiscono gli stessi diritti (partecipazione alle assemblee, diritto di voto, partecipazione agli utili/perdite e al rimborso del capitale in caso di liquidazione). ➢ Controllo da MAGGIORANZA ASSOLUTA (Controllo di tipo legale) la società controllante detiene almeno il 50%+1 della società controllata; ➢ Controllo da MAGGIORANZA RELATIVA (Controllo con influenza dominante)  il soggetto detiene la partecipazione più alta rispetto a quella di altri soggetti, quindi esercita un’influenza dominante. ➢ Controllo da CONTRATTO (NO Gruppi)  il vincolo contrattuale può riguardare, ad esempio, un contratto di finanziamento, approvvigionamento, ecc. In questo caso la presenza di un vincolo contrattuale soddisfa il concetto di società controllata ma NON dà vita ad un Gruppo. ! Problema: il controllo contrattuale è rilevante al concetto di Gruppo? Ossia, oltre al possesso azionario è necessario considerare anche i rapporti contrattuali come elementi che raffigurano i Gruppi aziendali? È molto difficoltoso nel caso di vincoli contrattuali individuare l'esistenza effettiva del controllo, mancando il parametro del possesso azionario (dunque del legame finanziario – partecipativo). Perché vi sia un Gruppo occorre verificare che le aziende contraenti costituiscano un vero e proprio complesso economico sottoposto ad un unico potere di comando; per di più vengono mantenuti differenziati i soggetti economici e l’autonomia. Si ritiene quindi, che il controllo contrattuale NON può rientrare tra gli elementi costitutivi di un Gruppo. ABBASSAMENTO SOGLIA DI POSSESSO AZIONARIO PER CONTROLLARE UN’IMPRESA I seguenti tre meccanismi descritti (Quorum – Titoli azionari senza diritto di voto – Patti parasociali) danno la possibilità di acquisire il controllo con un possesso di azioni inferiore al 50% del Capitale sociale. a) QUORUM Un primo fattore che contribuisce ad abbassare la soglia di possesso azionario necessario per controllare un'impresa è dato dalla normativa riguardante il funzionamento delle assemblee. Sia per le assemblee ordinarie che per quelle straordinarie, sono previsti dei quorum26 costitutivi e deliberativi, cioè un minimo di capitale affinché l'assemblea sia legittimamente costituita e affinché venga approvata la delibera. È chiaro che, per prassi, il possesso del 50%+1 delle azioni permette di controllare la formazione della volontà assembleare, ma è una circostanza che si fonda sul presupposto che all’assemblea si presentino tutti i soci: evento molto raro. Nella realtà, infatti, la partecipazione alle assemblee non è mai completa (100%), per questo motivo sono stati stabiliti dei quorum per ridurre la percentuale di capitale azionario necessaria per influenzare le decisioni assembleari. 26 Quoziente (rapporto o percentuale) per sancire la validità di un’assemblea (quorum costitutivo) o una delibera (quorum deliberativo). 5. Gruppi aziendali 77 Classificazione Gruppi aziendali Classificazione Partecipazioni Partendo dalla struttura formale del Gruppo, l’elemento che concorre a configurare tipologie diverse di Gruppi aziendali è il legame finanziario, cioè la partecipazione nel capitale delle imprese controllate detenute dalla Capogruppo. Criterio - QUOTA DI CAPITALE SOCIALE DETENUTA: • Partecipazioni totalitarie La società Capogruppo detiene l’intero Capitale azionario (100%) della società controllata; quindi, ad essa fanno capo tutti i diritti di voto esercitabili nelle assemblee; • Partecipazioni di maggioranza assoluta Nel caso di possesso della maggioranza del Capitale sociale (50%+1); • Partecipazioni di maggioranza relativa Quando la Capogruppo detiene quote minoritarie del Capitale azionario, quindi di per sé non in grado di assicurare il controllo, ma comunque di avere un’influenza dominante; • Partecipazioni di minoranza Rappresentano interessi minoritari non in grado di influire sul controllo di un’impresa. Secondo un’altra prospettiva, le partecipazioni possono essere suddivise in relazione alla struttura che creano tra le imprese appartenenti al Gruppo. Criterio - LEGAME CREATO TRA LE IMPRESE: • Partecipazioni dirette La Capogruppo detiene direttamente il Capitale azionario delle imprese controllate; Es. L’imprenditore A mantiene il possesso del 60% dei diritti di proprietà dell’impresa B. • Partecipazioni indirette L’impresa controllante possiede il Capitale azionario necessario per controllare un’impresa la quale, a sua volta, è in grado di esercitare il controllo su un’altra impresa. In questo caso si parla di Catena del controllo; Es. Impresa A controlla l’impresa B, la quale a sua volta controlla l’impresa C. • Partecipazioni reciproche Quando tra due o più imprese si stabiliscono legami reciproci di partecipazione. Es. L’impresa controllante A possiede una parte qualificata del Capitale azionario dell’impresa B (controllata) che, a sua volta, detiene una partecipazione nel Capitale di A. ! Il legislatore ha introdotto dei meccanismi di tutela in questo caso perché per effetto di una partecipazione incrociata si potrebbe generare il fenomeno di “annacquamento del Capitale”, che si verifica quando il Capitale viene aumentato in modo fittizio. Il meccanismo giuridico di tutela è individuato dall’Art. 2360 che disciplina il divieto di aumentare il Capitale sociale mediante la sottoscrizione reciproca di azioni. ! Inoltre, la società controllata NON può acquistare azioni (o quote) della sua controllante se non nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio. 5. Gruppi aziendali 78 Classificazione Gruppi Criterio – TIPO DI LEGAME DETERMINATO DALLA PARTECIPAZIONE: Secondo il tipo di legame che la partecipazione determina tra le imprese, la Catena del controllo si sviluppa seguendo dei percorsi differenti. • Gruppi a struttura semplice Caratterizzati da rapporti di partecipazione diretti; • Gruppi a struttura complessa Si hanno quando il controllo della Capogruppo avviene tramite partecipazioni dirette o indirette. Il Gruppo così costituito può essere: − “a cascata” se la Capogruppo detiene il controllo diretto di un’impresa che, a sua volta, controlla una terza impresa; − “a livelli successivi di raggruppamento” se la Capogruppo controlla direttamente una o più imprese che, a loro volta, controllano un numero più o meno esteso di imprese. • Gruppi a struttura catena In questo esistono partecipazioni reciproche, anche se occorre considerare i vincoli prima esposti. Es. A e B hanno legami partecipativi reciproci, oppure A possiede una partecipazione di controllo in B che, a sua volta, è controllante di C che detiene partecipazioni in A. In questo contesto emergono le società sub-holding, cioè società controllate ma che a loro volta esercitano controllo. Criterio – PRESENZA DI LEGAME ECONOMICO-FINANZIARIO: Un primo elemento da considerare riguarda la consistenza economica del gruppo, cioè la verifica se il Gruppo costituisce o no un’entità economica, formata da una pluralità d’imprese le quali, al di là dei legami finanziari, evidenziano anche la complementarità e l’interdipendenza sul piano dell’integrazione tecnico-produttiva. Sotto questo profilo, quindi, le imprese appartenenti al Gruppo possono essere disposte ad attuare un processo produttivo unitario, oppure possono non presentare legami di natura produttiva operando in settori lontani. Da ciò si classificano in: • Gruppi economici Quando ai vincoli economici e finanziari corrisponde una vera e propria unità economica. In questo caso la holding condivide il processo tecnico-produttivo con le altre; • Gruppi finanziari Quando le imprese, non essendo collegate da vincoli di complementarità ed interdipendenza produttiva, manifestano legami la cui natura rimane finanziaria; • Gruppi misti Se nel Gruppo coesistono imprese che costituiscono un nucleo unitario sotto il profilo economico, ed imprese prive di collegamenti produttivi. 5. Gruppi aziendali 79 Criterio – TIPO DI INTEGRAZIONE DI GESTIONE DELLE IMPRESE: • Gruppi a integrazione orizzontale Costituiti da imprese che realizzano prodotti similari nell’ambito dello stesso settore; • Gruppi a integrazione verticale Le imprese sono distribuite lungo l’asse delle fasi successive necessarie per realizzare il ciclo produttivo; • Gruppi conglomerati Le imprese sottoposte al controllo del medesimo soggetto economico operano in settori disomogenei, distanti sul piano delle tecnologie dei mercati di riferimento. Criterio misto – INTEGRAZIONE & DIREZIONE UNITARIA: • Gruppi strategici Caratterizzati da un’intensa integrazione economica delle imprese e l’adozione di una logica unitaria; • Gruppi finanziari Quando, pur mancando forme di intesa ed integrazione, la Capogruppo attua la direzione unitaria; • Gruppi patrimoniali Caratterizzati da una limitata integrazione economica e dell’assenza della strategia unitaria da parte della Capogruppo; • Gruppi formali Quando all’elevata integrazione economica non corrisponde l’adozione del comportamento direzionale unitario. Tutela dei soci di minoranza Esiste una disciplina accurata a tutela dei soci di minoranza, i quali devono limitare l’abuso di potere dei soci di maggioranza. L’abuso si può verificare quando i soci di maggioranza (assoluta e/o relativa) intendono minare gli interessi patrimoniali dei soci di minoranza. I soci di minoranza hanno comunque il diritto di partecipare alle assemblee e di esprimere un voto. Ecco elencati gli strumenti, previsti dall’ordinamento giuridico, di tutela dei soci di minoranza: ✓ Rinvio deliberazione assembleare – Art. 2374 c.c.  il socio può chiedere il rinvio della deliberazione per indisponibilità di informazioni sufficienti; ✓ Annullabilità delibere assembleari – Art. 2377 c.c.  nel caso di conflitto d’interessi; ✓ Azioni di responsabilità contro gli amministratori – Art. 2393 c.c.  nel caso in cui gli amministratori compiano attività pregiudizievoli nei confronti dei soci di minoranza; ✓ Diritto di recesso a favore dei soci di minoranza – Art. 2437 c.c.  fattispecie ampliata grazie alla riforma del diritto societario. È quel diritto che spetta ai soci di richiedere la restituzione della quota di Capitale sociale 5. Gruppi aziendali 82 DUE DILIGENCE Attività finalizzata alla raccolta ed alla verifica delle informazioni di natura patrimoniale, finanziaria, economica, gestionale, strategica, fiscale ed ambientale riconducibili ad una determinata azienda tali da ottenere un’analisi particolareggiata della stessa. La Due Diligence può essere condotta prima o dopo un’eventuale acquisizione, e può essere richiesta dai seguenti soggetti: − Acquirente; − Venditore; − Una parte della compagine sociale; − Uffici giudiziari nell’ambito di procedimenti legali, civili o penali. Può riguardare: − Analisi dell’attività della società, prodotti, mercato e concorrenti; − Analisi patrimoniale, finanziaria e reddituale; − Analisi di natura fiscale; − Analisi di natura legale; − Indagini sui rischi di natura ambientale. Può coinvolgere le seguenti aree aziendali: − Area strategica e di mercato; − Area contabile; − Area fiscale: attività di verifica formale e sostanziale e controllo degli adempimenti fiscali posti in essere dalla società oggetto di acquisizione. Se emergono rilievi fiscali di una certa importanza si potrebbe abbandonare la trattativa, in quanto le criticità fiscali potrebbero generare in futuro contenziosi o passività latenti. Le passività fiscali potrebbero portare ad abbandonare la trattativa, rettificare il prezzo o richiedere idonee garanzie; − Area legale; − Area finanziaria; − Area ambientale; − Area dei sistemi informativi. DUE DILIGENCE - Finalità Revisione contabile Valutazione d’azienda Verifica contabile che si conclude con un giudizio in ordine alla correttezza della situazione economica, patrimoniale e finanziaria da bilancio. Definizione del valore teorico del Capitale Economico di una società target attraverso metodologie e tecniche specifiche. 5. Gruppi aziendali La due diligence contabile...alcune puntualizzazioni | In cosa consiste? Prevede al suo interno diverse aree di indagine e concentra buon parte dell'attività sull'analisi del bilancio che, di gran lunga, rappresenta l'arca di maggiore interesse, L'analisi approfondita della situazione patrimoniale ed economica, nonché di quella finanziaria, diventa fondamentale ai fini di una conoscenza puntuale della società oggetto di indagine. Tale analisi deve essere sia di tipo storico, relativa cioè all'andamento del business, che di tipo prospettico, quale proiezione di una possibile e ragionevole evoluzione della gestione. Analisi patrimoniale: * immobilizzazioni materiali e immateriali * partecipazioni * giacenze di magazzino * creditie debiti * patrimonio netto * fondirischi c oneri Analisi economica: * variance analysis (incentrata su crescita prezzi e volumi di vendita, sul costo e volumi del venduto, sui costi fissi e su eventuali eventi eccezionali). * analisi di benchmarking Analisi finanziaria: Ebitda, capitale circolante, analisi dati previsionali e cash flow analysis. Quantificazione e qualificazione delle passività fiscali Per determinare le passività fiscali è necessario: descrivere la fattispecie che ha causato l’illecito definire il periodo d'imposta quantificare la ripresa fiscale effettuata quantificare imposta evasa identificare sanzione minima identificare imposta massima determinare interessi maturati determinare ammontare complessivo passività potenziale Passività totale = 4 + 5+7 Nei: dere v E' complicato il calcolo della passività fiscali, in quanto: * è complicata la determinazione delle sanzioni da applicare * non sempre si può arrivare ad una quantificazione delle passività potenziali (scritture contabili inattendibili, problemi di transfer pricing, ecc.) Lo passivi Seclia qualiicnzo i vrse sl ioro grado di proel * passività fiscale certa — permette la richiesta di una rettifica del prezzo pattuito * probabile * possibile * remota 83 5. Gruppi aziendali 84 L’acquisizione delle partecipazioni di controllo può anche avvenire attraverso successivi acquisti diretti sui mercati borsistici fino a quando non si ottiene la misura necessaria ad esercitare il controllo diretto. Infine, bisogna sottolineare che l’acquisizione può venire anche con il consenso del soggetto controllante oppure contro la sua volontà (scalate ostili). ➢ COSTITUZIONE DI NUOVE IMPRESE (FILIAZIONE) La seconda via di costituzione dei Gruppi aziendali si ha quando un’impresa crea nuovi impianti o nuove unità produttive, dando loro una struttura giuridica autonoma. A differenza dell’acquisizione delle partecipazioni di controllo, in questa seconda ipotesi si è di fronte ad un processo di Crescita interna. ➢ APPORTO IN SOCIETÀ DI PACCHETTI AZIONARI DI CONTROLLO DI ALTRE SOCIETÀ Si dà vita al Gruppo tramite il conferimento di una partecipazione di soci in altre società. Una o più aziende apportano pacchetti di controllo in una società (già esistente o costituita appositamente) la quale va ad assumere la funzione di Capogruppo. Questo tipo di operazione può essere utile a due scopi: 1) Stabilizzare la posizione di controllo (quando è molto frazionata tra i soci) Es. una società ha 5 soci (A, B, C, D, E), ognuno con una quota di Capitale del 20%. Il frazionamento costringe all’accordo di almeno 3 soci per avere il controllo della società. Immaginando che tra A, B e C esista un accordo che li porta a rappresentare il gruppo di comando, essi possono costituire una nuova società a cui apportano i loro pacchetti azionari, diventandone azionisti (ognuno con il 33% delle azioni). Questa decisione è favorevole perché consentirebbe di esercitare il controllo nei confronti di Beta, accorpando meglio le decisioni dei soci. È sufficiente che per esercitare il controllo d Beta siano solo 2 dei soci di Alfa. Se Alfa detiene il 60% su Beta potrà, come soggetto economico, incidere sulle decisioni di Beta l’accorda tra A e B che detengono insieme il 66% di Alfa. La nuova società assume, dunque, il controllo della vecchia diventando socia di quest’ultima per il 60% delle azioni. A, B e C hanno, dunque, consolidato la propria posizione di controllo sulla vecchia società e ora, per orientare le scelte gestionali, è sufficiente l’accordo di due soli soci invece di tre. 5. Gruppi aziendali 87 Vantaggi Finanziari dei Gruppi Il Gruppo aziendale offre un importante vantaggio, ovvero la minimizzazione delle risorse finanziarie impiegate dal soggetto economico per il controllo ed il funzionamento delle imprese controllate, oppure di massimizzare il totale delle risorse controllate impiegando un dato ammontare di disponibilità finanziarie. Questa opportunità è connessa all’utilizzo della leva azionaria data dalla differenza tra il valore del Capitale Netto dell’impresa controllata ed il valore delle azioni aventi diritto di voto nelle assemblee che consente di controllare la medesima impresa. L’effetto leva cresce quanto più la catena del controllo aumenta. Meccanismo di LEVA AZIONARIA Consente, attraverso la minimizzazione d’investimento di risorse, di detenere il controllo su più aziende, attraverso livelli successivi di controllo. A  60% B Es. Se A detiene una partecipazione in B nella misura del 60% e supponiamo che il valore di carico della partecipazione sia 60 su un valore del Capitale di 100, allora la leva azionaria sarà 100-60=40. (In genere si mette in decimale 40/100=0,4). A  60% B  60% C Nelle strutture complesse la leva azionaria diffonde l’effetto moltiplicatore. In queste strutture le partecipazioni sono perlopiù indirette, il che vuol dire che la Capogruppo riesce a controllare una società C grazie alla partecipazione in B. Es. Se A detiene una partecipazione del 60% in B, che a sua volta partecipa del 60% in C, questo significa che A ha una partecipazione indiretta in C del 36% (cioè, il 60% del 60%). L’effetto leva sarà maggiore, ossia 100- 36=64 (oppure 0,64). Questo meccanismo può alimentare anche il meccanismo della leva finanziaria, in quanto nelle società il Capitale di apporto può essere costituito da Capitale proprio e da Capitale di terzi (capitale di debito). Potrebbe quindi succedere che A detiene indirettamente una partecipazione in D del 21.6% tale da esercitare il controllo di diritto, disponendo non solo il Capitale sociale ma anche delle sue risorse finanziarie, ad esempio Capitale di debito (finanziamenti, mutui). Questo significa che la detenzione di quella partecipazione di controllo, mi consente di disporre di un Capitale di apporto che è maggiore rispetto al Capitale proprio. Questo effetto è estremamente positivo in quanto consente la moltiplicazione delle risorse. Meccanismo di LEVA FINANZIARIA La controllante dispone delle risorse finanziarie della controllata. 5. Gruppi aziendali 88 Meccanismo di LEVA MULTIPLA Controllante dispone del Cap. Sociale e Cap. Debito della controllata Consente il controllo, mediante partecipazione indiretta, dove la controllante dispone non solo del Capitale sociale della controllata (indiretta), ma anche delle sue risorse finanziarie (Capitale di debito).  Criticità  DISEQUILIBRIO FINANZIARIO DELLE CONTROLLATE Tuttavia, tale meccanismo può creare criticità se viene stressato al punto tale da generare disequilibri in capo alla società controllata, che possono riflettersi sulla controllante. Pur essendoci una partecipazione indiretta, il soggetto economico non deve perdere di vista il Principio di Economicità: la società D controllata indirettamente non può avere un deficit patrimoniale per effetto di un sovraindebitamento. Le criticità si generano quando il meccanismo della Leva Multipla giunge a forme di disequilibrio finanziario in capo alle società controllate. I primi segnali sono le perdite operative della società controllata: se in 1-2 anni non è in grado di ripagare l’investimento allora c’è un problema. Questo si verifica quando il costo del Capitale di debito di D è maggiore della redditività del Capitale investito  Il tasso di indebitamento di D è maggiore rispetto alla redditività del capitale investito (ROI). È importante capire qual è il punto di rottura che porta ad uno squilibrio finanziario di D, che si rifletterà in A (controllante), la quale dovrà poi dovrà far fronte alle coperture delle finanze di D.  Criticità  SVANTAGGI PER I SOCI DI MINORANZA Un altro aspetto nell’ambito della leva multipla è il problema che ricorre in capo ai soci di minoranza di un Gruppo; gli svantaggi per loro potrebbero essere: ! Significativa separazione tra la proprietà e chi dirige: quanto più si allunga la Catena del controllo, tanto più questa separazione tra chi è proprietario del Capitale azionario e chi gestisce il business si allunga. Questo accade perché una società è gestita dai manager, allora se detengo un controllo su un’altra azienda, anche quella a sua volta è gestita da altri manager. Questa separazione tra chi detiene la proprietà e chi dirige si acuisce fino a danneggiare i soci di minoranza che perdono di vista la capacità di poter incidere sulle scelte gestionali; ! È possibile che il trasferimento di “valore” vada dal basso in alto: l’azienda controllata genera valore, ma questo si perde per effetto delle operazioni inter-company, in quanto viene trasferito tra la controllata e la controllante; ! È possibile che le perdite siano fatte ricadere dall’alto verso il basso. Cosa fa la Capogruppo? ✓ Definisce le linee guida generali; ✓ Attribuisce degli obiettivi ad ogni singola controllata; ✓ Valuta ed approva le strategie proposte da ciascuna controllata; ✓ Controlla la realizzazione della strategia approvata da parte di ciascuna controllata ed i risultati raggiunti; ✓ Gestisce le risorse critiche. La direzione unitaria viene esercitata dalla Capogruppo attraverso queste operazioni. Nei Gruppi di grandi dimensioni, per esercitare l’attività di direzione unitaria, oltre ai CDA sono necessari altri centri decisionali la cui articolazione dipende dalla struttura di Gruppo. Cosa fanno le controllate? ✓ Elaborano e propongono alla Capogruppo strategie da perseguire all’interno delle linee guida ricevute; ✓ Realizzano le strategie approvate; 5. Gruppi aziendali 89 ✓ Evidenziano in che modo si raggiungono quelle finalità. Disciplina giuridica dei Gruppi aziendali Artt. 2497 e seguenti. c.c. Circoscrivono la disciplina della direzione unitaria, definita attività di direzione e coordinamento, presupponendo l’esistenza di tale potestà quando una società è controllante. La disposizione ha l’obiettivo di tutelare i soci di minoranza per evitare che il soggetto economico, agendo in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale, pregiudichi la capacità reddituale o il valore patrimoniale della partecipazione; inoltre vengono tutelati i creditori delle società controllate per evitare che l’inosservanza dei criteri di corretta gestione pregiudichi l’integrità patrimoniale delle società. Si prevede un’apposita sezione nel Registro Imprese, nella quale sono iscritte con effetto di pubblicità, le imprese che esercitano attività di direzione e coordinamento e le società alla stessa sottoposte. Queste ultime, inoltre, sono tenute ad indicare negli atti e nella corrispondenza la soggezione all’altrui attività di direzione e coordinamento. Per quanto concerne l’informativa di bilancio, le società controllate devono includere nella Nota Integrativa un prospetto contenente i dati essenziali del bilancio della società che esercita su di essa il controllo e, nella Relazione sulla gestione, la descrizione dei rapporti intercorsi nell’ambito del Gruppo e gli effetti sull'attività produttiva e sui risultati conseguiti. Anche le imprese controllanti, a loro volta, nella Nota Integrativa devono riportare l’elenco e tutte le necessarie informazioni delle imprese controllate. Viene affrontato anche il tema della motivazione delle decisioni assunte: un amministratore di una società controllata deve poter giustificare le decisioni adottate dalla controllata, ai soci di minoranza. I soci di minoranza hanno il diritto di recesso in caso di decisioni prese dalla controllante che alterano in modo sensibile le condizioni economiche e patrimoniali della società sottoposta a direzione unitaria (es. trasformazione dell’attività sociale). OIC 21. Valutazione partecipazioni 92 • variazioni decrementative del Patrimonio Netto versamento ai soci, versamento ai soci per reintegro perdite, rimborsi di capitale. Può essere adottato solo per alcune delle partecipazioni di imprese controllate e collegate. Una volta scelto è opportuno mantenerlo per tutta la vita della partecipazione. L’abbandono di questo metodo di valutazione è consentito in due casi: − se la partecipazione viene alienata; − se la partecipazione viene spostata nell’Attivo Circolante. Il principio contabile OIC 21 evidenzia un’ulteriore regola: nella comparazione tra valore della partecipazione e corrispondete quota di Patrimonio Netto della partecipata, il bilancio di quest’ultima dovrà avere data di chiusura identica a quella della partecipante, o almeno non antecedente di tre mesi. Se così non fosse, la partecipata dovrà redigere un apposito bilancio straordinario alla data di chiusura del bilancio della partecipazione, con il valore aggiornato del Patrimonio Netto. Classificazione partecipazioni in Attivo Circolante Art. 2424 c.c. La classificazione prevista per le partecipazioni iscritte nell’Attivo Circolante è la seguente: C. III) ATTIVITÀ FINANZIARIE CHE NON COSTITUISCONO IMMOBILIZZAZIONI 1. partecipazioni in imprese controllate 2. partecipazioni in imprese collegate 3. partecipazioni in imprese controllanti 3.bis partecipazioni in imprese sottoposte al controllo delle controllanti 4. partecipazioni in altre imprese Valutazione partecipazioni iscritte nell’Attivo Circolante I titoli e le partecipazioni iscritti nell’attivo circolante dello Stato Patrimoniale, sono valutati come le rimanenze, cioè al minore fra il costo d’acquisto ed il valore di mercato (o valore di presunto realizzo) desumibile dall’andamento di mercato. La configurazione di costo più corretta è il costo specifico. Nel caso di titoli fungibili è possibile, in alternativa, scegliere tra i metodi della media ponderata, Lifo, e Fifo. OIC 21. Valutazione partecipazioni 93 Il valore di mercato (presunto realizzo) si determina osservando il valore delle quotazioni in borsa, e nel caso di partecipazioni non quotate, in base alle informazioni acquisite al fine di stimare in modo attendibile il valore di realizzazione. L’ OIC 21 suggerisce di osservare quotazioni vicine nel tempo, relative all’ultimo mese, in modo da realizzare una stima attendibile; ai fini di una rappresentazione veritiera e corretta del bilancio, è opportuno prendere a riferimento anche valori di mercato verificati dopo la chiusura dell’esercizio, ad esempio prima della stesura della bozza di bilancio, se maggiormente attendibili. Anche nel caso delle partecipazioni iscritte nell’attivo circolante, è opportuno effettuare svalutazioni e rivalutazioni di valore, qualora fosse necessario. Proventi derivanti da partecipazioni I proventi dell’investimento in partecipazioni costituiti dai dividendi, così come anche gli utili o le perdite che derivano dalla cessione di partecipazioni immobilizzate o iscritte nel circolante (quale differenza tra il valore contabile e il prezzo di cessione) sono rilevati nelle seguenti voci di Conto Economico: • C.15) Proventi da partecipazioni • C.17) Interessi e altri oneri finanziari Con separata indicazione di quelli relativi ad imprese controllate, collegate, controllanti e sottoposte al controllo di queste ultime. Essi (i proventi) sono considerati componenti positivi di reddito e vanno imputati in Conto Economico nel momento esatto in cui sorge il diritto alla riscossione da parte della società partecipante. Svalutazioni e rivalutazioni di partecipazioni La svalutazione di partecipazioni (sia immobilizzate, sia iscritte nell’Attivo Circolante) rispetto al valore di iscrizione nell’attivo è rilevata nella voce di Conto Economico: • D.19 a) Svalutazioni di partecipazioni Il ripristino di valore, nel caso in cui sia venuta meno la ragione che aveva indotto gli organi amministrativi a svalutare in precedenza una partecipazione, è rilevato nella voce di Conto Economico: • D.18 a) Rivalutazioni di partecipazioni 6. Bilancio consolidato 94 Cap. 6: BILANCIO CONSOLIDATO Panoramica generale Illustrato il concetto di Gruppo aziendale, dobbiamo introdurre il concetto di bilancio consolidato. Con il D.lgs. 139/2015 sono state apportate modifiche alla composizione dei documenti che formano il bilancio annuale, introducendo l’obbligo autorità del Rendiconto finanziario. Fatta questa premessa, il Gruppo aziendale si forma sulla base delle partecipazioni al Capitale Netto di altre imprese detenute dall’impresa Capogruppo. Dal punto di vista della rappresentazione contabile, il nesso che collega la Capogruppo alle controllate è dato dalla voce partecipazioni iscritta tra le immobilizzazioni finanziarie (o nell’Attivo Circolante se è detenuta a titolo speculativo). Il bilancio consolidato ha la finalità di determinare e rappresentare le attività, le passività e il risultato economico d’esercizio di una pluralità di imprese unite da legami di partecipazione, come se costituissero un'unica entità. La finalità rimane sempre informativa. Il bilancio consolidato permette di ottenere una visione complessiva del Gruppo, e presuppone che le imprese sottostanti svolgano un processo produttivo omogeneo o complementare per la realizzazione di prodotti e servizi. Si può affermare quindi, che il bilancio consolidato svolge una funzione informativa nell’ambito dei Gruppi economici, nei quali le imprese realizzano forme di integrazione produttiva. Anche nei Gruppi misti il bilancio consolidato trova ragione, quando aggrega le risultanze di bilancio delle sole imprese che sono collegate da legami tecnico-produttivi. Nei Gruppi finanziari, invece, nei quali le imprese svolgono attività economiche diversificate, il bilancio consolidato aggrega valori relativi a processi produttivi separati, per cui non rappresenta un’entità unitaria rilevante da un punto di vista economico. Gli elementi patrimoniali e le componenti di reddito possono risultare disomogenei; queste perplessità sono superate in quanto i principi contabili fanno obbligo di inserire tutte le imprese controllate nell’ambito dei rendiconti consolidati, senza tener conto dell'attività svolta. Il bilancio consolidato è formato da: ➢ SP consolidato ➢ CE consolidato ➢ NI consolidata ➢ RF consolidato Fornisce una rappresentazione del: ➢ Capitale del Gruppo Rappresenta il Capitale di Gruppo suddiviso in Capitale Netto di Gruppo e Capitale Netto delle minoranze. ➢ Reddito del Gruppo Rappresenta il risultato economico prodotto dalla gestione complessiva del Gruppo, realizzata con terze economie (= altre aziende esterne al Gruppo), anch’esso suddiviso in quote della Capogruppo e quote delle minoranze. ➢ Liquidità del Gruppo Rappresenta le disponibilità liquide di Gruppo a fine esercizio, suddiviso in liquidità di Gruppo e liquidità delle minoranze.
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