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Economia aziendale- G. Airoldi - G. Brunetti - V. Coda, Corso di Economia Aziendale, Il Mulino, Bologna, 2005, Sintesi del corso di Economia Aziendale

Riassunto completo del corso di Economia Aziendale alla LIUC. Libro del corso: Economia Aziendale , G. Airoldi - G. Brunetti - V. Coda, Corso di Economia Aziendale

Tipologia: Sintesi del corso

2015/2016

Caricato il 23/09/2016

valentinacampana
valentinacampana 🇮🇹

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Scarica Economia aziendale- G. Airoldi - G. Brunetti - V. Coda, Corso di Economia Aziendale, Il Mulino, Bologna, 2005 e più Sintesi del corso in PDF di Economia Aziendale solo su Docsity! ECONOMIA AZIENDALE 1.. ATTIVITA’ ECONOMICA Le persone perseguono fini il cui perseguimento suscita bisogni, il soddisfacimento di questi prevede lo svolgimento,da parte delle persone,dell’attività economica di produzione e consumo di beni economici. L’attività economica si svolge nell’ambito di istituti quali famiglie,imprese,istituti no profit e Stato. L’attività economica si manifesta prioritariamente nel lavoro,quindi si parla di attività svolta dalle persone per le persone. I BISOGNI E BENI Esistono bisogni naturali suscitati dalla componente biologica delle persone come l’alimentazione e sono detti universali poiché uniformi per tutte le persone,altri sono detti sociali cioè quella gamma di bisogni sociali,etici,estetici e religiosi. Entrambi si dividono in bisogni essenziali o primari e voluttuari o secondari quali influenzati dai promessi imitativi e dimostrativi connessi al fenomeno delle mode. Il soddisfacimento di bisogni richiede la disponibilità di beni, divisibili in due classi:beni economici e non economici: i primi sono le merci e servizi utili per il soddisfacimento dei bisogni e sono scarsi rispetto alle esigenze espresse dalle persone. I secondi sono beni liberi non soggetti al limite di scarsità ossia liberamente disponibili in quantità e qualità più che sufficienti rispetto alle esigenze delle persone. Alla distinzione dei bisogni primari e voluttuari corrisponde la distinzione tra beni primari e voluttuari. Molti bisogni sono soddisfatti dal concorso necessario di più beni che sono quindi denominati complementari. Uno stesso bisogno può essere soddisfatto da beni differenti alternativi, si parla quindi di beni fungibili. Molti beni possono essere progettati,prodotti e venduti da una certa impresa con caratteristiche particolari differenti, si dicono differenziabili. Se il bene è offerto con caratteristiche uguali da tutte le imprese si tratta di beni non differenziabili . I beni usati direttamente dalle persone per i loro bisogni sono beni di consumo mentre quelli usati per produrre altri beni sono strumentali. Infine i beni di consumo e strumentali possono essere ad utilizzo singolo o beni durevoli a secondano che cedano la loro utilità totalmente in occasione di un solo impiego o progressivamente in impieghi ripetuti nel tempo. Si distinguono beni a consumo individuale e collettivo, ed infine privati e pubblici. ATTIVITA’ ECONOMICA DI PRODUZIONE E CONSUMO L’attività economica consiste nelle operazioni di produzione e consumo di beni economici. L’attività di produzione e consumo si svolge secondo una vasta gamma di operazioni tra le quali sono evidenti le operazioni di trasformazione tecnica, si tratta di operazioni di trasformazione fisica,spaziale e logica delle materie prime,impianti,dati e conoscenze. Ad esempio le operazioni di trasformazione tecnica tipiche delle imprese commerciali sono il trasporto,confezionamento,immagazzinamento, mentre nelle aziende di credito e assicurazione sono rappresentate da operazioni di trasformazione logica. I processi di produzione e consumo si attuano all’interno degli istituti i quali sono collegati tra di loro da fittissime reti di scambio: operazioni di negoziazione. Le negoziazioni si svolgono secondo diverse condizioni di scambio e forme contrattuali: insiemi omogenei di scambi formano i mercati, Tutti gli istituti svolgono attività che riguardano il proprio governo e che si distinguono in: operazioni di configurazione dell’assetto istituzionale, di organizzazione e gestione del personale,di rilevazione e di informazione. LA PRODUZIONE Tutte le imprese svolgono attività di produzione, produzione non significa fabbricazione: si può produrre un servizio,come per le imprese di trasporto, oppure l’attività di produzione può consiste nere nello svolgimento di negoziazioni con oggetto crediti di prestito e rischi specifici, nel caso delle imprese commerciali. Comunque svolta la produzione economica rappresenta la funzione caratteristica dell’impresa. Il fine della stessa è la produzione di remunerazioni perseguito dalle due categorie di persone ( prestatori di lavoro e conferenti del capitale proprio). In fine dell’impresa è quindi la produzione di redditi mentre la produzione economica rappresenta il mezzo. Nel gruppo sociale ognuno ha intese stabili e relazioni con ogni altro membro, vi è sempre un leader che lo guidi. Quando una persona fa parte di un gruppo il suo comportamento è influenzato da tale appartenenza, la persone diventa il centro di un sistema di attese di comportamento da parte di altri soggetti,questo sostanzialmente è il ruolo che viene a formarsi. La persona stessa ha una propria visione a sua volte dei comportamenti che dovrebbero essere attuati , quindi ha anch’essa una sua aspettativa rispetto gli altri. Un gruppo è in equilibrio se i vari ruoli sono coerenti e complementari, se le attese sono coerenti e compatibili altrimenti vi sarebbero conflitti di ruolo compromettenti l’efficacia del gruppo. PROCESSI DECISIONALI Ogni giorno nelle imprese si prendono numerose decisioni che devono essere tra loro coordinate e coerenti ma che sono anche in concorrenza tra di loro perché ogni processo decisionale impiega risorse come tempo e energia,risorse scarse , e talvolta alcuni processi sono avviati e conclusi altre volte non sono nemmeno avviati, inoltre alcune scelte comportano l’impiego di risorse, di nuovo scarse e di conseguenza una scelta può essere incompatibile,quindi in concorrenza con altre. Anche le soluzioni possono essere concorrenti in quanto se ne possono trovare molteplici a un medesimo problema, sostenute da schemi mentali e interessi differenti. Quindi cosa fa si che alcune decisioni siano prese e altre no, e nel caso delle decisioni prese che cosa fa propendere per una certa soluzione anziché le altre possibili? A queste domande risponde il modello di Cohen March e Olsen . Le decisioni si prendono in tempi lunghi chiamati occasioni di decisione alle quali partecipano le persone che hanno deleghe ed autorizzazioni per prendere quelle decisioni. Le occasioni di decisione sono rappresentate come contenitori nei quali in modo solo parzialmente programmato confluiscono tre ingredienti: persone,problemi e soluzioni. I tre si combinano e quando i contenitori vengono svuotati, scaturiscono le scelte compiute. Nelle occasioni di decisione le persone portano i problemi ai quali ciascuno attribuisce differenti priorità: il problema viene affrontato cercando concretamente una soluzione. Nelle occasioni di decisione le persone portano soluzioni. Una certa scelta si compie se una soluzione viene presentata in modo compiuto e convincente come risposta ad un problema percepito come rilevante ed urgente. I processi decisionale che si svolgono nelle imprese sono dunque parzialmente strutturati secondo meccanismi sovraordinati di razionalità. L’impresa progetta e codifica alcune forme di occasioni de decisione, definisce le deleghe e le personalità decisionali. Occorre far sì che tutte le decisioni individuali siano coerenti con gli obiettivi dell’organizzazione, ossia che nelle intenzioni rispettino la razionalità dell’organizzazione. Le organizzazioni elaborano e propongono regole organizzative,procedure e routine; si suppone che applicando tali regole si ottengono risultati coerenti con gli obiettivi aziendali. Applicando la routine le persone diminuiscono la loro discrezionalità. Tutto questo ci porta a riflettere sul fatto che l’attività svolta dalle persone è soggetta a spinte divergenti perché le persone hanno differenti valori e bisogni e le risorse sono limitate: ma anche le spinte devono trovare integrazione per poter realizzare i vantaggi dell’azione organizzata e cooperativa. COOPERAZIONE,OPPORTUNISMO, FIDUCIA E ALTRUISMO Condizione essenziali per il funzionamento delle società è la cooperazione tra le persone che ne fanno parte. Essa produce una rendita che dovrà essere distribuita tra i partecipanti, in tal senso ogni persona ha interesse a cooperare. Ogni persona dovrebbe essere ricompensata in relazione ai contributi forniti godendo di una quota della rendita organizzativa proporzionata all’impiego di cooperazione. Nella realtà tuttavia né i contributi individuali né i risultati complessivi realizzati sono perfettamente conoscibili e ciò da spazio a comportamenti opportunistici, ossia egoistici attuati con astuzia che consentono alle persone di godere dei vantaggi della cooperazione senza fornire i dovuti contributi. I comportamenti opportunistici sono causa ed effetto di relazioni di sfiducia tra le parti. La costruzione del rapporto di fiducia richiede l’adozione ripetuta di comportamenti leali e cooperativi. Non solo le persone minimizzerebbero lo sforzo per ottenere una data retribuzione ma ricercherebbero coscientemente i difetti dell’assetto organizzativo che consentono comportamenti opportunistici nel rispetto formale delle regole esplicite. La posizione sopra spiegata è conosciuta come teoria X , le persone soggette ad un assetto costrittivo e privati di delega sviluppano atteggiamenti restrittivi e opportunistici, l’impossibilità di esercitare giudizio in assenza di delega produce la mancata dimostrazione della capacità di assumere responsabilità complesse. McGregori contrappone a ad essa la teoria Y in cui le persone tendono spontaneamente ad assumere responsabilità, hanno per natura un atteggiamento di lealtà e impegno, si identificano con l’azienda, gli obiettivi e la professione. L’adozione della teoria Y è condizione essenziale per la realizzazione di assetti aziendali che favoriscano la congiunzione di risultati di efficienza e soddisfazione. 1.3 L’ECONOMIA AZIENDALE L’economia politica osserva fenomeni economici propri ei grandi aggregati regionali,nazionali ed internazionali. L’economia aziendale li osserva nelle manifestazioni delle aziende singole,classi e aggregati di aziende. La scienze economiche sono orientate all’individuazione delle alternative modalità di svolgimento dell’attività economica e alla selezione delle modalità più convenienti nei vari contesti. L’economia assume anche caratteri di scienza valutativa,ma la teoria economia da sola non produce proposizioni di valore normativo, essa a tal fine deve combinarsi con contribuiti di altre scienze e con l’etica. Il concetto di innovazione delle modalità di svolgimento dei processi economici include sia le innovazioni tecnologiche che economiche. Il processo dinamico di innovazione si svolge sia a livello degli organi di governo e sistemi economici regionali,nazionali e internazionali sia a livello di aziende. I. Oggetto dell’economia aziendale è l’ordine economico di tutti gli istituti costituzione : eredità e risparmio. La famiglia finanzia le produzioni e i consumi degli istituti pubblici mediante pagamento dei tributi. AZIENDE DI PRODUZIONE Impresa. Ne sono membri persone e queste contemporaneamente sono membri di altre società umane quali la famiglia e gli istituti pubblici, ciò sottolinea il carattere anche sociale e non solo economico dell’istituto impresa. Il fine economico immediato è la produzione di remunerazioni. Gli interessi economici istituzionali fanno capo ai prestatori di lavoro di ogni tipo e ai conferenti di capitale di risparmio sotto forma di capitale di rischio, ad essi sono destinate le remunerazioni. Alle imprese fanno capo anche interessi economici non istituzionali quindi di soggetti non membri dell’istituto quali fornitori,clienti ecc. L’ordine strettamente economico dell’impresa è l’azienda di produzione. 3.1 LE COMBINAZIONI ECONOMICHE DI ISTITUTO L’insieme delle operazioni economiche svolte dalle persone in un istituto forma le combinazioni economiche generali. Esse sono parte del sistema degli accadimenti ossia insieme di azioni e fenomeni che si manifestano nell’azienda, fenomeni sia economici che non( comportamento clienti,fornitori,progresso tecnologico ecc.) Una speciale categoria di accadimenti è rappresentata dalle operazioni: attività svolte dalle persone dell’organismo personale d’azienda, queste operazioni formano le combinazioni economiche, combinazioni produttive con riguardo a processi di produzione economica e combinazioni di consumo con riguardo a processi di consumo. COORDINAZIONI ECONOMICHE PARZIALI E NEGOZIAZIONI Le combinazioni economiche generali dell’impresa si articolano in coordinazioni economiche parziali ossia insiemi di processi caratterizzati da una funzione , ad esempio, sviluppare nuovi prodotti,fabbricarli, venderli, e da un insieme di competenze specialistiche applicate al loro svolgimento ad esempio competenze di progettazione, di fabbricazione e di marketing. Per tutte le imprese ( consideriamo quelle manifatturiere come riferimento) le coordinazioni parziali sono riconducibili a classi e sottoclassi di operazioni: • Configurazione dell’assetto istituzionale -Gestione caratteristica: ricerca e sviluppo approvvigionamenti fabbricazione commercializzazione logistica -Gestione finanziaria Gestione del capitale di rischio Gestione dei debiti di prestito -Gestione patrimoniale -Gestione tributaria -Gestione assicurativa • Organizzazione • Rilevazione Le operazioni di configurazione dell’assetto istituzionale determinano il disegno secondo il quale l’impresa nasce, si trasforma e si svolge. Quindi qui si decidono i fini, di campi di attività, le strutture di governo, le alleanze e così via. Configurato l’assetto istituzionale l’attività si svolge in tre grandi aree: gestione,organizzazione e rilevazione. La gestione è il grande insieme di operazioni attraverso le quali l’impresa attua direttamente la produzione economica: raccoglie capitali,acquista macchinari e materie prime,fabbrica prodotti e li vende. Dalle operazioni di gestione discende la gran parte dei costi e ricavi d’impresa e , di conseguenza, il risultato reddituale della stessa. La gestione si compone di cinque sottoinsieme: i primi tre sono le gestioni caratteristica,finanziaria e patrimoniale,le altre due sono assicurativa e tributaria. Le attività di organizzazione si sostanziano nel disegnare la struttura organizzativa , assegnare compiti e responsabilità alle persone e gestire i sistemi di ricompensa. L’attività di rilevazione consistono nella raccolta, elaborazione e diffusione dei dati e informazioni necessari per prendere buone decisione e informare tutti i soggetti interessati alla vita dell’impresa. NEGOZIAZIONI Lo svolgimento delle combinazioni economiche si attua in parte attraverso insieme di operazioni intere: fabbricazione, progettazione e in parte operazioni che coinvolgono soggetti esterni, tra queste ultime le negoziazioni ossia operazioni attraverso le quali l’impresa acquisisce da terzi le condizioni di produzione e cede i propri prodotti o condizioni di produzione. Vi sono,nelle imprese: • Negoziazioni di beni privati • Negoziazioni di beni pubblici • Di lavoro • Di capitale di rischio • Di capitale di prestito • Di rischi particolari Peculiarità di tutti i tipi delle negoziazioni sono: costi di transazione asimmetria informativa investimenti specifici forza contrattuale durante una negoziazione, come lo scambio di merci, i soggetti, compratore e venditore,sostengono costi di transazione perché le idee dal punto di vista dell’innovazione tecnologica, il marketing deve cercare di capire i bisogni dei clienti,gli acquisti devono attivare rapporti con nuovi fornitori, la produzione deve verificare la fattibilità e così via. La gestione caratteristica suscita insiemi di negoziazioni, negoziazioni di beni privati,pubblici,lavoro,coperture di rischi. Soffermiamo l’attenzione sulle negoziazioni di beni privati: sono operazioni di acquisto e vendita di merci e servizi che sono ceduti da soggetti privati. Si svolgono tramite scambio monetario quindi di un bene a fronte di una quantità di moneta. Nello scambio il prezzo complessivo può essere pagato in contanti,ossia al momento del perfezionamento del contratto,oppure in un tempo successivo: in questo caso per il venditore sorge un c.d. credito di regolazione e per il compratore un debito di regolamento i quali si estingueranno con il pagamento. Grande attenzione viene dedicata alle altre condizioni di scambio anche, quali la qualità del bene,le garanzie ecc. GESTIONE FINANZIARIA È quella parte dell’attività di impresa volta a coprire il fabbisogno finanziario ossia il fabbisogno di mezzi monetari necessari per avviare l’impresa e sostenere lo sviluppo. Il fabbisogno finanziario deriva dal fatto che di norma le imprese sostengono costi ed effettuano pagamenti prima di poter vendere i prodotti e conseguire incassi. Il fabbisogno può essere coperto con:capitale proprio o di rischio e capitale di prestito. Le negoziazioni di capitale proprio consistono nell’acquisire la disponibilità di mezzi monetari a titolo di capitale proprio, i conferenti di capitale proprio apportano all’impresa mezzi monetari attendendosi una remunerazione correlata ai risultati dell’impresa e quindi incerta nel suo importo e nel suo segno a seconda che vi siano utili o perdite, e per tal ragione viene chiamato capitale di rischio. Le negoziazioni di capitale di prestito hanno per oggetto l’acquisizione e cessione di mezzi monetari destinati alla copertura dei fabbisogni finanziari delle aziende. La negoziazione ha per oggetto la disponibilità di una certa quantità di mezzi monetari per un certo periodo di tempo. Il soggetto che riceve di capitale di prestito si impegna a rimborsarlo in un certo tempo e concorda di pagare un prezzo sotto forma di interessi passivi proporzionati alla quantità di denaro ricevuta in prestito. I conferenti del capitale di prestito sono ad es. aziende di credito,famiglie ecc le forme tecniche sono ad es. mutui bancari. GESTIONE PATRIMONIALE Vi sono situazioni in che l’impresa si trova a disporre di mezzi monetari in eccesso rispetto a quelli richiesti dalla sua gestione caratteristica,è opportuno quindi investire per trarre redditi addizionali a quelli prodotti dalla gestione caratteristica. Si tratta quindi di investimenti in titolo di debito pubblico ,con l’acquisizione di partecipazioni nel capitale proprio di altre aziende. Lo svolgimento della gestione patrimoniale comporta negoziazione di beni privati se l’investimento consiste nell’acquisto di beni da reddito e da rivalutazione( immobili,opere d’arte,ecc),di credito di ‘prestito se si decide di investire in titoli di Stato,di capitale di rischio se si decide di comprare azioni, di riscossione e pagamento. GESTIONE ASSICURATIVA Ogni istituto è soggetto ad un rischio economico generale, ossia la possibilità di produrre utili e perdite che ne sostengono o minacciano la vita duratura. Ogni istituto è soggetto anche a rischi specifici c.d. particolari che possono essere oggetto di copertura mediante assicurazione .Si tratta di rischi di eventi sfavorevoli particolari ( incidenti,infortuni,furti ecc.) : contratti di assicurazione. GESTIONE TRIBUTARIA Deriva dal fatto che tutte le imprese sono soggette al pagamento di tributi di varia natura. Nel caso di beni pubblici il termine negoziazione si deve intendere in un senso molto ampio; si fa qui riferimento alla vastissima gamma di operazioni mediante le quali da un lato gli istituti della PA cedono beni pubblici e dall’altro le famiglie e le imprese li acquisisono dietro corresponsione di un tributo. PROFILO REDDITUALE E MONETARIO DELLE GESTIONI Analizzare la questione secondo il profilo reddituale significa informasti su costi e ricavi . La gestione caratteristica e patrimoniale sono due tipiche gestioni attive nel senso che da esse si attendono risultati reddituali positivi, mentre quella finanziaria,assicurativa e tributaria sono passive comportando solo costi in forma di interessi passivi. Un risultato reddituale complessivamente positivo si ottiene quando il risultato operativo delle gestioni attive è superiore agli oneri delle gestioni passive producendo un utile in misura giudicata soddisfacente per la remunerazione del capitale di rischio. Analizzarla secondo il profilo monetario significa invece studiare i flussi di entrate e di uscite e ciò serve per capire se e come l’impresa è sistematicamente in grado di far fronte, con le entrate, ai propri impegni di uscite, in altri termini, serve per capire se l’impresa è solvibile. ATTIVITA’ DI ORGANIZZAZIONE E RILEVAZIONE Le operazioni di organizzazione si riferiscono alla progettazione dell’assetto organizzativo dell’impresa e alla gestione dei prestatori di lavoro. La progettazione dell’assetto organizzativo consiste nella progettazione della struttura organizzativa: si definiscono i compiti da svolgere,assegnando poi l’insieme di tali compiti agli organi che formano la struttura e alle persone che vi operano. La progettazione dei sistemi operativi, che è complementare alla progettazione della struttura organizzativa, si suddivide in: pianificazione e progettazione con cui si definiscono strategie da perseguire, e gestione del personale che definisce le regole in merito alle modalità di ingresso delle persone, alla loro retribuzione. La gestione dei prestatori di lavoro si compone di processi di ricerca, selezione,accoglimento e inserimento del personale, processi di analisi delle mansioni, dei carichi di lavoro ecc. determinata dalla partecipazione contemporanea di ogni persone alle aziende di più istituti: ogni persona è inclusa solo parzialmente in un singolo istituto,à normale che una persona sia contemporaneamente membro di una famiglia, di un’impresa, di più istituti pubblici territoriali. Le aziende sono dunque tra loro legate da reti complesse di interesse economici istituzionali e non. Le aziende si riuniscono in aggregati variamente formalizzati. In termini generici possiamo dire che le famiglie,istituti primari, costituiscono la base di aggregati parziali intermedi, quali gli istituti pubblici locali, che a loro volta confluiscono per parti negli aggregati nazionali e internazionali. Le relazioni interaziendali si manifestano soprattutto in forma di: 1. Prestazioni di lavoro di membri di famiglie presso aziende di produzione,aziende pubbliche, aziende no profit 2. Corrispondenti Flussi di remunerazione di lavoro dalle aziende di produzione,pubbliche e no profit 3. Apporti di capitale di risparmio di aziende familiari verso aziende di produzione, specie in forma di credito,verso aziende pubbliche; analoghi flussi tra aziende di produzione; limitati flussi da e verso le aziende no profit 4. Corrispondenti Flussi di remunerazioni e rimborsi 5. Cessioni di veni private dalle aziende di produzione e aziende no profit verso aziende familiari e pubbliche 6. Corrispondenti flussi monetari di pagamento e riscossione determinati da prezzi unitari e volumi di merci o servizio scambiati; versamento di contributi e donazioni varie a favore delle no profit 7. Flussi di capitale di prestito da aziende di produzione verso aziende familiari, pubbliche e no profit 8. Corrispondenti flussi di remunerazione e rimborso 9. Trasferimenti di rischi parziali da tutti i tipi di aziende verso aziende del settore dell’assicurazione e rimborsi a fronte di sinistri 10. Corrispondenti flussi di premi 11. Pagamenti di tributi delle aziende familiari , di produzione e non profit a favore delle aziende pubbliche 12. Erogazioni di beni pubblici delle aziende pubbliche verso le familiari,di produzione e no profit SCAMBIO Mediante lo scambio si attuano i trasferimenti di beni privati a titolo oneroso e si originano relazioni di credito di prestito e di assicurazione. Altrettanto vaste classi di relazioni interaziendali e di trasferimento di condizioni di produzione e consumo si attuano in forme differenti dallo scambio: si tratta delle negoziazioni istituzionali comprendenti i trasferimenti di capitale di rischio, di lavoro,di beni pubblici, beni privati a titolo non oneroso e trasferimenti impliciti. Nell’analisi economica si applica il concetto di scambio anche ai trasferimenti di capitale di rischio,lavoro e alcune classi di beni pubblici ma non deve portare ad un’assimilazione delle relazioni istituzionali a pure relazioni di scambio. Lo scambio si attua tipicamente in forma di scambio monetario. Se invece il corrispettivo è rappresentato da merci o servizi , si configura lo scambio NON monetario, denominato baratto, cui si associa il credito in natura se il regolamento è differito nel tempo. Gli scambi si attuano tra aziende, non singole persone. I processi decisionali non sono individuali. Gli scambi attuati da un’azienda fanno parte delle sue combinazioni economiche . Gli scambi sono elementi di mercato, le condizioni definite per ciascuno scambio risentono direttamente dalle condizioni di mercato. Nello scambio monetario l’azienda venditrice cede alla compratrice merci,servizi e disponibilità monetarie ( finanziamenti a titolo di prestito)e, nel caso dell’assicurazione, assume rischi particolari: la compratrice cede moneta o credito monetario ( se il regolamento è differito). La moneta o credito monetaria ceduta alla venditrice è definita prezzo, ossia valore monetario attribuito alle condizione di produzione e consumo acquisite. Si distingue il prezzo complessivo da quello unitario; il prezzo unitario è riferito all’unità di misura delle condizioni di produzione e consumo, è il valore unitario di scambio attribuito a tali condizioni, si tratta di prezzo costo per l’azienda compratrice e prezzo ricavo per la venditrice. il prezzo unitario è solo una delle condizioni di scambio oltre ad es., alla qualità delle merci, servizi,tempi,luoghi, modalità di trasporto ecc. Tutte le condizioni di scambio sono correlate, i prezzi unitari complessivi sono qualificati dall’insieme di tutte le altre condizioni dello scambio. La moneta è mezzo abituale di regolamento degli scambi, contestualmente è termine unitario per l’espressione dei valori ossia unità numeraria. Si distinguono i valori numerari dai valori non numerari; tutti i valori d’azienda che esprimono strumenti di regolamento degli scambi,mazzi che caratteristicamente sorgono per la funzione tipica della moneta, assumono l’attributo numerario, sono dunque detto valori numerari, tutti gli altri sono detti non numerari. Gli scambi originano valori numerari, crediti e debiti, e non numerari, costi e ricavi. Le operazioni di scambio originano varie forme di credito. Quando nello scambio le prestazioni fondamentali dell’azienda compratrice e della venditrice non sono eseguite contestualmente si ha credito, l’azienda che anticipa la prestazione è creditrice dell’altra debitrice. In caso di scambio monetario, di regola la prestazione differita è rappresentata dal pagamento della quantità di moneta corrispondente al prezzo complessivo e si ha così credito monetario; se la prestazione differita ha per oggetto un bene si ha credito in natura, tipico dello scambio non monetario. Il credito monetario,quando è mezzo temporaneo di regolamento dello scambio, assume la qualificazione di credito di regolamento e ,con riferimento alla costruzione del sistema di valori d’azienda, si denomina anche credito numerario. Si distingue dal credito di regolamento il credito di prestito; esso sorge come corrispettivo della disponibilità di una data quantità di moneta per un periodo di tempo. Oggetto dello scambio è la disponibilità di mezzi monetari; il corrispondente credito non rappresenta il prezzo a prezzi di mercato e dall’altra abbiamo imprese a capitale chiuso per la quali può essere estremamente difficile o oneroso acquisire sia vendere quote di capitale di rischio. • Numerosità dei conferenti di capitale di rischio,distribuzione delle quote possedute ed interesse ad un ruolo attivo; possiamo avere un solo conferente oppure una pluralità. Così si formano le figure dei conferenti: unico, di controllo, di minoranza attiva e minoranza passiva. • Natura giuridica dei conferenti: famiglie,imprese, Stato • Partecipazione diretta o indiretta al governo • Grado di concentrazione del rischio di chi ha investito gran parte del patrimonio o solo una piccola frazione • L’eventuale appartenenza dell’impresa a un gruppo di imprese e la sua posizione di controllante o controllata Le varianti danno luogo a sistemi di attese diverse: imprenditore,unico conferente di capitale,unico amministratore che sta progettando di quotare l’azienda in borsa cedendo il 49%, o azionista di controllo con il 5% del capitale di rischio di una grossa impresa quotata di cui e amministratore delegato e azionista di controllo di un’altra al 100% che è fornitore della prima, o una persona che ha investito tutti i suoi soldi in azioni di una grande impresa quotata detenendo un milionesimo del capitale . I fornitori apportano all’impresa condizioni di produzione di varia natura. Spesso gli scambi tra fornitori e clienti sono molto frequenti. Le relazioni stabili producono alti livelli di conoscenza reciproca e di fiducia tra le parti, questo riduce i costi di transazione. Le attese del cliente sono la qualità del bene,prezzo contenuto, tempi di pagamento non troppo brevi, consegna tempestiva, garanzie. La attese del fornitore sono la conoscenza anticipata e bassa variabilità della qualità, dei tempi, dei volumi richiesti, continuità nel rapporto. Le relazioni cliente fornitore assumono caratteri particolari quando i rapporti di forza sono sbilanciati in favore di uno dei due cioè: uno dei due è l’unico o principale produttore o compratore del bene in oggetto, uno dei due ha effettuato investimenti specifici per attivare la relazione di fornitura, o infine, tra uno dei due esiste una forte asimmetria informativa, chi dispone di minori conoscenze sull’oggetto dello scambio,sugli interessi della controparte e sui possibili futuri stati del mondo. I conferenti di capitale di prestito apportano mezzi monetari che sono messi a disposizione dell’impresa per un dato periodo di tempo a fronte dell’impegno di rimborso del capitale e di pagamento di interessi nella misura e nei tempi stabiliti: banche,finanziarie,famiglie,imprese sono esempi. Le attese dell’impresa che ricorre al prestito sono le condizioni generali come tasso di intesse,tempi di rimborso ecc Mentre quelle dei conferenti sono la trasparenza,solidità patrimoniale,redditività. Il loro rapporto assume caratteri speciali in due circostanze: quando il finanziatore ha investito una quota rilevante e l’impresa si trova in situazioni di tensione, in questo caso la vita del finanziatore dipende interamente dalle scelte di governo della finanziata per questo potrà chiedere di partecipare a tali scelte, ed infine, quando la forma tecnica del finanziamento prevede che il prestito si trasformi in capitale di rischio: si dicono prestiti obbligazionari convertibili. Le imprese di assicurazione coprono rischi particolari a fronte di premi. In situazioni di alta incertezza si manifestano due forme di comportamento opportunistico: fenomeno della selezione avversa per cui ex ante, tendono ad assicurarsi i soggetti che sanno di essere ad alto rischio e che , confidando di poter tenere nascosta questa condizione,puntano a pagare premi standard, ed il fenomeno dell’azzardo morale per cui,ex post, in caso di sinistro ,l’assicurato approfitta della difficoltà di accertamenti oggettivi e tende ad esagerare la valutazione del danno per ottenere un rimborso elevato. Gli alleati istituzionali sono le imprese partner in aggregati quali gruppi di imprese, consorzi, joint ventures, cartelli, franchising ecc. Nel caso di un’impresa controllata da una capo gruppo ad esempio, la controllata riceve capitale di rischio, una gamma ampia di servizi centrali,immagine e potere contrattuale; la controllata rende alla controllante dividendi e corrispettivi per i servizi; le relazioni diventano intense e complesse tra controllante e controllata se si danno anche relazioni di fornitura ed, ad es., la controllante è il principale cliente o fornitore della controllata. I concorrenti sono le imprese che offrono prodotti analoghi .ogni impresa deve gestire attentamente le relazioni con i concorrenti tenendo presente che: è interesse di tutti i concorrenti che la competizione sia leale, non sono rari i casi in cui conviene allearsi per realizzare specifici obiettivi quali l’emanazione di una certa normativa o realizzazione di progetti. Lo Stato è sempre legato alle imprese da rapporti che danno luogo a differenti insiemi di contributi, ricompense e attese. Lo stato è produttore ed erogatore di beni pubblici e quindi percettore di tributi, si aspetta che le imprese non pratichino evasione o elusione fiscale. Infine lo Stato è regolatore di comportamento delle imprese mediante emanazione della normativa e autorizzazioni. Le collettività locali instaurano relazioni significative con le imprese che hanno un ruolo rilevante ,si pensi a un imprese che da lavoro ad una quota rilevante degli abitanti. 2. INTEGRAZIONE DEI CONTRIBUTI: SOGGETTO ECONOMICO Occorre che tra tutti i soggetti vi sia cooperazione, l’integrazione dinamica dei contributi è una condizione di economicità. Un assetto di alta integrazione produce: bassi costi di transazione con soggetti esterni bassi costi di coordinamento interno bassi prezzi-costo degli input migliore qualità e flessibilità degli input impegno di tutti i soggetti soddisfazione dei bisogni di socialità processi di apprendimento collettivo più efficienti occorre superare vasti ostacoli però: il generale fenomeno della specializzazione fa sì che nell’istituto operino una pluralità di soggetti,ognuno dei quali con proprie competenze e risorse, risorse che sono complementari ma poiché i soggetti hanno obiettivi differenti e quindi differenti ipotesi di combinazione ottimale dei vari Quelli non economici fanno riferimento ad attese sociali,etiche e religiose. L’insieme delle persone con interessi istituzionali economici e non si dice SOGGETTO D’ISTITUTO, l’insieme di chi porta interesse istituzionali economici è detto SOGGETTO ECONOMICO. Il soggetto economico, che di regola coincide con quello d’istituto, fissa obiettivi e strategie,sceglie i soggetti che contribuiscono alla vita economica ( conferenti di capitale, prestatori di lavoro,clienti,fornitori) e stipula contratti. Infine progetta e attua strutture di governo e controllo e sorveglia il funzionamento. Capita anche che, come nelle imprese non piccole, che soggetto di istituto e soggetto economico siano formati da un grandissimo numero di persone: non sarebbe efficiente chiedere a tutti i membri del soggetto economico di partecipare a tutte le attività di governo economico quindi si rende necessario configurare strutture che rappresentino adeguatamente gli interessi di tutti i membri del soggetto economico diano luogo a processi decisionali efficienti. Se il soggetto economico è composto da UNA SOLA categoria di portatori di interesse allora: Vi saranno tre organi: soggetto economico, organo di indirizzo che si riunisce in assemblea periodicamente, organo decisionale di governo economico composto da una sola persona o poche con competenze tecniche o manageriali, e organo di controllo che verifica l’operato dell’organo decisionale Vi sono però delle varianti: nel caso delle imprese in cui il soggetto economico è composto da più categorie di portatori occorre configurare più assemblea,una per ogni categoria di portatori. Il principio di contemperamento degli interessi si attua adottando strutture e processi, atteggiamenti e comportamenti, ispirati alla logica della partecipazione e il confronto. VI. ECONOMICITA’ Si ha equilibrio istituzionale quando tutti i membri del soggetto d’istituto condividono valori e obiettivi che ispirano la vita dell’istituto, modalità di governo e logiche organizzative, ricevono ricompense e benefici rispetto ai contributi. L’equilibrio istituzionale è un equilibrio di lungo periodo che prevede la durabilità degli istituti. Le persone che vi partecipano si attendono che l’istituto perduri nel tempo in modo che le loro attese sia soddisfatte nel lungo periodo, i fondatori e i membri si attendono che perduri a tempo addirittura indeterminato. L’equilibrio istituzionale è vita duratura ma anche vita autonoma. Autonomia significa sostanziale libertà di scegliere i propri fini e modalità di governo senza sottostare alla volontà degli altri istituti. Si ha EQUILIBRIO ECONOMICO ossia ECONOMICITA’ quando l’istituto nel suo insieme è in grado ai attrarre risorse sufficienti per remunerare tutte le condizioni di produzione e di consumo utilizzate per svolgere le proprie combinazioni economiche. In altri termini l’economicità è la capacità dell’istituto di operare senza accumulare perdite. Equilibrio istituzionale ed equilibrio economico sono interconnessi, ma non sincroni. Si può manifestare equilibrio istituzionale pro tempore anche in condizioni di perdite, ma se le perdite si accumulano per importi e tempi estesi,l’equilibrio istituzionale viene compromesso e questo può significare: l’istituto cessa di vivere, o, un altro istituto ingloba, acquisisce l’istituto in disequilibrio, o altri soggetti si rendono disponibili a ripianare sistematicamente le perdite future, l’istituto in perdita rimane in vita ma la sua autonomia sostanziale è persa poiché i diritti proprietari si trasferiscono a chi si accolla le perdite che è il nuovo soggetto d’istituto. CONDIZIONI DI SVOLGIMENTO DELLE AZIENDE Il principio di economicità si declina in due forme: perseguimento di fini economici istituzionali rispetto di una serie di condizioni di svolgimento dell’attività economica in termini di fini istituzionali economici l’economicità è espressa dal grado di raggiungimento dei fini, nelle imprese si tratta di produrre remunerazioni monetarie e di altra specie in particolare per prestatori di lavoro e conferenti del capitale di rischio. In termini di condizioni di svolgimento si fa riferimento ad equilibrio reddituale,efficienza e flessibilità, congruenza delle remunerazioni,capacità di risparmio ed equilibrio monetario. 5.2. ECONOMICITA’ NELLE IMPRESE EQUILIBRIO REDDITUALE Nelle aziende di produzione si svolge una serie di accadimenti da cui scaturiscono costi e ricavi. Il fluire dei ricavi nel tempo alimenta la continuità di processi produttivi che via via si susseguono con il sostenimenti di costi. Poiché nelle aziende di produzione i costi sono sostenuti in via anticipata rispetto ai ricavi, si manifesta una fabbisogno di capitale la cui copertura provvisoria di opportune fonti di finanziamento determina a sua volta una componente negativa di reddito. Solo se il fluire dei componenti positivi copre quelli negativi risulta assicurata la continuità dell’azienda. Da questi cenni si evince una prima fondamentali condizione senza la quale l’azienda non si dice vitale. Si tratta dell’equilibrio reddituale equilibrio tra componenti positivi e negativi di reddito ed esprime l’attitudine della gestione di remunerare con i componenti positivi tutti i fattori di produzione compresi il capitale di rischio e di prestito. Non è sufficiente, comunque, come condizione, deve essere infatti accompagnata da altre condizioni da rispettare simultaneamente . Una prima qualificazione dell’equilibrio reddituale riguarda il tempo a cui riferire l’equilibrio e che tale equilibrio debba essere di lungo periodo. Una seconda qualificazione dell’equilibrio reddituale riguarda l’oggetto di riferimento , l’equilibrio reddituale può infatti fare Quarta condizione da soddisfare per l’economicità: l’azienda deve operare secondo equilibrio tra componenti positivi e negativi di reddito ma deve contemporaneamente essere in grado di far fronte agli impegni di pagamento. Poniamo un0azienda che abbisogni di anticipare molti dei costi prima di conseguire ricavi: si pensi alle aziende cantieristiche o impiantistiche i cui lavori si sviluppano per anni. Compito della gestione finanziaria è appunto cercare la copertura di tale fabbisogno, provvedendo alla raccolta di mezzi finanziari con vincolo di credito sufficienti per consentire lo svolgimento dell’azienda. La gestione finanziaria compensa i periodi in cui si determinano squilibri monetari con quelli in cui si manifestano eccedenze di cassa. 7.1 ANALISI DI REDDITIVITA’ SOLIDITA’ E LIQUIDITA’ SINTESI DI BILANCIO E EQUILIBRI NELLE AZIENDE DI PRODUZIONE Parliamo della tecnica di riclassificazione dei valori di bilancio. I valori di bilancio, se opportunamente analizzati,contengono indicazioni preziose anche per valutare le condizioni di economicità futura. In particolare, dalla sintesi di capitale si traggono elementi di giudizio sulla situazione patrimoniale dell’azienda al momento della chiusura dell’esercizio che non possono non avere riflessi sulla gestione futura. Si tratta infatti di un equilibrio strutturale che esprime un momento di stasi di una dinamica in corso e che esercita i suoi effetti sulla gestione reddituale e monetaria degli esercizi futuri. E da chiedersi se le strutture della sintesi di bilancio che abbiamo finora utilizzato non possano esser impostate in modo diverso al fine di migliorare la capacità segnaletica delle stesse. Rispondono a queste esigenze due tecniche di analisi: • Riclassificazione della sintesi di bilancio • Costruzione di indici, quozienti che hanno la capacità di sintetizzare fenomeni complessi La prima consiste nel riesporre i valori contenute in modo diverso per ottenere ulteriori informazioni rispetto quelle offerte dagli schemi originari. Il conto economico esprime il reddito prodotto nel periodo ma anche le informazioni per l’accertamento della capacità di reddito tendenziale , per valutare cioè se il risultato reddituale del periodo è tale da consentire un giudizio positivo sull’economicità dell’azienda in funzionamento. La struttura del conto economico a costi ricavi e rimanenze , ossia quella fin qui considerata, è utile a valutare la configurazione degli input e degli output, ma attraverso tale struttura non è agevole capire i fenomeni determinanti il quantum del reddito, distinguere tra essi quelli che possono permanere nel futuro. Semmai una struttura capace di fare questo è la struttura ricavi e costo del venduto che mette in luce i risultati parziali relativi alle singole gestione e ai raggruppamenti di gestioni. Da questa struttura si possono così cogliere i seguenti risultati: 1. -risultato operativo della gestione caratteristica 2. -risultato operativo che assomma il risultato operativo della gestione caratteristica ai proventi netti derivanti dalla gestione patrimoniale, la quale si configura come combinazione economica parziale finalizzata alla produzione di redditi addizionali rispetto a quelli della gestione caratteristica ( proventi finanziari, interessi per crediti di finanziamento concessi ecc) 3. -risultato lordo di competenza che tiene conto del risultato operativo e degli oneri finanziari ( interessi passivi) derivanti dalla gestione finanziaria 7 4. -reddito prima delle imposta che considera, oltre al risultato lordo di competenza, le sopravvenienze e insussistenze attive e passive, intese come componenti di reddito che non competono all’esercizio di cui trattasi, ma che sono correlate ai costi e ricavi di più esercizi trascorsi ( es. plusvalenze rilevati in occasione del realizzo di cespiti soggetti ad ammortamento e quindi espressione di ammortamenti eccessivi) 5. -reddito netto ( risultato reddituale) risultate dalle operazioni di tutte le gestione e quindi anche della gestione tributaria Se il reddito netto proviene fondame4ntalmente dal redito operativo della gestione caratteristica si ha ragione di ritenere che l’equilibrio conseguito poggi su basi tanto solide da considerare il reddito netto prodotto un valore che almeno nel breve periodo possa permanere. Un giudizio non favorevole sarebbe anche derivato dal caso di un reddito netto ottenuto con una palese evasione fiscale e così via. CAPITALE DI FUNZIONAMENTO E EQULIBRIO PATRIMONIALE Lo stato patrimoniale finale, così detta tavola del capitale di funzionamento, è la fonte primaria di informazioni per l’analisi finanziaria, per accertare la solvibilità a breve a lungo termine dell’impresa. Non sempre i valori in esso sono classificati in modo tale da favorire questa analisi. Il criterio di riclassificazione che viene allora adottato p quello finanziario secondo il quale si cerca di capire come gli investimenti rappresentati delle voci dell’attivo sono stati finanziati dalle varie forme di finanziamento rappresentate dalle voci del passivo e del netto. In particolare, gli elementi dell’attivo esprimono investimenti dai quali in futuro si attendono flussi di entrate monetarie. D’altro canto, gli elementi del passivo e del netto possono interpretarsi come le forme e fonti di finanziamento usate per coprire gli investimenti. Per classificare gli elementi dell’attivo si adotta il criterio della liquidità cioè della loro attitudine a trasformarsi,in tempi più o meno brevi, in mezzi monetari senza danneggiare la gestione operativa ( caratteristica e patrimoniale). Per quelli del passivo e del netto si adotta lo stesso criterio della scadenza, cioè del termine entro il quale occorre far fronte agli impegni. Convenzionalmente si adotta il periodo di un anno per classificare gli elementi dell’attivo netto in attivo corrente ( con scadenza inferiore all’anno) e in attivo fisso , o attivo immobilizzato ( con scadenza superiore all’ anno),e gli elementi del passivo in passivo corrente e in passivo consolidato o a medio e lungo termine. L’attivo corrente si classifica in: il credito verso il cliente non quando si verifica l’entrata monetaria, lo stesso vale per i costi • Infine per configurare l’esercizio generale si definiscono e valutano le rimanenze di esercizio • Tutto ciò nasconde la dinamica monetaria che si sviluppa mediante pagamenti e riscossioni Per risalire dal reddito netto alla sintesi delle variazioni monetarie si segue un procedimento a ritroso che consiste dapprima nel sommare al reddito,con segno opposto, quei valori che non hanno determinato movimenti di moneta e credito ( come l’ammortamento). Tale valore, detto utile spendibile,esprime la generazione di un flusso che non può ancora dirsi monetario,si può dire solo che è potenzialmente monetari che diventa effettivo solo se nel periodo non si manifestano variazioni nette. Se nel periodo il capitale circolante netto è cresciuto ( crediti di regolamento, rimanenze aumentate e debiti di regolamento si son contratti) vuol dire che una parte di tale flusso è stata assorbita da questo circolante e che quindi il flusso monetario risulta minore, se invece, diminuisce il flusso si trasforma in un flusso monetario ancor più elevato. Questo fiume, questo flusso di capitale circolante netto,prima di sfociare nel mare aziendale incontra una spugna che è il capitale circolante netto operativo. La spugna assorbe o libera risorse monetarie e quindi può ridurre o aumentare quelle provenienti dalla gestione corrente. Se al flusso monetario di primo livello si aggiungono flussi monetari negativi o positivi della gestione delle immobilizzazioni, delle passività consolidate e del capitale proprio si ottiene la variazione che i mezzi monetari liquidi hanno subito durante il periodo. L’esigenza, perché l’azienda possa durare nel tempo, è che gli equilibri aziendali siano conseguiti simultaneamente. Si possono ammettere brevi,programmate consapevole diacronie. REDDITIVITA’,SOLIDITA’ E LIQUIDITA’ NELLA MUTEVOLE DINAMICA AZIENDALE Due sono i fondamentali problemi da risolvere per consentire un’introspezione dei fenomeni d’azienda al fine di pervenire ad un giudizio sull’economicità. Il primo riguarda la scelta di un insieme di quozienti che riesca a coprire le possibili aree di indagine, in particolare tre fenomeni: redditività, liquidità e solidità patrimoniale. Il secondo attiene alla scelta dei termini di riferimento interni e esterni per favorire il procedimento di analisi reddituale e finanziaria, per far scaturire da questo confronto ipotesi, osservazioni,valutazioni e giudizi. REDDITIVITA’ DEL CAPITALE PROPRIO la redditività si ottiene rapportando una configurazione di reddito ad un’altra grandezza a questa correlata. In questo modo si effettuano confronti tra imprese diverse per dimensioni e natura dell’attività e anche confronti storici nell’ambito della stessa azienda.L’indice che esprime i risultati dell’impresa è la redditività del capitale proprio detta ROE, per la quale il reddito netto RN prodotto viene rapportato al capitale netto CN o capitale proprio, ossia alla condizione di produzione di diretta pertinenza. Questo rapporto si giustifica con il fatto che il reddito netto è la variazione che il capitale proprio subisce per effetto della gestione. Questo quoziente viene anche chiamato saggio di reddito e si sostanzia nel rapporto: ROE= reddito netto/ capitale netto [ROE= RN/CN] esso misura l’incremento potenziale di capitale netto nel periodo. Questo indice va confrontato con il costo figurativo del capitale proprio che esprime il sacrifico sopportato dai portatori di capitale- risparmio per aver investito mezzi finanziari nell’azienda. Costo figurativo che deve essere calcolato tenendo conto dei differenti gradi di rischio e di liquidità degli investimenti alternativi. Solo se il ROE risulta ad esso superiore possiamo affermare che si è conseguito nel periodo l’equilibrio reddituale. Quali sono i fattori che determinano il ROE: un primo fattore è sicuramente la redditività della gestione operativa,cioè il rendimento degli investimenti nelle attività produttive di reddito indipendentemente dal fatto che esse appartengano alla gestione caratteristica o patrimoniale. La redditività dei mezzi propri risente in primo luogo della redditività operativa. Un redditività che si fonda su una buona redditività operativa da motivi di conforto che la gestione di quell’azienda poggia su basi consistenti. Tale redditività, detta ROA si traduce nel seguente rapporto: ROA= reddito operativo / attivo netto [ROA= RO/AN] Quindi si sviluppa la seguente uguaglianza volta a calcolare il ROE partendo dal ROA o viceversa: ROE= RO/AN x AN/CN x RN/RO Cerchiamo di capire il significato di AN/CN e RN/RO:il primo rapporto esprime la relazione che intercorre tra il capital investito e I mezzi proprio e quindi esprime il peso del capitale di terzi (CT) cioè dei debiti: infatti AN = CT + CN, quindi: AN/CN= CT/CN+ CN/CN = CT/CN +1 Si può constatare che il rapporto AN/CN è uno dei modi per indicare il RI, rapporto di indebitamento RI= AN/CN = CT/CN +1 Rapporto che serve per apprezzare la solidità patrimoniale dell’impresa. Tale quoziente svolge, sulla formula, effetto nullo se è uguale a uno ( perché significa che l’azienda lavora con mezzi propri) o un effetto moltiplicativo se è maggiore di uno ( l’azienda usa anche capitale di terzi). Quando si avvale di capitale di terzi l’azienda amplifica la redditività operativa,ciò vale sia per una redditività positiva sia per una negativa. Questo effetto amplificativo viene detto leverage o effetto leva. Passiamo ora all’altro rapporto derivante dalla scomposizione del ROE e cioè al tasso d’incidenza TI del reddito netto sul reddito operativo: TI = RN/ RO LA LEVA FINANZIARIA L’effetto leva finanziaria si produce per via della differenza tra il costo medio del capital di terzi “ i “ e il ROA, se i mezzi dei terzi MT o capitale dei terzi CT costano, in termini percentuali, meno di quanto rende il ROA, l’impresa ne trae un vantaggio perché incamera tale differenza accrescendo il RN. L’effetto leva finanziaria è tanto pi potente: quanto maggiore è la differenza tra ROA e i quanto maggiore è il tasso di indebitamento la formula generale di passaggio dal ROA al ROE, trascurando le imposte è ROE= ROA + MT/CN x (ROA – i ) Considerando le imposte sul reddito ( t%) la formula diventa ROE = [ ROA + MT/CN x (ROA-i ) ] x (1-t ) Il ROE può risultare maggiore del ROA anche dopo le imposte , questo succede quando l’effetto leva finanziaria è abbastanza potente da produrre un reddito anteimposte particolarmente elevato. ANALISI COMPARATE, INDICI DI RIFERIMENTO Si possono predisporre indicatore di riferimento per classi e situazioni di imprese omogenee da usare , però sempre ricordando che ogni caso ha le proprie specificità da tenere in conto, e che gli indici di bilancio sono segnalatori potenti delle condizioni di economicità ma comunque coprono solo alcuni aspetti della vita dell’ impresa mentre non dicono niente su altri come sul sistema competitivo ad esempio. Precisato questo, proponiamo esemplificazioni riferite a generiche imprese manifatturiere, presupponiamo che per queste imprese quindi valgano i seguenti indicatori: • RO deve derivare in prevalenza dalla gestione caratteristica, con eventuali contributi di quella patrimoniale • ROE è pari al 10% del capitale netto, corrisponde al rendimento che i conferenti otterrebbero dagli investimenti con livelli di rischio e liquidità confrontabili con quelli della nostra impresa • ROA è pari all’8%, si prevede un costo medio del capitale di terzi relativamente basso e di conseguenza un effetto leva finanziaria positivo che permette di passare dall’ 8% di ROA al 10% di ROE pur con imposte sul reddito pari al 50% del reddito prima delle imposte • ROS, redditività media sulle vendite, nel settore è del 3% Sempre con riferimento a generiche imprese manifatturiere, si passi a considerare i profili patrimoniali, supponiamo che per le nostre imprese valgano i seguenti riferimenti: • Rapporto di indebitamento attorno a 4 per poter sfruttare la leva finanziaria ma senza correre troppo rischi in caso di impennate dei tassi di interesse o strette creditizie • Si giudicano equilibrati un quoziente di liquidità e disponibilità pari,rispettivamente, il primo a 1 il secondo a 2. • Si giudica opportuno che il CN copra interamente le immobilizzazioni tecniche nette, ossia che l’indice di copertura delle immobilizzazioni sia maggiore di 1 • Si giudica opportuno che l’insieme delle immobilizzazioni sia coperto dal CN e dalle passività di medio-lungo termine. L’indice di copertura delle immobilizzazioni deve essere maggiore di 2 8.1 PROCESSI DI RILEVAZIONE- SISTEMI INFORMATICI RILEVAZIONI E I LORO PROCESSI Si dice rilevazione il processo mediante il quale si individuano, raccolgono e diffondono dati e informazioni. Si parla di rilevazioni elementari riguardo ai documenti originari di raccolta ( fattura, bolla, ecc ) e rilevazioni contabili quando si utilizza il conto ( tavole a due sezioni con valori con il segno) e di rilevazioni statistiche quando si usano altri strumenti diversi dal conto: tabelle,grafici,diagrammi ecc. Le rilevazioni elementari e quelle statistiche vengono denominate nel loro insieme rilevazioni extra contabili . Tutto questo costituisce il complessivo sistema informativo aziendale. Le rilevazioni dei valori si inseriscono nel libro giornale dove i fatti sono raccolti cronologicamente, e in un libro mastro, dove sono raccolti in modo sistematico nei vari conti. In sede di chiusura d’esercizio, vanno svolti processi di rielaborazione per inserire i valori stimati. Infine si avviano processi di rappresentazione dei valori nelle sintesi di bilancio. Assieme a questi, si possono prevedere processi volti a diffondere l’informazione e favorirne l’interpretazione. OGGETTI DI RILEVAZIONE Innanzitutto bisogna distinguere una prima classificazione che vede le informazioni relative ai livelli decisionali e quelle ai quali esse danno un supporto conoscitivo. Vi sono quindi 3 insiemi di informazioni che sono di supporto rispettivamente all’attività di pianificazione strategica, di direzione , e infine operativa- esecutiva. Nel primo caso sono informazioni esterne, di dati approssimati che servono ad orientare l’azienda nelle decisioni sul posizionamento strategico,come i dati sulla concorrenza. Nel secondo sono dati interni che servono a impostare il processo di programmazione controllo. Nel terzo si tratta di informazioni necessarie per svolgere l’attività corrente: anagrafe clienti, caratteri degli ordini di vendita, informazioni di merci spedite ecc. Una seconda distinzione attiene alle aree funzionali in cui le informazioni vengono usate. Si ha quindi il sottoinsieme delle informazioni logistiche, informazioni commerciali, informazioni di produzione, informazioni per la ricerca e sviluppo ecc. 9.1 SISTEMA DI SCELTE E STRUTTURA DELLE AZIENDE AZIENDA COME SISTEMA DECISIONALE Le decisioni in campo economico sono soggette al vincolo della scarsità delle risorse. Si impongono attente e rigorose analisi di convenienza economica comparata, gli studi di economia aziendale hanno portato allo sviluppo di numerosi modelli di analisi • Come dimensionare le capacità produttive delle attività che si è deciso di svolgere all’interno • Quale peso e ruolo assegnare alle gestioni patrimoniale finanziaria e tributaria 3. Patrimonio e’ formato dalle varie classi di condizioni produttive materiali e immateriali usato per svolgere la propria attività economica 4. Organismo personale Insieme di persone che prestano il loro lavoro nell’istituto,occorre decidere: • Quali profili personali e professionali privilegiare in occasione delle’assunzioni • Come aggiornare questi profili • Quali condizioni attivare per sviluppare e mantenere un clima di rispetto e cooperazione 5. Assetto organizzativo Definisce la struttura interna e le modalità di svolgimento dei processi aziendali; esso risulta dalla configurazione di tre ulteriori macrovariabili congiunte: struttura organizzativa, distruzione poteri, sistemi operativi. Progettare la struttura organizzativa significa ripartire l’insieme delle attività aziendali in compiti da assegnare alle singole persone e mettere in atto le condizioni affinchè le attività suddivise si svolgano in modo integrato. Occorre decidere i criteri di suddivisione del lavoro e come raggruppare le attività in sottoinsiemi. Congiuntamente si progetta la distribuzione del potere ossia tra i vari organi dei diritti e doveri de decisioni. Sono detti sistemi operativi i sistemi di panificazione,programmazione e controllo mediante i quali si assegnano alle varie unità aziendali gli obiettivi e risorse, i sistemi di gestione del persone con cui si governa la dinamica dell’organismo personale e si remunerano i contributi dei prestatori. Le 5 macrovariabili sono tra loro collegate da forte complementarietà e interdipendenza. Ogni configurazione delle 5 macrovariabili ha una propria COERENZA INTERNA, ogni variazione di una macrovariabile produce variazioni della configurazione o comportamenti delle altre macrovariabili, ogni intervento di riprogettazione di una macrovariabile rompe la coerenza preesistente e ,dunque, dovrebbe contenere tutti gli adattamenti delle altre variabili necessari per produrre la NUOVA COERENZA INTERNA. • Coerenza interna tra le 5 macro • Coerenza esterna tra la struttura dell’azienda e l’ambiente La vita economica dell’impresa dipende dall’attivazione delle suddette. UNITARIETA’ DEGLI ISTITUTI E LORO GOVERNO: ORIENTAMENTO STRATEGICO DI FONDO e’ concreta la possibilità che si prendano decisioni contraddittorie, il principio di unitarietà del governo economico ha acquisito evidenza con lo sviluppo del concetto di STRATEGIA AZIENDALE. Questo si riferisce alla necessità di pensare all’impresa in modo globale e unitario unificando le politiche delle singole aree funzionali. L’esigenza di un indirizzo strategico unitario è sottolineata dal concetto di orientamento strategico di fondo: la strategia azienda include anche la definizione dei fini e del campo d’azione dell’impresa. Questa è un organismo vivente che cerca di realizzare una certa visione del suo futuro,visione nella quale gli obiettivi perseguiti e le attività svolte per perseguirli sono strettamente interconnessi e si evolvono continuamente. La strategia si compone di due elementi: orientamento strategico di fondo e indirizzi strategici. Il primo è la sua identità, l’insieme di idee ,valori,atteggiamenti riguardanti: -cosa essa vuole fare ( campo di attività) -perché lo vuole fare ( obiettivi) - come lo fa ( filosofia gestionale e organizzativa) Il secondo riguarda il modo in cui il primo si concretizza e si tratta delle scelte strategiche che definiscono in quali arene competitive l’impresa vuole operare e come affrontare la concorrenza o gestire gli attori istituzionali. UNITARIETA’ DELLE COMBINAZIONI ECONOMICHE • Complementarietà Fattore di unitarietà delle combinazioni economiche, si manifesta come complementarietà dei fattori produttivi e dei vari insiemi di operazioni. Ad es si pensi alla programmazione e coordinamento per realizzare u n nuovo impianto industriali e ai gravi danni che possono derivarne dalla mancanza o ritardo di realizzazione, o dalla non compatibilità con altri elementi,di una parte magari piccola ma comunque indispensabile • Fungibilità Si dice parziale o totale, tra differenti fattori di produzione ( combustibili tra loro alternativi ) ma altrettanto importanti sono le fungibilità tra classi di operazioni: si pensi ad investire molto nella qualità e affidabilità del prodotto per ridurre l’attività e costi dell’assistenza post vendita in garanzia. • Comunanza Uno stesso fattore di produzione o uno stesso insieme di operazioni, può concorrere all’ottenimento di più risultati: tale fattore o insieme si definisce comune ai risultati ottenuti. Così un impianto di verniciatura è comune a più linee di prodotti,così un’aula scolastica è comune a più corsi. Alle risorse e processi comuni corrispondono costi comuni. • Congiunzione Se ad uno stesso processo produttivo escono contemporaneamente e necessariamente più risultati, tali risultati si denominano congiunti. L’esempio noto è quello dei mercato alla quale non si possono applicare le condizioni omogenee e correnti di mercato. Un medesimo bene, in un periodo do tempo,è di regola negoziato in più ,mercati, in molti casi la distinzione più evidente è per aree economico-geografiche, si hanno così vari mercati nazionali o regionali delle automobili, abbigliamento ecc. Per uno stesso bene di hanno diversi mercato anche in funzione di distinti insiemi di aziende clienti( pubbliche,private ) o per differenti bisogni soddisfatti. Il progresso dei sistemi di comunicazione e trasporto tende ad attivare interdipendenze tra mercato di uno stesso bene che nel passato erano distinti, si configurano così mercati di vastissima estensione in qualche caso denominabili mercati globali. Forti interdipendenze si danno tra mercati ove si negoziano beni correlati di complementarietà e fungibilità; si tratta di mercati distinti perché composti da negoziazioni disomogenee, ma anche mercati interdipendenti. I mercati sono complessi dinamici. Le negoziazioni che formano i mercati sono tipicamente negoziazioni tra aziende. Sono influenzate da interventi di politica e regolamentazione economica, condizioni fisiche ambientali e relazioni internazionali. Le tradizionali e fondamenti categorie di analisi dei mercati sono la DOMANDA e l’OFFERTA. La domanda espressa da una data azienda, in un periodo, per un bene, è funzione di un insieme di variabili: prezzo di mercato di quel bene valutato tenendo conto delle altre condizioni di negoziazione; prezzo e altre condizioni di negoziazione dei beni succedanei e complementari; livelli di disponibilità monetaria. Le decisione in oggetto sono influenzate poi da fattori quali la pubblicità, l’esperienza, le informazioni disponibili. Vi sono anche variabili che influenzano l’offerta del bene : la determinazione dei prezzi e volumi di vendita terrà sempre conto dei prezzi di mercato, altre condizioni di scambio dei prodotti fungibili e complementari, relazione tra capacità produttiva installata e volumi di produzione previsti,struttura di costi fissi e cariabili, progresso tecnologico rispetto ai concorrenti,nuovi beni fungibili. I SETTORI Un insieme omogeneo di aziende ( aziende che producono beni analoghi) legate da relazioni di interdipendenza ( relazioni di concorrenza o di altro tipo). Vi sono tre fondamentali tipi di analisi economica che si fondano sul concetto di settore: 1. La prima vede il settore come l’insieme di aziende di produzione che in un dato Paese producono e vendono una carta categoria di beni. In alcuni casi l’analisi può portare, al contrario, ad evidenziare un eccessivo frazionamento del settore; in altri casi si possono individuare condizioni che portano invece a forme di concorrenza eccessiva. Queste analisi di economia industriale portano a formulare interventi tendenti a ridurre le concentrazioni monopolistiche , a favorire talune forme di concentrazione, a progettare o a rafforzare un certo settore nel contesto internazionale. 2. La seconda analisi riguarda le interdipendenze settoriali in termini di flussi di condizioni di produzione e consumo e di mezzi monetari. Il sistema economico di un Paese è rappresentato da settori che evidenziano i flussi in entrata ed uscita ( input output) di ogni settore rispetto agli altri. Qui i settori sono insiemi di aziende uniformi dal punto di vista degli input e output che lo caratterizzano. L’analisi non riguarda solo le aziende di produzione. In questo caso però si trascurano le strutture e relazioni interne dei settori e si volge attenzione alle relazioni tra settori. 3. La terza analisi studia il contesto competitivo delle aziende di produzione. Qui il settore è definito come insieme di aziende di produzione concorrenti nel medesimo mercato e l’attenzione si concentra sul comportamento competitivo delle aziende del settore. Ci si domanda quali stimoli, e vincoli derivanti dalla struttura del settore, condizionino il comportamento delle aziende . L’ipotesi di base è che la struttura del settore sia la variabile ambientale dominante,variabile indipendente dalla quale discendono con relazione di causalità diretta i comportamenti delle aziende. Nel campo degli studi del settore come contesto competitivo d’impresa occupa una posizione importante il modello classico STRUTTURA-COMPORTAMENTI-RISULTATI. Di seguito lo si presenta: I settori di aziende concorrenti sono insiemi di aziende di produzione che producono beni equivalenti con riguarda alla loro funzione d’uso e che indirizzano la loro offerta a comuni insiemi di aziende cliente. Si ipotizza che le aziende concorrenti abbiano combinazioni economiche simili per tecnologia. Si analizza la struttura del settore secondo tre variabili: • Grado ci concentrazione del settore: elevato se un piccolo numero di aziende copre un quota elevata dell’offerta complessiva; basso se il settore è composto da numerose aziende ciascuna esprimente una piccola quota dell’offerta • Struttura dei costi delle aziende: si analizzano innanzitutto la curva dei costi unitari di produzione in funzione dei volumi di produzione, l’andamento nel tempo dei costi unitari di produzione in funzione dei processi di apprendimento; si intende quindi valutare se e come al crescere dei volumi di produzione, e al protrarsi delle produzioni nel tempo,i costi unitari diminuiscono. • Il livello delle barriere all’entrata: ossia il livello di ostacoli che dovrebbero essere superati da un’azienda esterna al settore per entrare nello stesso; il livello di barriere è indicatore del grado di protezione infine, la struttura del settore: i settori si possono configurare secondo alcune forme strutturali tipiche, ognuna suggerisce alcuni comportamenti d’azienda che rendono possibili determinati livelli di redditività, questi ultimi , quindi, sono spiegati proprio dalla struttura del settore. Struttura che è altresì soggetta all’influsso di dinamiche di ambiente esterne al settore. combinazioni; quando la pressione è debole l’azienda ottiene livelli di economicità soddisfacenti. Gli elevati livelli di pressione ambientale possono essere fronteggiati adottando strategie istituzionali ed organizzative specificamente volte a ridurla. L’ambiente appare così una variabile direttamente modificabile nella sua dimensione della pressione. Per ridurre la pressione si attuano scelte di internalizzazione totale o parziale degli elementi ambientali critici: integrazioni verticali o orizzontali, fusioni,acquisizioni, joint ventures, accordi coi clienti ecc. II. Visione dell’interazione multicentrica: allarga l’orizzonte di analisi ad un ambiente non solo economico. L’ambiente qui è composto da vari elementi: aziende di produzione, familiari,composte pubbliche ecc. ciascuno con logiche proprie di evoluzione, con propri valori e criteri di azione; tali elementi interagiscono continuamente assumendo configurazioni proprie e relazioni reciproche nuove. L’ambiente è ambito di espressione e esercizio di soggettività e discrezionalità dei differenti attori. L’azienda opera nei confronti dell0ambiente ricercando INNOVAZIONI atte a realizzare le proprie finalità. Ogni elemento dell’0ambiente non ricerca l’adattamento ma si evolve secondo logiche sue proprie. Le dinamiche dei differenti elementi si influenzano reciprocamente. Le aziende possono configurarsi secondo strutture policentriche o reti, gli aggregati e i gruppi di aziende prevalgono sulle aziende monolitiche isolate; l’attenzione si sposta dai confini dell’azienda ai confini dell’aggregato aziendale. Le gerarchie organizzative e gli strumenti di pianificazione e programmazione si configurano secondo la logica del progetti. INNOVAZIONE E FLESSIBILITA’ prevalgono sull’efficienza. 9.2. SISTEMA COMPETITIVO MODELLO DELLA CONCORRENZA ALLARGATA il sistema competitivo si riferisce allo spazio economico popolato dai clienti,fornitori e concorrenti. La scelta del sistema competitivo in cui operare costituisce una decisione quale il raggio d’azione geografico,le fasce di clienti e concorrenti diretti. Il modello della concorrenza allargata si discosta da quella tradizionale in quanto amplia la gamma di attori coinvolti, e non considera tali sono i concorrenti bensì: clienti-fornitori-potenziali entranti-produttori di beni sostitutivi i quali esercitano una pressione, che corrisponde all’accezione di concorrenza nel caso de quo, ossia forza sulle imprese di un settore, forze riassumibili in: • Rivalità tra concorrenti: tanto maggiore quanto più il settore è frammentato/il tasso di crescita della domanda dei prodotti è basso/ i prodotti sono indifferenziati / costi fissi elevati/ elevate barriere all’uscita ( difficile cambiare settore per la specificità di investimenti effettuati,costi di dimissione delle strutture ecc) e implica forti pressioni sui risultati reddituali,in particolare i prezzi • Potere dei clienti: funzione di due elementi che sono la forza negoziale e la sensibilità al prezzo. La prima è tanto maggiore se il loro settore è più concentrato di quello dei concorrenti/se sono bassi i costi di passaggio da un fornitore ad un altro / se dispongono informazioni approfondite sui beni acquisitati/ se sono potenziali entranti in quanto minacciano di integrarsi a momento. La seconda dipende dalla differenziazione,dal’incidenza dei beni sul costo o sulla qualità dei loro prodotti e dall’intensità della competizione nel settore. • Fornitori: forte potere se minacciano di integrarsi a valle rappresentano dei potenziali entranti; sei i beni da essi offerti sono specifici, ossia difficilmente e non convenientemente sostituibili, poco rilevanti in termini di incidenza sui costi dei concorrenti ecc. • Minacce di ingresso dei nuovi concorrenti: dipendono dalle barriere all’entrata le quali hanno varie determinanti quali: -fabbisogno di capitale: si tratta del complesso degli investimenti e immobilizzazione necessaria allo svolgimento della gestione - economie di scala: vi sono settore in cui le tecnologie produttive permettono di conseguire economie di scala molto elevate. In questi casi chi intenda entrare deve farlo con strutture di grandi dimensioni,pena il rischio di trovarsi sin dall’inizio ad operare con costi non competitivi -vantaggi di costo assoluti: derivanti ad es. dalla favorevole localizzazione degli impianti rispetto fornitori e clienti, o da un accesso privilegiato alle materie prime , o da economie di esperienza -differenziazione del prodotto: nei settore in cui i prodotti sono caratterizzati da marchi noti e affermati pressi i clineti, il potenziale entrate deve costruire la propria immagine e acquisire fedeltà del cliente e quindi sostenere maggiori costi e investimenti ad es. in promozione o pubblicità. -accesso ai canali distribuitivi: quanto più i concorrenti godono di una posizione consolidata presso i clienti distributori, tanto più è necessario investire in promozione sul punto vendita, o concedere sconti,se si deve costruire ex novo una relazione con i distributori stessi -politiche pubbliche: di regolamentazione e controllo nei casi in cui si richiedono ad es . licenze -rischi di ritorsioni da parte dei concorrenti del settore: riduzioni di prezzo,investimenti promozionali • Minacce di sostituzione: anche i produttori di veni sostitutivi pongono limiti alla redditività del settore. Questi sono tanto più un pericolo quanto maggiore è la propensione dei clienti a sostituire i prodotti con altri dipendentemente dal rapporto prezzo/prestazione dei sostituti. A queste forze vanno aggiunte altre relazioni atte a influenzare : relazioni di COOPERAZIONE TRA CONCORRENTI e COOPERAZIONE TRA FORNITORI e CON I CLIENTI. Danno vita ad aggregati aziendali. Nel modello in esame si definisce settore l’insieme di imprese in diretta competizione su uno stesso mercato di vendita, mentre si definisce sistema competitivo il settore allargato. Ogni settore si può segmentare per raggruppamenti competitiva dipende dalla consonanza delle tre macrovariabili. Specificamente, l’impresa deve comprendere quali sono le attese dei clienti e in particolare le attese decisive per le svelte di acquisto: i fattori critici di successo., e a fronte di questi, qual è l’attuale offerta dei concorrenti. Infine deve sviluppare competenze distintive in modo tale da rendere difficile l’imitazione ai clienti. FATTORI CRITICI DI SUCCESSO Per poter individuare quanto detto l’impresa deve costruire un inventario completo e chiaro delle attese dei clienti ed individuare quali sono le attese più critiche, i FCDS. Esempi di questi fattori sono: -funzionalità tecnica continua e duratura: il prodotto deve svolgere la funzione d’uso al livello tecnico contrattato,senza interruzioni,per tempi lunghi ( FCDS per le centrali elettriche ad es.) -economicità d’acquisto e d’uso: il prodotto deve avere basso costo sia direttamente ( di consumo, di manutenzione) e indirettamente ( di installazione e di apprendimento d’uso), FCDS delle fotocopiatrici -flessibilità d’uso: possibilità di usare il prodotto per svolgere più funzioni -integrabilità, compatibilità, personalizzazione : possibilità di integrare rapidamente e a basso costo il prodotto con altri posseduti ( software e computer) -soddisfacimento di bisogni di prestigio, status, ostentazione: si pensi alla moda,ai beni di lusso -appagamento di bisogni estetici -appagamento bisogni di solidarietà e salvaguardia dell’ambiente -unicità, responsabilità ed affidabilità : il compratore vuole essere sicuro di chi è il fornitore -accessibilità, comparabilità e sperimentabilità del prodotto: un prodotto rischia scarso successo perché non lo si può osservare direttamente e confrontare con altri simili,se invece si può osservare e sperimentare la scelta consapevole aumenta la propensione all’acquisto. I FCDS si evolvono nel tempo, al mutare dei bisogni, contesto sociale,strategie competitive delle aziende. Si pensi alle aziende delle macchine utensili che hanno subito una grave crisi per avere offerto macchinari dalle prestazioni tecnico funzionali di livello superiore rispetto alla concorrenza, ma anche sovra dimensionate rispetto ad un mercato che priorizzava l’efficienza gestionale, e che quindi non era disposto a riconoscere alcun premio di prezzo ad un SP che on riteneva rispondesse ai proprio bisogni. Altro rischio è quello di concentrare l’attenzione solo sui FCDS trascurando altri fattori, ad es, quando si punta al fattore di successo critico “ prezzo basso” ( strategia di costo) non si deve perdere di vista la soglia oltre la quale la qualità percepita si riduce a tal punto da far perdere attrattività anche al prezzo conveniente, e viceversa nel caso di strategia di differenziazione. VARIABILI COMPONENTI DEL SISTEMA PRODOTTO 10.3 Occorre ora configurare il nostro sistema prodotto, possiamo operare su 4 elementi: 1. Caratteristiche materiali: si dividono in attributi fisici, tecnico funzionali ed estetici. I primi sono gli elementi immediatamente percepibili sensorialmente come il peso,dimensioni,materie prime componenti. I secondi sono le proprietà tecnologiche e di lavorazione che consentono al prodotto di svolgere le sue funzioni d’uso, i terzi sono ad esempio i colori,lo stile,il desgin. Da un lato i singoli SP sono composti da più beni,dall’altro le aziende approntano una gamma, ossia un assortimento tra cui il cliente sceglie a seconda delle sue esigenze, ad es sceglie tra vassoi di diversi materiali,forme,stile,capienze. In altri casi la gamma offerta da la possibilità di richiedere variazioni personalizzate, si pensi alle auto: modello,colore,cilindrata ecc. Una gamma variegata può essere considerata come un unico SP, la gamma costituisce anche un elemento fondamentale di articolazione del sistema di prodotto in più sotto insieme destinati a segmenti di clientela specifici, si parla quindi di SP MULTIPLO. 2. Servizi collegati ai beni offerti: servizi pre e post vendita. Per i primi si pensi alle informazioni di supporto alla scelta, per i secondi alla consegna,installazione,addestramento all’uso. 3. Caratteristiche immateriali: immagine e reputazione di un SP o dell’azienda in generale. Possono dare origine ad un altro elemento immateriale cioè la marca 4. Condizioni di scambio: prezzo e condizioni contrattuali in termini di sconti,modalità di pagamento,tempi di consegna,garanzie, penali ecc. VANTAGGIO COMPETITIVO: DIFFERENZIAZIONE E COSTO Vantaggio competitivo: insieme di elementi che distinguono in SP di un’azienda da quello dei concorrenti. Ve ne sono due tipi: vantaggio di differenziazione: offerta di un SP diverso da quello della concorrenza. Si pensi a macchine utensili con superiori prestazioni tecno funzionali che consentono maggior efficienza e versatilità ( BIMBY), il vantaggio è realizzato quando si traduce in un premio di prezzo che deve mantenersi superiori ai maggiori costi che l’azienda probabilmente deve sostenere perché personalizzando i prodotti si deve rinunciare alle economie di scala che si ottengono invece con prodotti standardizzati. La differenziazione si ottiene o con l’innovazione, o realizzando prodotti di tale successione commerciale da consentire lo sfruttamento di rilevanti economie di scala. Il vantaggio di differenziazione si manifesta: -eccellenza dei componenti materiali -efficienza dei consumi in termini di volumi e prezzi unitari di input -alta meccanizzazione con conseguenti bassi costi di alimentazione scala,di saturazione della capacità produttiva e delle economie di apprendimento. Alcune manifestazioni sono note anche come uniformazione e modularità. La manifestazione più evidente delle scelte di standardizzazione è rappresentata dalla produzione di prodotto standardizzati,ossia di grandi volumi di beni eventi caratteristiche identiche e per periodi di tempo relativamente lunghi: tuttavia,il fenomeno economico fondamentale sottostante è rappresentato dalla standardizzazione dei processi produttivi che fanno ottenere grandi riduzioni di costi unitari di produzione. Standardizzando si hanno risparmi di varia natura, il prodotto e il processo devono essere progettati una sola volta per una pluralità di pezzi prodotti producendo ripetutamente più pezzi uguali si beneficia così dell’apprendimento. Molti prodotto sono formati da molti componenti: la standardizzazione dei prodotto e processo implica anche la standardizzazione dei componenti che si manifesta in due modi. Innanzitutto tramite la riduzione delle tollerazione di fabbricazioni dei componenti per far si che gli stessi componenti si adattino perfettamente agli altri senza dover intervenire volta per volta con aggiustamenti ad hoc; tutti i componenti alfa ( pistoni del motore) devono essere tra loro identici e tutti i componenti beta ( cilindri del motore) devono esse tra loro identici,infine gli alfa devono adattarsi perfettamente ad ogni esemplare di beta. Il secondo modo è l’uniformazione dei componenti cioè quando uno stesso componente può essere utilizzato per realizzare prodotti differenti. Un problema sorge dunque anche per l’uniformazione dei beni complementari, si pensi ad es, all’uniformazioni dei carburanti per motori dei veicoli, ciascun produttore potrebbe prevedere uno specifico tipo di carburante per ogni modello, questo ottimizzerebbe il rendimento di ogni motore, ma ne discenderebbero gravi inconvenienti in termini di costi di produzione. Così accanto ai componenti uniformati appaiono anche prodotto soggetti allo stesso tipo di uniformazione. Grande rilievo anche per il fenomeno degli standard di fatto ossia prodotti che diventano dominanti per effetto delle forze di mercato e che costringono tutti i produttori di beni complementari ad adattarsi: sistema operativo Windows è un esempio. Quando i componenti di un bene assumono un livello di complessità significativo si denominano moduli . modulizzare significa articolare un bene complesso in alcuni sottoinsiemi, c.d. moduli, che possono essere prodotti indipendentemente ,ma che poi devono funzionare insieme formando il bene complesso. Serve che quindi l’azienda stabilisca le regole da rispettare per chi progetta, si parla quindi di standardizzazione dei moduli. Il progetto di un prodotto modula rizzato si compone di parametri visibili ( che tutti conoscono) e nascosti ( che riguardano solo il funzionamento dei singoli moduli e non è necessario siano conosciuti da chi si occupa degli altri moduli). I parametri visibili si distinguono in 3 categorie: architettura che definisce le funzionalità regole di interfacciamento che definiscono come i moduli si combinano,interagiscono standard per la verifica delle funzionalità dei singoli moduli Modularizzare comporta vantaggi,una volta stabiliti i parametri visibili , la progettazione dei singoli moduli può procedere in modo parallelo,accorciando i tempi. Si può inoltre produrre un’altra gamma di prodotti differenziati ma contenenti alcuni moduli comuni ( settore automobilistico). Comunque per quanto riguarda invece lo svantaggio della standardizzazione, essa non soddisfa le attese di varietà dei clienti,scatena guerre di prezzi e riduce l’innovazione. Bisogni di standardizzazione Importante non solo l’aspetto dei costi ma anche quello della soddisfazione dei bisogni sul mercato. Esistono molti prodotti la cui utilità è legata al numero di utenti che usano lo stesso bene o beni compatibili. Si parla di esternalità di rete . le sue fonti sono : • Possono essere effetto diretto del numero di utenti sulla capacità del bene di generare valore per l cliente , i prodotti di telecomunicazione aumentano all’aumentare del numero di utenti in quanto un apparecchio che consente ci collegarsi a milioni di utenti vale più di quello che consente di collegarsi solo a centinaia. In questo caso la diffusione del bene è incentivata dalla standardizzazione delle utenze. La presenza di circuiti tra loro incompatibili infatti renderebbe più difficile accedere a reti ampie. • Posso essere legate alla presenza di prodotti complementari che, per essere compatibili, devono condividere gli stessi standard, es. macchine fotografiche digitali. • Ultima fonte si presenta quando per un bene sia rilevante la presenza di una rete di assistenza sul territorio,gli utenti tendono a preferire i prodotti più diffusi per potere godere di migliore assistenza. SCELTE DI DIMENSIONAMENTO DELLA CAPACITA’ PRODUTTIVA, ECONOMIE DI SCALA E DI SATURAZIONE Esistono settori, es farmaceutico, nei quali le imprese sono tutte grandi,in altri settore invece le dimensioni sono diverse come per le produzioni artigianali. Per alcune attività la dimensione dell’azienda è determinante per potere operare in quel settore. Quando si parla di scelta di dimensionamento si fa riferimento ad una grandezza aziendale chiamata capacità produttiva che è il numero massimo di unità di output producibili in un certo intervallo di tempo e date certe condizioni operative quali, es, il numero di turni di lavoro. In ogni caso non è detto che i programmi di utilizzo aziendale prevedano l’uso di tutta la capacità disponibile. La produzione effettiva è spessi inferiore della CP massima dell’impianto. Per misurare quanto la produzione effettiva utilizzi la potenzialità produttiva teorica, occorre rapportare la produzione effettiva alla CP teorica, in percentuale. (Produzione effettiva : CP) x 100 = grado di utilizzo CP Ma comunque la produzione del bene rivolto al mercato richiede il contributo di altre unità aziendali come la progettazione, ognuna di essere ha una propria CP. Pertanto,importante e fondamentale competenza richiesta di chi gestisce l’azienda è sapere coordinare e bilanciare le diverse CP. Le sue fonti sono: • Crescente abilità nello svolgimento delle attività • Migliore selezione delle risorse produttive l’esperienza consente di comprendere meglio le risorse più convenienti • Coordinamento più efficiente le persone devono interagire • Elevata programmabilità dell’attività l’esperienza accresce la prevedibilità dego accadimenti e la capacità di rispondere tempestivamente ed efficacemente alle eccezioni . si pensi al lancio di una nuova linea di abbigliamento, per qualche tempo si manifesteranno squilibri, ma poi si capirà quali sono le preferenze dei consumatori, i tempi di risposta dei fornitori ecc. • Semplificazione prodotti e processi quando cresce l’esperienza si comprende se esiste la possibilità di semplificare i processi per ottenere costi minori e prodotti migliori. SCELTE DI STRUTTURA DEI COSTI Assumendo una data CP analizziamo l’effetto dei volumi realizzati sui costi e sul risultato reddituale. Il modello usato per indagare su questa relazione è noto come modello costi- volumi-risultati. I fattori che determinano il risultato economico in un periodo sono 3: elementi strutturali, livello prezzi-costo e prezzi-ricavo e i volumi. Elementi strutturali: fattori come la CP, la specializzazione, estensione verticale od orizzontale, possono essere definiti determinanti strutturali dei costi in quanto il loro configurarsi determina struttura e modalità di funzionamento dell’azienda. Se si vuole intervenire sulle economie strutturali occorre variare la struttura aziendale. Maggiori economie di scala, ad es possono essere ottenute aumentando la CP dell’impianto di produzione. Ogni modifica di una determinante strutturale modifica il patrimonio,l’assetto tecnico, personale,organizzativo. A parità di impianti,attrezzature, esperienza e gamma di beni offerti, infatti, i ricavi totali,costi totali e i risultati reddituali saranno legato a due fattori: • Prezzi ricavo e prezzi costo che l’azienda spunta sui mercati • Volumi prodotti e venduti nel periodo considerato Livello dei prezzi: anche questi elementi determinano il vello dei ricavi e dei costi. Il livello di prezzi ai quali l’impresa acquista e vende un bene è determinato da elementi interni all’impresa ed esterni. Il livello del prezzo di vendita, ad es. ,è legato alla politica dei prezzi interna dell’impresa, alla forza del marchio, ma anche da fattori esterni quali concorrenza e mercato. Idem per i prezzi costo influenzati dalla competizione dei settore di approvvigionamento ( fattori esterni), ma anche dai volumi acquistati,forza contrattuale ecc( interni). Volumi: principale determinante dei costi di breve periodo. Data una certa CP e certi costi fissi e variabili a questa associati, l’ammontare dei costi da sostenere sarà legata ai volumi prodotti,ovvero al grado di saturazione della CP predisposta. Al variare dei volumi varierà la quota dei costi fissi da imputare alle singole unità prodotte. I volumi,oltre ad influenzare il livello dei costi, determinano anche i ricavi. Tra le classi di fattori evidenziati vi sono molte relazioni: i prezzi di vendita influenzano sia i volumi venduti ad esempio. I volumi venduti influenzano le economie di esperienza, la CP dell’impresa determina l’intervallo entro il quale si possono collocare i volumi effettivamente realizzati, questi influenzano il potere contrattuale dell’azienda e quindi i prezzi costo. ANALISI COSTI-VOLUMI-RISULTATI Essa consente di illustrare le relazioni esistenti tra volumi di beni prodotti e venduti da un’impresa e risultati operativi conseguiti. Supponiamo di voler aprire la pizzeria P, tenerla aperta 300 gg all’anno e vendere 150 pizze al giorni ovvero 45.000 l’anno. I risultati sono accettabili , ma se invece che 150 ne vendessimo 100? Anche i profitti si ridurrebbero di un terzo? Ricalcolando i ricavi e i costi con i nuovi volumi ipotizzati osserviamo che il reddito,inizialmente di 135000 non passa a 90.000 ( cioè non si riduce di 1/3 come il volume) ma diventa addirittura -45.000. Questo avviene perché mentre alcuni costi si riducono proporzionalmente ai volumi, come le materia prime acquistate, altri rimangono invariati come i salari,affitto locali. A questo punto potremmo affittare un locale in una zona meno costosa, assumere un pizzaiolo meno caro e meno bravo, aumentare i prezzi delle pizze. Ma tutto ciò potrebbe anche avere effetti negativi. Gli effetti delle azioni che si possono intraprendere per migliorare il risultato di un’attività economica sono: -variazione volumi -variazioni costi -variazione prezzi di vendita Dato un certo livello di prezzi ricavo,di costi fissi e di costi variabili unitari, è interessante determinare quale sia il volume di affari che consente di coprire i costi e valutare il grado di flessibilità operativa dell’azienda: questo studio è supportato dall’ANALISI COSTI-VOLUMI-RISULTATI. Svolgere quest’analisi significa quindi analizzare il variare del risultato economico al variare dei volumi di vendita- Confrontare diverse ipotesi di prezzi e costi per trovare la miglior soluzione-confrontare scelte di internalizzazione ed esternalizzazione per fare la miglior scelta. Costi fissi e variabili Sono i costi di gestione caratteristica. Si definiscono variabili quelli direttamente correlati al volume della produzione e vendita. Rientrano i costi quali provvigioni di vendita,consumi di materie prime. L’analisi costi- volumi-risultati assume l’ipotesi semplificatrice che tra volumi e costi variabili esiste una relazione lineare ( due quantità sono in relazione lineare se tra loro sussiste una qualche forma di proporzionalità diretta). In realtà poi variazioni molto consistenti nei volumi implicano variazioni nei costi variabili unitari ( legate a riduzione nei prezzi di acquisto)e, quindi una relazione NON Il margine di contribuzione unitario è dato dalla differenza tra ricavi unitari e costi unitari variabili. Analogamente, il margine di contribuzione totale è dato dalla differenza tra ricavi e costi variabili totali. Il margine di contribuzione unitario può essere definito come il contributo che la vendita di ogni unità di bene prodotta e venduta ‘porta alla copertura dei costi issi di gestione caratteristica e alla formazione del reddito operativo. Ogni pizza venduta dalla pizzeria P comporta ricavi di 16,00 e costi per materiali di 4,00 lasciando un margine di 12,00 per la copertura dei costi fissi, e , una volta coperti tutti, forma il reddito operativo. Il margine di contribuzione complessivo viene calcolato sottraendo ai ricavi totali i costi variabili totali. ANALISI DEL GRADO DI RISCHIO OPERATIVO Il rischio operativo di un’azienda è espresso dalla probabilità più o meno elevata di subire risultati reddituali particolarmente negativi o positivi in relazione al fluttuare dei volumi di produzione e vendita. Il rischio operativo è legato 1) al livello del punto di pareggio e 2)al grado di elasticità operativa. Se il PDP rappresenta il fatturato raggiunto il quale i ricavi coprono tutti i costi,l’elasticità operativa è rappresentata dall’ampiezza della forbice tra ricavi e costi totali prima e dopo il punto di pareggio. Flessibilità operativa è legata all’incidenza dei costi variabili sui ricavi. Maggiore essa è, più stretta risulterà la forbice, in quanto l’aumentare dei volumi aumenterà rapidamente i costi variabili e ridotto sarà il margine lasciato per la copertura dei costi fissi. Le aziende che presentano una struttura dei costi molto rigida, ossia con una forbice tra ricavi e costi totali molto ampia, reagiscono MALE a di munizioni di volumi in quanto hanno limitate possibilità di comprimere i costi. In compenso,questo tipo di azienda trae GRANDE vantaggio da aumenti dei volumi, in quanto,al crescere di questi, i cosi aumentano,ma in misura contenuta. Le aziende che , al contrario, presentano una struttura dei costi molto flessibile,forbice stretta, non risentono pesantemente delle riduzioni nei volumi in quanto riescono a comprimere significativamente i costi. Esse vedono migliorare i propri risultati però LENTAMENTE all’aumentare dei volumi, in quanto insieme all’aumento dei ricavi si ha anche un rapido aumento dei costi. Il grado di rischio operativo di un’impresa è legato alla sua configurazione strutturale e, in particolare, alle sue scelte di dimensionamento, di estensione ecc. Si pensi ad un ‘impresa artigianale che produce cucine personalizzate chiamata Ditta di Y. Supponiamo che essa sia costituita dal titolare Y e tre dipendenti, falegnami esperti, con attrezzature poco specializzate e grado di estensione verticale basso in quanto il sig. Y acquista esternamente tutti i componenti, Y non dispone di una struttura di commercializzazione in quanto riesce a collocare tutta la CP attraverso contratti personale. I ricavi vendita e il punti di pareggio nel 2003 prevedono che ci sia un basso rischio operativo, costi fissi di soli 250.000, ciascuna cucina produce un margine di contribuzione di 10.000 e quindi ne bastano 25 per raggiungere il punto di pareggio. Supponiamo poi che Y assuma il figlio X e avvia una trasformazione da artigianale ad industriale. L’assunzione di X costa 40.000, acquistano nuovi macchinari per ridurre i tempi di lavorazione e aumentare la CP e consentire l’internalizzazione della produzione, investimento complessivo di 200.000, assumono operai per le macchina e affittano due locali. Si ipotizza di vendere 45 cucine l’anno. I cambiamenti hanno portato un irrigidimento della struttura dei costi, un aumento del punto di pareggio e un aumento della forbice tra ricavi e costi variabili. Maggior rischio operativo in quanto il pdp è più alto e maggiori sono le perdite connesse al suo mancato conseguimento. In compenso, una volta superato di pdp il risultato migliora più rapidamente rispetto alla situazione precedente. In genere pdp e flessibilità operativa sono legati in quanto le imprese con elevato pdp tendono anche ad avere elevata rigidità operativa. Questo perché esiste correlazione negativa tra costi fissi e costi variabili: aumentando i costi fissi , ovvero acquistando più macchinari, si riduce l’incidenza dei costi variabili sui ricavi perché si aumenta il rendimento delle attività interne e si riducono le attività esternalizzate. Il caso della ditta Y ne rappresenta un’esemplificazione. Sebbene le imprese operativamente rigide in genere presentino un pdp più elevato rispetto alle flessibili, non bisogna confondere la misura del pdp con quella del grado di flessibilità. Confrontiamo due aziende, alfa e beta che producono scrivanie. Il prezzo medio di vendita per entrambe è 3000, ma mentre alfa ha esternalizzato molte lavorazioni, Beta svolte la maggior parte del lavoro internamente e quindi ha maggiori costi fissi. Alfa ne ha minori ma sostiene costi variabili unitari maggiore perché acquista esternamente. Essere presentano lo stesso pdp. Tuttavia la flessibilità operativa di Alfa è maggiore,la sua struttura NON comporta gravi perdite al di sotto del pdp, ma nemmeno utili alti quando superato il pdp, viceversa beta ha rischio di maggiori perdite ma anche maggiori utili. Pdp è identico, ma l’indice di flessibilità operativa è diverso. Le aziende operativamente flessibili conseguono perdite relativamente ridotte se non raggiungo il pdp , ma ottengono anche profitti limitati una volta superato. Comunque il grado di flessibilità alto non è necessariamente preferibile, dipende dalla propensione al rischio del decisore. PUNTO DI EQUILIBRIO REDDITUALE E anche possibile determinare il volume di vendite che consente sia di coprire tutti i costi sia di ottenere un utile soddisfacente, ossia, il desiderato equilibrio reddituale. A questo fine, nella formula del punto d pareggio occorre aggiungere ai costi fissi il reddito operativo desiderato. Tale reddito deve essere calcolato in modo da coprire i costi extra gestione tipica e da costituire l’utile netto desiderato. ANALISI DEGLI SCOSTAMENTI Il modello CVR si usa anche per rappresentare i programmi di un’impresa riferiti ad es. ad un anno. Fatte le scelte di dimensionamento della CP e combinazione di costi fissi e varibaili,l’impresa ipotizza un certo prezzo e volume di vendita,così il programma di un certo anno può essere rappresentato in uno schema che quantifica volumi da produrre e vendere, prezzi da Pensiamo alla filiera produttiva di ogni bene materiale come a una lunga catena di fasi e processi che dalla estrazione delle materie prime giunge alla vendita diretta al consumatore finale. In mezzo stanno le fasi del tipo trasporto delle materie prime,lavorazione delle materie prime,produzione trasporto ecc. L’estensione verticale delle combinazioni economiche esprime il numero e la disomogeneità delle fasi della filiera produttiva svolte al proprio interno,è scarsamente integrata verticalmente l’impresa che svolge una sola specifica fase ( distribuzione all’ingrosso). Le imprese tendono ad integrarsi a monte o a valle per: economicizzare i costi di transazione e ottimizzare le integrazioni tecnologiche interiorizzare competenze ridurre l’accesso di concorrenti a risorse strategiche i freni all’integrazione sono: investimenti richiesti per aggiungere nuove combinazioni e rigidità strategica e rischio. DIVERSIFICAZIONE ED ECONOMIE DI RAGGIO D’AZIONE Produrre due beni diversi tra loro può essere vantaggioso se le risorse impiegate possono essere condivise così a sfruttarle più efficacemente. Le economie ottenibili grazie all’ampliamento della varietà dei beni prodotti,ossia allargamento orizzontale dell’impresa,sono chiamate di raggio di azione o di scopo o sinergie. Parliamo di strategie di diversificazione cioè ampliamento della gamma di prodotti utilizzando risorse condivise e gestite unitariamente. Le risorse materiali presentano il vincolo della CP, affinché vi siano vantaggi economici introducendo nuovi prodotti usando materie comuni è necessario che le risorse stesse abbiano CP disponibile non utilizzata. Le risorse immateriali quali creatività, know how ecc. non hanno limiti fisici della CP , si pensi alla Disney nata producendo film di animazione oggi il suo marchio è legato a giochi,programmi software per bimbi,abbigliamento ecc. Le risorse immateriali hanno però in vincolo della coerenza, l’uso di un marchio per un prodotto che si dimostra poi non coerenti con gli altri prodotti contraddistinti dello stesso marchio,o di minor qualità, porta alla riduzione del valore del marchio su tutti gli altri prodotti anche. Inoltre spesso le risorse immateriali non sono facilmente trasferibili: marchi di moda legati al singolo stilista, fiducia dei clienti in un ospedale legata al primario, fedeltà della clientela legata al direttore commerciale. Questo le rende soggette al vincolo di difficile appropriabilità. Nella produzione di più beni si ottengono economie di raggio di azione se i costi della produzione integrata sono inferiori alla somma dei costi della produzione disgiunta. FONTI DELLE ECONOMIE DI RAGGIO D’AZIONE Condivisione di elementi materiali della struttura produttiva: la Ferrero produceva maggiormente dolciari a base di cioccolato e la sua struttura produttiva veniva ampiamente sfruttata in inverno ma assolutamente non sfruttata in estate. L’inserimento nella propria gamma di prodotti freschi, da conservare in frigo e consumare nei mesi estivi, vedi Kinder Fetta al latte, Torta Paradiso,K Pinguì, ha consentito lo sfruttamento della struttura produttiva anche quando rimaneva prima inutilizzata causa la stagionalità del cioccolato. Condivisione di elementi materiali delle strutture di vendita: la Lavazza spa ha iniziato a produrre caffè in cialde mono uso per utilizzo di macchina da caffè localizzate in uffici, per assicurarsi che fossero acquistate sempre , ha deciso di lasciare in uso gratuito agli uffici le macchine assicurandosi così il canale di distribuzione, dopo ha iniziato la produzione anche di cialde da tè, cioccolato e altro utilizzabili con le stesse macchine ripartendo il costo di gestione della rete di distribuzione su un maggior numero di prodotti. Condivisione di risorse immateriali: la Procter & Gamble Italia ha iniziato vendendo prodotti per la pulizia della casa come il Dash e igiene personale come Infasil. Così nel tempo ha sviluppato competenze manageriali che hanno permesso la realizzazione di altri prodotti nello stesso settore come Mastro Lindo e Topexan. Un particolare effetto dello sfruttamento congiunto di risorse immateriali è l’effetto ombrello,vale a dire la possibilità di sfruttare un marchio o immagine su un numero ampio di prodotti. ECONOMIE DI RAGGIO DI AZIONE NEGLI AGGREGATI INTERAZIENDALI Le economie di scopo sono possibile anche tra imprese differenti, in aggregati interaziendali. Si pensi a McDonald’s che imposta tutta la campagna di comunicazione rendendo ben visibile il marchio Coca Cola, le aziende così dividono costi pubblicitari e rafforzano l’immagine associandosi ad un partner di successo. Si pensi a Whirpool elettrodomestici che collaborano con la Procter & Gamble per lo studio di detergenti destinati a nuove lavatrici. Il vantaggio economico per entrambe è che per la Procter è più facile progettare un detergente conoscendo le caratteristiche della macchina a cui è destinato, per la Whirpool è possibile progettare una nuova macchina ecologica solo se sul mercato ci sarà un detergente che garantisca prestazioni elevate. SCELTE DI GESTIONE FINANZIARIA La gestione finanziaria consiste in un insieme di scelte relative ad acquisizione, rimborso, e remunerazione delle risorse finanziarie necessarie per coprire o fabbisogni generati dalla gestione caratteristiche e dalla connessa gestione tributaria. La gestione finanziaria assume rilevanza particolare nella fase di costituzione, quando l’impresa deve sostenere investimenti, nella fase di crescita aumentando la CP e nella fase in cui la gestione produce perdite. Sono riconducibili al capitale di prestito: scoperto di conto corrente anticipi salvo buon fine anticipi ell’export factoring mutui passivi leasing Conflitti di interesse tra azionisti di controllo e altri azionisti : l’azionista di controllo, se controlla l’impresa con una percentuale relativamente piccola come 20%, può comunque stabilire la sua remunerazione, ecc può cioè assumere decisioni che massimizzano il suo vantaggio personale di cui gode al 100% ma sono che sono dannose per l’impresa, dei cui costi e perdite egli si sobbarca solo il 20%. Es, se l’azionista è anche AD può aumentarsi il compenso di 100 con un vantaggio netto di 80 facendo subire agi altri azionisti una perdita pari appunto ad 80. Conflitti di interesse tra manager ed azionisti: in presenza di compagine propri3earia molto frammentata in cui quindi nessun socio ha quote sufficienti da conferirgli qualche potere i controllo,i manager non azionisti o con piccole quote detengono grandissimi poteri tali da consentigli di assumere decisioni per loro personali vantaggi ma a detrimento della redditività e valore impresa. Vi sono diversi obiettivi tra manager e azionisti, i primi perseguono la crescita che conferisce loro prestigio sul mercato del lavoro manageriale e si assegnano ingenti benefits, i anche quando l’azienda necessiterebbe rigore e attenzione ai costi, evitano di intraprendere investimenti rischiosi anche se essi aumenterebbero il valore dell’impresa perché sarebbe un vantaggio per gli azionisti soltanto. Conflitto di intressi tra azionisti e conferenti di capitale di prestito: con un rapporto di indebitamento elevato gli azionisti possono trovare conveniente compiere investimenti che i creditori giudicherebbero troppo rischiosi. Se un’impresa in stato di dissesto, in quanto a fronte di obbligazione del valore nominale di un milione di euro che andranno a scadenza in un anno, detiene,come unica attività, cassa per 100.000. In questo caso gli azionisti nonostante abbiano interamente perduto il loro capitale, hanno ancora diritto a decidere come impiegare la liquidità e potrebbero avere convenienza a intraprendere progetti rischiosi che vanno MALE o BENE .Nella prima ipotesi gli azionisti,non subirebbero alcun danno, in quanto già azzerato il loro capitale, mente i creditori perdono 100.000che avrebbero potuto essere usati per rimborsare seppur in piccola quota il loro credito. Nella seconda ipotesi, i flussi di cassa sono così elevati che l’impresa ottiene risorse sufficienti non solo per rimborsare tutti i debiti ma anche per rigenerare il capitale degli azionisti. Costo e free riding nel controllo societario: il presenza di assetti proprietari molto frammentati, i piccoli azionisti non hanno convenienza a investire in controllo e tendono a comportarsi da free riders: ognuno teme che il proprio sforzo individuale sia sproporzionato rispetto ai vantaggi che potrebbero conseguirne, per cui reputa conveniente non far nulla nella speranza che siano gli altri ad agire godendo quindi solo dei risultati dello sforzo del altri senza sostenere alcun costo. PROGETTAZIONE ASSETTO ORGANIZZATIVO NELLE IMPRESE L’assetto organizzativo è l’insieme di variabili che configurano l’organismo personale,definiscono,indirizzano e coordinano i comportamenti delle persone che lo compongono. Occorre infatti un numero di persone adeguato al volume dell’attività da svolgere e degli incarichi equilibrati di lavoro. E’ necessario avere prestatori di lavoro con profili personali e professionali coerenti con il tipo di attività, una chiara definizione dei compiti, degli obiettivi e una scelta delle modalità tecniche. Le persone devono essere remunerate correttamente e motivate. Le variabili da progettare per realizzare l’assetto sono variabili organizzative: 1) struttura organizzativa – struttura organizzativa di base e delle singole unità organizzative 2) distribuzione delle autorità 3) sistemi operativi- sistemi di pianificazione strategici,di programmazione e controllo, di gestione del personale e sistemi informativi Progettare la struttura organizzativa di base significa decidere quali unità organizzative attivare, quali compiti attribuire a ogni unità organizzativa e come collegare le varie unità in una struttura gerarchica La struttura organizzativa delle singole unità significa definire le mansioni e responsabilità delle singole persone e dei gruppi che formano le unità organizzative elementari I sistemi operativi di pianificazione strategica producono idee,orientamento,visioni politiche,strategie che fanno da quadro di riferimento per tutte le persone operanti nell’impresa I sistemi di programmazione e controllo definiscono gli obiettivi di breve periodo di ogni unità organizzativa e in corrispondenza assegnano le adeguate risorse ad ogni unità I sistemi di gestione del personale sono le decisioni di quante persone includere nell’organismo personale e quante assegnarne a ogni unità e quali profili assumere I sistemi informativi raccolgono,producono,immagazzinano ed elaborano le informazioni che alimentano i processi decisionali VARIABILI INDIVIDUALI E SOCIALI Sono membri dell’organismo d’impresa tutte le persone che fanno parte degli organi di governo economico, di direzione e di esecuzione. L’organismo personale è l’insieme delle persone che motivazione al lavoro è sollecitata da differenti condizioni: più forti sono i bisogni di socialità, di stima e realizzazione, tanto più il lavoro deve essere organizzato in forma di gruppo con contenuti ricchi strategia e la struttura di base: le imprese più piccole e semplici devono adottare una struttura elementare, quelle medio grandi con una sola area di affari devono adottare una struttura funzionale, quelle medie grandi con più aree d’affari disomogenee devono adottare una struttura divisionale, le imprese medie e grandi con più aree correlate possono adottare strutture a matrice o miste. SCELTA DELLA STRUTTURA ORGANIZZATIVA DI BASE Struttura organizzativa fa riferimento al processo di progettazione della struttura cioè la definizione dell’insieme complessivo di compiti ch devono essere svolti dall’ ‘organismo. Esso si riferisce alla scelta del criterio di divisione del lavoro , la gerarchia con cui vengono aggregate le varie unità organizzative, le mansioni che vengono assegnate. Gli output formali del processo di progettazione della struttura organizzativa sono : un elenco di unità organizzative, un elenco di insiemi di compiti, un insieme di relazioni gerarchiche che collega le varie attività. Questi tre costituiscono la struttura organizzativa formale. Essa definisce i ruoli ufficiali in quanto esplicita per ogni posizione dei comportamenti attesi in tal senso può essere anche detta sistema di ruoli ufficiali. SCELTA DELLE 4 FORME DI BASE E DUE VARIANTI Per le imprese la progettazione della strutture come già detto consiste nella scelta di una delle seguenti 4 forme di base: 1.struttura funzionale pura: pensiamo ad un’impresa di medie dimensioni con combinazioni produttive relativamente semplici, le coordinazioni parziali di trasformazioni tecnica, commercializzazione, ricerca e sviluppo, danno luogo ad un solo prodotto destinato ad un solo mercato. In una situazione del genere il lavoro è divisibile solo secondo un criterio: quello delle coordinazioni parziali. Non è divisibile ne per prodotti ne per mercati, ve n’è uno soltanto ! Quindi si parla di struttura funzionale articolata per funzioni cioè per coordinazioni parziali, divisione del lavoro secondo il criterio dell’omogeneità delle tecniche caratteristiche di ciascuna coordinazione parziale. 2.struttura elementare: per aziende molto piccole di addotta una struttura elementare in cui la funzione di un governo economico e la funzione di direzione sono svolte da un unico organo di direzione generale. 3.struttura divisionale pura: pensiamo a un’azienda con combinazioni produttive articolate in 3 combinazioni parziali corrispondenti a linee di prodotto A ,B,C co9ascuna linea di prodotto destinata ad uno specifico mercato. Qui possiamo usare 2 metodi di divisone del lavoro, la divisone per funzioni, come nel primo caso, oppure divisione del lavoro per prodotti. Se usiamo il primo criterio avremo struttura funzionale in cui ogni funzione tratta le tre combinazioni prodotto-mercati. Secondo criterio si ottiene una struttura detta divisionale pura che si ritiene opportuna quando le varie combinazioni produttive sono molto disomogenee tra loro . In questa struttura, ciascuna direzione di divisione è responsabile del risultato residuale reddituale della combinazione corrispondente. 4. strutture matriciali e miste: è raro che le combinazioni economiche siano perfettamente omogenee o completamente disomogenee, spesso vi sono situazioni intermedie in cui servono strutture matriciali o miste. Si pensi a un’impresa con più linee di prodotto A,B,C tra loro però legate da alcune relazioni di interdipendenza, comunanza e conoscenze di complementarietà di risorse nelle varie coordinazioni parziali t,c,r. Sono possibili due strutture: una funzione pura ad una divisionale pura. Se l’analisi porta a concludere che tutte le funzioni devono essere centralizzate allora adotteremo una struttura funzionale pura, mente considerazioni a favore di separazione delle funzioni fanno pensare a una struttura divisionale. Data l’ipotesi di partenza secondo la quali si hanno più prodotti ma collegati, risulta per definizione che le due alternative pure non sono soddisfacenti e quindi bisogna adottare strutture intermedie: queste sono distinguibili in due classi. Strutture miste e strutture bidimensionali. Vi sono sostanzialmente 5 variabili che portano a favore della struttura funzionale e due a favore delle divisioni. La prima è rappresentata dalle economiche di scala ottenibili con funzioni centralizzate. Cioè per ogni funzione t,c,r valuta quali sono i costi totali in caso di funzione unitaria e in caso di ripartizione tra le divisioni. Ripartendo una funzione tra divisioni si hanno aumenti di costi a causa della duplicazione delle risorse,ossia diseconomie di scala. Al contrario funzioni centralizzate producono economie di scala. Seconda variabile è il grado di specializzazione richiesta nell’ambito delle singole funzioni: economia di specializzazione. Supponiamo che in una funzione centralizzata si trovino molti prestatori con competenze uguali, in caso di divisionalizzazione si assegnano a tali persone alle varie divisioni e le competenze rimangono invariate; la divisionalizzazione in questo caso NON porta svantaggio. Nel caso opposto in una funzione centralizzata, le persone hanno qualificazioni professionali diverse che sono richieste dalle varie posizioni occupate, ipotizziamo dicisionalizzazione e ciascuna divisione richiede tutte le qualificazioni professionali, ripartendo le persone tra le divisioni, ciascuna di esse svolgerà più mansioni. Così si abbassa il grado di specializzazione, si rinuncia alla specialistica tra una persona,posizione e profilo professionale. In sintesi, quanto maggiore è la specializzazione richiesta tanto più convenienti sono le funzioni centralizzate. Terza variabile sono le economiche di raggio di azione realizzabili con la gestione centralizzata di competenze “core”: ossia di quelle competenze distintive comuni a tutte le combinazioni, es. competenze stilistiche o di gestione in un impresa della moda che opera in più aree d’affari ( uomo ,donna) si tratta di elementi essenziali del patrimonio aziendale che vanno gestiti anche a livello di singola combinazione economica, ma che spesso richiedono forte gestione centralizzata per garantirne integrità e sviluppo. Quarta variabile: interdipendenze tra funzioni relative a ciascuna linea di prodotto. Si considerano tre funzioni relative
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