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Economia civile e sviluppo sostenibile. - Becchetti, Bruni, Zamagni, Sintesi del corso di Economia Aziendale

Descrive il concetto di economia civile sotto i punti di vista dei tre diversi autori: Leonardo Becchetti Luigino Bruni Stefano Zamagni e introduce l'economia civile partendo dal pensiero francescano della prima modernità

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica Economia civile e sviluppo sostenibile. - Becchetti, Bruni, Zamagni e più Sintesi del corso in PDF di Economia Aziendale solo su Docsity! ECONOMIA CIVILE E SVILUPPO SSOTENIBILE – Progettare e misurare un nuovo modello di benessere Leonardo Becchetti Nel tardo Medioevo non c’era nessun dubbio sul fatto che il benessere fosse multidimensionale. Il successo del PIL risale al secolo scorso, in tempi di guerra fredda nei quali la contesa tra Unione Sovietica e Stati Uniti avveniva non solo sul fronte degli armamenti e delle medaglie olimpiche ma soprattutto sulla capacità di produrre beni e servizi sul proprio territorio. La semplificazione degli economisti per molti anni è stata di pensare che benessere, soddisfazione di vita e PIL potessero coincidere. Robert Kennedy descrive prima una lunga serie di fattori che riducono la nostra felicità ma aumentano paradossalmente il PIL e poi una seconda lista di fattori che sono fondamentali per la nostra soddisfazione di vita ma sono ignorati dal PIL: il PIL misura tutto eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Richard Easterlin mostra come nel secondo dopoguerra begli Stati Uniti la crescita del PIL pro capite è costante e significativa. Gli studiosi identificano un rapporto positivo tra reddito e felicità: maggiore benessere economico consente di costruire potenzialmente sistemi paese dove le risorse per il finanziamento di sanità ed istruzione sono maggiori la qualità delle infrastrutture pubbliche migliore. L’effetto del reddito sulla felicità è via via decrescente man mano che il benessere economico aumenta. Paradosso di Easterkin:  il primo errore sta nel sostenere che PIL pro capite e benessere economico delle famiglie coincidano  il secondo è nel non considerare la struttura distributiva del benessere economico (disuguaglianze in aumento): gli studi su reddito relativo e soddisfazione della vita ci aiutano a creare un ponte tra economia, società e cultura; la disuguaglianza fa più male quanto più c’è percezione di scarsa mobilità sociale, infatti in una società con forte mobilità sociale la disuguaglianza è quasi una notizia positiva (=sogno americano)  il terzo è l’adattamento edonico: siamo un misto di homo oeconomicus, sociologicus e psicologicus; gli esseri umani tendono ad assuefarsi agli eventi positivi della loro vita, ovvero un effetto positivo che si attenua però nel tempo. In quest’ottica la vita è un po’ come una gara, una volta superata una misura che indicava una certa altezza si esulta per un attimo per il successo ma poi si alza subito l’asticella per provare a superarla di nuovo  il quarto sono le relazioni, per i quali è necessari distinguere tra: - beni privati: caratterizzati da rivalità ed escludibilità - beni pubblici: dove la fruizione di uno non preclude la sua fruizione da parte di altri; gli homines economici sono riduzionisti auto interessati, privi di preferenze sociali, mentre i free riding sono coloro che usufruiscono del bene senza pagarlo - beni comuni: caratterizzati per l’essere rivali ma non escludibili; sono soggetti al rischio di sovra sfruttamento e all’esaurimento (=tragedy of the commons di Harding). I beni relazionali sono ciò di cui fruiamo e che aumentano la nostra soddisfazione e felicità in un’interazione con altri esseri umani, si producono in attività collettive dove l’interazione con gli altri soggetti genera una soddisfazione. L’incontro è mezzo di produzione del bene relazionale stesso; nel bene relazionale consumo, produzione e investimento coincidono: infatti oggi i business più redditizi sono quelli delle relazioni (social). Si possono definire anche antirivali in quanto senza l’altro non c’è e non si può produrre: nell’orizzonte dei beni privati l’altro è il rivale che si contende l’utilizzo di beni scarsi; nell’orizzonte della competizione di status l’altro è colui con cui competo e con il quale mi confronto; nell’orizzonte dei beni relazionali l’altro è colui senza il quale non posso essere felice, perché è impossibile consumare beni relazionali da soli. Nel senso del bene relazionale la mia volontà e le disponibilità monetarie non sono condizioni sufficienti per la fruizione del bene, secondo il principio del no other human being, no party: il bene relazionale richiede dunque un coordinamento delle volontà tra partner per poter essere prodotto. Per la costruzione di relazioni di qualità nel corso della nostra vita c’è bisogno di fare investimenti di cura e di tempo malattia di Baumol dei beni relazionali: dedicare del tempo alla cura delle relazioni è molto più costoso oggi che in passato perché quel tempo è sottratto a molteplici altre cose a cui potremmo dedicarci. La rete e le piattaforme social ci offrono opportunità di coltivare relazioni a distanza ma offrono modalità di relazioni molto più povere e aumentano enormemente il costo delle relazioni faccia a faccia con chi è vicino. La crescita esponenziale del costo relativo di investire in relazioni ha finito per ridurre la qualità dei beni relazionali della nostra società. Scitovsky scrive che il problema della felicità è che siamo sbilanciati sui beni di comfort e consumiamo troppi pochi beni di stimolo. La società dei consumi ci riempie di agi e ci vuole spingere soprattutto al consumo di beni comfort per il semplice motivo che producono piaceri, soddisfazioni immediate e generano dipendenza. La dipendenza vuol dire domanda stabile e non sensibile ai prezzi, il sogno di ogni venditore. Contrariamente i beni di stimolo non si possono consumare se prima non si è investito per loro: non è il denaro che fa la felicità, ma il modo e il percorso che hai compiuto che è decisivo per stabilire se sei o no felice. Grazie a indicatori affettivi, cognitivi ed eudaimonici è stato possibile stabilire che gli eventi della vita producono più o meno le stesse reazioni in termini di soddisfazione in qualunque parte del mondo o angolo della storia ci si trovi: salute, reddito, libertà di iniziativa, assenza di corruzione, cultura, relazioni e gratuità sono le variabili chiave che spiegano gran parte delle differenze di soddisfazioni di vita tra persone e paesi. Critica dello schiavo felice= esistono persone povere e sprovviste di diritti così sfiduciate nella possibilità di riscatto da aver ridotto al minimo le loro aspettative di progresso sociale che arrivano al paradosso di dirsi soddisfatte della loro vita; ideologo felice= sono persone soddisfatte della loro vita perché hanno maturato una convinzione fuori dal branco, confermata dal loro gruppo, e pensano di poter essere generativi e cambiare in meglio il mondo. Mulhouse in Alsazia quasi 30 anni decise di convocare le rappresentanze delle diverse categorie sociali per chiedere ai cittadini di suggerire su quali direzioni di benessere ed indicatori fosse meglio lavorare. Enrico Giovannini fece lo stesso per il BES (=Benessere Equo e Sostenibile) convocando il CNEL e le rappresentanze delle diverse parti sociali: per ciascuna delle 12 dimensioni è stata istituita una commissione di esperti che seleziona indicatori adatti a misurare il grado di benessere, con il risultato della creazione di 130 indicatori. L’Italia con il BES è oggi tra i Paesi all’avanguardia nella definizione di indicatori multidisciplinari di benessere e di strumenti e bussole che indicano la rotta verso l’orizzonte del bene comune; le manovre di bilancio che il governo presenta ogni anno in parlamento devono indicare gli impatti dei provvedimenti presi su un numero selezionato di indicatori BES: uno degli indicatori sintetici dei prossimi anni dovrebbe essere l’impronta di carbonio del PIL. Per valutare la salute della nostra macchina non facciamo la media tra indicatore di velocità, acqua, olio e pressione delle gomme ma guardiamo separatamente i quattro indicatori: in quest’ottica, per costruire misure sintetiche uniche, dobbiamo svolgere due operazioni: 1. normalizzazione di indicatori che sono misurati su scale diverse 2. l’attribuzione di pesi d’importanza relativa a ciascuno di essi. Vi è stato il significativo passaggio delle Nazioni Unite dai Millennium Development Goals (MDGs) ai Sustainable Development Goals (SDGs): si passa dall’imperativo dello sviluppo a quello dello sviluppo sostenibile e alla creazione di valore socialmente ed ambientalmente responsabile. Se negli MDGs era chiaro il concetto di istituzioni ed autorità benevolenti che con le loro politiche erano le uniche protagoniste ed artefici del cambiamento e la società civile per raggiungere i nuovi obiettivi delle Nazioni Unite: l’obiettivo 12 riguarda proprio il consumo e la produzione responsabile, introducendo il ruolo chiave della cittadinanza attiva e delle imprese sostenibili. Stato e mercato possono fare una parte importante in Il lavoro è attività umana, non è quindi possibile dire qualcosa su che cosa sia il lavoratore sena avere un’idea di che cosa sia l’umano e l’uomo, senza un’antropologia: ogni cultura del lavoro è espressione di una ben precisa idea di uomo. Lavoriamo veramente quando il destinatario della mia attività lavorativa libera è un altro, quando la nostra attività è espressione di amore (lavorare per e con gratuità). Solo così i lavoro diventa esperienza fondamentale di amore: il lavoro è davvero attività sociale perché prima è un’attività umana. Lavoriamo davvero quando ci dimentichiamo di noi e dei nostri interessi e ci doniamo agli altri. Se il lavoro è amore, se è tendenzialmente dono, anche la remunerazione del lavoro può e deve essere intesa come un dono nella reciprocità: il salario o lo stipendio non può, e non deve, misurare il valore di un lavoratore, ma essere un premio, un contro-dono. Il realtà l’attività umana, soprattutto quando è vissuta come amore, non può essere prezzata, ma solo riconosciuta e ringraziata. Potremmo addirittura affermare che ogni stipendio di chi lavora come espressione di dono sia considerato come una risposta,e come un incontro di doni. Non si parla necessariamente di altruismo, ma c’è una mutua consapevolezza che si è parte di una stessa comunità fatta da persone che sanno di essere felici solo quando sono aperte all’altro e quando sono in atteggiamento di donazione nella reciprocità. La capacità di donarsi, poiché appartiene alla natura stessa dell’umano, fonda l’attività lavorativa, è oltre essa: la precede, l’accompagna e la segue. Chi vive il lavoro come dono misura il valore di se stesso e degli altri con diversi metri di misura, e sa che un lavoratore che si dona agli altri oltre alla propria malattia è la perla preziosa dell’azienda, e non un pezzo usato da dismettere, come purtroppo accade spesso  solo una società che apprezza e stima la gratuità può apprezzare e stimare davvero il lavoro. Stefano Zamagni C’è un mercato che riduce la diseguaglianza sociale e uno che invece la fa lievitare: il primo si dice civile, perché dilata gli spazi della civitas mirando a includere tendenzialmente tutti; il secondo è il mercato incivile, perché tende a escludere e a mantenere in esistenza le periferie esistenziali. La prima cattedra universitaria di economia al mondo venne istituita dall’Università di Napoli nel 1753, al Cattedra di Economia Civile, per primo ricoperta da Antonio Genovesi. Smith scrive che i sentimenti e i comportamenti di benevolenza complicano il meccanismo di funzionamento del mercato, il quale funzionerebbe tanto meglio quanto più strumentali fossero i rapporti interpersonali al suo interno. Il mercato è mezzo per costruire relazioni autenticamente sociali, perché libera da legami verticali e di status che non sono scelti, ma non è in se stesso luogo di relazionalità: l’esistenza delle relazioni di mercato nella sfera pubblica garantisce che nella sfera privata i rapporti di amicizia siano autentici, scelti liberamente e sganciati dallo status. Per Smith e per la tradizione ufficiale della scienza economica il mercato è civiltà ma non è amicizia, né è reciprocità non strumentale, né è fraternità (=teoria economica contemporanea). Per l’economia civile invece il mercato, l’impresa, l’economico sono in sé luoghi anche di amicizia, reciprocità e gratuità: l’economia è civile, il mercato è vita comune e condividono la stessa legge fondamentale della mutua assistenza (philia e agape). L’economia civile ricorda che una buona società è frutto certamente del mercato e della libertà, ma ci sono esigenze, riconducibili al principio di fraternità, che non possono essere eluse, né rimandate alla sola sfera privata e alla filantropia contribuisce alla costruzione della civitas, ovvero dell’espressione riassuntiva l’economia come se la persona contasse. Occorre prendere posizione scegliendo il punto di osservazione dal quale scrutare la realtà. Per timore di esporsi nei confronti di una precisa opzione antropologica, non pochi economisti preferiscono rintanarsi nella sola analisi, dedicando crescenti risorse intellettuali al’impiego di sempre più raffinati strumenti logico-matematici. Non è infatti concepibile che in società che si dicono aperte (Karl Popper) una sola impostazione teorica debba ricevere la quasi totalità degli spazi di ricerca e delle attenzioni culturali. I processi economici sono basicamente processi di interiorizzazione tra gli uomini: non è dunque vero che le merci si producono solamente a mezzo di merci ma anche a mezzo di relazioni intersoggettive che coinvolgono persone dotate ciascuna di specifica identità e non solo di interessi da tutelare. La ragione profonda di questo insoddisfacente stato di cose è dovuta al fatto che la teoria economica ufficiale si è focalizzata su una descrizione del comportamento umano pressoché interamente centrata sulle finalità di tipo acquisitivo. C’è bisogno di passare dall’homo oeconomicus all’animal civile e dunque di far posto al principio del dono come gratuità dentro la teoria economica. La forza del dono non sta nella cosa donata o nel quantum donato ma nella speciale qualità umana che il dono rappresenta per il fatto di essere relazione. È pertanto lo specifico interesse a dar vita alla relazione tra donatore e donatario a costruire l’essenza dell’azione donativa, la quale può coltivare un interesse, ma questo ha da essere un interesse per l’altro, mai un interesse all’altro. Le principali differenze tra il paradigma dell’economia civile e dell’economia politica sono:  il rifiuto da parte dell’economia civile e l’accoglimento da parte dell’economia politica del principio del NOMA (Non Overlapping Magisteria, magisteri che non si sovrappongono), istituito nel 1828 a Oxford: secondo questo l’economia se vuole ambire allo status di scienza deve separarsi sia dall’etica sia dalla politica, diventando cioè il mondo dei mezzi, ovvero dei modi più efficienti per conseguire i fini nel rispetto dei valori (principio di efficienza come guida d’azione)  dagli anni Settanta l’economia è diventata il regno dei fini e la politica quello dei mezzi. Il mercato non è solamente un meccanismo per l’efficiente regolazione degli scambi, ma è un meccanismo per l’attribuzione del potere e, in quanto tale, genera effetti di rilievo sul carattere degli uomini  il tipo di relazione che si ritiene di dover considerare tra i 3 principi che sorreggono l’ordine di mercato: il principio dello scambio di equivalenti, per assicurare l’allocazione delle risorse; il principio di redistribuzione, per garantire l’equità o giustizia sociale, ovvero dare a tutti i membri della civitas la possibilità di partecipare al gioco di mercato; il principio di reciprocità, per praticare l’idea di fraternità, ovvero consentire agli uguali di essere diversi (dove la diversità è vista come valore). Ciò che accomuna le tante scuole di pensiero inscritte nel paradigma dell’economia politica è la trascuranza del principio di reciprocità; per l’economia civile i 3 principi che sorreggono l’ordine di mercato stanno tra loro in relazione moltiplicativa, in un’ottica di homo homini natura amicus (Genovesi), in contrapposizione all’homo homini lupus (Hobbes): Aristotele dice che l’uomo è un animale politico, cioè capace di dialogo con gli altri, di amicizia (philia) e di cooperazione per il bene della polis; Hobbes si interroga sul perché l’uomo non è una creatura vivente come le api e le formiche, capace di vivere insieme socialmente. La risposta della scienza economica moderna è quella della mano invisibile, dove il bene totale non nasce dall’azione cooperativa intenzionale e naturale di animali sociali, ma dal gioco degli interessi privati di individui egoisti separati tra loro  dipende dal fine, telos, al quale essi tendono: per l’economia politica il bene totale è la sommatoria dei beni individuali; per l’economia civile il fine ultimo da perseguire è il bene comune, come produttoria dei beni individuali. Nella logica del bene comune, non posso sacrificare il bene ultimo di qualcuno per accrescere quello di qualcun altro: l’economia civile non accetta la distribuzione creatrice, ovvero dove il mercato deve espellere imprese e persone poco o non produttive al fine di poter creare lo spazio per l’affermazione del nuovo e dei soggetti più dotati e così espandersi in definitivamente. La via del riduzionismo imboccata dalla scienza economica nell’ultimo trentennio ha finito col disarmare il pensiero critico: per l’individualismo è l’individuo l’unico giudice ce attribuisce valore alle cose e alle relazioni in cui si trova inserito. Ma esso non basterebbe in se stesso se non si fosse accasato con il libertarismo, con la posizione di chi pensa che per fondare la libertà e la responsabilità individuale sia necessario rincorrere l’idea di auot-causazione. L’Illuminismo postula lo scioglimento dei legami e il fatto che ogni individuo ha diritto ad espandersi fin dove la sua potenza glielo consente: si confondono i condizionamenti delle libertà (i vincoli) con le condizioni della libertà (i legami). È un fatto che oggi al mercato si chiede non solo di produrre ricchezza e di assicurare una crescita sostenibile del reddito, ma anche di mirare allo sviluppo umano integrale. Nonostante questo sull’altare dell’efficienza sono stati sacrificati valori non negoziabili come democrazia, giustizia distributiva e libertà positiva. Sono 2 i tipi di conoscenza di cui il mercato ha bisogno:  conoscenza individuale che è depositata in ciascun individuo, veicolata dai normali meccanismi del mercato  conoscenza istituzionale, come lingua comune che consente ad una pluralità di individui di condividere i significati delle categorie di discorso che vengono utilizzate e di intendersi reciprocamente quando vengono in contatto. Quando succede che per governare una società multi linguistica è necessaria un’altra istituzione, diversa dal mercato, che faccia emergere quella lingua di contatto capace di far dialogare i membri appartenenti a diverse comunità linguistiche, questa istituzione di può identificare nella democrazia. Le conseguenze che ne derivano sono: che l’idea perniciosa secondo cui il mercato sarebbe una zona moralmente neutra che non avrebbe bisogno di sottoporsi al alcun giudizio etico perché già conterrebbe nel proprio nucleo duro quei principi morali che sono sufficienti alla sua legittimazione sociale; se la democrazia viene lasciata andare a lento degrado, può accadere che il mercato sia impedito di incanalare e gestire in modo efficiente la conoscenza, e quindi può succedere che la società cessi di progredire, senza che ciò avvenga per colpa dei fallimenti del mercato, bensì per un deficit di democrazia. Occorre ricongiungere mercato e democrazia per scongiurare il duplice pericolo dell’individualismo possessivo e dello statalismo centralistico: si ha individualismo quando ogni membro della società vuole essere il tutto; si ha centralismo quando a voler essere il tutto è un singolo componente urgenza di ricomporre la frattura tra mercato ed etica. La società liberal-individualista non persegue né cerca di imporre una specifica concezione del bene, ma si limita a fornire una struttura neutrale di diritti e libertà fondamentali che permette agli individui di perseguire liberamente i propri fini e di rispettare la libertà di scelta di tutti gli altri. Si può ritenere che rimedi del tipo stato compassionevole o filantropia privata possano essere sufficienti ma questi, in primo luogo, consolidano il convincimento secondo cui il mercato è un meccanismo allocativo che può funzionare in vacuo, prescindendo cioè dal tipo di società in cui esso è immerso; in secondo luogo, il pubblico viene così identificato nello Stato, che deve preoccuparsi della solidarietà attraverso la redistribuzione, e il privato al mercato, come struttura che deve preoccuparsi della sola efficienza, cioè della produzione nel massimo grado consentito della ricchezza. Oggi sappiamo che per assicurare la sostenibilità di una vitale economia di mercato c’è bisogno di una continua immissione di valori dall’esterno del mercato stesso, come il paradosso di Böckenförde secondo cui lo Stato liberale secolarizzato vive di presupposti che esso medesimo non può garantire: può esistere solo se la libertà viene regolata dalla costituzione morale dei singoli e da strutture sociali ispirate al bene comune. La democratizzazione del mercato è allora il compito primo che devono assegnarsi tutti coloro che vogliono irrobustire questi istituzione. A tal proposito Daron Acemoglou e James Robinson distinguono tra istituzioni economiche:  estrattive: quelle che favoriscono la trasformazione del valore aggiunto creato dall’attività produttiva in rendita parassitaria e che spingono l’allocazione delle risorse verso la speculazione finanziaria  inclusive: quelle che facilitano l’inclusione nel mercato di tutte le risorse nel rispetto dei diritti fondamentali e assicurando la riduzione delle disuguaglianze sociali.
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