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Economia aziendale, riassunto di Economia aziendale 9cfu, Sintesi del corso di Economia Aziendale

Riassunto di economia aziendale

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 16/03/2021

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alessia-pasciuta 🇮🇹

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Scarica Economia aziendale, riassunto di Economia aziendale 9cfu e più Sintesi del corso in PDF di Economia Aziendale solo su Docsity! Parte prima - Cap. 2 L'economia aziendale studia le condizioni che rendono possibile lo sviluppo e il successo delle aziende e di quelle che conducono alla crisi. Le caratteristiche essenziali di un'azienda sono: durevolezza, dinamismo, ordinamento secondo proprie leggi, tensione al raggiungimento fini comuni, autonomia. I principi di governo per lo sviluppo delle aziende sono: Principio di progresso: presuppone l'accrescimento di quei beni utili all'individuo per soddisfare i propri bisogni; ciò consente all'azienda di realizzare la propria ragione d'essere e quindi di soddisfare determinati bisogni. Il progresso riguarda anche l'uomo che è essenziale per la vita dell'azienda; Principio di unità (finalismo aziendale): all'interno dell'azienda tutte le risorse e tutte le operazioni devono essere tra loro collegate e devono avere un unico obiettivo, che è quello della soddisfazione dei bisogni umani che costituiscono la ragione d’essere dell'azienda. L'azienda si muove in relazione ad un fine che è la soddisfazione dei bisogni umani (finalismo aziendale). Principio di economicità: (“ogni attività aziendale nasce dalle risorse finanziarie formate da capitale proprio e capitale preso in prestito (da banche, istituti finanziari) = 1° fase di finanziamento. Queste risorse finanziarie vengono investite nell'acquisto di fattori produttivi materiali ed immateriali (materia prima, macchinari) = 2° fase degli investimenti. Questi ultimi vengono trasformati in beni o servizi atti a soddisfare bisogni = 3° fase di trasformazione. Essi vengono offerti sul mercato, dando luogo ai realizzi, grazie ai quali si possono ripristinare i finanziamenti e assicurare la continuità del ciclo gestionale”). Un'azienda rispetta il principio di economicità quando esiste una differenza positiva tra il valore dei realizzi (R) e quello degli investimenti (i), aumentato del valore degli interessi (R > I+i). Quindi i realizzi che si conseguono devono consentire di recuperare tutti gli investimenti più gli interessi: R-(I+i)>0. Se invece si determina una differenza negativa, non si potranno ricostruire finanziamenti, ripristinare gli investimenti e si otterranno minori realizzi: R-(I+i)<0. È anche possibile il caso in cui non sussiste né un’involuzione ne è un’evoluzione: R=(I+i). Quindi economicità significa differenza tra ricavi e costi. Principio di solvibilità: “l'azienda deve essere in grado in ogni momento di estinguere i debiti in scadenza, senza compromettere la propria economicità”. Parte delle risorse finanziarie iniziali, che provengono dall'indebitamento, non potranno essere recuperate tutte in un solo ciclo gestionale, ma man mano che gli investimenti, trasformati in beni o servizi, ritornano in forma liquida mediante i realizzi. L'azienda quindi deve estinguere i propri debiti senza ricorrere ad ulteriore indebitamento. La solvibilità è determinata dall’equilibrio fra le entrate e le uscite. Le entrate sono costituite dall'accensione di prestiti finanziari e dalla riscossione da clienti, mentre le uscite dall'estinzione dei prestiti finanziari e dal pagamento ai fornitori. La gestione dell'azienda può essere osservata su due piani: quello economico e quello finanziario. Sul piano economico gli investimenti determinano costi e i realizzi determinano ricavi; il saldo positivo tra ricavi e costi prende il nome di utile, il saldo negativo prende il nome di perdita. (ricavi - costi) (costi e ricavi di competenza (variazioni indirette di patrimonio) e aumenti e diminuzioni dirette del patrimonio). Sul piano finanziario gli investimenti determinano uscite e i realizzi determinano entrate; il saldo positivo tra entrate e uscite prende il nome di avanzo, il saldo negativo prende il nome di disavanzo. (entrate e uscite di denaro immediate e differite). Mentre la situazione finanziaria della gestione considera gli effetti delle operazioni di prestito e/o di indebitamento, la situazione economica non le osserva. Principio di autonomia: un'azienda economica e solvibile è in genere dotata di autosufficienza economico- patrimoniale che la rende indipendente da terze economie, ed è il fondamento primo della propria autonomia. L'autonomia si fonda sulla fiducia nelle capacità degli uomini, sul principio di libertà e sulla responsabilità. L'economicità si ottiene e si rafforza grazie a due aspetti; l'efficacia e l'efficienza. L'efficacia è il grado di capacità dell'azienda di soddisfare i bisogni, per cui è più efficace chi meglio soddisfa i bisogni; l'efficienza riguarda il modo in cui avvengono le trasformazioni produttive degli investimenti e riguarda la capacità di migliorare il rapporto tra fattori della produzione impiegati e risultati ottenuti. Il rischio economico aziendale è quel rischio che corrono tutte le aziende ed è costituito da diversi fattori quali l'incertezza della relazione con i clienti e con i prestatori di lavoro subordinato, la rigidità degli investimenti aziendali e le decisioni dell'uomo. Tale rischio è di natura economico-patrimoniale. È possibile distinguere il rischio economico generale dai rischi economici particolari. Il primo fa riferimento all'eventualità che l'incerto flusso di realizzi non riesca a reintegrare il flusso di investimenti effettuati. I rischi economici particolari possono riguardare minori realizzi conseguiti a fronte di quelli attesi, oppure maggiori investimenti effettuati rispetto a quelli programmati o entrambe le cose. Il rischio economico aziendale è anche riconducibile ai diversi soggetti portatori di aspettative nei confronti dell'azienda; ad esempio i clienti devono fronteggiare il rischio che i prodotti o servizi forniti dall'azienda non riescano a soddisfare i loro bisogni. Il rischio economico aziendale non può essere annullato ma deve essere governato. Cap. 3 Il progresso è condizionato a principi di governo quali quello di economicità e di solvibilità. Il principio di economicità esprime la capacità dell'azienda di reintegrare, in un tempo anche non breve, i suoi investimenti attraverso i realizzi, e il principio di solvibilità implica la capacità di credito, cioè l'azienda in ogni momento deve essere in grado di estinguere i debiti in scadenza senza compromettere la sua economicità. L'economicità è legata alla struttura dell'indebitamento e la solvibilità alla capacità di credito. Nel ciclo tipico processuale aziendale, le operazioni di gestione si suddividono in: - operazioni di gestione esterna, che comportano movimenti di scambio con altri operatori (finanziamenti, investimenti, realizzi); - operazioni di gestione interna, che non comportano momenti di scambio con altri operatori (trasformazioni nel tempo e nello spazio). Sottosistemi delle operazioni: gestione, organizzazione, rilevazione. Gestione: coordinazione di operazioni (con riguardo ai mezzi). Organizzazione: coordinazione di azioni (con riguardo agli uomini). Lo stato patrimoniale dà una fotografia della consistenza patrimoniale dell'azienda in un determinato istante, quindi non tiene conto dello scorrere del tempo e delle operazioni che potrebbero mutare in positivo o in negativo il patrimonio. Attraverso l'analisi della situazione patrimoniale è possibile verificare se si rispetta il principio di solvibilità. La situazione patrimoniale è formata da due serie di elementi: - gli investimenti (attività/crediti), ovvero i beni o i diritti che l'azienda ha in un determinato istante (beni materiali: macchinari, impianti, mobili, materie prime, crediti; beni immateriali: marchi, avviamento); - i finanziamenti (passività/debiti e netto), ovvero le obbligazioni o debiti che l'azienda ha in un determinato istante e il capitale proprio. Tra gli investimenti vanno distinti: - gli investimenti a breve ciclo di reintegro economico, destinati al realizzo in tempi brevi; - gli investimenti a lento ciclo di reintegro economico, destinati al realizzo in tempi lunghi. Tra i finanziamenti vanno distinti quelli a: - breve ciclo di rimborso, ovvero debiti a breve termine; - lento ciclo di rimborso, ovvero i capitali permanenti. Gli elementi dell'attivo (investimenti) patrimoniale si possono distinguere in: – economici: si tratta di beni in attesa di trasformazione che, attraverso i realizzi, riacquisteranno la forma monetaria. Sono investimenti in attesa di realizzo (immobilizzazioni materiali e immateriali, materie prime, semilavorati, prodotti finiti). – finanziari: sono investimenti già sottoposti a trasformazione, ma in una fase precedente rispetto alla trasformazione in moneta (immobilizzazioni finanziarie, crediti verso clienti). Il passivo comprende i mezzi utilizzati dall’azienda per finanziare la propria attività. Tali mezzi possono essere: propri (patrimonio netto) e mezzi di terzi (passivo patrimoniale). Il capitale circolante è costituito da rimanenze (materie prime, semilavorati, prodotti finiti), crediti (verso clienti o imprese), attività finanziarie non immobilizzate e da disponibilità liquide. Le immobilizzazioni sono quei beni che, all'interno dell'impresa, non esauriscono la loro utilità in un solo esercizio ma manifestano benefici economici in più esercizi. Si suddividono in: immobilizzazioni immateriali, costituite da costi di impianto e di ampliamento, costi di ricerca e sviluppo, concessioni; immobilizzazioni materiali costituite da terreni, macchinari, impianti; immobilizzazioni finanziarie costituite da azioni proprie, prestiti a medio/lungo termine. I capitali permanenti sono costituiti dal capitale proprio e dai debiti a medio/lungo termine. Il capitale sociale è costituito dalle risorse versate dai soci per la creazione della società e coincide con i mezzi propri. I debiti a breve sono costituiti da debiti a rapido ciclo di esborso come quelli verso fornitori, banche. La solvibilità dell'azienda è in equilibrio quando le attività a breve ciclo di reintegro sono sufficienti a coprire le passività a breve ciclo di esborso, ovvero le attività a lento ciclo di reintegro sono sufficienti a coprire le passività a lento ciclo di esborso. La differenza tra costi e ricavi viene definita reddito, ossia la variazione subita dal capitale per effetto della gestione, (utile se positiva, perdita se negativa). Il reddito viene determinato confrontando due situazioni patrimoniali, relative a due diversi momenti della gestione, sulla linea del tempo. La differenza tra i netti patrimoniali dei due momenti presi in considerazione, rappresenta il reddito prodotto nel periodo. Il netto patrimoniale può subire delle variazioni oltre che per effetto della gestione, anche per effetto di operazioni extra gestionali e per effetto dell'inflazione. Reddito di periodo = N2 – N1 = ΔN - apporti di capitale dei soci + prelievi di capitale dei soci Il conto economico, essenziale per l'analisi del reddito, deriva da un confronto tra investimenti effettuati e realizzi conseguiti. Il risultato economico della gestione si può conoscere senza errore soltanto alla fine della vita aziendale, ma per determinare periodicamente il reddito prodotto, senza attendere la fine della vita dell’azienda, la gestione viene suddivisa in esercizi amministrativi. L'esercizio amministrativo è l'insieme delle operazioni svolte in un periodo amministrativo, della durata di almeno un anno e che va di solito dal 1° gennaio al 31 dicembre. Il momento negoziale non coincide di norma con quelli dell'effettivo sostenimento del costo e del conseguimento del ricavo. Per determinare correttamente il reddito d'esercizio bisogna correggere i costi e i ricavi. Che devono essere determinati sulla base del principio di competenza economica: per p.d.c.e. si intende l'ideale correlazione causale che si deve cercare tra i costi sostenuti o da sostenere e i ricavi relativi a tali costi, considerando coacervi di operazioni in periodi amministrativi tutti uguali fra loro. In base a tale principio si devono sospendere le operazioni non ancora concluse, fino a quando non si saranno manifestati i correlativi costi e/o ricavi e potranno partecipare alla determinazione del reddito. (bisogna anche considerare operazioni non ancora avviate ma collegate ad altre che hanno già avuto manifestazione) I corollari del principio di competenza economica: • si devono imputare al conto economico costi e ricavi per i quali rispettivamente siano stati conseguiti o sostenuti i ricavi o i costi correlativi; (es. se si è acquistata della merce che non si è venduta entro il periodo amministrativo, non se ne potrà tenere conto, anche se si ha la certezza che quella merce sarà venduta successivamente). • si rinviano costi già sostenuti o ricavi già conseguiti alla determinazione del risultato economico di un esercizio successivo, in cui si conseguiranno i relativi ricavi o sosterranno i relativi costi (rettifiche). (es. non si deve tenere conto se un prodotto è stato pagato in anticipo da un cliente ma la merce non è ancora stata consegnata). • è necessario imputare all'esercizio costi e ricavi non ancora sostenuti o conseguiti se i relativi ricavi o costi hanno avuto manifestazione nell'esercizio (integrazioni). (es. si deve tenere conto del costo della corrente elettrica perché si paga dopo averne usufruito). Nel conto economico i costi (componenti negativi di reddito: costi dei fattori produttivi consumati + costi non reintegrabili in futuro) sono posti nella sezione sinistra e i ricavi (componenti positivi di reddito: ricavi di vendita i cui costi sono accolti nella sezione opposta) nella sezione destra. RICAVI – COSTI = REDDITO Il conto economico viene diviso in tre settori. 1° settore: costi e ricavi degli esercizi passati; 2° settore: costi e ricavi di esercizio, che hanno cioè avuto manifestazione negoziale nell'esercizio; 3° settore: correzioni da applicare a costi e ricavi del primo e del secondo settore. Ma non tutti i costi sostenuti hanno dato luogo ai ricavi correlativi, e non tutte le materie prime sono state trasformate e i prodotti realizzati venduti, per cui i dati del secondo settore vanno corretti. Le correzioni sono di due tipi: Rettifiche: costi e ricavi di cui si è già avuta manifestazione finanziaria ma non ci sono stati ancora il sostenimento del costo e il conseguimento del ricavo (=già manifestazione negoziale nell'esercizio o in esercizi passati ma di competenza dei futuri esercizi): le rettifiche comportano un rinvio dei costi e dei ricavi all'esercizio successivo. 1) Rettifiche di costi (3° settore) - componenti positivi di reddito: danno luogo a: rimanenze di costi pluriennali e rimanenze di costi di esercizio, i costi di esercizio possono essere: a) relativi a fattori di cui si è acquista la proprietà (rimanenze: di materie prime, di semilavorati e prodotti finiti) b) relativi a fattori di cui si è acquisito solamente l'uso (risconti attivi su: fitti e interessi passivi) 2) Rettifiche di ricavi (3° settore) - componenti negativi di reddito: a) relativi a fattori di cui si è ceduto solo il diritto di uso (risconti passivi su fitti e interessi attivi, rimanenze di ricavi pluriennali). Nel primo esercizio le rettifiche vengono introdotte nel terzo settore della sezione opposta a quella in cui si trovano le componenti economiche che si vogliono correggere, quindi le rettifiche dei costi vanno nella colonna dei ricavi nel terzo settore e le rettifiche di ricavi tra i costi nel terzo settore. Nel conto economico in realtà non sono presenti le rimanenze dei costi poliennali ma è presente la quota di ammortamento che viene inserita nella sezione dei costi (2° settore), quale differenza tra il costo iniziale del fattore poliennale, o la rimanenza dello stesso, alla fine del precedente esercizio e la rimanenza alla fine dell'esercizio considerato (cioè non quanto rimane, ma la diff. tra l'inizio e quanto è rimasto alla fine). L’ammortamento è un procedimento attraverso il quale il costo sostenuto per acquisire un bene materiale o immateriale (immobilizzazioni), che produce un’utilità pluriennale, viene spalmato su più esercizi. La quota di ammortamento compare come costo nel Conto Economico. Il fondo di ammortamento, invece, sarà parte del passivo dello Stato Patrimoniale. L’ammortamento entra nell’ambito del calcolo del c.d. autofinanziamento, che è la capacità dell’azienda di produrre al suo interno risorse monetarie, senza fare ricorso a fonti esterne di finanziamento. Il capitale sociale rappresenta parte del patrimonio netto ed è caratterizzato dalla somma investita da chi sceglie di far parte di un’attività in qualità di azionista. All’atto di costituzione della società, il capitale sociale e il patrimonio netto corrispondo per poi distinguersi col passare del tempo in quanto nel calcolo rientrano altri elementi quali utili, perdite, riserve ecc. REDDITO = VARIAZIONE INTERVENUTA NEL PATRIMONIO AZIENDALE PER EFFETTO DELLA GESTIONE. …………………………………………………………………….. Cap. 2 Il risultato economico della gestione è un risultato incerto in quanto deriva da una previsione. Una previsione è caratterizzata da due fattori: - incertezza: fattore oggettivo, in quanto non si conoscere con certezza il futuro; - arbitrarietà: fattore soggettivo, in quanto la previsione è influenzata dalle caratteristiche del soggetto che la formula. Anche le attività e passività della sit. patr. sono delle previsioni, questo fa si che le misurazioni delle attività, passività e del netto non siano effettive ma apparenti; così anche i costi e ricavi e dunque il reddito. Nello stato patrimoniale se la sommatoria delle attività apparenti (previste) è maggiore della sommatoria delle attività effettive, o se la sommatoria delle passività apparenti è minore della sommatoria delle passività effettive, il netto patrimoniale apparente risulterà maggiore del netto patrimoniale effettivo. Fenomeno dell’ANNACQUAMENTO DEL CAPITALE: ∑Aapp > ∑Aeff oppure Napp > Neff ∑Papp < ∑Peff (In questo caso le attività sono sopravvalutate e le passività sottostimate) Se invece la sommatoria delle attività apparenti è minore della sommatoria delle attività effettive, o se la sommatoria delle passività apparenti è maggiore della sommatoria delle oassività effettive, il netto patrimoniale apparente risulterà minore del netto patrimoniale effettivo. Fenomeno della costituzione di RISERVE OCCULTE: ∑Aapp < ∑Aeff oppure Napp < Neff ∑Papp > ∑Peff Nel conto economico si può verificare un fenomeno simile (con riferimento a costi, ricavi e reddito). ∑Capp < ∑Ceff oppure Rapp < Reff (reddito) ∑Rapp > ∑Reff (ricavi) Si può anche avere il caso opposto. Secondo il principio di prudenza ricavi incerti, ancora non realizzati, non devono essere contabilizzati, mentre tutti i costi di competenza, anche se ancora non sostenuti, devono essere considerati in bilancio. Il principio di prudenza comprime i valori in modo da evitare che si verifichi il fenomeno dell’annacquamento del capitale, portando alla creazione di riserve occulte (infatti se si valutano le attività apparenti in misura inferiore a quelle effettive, si avrà un netto patrimoniale apparente inferiore a quello effettivo). Per capire quale valore è conveniente dare in bilancio alle rimanenze di prodotti finiti, bisogna ricondurre il valore di realizzo futuro (cioè quello del loro presunto prezzo di vendita) alla data del bilancio, tenendo conto del tempo che intercorre fra la data del bilancio ed il momento in cui prodotti in rimanenza saranno venduti. Il valore delle rimanenze di prodotti finiti si calcola così: 1. Se il valore di presunto realizzo è superiore al costo, si prende il valore di futuro realizzo dei prodotti finiti (400.000) e il costo sostenuto per il loro ottenimento (300.000) e si suddivide la differenza fra i due esercizi (100.000) e si valutano quindi le rimanenze di prodotti finiti (350.000). (Si ottiene così un reddito inferiore). 2. Se invece il costo supera il valore di presunto realizzo non si ha alcuna riduzione: si prende il valore di futuro realizzo dei prodotti finiti (400.000) e il costo sostenuto per il loro ottenimento (500.000) e il valore delle rimanenze sarà l'intero valore di futuro realizzo (e la differenza = 100.000, va imputata per intero al primo esercizio). Gli stessi concetti valgono per le rimanenze di materie prime e semilavorati con alcune modifiche. Dal valore di futuro realizzo del prodotto occorre dedurre i costi ancora da sostenere, affinché la materia prima o il semilavorato si trasformi in prodotto finito. Si confronterà poi il valore determinato con il correlativo costo. L’autofinanziamento non è l’unica fonte di risorse finanziarie interne. Per conoscerne altre, si effettua l’analisi dei flussi finanziari che serve a conoscere la disponibilità di tutte le risorse finanziarie utilizzabili. Quest’ultima è accompagnata dal prospetto delle fonti e degli impieghi, che accoglie tutte le variazioni subite dagli elementi patrimoniali attivi e passivi, tenendo conto che le passività patrimoniali ed il capitale netto rappresentano delle fonti di finanziamento, ovvero tutto ciò che genera risorse finanziarie, mentre le attività patrimoniali rappresentano degli impieghi, ovvero tutto ciò che assorbe risorse finanziarie. (immobilizziazioni, scorte di magazzino, liquidità differite, liquidità immediate). Al bilancio di esercizio si affianca un tipo di analisi di carattere preventivo volta a configurare in anticipo il probabile andamento futuro della gestione, ovvero il bilancio di previsione; siamo quindi nell'ambito della programmazione aziendale. Per svolgere questo tipo di indagini vengono costruiti dei bilanci prospettici che consistono in conti economici e stati patrimoniali relativi a uno o più esercizi futuri. In una rappresentazione logica le fasi del ciclo tipico processuale hanno una dinamica antioraria, mentre in fase programmatica hanno un andamento orario. Per cui nella programmazione economica si parte dal mercato, con una previsione dei realizzi, in relazione ad essi si fa una previsione degli investimenti e successivamente si fa una previsione dei relativi finanziamenti. Per redigere il conto economico previsionale relativo ad un esercizio futuro, si parte dalla individuazione del probabile volume e mix di produzione nel periodo preso in considerazione. Per determinarlo bisogna valutare tre aspetti: il volume e mix presunto delle vendite; la capacità produttiva disponibile; le rimanenze iniziali disponibili e quelle che vanno mantenute alla fine dell'esercizio prospettico. Per prevedere i ricavi di produzione, una volta stimati i volumi e il mix, dovranno essere predeterminati i prezzi di vendita. Poi bisogna prevedere la futura capacità produttiva aziendale, infatti potrebbe accadere che l'azienda non sia in grado di produrre tutta la quantità che si pensa di poter vendere. I ricavi previsti possono essere calcolati secondo la seguente formula: Volume di vendita prevedibile × prezzo stimato = ricavi previsti Per prevedere i costi di produzione bisogna prima determinare il volume produttivo che verrà realizzato dall'azienda. Tale quantità dipende dalla quantità che l'azienda si aspetta di vendere e dalla capacità produttiva. Poi bisogna stimare i costi di produzione che possono essere stimati in due modi: o identificando i costi pluriennali o determinando i probabili costi di esercizio. Oltre ai costi rilevanti (investimenti pluriennali, materie prime, lavoro..), che danno luogo ad uscite finanziarie nell'esercizio futuro, per una corretta determinazione del risultato vanno inclusi anche i costi non rilevanti che non danno luogo ad uscite finanziarie nell'esercizio considerato (ammortamenti, quote fondi, perdite su crediti, TFR). Per calcolare il reddito netto necessario manca un elemento che è il valore degli interessi passivi. Per completare il conto economico previsionale occorre fermare temporaneamente la programmazione economica e affrontare la programmazione finanziaria. Bisogna quindi redigere uno stato patrimoniale previsionale, dove vengono messi in evidenza gli immobilizzi finanziari necessari per la produzione e le fonti finanziarie di tali immobilizzi. Gli elementi più importanti dello stato patrimoniale previsionale sono: 1) Investimenti fissi 2) Capitale circolante: nella fase programmatica è costituita da: giacenze di materie prime, semilavorati prodotti finiti, crediti verso clienti, disponibilità immediate, debiti verso fornitori. a) scorte di materie prime: per calcolare l'immobilizzo finanziario di esse bisogna valutare la quantità di materia prima che deve essere tenuta in magazzino e il costo unitario della materia prima, quest'ultima include il costo unitario d'acquisto e tutti i costi accessori. Si calcola: Fabbisogno= (C + ca) x d 12 (C= costo di acquisto annuo della materia, ca= costi accessori annui della materia, d= tempi di permanenza media delle scorte in magazzino). b) scorte di semilavorati: per calcolare l'immobilizzo finanziario di esse bisogna considerare la durata media del ciclo produttivo e il costo unitario dei semilavorati. Non si includono gli ammortamenti perché si tratta di costi rilevanti. La formula è: Fabbisogno= C x d2 12 (C= sommatoria dei costi rilevanti dal processo di produzione (2), d2= durata media del ciclo produttivo). c) scorte di prodotti finiti: per calcolare l'immobilizzo finanziario di esse si tiene conto dei costi industriali rilevanti e del tempo medio di giacenza dei prodotti nel magazzino prima della vendita. La formula è: Fabbisogno= C x d3 12 (C= sommatoria dei costi industriali rilevanti, d3= giacenza media dei prodotti finiti in magazzino prima di essere venduti). d) crediti verso clienti: per calcolare l'immobilizzo finanziario di essi bisogna prevedere quanta parte delle vendite avviene per contanti e quanta per dilazione e tener conto degli effettivi tempi di incasso dei crediti. Il costo da considerare è quello di tutti i costi non rilevanti. Il fabbisogno è: Fabbisogno= (Cdv – Cnr) x d4 12 (Cdv= costo operativo del venduto, Cnr= costi non rilevanti, d4= tempo medio di incasso). - Per valutare la consistenza dei debiti verso i fornitori, si tiene conto della dilazione media che viene concessa dai fornitori e del costo sul quale vengono calcolate le dilazioni. Il valore da prendere in considerazione è quello delle materie prime, sussidiarie ed i costi accessori annui. La formula è: Fabbisogno= C + ca x d5 12 (C= costo delle materie prime, sussidiarie ecc, ca= costi accessori anni della materia, d5= dilazione media ottenuta dai fornitori). Una volta stimato il presunto ammontare degli immobilizzi finanziari, bisogna determinare le relative fonti di copertura, stimando la quota di copertura assegnata al capitale proprio, l’esistenza di mutui o finanziamenti a medio e lungo termine. Il saldo negativo tra immobilizzazioni e mezzi di copertura costituisce il valore del presunto indebitamento bancario. Una volta stimati gli immobilizzi finanziari e le relative fonti di copertura si può determinare il costo dei finanziamenti e completare il conto economico prospettico. Si procede poi inserendo l'importo degli interessi passivi. Si rileva quindi un utile sul quale gravano imposte, la differenza che si ricava dai due valori è uguale al reddito/utile netto. L'utile che produrrà la gestione, diventa una componente della copertura finanziaria e riduce l'indebitamento prospettico. Bisogna quindi rettificare il valore degli interessi passivi. Di conseguenza il conto economico previsionale va di nuovo corretto e viene rilevato un nuovo utile. Sarà opportuno fermarsi con le correzioni quando si sarà ottenuta una approssimazione soddisfacente della determinazione del valore del reddito di esercizio. Cap. 6 Il capitale di funzionamento si configura nei bilanci di esercizio ed è compreso tra due limiti: il capitale di liquidazione e il capitale economico. Per la corretta determinazione del capitale di funzionamento si deve verificare: Cl < Cf < Ce La valutazione del capitale economico ricorre in occasione della cessione, fusione o trasformazione del sistema aziendale. La differenza tra il capitale di funzionamento e il capitale economico si denomina avviamento. Il capitale economico può risultare inferiore rispetto al capitale di funzionamento in questo caso si ha un avviamento negativo. Esistono tanti modi per determinare il valore del capitale economico. - 1° ipotesi: l'azienda che si cede si ipotizza abbia una durata illimitata dei suoi flussi reddituali. Va= Rm r (Va= valore attuale di una rendita perpetua, Rm= reddito medio prospettico, r= tasso di attualizzazione). Il reddito medio prospettico è un dato incerto da determinare, in quanto non esiste azienda che guadagni nel tempo la stessa somma. Il tasso di attualizzazione è la somma tra: il tasso di remunerazione dei capitali in assenza di rischio; il tasso legato al rischio di impresa; il tasso di inflazione. - 2° ipotesi: l'azienda che si cede si ipotizza che abbia una durata limitata dei suoi flussi reddituali. Parte terza Cap. 1 I costi si suddividono in due categorie: - costi diretti o speciali, sono riconducibili ad un solo oggetto di costo (es. costo delle materie prime); - costi indiretti o comuni, si riferiscono a più oggetti di riferimento, quindi occorre dividere il costo indiretto in quote, mediante la scelta di una base di ripartizione (es. costi di manutenzione dei macchinari). Per configurazione di costo si intende la sommatoria di più elementi di costo che possono riferirsi ad uno stesso oggetto. Le configurazioni di costo sono tante quanti gli elementi di costo e le più utilizzate sono: A) costo primo: sommatoria dei costi diretti; B) costo complessivo: costo primo + quote di costi indiretti; Si avranno centri diretti di lavorazione, in cui si svolgono attività direttamente rivolte alla realizzazione dei prodotti, e centri indiretti perché la loro attività è rivolta in maniera indiretta alla produzione di tutti i prodotti dell’azienda. 1) nella prima fase si costruisce una mappa dell’azienda che rappresenta le aree di attività della gestione aziendale. Tali aree o centri di attività diretti o indiretti devono essere omogenei. 2) la seconda fase consiste nella determinazione del volume di produzione del periodo preso in considerazione. Nelle aziende che producono in serie e a ciclo continuo è possibile conoscere a priori la quantità e la qualità del prodotto che l’azienda produrrà nel periodo stesso; mentre se la produzione è su commessa, non è possibile conoscerli. L’unità di capacità produttiva del volume produttivo cui riferire i costi, deve essere riferita al fattore di produzione raro o limitativo. In alcune aziende questo fattore potrà essere costituito dal numero di operai di un certo reparto, che determina una strozzatura o collo di bottiglia rispetto agli altri reparti. Il collo di bottiglia è costituito dalla minore capacità produttiva del reparto, in questo reparto è contenuto il fattore di produzione raro dell’azienda, cioè quel fattore che delimita la capacità produttiva dell’azienda e determina l’effettiva velocità della linea di lavorazione. Il volume produttivo determinato viene chiamato standard. 3) La terza fase consiste nell’imputazione dei costi ai centri. Una volta identificato il volume di produzione è possibile stabilire quali costi bisogna sostenere. Tale fase riguarda tutti i costi, ad eccezione di quelli per le materie prime, in quanto considerate un costo diretto di prodotto. Per cui alcuni costi andranno ad alimentare le attività dei centri diretti, altri l'attività dei centri indiretti. Tutti i costi sono a questo punto diretti e si potranno avere: costi diretti di prodotto, costi diretti di centri diretti, costi diretti di centri indiretti. 4) Nella quarta fase se si volesse conoscere il costo complessivo di prodotto, occorrerà redistribuire i costi dei centri indiretti sui centri diretti, in base ad un nesso causale. Questa ripartizione si può attuare su base unica, cioè sommando tutti i costi di tutti i centri indiretti e ripartendoli mediante un'unica base di ripartizione. Il procedimento verrà chiamato su base unica di centro, ovvero su base multipla, distribuendo i costi dei centri indiretti su quelli diretti. 5) La quinta fase è quella della determinazione dei coefficienti unitari di centro risultanti dalla divisione dei costi complessivi di periodo del centro diretto (composti da costi diretti dei centri diretti e quote di costi diretti dei centri indiretti) sul numero dei prodotti o delle unità (ore di lavoro diretto, ore macchia). 6) la sesta fase consiste nel determinare il costo complessivo di prodotto occorre sommare ai costi diretti di prodotto (materie prime) il risultato della moltiplicazione tra i coefficienti unitari di centro ed il numero di ore di lavoro diretto in ciascun centro diretto. I coefficienti unitari di centro vengono così calcolati: C.U centro taglio: C.D. + Quota C.I = 80.000 = 10 8.000 8.000 C.U. centro assemblaggio: C.D. + Quota C.I. = 120.000 = 7,5 16.000 16.000 C.U. centro verniciatura: C.D. + Quota C.I. = 80.000 = 10 8.000 8.000 – In base al metodo Activity-based-costing, ovvero determinazione dei costi basata sulle attività, per raggiungere gli obiettivi che l'azienda si è prefissata, è necessario porre in essere una serie di attività coordinate tra di loro. Le fasi di tale sistema sono quattro: 1. Individuare il cost object 2.Individuare tutte le attività attraverso cui si realizza il cost object ed i fattori (cost driver) 3. Determinare i costi delle attività 4. Attribuire i costi delle attività al cost object Nella prima fase nuovi cost object possono emergere continuamente, gli oggetti di rilevazione possono essere infatti linee di prodotti ma anche il sistema clienti. È necessario poi indentificare sia le attività che vanno poste in essere perché questo possa essere realizzato, sia le relative determinanti, ovvero i fattori che hanno una influenza sullo svolgimento delle attività stesse (cost driver). Per identificarli si effettuano delle interviste ai responsabili funzionali per ottenere informazioni riguardo l’output (risultato) e riguardo i cost driver. Il cost driver consente un collegamento tra le attività e il cost object. Nella fase successiva si determinano i costi delle attività che sono la somma dei costi delle risorse assorbite dalle stesse attività nel loro svolgimento. L'ultima fase è quella in cui vengono attribuiti i costi delle attività ai vari cost object impiegando delle costruzioni contabili chiamate Activity Cost Pool. BUSINESS PLAN???? Cap. 2 Nello stabilire una relazione tra l’andamento dei costi e dei ricavi e quello del volume produttivo, si possono classificare i costi aziendali in due aggregati: • Costi fissi, il loro ammontare risulta invariato all’aumentare del volume di produzione; • Costi variabili, il loro ammontare varia proporzionalmente al volume di produzione. Il costo complessivo della produzione aumenta all’aumentare del volume prodotto per effetto dei maggiori costi variabili; al contrario il costo unitario di ogni singolo prodotto risulta decrescente per effetto della minore incidenza dei costi fissi. Il diagramma di redditività è un sistema di assi cartesiani sul quale vengono rappresentate la dinamica dei costi fissi, dei costi variabili, dei costi complessivi (dati dalla somma dei cf e dei cv) e dei risultati al variare del volume di produzione. Il diagramma di redditività complessivo ha un valore scarsamente rappresentativo se non per le aziende monoprodotto o con una gamma ristretta. Tanto maggiore è il numero di prodotti in portafoglio meno rappresentativo risulta Il diagramma, di conseguenza può essere opportuno riferire tale strumento piuttosto che all’azienda nel suo complesso, alle singole ASA. I costi si dicono variabili in quanto il loro ammontare aumenta proporzionalmente all'incremento della produzione; per questo vengono rappresentati da una semiretta che parte dall'origine e cresce proporzionalmente all'aumentare del volume di produzione fino al limite della capacità produttiva esistente. Un esempio di costo variabile è quello delle materie prime. Prendendo come costo variabile le materie prime si può dire che man mano che aumentano i volumi produttivi si riducono i rendimenti di esse. Il rendimento è uguale a: risultato ottenuto risultato che si sarebbe dovuto ottenere Supponiamo che per realizzare un determinato prodotto in condizioni normali si utilizzino 10 kg di materia prima. Questo valore ideale dovrà essere confrontato con un risultato reale. Se nell'azienda, con il quantitativo ipotizzato di materia prima, ad esempio 11 kg, vengono realizzate 7 unità di prodotto piuttosto che 8, come previsto, si ha una riduzione del rendimento. Tale riduzione incide sulla rappresentazione grafica dell'andamento dei costi variabili che non è più rappresentato da una semiretta ma da una spezzata. I costi fissi sono tutti quei costi che vanno sostenuti per costituire la struttura produttiva necessaria a svolgere l’attività aziendale, e vengono solitamente rappresentati con una semiretta parallela all’asse delle ascisse. Il diagramma di redditività riferito ai costi fissi dovrebbe avere un andamento a gradini, che restano stabili fini a quando non vi sia un salto causato ad es. dall’aumento della capacità produttiva degli impianti. Riguardo i costi unitari di prodotto al variare del volume di produzione verranno sostenuti nuovi costi fissi con l’effetto di innalzare il costo fisso unitario di prodotto. I costi fissi però presentano una certa variabilità, per cui il diagramma di redditività relativi ad essi non risulta realistico. Nella dinamica dei ricavi di vendita nel caso in cui si volessero vendere maggiori quantità di prodotti, è necessario concedere degli sconti riducendo il prezzo unitario di vendita. Le retta dei ricavi assumerebbe un’inclinazione diversa, e più che una retta si tratterebbe di una spezzata se non di una curva. Il Break Even Point o punto di pareggio è il punto in cui i costi sono uguali ai ricavi. Questo è il punto di vendite minimo che l'azienda deve registrare per non essere in perdita. Il punto di break even corrisponde all'incrocio tra le rette dei costi e dei ricavi. In corrispondenza a volumi di produzione inferiori al BEP il reddito conseguito è negativo. In corrispondenza a volumi di produzione pari al BEP, il reddito conseguito è nullo. In corrispondenza a volumi di produzione superiore al BEP il reddito conseguito è positivo. Per elaborare diagrammi di redditività che aderiscano maggiormente alla realtà sarebbe opportuno concentrare le analisi sul segmento di produzione che sembra più probabile realizzare. In tal modo si delimita un’area di significatività nel grafico racchiusa tra livelli di attività minimi e massimi. Se l’azienda non produce un unico prodotto, ma più prodotti, influisce sulla rappresentazione la composizione o mix dell’intera produzione, vale a dire il rapporto esistente tra le quantità realizzate o da realizzare dei prodotti facenti parte di questo mix. Es: l’azienda produce nella stessa quantità i prodotti A e B. I dati sono: q= 20.000 così ripartita: qa= 10.000 qb= 10.000 Ra= 1.000 Rb= 500 Cva= 500 Cvb= 400 Cf= 3.000.000 (q= quantità totale prodotta; qa= quantità prodotta di A; qb= quantità prodotta di B; Ra= ricavo unitario di A; Rb= ricavo unitario di B; Cva= costo variabile unitario di A; Cvb= costo variabile unitario di B; Cf= costi fissi) I ricavi totali sono la somma dei ricavi del prodotto A (Ra x qa) e del prodotto B (Rb x qb) e dato che qa = qb = ½ q, i ricavi totali sono: R = ½ q x 1000 + ½ q x 500 = 750 q I costi complessivi (Cc) vengo calcolati sommando i costi variabili ai costi fissi. I costi variabili totali sono la somma dei costi variabili di A (Cva x qa) e dei costi variabili di B (Cvb x qb); dato che qa = qb = ½ q , i costi variabili si calcolano: Cv = ½ q x 500 + ½ q x 400 = 450q Cc= 3.000.000 + 450q Il punto di pareggio si trova con l’equazione: R = Cc , quindi: (consuntivo puro) Volume di prod. effettivo x tempo effettivo unitario di MOD x costo effettivo orario di MOD Per quanto riguarda l’analisi degli scostamenti dei costi fissi, non è possibile utilizzare a formula considerata a proposito dei costi variabili, si può determinare lo scostamento tra l’incidenza unitaria dei costi prevista a consuntivo e quella effettivamente misurata a consuntivo. Costo di budget – Costo consuntivo Se invece di ottenere la quantità programmata si è realizzata una quantità maggiore, nonostante il costo fisso sia rimasto immutato, si ha una riduzione della sua incidenza per unità di prodotto. Si parla in questo caso di scostamento di volume o di “assorbimento”: - Sotto-assorbimento: quando il volume effettivo è inferiore rispetto a quello programmato, quindi i costi fissi unitari risultano maggiori di quelli previsti; - Sopra-assorbimento: quando il volume effettivo è maggiore rispetto a quello programmato, e quindi i costi fissi unitari risultano minori di quelli previsti. – La formula con cui si calcola lo scostamento di volume è: costo fisso di budget – Costo fisso di budget x Volume effettivo Volume programmato Per quanto riguarda l’analisi degli scostamenti dei ricavi di vendita, si fa riferimento a due diverse situazioni: a) azienda monoprodotto b) azienda multiprodotto a) Azienda monoprodotto: fa riferimento solo allo scostamento di volume e a quello di prezzo. – Scostamento globale: volume di vendita programmato x prezzo standard unitario di vendita MENO Volume di vendita effettivo x prezzo effettivo unitario di vendita – Scostamento di volume: volume di vendita programmato x prezzo standard unitario di vendita MENO Volume di vendita effettivo x prezzo standard unitario di vendita – Scostamento di prezzo: volume di vendita effettivo x prezzo standard unitario di vendita MENO Volume di vendita effettivo x prezzo effettivo unitario di vendita b) Azienda multiprodotto: fa riferimento allo scostamento di volume, allo scostamento di prezzo e allo scostamento di mix. – Scostamento globale: scostamento netto di volume - scostamento di mix - scostamento di prezzo (lo scostamento globale così calcolato coincide con la differenza tra il budget e il consuntivo dei ricavi). 3.6 ? La determinazione del capitale circolante netto commerciale (crediti v. clienti + scorte – debiti v. fornitori) e della sua variazione intervenuta nel corso di un determinato periodo consente di determinare il flusso di cassa della gestione corrente. Questa determinazione aiuta a collegare l’aspetto economico-patrimoniale con quello monetario-finanziario. Consentendo anche di valutare il grado di fattibilità e di convenienza di una determinata strategia. ??? ?? Cap. 4 Per modello economico-aziendale si intende: qualunque schema logico che accolga per classi più o meno ampie costi e ricavi riferibili ad un esercizio aziendale o ad una parte temporalmente e/o spazialmente individuata di esso, al fine di cogliere le relazioni che si stabiliscono tra tali classi, in funzione del miglioramento di un risultato economico. Il modello scelto, per essere efficace in ordine agli scopi conoscitivi prefissati, deve racchiudere le qualità della semplicità e della completezza. Lo scopo conoscitivo è fondamentale per la scelta del modello economico, in modo da evitare di adottare modelli complessi per la soluzione di problemi semplici, e modelli semplici per la risoluzione di problemi complessi. 1. Un primo modello è quello del reddito netto caratterizzato dalla contrapposizione tra costi, ricavi e rimanenze relativi a tutte le operazioni svolte in un determinato periodo amministrativo, finalizzato alla determinazione del risultato di esercizio. 2. Un altro modello è quello dell’extra-reddito netto caratterizzato dalla contrapposizione tra ricavi e costo economico-tecnico dell'intera produzione, finalizzato al controllo del livello di remuneratività dei ricavi. 3. Un altro modello è quello del margine lordo di contribuzione espresso dalla differenza tra ricavi e costi primi di prodotto e finalizzato alle scelte di convenienza economica di breve e di lungo periodo. Con l'espressione margine lordo si può intendere qualsiasi margine non netto. La nozione di margine lordo è legata alle distinzioni tra costi variabili e fissi, e tra costi diretti e indiretti. I costi diretti variabili relativi all'oggetto i variano al variare della produzione; i costi diretti fissi relativi all'oggetto i si sostengono se si realizza il prodotto i; i costi indiretti variabili sono relativamente variabili al variare della produzione complessiva; i costi indiretti fissi non variano al variare della produzione. I ricavi nella maggior parte dei casi sono riferibili ai singoli oggetti di riferimento e variano al variare del volume di vendita. La differenza tra la somma dei ricavi relativi ad n oggetti di riferimento e la somma dei costi fissi e variabili direttamente riferibili agli n oggetti dà luogo all'utile operativo più i costi indiretti fissi e variabili ed è detta margine semilordo. Quindi la somma dei margini semilordi relativi agli n oggetti di riferimento è uguale alla somma dei costi indiretti con l'utile operativo di gestione. Se i costi diretti fissi relativi all'oggetto i sono trascurabili e anche i costi indiretti variabili lo sono, il modello diventa un margine lordo, che esprime come ogni variazione del primo membro si traduce in una variazione dell'utile operativo, in quanto i costi indiretti fissi sono per definizione costanti. Tale modello presenta i requisiti di semplicità ed è quindi idoneo ad affrontare le scelte economico- aziendali di breve periodo, ma non sembra essere adatto ad affrontare scelte di lungo periodo. Ma se per effetto di una scelta di lungo periodo che comporta un incremento dei costi indiretti fissi aumenta il risultato allora basta sottrarre a tale risultato un incremento dei costi indiretti fissi, aumenta il risultato, basta sottrarre a tale risultato l’incremento dei costi indiretti fissi per ottenere il differenziale positivo che si traduce in un incremento dell'utero operativo. L'unica differenza tra scelta di breve periodo e le scelte di lungo periodo sta nel diverso grado di incertezza. Nel breve periodo esistono più esigui margini di incertezza. Nel lungo periodo invece l’incertezza è tale per cui i risultati possono variare molto. Il modello a margini lordi si fonda su ipotesi generali e specifiche, le prime valgono per tutte le determinazioni quantitative le seconde si riferiscono specificamente al modello in oggetto. Questo modello si fonda sulla previsione di costi e ricavi le cui stime sono incerte. Le incertezze riguardanti le previsioni dei costi riguardano i fattori che possono influenzare i volumi, i prezzi-costo, i rendimenti e il mix. Le abitudini del consumatore, le buone relazioni dei soggetti operatori dell'azienda con l'esterno, la qualità dei prodotti venduti, la qualità dei servizi, sono fattori che vengono considerati come delle costanti al momento delle previsioni. Se si sommano i prodotti tra i margini lordi globali e le rispettive probabilità statistiche di manifestazione, si ottiene il risultato sperato o speranza matematica. La speranza matematica della situazione ipotizzata sarà confrontata con altre speranze matematiche relative ad altre possibili situazioni alternative così da scegliere la speranza matematica più grande. Tale metodo è di difficile applicazione in azienda, a causa del dinamismo aziendale. Si possono utilizzare anziché le probabilità statistiche, le probabilità soggettive ed in questo caso i dati non derivano da una serie storica di valori osservati, ma da ipotesi dell'operatore, il quale mescola la propria esperienza passata con la propria previsione degli eventi futuri, e si passa dall' ambito dell'incertezza a quello dell’indeterminazione. Cap. 5 Il modello a margini lordi può essere utilizzato per scelte di breve o di lungo periodo. La differenza tra breve e lungo periodo sta nel diverso grado di incertezza: nel lungo periodo la dinamica costi-ricavi è soggetta a incertezze maggiori, nel breve periodo a incertezze minori. Il modello a margini lordi può riguardare le singole aree strategiche di affari o l'intera azienda. Le scelte di breve periodo vanno distinte in tre grandi categorie, a seconda del tipo di azienda presa in considerazione: a) aziende che producono in serie b) aziende che producono su commessa c) aziende che realizzano produzioni tecnicamente congiunte a) Le aziende che producono in serie fabbricano prodotti in genere tutti uguali tra di loro per il magazzino e non su richiesta dei clienti. In aziende di questo tipo va fatta un'ulteriore distinzione per comprendere quali sono le scelte che nel breve periodo possono dover fronteggiare. In esse si può avere infatti: - capacità produttiva ancora da sfruttare, ossia non satura, quando vi sono ancora margini di fattori di produzione raro da utilizzare; - capacità produttiva pienamente utilizzata, ossia satura, quando non vi sono più margini di fattore di produzione raro da utilizzare. Nel primo caso il problema è la definizione del volume di produzione relativamente ottimale. Una volta stabilito tale volume il secondo problema è quello di stabilire come sfruttare al meglio la capacità produttiva residua. Il terzo problema è capire se è conveniente realizzare un nuovo prodotto. Adesso l'intera capacità produttiva è statura, l'azienda quindi si trova nella seconda situazione, ossia quella nella quale la capacità produttiva è pienamente utilizzata. Le scelte che adesso bisogna fare sono quelle relative al miglioramento dell'uso di tale capacità. Possono essere ottenuti risultati economicamente più soddisfacenti variando il mix produttivo. Per tutte queste scelte risulta utile e il modello a margini lordi. b) Le aziende che lavorano su commessa operano in condizioni diverse da quelle che producono in serie, l'azienda infatti non produce per il magazzino prodotti standard ed omogenei tra di loro, ma realizza prodotti che tendono a soddisfare le esigenze particolari dei singoli clienti. Diverse sono le politiche di vendita in tali aziende a seconda che operino in condizione di saturazione o non. Se la capacità produttiva non è satura, l'azienda cerca di vendere il più possibile fino a saturare la produzione, purché vi sia un margine di contribuzione. L'azienda tende a negoziare con il cliente proponendo dei ribassi sulle quantità. L'interesse dell'azienda venditrice al ribasso di quantità è tanto maggiore quanto maggiore è il divario tra prezzo unitario di vendita e ammontare unitario dei costi diretti variabili, ossia quanto maggiore è il margine lordo. Una volta che si è raggiunta la saturazione della capacità produttiva, si tenderà a ridurre i ribassi sulle quantità. c) Le operazioni di produzione spesso conducono ad ottenere più prodotti legati tra di loro; nel processo di produzione così, ad esempio, la raffinazione del petrolio dà nello stesso ciclo di operazioni prodotti cosiddetti “neri” e prodotti cosiddetti “bianchi” (come oli pesanti, medi, leggeri ed altre essenze). Nelle aziende che realizzano produzioni tecnicamente congiunte quasi tutti i costi sono comuni e la scelta sul mix è preclusa, in quanto non è possibile regolare a priori la quantità di un prodotto o di un altro che
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