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Economia dello sviluppo sostenibile, Appunti di Economia Dello Sviluppo

File completo composto da appunti e slide fatte a lezione per il corso di economia dello sviluppo sostenibile (Prof. Pellizzari), I semestre. Voto 30 e lode

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 31/03/2022

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Scarica Economia dello sviluppo sostenibile e più Appunti in PDF di Economia Dello Sviluppo solo su Docsity! Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 1 29/09/2021 I TERMINI FONDAMENTALI SVILUPPO E SOSTENIBILITÀ In economia il termine sviluppo sono associati diversi significati: ü Crescita: (es. banca mondiale definisce alcuni paesi sviluppati e alcuni in via di sviluppo sulla base di produrre beni e servizi, quindi solo aspetto produttivo). ü Trasformazione strutturale: Schumpt Peter fa riferimento ad uno sviluppo “ciclico” che porta ad una trasformazione strutturale, che influisce sulla struttura del sistema economico ü Miglioramento della qualità di vita: Marzia Sen parla di sviluppo umano/sviluppo come miglioramento della qualità di vita delle persone (soddisfare i bisogni essenziali) Il principale obiettivo dello sviluppo è soddisfare le aspirazioni e bisogni umani in ogni ambito, anche se nell’ambito economico “sviluppo” è stato associato alla crescita economica. Il PIL è il valore di mercato dei beni e servizi finali che possono essere prodotti in un intervallo di tempo (un anno) all’interno di un paese con i fattori produttivi di quel paese. Il pregio del PIL è che in un unico indicatore si cerca di rappresentare il livello di attività economica di un paese e permette di comprendere quanto un paese è in grado di utilizzare i suoi fattori produttivi per arrivare alla produzione di beni e sevizi. Il PIL è spesso associato all’idea di sviluppo, perché la crescita del PIL permette di disporre di più beni e servizi, soddisfano così più aspirazioni e bisogni umani, ma non è sempre detto. In passato la crescita del PIL si è accompagnata da un miglioramento della qualità della vita, cioè sviluppo, permettendo le trasformazioni necessarie per soddisfare i bisogni e le aspirazioni umane (es. attesa di vita nei paesi ad alto reddito vs. paesi con PIL pro capite basso; aumento della scolarizzazione). Se si guarda al divario tra i tassi di scolarizzazione una variabile esplicativa (ma non la sola) è il PIL, anche se molto sono da tenere conto le politiche implementate e i redditi. Oggi non è più vero per molti paesi che l’aumento del PIL equivale nell’aumento di capacità di soddisfare i bisogni e le aspirazioni dell’uomo: a volte l’aumento del PIL ostacola anche il raggiungimento dei bisogni umani (Es. città con traffico e produzione ha alto inquinamento e riduce la qualità di vita). Il PIL è un valore aggregato che misura il valore di mercato dei beni e i servizi che transitano sul mercato. Il valore dei beni e servizi è indicativo della loro capacità di soddisfare i bisogni? No. Ad esempio, il paradosso dell’acqua e dei diamanti. Sicuro non è l’utilità a determinare il valore di scambio, perché l’acqua (vitale) ha un valore di scambio basso e i diamanti alto. Gli economisti marginalisti hanno spiegato il paradosso partendo dall’idea che l’utilità dipendente dalla quantità di un bene a disposizione cresca, ma non in proporzione alla quantità stessa (= utilità marginale decrescente), quindi per ora l’acqua ha un valore di scambio basso perché è presente in grandi quantità, a differenza dei diamanti. Nel modello di puro scambio elaborato dai marginalisti, le ragioni di scambio sono date dal rapporto tra le utilità marginali dei due beni; perciò, il valore di scambio non rappresenta la capacità globale di quel bene di rappresentare i bisogni, ma l’utilità al margine. Il PIL misura l’utilità al margine e non quella totale (ostacolo per pensare che il PIL mi permette di misurare la sua capacità a soddisfare i bisogni). Nella contabilità nazionale del PIL si misura il valore del mercato dei beni che transitano dal mercato, fino a pochi anni fa escludendo dalla misurazione quei beni di cui non si rileva il passaggio nel mercato (perché nel sommerso o illegale). A questo, all’interno dell’UE, si è posto rimedio imponendo un sistema di contabilità che obbliga i paesi ad una stima dell’economia sommersa/illegale: questo perché i paesi pagano contributi per il funzionamento dell’UE che dipendono dal loro PIL (se si ha una quota produttiva illegale si ha un PIL più basso di quello effettivo e quindi si pagano contributi più bassi all’Unione). 30/09 In economia, al termine sviluppo è associata l’idea di crescita e di trasformazione strutturale + di processo rivolto al miglioramento delle condizioni umane. Tuttavia, questa associazione tra sviluppo e crescita ha spesso portato a misurare lo sviluppo in termini di capacità di produzione di beni e servizi e infatti ieri abbiamo visto come in tante discussioni si faccia riferimento al valore del PIL pro-capite e della sua crescita per misurare la performance di un paese e associare alla dinamica del PIL un processo meno di sviluppo. Bisogna esseri molto critici in base a quanto detto perché il PIL è basato sul valore del mercato dei beni e dei servizi che transitano nel mercato e una gran parte di beni e servizi prodotti non viene registrata nella transazione di mercato perché fa parte dell’economia sommersa e illegale e, benché il nuovo sistema di contabilizzazione adottato dall’UE chieda ai paesi di stimare questa parte di economia sommersa illegale, si tratta comunque di una stima e quindi con un grado di attendibilità che certamente potrebbe non essere corretto. Dobbiamo osservare che il settore pubblico produce molti beni e servizi che non sono destinati alla vendita come i servizi d’istruzione e sanitari che sono rilevantissimi in termine di soddisfazione delle persone ma non abbiamo una contrattazione di mercato che ne determini il valore. La convenzione nella contabilità nazionale è di misurare il valore dei beni e servizi non destinati alla vendita e offerti dall’operatore pubblico sulla base dei costi di produzione. La gran parte dei costi di produzione è data dal costo del lavoro e dei salari/stipendi pagati all’interno del settore pubblico e questo già ci chiarisce che la remunerazione all’interno del settore pubblico potrebbe non essere affatto collegata né alla quantità né alla qualità dei servizi offerti. Questo già ci dice che se prendiamo il PIL come misuratore della capacità di soddisfare i bisogni, avere una grossa componente che è importantissima per la soddisfazione dei nostri bisogni e la cui valutazione dipende soltanto dai costi di produzione, certamente limita questo indicatore in termini di capacità di soddisfare i bisogni. Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 2 DEFINIZIONE DI PIL: Il PIL sintetizza la capacità di utilizzare le risorse in modo produttivo: se una maggior produzione si riflettesse in una maggiore capacità di soddisfare i bisogni della popolazione, una crescita del PIL pro-capite potrebbe contribuire a migliorare la condizione della popolazione. Consideriamo un altro aspetto importante: molto spesso, guardando alla contabilità nazionale se vediamo crescere il PIL di un paese, siamo indotti a dire che in quel paese “c’è stato sviluppo”. Tuttavia, è stato giustamente osservato che nel tempo diverse trasformazioni fanno aumentare le transazioni che passano dal mercato e possiamo fare degli esempi: noi vediamo che con il processo di sviluppo certamente assistiamo a delle trasformazioni strutturali che riguardano un aumento della vita umana e della partecipazione femminile al mondo del lavoro. Alcune possibilità di soddisfare beni e servizi che in certe realtà erano soddisfatte in consumo e non venivano misurate nel PIL, con il passaggio da una vita rurale a urbana aumentano le transazioni misurate nel PIL (es. moto del lavoro che cambia in base alla vita in campagna e città). Il lavoro delle casalinghe non viene registrato nel PIL, ma aumentando il lavoro femminile regolare aumentano le attività vengono registrate nel mercato, facendo aumentare il PIL ma questo non significa che riusciamo a soddisfare tutte le aspettative di un tempo. Rilevante, in termini di soddisfazione di bisogni, è il volontariato nel mondo della cooperazione che però, non avendo un valore di corrispettivo, non viene registrata nel PIL dato che esso registra solo le transazioni che passano attraverso il mercato. Altro aspetto rilevante è la riparazione dei danni che ci sono stati a causa di eventi tragici (terremoti/inondazioni) che hanno effetti devastanti/distruttivi per animali, persone e infrastrutture e vengono rilevante nel PIL quando comincia un’opera di ricostruzione (es. ponte di Genova che ha implicato un costo enorme di ricostruzione che è entrato poi nel PIL). Il PIL (reddito) è un flusso ma il benessere dipende dall’esistenza di un fondo/flusso: rilevante per calcolare un determinato benessere è il patrimonio a livello di persona, invece quando guardiamo una nazione siamo concentrati sul PIL (reddito nazionale) e non ci concentriamo sul patrimonio (che in realtà ci aiuterebbe a capire meglio la situazione economica di un paese); per patrimonio di una nazione si intende il patrimonio culturale, naturale, ambientale, il capitale umano ecc…questi sono degli elementi rilevanti per analizzare meglio la situazione di un paese. A volte, la produzione del reddito va a discapito del patrimonio perché per produrre, si distrugge il patrimonio ambientale e capitale umano, ma il reddito non ne tiene conto perché guarda solamente al flusso deteriorando però il patrimonio nazionale. SOSTENIBILITÀ Questo concetto proviene dall’ambito naturalistico e scientifico. Per definire sostenibile la gestione di una risorsa dobbiamo conoscere la sua capacità di riproduzione e scegliere un tasso di sfruttamento compatibile con la sua naturale capacità di rigenerarsi. Se sfruttiamo le risorse ad un tasso superiore rispetto alla loro capacità di rigenerare, riduciamo il loro stock di sfruttamento. DALY Lo sviluppo sostenibile è un termine che piace a tutti, ma il cui significato non è chiaro. Il concetto di sviluppo sostenibile trova consenso perché non mette la crescita economica e la conservazione dell’ambiente in netta contrapposizione, e rappresenta l’ideale di un’armonizzazione o di realizzazione simultanea della crescita economica e della conservazione dell’ambiente, ma per alcuni è addirittura un’antinomia, la contrapposizione di due termini contraddittori. Quando parliamo di sviluppo, dobbiamo fare attenzione al benessere delle persone e ottenere delle condizioni di vista soddisfacenti, pensando però che queste condizioni debbano essere compatibili con il capitale ambientale per esempio. Molti autori pensano che non si possa avare come obiettivo la crescita continua della produzione e della popolazione, perché date le dimensioni del paese, avere delle politiche che si ricolgono all’accrescimento della dimensione produttiva/umana, sono delle politiche non accettabili. La vita umana sul nostro pianeta dipende dalle inter-relazioni che ci sono tra la nostra esistenza (capitale naturale) e il capitale ambientale e dobbiamo osservare che la grande crescita economica che ha caratterizzato i pesi maggiormente industrializzati all’epoca della rivoluzione industriale, ha interferito nelle relazioni tra capitale naturale e ambientale, portando dei grandi squilibri perché è vero che la crescita è stata forte ma ha portato un divario immenso nella ricchezza e si è concentrata solo in alcune parti de globo, portando drammatici problemi ambientali e distruzione del patrimonio naturale. LA DEFINIZIONE DELLA COMMISSIONE BRUNTLAND Secondo il rapporto “Our common Future” del 1987 che ha reso famoso il concetto di sviluppo sostenibile è necessario che ci siano benefici dalla crescita (ricordando che le conseguenze economiche, sociali e ambientali sono interrelate) e che questi benefici coinvolgano il più ampio numero di persone presenti e future. La commissione ha preso il nome del primo ministro norvegese (quindi lo sviluppo sostenibile viene definito come bisognoso di benefici per la crescita per il futuro). Lo sviluppo sostenibile richiede una gestione delle risorse da parte della nostra generazione tale da assicurare che la qualità della vita migliori. Dobbiamo guardare quindi a tutto quello che migliora e fa progredire la qualità della vita come la salute, l’istruzione, quindi lo sviluppo deve soddisfare le esigenze primarie ma anche far si che le persone abbiano una vita soddisfacente. Dobbiamo far in modo però che questi risultati non impediscano alle generazioni future di raggiungere i medesimi risultati. Queste osservazioni fanno capire che lo sviluppo sostenibile è visto da molti come un concetto fondato su tre pilastri: sviluppo economico, rispetto dell’ambiente e sviluppo sociale. RELAZIONI TRA I 3 PILASTRI: l’abbassamento di un pilastro può essere recuperato dall’innalzamento di un altro? No, perché crolla. Non è sufficiente semplicemente che un pilastro avanzi per coprire l’indietreggiamento degli altri. Per quanto si sia Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 5 ADAM SMITH Nel 1776 scrive il suo lavoro dove si occupa del problema della ricchezza. Egli sosteneva che il lavoro è il fondo da cui ogni nazione trae tutte le cose necessarie e comode della vita: osserva che la ricchezza di una nazione dipende dalla quantità di beni che il lavoro consente di produrre o di acquistare da altre nazioni. La ricchezza, quindi, dipende dalla quantità di beni ?? UN CIRCOLO VIZIOSO DI PRODUCIBILITÀ A differenza dei fisiocrati non è più solo la terra a produrre sovrappiù che può essere ottenuto in ogni processo produttivo. Per Smith, l’aumento della capacità di produrre dipende dal progresso nella destrezza e intelligenza con cui il lavoro è svolto e diretto, dovuto principalmente alla divisione verticale del lavoro che, a sua volta, è in relazione all’stensione del mercato, al grado di libertà nel commercio e nel processo di accumulazione. Si ha un processo di divisione del lavoro verticale perché ogni lavoratore si occupa di una singola fase del processo produttivo e questo permette di ampliare la produzione perché se una persona si occupa di una singola mansione, la sua destrezza aumenta: Smith dice che la fabbrica è il luogo dove si può attuare questa divisione verticale del lavoro in modo tale da far si che ogni lavoratore si specializzi in una sola mansione. Questo processo di divisione del lavoro permette di avere un output maggiore e quindi di avere maggiori sovrappiù. 6/10 LO SVILUPPO SOSTENIBILE DEL PENSIERO ECONOMICO Per Smith il lavoro è il fondo da cui ogni nazione trae tutte le cose necessarie e comode della vita; la ricchezza di una nazione dipende dalla quantità di beni che il lavoro consente di produrre o di acquistare da altre nazioni e una nazione è tanto più ricca quanto maggiore è il lavoro a disposizione e la sua produttività. A differenza dei fisiocrati, non è più solo la terra a produrre un sovrappiù che può essere ottenuto in ogni processo produttivo. Per Smith, l’aumento delle capacità di produrre dipende dal progresso nella destrezza e intelligenza con cui il lavoro è svolto e diretto: ovviamente il tutto è dovuto alla divisione del lavoro che, a sua volta, è in relazione all’estensione del mercato, al grado di libertà nel commercio e al processo di accumulazione. Secondo Smith, se una persona si occupa di una sola mansione, la sua destrezza aumenta. La fabbrica è il luogo dove si può attuare la divisione verticale del lavoro, nella quale ogni lavoratore si specializza in una singola mansione. Osserviamo come S abbia una idea molto positiva delle potenzialità di un sistema economico perché la ricchezza dipende dal lavoro che all’interno del sistema capitalistico può essere più produttivo grazie alle divisioni di esso stesso. Osserviamo che si instaura un circolo vizioso perché la divisione del lavoro aumenta la produzione e amplia il mercato, tanto più la produzione è elevata tanto più il mercato si ampia tanto più è possibile una divisione del lavoro. Tutto ciò prefigura un circolo vizioso di crescita. S non vede fattori che precludono le possibilità di ampliamento del processo perché osserva che il processo di ampliamento del lavoro non fa altro che ampliare il mercato, il che rende possibile un ulteriore processo di divisione del lavoro e rende disponibili ulteriori processi di divisione. Anche le istituzioni sono importanti per la crescita della ricchezza, non solo per la difesa, l’amministrazione della giustizia, le opere pubbliche, l’educazione ai giovani, ma perché la certezza dei diritti di proprietà è fondamentale per incentivare il risparmio e l’accumulazione, e le norme giuridiche e amministrative, regolando il commercio, garantiscono il funzionamento di mercati liberi ed il loro sviluppo. S, evidenziando queste interazioni, riconosce l’importanza dei “fattori immateriali” nel processo di creazione della ricchezza. Egli individua dei fattori che sono particolari imput della ricchezza che sono fattori immateriali. Certamente rilevante che l’analisi di Smith non si preoccupi del fatto che qualche risorsa determini dei vincoli all’espletarsi di questo circolo vizioso; rilevante perché se il saggio di S. del 1776, molto vicino a lui è l’opera di un altro autore classico di nome Malthus. THOMAS R. MALTHUS Il potenziale di crescita della popolazione sarebbe superiore alla capacità della terra di sostenerla, se non per l’operare di certi freni. “il potere di popolazione è infinitamente maggiore del potere che ha la terra di produrre sussistenza per l’uomo”. M ci da una visione diversa da S dicendo che la terra non è in grado di produrre cibo sufficiente per una popolazione che sta crescendo così rapidamente. Il divario tra queste due dinamiche determina una scarsità di cibo. “la popolazione, quando non è frenata, aumenta in progressione geometrica. La sussistenza aumenta soltanto in progressione aritmetica, quindi in modo lineare”. UNA SCARSITÀ ASSOLUTA La sua analisi sulla povertà è legata all’idea della popolazione che tenda a crescere molto più rapidamente rispetto alla crescita del settore agricolo, imputando la miseria ad una legge naturale. Si tratta della convinzione di M che la dinamica demografica fosse legata al livello del reddito, osservando che un livello di reddito al di sotto delle sussistenze, implica l’impossibilità di nutrirsi, curarsi, mettere su una famiglia, di procreare. Invece, un aumento del reddito al di sopra delle sussistenze, avrebbe creato le condizioni che permettono alle coppie di formarsi e di avere dei figli; quindi, la sua osservazione era di una dinamica demografica legata al reddito (noi non la possiamo condividere in un’ottica di reddito crescente). Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 6 La sua idea di legge naturale della miseria dipendeva dalla constatazione che anche se i poveri sarebbero potuti uscire dalla miseria, la popolazione sarebbe cresciuta comunque tantissimo e avrebbe determinato un aumento del numero dei poveri; quindi, osservava che le leggi a favore dei poveri in vigore in UK elargivano un sussidio ai poveri tramite la chiesa, avrebbero perpetuato la povertà. La crescita del reddito, secondo M, avrebbe determinato un inevitabile aumento demografico e una riduzione del reddito, avrebbe causato una riduzione. Effettivamente però, una riduzione del reddito influisce negativamente sulla popolazione. In Italia, abbiamo assistito ad un miglioramento delle attese di vita ma dopo la grave recessione che ha colpito il nostro paese e alcune categorie, in alcune regioni italiane l’attesa di vita si è ridotta (soprattutto al sud), impedendo ad alcune persone di accedere alle cure e ai farmaci. I paesi in via di sviluppo hanno delle statistiche drammatiche. Che il livello di reddito determini una crescita della popolazione è controverso perché non sempre si determina una crescita della popolazione, perché i poveri, paradossalmente, adesso sono nei paesi che hanno il reddito più alto. Tuttavia, non riferito alla produzione agricola ma ad altri rilevanti ostacoli al perpetuarsi dello sviluppo, vediamo che M prefigura qualche elemento che determini una scarsità assoluta. Questa idea di scarsità assoluta che M prefigurava, anche se in relazione a delle grandezze che hanno avuto delle dinamiche diverse da quelle prestabilite, si scontra con l’idea di S che l’uomo si possa innovare, essere più produttivo e disporre di più. M afferma che la miseria non potrà mai essere risolta perché se si elimina la miseria, si aumenta il numero dei poveri. Questa visione ha creato negli anni ’70 un movimento chiamato Neomaltusiano. Le aziende erano andate in crisi dopo il caos del petrolio e questo aveva causato la dipendenza dei paesi avanzati da una fonte energetica. La scarsità del petrolio era stata presa per considerare la scarsità di tutte le materie prime, indispensabile per il sostentamento della popolazione. Viene pubblicato un rapporto, osservando che lo sviluppo inteso come crescita della popolazione non può andare avanti perché dipendiamo da alcuni fattori che servono per la produzione e disponibili solo in certa quantità. In sintesi, Malthus identifica a causa principale della miseria nel fatto che la popolazione tende ad aumentare più rapidamente dei mezzi di sussistenza. La miseria è dovuta ad una legge naturale. Quand’anche, infatti, vi fosse una fase di benessere (con una crescita di reddito), questa sarebbe destinata a provocare miseria. Stimolerebbe infatti una crescita della popolazione, ci sarebbero più bocche da sfamare, le risorse diventerebbero inefficienti. La scarsità assoluta delle risorse naturali agricole fa prospettare a Malthus un tragico destino finale. È rilevante vedere come due autori GB nello stesso paese, mentre UK cresceva a dismisura grazie alla rivoluzione industriale, hanno due idee totalmente diverse sulla crescita della popolazione e la definizione di ricchezza e produttività. M identifica dei vincoli alla produzione nella scarsità della terra. Gli economisti classici sono emblematici per delle posizioni che oggi possiamo ritrovare tra chi ha fiducia nell’innovazione e nella capacità dell’uomo di adattarsi e coloro che hanno una visione contrapposta i quali affermano che bisogna smettere di crescere perché viviamo in un modo di dimensioni finite. DAVID RICARDO Per Ricardo i rendimenti decrescenti del settore agricolo, dovuti alla coltivazione di terre sempre meno fertili, porterebbero ad una riduzione del saggio di profitto e dell’accumulazione, con un rallentamento o addirittura un arresto della crescita. Egli pensava che i proprietari terrieri, che godevano dalle rendite pagate dai capitalisti, utilizzassero questo reddito in consumi non integerrimi mentre i capitalisti li impiegavano sulla terra, ottenendo alla fine un sovrappiù che alla fine doveva essere dato ai proprietari terrieri. Il motore dello sviluppo erano quindi i capitalisti che risparmiavano i loro profitti; invece, i proprietari terrieri e il clero che ricevevano questi redditi li spendevano inutilmente; quindi, anche per R bisogna risparmiare per crescere (i capitalisti lo fanno). Egli osserva che non tutte le terre agricole si prestano in egual modo ad ottenere un certo prodotto; quindi, esistono terre più fertili più vicine ai mercati di sbocco che permettono di avere un sovrappiù maggiore e quindi è interesse di un capitalista lavorare in queste terre più fertili. L’effetto di coltivare terre meno fertili è che un capitalista, a parità di lavoro impiegato su una terra per produrre grano, alla fine del processo produttivo ottiene meno output di grano e un sovrappiù inferiore. Secondo R questo scatenerà una concorrenza tra i capitalisti per l’uso delle terre migliori e per utilizzarle, saranno disposti a cedere una parte del sovrappiù al proprietario terriero, dopo di che diventerà indifferente coltivare un tipo di terra piuttosto che un altro. Tutto ciò porterà all’annullamento dei profitti perché ad un certo punto bisogna coltivare una terra d così bassa fertilità che riuscirà soltanto a riprodurre gli stessi imput di prima, raggiungendo una condizione in cui il sistema non si potrà più espandere perché i capitalisti non avranno più la voglia di coltivare terre non fertili. R quindi parla di scarsità relativa: c’è una terra di una certa fertilità che viene coltivata e poi mi sposto su un’altra terra e così via sempre più lontana dal mercato di sbocco, finché bisognerà coltivare una terra dalla quale non si ricava più sovrappiù, facendo raggiungere al sistema una condizione di stazionarietà. Secondo R, l’effetto sarà di spostare nel tempo questo momento e non ha l’idea si S che il progresso tecnico possa sconvolgere tutto. Osserviamo come tre autori presentano tre idee differenti: assenza di scarsità di Smith, scarsità assoluta di Malthus, e Ricardo che parla di scarsità relativa fino ad una continua possibilità di crescita. La visione di stazionarietà di Ricardo comunque non è positiva. 7/10 JOHN STUART MILL Mill afferma che la condizione di stazionarietà non dovrebbe essere denigrata e che quindi non sia negativa, anzi egli dice che la situazione di stazionarietà potrebbe condurre ad una situazione di equilibrio ideale, favorendo progressi morali e sociali. Mill afferma che tutto ciò potrebbe avere delle conseguenze sulla natura e affascinato dalla sua bellezza e grandiosità, osserva che il rischio di influire negativamente sulla natura a causa della voglia dell’uomo di produrre di più, gli fa auspicare il raggiungimento di questa condizione di stazionarietà per scelta e non per obbligo di qualche vincolo. Malthus vedeva una scarsità Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 7 di tipo assoluto e quindi ci si scontrava con la mancanza di cibo con la popolazione che riusciva semplicemente a sopravvivere, invece Mill afferma che la situazione di stazionarietà potrebbe essere una situazione che proprio l’uomo sceglie di raggiugere per dare spazio alla soddisfazione di tante altre aspirazioni umane, quindi per Mill è importante che l’uomo consideri la possibilità di conciliare la crescita con le situazioni in cui viviamo, senza continuare ad agire per far crescere la popolazione ma di raggiungere la condizione di equilibrio ideale, nella quale bisognerebbe soddisfare i bisogni fondamentali delle persone ma osserva che questo “smettere di correre per crescere” potrebbe dare spazio alla soddisfazione dei bisogni che influiscono in modo rilevante sul benessere delle persone. Mentre in Ricardo lo stato stazionario era visto come costrizione che avrebbe impedito un miglioramento, Mill la pensa al contrario perché smettendo di crescere a livello produttivo, si può conservare il patrimonio ambientale e dare tempo alle persone di godere di questo patrimonio, dando spazio alle attività di contemplazione che sono fondamentali per il nostro benessere. Il fatto di non voler agire per far crescere la produzione non è sinonimo di un “non miglioramento”, più che altro bisogna smettere di pensare che l’obiettivo debba essere raggiungere la maggior produzione, ma bisogna conservare quello che realmente serve. Tutto ciò si collega al voler garantire una migliore qualità della vita, rinunciando ad una crescita materiale che è una cosa diversa dall’assenza di miglioramento. In definitiva, abbiamo visto il pensiero di quattro autori che hanno tutti visioni diverse a livello della presenza di vincoli, che per esempio in Smith bisogna accettare perché non riducono il benessere delle persone in modo tale che l’uomo sappia godere di quello che ha, affinché questa continua corsa non eroda il patrimonio ambientale e naturale che impattano in maniera rilevante sulla qualità della vita. È sbalorditivo come l’autore Mill avesse già pensato ad un modello che oggi noi chiamiamo sviluppo sostenibile, compatibile con la possibilità di realizzare quello che ci fa bene senza eccedere nella produzione. Nelle analisi di questi autori, la scarsità è dovuta ad un fattore produttivo che è la terra. Ricardo e Malthus individuano nella terra un vincolo assoluto e relativo; quindi, evidenziano come esistono dei fattori produttivi che sono un vincolo naturale per la continua crescita. Questi autori, nell’ambito dei teorici classici, avevano mostrato di sapere che la crescita non possa continuare in modo indefinito o per i rendimenti decrescenti del settore agricolo o per la scarsità di terra. Le grandi innovazioni in termini di capacità di ottenere dalla terra un maggior raccolto hanno permesso successivamente alle previsioni degli economisti classici, di evitare sia la scarsità assoluta di terra che Malthus aveva prefigurato sia il rallentamento di processo di accumulazione prefigurato da Ricardo. Questi cambiamenti hanno influito sul pensiero economico e hanno portato a ridurre l’attenzione del pensiero economico alla terra e alle risorse naturali, visto che le grandi innovazioni avevano permesso di contrastare i vincoli prefigurati da Malthus e da Ricardo, rallentando l’attenzione alla terra e alle risorse naturali. Nell’800 sorge una nuova corrente di pensiero, passando dal disegno degli economisti classici che si riferiva alla dinamica dell’accumulazione, crescita, uso efficiente degli input e loro ripartizione tra coloro che partecipavano al processo produttivo, alla creazione del sovrappiù à all’analisi sviluppata dai marginalisti. Gran parte di questo enorme. Nel nostro percorso di studi economici abbiamo studiato tutta la parte di analisi microeconomica in generale dove abbiamo trovato dei marginalisti (per la maggior parte) i quali proponevano un modello che mette come centrale il problema economico e quello dell'impiego efficiente delle risorse, più il problema del consumatore, il problema del produttore e i modelli economici generali ma il problema del consumatore fondamentalmente cos’è? Si tratta di utilizzare in modo efficiente un reddito per avere la massima soddisfazione. Invece, il problema del produttore qual è? è utilizzare in modo efficiente fattori produttivi per ottenere quell'auto in più ad un minore costo possibile e produrre quei beni in modo tale da massimizzare i benefici dei consumatori e dei produttori, quindi ripartire gli input nella produzione del diversi beni al fine di avere i massimi profitti della produzione à quindi da un'analisi grandiosa che si prefigurava il funzionamento di un sistema economico che usa degli input di accumulazione-produzione- distribuzione-retribuzione (quindi si parla della distribuzione del prodotto tra le diverse categorie) si passa ad un'analisi di efficienza e possiamo dare una spiegazione di questo enorme cambiamento storico: il problema è che l'analisi degli economisti classici era influenzata dalle analisi di Marx, che arriva a definire il saggio di profitto uno sfruttamento derivate anche dallo sfruttamento della forza lavoro. Autori successivi invece, hanno mostrato come ci siano degli evidenti errori logici nell'analisi di Marx ma il problema è che non ci si poteva rifare al pensiero degli economisti classici perché loro analizzavano tutto ciò trascurando che da quella visione era sorta l'analisi di Marx che criticava i classici per aver avuto non la visione di un profitto dipendente del capitale impiegato effettivamente, perché l'analisi di Marx arriva a dire il profitto deriva ai capitalisti semplicemente perché all'interno della giornata lavorativa c'è una parte di lavoro che viene sfruttata per produrre qualcosa che in realtà non servirebbe. Marx invitava la classe operaia alla rivoluzione, quindi era importante sviluppare un pensiero economico differente da quello dei classici e questo spiega l’apparizione di un’analisi così differente, concentrandosi sull’uso efficiente delle risorse. Ottimo uso di risorse scarse che servono a problemi alternativi. È con l’analisi marginalista che si ha la grande introduzione della matematica nell’economia avendo problemi di marginalizzazione sotto dei vincoli, ma quello che ci interessa è che dalla visione dei classici che vedevano come vincolo alla crescita la terra che è una risorsa naturale si arriva ad un’analisi in cui la terra perde la sua specificità perché tutte le risorse diventano scarse dato che Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 10 I contributi che abbiamo visto, tranne Mill, davano preminenza alla dimensione economica e avevano nella loro analisi dell’ampliamento della ricchezza e sua conservazione, una visione legata alle variabili economiche. Smith la capacità di produrre e mantenere un consumo costante senza attenzione alle altre dimensioni da conservare. Nell’ecologia la letteratura è molto ampia. KENNETH BOULDING Nel 1966 egli pubblica un saggio in cui sostiene che la produzione di ogni bene determina un impoverimento della natura e un aumento dei rifiuti, dato che ogni attività economica comporta l’impiego di risorse naturali per produrre beni e produce rifiuti che ritornano nell’ambiente. Chiunque creda che la crescita esponenziale possa proseguire in un mondo finito, o è un matto o un economista à evidenza la capacità di comprensione di vincoli, perché non si può avere una fiducia così spropositata nelle capacità umane. Questo autore nel 1966 pubblica un saggio sull’economia della nave spaziale terra. Perché fa riferimento ad una navicella spaziale? Lo fa perché dice che gli astronauti, quando partono, hanno la consapevolezza di vivere in un ambiente chiuso e devono partire avendo la possibilità di soddisfare i loro bisogni necessari e recepire i loro scarti all’interno della navicella. La terra per Boulding è paragonata ad una navicella spaziale e dice che noi dobbiamo pensare di vivere sulla terra come gli astronauti fanno nella navicella, perché siamo in un pianeta di dimensioni finite. Dobbiamo capire che il pianeta deve sostenere la produzione e recepire i nostri scarti senza alterarsi, esattamente come fa la navicella con gli astronauti. Il nostro pianeta è molto grande e questo ha reso possibile una continua espansione della produzione, ma non è illimitato e quindi dobbiamo imparare ad organizzare il nostro modo di vivere come se fossimo all’intero di una navicella spaziale dove esistono limiti sia nella disponibilità di qualsiasi risorsa che nella capacità di accogliere rifiuti, e quindi nel rispetto dei vincoli ecologici del pianeta terra. Bisogna passare dall’economia definita da boulding “del cow-boy”, fatta di spazi illimitati, ma con comportamenti di rapina, all’economia dell’uomo nello spazio, in cui la terra, come una nave spaziale, non ha riserve e spazi illimitati. Altro saggio: Fun and games with the Gross national product. The role of misleading indicators in social policy, 1970: ha a che fare con il PIL dicendo che ci conduce male e ci da delle informazioni scorrette perché la sua crescita e il PIL stesso non possono essere misure idonee né del benessere né della sua sostenibilità, perché non forniscono informazioni sulle risorse naturali, sui danni e costi dell’inquinamento e sul degrado ambientale. L’attenzione di questo autore è in relazione alla necessità di disporre di indicatori corretti che ci permettano di valutare in modo appropriato se siamo su una traiettoria che ci porta al benessere e all’equità/sostenibilità. Indicatori diversi danno visioni contrapposte sulle possibilità di perseguire uno sviluppo sostenibile. 13/10 Per Boulding: Fun and games with the Gross National Product. The role of misleading indicators in social policy, 1970. Afferma che il prodotto nazionale e la sua crescita non possono essere idonee misure né del benessere né della sua sostenibilità, perché non forniscono informazioni sulle risorse naturali, sui danni e costi dell’inquinamento e sul degrado ambientale. PAUL EHRLIC Nel 1986 pubblica “The population Bomb” paragonando la crescita demografica ad una bomba. Il titolo è emblematico delle conseguenze negative derivanti dall’aumento della popolazione: carestie, povertà, conflitti e “un pianeta morente per l’inquinamento umano”. Per disinnescare la bomba, sarebbe necessario stabilizzare la popolazione mondiale ad un livello compatibile con la disponibilità di risorse. Si riferisce quindi alla crescita democgrafica come una bomba e l’unica soluzione proposta è avviare delle politiche di contenimento. GARRETT HARDIN Sempre nel 1968 pubblica “The tragedy of the commons” in cui mostra come lo sfruttamento delle proprietà comuni, motivato da interessi privati, possa compromettere le risorse del pianeta. Chi sfrutta le risorse in condizioni di comune proprietà gode interamente dei benefici dell’utilizzo, mentre i costi del deterioramento sono condividi dall’intera collettività. Cos’è la proprietà comune? Un bene a libero accesso dove chiunque può accedere ma dove la presenza di uno influisce sul benessere di tutti gli altri che hanno accesso a quel bene. La caratteristica è offrire benefici a tutti ma il libero accesso limita i benefici stessi di cui possono godere gli altri. La mancanza di cibo per tutte le bestie aveva un impatto negativo sul rendimento di tutti i coltivatori (es. le strade pubbliche sono un bene di proprietà comune ma tutti noi siamo consapevoli delle riduzioni di benessere che derivano dal fatto che tutti possono usare le strade come il traffico, congestionamento e inquinamento). Perché Hardin parla di tragedia? La tragedia consiste nel fatto che a regolamentazione del common o arriva ad uno sfruttamento del bene comune in modo efficiente cosa che implica la limitazione della libertà di alcuni di accedere a quel bene comune o non implica la limitazione e quindi c’è uno sfruttamento inefficiente. L’alternativa è o sfruttare il pascolo in modo inefficiente, dando a tutti la libertà di accesso o è limitare la libertà d’accesso, non ci può quindi essere coesistenza tra libertà d’accesso e utilizzo del bene comune in modo efficiente, questa è la tragedia. Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 11 I beni a libero accesso implicano una tragedia. Ciascuno di noi quando sfrutta una risorsa ad accesso libero guarda al proprio benessere e quindi ai benefici che derivano, ma il costo cade su tutti e quindi l’utilizzo sarà inefficiente. Cosa propone quindi per utilizzare le risorse a libero accesso in modo efficiente? Propone due scelte: Hardin propone la privatizzazione o la gestione pubblica delle proprietà comuni per evitare il sovra sfruttamento, ma in epoche più recenti sono considerate altre condizioni che potrebbero consentire un governo comunitario efficace e sostenibile. Per i common è l’appartenenza ad una comunità che attribuisce il diritto di sfruttamento ed è proprio l’esistenza della comunità che potrebbe imporre definiti obblighi ed eventuali sanzioni per i suoi membri. Abbiamo un bel contributo di un’autrice che ritiene che in certe comunità si sviluppi uno spirito di solidarietà e attenzione al benessere altrui, per cui le persone anche a prescindere dall’esistenza di un’autorità che ci obblighi a certi comportamenti, autonomamente decide di comportarsi bene anche per gli altri. Si cerca quindi di evitare quelle azioni che potrebbero danneggiare gli altri. ELINOR OSTROM Il saccheggio dei beni comuni è un esempio di equilibrio non socialmente ottimale che può essere evitato grazie a comportamenti cooperativi. Nei suoi studi Elinor (Governing the commons) sottolinea proprio la capacità dei membri di una comunità di creare regole per uno sfruttamento economicamente e a livello ambientale sostenibile delle risorse naturali e strumenti per farle rispettare. Questa capacità dipende dal senso di appartenenza ad una comunità, dalla solidarietà che si instaura tra i suoi membri, dai loro rapporti. È l’esistenza di capitale sociale che può favorire l’adozione di regole condivise, il rispetto delle tesse e quindi una gestione comunitaria sostenibile delle risorse di proprietà comune e dei beni comuni globali. Più si condividono le regole più si arriva ad una gestione comunitaria efficiente dei beni. BARRY COMMONER Sottolinea una denuncia all’opera di rapina nei confronti dell’ambiente che osserva come il tentativo di ridurre la nostra dipendenza dalla natura per avere risorse più abbondanti e accessibili abbia “rotto il cerchio della natura”, rompendo gli equilibri naturali che in natura permettevano la riproduzione del ciclo precedente. Da cosa dipende la rottura del cerchio? Commoner sottolinea l’impatto che deriva dalla crescita demografica, dalla quantità di beni materiali che ogni individuo possiede e anche dal modo in cui quei beni sono stati prodotti in termini di risorse naturali, energetiche e di impatto ambientale. In questo suo lavoro sottolinea la capacità di chiudere il cerchio. LA NECESSITÀ DI MODIFICARE I MODELLI DI CONSUMO Chiudere il cerchio: la maggior responsabilità del degrado ambientale è dei paesi ricchi, date le disparità esistenti nell’uso delle risorse naturali e nelle quantità di beni a disposizione: il consumo del quintile più ricco della popolazione mondiale è pari al 76,6% del consumo privato contro l’1,5% del quintile povero. Benché per ridurre i problemi ambientali si ossa intervenire su ciascuno dei tre fattori che li determinano – popolazione, consumo pro-capite, tecnologie- secondo Commoner è assolutamente necessario modificare il modello di consumo nei paesi ricchi e le tecnologie di produzione. LA PACE CON IL PIANETA-Commoner Richiede una riduzione delle disagguaglianze e un ripensamento riguardo l’obiettivo di crescita della quantità di beni materiali. NICOLAS GEORGESCU-ROEGEN Una forte critica all’economia mainstream viene anche da Roegen. Egli afferma che ogni teoria economica non può prescindere dalle leggi fisiche e i processi economici di produzione e consumo devono essere analizzati considerando la loro dimensione biofisica. LE LEGGI DELLA TERMODINAMICA Per la prima legge della termodinamica-legge della conservazione della materia: non è possibile né la creazione né la distruzione dell’energia o della materia ma la continua trasformazione della stessa. Per la seconda legge della termodinamica-legge dell’entropia: l’energia può essere trasformata solo verso una maggior dissipazione, cioè da uno stato più disponibile ad uno meno disponibile. Cosa ricava da queste due leggi? Dalla prima legge segue la necessità di riciclare i materiali che abbiamo. Dalla seconda legge segue un limite a tale operazione: non è realizzabile un riciclaggio totale. Osserva che il ciclo economico non può essere pensato come un ciclo circolare che permetta la fine del ciclo di riprodurre tutti gli input usati. Egli dice che non è possibile perché ogni processo di produzione usa energia a bassa entropia e la rilascia ad alta entropia, ad uno stato di maggior dissipazione creando inquinamento e cambiamenti ambientali irreversibili, allora che informazioni ci offre per permettere di modificare il nostro modo di produrre visto che ogni processo modifica la quantità di energia che abbiamo a disposizione? Per soddisfare i reali bisogni dell’uomo e garantire la sopravvivenza, dobbiamo usare maggiormente l’energia solare, aiutare le nazioni sottosviluppate a raggiungere un buon livello di vita, avere una popolazione in Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 12 linea con le possibilità di nutrizione di un’agricoltura organica e ridurre gli sprechi, anche progettando i beni in modo che siano durevoli e riparabili. Oggi si va sempre più verso beni che siano riparabili, scomponibili progettando già dall’origine i beni co queste caratteristiche. ü La sua conclusione non è positiva rispetto alle visioni più ottimistiche che abbiamo visto nella speranza che la ricchezza cresca per ridurre la disuguaglianza, senza ridurre il benessere di chi è più avanzato. LA LEGGE DELL’ENTROPIA La finitezza del nostro pianeta e delle sue risorse e la legge dell’entropia costituiscono un vincolo ineliminabile. Dati i limiti posti da leggi fisiche e biologiche, il superamento della condizione di povertà nei paesi svantaggiati richiede, secondo Roegen, la riduzione dei consumi e della produzione nei paesi ricchi, quindi una decrescita. Quindi, poiché ogni processo di produzione diminuisce la disponibilità di energia e quindi le possibilità di produzioni future, è necessario riformulare le teorie economiche per incorporare questo principio. WILLIAM NORDHAUS Egli pubblica un lavoro denominato “Is Growth Obsolete? Con James Tobin, che introduce nuove misure di benessere economico. I suoi principali temi di ricerca riguardano riscaldamento globale e cambiamenti climatici con l’elaborazione di modelli qualitativi per valutare l’interazione tra economia e clima e la proposta di penalizzare le emissioni di carbonio e di altri gas serra. Alcuni paesi potrebbero usare le tasse sul carbonio. Altri potrebbero attuare il loro impegno usando un meccanismo di cap-and- trade. I migliori meccanismi per incoraggiare la partecipazione dei paesi a basso reddito sarebbero una combinazione di assistenza finanziaria e tecnologica. A questi meccanismi però dovrebbero poter accedere i paesi più poveri. IL CLUB DI ROMA-NEUMALTUSIANI L’allarme sull’esistenza di limiti è ulteriormente diffuso dalla pubblicazione di una ricerca commissionata al system dynamics group del MIT dal club di Roma. Il club di Roma è un’associazione non governativa, non-profit, di scienziati, economisti, uomini d’affari, attivisti dei diritti civili e capi di stato di tutti i continenti. La sua missione è individuare i principali problemi che l’umanità si trova ad affrontare, analizzandoli in un contesto mondiale e ricercando soluzioni alternative. 14/10 RASSEGNA DEI MODI DI APPROCCIARSI AI PROBLEMI DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE L’ultimo rapporto su cui abbiamo focalizzato la nostra attenzione è quello del Club di Roma, un’associazione no profit che era nata allo scopo di studiare le grandi sfide che l’umanità si trovava davanti e questo rapporto commissionato al MIT e denominato “Limiti dello sviluppo” evidenziava proprio il raggiungimento di limiti. Il rapporto si basava su analisi dei dati del passato in relazione alla dinamica demografica, allo sviluppo industriale, all’utilizzo di risorse naturali e all’inquinamento, estrapolando sulla base di quei dati, la loro dinamica per il futuro. La conclusione del rapporto era allarmante perché, come il titolo sottolinea, i limiti dello sviluppo, a causa della dinamica di queste variabili, sarebbero stati raggiunti entro un anno non correttamente precisato per tutte le risorse ma addirittura la loro conclusione era che entro un secolo, tali limiti avrebbero costretto a modificare il percorso di sviluppo seguito soprattutto dai paesi industrializzati. Certamente, il fatto di avere estrapolato la dinamica delle variabili è stato oggetto di critica perché la reazione dell’uomo di fronte a situazioni di scarsità è quella di mettere in atto dei meccanismi che la riducano e che quindi portano ad utilizzare gli input diventati scarsi in modo più efficiente, portano a riciclare e innovare. Si tratta di un rapporto maturato in un periodo in cui le economie industrializzate stavano vivendo l’effetto della quadruplicazione del prezzo del petrolio nei primi anni ’70 che aveva di fatto evidenziato la dipendenza del nostro modo di produzione da una risorsa non rinnovabile e aveva determinato fenomeni di inflazione e recessione nei paesi che vedevano la loro bilancia energetica così deficitaria. È arrivato in un momento in cui già si stavano sperimentando delle situazioni di scarsità e il rapporto ha quindi costituito un grido d’allarme anche se all’interno di esso non si escludeva la possibilità di raggiungere una stabilità ecologica ed economica e addirittura, nel rapporto, si riprende un concetto che abbiamo visto esprimere da Mill: una situazione di equilibrio economico ed ecologico non dovrebbe essere intesa come assenza di progresso perché all’interno di quella situazione potrebbero svilupparsi “quelle attività che molta gente considera fonte delle più autentiche soddisfazioni: istruzione, arte, musica, letteratura, religione, filosofia, ricerca scientifica pura, sport attività sociali” e quindi evidenziava come una situazione di equilibrio potrebbe davvero permettere di avere progresso e soddisfazione dei bisogni umani. PIER DELI ha pubblicato un lavoro sull’economia dello stato stazionario ritenendo che questo stato permetta di avere un equilibrio biofisico e stazionarietà, definendo lo stato stazionario una situazione basata su un’etica della società perché potrebbe essere compatibile con una ricchezza prodotta in modo sufficiente, quindi osserva come questa condizione di stazionarietà non dovrebbe essere intesa come un momento in cui le nazioni smettono di arricchirsi ma una situazione in cui si può raggiungere il miglioramento del benessere. In un altro suo lavoro egli sottolinea quali sono i principi che dovrebbero essere osservati per raggiungere uno sviluppo sostenibile osservando che il capitale ambientale e umano non sono sostituibili ma si tratta di pilastri mutualmente necessari, sono complementari e la disponibilità di ciascun capitale influisce sulla possibilità di usare l’altro. Vi è una sottolineatura del fatto che la situazione di equilibrio ideale dovrebbe essere una situazione di equilibrio inter e intra generazionale con delle politiche che non riducano il capitale umano e ambientale. Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 15 INTERGOVERNAMENTAL PANEL ON CLIMATE CHANGE Nel 1988 l’organizzazione metereologica mondiale (WMO) e il programma delle NU per l’ambiente (UNEP) creano il comitato intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC). Lo scopo di questo comitato sul cambiamento climatico è di unire i più brillanti esperti e scienziati sul clima al fine di valutare tutte le informazioni disponibili in campo tecnico e scientifico del cambiamento climatico e proporre delle strategie di adattamento. Questa valutazione viene espressa all’interno di un rapporto che è sempre analizzato nelle coop che devono rendere operativa la convenzione quadro sul cambiamento climatico. LA CONFERENZA SU AMBIENTE E SVILUPPO DI RIO DE JANEIRO (1992) La necessità di individuare un percorso per costruire uno sviluppo sostenibile conduce la comunità mondiale a riunirsi nel 1992 a Rio de Janeiro per riaffermare i principi adottati in precedenza e per incentivare nuovi livelli di cooperazione che consentano la definizione di accordi internazionali rivolti a tutelare l’integrità del sistema globale. La conferenza produce importanti risultati che sono accordi e convenzioni ma prima di vederle, sottolineiamo l’importanza di avere accostato il nome ambiente a sviluppo, evidenziando questa interconnessione che richiede della promozione dello sviluppo la considerazione ambientale che spesso, nel pensiero economico e nella letteratura, era stata dimenticata o considerata in modo inappropriato. L’importante è considerare che la lotta alla povertà e il degrado ambientale, sono dei requisiti fondamentali per promuovere una politica di sviluppo. I TRE ACCORDI 1. AGENDA 21-è un programma d’azione per uno sviluppo sostenibile da realizzare a scala globale, nazionale e locale. 2. DICHIARAZIONE DEI PRINCIPI PER LA GESTIONE DELE FORESTE- stabilisce in modo non vincolante i principi per la gestione, conservazione e utilizzazione sostenibile delle foreste e sancisce il diritto degli stati ad utilizzare le foreste secondo le proprie necessità, senza però ledere i principi di conservazione. La dichiarazione non può essere definito accordo perché definisce dei principi per conservare le foreste ma in modo non vincolante. Quello che stabilisce però è in contraddizione perché non si può preservare la natura e allo stesso tempo provvedere alle proprie necessità senza intaccare la natura stessa. In seguito, è stato attuato un programma che aiuta i paesi meno sviluppati a garantire la conservazione dandole un prezzo, cosa che implica un trasferimento di risorse da parte di altri (es. Costa Rica). 3. DICHIARAZIONE DI RIO SU AMBIENTE E SVILUPPO – definisce principi, diritti e obblighi delle nazioni; riconosce, quali presupposti per uno sviluppo sostenibile, la lotta alla povertà, una politica demografica adeguata, la riduzione dei modi di produzione e consumo non sostenibili. Nella dichiarazione di Rio si riconosce che pace, sviluppo e protezione dell’ambiente sono interdipendenti; la tutela dell’ambiente è parte integrante del processo di sviluppo e le azioni in materia di ambiente e sviluppo devono considerare gli interessi e le esigenze di tutti i paesi. I PRINCIPI DELLA DICHIARAZIONE DI RIO SU AMBIENTE E SVILUPPO Diversi principi sono enfatizzati nella dichiarazione: Principio di EQUITÀ INTERGENERAZIONALE E INTRAGENERAZIONALE: il diritto allo sviluppo deve essere realizzato in modo da soddisfare equamente le esigenze relative all’ambiente e allo sviluppo delle generazioni presenti e future. Principio PRECAUZIONALE: enunciato in epoca precedente a Rio, è ripreso nella dichiarazione come principio in base al quale, per la cura di beni fondamentali come la salute o l’ambiente, è necessaria l’adozione di misure preventive nei confronti di attività che possano costituire minacce o pericoli, anche se le relazioni di causa ed effetto non siano provate scientificamente. Infatti, in caso di rischio di danno grave o irreversibile, l’assenza di certezza scientifica non deve servire da pretesto per differire l’azione di misure idonee a prevenire il degrado ambientale. Precauzionale = agire prima e con attenzione. Qui c’è stata un’affermazione che non è stata condivisa da molti ovvero “anche se le relazioni di causa ed effetto non siano provate scientificamente”. Questo principio ci dice che per la cura di ambiente e salute dobbiamo evitare misure che possano avere impatti negativi, addirittura se non c’è certezza che quella determinata azione serva veramente. È evidente che un principio di questo tipo, attuato in modo corretto, impedirebbe qualunque azione perché in molti casi noi non conosciamo le conseguenze esatte delle nostre azioni (problema del buco dell’ozono è controllabile senza costi elevati, a differenza dell’effetto serra). Questo principio non è accolto da tutti i paesi: alcuni, infatti, ritengono che misure per prevenire problemi ambientali e sanitari vadano prese solo se pienamente giustificate scientificamente e se il costo economico delle stesse non risulti eccessivo. Qui la condizione di non conoscenza può essere un pretesto per differirla. La concentrazione di atrazina nell’acqua potabile è regolamentata ma quando i nostri acquedotti non sono stati in grado di garantire la depurazione, è stato alzato il livello considerato tossico per l’uomo. In molti casi si agisce senza avere attenzione alle conseguenze se il costo considerato è troppo rilevante. Principio di DIVERSA RESPONSABILITÀ: stabilisce una responsabilità comune ma differenziata tra stati industrializzati e in via di sviluppo in considerazione del differente contributo apportato al degrado ambientale globale e del fatto che gli standard adottati da alcuni paesi possono essere inadeguati per altri e soprattutto possono imporre ai paesi in via di sviluppo un costo economico e sociale ingiustificato. Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 16 I paesi sviluppati riconoscono la responsabilità che incombe loro nel perseguimento internazionale dello sviluppo sostenibile, date le pressioni che le loro società esercitano sull’ambiente globale e le tecnologie e le risorse finanziarie di cui dispongono. In questa dichiarazione si è convenuta una responsabilità differenziata per i danni creati all’ambiente da diversi paesi e i costi per la cura dell’ambiente che devono tenere conto del livello economico, tecnologico e possibilità di finanziarie dei diversi paesi per sostenere le politiche ambientali. Principio CHI INQUINA PAGA: persegue l’obiettivo di addebitare ai responsabili dell’inquinamento i costi per prevenire, riparare o rimborsare i danni. L’ambiente inquinato produce danni, rischi e costi ambientali sia come distruzione di beni e risorse ambientali sia come lesione della salute pubblica. Tutti coloro che utilizzano beni e risorse degradati sopportano l’onere dell’inquinamento. Un’effettiva applicazione del principio “chi inquina paga” comporta che i prezzi internalizzino i costi connessi alla tutela ambientale. Implica di saper calcolare il costo delle esternalità e di farlo pagare ai produttori di quest’ultime. Principio di CONCERTAZIONE: in base al quale si riconosce che la sostenibilità può essere realizzata solo con uno sforzo congiunto e coordinato fra tutti i livelli di governo e consensuale tra le parti sociali. Oltre a questi accordi, abbiamo DUE CONVENZIONI. CONVENZIONE SULLA BIODIVERSITÀ Ha l’obiettivo di conservare la diversità biologica, garantire l’uso sostenibile ed una divisione giusta ed equa dei benefici che derivano dall’impiego delle risorse genetiche. L’obiettivo della convenzione è di permettere di non ridurre la numerosità degli ecosistemi, specie animali e vegetali e conservare la diversità naturale. Definizione di biodiversità =numerosità complessiva delle specie animali e vegetali presenti nella biosfera: ü Diversità genetica ü Diversità di specie ü Diversità degli ecosistemi Perché era importante arrivare ad una convenzione che mirasse a salvaguardare la diversità biologica? Ci sono varie ragioni: § La biodiversità contribuisce in maniera decisiva alla vita del pianeta. § Gli scienziati stimano che attualmente sulla terra ci siano 1,4 milioni di specie di piante e di animali. Da ricordare che la biodiversità è minacciata dall’aumento della popolazione mondiale e dal danneggiamento degli habitat naturali. Inquinamento. Urbanizzazione, deforestazione e prosciugamento di zone paludose distruggono la vita allo stato naturale. Una gestione inadeguata dei settori agricolo, forestale e ittico accelera questo processo. Un’altra importante convenzione è la: CONVENZIONE QUADRO SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI Questa convenzione sottoscritta a Rio de Janeiro nel 1992, ha l’obiettivo di stabilizzare le concentrazioni atmosferiche dei gas serra ad un livello tale da prevenire pericolose interferenze delle attività umane con i Era un obiettivo enorme che richiedeva di valutare quale livello delle concentrazioni atmosferiche di gas serra avrebbe permesso di non interferire sul clima. Bisogna fare alcune osservazioni: ü Le capacità naturali di assorbimento dell’anidride carbonica da parte delle foreste e degli oceani sono in grado di sottrarre all’atmosfera ed immagazzinare circa la metà delle emissioni antropogeniche globali: il resto si accumula in atmosfera e vi permane per periodi medi compresi fra un minimo di 5 anni e varie decine di anni. ü Secondo gli esperti dell’IPCC i cambiamenti del clima globale sono in atto ed i futuri cambiamenti climatici sono inevitabili, dati i ritardi esistenti fra cause ed effetti nei processi climatici. ü I cambiamenti del clima producono e produrranno effetti di varia entità, alcuni gravi ed irreversibili. Gli esperti del comitato intergovernativo del cambiamento climatico affermavano che al momento della convenzione i cambiamenti climatici erano già in atto e quindi le azioni passate avrebbero comunque avuto delle conseguenze sul futuro. La convenzione indica le modalità per raggiungere l’obiettivo di evitare interferenze antropogeniche sul clima: 1. Strategie di attuazione: ü Prevenzione delle cause antropogeniche dei cambiamenti climatici (strategia di mitigazione) ü Prevenzione delle conseguenze negative e dei danni causati dai cambiamenti climatici (strategia di adattamento) 2. Priorità di attuazione: ü I paesi industrializzati, maggiori responsabili, devono assumere il ruolo guida ed attuare per primi impegni ed obblighi 3. Impegni: ü Protezione del clima ü Aiuti allo sviluppo dei paesi più poveri Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 17 Vediamo quali sono le azioni da implementare: 4. Azioni: ü Riduzione delle emissioni antropogeniche dei gas serra ü Aumento degli assorbitori naturali di tali gas serra ü Diminuzione della vulnerabilità territoriale e socioeconomica ai cambiamenti del clima, costituzione di fondi e opportune forme di cooperazione internazionale ü Trasferimento di nuove tecnologie ü Ricerca sui cambiamenti del clima ü Comunicazione e partecipazione dei cittadini (formazione, informazione) È una dichiarazione di intenti che ancora non dice cosa i paesi debbano veramente fare, per questo è stata creata la COP (Conferenza delle parti). LA CONFERENZA DELLE PARTI Per dare attuazione agli impegni contenuti nella convenzione UNFCCC è istituito un organo, definito “conferenza delle parti” al quale spetta il compito di controllare l’effettivo svolgimento delle azioni per il raggiungimento degli obiettivi della convenzione. Guardando gli sviluppi della convenzione viene delegata la COP a stabilire e riduzioni che dovrebbero essere necessarie per garantire la possibilità di non interferire sul clima. IL CAMMINO VERSO IL PROTOCOLLO DI KYOTO 1955: Prima sessione della COP1 a Berlino. Le parti riconoscono che gli impegni dei paesi sviluppati di mantenere le emissioni dell’anno 2000 ai livelli del 1990 non consentono di perseguire l’obiettivo della convenzione, cioè di evitare interferenze antropogeniche sul clima. 1997: durante la COP3 a Kyoto è firmato il primo accordo internazionale con valenza legale che impone la riduzione dei gas ad effetto serra, cioè il Protocollo di Kyoto. IL PROTOCOLLO DI KYOTO Il protocollo, sulla base del principio di responsabilità comuni ma differenziate, impegna i paesi industrializzati ad una riduzione dei sei principali gas ad effetto serra rispetto ai valori del 1990 pari almeno del 5% durante il primo periodo di adempimento (entro il 2008-2012). I 6 paesi considerati allora venivano considerati i principali. L’effetto serra è un effetto naturale e se non ci fossero, la temperatura terrestre non avrebbe quel livello che permette la sopravvivenza della specie animale, vegetale e umana. L’effetto serra in sé è benefico e naturale. 20/10 I GAS SERRA CONSIDERATI NEL PROTOCOLLO ü Anidride carbonica ü Metano ü Protossido di azoto ü Idrofluorocarburi ü Perflourocarburi ü Esafluoruro di zolfo Ogni gas clima alterante ha un diverso potenziale di riscaldamento. Il comitato governativo sul cambiamento climatico determina il potenziale climalterante dei gas che misura il contributo di un gas serra al riscaldamento globale rispetto all’anidride carbonica e quindi viene calcolato misurando l’impatto di un gas nell’arco temporale e quello procurato nello stesso arco temporale dall’anidride carbonica. Dopo che si calcola questo rapporto, si può tradurre l’impatto di ogni gas in anidride carbonica. RIDUZIONE % DELLE EMISSIONI DI GAS AD EFFETTO SERRA ENTRO IL PERIODO 2008-2012 RISPETTO AL 1990 Il protocollo di Kyoto stabilisce che i paesi indicati nell’annesso B del protocollo modifichino le loro emissioni di gas ad effetto serra secondo le percentuali mostrate nella seguente tabella. Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 20 La riduzione delle emissioni deve essere addizionale alla situazione che si avrebbe in assenza di tale progetto. Deve essere possibile valutare quantitativamente le emissioni evitate. Il paese ospitante deve confermare che il progetto contribuisce al proprio sviluppo sostenibile. Il progetto non deve utilizzare fondi dell’assistenza ufficiale allo sviluppo, perché se la decisione relativa all’utilizzo di questi fondi comportasse la riduzione di emissioni, l’esistenza del CDM paradossalmente comporterebbe più emissioni di quelle che si verificherebbero senza il protocollo. Il progetto, senza l’incentivo dei crediti, non deve essere realizzabile. Infatti, se fosse conveniente a prescindere dai crediti, sarebbe realizzato e quindi anche in questo caso il CDM comporterebbe più emissioni di quelle che si verificherebbero senza il protocollo. Quello che spinge a fare il progetto è l’acquisizione dei crediti di emissione e non la contabilizzazione a proprio favore delle emissioni perché paradossalmente il protocollo porta ad avere emissioni a livello globale in misura maggiore rispetto a quelle che si avrebbero in assenza del protocollo. Arrivare a queste contrattazioni è stato lungo e difficile. IL COMMERCIO INTERNAZIONALE DELLE EMISSIONI Il commercio delle emissioni guarda il commercio internazionale di quote di emissione di gas ad effetto serra. Con questo meccanismo i paesi dell’annesso B del protocollo possono vendere o comprare quote di emissione sia disponibili in ambito nazionale, come le AAU (Assigned Amount Units) sia ottenute in ambito internazionale come le Emission Reduction Units relative alla Joint implementation o le Certified Reduction Units relative al Clean Development Mechanism per soddisfare i target di emissioni previsti dal protocollo. Non solo questa contrattazione riguarda le riduzioni di emissioni sul suolo nazionale ma si potrebbero anche contrattare i crediti di emissione arrivati dai progetti di JI e di sviluppo pulito, in quanto la contrattazione permetterà di guadagnare da questo progetto e al paese che compra i miei diritti permetterà di rispettare il vincolo ad un costo inferiore. I VANTAGGI DEI MECCANISMI FLESSIBILI Le emissioni di gas serra sono un problema mondiale e il luogo dove vengono effettuate le riduzioni è di importanza secondaria. Questo non significa che gli effetti della concentrazione sono distribuiti in modo uniforme tra i paesi e infatti alcuni di essi sono profondamente colpiti dai cambiamenti climatici per agricoltura, variabilità delle piogge e dei cicloni, cosa che sarà un ulteriore ostacolo alla contrattazione corretta perché è interesse dei paesi maggiormente colpiti arrivare a risolvere i problemi del cambiamento climatico. La contrattazione permette di arrivare a rispettare il vincolo del protocollo nel modo più corretto possibile. Gli strumenti precedenti permettono ai paesi industrializzati di raggiungere i loro obiettivi grazie allo scambio di quote di emissioni e ottenere crediti realizzando progetti per la riduzione delle emissioni in altri paesi. In questo modo le riduzioni possono essere realizzate dove i costi sono minori. LO STATO SULLA CONVENZIONE QUADRO SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI Tra le conferenze delle parti successive a Kyoto ricordiamo le più significative: § ne 2007 a Bali la COP-13 (CMP 3- Conference of the parties serving as the meeting of the parties to teh Kyoto protocol – terza sessione della conferenza delle parti che funge da incontro delle parti del protocollo di Kyoto) ha stabilito una “Road Map” sul dopo Kyoto prevedendo meccanismi per agevolare il trasferimento di tecnologie per lo sviluppo di energia pulita dai paesi più ricchi a quelli emergenti. LA CONFERENZA DELLE PARTI DI COPENHAGEN Nel 2009 si tiene a Copenaghen la COP-15 (CMP 5) per stabilire i nuovi impegni per il periodo successivo al 2012. Gli esperti osservavano che la lunga permanenza dei gas nell’atmosfera avrebbero determinato danni anche nel futuro, a prescindere dai comportamenti attuali perché in goni caso si è modificata la concentrazione dei gas serra nell’atmosfera. L’obiettivo è la definizione di un accordo mondiale, legalmente vincolante, al fine di evitare l’aumento della temperatura media globale di oltre 2^C al di sopra dei livelli preindustriali. Perchè due gradi? Il vincolo non è superare i 2 gradi rispetto al livello preindustriale, non in assoluto e non rispetto al 1990. Per questo obiettivo i paesi industrializzati (anche gli USA che non hanno ratificato il protocollo di Kyoto e altri paesi come la Cina, attualmente maggior responsabile delle emissioni) dovrebbero ridurre consistentemente le emissioni di C02 e fornire il supporto finanziario ai paesi in via di sviluppo. Tuttavia, USA, Cina, India, Brasile e Sud Africa propongono un accordo a cui in sessione plenaria molti PVS si oppongono. L’accordo, non approvato in assemblea plenaria, stabilisce l’obiettivo di un aumento massimo di temperatura globale di due gradi con azioni (non specificate) che rispettino il principio di equità. I paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo devono compilare delle tabelle attestando le riduzioni di gas ad effetto serra al 2020, praticamente su base volontaria. Viene previsto un fondo apposito-il Copenaghen Green Climate Found- per azioni immediate di formazione, mitigazione, adattamento e riduzione delle emissioni con finanziamenti a breve ai paesi più poveri (30 mld di $ promessi per il periodo 2010- 2012). Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 21 LA CONFERENZA DELLE PARTI DI CANCUN Con il vertice di Cancun nel 2010 si riconosce ufficialmente un processo multilaterale di riduzione delle emissioni di gas serra dei paesi industrializzati. Con l’accordo di Cancun si richiede ai paesi sviluppati aderenti al protocollo di Kyoto di ridurre le proprie emissioni del 25-40% entro il 2020, rispetto ai valori del 1990, e a tutti i paesi sviluppati, includendo anche gli USA di ridurre i gas serra secondo quanto richiesto nel IV rapporto IPCC. Per il “Green Climate Fund” si richiedono 100 mld di $ all’anno, ma solo dal 2020 (30 nel primo triennio), per aiutare le nazioni in via di sviluppo ad adattarsi ai cambiamenti climatici e ad impiegare tecnologie pulite. La gestione del fondo viene affidata per i primi tre anni alla Banca Mondiale. DEFORESTAZIONE E DEGRADO AMBIENTALE La deforestazione e il degrado ambientale delle foreste comportano perdite di biodiversità e incremento delle emissioni di CO2. Secondo l’IPCC le emissioni medie annue causate dalla deforestazione durante gli anni ’90 ammontano a 5.8 Gt di CO2, contribuendo al 20% delle emissioni globali. Si tratta delle emissioni di CO2 dovuta all’attività di deforestazione, di degrado forestale nel PVS. Le emissioni sono associate alla pratica della conversione delle foreste in terreni agricoli e al rilascio del carbonio contenuto negli alberi, quando vengono bruciati. LA CONFERENZA DELLE PARTI DI DURBAN Con la conferenza di Durban nel 2011 si avvia un processo negoziale per la definizione di un trattato globale legalmente vincolante per tutti i paesi UNFCCC. Nella prima fase, fino al 2015, deve essere redatta la bozza del trattato da adottare nell’assemblea plenaria della ventunesima conferenza delle parti (COP-21) alla fine del 2015. Nella seconda fase, il trattato deve essere aperto alla sottoscrizione e alle ratifiche nazionali, secondo le procedure ONU, per entrare in vigore nel 2020. La grande novità del nuovo trattato è includere stati che non hanno ancora aderito a obblighi internazionali vincolanti, come gli USA e la Cina. Proprio la Cina contribuisce a questo risultato, con l’annuncio della possibilità di firmare un accordo vincolante sul clima, a condizione che sia rispettato il principio della responsabilità comune ma differenziata. Il protocollo di Kyoto viene prolungato oltre la scadenza del 2012. LA CONFERENZA DELLE PARTI DI DOHA La diciottesima conferenza a luogo a Doha, in Qatar a fine novembre 2021. I 94 paesi partecipanti trovano un accordo per estendere fino al 2020 il protocollo di Kyoto. Tuttavia, questo risultato è indebolito dal ritiro del Canada dal protocollo e dal fatto che Russia e Giappone decidono di non assumere impegni di riduzione al 2020. Questi paesi non vogliono partecipare al secondo periodo per non danneggiare il mercato interno degli idrocarburi e le strategie energetiche nazionali. I paesi firmatari sono responsabili solo del 15% delle emissioni di gas inquinanti e i principali responsabili delle emissioni di gas serra non prendono impegni vincolanti. I RISULTATI DI DOHA Tra i paesi sviluppati sono esclusi USA, Canada, Giappone, Russia e Nuova Zelanda e tra gli emergenti la Cina (il principale emettitore), India, Brasile, Messico e Sud Africa. + pezzo mancante La prima fase del protocollo di Kyoto termina a fine dicembre 2012. Il secondo periodo di impegno riguarda il periodo fino al 2020 e richiedeva una riduzione molto forte delle emissioni ma i paesi che assumono questi impegni non sono i principali emettitori. In questo secondo periodo, la riduzione delle emissioni dovrebbe attestarsi tra il 25 e il 40% rispetto ai livelli del 1990. I paesi sviluppati dovranno fornire nuovi aiuti finanziari per aiutare i paesi del sud a fronteggiare i cambiamenti climatici. Si rimanda all’incontro successivo di Varsavia nel 2013 la presentazione di strategie per mobilizzare fondi per 100 mld di $ per anno entro il 2020. ü Si rimanda a Varsavia anche la definizione di accordi istituzionali in relazione a problema della riparazione delle perdite e dei danni causati ai paesi del sud per il riscaldamento globale. ü Si riafferma l’obiettivo di limitare l’innalzamento della temperatura (2 gradi). ü Si riafferma la volontà di arrivare ad un protocollo o un accordo con valenza giuridica che riguardi tutti i paesi (paesi emergenti e USA) alla conferenza del 2015 con entrata in vigore nel 2020. ALCUNI DATI I dati del 2011 mostrano che i principali responsabili delle emissioni sono Cina (28% del totale mondiale), USA (16%) UE (11%) e India (7%). Cina e India, rispetto al 2010, avrebbero aumentato le emissioni rispettivamente del 9,9% e del 7,5%. USA e UE avrebbero ridotto le loro emissioni rispettivamente del 1,8% e del 2,8%. Secondo i dati emersi al vertice di Doha le emissioni globali del 2012 sono pari a 35.6000 milioni di tonnellate, con un aumento del 2,6% rispetto al 2011 e del 58% rispetto ai livelli del 1990. Il protocollo di Kyoto (1990) prevedeva per i paesi firmatari una riduzione delle emissioni di CO2, del 5% rispetto al 1990 durante il primo periodo di adempimento (entro il 2008-2012). Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 22 LA CONFERENZA DI VARSAVIA A Varsavia si sarebbero dovute definire le regole per arrivare a un accordo quadro globale di riduzione delle emissioni di gas serra e per aiutare molti paesi ad adattarsi ai cambiamenti cimatici in atto. Norvegia, UK, UE, USA, Corea del Sud, Giappone, Svezia, Germania, Finlandia annunciano fondi per finanziare il Green Climate Fund. È stabilito il meccanismo internazionale di Varsavia per “Loss and Damage” allo scopo di proteggere le popolazioni dall’impatto di fenomeni climatici estremi. IL MECCANISMO LOSS AND DAMAGE È un programma per affrontare le tematiche delle perdite economiche e dei danni associati agli eventi metereologici estremi (tifoni ecc…) e agli eventi di lenta insorgenza nei PVS. Gli effetti negativi di questi eventi stanno già colpendo molti PVS, particolarmente vulnerabili e con inadeguate capacità di contrasto, con una frequenza e intensità in aumento. REDD+ È un accordo su una serie di regole per ridurre le emissioni da processi di deforestazione e degradazione delle foreste. REDD+ significa Reducing Emissions from deforestation and degradation in developing countries. Lo spirito di questo accordo è che un PVS deve essere compensato dalla preservazione delle foreste, evitando per il paese stesso di subire la perdita che deriva dal mancamento sfruttamento delle foreste. L’idea è di dare un valore di preservazione delle foreste di cui i benefici vanno alla comunità globale e solo il paese interessato perde i benefici che derivano dallo sfruttamento della foresta. Bisogna stabilire accordi tra i paesi dando un prezzo alla conservazione. Non si tratta di un trasferimento rivolto a riparare le perdite o a sostenere i paesi per evitare le conseguenze del cambiamento climatico, ma un accordo specifico per conservare le foreste dando un indennizzo al paese per far si che diventi più conveniente conservare piuttosto che sfruttare. REDD+ Deforestazione e degrado ambientale Si devono ridurre le emissioni di CO2 dovute alle attività di deforestazione, di degrado forestale nei PVS. Le emissioni sono associate alla pratica della conversione delle foreste in terreni agricoli. Il meccanismo REDD+ prevede che vengano pagati fondi ai PVS per ridurre le emissioni riducendo la deforestazione. Si concordano una serie di regole per ridurre le emissioni da processi di deforestazione e degradazione delle foreste. L’obiettivo è aiutare i PVS a ridurre le emissioni dovute alla deforestazione- responsabile di più del 15% delle emissioni globali di gas a effetto serra- grazie all’attribuzione di un valore economico alla conservazione delle foreste tropicali che rende più conveniente la protezione piuttosto che l’abbattimento. LA CONFERENZA DI LIMA La COP20 di Lima porta all’approvazione del “Lima Call for Climate Action”, un documento sulle azioni da intraprendere e le tappe dei mesi successivi in vista dell’approvazione definitiva di un accordo sul clima a Parigi in occasione della Conferenza del 2015 (COP 21) che dovrebbe entrare in vigore dal 2020. LA COP DI PARIGI La COP21 si svolge a Parigi dal 30 novembre al 11 dicembre del 2015 con l’obiettivo di raggiungere un accordo vincolante e universale sul clima per rafforzare la risposta globale alla minaccia del cambiamento climatico nel contesto dello sviluppo sostenibile e degli sforzi di sradicare la povertà. L’approccio di Parigi è cambiato rispetto a quello di Kyoto, cioè si concorda l’obiettivo ma si lasciano i paesi liberi di decidere i loro contributi nazionali e durante la COP21 si chiede ai paesi di presentare i programmi nazionali da presentare ogni 5 anni. L’ACCORDO DI PARIGI L’accordo tra 195 paesi definisce un piano d’azione per evitare cambiamenti climatici pericolosi. La sua entrata in vigore richiede la ratifica di almeno 55 paesi, produttori del 55% delle emissioni globali. Un risultato positivo di questo accordo è la sua entrata in vigore prima del 2020. Il fatto che anche la Cina che era esclusa dal protocollo di Kyoto ha permesso di arrivare ad un accordo vincolante, cosa che ha fatto si di raggiungere il vincolo stabilito dall’accordo anche senza gli USA. RISCALDAMENTO GLOBALE I governi convengono di mantenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto di 2 gradi in più rispetto ai livelli preindustriali e di proseguire gli sforzi per limitare l’incremento a 1,5^ (tuttavia, dai piani nazionali di azione per il clima presentati dai paesi, i cambiamenti non sono ancora sufficienti per mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 20^) riconoscendo che questo obiettivo ridurrebbe significativamente i rischi e gli impatti del cambiamento climatico. N.B. à Come debba essere ottenuto questo risultato è lasciato dal basso verso l’alto e cioè sono i paesi che devono decidere come fare: questo approccio piò portare al risultato che l’impegno dei diversi paesi non soddisfino l’obiettivo globale a cui si è convenuto. OBIETTIVO A LUNGO TERMINE SULLE EMISSIONI I paesi devono puntare a raggiungere il picco delle emissioni di gas serra il più presto possibile e proseguire rapide riduzioni dopo quel momento per arrivare ad un equilibrio tra le emissioni da attività umane e le rimozioni di gas serra nella seconda metà di Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 25 INNALZAMENTO DEL LIVELLO DEL MARE Nel quinquennio maggio 2014-2019, il tasso di innalzamento medio globale del livello del mare è stato di 5MM all’anno, rispetto ai 4 nel decennio 2007-2016. Causa principale è lo scioglimento dei ghiacci terrestri dai ghiacciai e dalle calotte glaciali mondiali. RIDUZIONE DEL GHIACCIO Nel periodo 2015-2018, l’estensione media del ghiaccio marino nell’Artico è stat ben al di sotto della media del 1981-2010. La quantità di ghiaccio persa ogni anno dalla calotta antartica è aumentata da 40 Gt all’anno nel 1979-1990 a 252 Gt all’anno nel 2009-2017. CALORE E ACIDITÀ DEGLI OCEANI Oltre il 90% del calore causato dai cambiamenti climatici è immagazzinato negli oceani. L’oceano assorbe circa il 30% delle emissioni antropogeniche annuali di CO2, contribuendo così ad alleviare il riscaldamento aggiuntivo. I costi sono tuttavia elevati, poiché la CO2 assorbita reagisce con l’acqua di mare e modifica la sua acidità che è aumentata del 26% dall’inizio della rivoluzione industriale. EVENTI ESTREMI Più del 90% delle catastrofi naturali sono legate al clima. Tempeste (cicloni tropicali) e inondazioni causano le maggiori perdite economiche. Ondate di calore e siccità portano perdite di vite umane, intensificazione degli incendi boschivi e perdite di raccolto. La stagione degli uragani nell’Atlantico nel 2017 è una delle più devastanti mai registrate (125 mld di $ in perdite solo a causa dell’urugano Harvey) e nell’oceano Indiano, a marzo e aprile 2019, vi sono cicloni tropicali devastanti senza precedenti (Mozambico). INCENDI BOSCHIVI Gli incendi sono influenzati dai fenomeni metereologici e climatici. La siccità aumenta il rischio di incendi e della loro durata. Le tre maggiori perdite economiche registrate negli incendi si sono verificate tutte negli ultimi quattro anni. Gli incendi causano massici rilasci di anidride carbonica nell’atmosfera, aggravando gli effetti dell’azione umana attraverso un aumento della concentrazione dei gas. Nell’estate 2019 si sono verificati incendi senza precedenti nella regione artica. Solo a giugno, questi incendi hanno emesso nell’atmosfera 50 megatoni (Mt) di anidride carbonica. Incendi si sono verificati anche nelle foreste pluviali tropicali dell’Asia meridionale e dell’Amazzonia, con ripercussioni sul bilancio globale del carbonio. CAMBIAMENTI CLIMATICI ED EVENTI ESTREMI Secondo il bollettino dell’American Metereological Society, nel periodo 2015-2017, 62 dei 77 eventi estremi considerato mostrano una significativa influenza antropogenica sul verificarsi dell’evento. LA COP25 La COP25 si doveva tenere a dicembre 2019 a Santiago, ma per i disordini esistenti in quel paese è stata ospitata a Madrid. La grande attenzione è sull’applicazione dell’articolo 6 dall’accordo di Parigi per stabilire le regole del mercato del carbonio. Questo punto è stato divisivo e ha creato discussioni perché in base all’accordo di Parigi, ogni paese comunica il proprio piano per l’azione per il clima attraverso i contributi determinati a livello nazionale. Gli NDC rappresentano impegni volontari dei paesi per mitigare e adattarsi ai cambiamenti climatici. L’articolo 6.2 dell’accordo di Parigi riconosce che i paesi possono partecipare alla cooperazione volontaria, compresi i mercati del carbonio, per raggiungere e migliorare i loro obiettivi climatici. I risultati di mitigazione (MO – Mitigation Outcomes) generati da progetti a basse emissoini di carbonio possono essere venduti a livello internazionale (ITMO- Internationally Transfered Mitigation Outcomes) e utilizzati dal paese acquirente per il raggiungimento dei propri NDC. LE DIFFICOLTÀ INERENTI ALL’ARTICOLO 6 DELL’ACCORDO DI PARIGI Questo articolo serve ad aiutare i paesi a rispettare i loro NDC grazie all’acquisto di risultati di mitigazione internazionali (ITMO) conseguiti altrove qualora non siano in grado di ridurre le emissioni secondo quanto dichiarato nei piani. Questi risultati di mitigazione corrispondono a emissioni evitate in un altro paese. Anche il protocollo di Kyoto permetteva ai paesi industrializzati con obblighi di riduzione di compensare le proprie emissioni comprando dei crediti di carbonio dai PVS, non soggetti a tali obblighi. Le novità rispetto al protocollo di Kyoto, e punto di difficile negoziazione, è l’introduzione dei c.d. “corresponding adjustments”. L’accordo di Parigi richiede che le parti applichino una corretta contabilità per garantire che le riduzioni delle emissioni non vengano conteggiate dall’acquirente e dal venditore. Il paese che ospita il progetto deve effettuare un adeguamento corrispondente per permettere all’acquirente di conteggiare gli ITMO per il suo obiettivo NDC con una riduzione addizionale delle emissioni rispetto a quella prevista dal suo piano corrispondente agli ITMO venduti. C’è una discrepanza temporale tra la vendita e il tempo in cui il paese ospitante ha creato la contabilizzazione delle emissioni avvenute nel suo territorio. Molti paesi ritengono che questo sia un escamotage per permettere ai paesi di fornire una contabilità non trasparente; quindi, questo argomento alla COP di Madrid è stato divisivo sulla basa di questa osservazione: Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 26 perché l’acquirente possa conteggiare l’ITMO acquistato è necessario che il paese ospitante fornisca la prova di tale adeguamento. Questa prova è verificata nei rapporti di trasparenza (BTR) che i paesi devono presentare con un rischio per gli acquirenti dovuto alla possibile discrepanza temporale. I RISULTATI Le profonde divisioni tra paesi grandi emettitori e nelle nazioni insulari, e tra i PVS e paesi industrializzati condizionano i risultati. I maggiori emettitori sono accusati di non aver presentato piani che consentano di non superare l’incremento di temperatura previsto dall’accordo di Parigi e di non aver rispettato l’impegno al sostegno economico ai PVS. La stessa presidentessa della COP25 Maria Carolina Schmidt Zaldivar definisce i risultati insufficienti per affrontare l’urgenza della crisi climatica. Oggi i cittadini del mondo ci stanno chiedendo di procedere più velocemente e meglio, in quanto a finanziamenti, adaption e migration. Le nuove generazioni stanno aspettando di più da noi, abbiamo l’obbligo di essere all’altezza di questo compito. LO STATO ATTUALE DELLA CONVENZIONE QUADRO SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI La COP26 si sarebbe dovuta svolgere a novembre 2020 a Glasgow, ma è stata rinviata all’anno successivo per l’emergenza coronavirus. LA COP26 Nel 2021 verrà ospitata dal Regno Unito, a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre, la COP26. La conferenza è in partnership con l’Italia, dove diversi eventi, come il Youth4Climate e la PreCOP26, si sono tenuti all’inizio di ottobre. GLI OBIETTIVI DELLA COP26 L’UNFCCC ha identificato quattro grandi obiettivi: ü azzerare le emissioni nette a livello globale entro il 2050 e puntare a limitare l’aumento delle temperature a 1,5 gradi centigradi. ü Adattarsi per la salvaguardia delle comunità e degli abitat naturali ü Mobilitare i finanziamenti ü collaborare LA RIDUZIONE DELLE EMISSIONI Ad ogni paese si chiede di presentare obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni dentro il 2030 che permettano il raggiungimento di un sistema a zero emissioni nette entro la metà del secolo. In base all’accordo di Parigi, ogni paese ha accettato di comunicare e aggiornare ogni cinque anni i propri obiettivi di riduzione delle emissioni: gli NDC devono permettere la limitazione dell’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi centigradi. Per questo, ogni paese dovrà: ü accelerare la transizione del carbone all’energia pulita ü ridurre la deforestazione ü accelerare la transizione verso i veicoli elettrici ü incoraggiare gli investimenti rinnovabili COLLABORAZIONE L’accordo chiede collaborazione e bisogna: ü Stabilire le regole per rendere operativo l’accordo di Parigi ü Trovare una soluzione sui mercati del carbonio, con un sistema di crediti di carbonio che permetta la transizione a zero emissioni nette. ü Migliorare la trasparenza ü Per affrontare la crisi climatica serve collaborazione tra governi, imprese e società civile MOBILITARE I FINANZIAMENTI Tra gli obiettivi ci sono anche i finanziamenti. I paesi sviluppati devono mantenere la loro promessa di mobilitare almeno 100 mld di $ in finanziamenti per il clima dal 2000. Serve il contributo delle istituzioni finanziarie internazionali, della finanza pubblica e di quella privata. SALVAGUARDARE HABITAT E COMUNITÀ I paesi colpiti dai cambiamenti climatici devono essere in grado di: ü Proteggere e ripristinare gli ecosistemi ü Costruire difese, sistemi di allerta, infrastrutture e agricolture più resilienti per contrastare la perdita di abitazioni, mezzi di sussistenza e di vite umane I MERCATI DI CARBONIO La questione dei mercati di carbonio risulta ancora molto estremamente divisiva. Alcuni vedono il mercato del carbonio come un incentivo per i paesi ad adottare forme di energia più verdi, per evitare di superare la propria soglia, altri ritengono che permetta manipolazioni. LA CONCENTRAZIONE DI GAS SERRA I dati dell’osservatorio di Manua Loa: supermaneto delle 400 parti per milione. Fine della parte sui concetti/termini fondamentali Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 27 28/10 LE CONFERENZE INTERNAZIONALI I VERTICI SUCCESSIVI A RIO Ripercorriamo le principali conferenze internazionali che hanno trattato il tema della sostenibilità: ci eravamo fermati con l’analisi del vertice sulla terra di Rio de Janeiro e si era conclusa con la stipula di accordi e convenzioni; gli accordi riguardavano agenda 21, piano d’azione e la dichiarazione sulle foreste che era abbastanza insoddisfacente perché era stato trovato semplicemente un accordo su come dovevano essere gestite le foreste in modo sostenibile ma senza impegni vincolanti. LA XIX SESSIONE SPECIALE Comunque, anche agenda 21 e il piano sostenibile avevano richiesto attenzione e quindi già dopo 5 anni rispetto a Rio, durante un’assemblea delle NU che si riunisce a NY nel 1997 si è voluto verificare cosa veramente era stato fatto per dare attuazione all’agenda che richiede un impegno sia a livello globale che locale (valutazione dello stato di attuazione dell’Agenda 21). Molti dei principi che erano contenuti nella dichiarazione di Rio ancora necessitavano di essere applicati correttamente ed è proprio per questo che all’interno di questa sessione speciale che analizziamo, denominata “Vertice della terra + 5” perché ha avuto luogo 5 anni dopo Rio c’è questo incontro al fine di dare veramente attuazione e di predisporre quelle strategie nazionali che si accordassero con tutti i principi enunciati a Rio. Quindi vediamo che alla fine del secolo scorso, la comunità internazionale ha voluto riflettere sui problemi globali che bisognava affrontare e che diventavano sempre più evidenti: i governi adottano quindi una risoluzione denominata “Programme for the Further Implementation of Agenda 21” che li impegna a predisporre strategie nazionali di sviluppo sostenibile entro il 2002. IL VERTICE DEL MILLENNIO Nell’anno 2000 i leader di tutto il mondo si riuniscono a NY in occasione del Vertice del millennio al fine di esaminare le sfide del futuro e il ruolo delle NU per far fronte ad esse e manifestano la decisione di porre fine alla povertà, dichiarando di impegnarsi verso la popolazione mondiale. I leader concordano su una dichiarazione: LA DICHIARAZIONE DEL MILLENNIO La sessione speciale dell’AG delle NU definisce gli obiettivi internazionali di sviluppo che la comunità internazionale deve perseguire. I 189 paesi presenti al vertice la “Dichiarazione del millennio”, impegnandosi a raggiungere alcuni obiettivi chiave nel corso di questo secolo da raggiungere entro il 2015, i famosi “obiettivi di sviluppo del millennio”. ü Eliminazione della povertà: il vertice aveva sottolineato come si tratti di un punto fondamentale per la promozione dello sviluppo sostenibile ü La promozione della dignità umana ü Il raggiungimento della pace, della democrazia e della sostenibilità ambientale Dalla dichiarazione sono scaturiti gli obiettivi di sviluppo del millennio- una serie di 8 obiettivi- con traguardi temporali per far progredire lo sviluppo e ridurre la povertà entro il 2015. C’è stato anche un accordo su come misurare il percorso verso il raggiungimento degli obiettivi e sono stati ipotizzati dei traguardi che sono stati considerati importanti per conseguire tali obiettivi. 8 OBIETTIVI DEL MILLENNIO Gli stati membri dell’ONU si impegnano a raggiungere entro il 2015 i seguenti obiettivi: ü Eliminare la povertà estrema e la fame ü Assicurare l’istruzione elementare universale ü Promuovere la parità tra i sessi ü Diminuire la mortalità infantile ü Migliorare la salute materna ü Combattere l’HIV/AIDS ü Assicurare la sostenibilità all’ambiente ü Sviluppare un partenariato globale per lo sviluppo Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 30 La conferenza internazionale, in vista del vertice mondiale sullo sviluppo di Johannesburg, affronta il problema di come trovare le risorse necessarie per lo sviluppo e raggiungere gli obiettivi del millennio (Monterrey Consensus link). Le questioni fondamentali trattate riguardano: ü Gli investimenti privati e quindi la promozione di riforme atte ad incrementare l’investimento privato, in particolare quello estero ü Il commercio internazionale ü L’assistenza allo sviluppo, l’incremento dell’aiuto pubblico ed il miglioramento della sua efficacia ü La riduzione del debito Era evidente che tutti questi auspici richiedessero un forte finanziamento. Che cos’è stato sottolineato all’interno di questa conferenza? Tra le condizioni più urgenti e necessarie per raggiungere gli obiettivi del millennio si richiamano: ü La destinazione dello 0,7% del PIL per aiuti ai paesi poveri ü La cancellazione del debito ü La corretta gestione degli aiuti pubblici ü La regolamentazione del commercio e della finanza internazionale IL VERTICE SULLO SVILUPPO SOSTENIBILE DI JOHANNESBURG (2002) Il vertice di Johannesburg chiamato anche Summit Terra 2, è l’occasione per riflettere su quanto fatto per realizzare gli obiettivi di sviluppo sostenibile e verificare le strategie adottate a dieci anni dal vertice di Rio de Janeiro. ü Lo sviluppo sostenibile richiede un miglioramento della qualità della vita per tutti i popoli del mondo senza compromettere le risorse naturali e le capacità di sopportazione del pianeta. Lo sviluppo sostenibile richiede un intervento integrato in tre aree chiave: ü Crescita ed equità economica ü Tutela delle risorse naturali e dell’ambiente ü Sviluppo sociale Il vero problema da affrontare è l’onere delle politiche rivolte a proteggere l’ambiente, tutelare le risorse idriche, ridurre le emissioni dei gas serra e in generale per promuovere lo sviluppo sostenibile. Chi deve fare tutto ciò? ü I paesi industrializzati a Rio avevano rinnovato l’impegno (già assunto alla conferenza di Stoccolma del 1972) di vedere lo 0,7% del PIL per i piani di sviluppo delle nazioni più povere. ü A dieci anni di distanza dalla conferenza di Rio, solo Danimarca, Lussemburgo, Olanda, Norvegia e Svezia hanno mantenuto le promesse; la media degli aiuti è dello 0,23% ma in ogni caso questo risultato non è sufficiente per raggiungere l’obiettivo stabilito. ü E anche attualmente siamo molto lontani da tale obiettivo (ODA link). Nel grafico vediamo le % e nell’altro la consistenza assoluta. Il grafico delle % chiarisce quanti paesi, in termini di spesa sul reddito, hanno devoluto in termini di assistenza sociale allo sviluppo. Nel grafico la linea tratteggiata rappresenta l’obiettivo delle NU dello 0,7% del reddito in assistenza sociale allo sviluppo. Il Regno Unito, la Germania, Lussemburgo, Norvegia e Svezia si approssimano verso la linea. Il peso di questi paesi, a parte il Regno Unito e la Germania, è decisamente scarso e quindi il fatto che pochi paesi e soprattutto questi paesi, essendo piccoli geograficamente ma con popolazione ridotta, pur devolvendo lo 0,7% del loro reddito in assistenza sociale, non riescono ancora a soddisfare le esigenze finanziarie per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo. IL VERTICE SULLO SVILUPPO SOSTENIBILE DI JOHANNESBURG- i risultati Il vertice si conclude con una dichiarazione politica per rinnovare l’impegno a favore della lotta alla povertà e di uno sviluppo sostenibile e l’adozione di un piano d’azione per lo sviluppo sostenibile. LA DICHIARAZIONE POLITICA SULLO SVILUPPO SOSTENIBILE La dichiarazione con la quale gli stati partecipanti si impegnano a realizzare l’obiettivo dello “sviluppo sostenibile” contiene 36 punti divisi in 6 paragrafi, così intitolati: ü “Dalle nostre origini al futuro” in cui si esprime la necessità di conciliare il progresso economico civile dei popoli con le esigenze di protezione dell’ambiente. ü “Da Stoccolma a Rio de Janeiro a Johannesburg”, dove vengono rievocati i 3 vertici fondamentali per lo sviluppo sostenibile. Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 31 ü “Le sfide da raccogliere”, dove vengono evidenziate le enormi disparità esistenti ed i gravi problemi ambientali. ü “Il nostro impegno verso lo sviluppo sostenibile” in cui si richiamano le azioni e la cooperazione necessarie per il conseguimento dello sviluppo sostenibile. ü “Multilateralismo è il futuro” in cui si esprime la necessità di istituzioni multilaterali efficaci e democratiche. ü “Che si avveri!” contenente l’auspicio di una concreta attuazione delle dichiarazioni di intenti pronunciate a Johannesburg. IL PIANO DI AZIONE PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE Il piano d’azione che contiene gli obiettivi concordati sui numerosi argomenti in discussione, in particolare: ü AIUTI-Si richiede di incrementare l’aiuto pubblico allo sviluppo e ridurre il debito dei paesi poveri. ü FONDO DI SOLIDARIETÀ- Si costituisce un fondo mondiale di solidarietà per sradicare la povertà basato su contribuzioni volontarie. ü ACQUA POTABILE E SERVIZI IGENICI- Si assume l’impegno (confermando la dichiarazione del Millennio) di dimezzare, entro il 2015, il numero di persone 82,4 mld) che non hanno accesso a questi beni primari. ü PROTEZIONE DELLA SALUTE- Si assume l’impegno di diffondere l’assistenza sanitaria di base; entro il 2015 ridurre la mortalità infantile (fino ai 5 anni) di 2/3 e la mortalità da parto di ¾, rispetto ai dati registrati nel 2000; entro il 2005 ridurre di ¼ la diffusione dell’AIDS tra i giovani. ü ENERGIA- È uno degli argomenti maggiormente dibattuti: l’opposizione degli USA, del Giappone, del Canada, dell’Australia, della Nuova Zelanda e dei paesi arabi appartenenti all’OPEC porta ad adottare una formula generica, con cui ci si impegna ad un “sostanziale incremento” dell’uso di fonti rinnovabili di energia (solare, eolica, biomasse…) senza però prevedere obiettivi per l’incremento di produzione di energia verde né termini. Non è accettata la proposta di ottenere entro il 20120 il 10% dell’energia primaria prodotta a livello mondiale proveniente da fonti rinnovabili c.d. “nuove”. Anche l’impegno alla riduzione delle sovvenzioni statali ai combustibili di origine fossile non prevede una data di scadenza. Tuttavia, proprio a Johannesburg si ha l’annuncio della Russia della ratifica del protocollo di Kyoto che ne permetterà l’entrata in vigore. BIODIVERSITÀ: viene ribadito l’impegno, già contenuto nella convenzione sulla biodiversità di Rio, alla riduzione significativa del ritmo di estinzione della varietà delle specie viventi, determinata dall’inquinamento o dallo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali, entro il 2010. SOSTANZE CHIMICHE: ci si accorda per eliminare produzione e uso di sostanze chimiche pericolose per la salute e l’ambiente. MARE E PESCA: è raggiunto un accordo per la protezione degli oceani e della pesca, con l’obiettivo di salvaguardare il patrimonio ittico e di ripristinare la pescosità dei mari, da attuare entro il 2015. Il mantenimento dell’abbondanza e della varietà delle specie ittiche richiede la messa al bando di tecniche di pesca devastanti, come le reti a strascico e l’impiego di esplosivi, e il rispetto dei periodi di produzione. CLIMA: sono ribaditi gli obiettivi della convenzione di Rio sui cambiamenti climatici, tendenti a stabilizzare le concentrazioni dei gas serra nell’atmosfera e ribadita la necessità di ratificare il protocollo di Kyoto. UN BILANCIO: Tra le risoluzioni approvate a Johannesburg solo alcune costituiscono veri e propri nuovi accordi che impegnano gli stati; le altre risoluzioni ribadiscono semplicemente impegni già presi in passato, oppure sono solo raccomandazioni, la cui attuazione è lasciata alla buona volontà dei governi. RIO + 20 (2012) Nel 2009, l’AG delle NU decide di organizzare per il 2012 la conferenza sullo sviluppo sostenibile (UNCSD), denominata anche Rio +20, in quanto a 20 anni di distanza dal vertice della terra di Rio de Janeiro. La conferenza, che si svolge nel giugno 2012 a Rio, ha l’obiettivo generale di rinnovare l’impegno politico per lo sviluppo sostenibile e verificare lo stato di attuazione degli impegni internazionali assunti negli ultimi due decenni. LA DEFINIZIONE DI NUOVI OBIETTIVI I governi presenti a RIO+20 si impegnano ad avviare processi intergovernativi per promuovere l’attuazione dello sviluppo sostenibile e per definire nuovi obiettivi globali di sviluppo sostenibile, i “Sustainable Development Goals”, nell’ambito dell’Agenda post 2015. Si definisce un quadro strategico internazionale sullo sviluppo sostenibile per proseguire il percorso successivo agli obiettivi del millennio. IL GRUPPO DI LAVORO INTERGOVERNATIVO Allo scopo di definire i nuovi obiettivi, come previsto nel documento finale della conferenza Rio+20, è istituito un gruppo di lavoro intergovernativo (Open Working Group on sustainable development goals link) incaricato di formulare proposte concrete per la definizione degli obiettivi di sviluppo sostenibile. IL FORO POLITICO DI ALTO LIVELLO A Rio +20 si decide l’istituzione di un foro politico di alto livello (High level political forum HLPF) per monitorare l’attuazione degli impegni globali in tema di sviluppo sostenibile fornendo leadership politica nella promozione dello sviluppo sostenibile. Infine, a Rio +20 è adottato un quadro programmatico decennale in tema di modelli di produzione e consumo sostenibili. IL DOCUMENTO CONCLUSIVO APPROVATO A RIO “The future we want” (link) Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 32 THE FUTURE WE WANT 1. We, the Heads of State and Government and high-level representatives, having met at Rio de Janeiro, Brazil, from 20 to 22 June 2012, with the full participation of civil society, renew our commitment to sustainable development and to ensuring the promotion of an economically, socially and environmentally sustainable future for our planet and for present and future generations. 2. Eradicating poverty is the greatest global challenge facing the world today and an indispensable requirement for sustainable development. In this regard we are committed to freeing humanity from poverty and hunger as a matter of urgency. 3. We therefore acknowledge the need to further mainstream sustainable development at all levels, integrating economic, social and environmental aspect sand recognizing their interlinkages, so as to achieve sustainable development in all its dimensions. 4. We recognize that poverty eradication, changing unsustainable and promoting sustainable patterns of consumption and production and protecting and managing the natural resource base of economic and social development are the overarching objectives of and essential requirements for sustainable development. We also reaffirm the need to achieve sustainable development by promoting sustained, inclusive and equitable economic growth, creating greater opportunities for all, reducing inequalities, raising basic standards of living, fostering equitable social development and inclusion, and promoting integrated and sustainable management of natural resources and ecosystems that supports, inter alia, economic, social and human development while facilitating ecosystem conservation, regeneration and restoration and resilience in the face of new and emerging challenges. 5. We reaffirm our commitment to make every effort to accelerate the achievement of the internationally agreed development goals, including the Millennium Development Goals by 2015. 6. We recognize that people are at the centre of sustainable development and in this regard we strive for a world that is just, equitable and inclusive, and we commit to work together to promote sustained and inclusive economic growth, social development and environmental protection and thereby to benefit all. 7. We reaffirm that we continue to be guided by the purposes and principles of the Charter of the United Nations, with full respect for international law and its principles. 8. We also reaffirm the importance of freedom, peace and security, respect for all human rights, including the right to development and the right to an adequate standard of living, including the right to food, the rule of law, gender equality, women’s empowerment and the overall commitment to just and democratic societiesfor development. 9. We reaffirm the importance of the Universal Declaration of Human Rights, as well as other international instruments relating to human rights and international law. We emphasize the responsibilities of all States, in conformity with the Charter of the United Nations, to respect, protect and promote human rights and fundamental freedoms for all, without distinction of any kind as to race, colour, sex, language, religion, political or other opinion, national or social origin, property, birth, disability or other status. 10. We acknowledge that democracy, good governance and the rule of law, at the national and international levels, as well as an enabling environment, are essential for sustainable development, including sustained and inclusive economic growth, social development, environmental protection and the eradication of poverty and hunger. We reaffirm that to achieve our sustainable development goals we need institutions at all levels that are effective, transparent, accountable and democratic. 11. We reaffirm our commitment to strengthen international cooperation to address the persistent challenges related to sustainable development for all, in particular in developing countries. In this regard, we reaffirm the need to achieve economic stability, sustained economic growth, promotion of social equity and protection of the environment, while enhancing gender equality, women’s empowerment and equal opportunities for all, and the protection, survival and development of children to their full potential, including through education. 12. We resolve to take urgent action to achieve sustainable development. We therefore renew our commitment to sustainable development, assessing the progress to date and the remaining gaps in the implementation of the outcomes of the major summits on sustainable development and addressing new and emerging challenges. We express our determination to address the themes of the United Nations Conference on Sustainable Development, namely, a green economy in the context of sustainable development and poverty eradication, and the institutional framework for sustainable development. 13. We recognize that opportunities for people to influence their lives and future, participate in decision-making and voice their concerns are fundamental for sustainable development. We underscore that sustainable development requires concrete and urgent action. It can only be achieved with a broad alliance of people, governments, civil society and the private sector, all working together to secure the future we want for present and future generations. Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 35 Una politica c.d. “di comando e controllo” è una politica che impone un obbligo e dopo un controllo che tale obbligo venga rispettato. Ammettere il ricorso a strumenti economici e fiscali vuol dire ricorrere ad una politica diversa e cioè l’idea che attraverso un incentivo o disincentivo modifico la volontà degli agenti perché attuino certi comportamenti (es. di politica di comando e controllo divieto di circolazione a Milano superata una certa soglia di polveri sottili; divieti alle auto che avevano una targa pari/dispari). ECOPASS dà un disincentivo ad entrare nel centro di Milano in macchina perché costringe ad un pagamento: la differenza fondamentale è che, mentre dando un disincentivo non si sa come reagiranno gli agenti perché non c’è un limite di accesso ad un determinato numero di auto, con una politica di controllo si determinerebbe un numero determinato di accessi e si potrebbe controllare meglio il tutto. ü Strumento di regolamentazione diretta: il controllo= certezza di quante esternalità verranno create ü Strumento di regolazione indiretta: il disincentivo= possibilità di calibrare male come gli agenti reagiranno di fronte ai sussidi IL CONSIGLIO EUROPEO SULL’AMBIENTE (1990) Il CE sull’ambiente di Dublino nel 1990 sottolinea che la comunità EU deve svolgere dei negoziati per la risoluzione dei problemi ambientali internazionali (effetto serra e assottigliamento dello strato di ozono, cambiamento climatico, salvaguardia della biodiversità). Nel 1990 è pubblicato il libro verde sull’ambiente urbano che presenta le azioni necessarie per migliorare la qualità della vita nei luoghi ove risiede oltre il 75% della popolazione europea. IL TRATTATO DI MAASTRICHT Con questo trattato, firmato il 7 febbraio 1992 ed entrato in vigore nel novembre 1993, la protezione dell’ambiente riceve un posto formale tra gli obiettivi della CE, all’articolo 2 del trattato sulla comunità Europea: ü La comunità ha i compito di promuovere, mediante l’instaurazione di un mercato comune e di un’unione economica e monetaria mediante l’attuazione delle politiche e delle azioni comuni, uno sviluppo armonioso ed equilibrato delle attività economiche nell’insieme della comunità, una crescita sostenibile, non inflazionistica e dei risultati economici, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà tra gli stati membri. La protezione dell’ambiente guadagna lo status di politica comunitaria; l’Unione deve mirare ad un elevato livello di tutela e deve correggere alla fonte i danni causati all’ambiente, insistendo sull’importanza dell’azione preventiva ed applicando il principio di “chi inquina paga”. IL QUINTO PIANO DI AZIONE AMBIEMTALE PER UNO SVILUPPO DUREVOLE E SOSTENIBILE (1992) Il quinto programma d’azione a favore dell’ambiente rappresenta la concretizzazione del nuovo impegno comunitario e costituisce un ulteriore evoluzione della politica ambientale. Il fine di questo programma è rendere operativi gli accordi firmati a Rio e uniformarsi alle strategie di intervento specificate nell’Agenda 21. Il programma richiede: ü L’integrazione delle scelte e degli obiettivi di tutela ambientale nelle altre politiche. ü La compartecipazione e condivisione di responsabilità ü L’ampliamento degli strumenti d’azione a favore dell’ambiente affiancando ai caratteristici sistemi di regolazione diretta legislativa e amministrativa (command and control) basati su sanzioni, misure di tipo economico (tasse, imposte, sussidi, accordi volontari). ü Il cambiamento dei modelli di consumo e di produzione ü La cooperazione internazionale nel quadro delle indicazioni provenienti dall’Agenda 21. ECOLABEL Nel 1992 è istituito un marchio comunitario di qualità ecologica, Ecolabel, in cui logo è una margherita. Si tratta di un sistema di certificazione di prodotti e servizi attestante la compatibilità con l’ambiente (ed in particolare il basso inquinamento delle acque e atmosferico, il basso livello di emissione di gas ad effetto serra e il basso impiego di energia elettrica) effettuato su richiesta dei fabbricanti o degli eventuali importatori e che consente ai consumatori di identificare prodotti e servizi più rispettosi dell’ambiente. IL PROGRAMMA LIFE Il programma LIFE, istituito nel 1992, è o strumento finanziario dell’UE per il supporto alla politica ambientale comunitaria. IL REGOLAMENTO EMAS Il sistema europeo EMAS (Enviromental Management And Audit Scheme), emanato con regolamento comunitario nel 1993 (e aggiornato nel 2001) è espressione del nuovo indirizzo di politica ambientale dell’UE. EMAS rientra tra gli strumenti volontari attivati nell’ambito del V programma d’azione a favore dell’ambiente. Scopo prioritario dell’EMAS è contribuire alla realizzazione di uno sviluppo economico sostenibile, ponendo in rilievo il ruolo e le responsabilità delle imprese. Il regolamento EMAS richiede un impegno volontario dall’impresa al miglioramento continuo delle proprie prestazioni ambientali, mediante l’adozione di un sistema di gestione ambientale (SGA) per controllare tutte le attività che hanno un impatto sull’ambiente. Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 36 L’impresa che aderisce ad EMAS deve redigere la dichiarazione ambientale e sottoporsi ad un esame da parte di verificatori ambientali accreditati. L’impresa che ottiene la registrazione EMAS riceve un riconoscimento pubblico che ne conferma la qualità ambientale e garantisce l’attendibilità delle informazioni relative alla sua performance ambientale. Si tratta di due strumenti volontari: norme a regolazione diretta, norme che disincentivano certi comportamenti + norme non obbligatorie per tutti che però permettono ai consumatori di conoscere un prodotto e la responsabilità ambientale delle aziende. L’AGENZIA EUROPEA DELL’AMBIENTE Nel 1994 inizia la sua attività l’agenzia europea dell’ambiente (istituita nel 1990). Il suo compito è raccogliere e divulgare dati sulla situazione e l’evoluzione dell’ambiente a livello europeo. LA CARTA DELLE CITTÀ EUROPEE PER UN MODELLO URBANO SOSTENIBILE (1994) Nle 1994 ad Aalborg (Danimarca) ha luogo la I conferenza EU sulle città sostenibili e viene firmata la carta di Aalborg con cui le città e le regioni europee si impegnano: ü Ad attuare l’Agenda 21 a livello locale; ü Ad elaborare piani d’azione a lungo termine per uno sviluppo durevole e sostenibile; ü A promuovere, nelle rispettive collettività, il consenso sull’Agenda 21 a livello locale. IL TRATTATO DI AMSTERDAM (1997) Il concetto di sviluppo sostenibile, inserito nella legislazione dell’UE nel trattato di Maastricht, diventa con il trattato di Amsterdam uno degli obiettivi prioritari dell’UE. Il nuovo trattato del 1997 (entrato in vigore nel 1999) prevede l’integrazione della tutela ambientale nella definizione e attuazione di tutte le altre politiche economiche e sociali dell’Unione, segnando l’inizio d un’azione comunitaria orizzontale. L’articolo 2 del trattato di Amsterdam afferma che: “la comunità ha il compito di promuovere nell’insieme della comunità, mediante l’instaurazione di un mercato comune e di un’unione economica e monetaria, mediante l'attuazione delle politiche e delle azioni comuni di cui agli articoli 3 e 3 A, uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, la parità tra uomini e donne, una crescita sostenibile e non inflazionistica, un alto grado di competitività e di convergenza dei risultati economici, un elevato livello di protezione dell'ambiente ed il miglioramento della qualità di quest'ultimo, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà tra Stati membri.» I PRINCIPI IN MATERIA MABIENTALE DEL TRATTATO DI AMSTERDAM 1. Il principio di precauzione 2. Il principio dell’azione preventiva 3. Il principio di correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati sull’ambiente 4. Il principio di “chi inquina paga” IL CONSIGLIO EUROPEO DI LISBONA (2000) Il nuovo approccio trasversale e integrato dalla politica ambientale è confermato dalla strategia di sviluppo elaborata dal consiglio europeo di Lisbona del 2000. L’obiettivo strategico per il nuovo decennio è “diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo”, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale. LA CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA (2000) Durante il consiglio europeo di Nizza è approvata la Carta dei diritti fondamentali dell’UE, che garantisce i diritti fondamentali a tutti i cittadini degli stati facenti parte dell’Unione. Nel Preambolo della Carta, infatti, figura tra gli obiettivi comunitari quello di promuovere uno sviluppo equilibrato e sostenibile". All'art. 37 della stessa viene affermato che "un elevato livello di tutela dell'ambiente e il miglioramento della sua qualità devono essere integrati nelle politiche dell'Unione e garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile". IL SESTO PROGRAMMA D’AZIONE A FAVORE DELL’AMBIENTE Il sesto programma d’azione a favore dell’ambiente “Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta” definisce le priorità della comunità europea fino al 2010. Il programma sottolinea la necessità di operare con il mercato, di coinvolgere i cittadini, di sviluppare un mercato più ecologico, rendendo i prodotti maggiormente compatibili con l’ambiente nell’arco dell’intero ciclo di vita, di migliorare l’applicazione della legislazione ambientale. Il sesto programma d’azione per l’ambiente considera quanto settori primari: ü Il cambiamento climatico ü La diversità biologica ü L’ambiente e la salute ü La gestione sostenibile delle risorse e dei rifiuti Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 37 IL CONSIGLIO EUROPEO A GOTEBORG Nel 2001 a Goteborg l’UE approva una strategia sostenibile che integra l’impegno politico dell’UE per il rinnovamento economico e sociale aggiungendo alla strategia di Lisbona una terza dimensione, quella ambientale. Lo sviluppo sostenibile richiede soluzioni globali. In particolare, l’UE dovrebbe promuovere le questioni di governo mondiale dell’ambiente. L’Unione si impegna a fare dello sviluppo sostenibile un obiettivo della cooperazione bilaterale allo sviluppo e di tutte le organizzazioni internazionali e agenzie specializzate. Il consiglio di Goteborg individua una serie di obiettivi e misure come orientamento generale per il futuro sviluppo di politiche in quattro settori prioritari: ü Cambiamenti climatici ü Si riafferma l’impegno ci conseguire gli obiettivi di Kyoto, riconoscendo che però il protocollo di Kyoto è solo una prima tappa. TRASPORTI Una politica sostenibile in materia di trasporti dovrebbe affrontare i volumi di traffico e livelli di congestione, rumore e inquinamento crescenti e promuovere l’impiego di modi di trasporto rispettosi dell’ambiente nonché la piena internalizzazione dei costi sociali e ambientali. È necessario intervenire per operare una scissione significativa tra crescita dei trasporti e crescita del PIL, in particolare passando dai trasporti su strada ai trasporti su rotaia e su vie navigabili e ai trasporti pubblici di passeggeri. SANITÀ PUBBLICA L’UE deve rispondere alle preoccupazioni dei cittadini in merito alla sicurezza e alla qualità dei prodotti alimentari, all’utilizzazione delle sostanze chimiche e ai temi relativi alle epidemie di malattie infettive e alla resistenza agli antibiotici. RISORSE NATURALI Occorre modificare la relazione tra crescita economica, consumo di risorse naturali e produzione di rifiuti. La forte crescita economica deve andare di pari passo con un utilizzo delle risorse naturali e una produzione di rifiuti che siano sostenibili, salvaguardando la biodiversità, preservando gli ecosistemi ed evitando la desertificazione. L’UE E IL PROTOCOLLO DI KYOTO Con la decisione del consiglio del 25 aprile 2002 l’UE ratifica il protocollo di Kyoto. Con tale decisione, l’impegno europeo alla riduzione dell’8%diventa giuridicamente vincolante. I contributi alla riduzione delle emissioni sono articolati in obiettivi nazionali differenziati fra gli Stati membri in considerazione delle aspettative di crescita economica, della situazione energetica e della struttura industriale di ciascuno. Gli obiettivi nazionali sono i seguenti: Per il primo periodo di adempimento del protocollo ci sono dei vincoli di riduzione differenziati tra paesi guardando alle responsabilità storiche e alla disponibilità tecnologica che permettono a molti paesi di ridurre le emissioni di gas serra senza contrastare altri obiettivi dell’UE, ma altri paesi come spagna, Grecia e portogallo aumentano in modo rilevante le loro emissioni = in ogni caso, il risultato complessivo per l’UE sarebbe stato quello di ridurre le emissioni dell’8% rispetto al 1990. L’UE ispirata da quel modello che non entrava in vigore ha introdotto: IL SISTEMA EUROPEO DI EMISSION TRADING Il protocollo di Kyoto prevede dispositivi flessibili per favorire il raggiungimento degli obiettivi, che risulterebbero altrimenti eccessivamente costosi per i paesi dell’UE. La direttiva 2003/87/EC sull’Emission Trading istituisce un sistema di scambio di quote di emissioni di gas effetto serra all’interno dell’UE (European Union Emissions Trading scheme. EU-ETS) ispirandosi al sistema IET (International Emission Trading). Questo meccanismo non ha funzionato bene e la dinamica di questi permessi non ha costituito un rilevante incentivo ad abbattere perché l’allocazione di tipo gratuito e i miglioramenti delle tecnologie hanno causato la flessione dei prezzi dei permessi. 4/11 SISTEMI DI REGOLAZIONE DIRETTA E INDIRETTA Un sistema, se ben controllato e sanzionati gli inadempienti, prevede delle norme e da delle certezze riguardo il risultato (regolazione diretta) si controlla che gli agenti rispettino quel livello. Un sistema di regolazione indiretta invece crea incentivi e disincentivi e si dovrebbe avere la certezza di conoscenza di un determinato livello. Certamente, saranno più incentivati a ridurre le emissioni quelli che riescono a farlo in misura più economica, non obbligando tutti ad uno stesso standard ma permette agli agenti di agire dove è meno costoso farlo, quindi è un sistema di costi-efficacia. Perché il sistema di regolazione diretta ha un beneficio in termini di costi-efficacia? Perché lo standard obbliga tutti al rispetto di una regola, indipendentemente dal fatto che sia molto o poco costoso attenersi a quella regola. Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 40 L’UE e i suoi Stati membri sono la prima grande economia che comunica all’UNFCCC gli IND Cper il nuovo accordo globale sul clima. Il 13 luglio 2015 il Consiglio adotta una decisione che consente all’UE di ratificare l’emendamento di Doha, che istituisce il secondo periodo di adempimento del protocollo di Kyoto. L’UE si impegna per raggiungere un accordo ambizioso, giuridicamente vincolante, per mantenere il riscaldamento globale al di sotto di2ºC. Nella sessione del 10 novembre 2015 il Consiglio Economia e finanza(ECOFIN) riconosce l’importanza dei finanziamenti per il clima quale mezzo per conseguire l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale al disotto dei 2°C e realizzare la transizione verso economie sostenibili, resilienti ai cambiamenti climatici e a basse emissioni di gas a effetto serra. L’obiettivo è mobilitare, entro il 2020,100miliardi di dollari all’anno da parte dei paesi sviluppati perché si conviene che saranno necessarie considerevoli risorse per aiutare i paesi in via di sviluppo ad affrontare in modo opportuno i cambiamenti climatici. LA CONFERENZA ONU SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI A PARIGI Dal 30 novembre al 12 dicembre 2015 si svolge a Parigi la conferenza sul clima. Si tratta della 21ªsessione della conferenza delle parti (COP 21)della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e della 11ª sessione della riunione delle parti del protocollo di Kyoto (CMP11). Le delegazioni di circa 150 paesi si incontrano per negoziare un nuovo accordo, globale e giuridicamente vincolante, sui cambiamenti climatici. Qui l’approccio seguito è diverso da quello di Kyoto: ogni paese ha presentato cosa intende fare per il suo futuro ma questi impegni non sono in sintonia con l’obiettivo dell’accordo di Parigi. I PASSI VERSO LA RATIFICA Il Consiglio europeo sottolinea la necessità che l’Unione europea e i suoi Stati membri ratifichino l’accordo di Parigi al più presto, per esserne parti fin dall’entrata in vigore. Sottolinea inoltre l’impegno dell’UE di ridurre le emissioni di gas a effetto serra a livello interno e ad aumentare la quota di energie rinnovabili e migliorare l’efficienza energetica. VERSO L’ENTRATA IN VIGORE Il Consiglio Ambiente decide di procedere alla ratifica a livello di UE. Gli Stati membri possono ratificare congiuntamente all’UE nel caso in cui abbaino completato le loro procedure nazionali, o successivamente non appena possibile.n Il 5 ottobre 2016 l’UE ratifica l’accordo di Parigi che entra in vigore già il 4 novembre 2016.n Questo successo è reso possibile dal raggiungimento delle due condizioni per l’entrata IN VIGORE: la prima condizione è soddisfatta (con la ratifica di60 Parti) il 21 settembre, in occasione di un evento convocato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon presso la sede delle Nazioni Unite, in cui i leader di tutto il mondo sono invitati a depositare i propri strumenti di ratifica.n la seconda condizione è raggiunta è il 5 ottobre; grazie alle ratifiche dell’Unione Europea e di diversi suoi stati membri(Austria, Francia, Germania, Malta, Ungheria, Portogallo, Slovacchia), della Bolivia, del Canada e del Nepal si raggiunge la copertura del 58,82% delle emissioni globali di gas serra. Conclusioni del consiglio dopo la decisione dell’amministrazione usa di recedere dall’accordo di parigi Il Consiglio esprime rammarico perla decisione unilaterale dell’amministrazione statunitense di Trump di recedere dall’accordo di Parigi ed accoglie con favore le numerose e forti dichiarazioni di impegno nei confronti dell’accordo sia da parte delle grandi economie che dei piccoli Stati insulari. Si tratta di un accordo multilaterale senza precedenti per affrontare un problema globale e richiede una responsabilità collettiva nei confronti dell’intero pianeta per la generazione attuale e quelle future e l’impegno ad agire di conseguenza. CONCLUSIONI DEL CONSIGLIO IN VISTA DI COP23 Secondo il Consiglio l’accordo di Parigi è idoneo allo scopo e non può essere rinegoziaton Il Consiglio ribadisce che UE e i suoi Stati membri restano uniti e assolutamente impegnati nella rapida attuazione dell’accordo di Parigi, rammentando la particolare responsabilità delle grandi economie, che rappresentano circa l’80%delle emissioni mondiali. Gli obiettivi stabiliti dall’accordo sul quadro per le politiche dell’energia e del clima 2020-2030 Con l’accordo sul quadro a orizzonte 2030, il consiglio europeo approva diversi importanti obiettivi poi rivisti al rialzo nel 2018. GLI OBIETTIVI DEL QUADRO AL 2030 ü Una riduzione almeno del 40% delle emissioni di gas ad effetto serra (rispetto ai livelli del 1990); ü Una quota almeno del 32% di energia rinnovabile; ü Un miglioramento almeno del 32,5% dell’efficienza energetica. I BENEFICI ü Progredire verso un sistema a basse emissioni di carbonio; ü Assicurare energia a prezzi accessibili a tutti i consumatori; ü Rendere più sicuro l’approvvigionamento energetico dell’UE; ü Ridurre la dipendenza europea dalle importazioni di energia; ü Creare nuove opportunità di crescita e posti di lavoro. I PIANI NAZIONALI Gli stati membri sono tenuti ad adottare piani nazionali integrati per il clima e l’energia nel periodo 2020-2030. Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 41 UN BILANCIO Gli obiettivi del pacchetto 20 20 20 sono stati raggiunti: le emissioni fra il 1990 ed il 2019 si sono ridotte del 23% in presenza di una rilevante crescita economica.n Obiettivi più ambiziosi sono stati fissati per il 2030 e alla fine del 2019 i 27 Stati membri hanno inviato i Piani energetici e climatici, per il periodo 2021-2030, con il loro contributo al raggiungimento degli obiettivi alla Commissione che, in base a tali piani, stima per il 2030 una quota di energie rinnovabilial33%, una crescita dell’efficienza energetica con un risparmio del 30%, una riduzione del 41% delle emissioni di gas a effetto serra. IL GREEN DEAL La Commissione presenta nel dicembre 2019 il Green Deal europeo, impegnando si a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Questi i passi: ü Marzo 2020: La Commissione propone una normativa europea sul clima per trasformare in legislazione vincolante l’obiettivo della neutralità climatica entro il2050. ü Settembre 2020: La Commissione propone un nuovo obiettivo di riduzione delle emissioni nette di almeno il55% entro il 2030 a livello dell’UE, proponendo di inserirlo nella normativa europea sul clima. ü Dicembre 2020: I leader europei approvano l’obiettivo proposto dalla Commissione di ridurre le emissioni nette di almeno il 55% entro il 2030 ü Aprile 2021: Il Parlamento europeo e gli Stati membri raggiungono un accordo politico sulla normativa europea sul clima. ü Giugno 2021: Entra in vigore la normativa europea sul clima. ü Luglio 2021: La Commissione presenta un pacchetto di proposte per trasformare l’economia europea al fine di raggiungere gli obiettivi climatici per il 2030.IlParlamento europeo e gli Stati membri negoziano e adottano un pacchetto legislativo per raggiungere gli obiettivi climatici per il 2030. ü 2030: L’UE si è impegnata a ridurre le emissioni di almeno il 55% rispetto ai livelli del 1990. ü 2050: L’UE diventerà il primo continente a impatto climatico zero. Il Green Deal promuove l’uso efficiente delle risorse per arrivare ad un’economia pulita e circolare, fermare il cambiamento climatico, invertire la perdita di biodiversità e ridurre l’inquinamento. Nel piano sono considerati gli investimenti necessari e gli strumenti di finanziamento disponibili per garantire una transizione giusta e inclusiva in tutti i settori dell’economia. Per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica è necessario: ü Investire in tecnologie rispettose dell’ambiente; ü Sostenere l’innovazione delle industrie; ü Introdurre forme di trasporto pubblico e privato più pulite, più economiche e più sane; ü De-carbonizzare il settore energetico; ü Garantire edifici più efficienti dal punto di vista energetico. I VANTAGGI DEL GREEN DEAL EUROPEO Il Green Deal europeo accrescerà il benessere e migliorerà la salute dei cittadini e generazioni future, offrendo: ü Aria e acqua pulite, un suolo sano e biodiversità; ü Edifici rinnovati ed efficienti dal punto di vista energetico; ü Cibo sano e a prezzi accessibili; ü Più trasporti pubblici; ü Energia più pulita e innovazione tecnologica pulita d’avanguardia; ü Prodotti che durano più a lungo, che possono essere riparati, riciclati e riutilizzati; ü Posti di lavoro adeguati alle esigenze future: formazione delle competenze per la transizione; ü Un’industria competitiva e resiliente a livello globale. FIT FOR 55 L’obiettivo di ridurre le emissioni del 55% rispetto al1990 entro il 2030 richiede una revisione profonda delle politiche energetiche e climatiche dell’Unione europea. Tale revisione è contenuta nel pacchetto “Fit for 55”adottato dalla Commissione il 14 luglio 2021. L’aumento dell’efficienza energetica è una priorità e un contributo fondamentale del risparmio energetico dovrà venire dagli edifici per il cui efficientamento potranno essere utilizzati i fondi del Recovery Plan. Il contributo di fonti rinnovabili al mix energetico deve arrivare al 40% per il 2030 confidando sulla riduzione del loro costo (nel 2019 solare ed eolico nella UE hanno superato il carbone nella produzione di elettricità). Si rivede il sistema di scambio delle emissioni con un incremento della percentuale di riduzione e un ampliamento dei settori inclusi (trasporti terrestri ed edifici). La progressiva riduzione delle emissioni di CO2 deve riguardare anche auto e furgoni (emissioni zero nel2035). Si propone un Carbon Border Adjustment Mechanism, cioè una carbon tax sulle importazioni di cemento, ferro, acciaio, alluminio, fertilizzanti e elettricità per proteggere questi settori dalla concorrenza di produttori non soggetti agli standard ambientali europei ed evitare la delocalizzazione di certe produzioni verso nazioni con standard ambientali meno stringenti. Il pacchetto riguarda anche una revisione del Regolamento sull’uso dei terreni e delle foreste che possono contribuire alla variazione delle emissioni del Regolamento Effort Sharing per la riduzione delle emissioni nei settori non coperti dal sistema di scambio delle emissioni. Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 42 LA MISURAZIONE DELLA SOSTENIBILITÀ Affrontiamo adesso un problema che riguarda la necessità di avere degli indicatori che permettano di avere una risposta sulla correttezza delle politiche implementate, per misurare la traiettoria dei paesi e valutare se possa essere considerata una traiettoria sostenibile. Abbiamo tanti indicatori che ci possono fornire delle risposte e valutare la capacità di accesso ad alcuni bisogni, ma bisogna fare attenzione al funzionamento degli ecosistemi e bisogna partire dalla consapevolezza di un obiettivo ambizioso perché la sostenibilità è di per sé un concetto molto ambizioso e quindi per misurarla bisogna superare alcune complessità. Il concetto di sostenibilità comprende variabili economiche, sociali e ambientali; osserviamo che c’è bisogno anche di un “limitatore” di tipo dinamico perché l’idea di sostenibilità dipende da come il passato influisce sul presente e di come il presente influisce sul futuro, per cui abbiamo bisogni di indicatori che devono valutare se le nostre azioni pregiudichino o meno il futuro. LA PREOCCUPAZIONE PER LA CRESCITA DEMOGRAFICA Nel 1968 la pubblicazione del libro “The population bomb” (Ehrlich P. R) pone l’attenzione sul rilevante impatto ambientale determinato dall’esplosione delle nascite, stimolando la prima conferenza delle NU sulla popolazione, tenutasi a Bucarest nel 1974, ed evidenziando la necessità di limiti al consumo delle risorse. LA VALUTAZIONE DELLA CAPACITÀ DI CARICO Si inizia a discutere della capacità di carico del nostro pianeta. La capacità di carico è la massima popolazione di una data specie che un ambiente può supportare (fornendo cibo, habitat, acqua, e altre risorse necessarie) nel lungo periodo. Si è arrivati anche a cercare di stimare la capacità di carico demografico del nostro pianeta. Secondo gli esperti che hanno analizzato lo stato del pianeta e il ritmo attuale di consumo delle risorse (terreno fertile, acqua, risorse forestali, specie animali, risorse ittiche) la popolazione umana entro il 2035 avrà un consumo pari a due volte la capacità del pianeta terra. Qual è l’impatto della popolazione sul pianeta? LA PRESSIONE UMANA Le attività umane comportano: ü Perdita, frammentazione o trasformazione di habitat, specialmente per scopi agricoli; ü Sovra sfruttamento delle specie, principalmente per attività venatorie e di pesca; ü Inquinamento; ü Diffusione di specie o geni invasivi; ü Cambiamenti climatici. È vero che l’attività umana non solo ha compromesso l’utilizzo di alcune zone, ne ha frammentate tante altre e ha distrutto gli habitat naturali; caccia e pesca sono state regolamentate per limitare il sovra sfruttamento di alcune specie di animali. La globalizzazione ha aumentato la diffusione di geni (epidemia da covid) ma la pressione umana influisce sull’ambiente anche in particolare per i rilevanti cambiamenti climatici che l’uomo ha causato e tutti questi aspetti implicano dei cambiamenti negli ecosistemi. I CAMBIAMENTI CLIMATICI L’habitat naturale risulta alterato o frammentato a causa dalla sua conversione per colture, pascoli, acquacoltura, uso industriale e urbano. I sistemi fluviali vengono alterati dalle dighe, dall’uso irriguo, dalla produzione di energia idroelettrica. Gli ecosistemi marini, in particolare i fondali, subiscono un degrado fisico a causa della pesca a strascico. Il sovra sfruttamento delle popolazioni di specie selvatiche, in conseguenza dell’uccisione di animali e della raccolta di piante a scopo alimentare, materiali o medicine, avviene a una velocità superiore alla capacità riproduttiva delle popolazioni. Il sovra sfruttamento costituisce la minaccia principale per la biodiversità marina; la pesca eccessiva ha devastato molti stock ittici di interesse commerciale. Il sovra sfruttamento costituisce una grave minaccia anche per molte specie terrestri. Il prelievo eccessivo di legname e legna da arder e ha portato alla perdita delle foreste e delle popolazioni di animali e piante a esse associate. Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 45 Osserviamo che all’estinzione di una risorsa sono correlate altre estensioni di specie collegate; quindi, questi indicatori sono molto ricchi ma non risolvono il problema. ALCUNE OSSERVAZIONI SUGLI INDICATORI AMBIENTALI Gli insiemi di indicatori ambientali sono molto importanti perché forniscono informazioni precise su singoli aspetti, ma nella valutazione della sostenibilità presentano alcuni problemi: ü Non forniscono informazioni riguardo la gerarchia tra gli indicatori ü Non forniscono informazioni riguardo la loro relazione con la sostenibilità ü Consentono comparazioni nel tempo e tra paesi solo in relazione a singoli aspetti INDICI DI BENESSERE SOSTENIBILE L’obiettivo è integrare nel PIL gli aspetti ecologici e sociali non monetizzati e contabilizzati in modo appropriato. ISEW L’indice di benessere economico sostenibile (ISEW, acronimo di Index Of Sustainable Economic Welfare) è proposto da Daly e Cobb (For the common good, 1989). La valutazione del benessere economico sostenibile è effettuata a partire dai consumi individuali ponderati con un indice relativo alla distribuzione del reddito. A questo valore viene aggiunta una stima del valore dei servizi resi dai beni di consumo durevoli, non conteggiati nel consumo individuale, e dal lavoro domestico non retribuito, di quella parte di spesa pubblica considerata non difensiva. Il nostro benessere dipende gran parte dai beni non durevoli ma anche da quelli durevoli, allora è ben diversa la situazione di benessere di persone in cui una ha un patrimonio di beni durevoli e l’altra non ce l’ha. Si tratta di beni che durano nel tempo e che presteranno i loro servizi per un determinato arco temporale. Vengono quindi considerati gli aspetti negativi della crescita e perciò sottratti i costi del pendolarismo, dell’urbanizzazione, degli indicenti stradali, quelli derivanti dal peggioramento della qualità dell’aria, dell’acqua, dell’inquinamento acustico, dalla perdita delle zone umide, dalla perdita di produttività dei terreni agricoli, il reddito necessario a compensare le generazioni future per la riduzione delle risorse energetiche non rinnovabili e i costi ambientali di lungo periodo, quali quelli dipendenti dall’effetto serra, dal buco dell’ozono e dall’accumularsi delle scorie radioattive. Dobbiamo cercare di quantificare come la crescita dell’urbanizzazione e dell’industrializzazione impatta sugli ecosistemi, considerando anche l’attività umana che incide sulla modificazione dei territori agricoli. In un’ottica di sostenibilità quanto noi dovremmo trasmettere alle generazioni future di quello che consideriamo il nostro patrimonio e che stiamo in parte deteriorando? Gli autori, inoltre, dell’ISEW introducono una valutazione della sostenibilità anche in relazione ai mercati internazionali con una componente che rappresenta il saldo tra investimenti all’estero ed investimenti esteri all’interno. GPI L’ISEW viene ulteriormente sviluppato ad opera del gruppo denominato “Redifining Progess” (The genuine progress indicator: summary of data and methodology, 1995) al fine di ottenere un indicatore di “genuine progress” (GPI). In questo indicatore risultano ancora prioritarie la considerazione dell’equità nella distribuzione e la distinzione tra le transazioni incluse nel PIL che aumentano il benessere e quelle che lo diminuiscono. Viene così aggiunto al PIL il valore del lavoro svolto ma non retribuito, come quello all’interno della famiglia e nelle attività di volontariato, i servizi dei beni durevoli e delle infrastrutture, e sottratte le spese per la protezione dei crimini, per indicenti stradali, i costi sociali che derivano da divorzi; vengono inoltre contabilizzate le variazioni nel tempo libero, lo sfruttamento delle risorse naturali e dei beni ambientali e l’impiego del capitale estero. PIL / ore lavorate x ore lavorate/ popolazione à il PIL pro-capite Si potrebbe avere lo stesso PIL pro-capite con una riduzione di ore lavorate ma aumento concentrato della produzione; quindi, si potrebbe fare un confronto tra paesi che possono avere lo stesso PIL pro-capite ma con ore lavorate molto diverse. Se il PIL pro-capite può essere uguale anche con ore lavorate differenti, bisogna considerare se il PIL pro-capite implica diverse quantità di tempo libero: in certi casi alcune persone migliorano il loro benessere avendo più tempo libero, quindi bisogna contabilizzare le varie azioni fatte nel tempo libero per contabilizzare in modo corretto il benessere. In questo indicatore di progresso genuino bisogna considerare la condizione del patrimonio (idea di ricchezza come fondo e flusso) e il prodotto è un flusso ma la stessa produzione può incidere sulla situazione patrimoniale. PIL E GPI A CONFRONTO Costi ignorati dal PIL e considerati dal GPI Considerazione degli aspetti economici ü Aggiustamento per ineguale distribuzione del reddito ü Credito/debito estero ü Costo dei beni durevoli Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 46 Considerazione degli aspetti sociali ü Crimini ü Incidenti ü Pendolarismo ü Separazioni familiari ü Perdita di tempo libero ü disoccupazione Considerazione degli aspetti ambientali ü Inquinamento (aria acqua, suolo, rumore) ü Perdita di aree umide e terreno agricolo ü Consumo di risorse non rinnovabili ü Danni ambientali a lungo termine ü Perdita della fascia di ozono ü Perdita di foresta vergine Aspetti positivi (benefici) nel GPI non considerati dal PIL ü Lavoro domestico e cura dei figli ü Volontariato ü Servizi derivanti dal possesso di beni durevoli ü Servizi offerti dalla rete di trasporto INTEGRAZIONE DELLE VARIABILI AMBIENTALI NELLA CONTABILITÀ NAZIONALE La necessità di quantificare l’impatto ambientale della produzione e di tenere conto delle relazioni tra economia e ambiente ha condotto alla progettazione di vari schemi di contabilità ambientale per iniziativa dei singoli paesi, che a livello sovranazionale LA CONTABILITÀ AMBIENTALE I principali schemi sono: ü Il SEEA – Sistema integrato di contabilità ambientale ed economica- elaborato dall’ufficio statistico delle nazioni unite. ü Il SERIEE – Sistema europeo per la raccolta dell’informazione economica sull’ambiente. Il sistema di conti economici e ambientali, progressivamente migliorato grazie alla collaborazione di UNSO, EUROSTAT, Fondo monetario internazionale, OCSE e banca mondiale, è rivolto ad integrare le variabili ambientali nella contabilità nazionale con un insieme di conti satellite da affiancare ai conti nazionali per realizzare una contabilità ambientale applicabile in tutti i paesi. 11/11 LA MISURAZIONE DEL BENESSERE EQUO E SOSTENIBILE IN ITALIA Il progetto per misurare il benessere equo e sostenibile nasce con l’obiettivo di valutare il progresso di una società non soltanto dal punto di vista economico, ma anche sociale e ambientale. Il rapporto Istat sul Bes presenta indicatori utili a misurare la qualità della vita dei cittadini con l’obiettivo di integrare le informazioni fornite dagli indicatori sulle attività economiche con le fondamentali dimensioni de benessere, corredate da misure relative alle diseguaglianze e alla sostenibilità. LE DIMENSIONI DEGLI INDICATORI DI BENESSERE EQUO E SOSTENIBILE Le 12 dimensioni del benessere considerate di maggior rilievo sono: ü Salute ü Istruzione e formazione ü Lavoro e conciliazione tempi di vita ü Benessere economico ü Relazioni sociali ü Politica e istituzioni ü Sicurezza ü Benessere soggettivo ü Paesaggio e patrimonio culturale ü Ambiente ü Innovazione, ricerca e creatività ü Qualità dei servizi Indicatori di sostenibilità basati sul principio di conservazione dello stock di ricchezza Sostenibilità come qualcosa che debba essere conservata e quindi la sostenibilità viene basata su uno stock che deve permanere e garantire una certa sostenibilità. IL GENUINE SAVING – I indicatore proposto dalla Banca Mondiale La proposta della BM per la valutazione della sostenibilità sociale e ambientale parte dalla costatazione che la possibilità di mantenere il benessere dipende dalla ricchezza. Questa è costituita da capitale prodotto capitale naturale e capitale umano. Ipotizzando sostituibilità tra questi tipi di capitale nella loro capacità di generare benessere, è possibile affermare che ci troviamo su un sentiero sostenibile solo se la ricchezza totale non diminuisce. In definitiva, la sostenibilità richiede il mantenimento della ricchezza intesa in senso esteso. Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 47 La contabilità nazionale ci permette di rilevare la % di reddito che viene risparmiata. In questo istogramma, la prima colonna ci da la % di risparmio lordo sul reddito nazionale: lordo perché essendo calcolato sul reddito lordo, non fa riferimento alla parte di risparmio che serve per accumulare la parte diventata obsoleta; quindi, il tasso di risparmio lordo non è una disponibilità completa che usiamo come vogliamo ma una parte che serve a ripristinare la parte mancante degli ammontamenti. Il tasso di risparmio netto ci dice che se è positivo non è stato intaccato il capitale umano. È l’invito della BM ad avere un’idea allargata di ricchezza che quindi non è costituita solo dal capitale prodotto dall’uomo (che è l’unico contabilizzato dalla contabilità nazionale). A migliorare il capitale umano i sta il processo di formazione; quindi, la proposta della BM è di guardare la % sul reddito che un paese dedicata all’educazione le cui spese sono un investimento in capitale umano. Dopo aver detratto il deprezzamento del capitale fisso ed essere arrivati alla % di risparmio netto, si aggiunge il segmento (freccette-deprezzamento del capitale fisso che si sottrae alla prima colonna). L’attenzione va anche al capitale naturale e ambientale. In questo grafico arriviamo a vedere che lo sfruttamento delle risorse è talmente ampio tanto che il risparmio genuino è diventato negativo. Che osservazioni possiamo fare su questa proposta? Tentativo di farci riflettere che il risparmio che deriva dalla contabilità nazionale non è qualcosa di cui possiamo disporre come vogliamo, ma dobbiamo dare attenzione al capitale umano, ambientale e naturale per arrivare ad un tasso di risparmio genuino. Avere questo positivo significa conservare lo stock di ricchezza e ampliarlo. Se il tasso di risparmio genuino è negativo, significa che non si riesce a trasmettere globalmente uno stock immutato. Noi abbiamo affermato che uno sviluppo sostenibile richiede attenzione particolare a tre pilastri: capitale ambientale, sociale e naturale. Allora, i pilastri – calcolando il risparmio in questo modo- si sostituiscono. Non abbiamo però la garanzia che l’incremento del capitale umano possa risolvere i problemi del cambiamento climatico e contrastare la riduzione del capitale naturale e ambientale. È certamente un’idea basata sullo sviluppo sostenibile che abbiamo definito debole. Si tratta, in ogni caso, di un elemento importante che anche se debolmente ci dice che si sta conservando lo stock e che quindi non ci si sta impoverendo, ma non ci si attesta su una traiettoria sostenibile. IN SINTESI Se il genuin saving è negativo, la ricchezza si sta riducendo e questo è un segnale di non sostenibilità. Secondo i valori stimati dalla BM, la maggior parte dei paesi sviluppati ha un genuine saving positivo, mentre per molti paesi in via di sviluppo è negativo. Un genuine saving positivo può però essere considerato un indicatore di reale sostenibilità? Certamente questo indicatore è basato su un concetto di sostenibilità debole. È sempre più importante riuscire a contabilizzare correttamente il capitale ambientale e naturale. Indicatore proposto dal WWF La BM guarda al tentativo di misurazione della ricchezza totale dicendo anche che non è importante soltanto capire se lo stock che stiamo producendo è maggiore o minore, bensì bisogna anche considerare lo stock pro-capite e cioè quello basato sul soddisfacimento dei bisogni della popolazione. Molti paesi presentano delle situazioni dello stock di ricchezza legati ai cambiamenti dello stock e alla forte crescita demografica (Cina e India hanno una crescita positiva dello stock di ricchezza). L’IMPRONTA ECOLOGICA Il metodo dell’impronta ecologica, elaborato da Rees e Wackernagel (National Natural Capital Accounting With The Ecological Footprint Concept, 1999) e continuamente sviluppato per migliorarne l’efficacia, invece che riferirsi alla capacità di carico del nostro pianeta 8quante teste il pianeta può sopportare), si basa sulla determinazione della quantità di terra necessaria per supportare una persona (quanto possono essere grandi le dimensioni “dei nostri piedi” sul pianeta). In questo senso, possiamo considerare questo indicatore ispirato al principio di comprare e aggregare i flussi correnti di consumo e il loro impatto sull’ambiente in termini di stock: la terra necessaria per supportare tali consumi (l’impronta ecologica è anche pubblicata sul rapporto del WWF che esce ogni due anni). La biocapacità non è distribuita in modo uniforme perché, per esempio i Italia, abbiamo tante zone montuose che offrono spazi ma che non servono per lo sviluppo delle infrastrutture o attività agricole. Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 50 Cambiamenti nelle istituzioni – la crescita economica si accompagna ad una crescente capacità delle istituzioni politiche, sociali ed economiche nel perseguire obiettivi di crescita sostenibile. Cambiamenti nella crescita demografica – la crescita economica si accompagna ad una riduzione del tasso di natalità e di fertilità. POVERTÀ E AMBIENTE Soprattutto, sembra non essere vero che a bassi livelli di sviluppo (economie pre-industriali) corrisponda un basso livello di degrado ambientale. Al contrario, per molti fenomeni, l’evidenza più chiara negli ultimi decenni, è che esiste un inquinamento da povertà. La povertà, in special modo nei PVS, spinge ad attività insostenibili ed ecologicamente dannose. La scarsità di cibo e combustibile spinge ad uno sfruttamento ambientale intensivo. I poveri, per sopravvivere, e le nazioni povere per pagare del proprio debito estero, sono costretti a sfruttare spesso in modo insostenibile le proprie risorse naturali. Povertà e degrado ambientale si rafforzano a vicenda: per uscire dalla povertà si adottano soluzioni che degradano l’ambiente (deforestazione, desertificazione, perdita di biodiversità) e si distruggono le risorse agricole e naturali che rappresentano il principale potenziale della crescita futura. Esiste una trappola della povertà connessa al degrado ambientale (povertà di inquinamento). Nei PVS la maggiore causa di degrado ambientale è la povertà e la maggiore causa di povertà e il degrado ambientale. Gran parte delle popolazioni povere del mondo vive in aree rurali ecologicamente fragili (foreste tropicali, aree montane, regioni aride o semi-aride) con rischi di erosione del suolo, salinizzazione, desertificazione e degrado. La povertà è connessa ad altri fattori che portano degrado (crescita demografica, diritti di proprietà specificati in modo inappropriato, carenze istituzionali). Le popolazioni a basso reddito presentano una maggior dipendenza dalle risorse naturali (terra per produzione agricola e allevamento, risorse forestali per combustibile e materiali da costruzione, fiumi per l’acqua). La povertà compromette la possibilità di effettuare investimenti per mantenere produttive le componenti più fragili del capitale naturale (fertilizzazione, irrigazione, rimboschimento, gestione corretta dell’allevamento) per scarso reddito, per scarsa accessibilità al credito, per scarse conoscenze. La povertà implica incertezza rispetto al futuro con una preferenza per il presente disincentivando gli investimenti a lungo termine. ESEMPI DI TRAPPOLA DELLA POVERTÀ La vita sulla terra si basa sullo strato superficiale di terreno che fornisce i nutrienti necessari alle piante, alle colture, alle foreste, agli animali e all’uomo. Tale terreno è una risorsa limitata e scarsamente rinnovabile. COLTIVAZIONI INTENSIVE E MONOCULTURA Il degrado dei terreni coltivabili è attribuibile a varie cause, fra le quali variazioni climatiche e attività umane. Le tecniche agricole tradizionali (maggese, avvicendamento) consentivano al terreno di riacquistare la fertilità. Tali tecniche erano possibili per l’esistenza di grandi spazi a disposizione in relazione alla popolazione e quindi alla possibilità di impiegare tecniche a bassa produttività. Ora invece è necessario impiegare colture commerciali intensive con abuso di fertilizzanti chimici. Nei paesi poveri vi è una prevalenza di monoculture per l’esportazione (anche finalizzate al finanziamento del debito estero) e lo snaturamento dell’agricoltura locale. Le coltivazioni intensive riducono il potenziale biologico del terreno con una diminuzione della fertilità e della produttività. DEFORESTAZIONE Nei paesi poveri della fascia tropicale, la distruzione delle foreste spesso avviene per aumentare la produzione alimentare ma finisce per ottenere un risultato opposto. La deforestazione porta problemi di carattere ambientale. Per la mancanza della copertura forestale il terreno è soggetto all’azione erosiva di pioggia e vento. L’erosione del suolo, la perdita delle acque piovane, non più trattenute dalle radici degli alberi, la desertificazione compromettono le risorse naturali dalle quali le popolazioni povere dipendono per la sopravvivenza. DECOUPLING La crescita economica comporta pressione sull’ambiente naturale: ü Lo sviluppo sostenibile richiede lo sganciamento tra crescita e pressione ambientale (decoupling). ü Com’è possibile ottenere questo sganciamento? Sicuramente il progresso tecnologico ha un ruolo fondamentale. 17/11 L’INTERESSE COLLETTIVO La situazione di povertà in molti casi è essa stessa causa di problemi ambientali, anche se molti speravano che un basso livello di reddito potesse essere associato a squilibri ambientali. Quali sono gli strumenti principali che i governi possono utilizzare per promuovere la sostenibilità? ü Capacità di spesa dei governi (come impiegare le risorse nel settore dei trasporti, per esempio, che ha un forte impatto sul settore ambientale; idem per il settore energetico) = l’enorme capacità di spesa condiziona le scelte a favore o meno della sostenibilità – molti governi continuano ad utilizzare l’energia derivante da combustibili fossili- ma dobbiamo chiederci se effettivamente queste risorse siano positive per questo scopo. ü Le regole imposte dalle istituzioni = possono andare verso la promozione della sostenibilità o meno; quindi, come i governi stabiliscono le regole è fondamentale per indirizzarci verso una traiettoria sostenibile. Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 51 ü Tassazione dei comportamenti dannosi =sistema di imposizione che scoraggi l’utilizzo dei combustili fossili; la tassazione fornisce degli introiti che possono aumentare la capacità di spesa dei governi. Non possiamo definire precisamente cos’è il bene comune perché questo sottintende dei principi etici, cultura, valori etc…i governi quindi, per promuovere il bene comune/interesse collettivo, come si deve comportare? Come possiamo definire il c.d. bene comune-interesse collettivo? Sicuramente l’agire delle istituzioni è fortemente condizionato dal loro intendere il bene comune e dal sentire dei cittadini, ma essendoci opinioni differenti tra la popolazione, come aggreghiamo le preferenze dei cittadini? Perché, in un sistema economico nel quale i singoli individui agiscono seguendo il proprio interesse, sorge la necessità di un operatore con finalità di natura sociale? Perché il funzionamento di tale sistema non è considerato soddisfacente secondo certi desideri della collettività? Per rispondere è indispensabile analizzare le preferenze che la società dovrebbe avere in base a qualche postulato di natura etica. A questo risponde la TEORIA NORMATIVA DELLE SCELTE SOCIALI. Questo approccio coincide con l’economia del benessere che, in base a concetti quale benessere generale, collettivo, definisce criteri di scelta sociale con indicazioni relative alle aree di c.d. fallimento del mercato per le quali l’intervento di un operatore con finalità collettive porterebbe ad un miglioramento in termini di benessere collettivo. UN ORDINAMENTO SOCIALE La definizione di un ordinamento sociale richiede di formulare una graduatoria delle situazioni in cui si trova una società (situazioni indifferenti, migliori, peggiori). Deve soddisfare certe proprietà: solo se l’ordinamento è completo, consente di ordinare tutte le possibili situazioni sociali. ORDINAMENTO DIRETTO E INDIRETTO L’ordinamento può avvenire direttamente in relazione di diversi stati del mondo o indirettamente, essendo costruito sulla base delle preferenze dei singoli individui. Quello indiretto è quello più utilizzato nell’ambito dell’economia del benessere, guarda le preferenze che gli individui esprimono circa le diverse situazioni, cercando di aggregare le preferenze. OBIEZIONI ALL’ORDINAMENTO INDIRETTO A questo ordinamento, fondato sul postulato dell’individualismo etico, sono state rivolte le seguenti critiche: ü Considerando le preferenze dei singoli individui si potrebbero ignorare alcuni aspetti della situazione sociale che potrebbero avere rilevante importanza (ad es. esistenza ed esercizio di diritti di libertà). ü Le preferenze dei singoli individui, che dovrebbero orientare le scelte sociali, non sono indipendenti ma potrebbero essere influenzate e manipolate. OBIEZIONI ALL’ORDINAMENTO DIRETTO Cos’è un ordinamento diretto? È il parere di chi dice che una situazione A è meglio di una situazione B. I sostenitori dell’individualismo etico ritengono inaccettabile l’ordinamento diretto che sostituirebbe le preferenze degli individui con quelle di una sola persona, con risultati autoritari o paternalistici (nel nostro ordinamento, tante regole dipendono da un atteggiamento di tipo paternalistico dettate dal fato che i nostri predecessori hanno più esperienza di noi -genitori per esempio; tutta la legislazione antinfortunistica è così.) Si hanno quindi dei risvolti ti tipo autoritario perché ci vengono imposte delle scelte che però possono non coincidere con le nostre. COSTRUZIONE DI UN ORDINAMENTO INDIRETTO Per aggregare le preferenze individuali bisogna rispondere ai seguenti criteri: ü Come si possono rappresentare le preferenze individuali, e, in particolare, è possibile misurare le soddisfazioni? ü È possibile effettuare confronti interpersonali? ü Come si possono aggregare le preferenze individuali che sono differenti? Se non riesco a misurarle, non riesco nemmeno ad aggregarle. PIGOU Pigou (Economia del benessere, 1920) e gli utilitaristi (idea che si potesse misurare l’utilità) pensano sia possibile una misurazione cardinale (ambito medico) delle soddisfazioni e quindi anche un confronto interpersonale (come potrei arrivare a misurare le soddisfazioni? Potrei pensare ad un intervento a favore dei giovani utile in termini di lavoro/reddito futuro). Il confrontare anche attraverso valori assoluti, in termini monetari, non ha la possibilità di quantificare il valore soggettivo di un incremento. Il divario di soddisfazione completamente diverso. ROBBINS E PARETO (criticano Pigou e utilitaristi) Altri, come Robbins e Pareto, ritengono che sia possibile solo una misurazione cardinale e impossibile un confronto interpersonale. Il nostro problema è che gli individui esprimono preferenze diverse; quindi, la soluzione viene proposta tramite criteri, c.d. di aggregazione. REGOLA DI AGGREGAZIONE Se le utilità sono misurabili e confrontabili possono essere aggregate per somma o con altri operatori. Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 52 Negli altri casi questi risultati si potrebbero ottenere con procedure di votazione. IL CRITERIO DI PARETO Ipotizzando misurabilità ordinale e impossibilità di confronti interpersonali, l’aggregazione delle preferenze individuali è complessa. Tuttavia, secondo Pareto è impossibile affermare che: ü Una collettività migliora la propria soddisfazione passando dalla situazione a alla situazione b se tutti gli individui sono più soddisfatti in b che in a (versione debole- tutti stanno meglio) ü Una collettività migliora la propria soddisfazione dalla situazione a alla situazione b se almeno un individuo è più soddisfatto in b che in a e nessuno sta peggio (versione forte – qualcuno sta meglio e nessuno sta peggio). ü Individualismo = ognuno valuta il proprio benessere in relazione alla sua singola situazione. La soddisfazione di un individuo dipende da quello che ha lui e non da quello che hanno gli altri perché la disuguaglianza rispetto agli altri (soprattutto se in condizioni di svantaggio) ci fa stare peggio (anche se la nostra situazione non cambia rispetto al miglioramento della situazione dell’altro). Quindi anche la versione debole risulta essere condivisibile ma nessuno di noi, anche se riceve qualcosa in più, pensa di stare meglio perché la situazione degli altri migliora comunque. Il criterio di Pareto che si basa su un concetto di efficienza potrebbe comunque non essere condiviso da tutti. L’OTTIMO PARETIANO Si può definire di un ottimo secondo Pareto quella situazione in cui è impossibile migliorare la situazione di un individuo senza peggiorare quella degli altri. Il criterio di Pareto permette di valutare l’efficienza o meno di una situazione senza confronti interpersonali di utilità. EFFICIENZA PARETIANA E INDIVIDUALISMO Il criterio paretiano è individualistico: ü Quello che conta è la percezione che un individuo ha del proprio benessere (principio di sovranità del consumatore). ü Quello che conta è il benessere di ciascun individuo e non il benessere relativo. CRITICHE Molti ritengono rilevante che la disuguaglianza ed un aumento di questa potrebbe non essere visto come un aumento del benessere collettivo. In molti casi si ritiene che il singolo individuo non sia il miglior giudice del proprio benessere. Il criterio paretiano, partendo dalla premessa dell’individualismo etico (preferenze degli individui come base esclusiva del giudizio sociale) e privilegiando l’ordinamento unanime delle preferenze, può essere incompatibile con il principio delle libertà minime, ad esempio una sfera di preferenze che un individuo vuole salvaguardare. 18/11 LA COP 26 1.Glasgow, 31 ottobre-12 novembre 2021 “Da quasi tre decenni l’ONU riunisce quasi tutti I Paesi della terra per I vertici globalisul clima – chiamati COP – ovvero ”Conferenza delle Parti”. […]Quest’anno si terrà il 26eisimo vertice annuale, di qui il nome COP26. La COP26 saràpresieduta dal Regno Unito che la ospiterà a Glasgow. […]I Paesi si presenteranno al vertice di Glasgow (ritardato di un anno a causa dellapandemia) con piani aggiornati di riduzione delle proprie emissioni. Ma non è tutto. Gli impegni presi a Parigi non sono neanche lontanamentesufcienti per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi, e la fnestra utile per il raggiungimento di questo obiettivo si sta chiudendo.Il decennio fno al 2030 sarà cruciale. Quindi per quanto il vertice di Parigi sia stato un evento epocale, I Paesi dovrannospingersi ben oltre quanto fatto in quello storico vertice per mantenere vivala speranza di contenere l’aumento della temperatura a 1,5. La COP26 deve essere decisiva. GLI OBIETTIVI DELLA COP26 1. Azzerare le emissioni nette a livello globale entro il 2050 epuntare a limitare l’aumento delle temperature a 1,5°C: fuoriuscita del carbone, veicoli elettrici, riduzione della deforestazione,investimenti nelle rinnovabili. 2. Adattarsi per la salvaguardia delle comunità e degli habitatnaturali: proteggere e ripristinare gli ecosistemi e costruire difese,sistemi di allerta, infrastrutture e agricolture più resilienti. 3. Mobilitare I fnanziamenti (punto non molto sviluppato ma sicuramente il più importante). 4. Collaborare: fnalizzare il libro delle regole di Parigi e aumentare la collaborazione tra governi, imprese e società civile. I RISULTATI DELLA COP26 Processo di negoziazione formale = Glasgow Climate Pact Accordi collaterali = accordi multilaterali presi al di fuori delle negoziazioni prese al di fuori del patto di Glasgow GLASGOW CLIMATE PACT Dopo lunghe negoziazioni, viene approvato “ai tempi supplementari” sabato 13novembre ü Ribadito l’obiettivo a 1,5°C ü Eliminazione graduale del carbone non abbattuto e dei sussidi inefcienti aicombustibili fossili• Riconoscimento del diritto a perdite e danni Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 55 PROBLEMI Anche la proposta di questo ordinamento è seguita da un vivace dibattito soprattutto relativamente a due aspetti: ü La concessione effettiva dell’indennizzo; ü La possibilità di giudicare il passaggio da uno stato all’altro solo per le conseguenze sulla ricchezza complessiva, trascurando la sua distribuzione. CRITICHE AL PRINCIPIO DI INDENNIZZO Valuta l’efficienza e non considera l’equità (gli effetti sulla distribuzione: chi guadagna e chi perde). Se la compensazione non viene pagata si può davvero dire che, poiché il guadagno di alcuni è maggiore della perdita di altri, la società ha un beneficio? Nei fatti, l’introduzione di questo principio si pensava potesse ampliare l’insieme degli stati del mondo ordinabili ma è stato criticato sulla base di due osservazioni: -il fatto che l’indennizzo venga corrisposto o meno -una discussione sul fatto che il giudizio di una situazione rispetto ad un’altra possa essere dato solo con riferimento alla ricchezza complessiva e non alla sua distribuzione. Introdurre questo principio ha permesso di ordinare gli stati del mondo e ha portato ad un ordinamento delle diverse possibilità di miglioramento di benessere sociale; ci sono diversi tipi di funzione di benessere sociale: ü Utilitarismo = in una società composta da N individui riteniamo il benessere sociale misurabile dalla somma delle utilità dei singoli individui. LA FUNZIONE DI BENESSERE SOCIALE ü La funzione di benessere sociale stabilisce una modalità di aggregazione delle funzioni di utilità di tutti gli individui che fanno parte della società, al fine di ottenere un’unica funzione di utilità sociale. ü In una società formata da N individui n = 1, 2, …,N, ognuno dei quali ha utilità un, il benessere sociale ü W risulta: W = f(u1, u2, …, uN) ü f è una funzione crescente nei suoi argomenti DIVERSE FUNZIONI DI BENESSERE SOCIALE Vediamo alcune funzioni di benessere sociale (FBS), che esprimono le preferenze sociali, in base a qualche criterio di giustizia distributiva: ü Utilitaristica ü Bernoulli-Nash ü Rawls ü Bergoson-Samuelson Era necessario introdurre un principio di questo tipo, perché le politiche economiche generano vincitori e sconfitti, e senza questo criterio l’operato economico sarebbe valutato solo sulla base dell’efficienza. Questo principio sembrava ampliare gli stati del mondo ordinabili. Tuttavia, è stato discusso sulla base di due osservazioni: il fatto che l’indennizzo venga corrisposto o meno; il fatto che il giudizio di una situazione rispetto ad un’altra possa essere dato sulla ricchezza complessiva e non sulla sua distribuzione. Introdurre questo principio ha portato a un allargamento delle funzioni di benessere sociale, osservando che, sulla base della misurazione ordinale o cardinale, possiamo distinguerne alcune. La funzione di benessere sociale stabilisce una modalità di aggregazione delle funzioni di utilità di tutti gli individui che fanno parte della società, al fine di ottenere un’unica funzione di utilità sociale. In una società formata da N individui n = 1, 2, …, N, ognuno dei quali ha utilità u(n), il benessere sociale W risulta: W = f(u1, u2, …, uN) In cui f è una funzione crescente nei suoi argomenti. La prima funzione che osserviamo è quella basata sull’utilitarismo, sulla base della quale in una società composta da n individui, riteniamo il benessere sociale misurabile dalla somma dell’utilità individuale dei singoli individui. FUNZIONE UTILITARISTICA Il benessere della collettività dipende dall’utilità dei diversi individui; Bentham (inizio XIX secolo), fondatore dell’utilitarismo classico, definisce la felicità della nazione come la somma delle soddisfazioni di tutti i cittadini. Il compito delle istituzioni è conseguire la maggior felicità per il maggior numero di individui. ü Benessere sociale come somma delle utilità individuali ü Benessere legato a grandezze misurabili in termini monetari (reddito come indicatore) Ipotesi: unità comparabili; peso uguale agli individui. UN ESEMPIO W (u1, u2, …, un) = S uin La funzione utilitaristica assegna la stessa importanzaal benessere di tutti gli individui della società. Con due individui la curva di isobenessere risulta unaretta con pendenza -1. Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 56 Non c’è alcuna attenzione all’equità tra gli individui. Per questo è stata proposta la funzione utilitaristica generalizzata: all’interno di un sistema economico certe politiche vanno valutate sulla base dei risultati conseguiti presso alcune categorie. Alcune politiche vengono valutate sulla base della riduzione della disuguaglianza. Un diverso peso viene dato a diversi soggetti: introduzione di pesi che attribuiscono un peso diverso alle diverse utilità, dato che il mio obiettivo non è aumentare la ricchezza ma incidere sulla disuguaglianza. UTILITARISTICA GENERALIZZATA Una generalizzazione, chiamata proprio utilitaristica generalizzata, è: W (u1, u2, …, un) = S ai ui ai = sono I pesi non negativi da assegnare ai diversiindividui. Se I pesi ai sono differenti si attribuisce maggiorimportanza nella valutazione del benessere sociale albenessere di alcune categorie particolari. Con due individui la curva di benessere di isobenessere risulta una retta con pendenza negativa data dal rapporto fra i pesi attribuiti ai due soggetti. Inclinazione della funzione di Isobenessere data dal benessere dei due individui. BERNOULLI-NASH Si parla di aggregazione delle utilità tramite prodotto. L’operatore prodotto fa sì che se un individuo ha 0, il prodotto sia nullo à con un reddito totale di 10, se uno ha 10 e l’altro ha 0, il prodotto è 0; ma se uno ha 9 e l’altro 1, il prodotto è 9. Via via, ridistribuendo la ricchezza, siamo in grado di ordinare varie situazioni sulla base del prodotto. Questo determina grande attenzione all’equità: c’è benessere maggiore (prodotto maggiore) dove la distribuzione è più equa (5*5=25, massimo prodotto). ü L’aggregazione delle utilità avviene per prodottodando un carattere più egualitario alla regola diaggregazione. ü Il benessere sociale infatti risultatanto maggiore quanto più è equa la distribuzione W (u1, u2, …, un) = P ui Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 57 Anche questa funzione può essere generalizzata, attribuendo dei pesi (esponenti) alle utilità individuali, valutando la capacità di incidere su alcune zone ritenute importanti per gli interventi. RAWLS Il benessere sociale dipende solo da quello dell’individuo nella situazione peggiore, è perciò valutato in base al benessere dei meno abbienti. Il benessere sociale aumenta quando aumenta il benessere dell’individuo che sta peggio (principio maximin). Non c’è sostituibilità tra miglioramenti di benessere dell’individuo che sta peggio e di quello che sta meglio à funzione a “L”, la coordinata che rappresenta l’utilità minore resta fissa. N.B. à Il criterio del maximin è razionale in condizioni di incertezza e di avversione al rischio. Due principi: ü Ogni individuo ha diritto al più ampio numero di libertà individuali, compatibile con quelle degli altri. ü Il grado di disuguaglianza è accettabile se relativo a posizioni sociali ed economiche aperte e tutti e quando sono garantite quantità minime di beni per i più svantaggiati. La funzione di benessere sociale risulta: Nel caso di due individui, le curve di isobenessere hanno una forma a L. FUNZIONE DI BERGSON-SAMUELSON (teoria marginalista) ü Formulazione molto generale: W = f (u1, u2, …, un) Ipotesi: ü Dipende dalle utilità individuali; ü Le utilità sono confrontabili; ü Il criterio paretiano forte è soddisfatto; ü Le preferenze sociali sono convesse o strettamente convesse. La pendenza della funzione che rappresenta il rapporto tra le variazioni marginali di utilità dei due individui, che lascia la collettività indifferente, e quindi indica di quanto, al diminuire dell’utilità di un individuo, si deve incrementare l’utilità dell’altro, al fine di rimanere socialmente indifferenti, realizza il principio della compensazione (o indennizzo), che permette il confronto interpersonale fra perdite e guadagni di utilità. Le precedenti proprietà consentono di costruire una mappa di curve di indifferenza sociali convesse o strettamente convesse. ARROW: Cerca di costruire per via assiomatica un ordinamento sociale completo integrando il principio paretiano con altre condizioni che una funzione di benessere sociale dovrebbe soddisfare. La sua analisi è fondamentale nella teoria delle scelte collettive. È impossibile trovare una modalità di aggregazione che soddisfi tutte le caratteristiche per la costruzione della funzione di utilità. Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 60 Effetto reddito ed effetto sostituzione: la riduzione di P ha aumentato il mio potere di acquisto. Posso calcolare questo aspetto chiedendomi: se i P non fossero variati, che paniere di beni avrei consumato? Noi sappiamo che da A a C varia la quantità del bene X da X1 a X2. Traspongo il nuovo vincolo di bilancio in modo tale che diventi tangente alla vecchia curva di indifferenza. Osservo che A e B mi danno la stessa soddisfazione a parità di prezzi. Per acquisire il paniere B, ho bisogno di un reddito più basso che per acquisire C. La distanza dei redditi dal punto B al punto C mi dice di quanto potrei ridurre il reddito del consumatore per avere la stessa soddisfazione di prima, ma con i nuovi prezzi. Il passaggio da B a C è legato a un potere d’acquisto maggiore. Il passaggio da X1 a X3 è chiamato effetto sostituzione. Il passaggio da X3 a X2 è invece dovuto al mio potere d’acquisto. La curva di domanda rappresenta la relazione tra P e Q, ma con punti che mi danno una soddisfazione molto diversa tra di loro. LA CURVA DI DOMANDA ORDINARIA E LA VARIAZIONE DEL POTERE D’ACQUISTO La curva di domanda ordinaria rappresenta la quantità che il consumatore domanda per ogni prezzo; ai diversi punti della curva di domanda ordinaria corrisponde perciò un differente potere d’acquisto del consumatore. Dalla curva di domanda ordinaria possiamo determinare l’effetto prezzo che è scomponibile nella somma di effetto sostituzione ed effetto reddito. LA CURVA DI DOMANDA COMPENSATA O HICKSIANA (Hicks) La curva di domanda compensata rappresenta per ogniprezzo la quantità che il consumatore domanderebbe permassimizzare la propria soddisfazione (dati i gusti, ilreddito ed i prezzi degli altri beni) se, per ogni variazionedi prezzo, le conseguenti variazioni del potere d’acquistodel consumatore fossero continuamente compensate davariazioni di reddito in modo da mantenere inalterato il suobenessere; Si ipotizza quindi che il reddito monetario delconsumatore abbia una variazione per compensare lavariazione del prezzo, consentendogli di restare sulla stessacurva di indifferenza. E’ quindi una curva di domanda che non include l’effettoreddito, ma solo l’effetto sostituzione. VARIAZIONI DI BENESSERE E SURPLUS DEL CONSUMATORE Il surplus del consumatore è la differenza tra il valore totale del consumo del bene (area sottostante la curva di domanda ordinaria) e la spesa effettiva per il consumo. IL SURPLUS DEL CONSUMATORE EFFETTO REDDITO à dipende dal fatto che una variazione di prezzo di un bene incide sul potere d’acquisto del consumatore, aumentando il suo reddito reale se il prezzo di un bene diminuisce e riducendo il suo reddito reale se il prezzo di un bene aumenta. EFFETTO SOSTITUZIONE à dipende dal fatto che una variazione del prezzo di un bene rende questo bene relativamente più economico rispetto agli altri beni se il suo prezzo diminuisce e relativamente più caro se il suo prezzo aumenta; questo induce il consumatore ad aumentare il consumo di un bene il cui prezzo è diminuito; lo induce inoltre a diminuire il consumo di un bene il cui prezzo è aumentato. EFFETTO PREZZO à nella figura sopra, la variazione del prezzo del bene x da Px1 a Px2 determina una variazione della quantità domandata da x1 a x2. Questa variazione è dovuta alla variazione del prezzo (ecco perché effetto prezzo) e può essere scomposta nella somma delle variazioni dovute ad effetto sostituzione ed effetto reddito. EFFETTO SOSTITUZIONE (in riferimento alla figura)à la variazione della quantità domandata da x1 a x2 è dovuta ad un effetto sostituzione perché il paniere (coordinate di A) scelto dal consumatore ai prezzi iniziali ha per il consumatore lo stesso livello di soddisfazione del paniere scelto (coordinate B) quando il prezzo del bene x è diminuito. I due panieri danno al consumatore lo stesso livello di soddisfazione dato che A e B sono sulla stessa curva d’indifferenza. La variazione nelle quantità domandate dipende solo dal fatto che il bene x è diventato relativamente più economico del bene y. EFFETTO REDDITO (in riferimento alla figura)à la variazione della quantità domandata da x3 a x2 è dovuta ad un effetto reddito. Il rapporto tra i prezzi dei due beni è lo stesso in corrispondenza del paniere rappresentato dalle coordinate di B e del paniere rappresentato dalle coordinate di C. Nei punti di tangenza B e C, infatti, i vincoli di bilancio hanno la stessa inclinazione. La variazione della quantità domandata del bene x non dipende quindi da un cambiamento della convenienza relativa, ma solo da un cambiamento del potere d’acquisto del consumatore. Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 61 Come muta il benessere del consumatore se faccio variare il prezzo? Avendo una curva di domanda inclinata negativamente, osserviamo che anche a prezzi più alti di quello proposto dal mercato abbiamo dei consumatori disposti ad acquisire un dato bene. Il fatto che il bene sia sul mercato a P1 dà a questi consumatori più abbienti un vantaggio. Il surplus del consumatore è la differenza tra l’area sotto la curva di domanda (beneficio totale che ho dalla disponibilità di un bene) e il rettangolo P1 * X1 (spesa effettiva per acquistare il bene). VARIAZIONI DEL SURPLUS DEL CONSUMATORE: IL CASO DI UNA DIMINUZIONE DI PREZZO Se misuriamo la variazione di benessere con riferimento al surplus del consumatore otteniamo una misura il cui valore dipende sia da un effetto reddito che da un effetto sostituzione. VARIAZIONI DI BENESSERE E CURVA DI DOMANDA HICKSIANA La curva di domanda hicksiana permette di misurare in modo alternativo la variazione di benessere per il consumatore derivante dalla variazione di prezzo. VARIAZIONE COMPENSATIVA: IL CASO DI UNA DIMINUZIONE DI PREZZO L’aumento di benessere derivante dalla diminuzione di prezzo può essere determinato in base alla diminuzione di reddito che il consumatore dovrebbe subire per avere, col nuovo prezzo, la stessa utilità di prima. Questa grandezza si chiama VARIAZIONE COMPENSATIVA (VC). Risponde all’ipotetica domanda: “Quanto sarebbe disposto a pagare al massimo il consumatore per ottenere il beneficio dovuto alla diminuzione di prezzo?”. Vediamo la variazione compensativa graficamente: È quindi l’incremento di reddito che è in grado di compensare la riduzione del prezzo. Quantifico questo beneficio in termini di reddito. Possiamo quindi formulare una quantificazione alternativa del beneficio diversa dal surplus del consumatore. L’area presa in considerazione è più piccola di P1HKp2 (surplus). Per lasciare il consumatore al livello u1 con il prezzo p2, bisogna ridurre il reddito monetario (traslazione dalla linea di bilancio da EJ a FL). L’effetto sostituzione è x1x3; l’effetto reddito è x3x2. La variazione compensativa è il reddito che deve essere sottratto al consumatore in modo tale che, con il beneficio della riduzione di prezzo, rimanga allo stesso livello di utilità iniziale. Si può vedere con riferimento alla curva di domanda hicksiana (D’) relativa al livello di utilità costante u1. Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 62 È l’analogo della variazione del surplus del consumatore se, invece di utilizzare la curva di domanda ordinaria (D’), utilizziamo la curva di domanda compensata (D’) relativa al livello di utilità costante u1. VARIAZIONE EQUIVALENTE: IL CASO DI UNA DIMINUIZIONE DI PREZZO L’aumento di benessere derivante dalla diminuzione di prezzo può essere misurato anche in base all0aumento di reddito che il consumatore dovrebbe ottenere per avere, con il prezzo originale, la stessa utilità che avrebbe avuto con il nuovo prezzo. Questa grandezza si chiama VARIAZIONE EQUIVALENTE (VE). Risponde all’ipotetica domanda: “Qual è la minima compensazione richiesta dal consumatore per rinunciare al beneficio dovuto alla diminuzione di prezzo?”. Vediamo la variazione equivalente graficamente: Per portare il consumatore al livello u2 con il prezzo p1 bisogna aumentare il suo reddito monetario (traslazione della linea di bilancio da EG a MN). L’effetto sostituzione è x2x4; l’effetto reddito è x4x1. la variazione equivalente è il reddito che deve essere dato al consumatore in modo tale da portarlo allo stesso livello di utilità al quale lo avrebbe portato la riduzione del prezzo. Si può vedere con riferimento alla curva di domanda hicksiana (D’’) relativa al livello di utilità costante u2. È quindi l’analogo della variazione del surplus del consumatore se, invece di utilizzare la curva di domanda ordinaria (D), utilizziamo la curva di domanda compensata (D’’) relativa al livello di utilità costante u2. Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 65 SINTESI Variazione compensativa ed equivalente si distinguono per l’implicito giudizio sui diritti del consumatore: ü La VC implica che il consumatore abbia diritto alla situazione iniziale; ü La VE a quella finale. Questa tabella aiuta a capire la difficoltà nella misurazione del benessere. Se utilizzo VC, do un implicito diritto agli agenti di stare al livello di utilità che avevano prima dei cambiamenti. In caso di aumento di P, la VC mi dà la disponibilità di acquisire una compensazione per il danno subito. Nel caso di riduzione, quanto la gente sarebbe disposta a pagare per ottenere quel beneficio. Queste due misure sono concettualmente diverse. La VE si esprime in termini di possibilità degli agenti di raggiungere il livello di soddisfazione a prezzi mutati. In caso di aumento di prezzo, mi misura la disponibilità a pagare per evitare il danno; in caso di riduzione, la disponibilità ad accettare una variazione di reddito per rinunciare al beneficio. 25/11 CONDIZIONI DI EFFICIENZA STATICA IN UN’ECONOMIA DI SCAMBIO E PRODUZIONE Teorie delle scelte del consumatore LA FUNZIONE DI UTILITÀ Il consumatore massimizza l’utilità che deriva dai beni, con un vincolo di spesa. L’utilità è un concetto soggettivo: soddisfazione, benessere, che deriva dal bene. ü Utilità cardinale; ü Utilità ordinale; Facendo una serie di ipotesi sulle preferenze fra panieri diversi di beni, si può comunque definire una FUNZIONE DI UTILITÀ. LE IPOTESI 1) completezza: per ogni coppia di panieri x’ e x’’, un paniere è preferito o indifferente all’altro 2) transitività: se x’ è preferito a x’’, e x’’ è preferito a x’’’, allora x’ è preferito a x’’’ 3) riflessività: ogni paniere è indifferente a se stesso 4) non sazietà: x’ è preferito a x’’ se contiene una quantità maggiore di almeno un bene, e non inferiore di tutti gli altri 5) continuità: è possibile compensare in modo continuo la riduzione di un bene in un paniere con un aumento di bene in un altro paniere in modo che i due panieri siano indifferenti 6) stretta convessità dell’insieme di indifferenza: la riduzione progressiva di un bene in un paniere deve essere compensata da aumenti progressivamente maggiori di un bene in un altro paniere per mantenere i due panieri indifferenti LA FUNZIONE u (x) Se u (x) è una funzione di utilità, Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 66 u (x) = u (x’’) se e solo se x’ è indifferente a x ; u (x’) = u (x’’) se e solo se x è preferito a x’’ à la funzione u(x) riflette l’ordinamento delle preferenze L’UTILITÀ MARGINALE L’utilità marginale è l’incremento di soddisfazione del consumatore in presenza di un’unità addizionale di un bene. Ipotesi: ü L’utilità marginale (U’) è sempre positiva e decresce con l’aumento della quantità posseduta di un bene. ü Il consumatore massimizza l’UTILITÀ che deriva dai beni, con un vincolo di spesa. Ne caso di due beni x1 e x2, la funzione di utilità è: U =U (x1, x2). Livelli uguali di utilità sono forniti da combinazioni diverse dei due beni. LE CURVE DI INDIFFERENZA Le preferenze del consumatore (o l’indifferenza) tra più panieri di spesa può essere rappresentata con le curve d’indifferenza, che indicano tutte le combinazioni di beni che soddisfano il consumatore in eguale misura. SMS E CURVE DI INDIFFERENZA IL SAGGIO MARGINALE DI SOSTITUZIONE (SMS) La pendenza di una curva d’indifferenza in ogni punto è detta saggio marginale di sostituzione (SMS). ü Corrisponde al tasso con il quale il consumatore è disposto a scambiare un bene con un altro; ü È la quantità di uno dei due beni che il consumatore desidera per compensare una riduzione unitaria dell’altro, a parità di soddisfazione. à dx1/dx2 = saggio marginale di sostituzione Quanto x 1 in più (in meno) è necessario per compensare una diminuzione (aumento) di x 2 lasciando il consumatore ugualmente soddisfatto. SMS = dx 1 /dx 2 = -U’ 2 /U’ 1 à ove U’ = dU/dx = utilità marginale di x Se A e B sono sulla stessa curva di indifferenza deve essere : -dx 1 * U’ 1 = + dx 2 * U’ 2 e quindi: dx 1 /dx 2 = -U’ 2 /U’ 1 PROPRIETÀ DELLE CURVE DI INDIFFERENZA 1. Curve di indifferenza più alte garantiscono un livello di soddisfazione più elevato (quantità maggiori di beni à principio di non sazietà) 2. Le curve di indifferenza sono inclinate negativamente (segni opposti delle variazioni dei beni) 3. Le curve di indifferenza non si intersecano 4. Le curve di indifferenza hanno forma convessa rispetto all’origine (più ne ho di un bene, più sono disposta a cederne per acquisire una quantità maggiore di quello più scarso) Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 67 CASI LIMITE: ci sono dei beni che possono essere ü Beni perfettamente intercambiabili, detti sostituti perfetti, per i quali non conta quanto si ha dell’uno o dell’altro (si sostituiscono sempre allo stesso tasso). ü Beni complementi perfetti, per i quali non ha valore ciò che si ha in più rispetto ad un rapporto fisso (li consumo sempre nella stessa proporzione)- grafico costituito da un punto angoloso. IL VINCOLO DI BILANCIO Le scelte economiche degli individui sono sottoposte a limiti di spesa, individuati dal vincolo di bilancio che indica le combinazioni di beni che il consumatore può acquistare dato il suo limite di spesa (il suo reddito Y) e i prezzi. LA CURVA DEL VINCOLO DI BILANCIO Costruiamo una curva che in ogni punto indichi i beni acquistabili dal consumatore tenendo conto del vincolo di bilancio. Se i beni sono due, le possibilità di acquisto sono: Y = x 1 *p 1 + x 2 *p 2 da cui : x 1 =Y/p 1 -p 2 /p 1 *x 2 PREZZI RELATIVI La pendenza della curva (vincolo) di bilancio corrisponde al rapporto tra i prezzi dei due beni, vale a dire al prezzo di un bene espresso in termini dell’altro bene. Dato il vincolo di bilancio, come fa il consumatore a scegliere una determinata combinazione di beni? LA SCELTA OTTIMALE DEL CONSUMATORE Il massimo (il punto di ottimo) della soddisfazione del consumatore si ha nel punto di tangenza tra vincolo di bilancio e la più alta delle curve di indifferenza. In quel punto il SMS corrisponde al rapporto tra i prezzi: la valutazione relativa dei due beni da parte del consumatore corrisponde a quella del mercato. Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 70 La curva dei contratti unisce tutti i punti di tangenza tra le curve di indifferenza di A e B. ü Nell’economia semplificata che abbiamo visto, la contrattazione diretta tra gli individui determina la posizione finale. ü Nelle economie di mercato, dove operano contemporaneamente milioni di persone, l’equilibrio finale si raggiunge attraverso il meccanismo dei prezzi. BENESSERE E CONCORRENZA Il mercato concorrenziale tende a raggiungere una situazione di ottimo paretiano. ü Le posizioni di ottimo sono molteplici. ü Il mercato assicura l’efficienza ma non l’equità. EQUITÀ: Punto R; Punto di ottimo ma iniquo TEORIA DELLE SCELTE DEL PRODUTTORE In quale proporzione combinare i vari fattori produttivi? In quale proporzione produrre i diversi prodotti? LA TECNOLOGIA DI PRODUZIONE La funzione di produzione: ü indica il più elevato livello di produzione che un’impresa può produrre per ogni data combinazione dei fattori di produzione, con una data tecnologia; ü mostra che cosa è tecnicamente possibile quando l’impresa opera in maniera efficiente. Funzione di produzione con due fattori produttivi: ü Q = F(T,L) Q = Produzione, T = Terra, L = Lavoro ü La tecnologia è data. GLI ISOQUANTI: Curve che rappresentano tutte le possibili combinazioni di fattori di produzione che generano lo stesso livello di produzione. BREVE E LUNGO PERIODO Breve periodo: periodo di tempo durante il quale le quantità dei fattori di produzione (almeno di uno) non possono essere variate; questi fattori di produzione sono detti fattori di produzione fissi; Lungo periodo: periodo di tempo nel quale tutti i fattori di produzione sono variabili. Isoquanti con pendenza negativa e sono convessi. SAGGIO MARGINALE DI SOSTITUZIONE TECNICA (SMST) La pendenza di un isoquanto in ogni punto è detta saggio marginale di sostituzione tecnica (SMST). La pendenza degli isoquanti esprime il rapporto di sostituzione tra due fattori di produzione per un dato livello di produzione. dL/dT = saggio marginale di sostituzione tecnica quanto L in più (in meno) è necessario per compensare una diminuzione (aumento) di T lasciando invariato il livello di produzione. SMST= dL/dT = -Q’T/Q’L Q’T= dQ/dT è il prodotto marginale di T Q’L = dQ/dT è il prodotto marginale di L Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 71 PROPRIETÀ DEGLI ISOQUANTI Gli isoquanti hanno pendenza negativa; hanno forma convessa rispetto all’origine (ipotesi di produttività marginale decrescente dai fattori produttivi). CASI PARTICOLARI: DUE FATTORI PRODUTTIVI VARIABILI PERFETTI SOSTITUTI Il SMST è costante; per una data produzione, ogni combinazione di fattori produttivi può essere scelta 8°, B, o C) per ottenere lo stesso livello di produzione. CASI PARTICOLARI: DUE FATTORI PRODUTTIVI IMPIEGATI IN PROPORZIONI FISSE Nessuna sostituzione è possibile: ogni livello di produzione richiede un dato ammontare di ogni fattore produttivo. Per aumentare la produzione, occorre aumentare l’utilizzazione di entrambi i fattori. Come fa il produttore a scegliere una determinata combinazione di fattori produttivi? LA SCELTA OTTIMALE DEL PRODUTTORE Dati i prezzi dei fattori produttivi, la tecnica produttiva ottima è quella che consente di ottenere un certo livello di produzione al costo minimo. LE RETTE DI ISOCOSTO Dati i prezzi dei fattori produttivi è possibile determinare il costo di produzione. Nel caso in cui vengano impiegati solo due fattori produttivi è possibile rappresentare le combinazioni di input che comportano lo stesso costo di produzione. C=p L L+p T T da cui : L=C/p L -p T /p L T Il costo minimo di produzione per un certo livello di produzione si ha nel punto in cui l’isoquanto di produzione è tangente ad una retta di isocosto. Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 72 Nel punto di ottimo dL/dT = -Q’ T /Q’ L = - p T /p L; Q’ T /p T = Q’ L /p L à condizione di uguaglianza delle produttivita’ marginali ponderate In quale proporzione produrre i diversi prodotti? OTTIMO NELLA PRODUZIONE DISTRIBUZIONE DEI FATTORI PRODUTTIVI SCATOLA DI EDGEWORTH Abbiamo risolto questo problema dando per scontato che il produttore abbia già scelto il livello di output da produrre. In realtà, il produttore deve scegliere quanto output produrre; lavoro e terra posso essere usati per produrre beni diversi. Usiamo un espediente analogo alla scatola di Edgeworth: il lavoro e la terra possono essere impiegati per produrre il bene X o il bene Y. Quando so il livello di input che ho a disposizione, devo anche scegliere come ripartirli nella produzione del bene X o del bene Y. Le dimensioni della scatola sono la Q di terra e lavoro totale a disposizione. Ogni punto dà una ripartizione dei due fattori tra la produzione del bene X e del bene Y. Il punto D stabilirebbe di usare Lx unità di lavoro e Tx unità di terra per produrre il bene X e la parte restante per produrre il bene Y. È efficiente questa ripartizione? Quanto posso produrre del bene X e Y? Faccio passare i due isoquanti che rappresentano le rispettive produzioni per il punto D. I due isoquanti possono essere secanti oppure tangenti. La situazione va letta come nel caso dei consumatori. Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 75 Nel punto di ottimo: dy/dx = -MC x / MC y = - p x /p y ; MC x / p x = MC y /p y à Condizione di UGUAGLIANZA DEI COSTI MARGINALI PONDERATI. EFFICIENZA NELLO SCAMBIO E NELLA PRODUZIONE: SMS = dy/dx = -U’ x /U’ y = - p x /p y SMS(A) = dy/dx (A) = SMS(B) = dy/dx (B) SMST= dL/dT = -Q’ T /Q’ L = - p T /p L SMT=dy/dx=-MC x /MC y =-p x /p y SMS=SMT Þ massima efficienza CONCORRENZA PERFETTA ED EFFICIENZA I mercati competitivi garantiscono il raggiungimento dell’efficienza paretiana: ü soddisfano l’efficienza nello scambio; ü soddisfano l’efficienza nella produzione; ü soddisfano l’efficienza nella combinazione dei prodotti. Nei mercati competitivi infatti: ü prodotto omogeneo ü informazione perfetta ü libertà di entrata ed uscita dal mercato ü assenza di esternalità ü assenza di costi di transazione ü esistono numerose imprese e molti ü consumatori ü Il prezzo è dato COMPORTAMENTO DELLA SINGOLA IMPRESA L’obiettivo dell’impresa è massimizzare i profitti. L’impresa quindi aumenta l’output finché il ricavo marginale è uguale al costo marginale . Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 76 Nel massimizzare l’utilità i consumatori eguagliano il SMS al rapporto tra i prezzi dei beni SMS = - p x /p y I prezzi sono dati per tutti i consumatori e quindi SMS(A) = SMS(B) Nel minimizzare il costo di produzione i produttori eguagliano il SMST al rapporto tra i prezzi dei fattori produttivi (che sono dati per tutti i produttori) SMST= dL/dT = - p T /p L Nel massimizzare i profitti le imprese realizzano l’eguaglianza tra il prezzo di vendita dei beni e il costo marginale MC x =p x MC y =p y I prezzi sono dati per tutti i produttori e quindi SMT=-MC x /MC y =-p x /p y SMT = SMS Efficienza nella produzione e nel consumo: tutti i prodotti vengono realizzati al minor costo possibile. Il valore che un acquirente attribuisce al consumo del bene è uguale al costo marginale sostenuto per produrlo. PRIMO TEOREMA FONDAMENTALE DELL’ECONOMIA DEL BENESSERE In un sistema economico di concorrenza nel quale vi sia un insieme completo di mercati, un equilibrio concorrenziale, se esiste, è un ottimo paretiano. L’equilibrio di concorrenza perfetta è Pareto-efficiente: l’allocazione a cui perviene il mercato è tale che non è possibile aumentare l’utilità di un individuo senza ridurre quella di un altro individuo. SECONDO TEOREMA FONDAMENTALE DELL’ECONOMIA DEL BENESSERE Se sono rispettate alcune condizioni relative alle funzioni di utilità individuali e alle funzioni di produzione, in presenza di mercati completi ogni posizione di ottimo paretiano può essere realizzata come equilibrio concorrenziale, data un’appropriata redistribuzione delle risorse, fra gli individui. Un’allocazione Pareto-efficiente può esser sempre raggiunta come equilibrio di un’economia concorrenziale, modificando opportunamente le dotazioni iniziali. I teorema → natura descrittiva: descrive le conseguenze che ha l’equilibrio di mercato in termini di ordinamento sociale. II teorema → natura prescrittiva: definisce le condizioni che devono esser soddisfatte (in materia allocativa e distributiva) per raggiungere una certa posizione desiderata dalla collettività. STATO E MERCATO Divisione dei compiti tra le due principali istituzioni: ü Il MERCATO ha ruolo ALLOCATIVO ü Lo STATO ha ruolo REDISTRIBUTIVO CONDIZIONI NECESSARIE PER UN’ALLOCAZIONE EFFICIENTE GRAZIE AL MERCATO ü Esistono mercati su cui scambiare ogni bene o servizio ü Tutti i mercati sono perfettamente concorrenziali (e le funzioni rilevanti soddisfano le condizioni di convessità) ü Tutti gli agenti sono perfettamente informati ü I diritti di proprietà sono assegnati in modo completo ü Non vi sono esternalità ü Non vi sono beni pubblici, né beni in proprietà comune ü I costi medi di lungo periodo non sono decrescenti ü I costi di transazione sono nulli LE RAGIONI DELL’INTERVENTO PUBBLICO IN ECONOMIA Definire i diritti di proprietà e garantire il rispetto dei contratti. ü Redistribuire ü Produrre i beni meritori ü Evitare i fallimenti del mercato I FALLIMENTI DEL MERCATO Situazioni nelle quali il “libero” operare delle forze di mercato non riesce a produrre risultati in qualche senso ottimali, dando così spazio all’intervento pubblico sostitutivo o correttivo. CONSEGUENZE DEI FALLIMENTI Costo sociale del funzionamento in modo non efficiente di un mercato. Si può misurare in base alle variazioni di benessere che determina. 1/12 QUALE TIPO DI MERCATO PERMETTE IL RAGGIUNGIMENTO DI QUESTE CONDIZIONI DI EFFICIENZA? Concorrenza perfetta I mercati competitivi garantiscono il raggiungimento dell’efficienza paretiana: soddisfano l’efficienza nello scambio, nella produzione e nella combinazione di prodotti. Caratteristiche di un mercato competitivo: Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 77 - il prodotto è omogeno tra i produttori (i consumatori non hanno una preferenza) - informazione perfetta (sia per i consumatori sia per i produttori) - libertà di entrata ed uscita dal mercato - assenza di esternalità - assenza di costi di transazione - esistono numerose imprese e molti consumatori (nessuno di loro può influenzare l’equilibrio di mercato) - il prezzo è dato dall’incontro tra domanda e offerta globale, non influenzabile dalla singola impresa/consumatore Come si comporta un’impresa in concorrenza perfetta? Posto che l’obiettivo di un’impresa è massimizzare i profitti, l’analisi marginalista ci dà la possibilità di tracciare l’andamento dei costi e dei ricavi. Presuppone una produttività dei fattori che implica un costo marginale che, oltre un certo punto, è crescente. Questo fa sì che il costo marginale intersechi il costo totale medio e variabile medio nel loro punto di minimo. Finché CM < CVM, CM quelli devono decrescere, ma quando il CM li supera questi devono crescere. In un equilibrio di lungo periodo, finché il prezzo è maggiore del costo totale medio, essendoci la libertà di entrata, le imprese entrano nel mercato fino a raggiungere un equilibrio di mercato è uguale al costo totale medio minimo. Non dipende dalla quantità della singola impresa, quindi il ricavo marginale della singola impresa è uguale al prezzo. La dinamica dei profitti di un’impresa dipende dall’andamento congiunto dei ricavi dei costi. È conveniente produrre finché il costo marginale (=variazione dei costi) è inferiore al ricavo marginale (=variazione dei ricavi, in concorrenza perfetta il prezzo). Si raggiunge l’equilibrio p*, q* dopo un aggiustamento di entrata-uscita delle imprese che riescono o meno a produrre al prezzo dato. In concorrenza perfetta il prezzo è dato e non è differenziato tra i consumatori. Ogni consumatore aggiusta il suo paniere in modo da avere la massima soddisfazione, sulla base dei vantaggi che gli derivano da una data composizione di acquisti. Ogni consumatore cioè eguaglierà il SMS al rapporto tra i prezzi dei beni. Siccome ogni consumatore eguaglia il SMS al rapporto tra i prezzi, questo vale fino al n-esimo consumatore à i SMS dei vari consumatori, uguali al rapporto tra i prezzi (dati), saranno anche uguali tra di loro. Il regime di concorrenza perfetta realizza nello scambio una situazione Pareto-efficiente: se i consumatori rinunciassero a uno dei beni per incrementare la quantità dell’altro vedrebbero peggiorare la loro situazione. Nella produzione, i prezzi dei fattori produttivi sono dati ai produttori. Ogni produttore sceglie una composizione di input per avere il prodotto al costo minimo, eguagliando il SMST al rapporto tra i prezzi degli input. Se questo è vero per tutti i produttori, tutti avranno lo stesso SMST, realizzando l’efficienza nella produzione. Ogni impresa produce fino al punto in cui il suo costo marginale = prezzo. Poiché i prezzi sono dati per tutti, si arriverà a una situazione in cui il costo marginale di tutti i produttori = prezzo, realizzando quella situazione in cui il SMT = SMS che permette il raggiungimento di una situazione di ottimo. Facendo riferimento a questa situazione, sono stati enunciati due teoremi all’interno dell’economia del benessere: 1. In un sistema economico di concorrenza nel quale vi sia un insieme completo di mercati, un equilibrio concorrenziale, se esiste, è un ottimo paretiano. L’equilibrio di concorrenza perfetta è Pareto-efficiente: l’allocazione a cui perviene il mercato è tale che non è possibile aumentare l’utilità di un individuo senza ridurre quella di un altro individuo. 2. Se sono rispettate alcune condizioni relative alle funzioni di utilità individuali e alle funzioni di produzione, in presenza di mercati completi ogni posizione di ottimo paretiano può essere realizzata come equilibrio concorrenziale, data un’appropriata redistribuzione delle risorse, fra gli individui. Un’allocazione Pareto-efficiente può essere sempre raggiunta come equilibrio di un’economia concorrenziale, modificando opportunamente le dotazioni iniziali. à cfr scatola di Edgeworth. Se ritengo che i punti all’interno della lente non esprimano i desiderata della società, la distribuzione iniziale deve essere modificata per raggiungere il punto che desideriamo sulla curva dei contratti. Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 80 Se il bene è privato, la parte del consumo dell’individuo A dipende dalla quantità del bene consumata da B. Il vincolo è dato dalla disponibilità totale. Solo se il grado di consumo ß = 0 PA può essere uguale a P e viceversa. Il grado di rivalità è massimo: il consumo totale del bene è uguale alla somma de consumi individuali. Se il bene è pubblico, P è a disposizione sia di A e sia di B. Il fatto che uno ne usufruisca non riduce la disponibilità del bene di cui l’altro può usufruire. Questo ha delle importanti conseguenze nella costruzione della curva di domanda. Normalmente, la quantità domandata per ogni prezzo è la somma delle quantità domandate dagli individui. Arriviamo cioè a una relazione che lega la domanda globale al prezzo esistente sul mercato. Se il bene non è rivale, noi non siamo liberi di scegliere: la quantità che posso consumare è uguale alla quantità totale che mi viene offerta, uguale per tutti. In questo caso ci si può domandare quanto siamo disposti a pagare in più per aumentare l’offerta di un bene pubblico, ma non quanto bene pubblico domandiamo singolarmente dato un prezzo, perché l’individuo non ha la facoltà di aggiustare la propria domanda (in una stanza, la temperatura è data per tutti, anche se ho freddo non posso alterarla solo per me stesso e diventa automaticamente la stessa per tutti). 2/12 Beni pubblici caratterizzati da: - non rivalità: per le caratteristiche del bene, nel momento in cui è disponibile, la quantità totale del bene disponibilità è la stessa per tutti gli individui. - non escludibilità: non poter escludere qualcuno dalla sua fruizione. L’escludibilità può essere determinata da ragioni tecniche (esempio faro), o ragioni economiche (esempio aula e riscaldamento). La curva di domanda del mercato è una curva aggregata che dice la quantità domandata per ogni singolo prezzo. Graficamente, va fatta un’aggregazione orizzontalmente: per ogni prezzo (ordinata) si somma il valore di ascissa, ovvero la quantità domandata da n individui. Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 81 Quando i beni non sono rivali, come un bene pubblico, gli individui non hanno la facoltà di scegliere quanto domandare, quindi nel costruire la curva di domanda si deve partire dalla quantità poiché è la stessa per tutti. Si chiede agli individui quanto sono disposti a pagare per questo bene. La domanda aggregata non è un’aggregazione orizzontale, ma la somma delle disponibilità marginali a pagare dei singoli individui. MA i singoli individui sono disposti a manifestare la loro disponibilità marginale a pagare? Da qui si arriva al grande problema dei beni pubblici che implicano un fallimento di mercato perché non permettono di raggiungere una situazione pareto-efficiente. Si osserva che si avrebbe la possibilità di trovare un equilibrio efficiente quando la somma delle disponibilità marginali a pagare copre i costi di fornitura, rendendo il bene pubblico conveniente da avere a livello sociale. Se individui tengono un comportamento strategico per cui dicono di non essere disposti a pagare si osserva che il bene pubblico non viene prodotto, per questo spesso interviene il settore pubblico nella fornitura del bene pubblico, perché ritiene che i privati non riescano ad avere un vantaggio nella sua fornitura. Il settore pubblico riesce ad intervenire poiché ha potere impositivo. Ci sono diversi tipi di beni pubblici: BENI PUBBLICI MISTI – CLUB GOODS Oltre ai due casi estremi di beni pubblici e beni privati esistono categorie intermedie. Si definiscono beni pubblici misti (Club Goods) quei beni per i quali il costo marginale di un’ulteriore unità fornita, pur non essendo zero come nei beni pubblici puri, tende rapidamente a zero al crescere del numero degli utilizzatori. Sono definiti Club Goods in quanto per questa categoria di beni è necessaria la presenza di una organizzazione (un Club appunto) che si occupi della fornitura del bene e che possa escludere coloro che non ne fanno parte. BENI PUBBLICI MISTI – COMMONS I beni né pubblici né privati caratterizzati da rivalità nel consumo con escludibilità difficile o impossibile sono beni a proprietà comune: i Commons. Esempi di beni rivali ma non escludibili: l’utilizzo di strade e di parchi pubblici. BENI PUBBLICI E FALLIMENTO DI MERCATO Per i beni pubblici esiste difficilmente un mercato. Se l’autorità pubblica non fornisce tali beni, nessun privato potrebbe avere convenienza a farlo. L’autorità pubblica interviene attraverso l’imposizione fiscale generale per finanziare l’offerta dei beni pubblici. Il mercato non è in grado di allocare in modo efficiente i beni pubblici. Ciascuno deve consumare la stessa quantità del bene. Non è possibile consumare una quantità predeterminata dello stesso. PROBLEMA DI FREE RIDING Un tipico problema legato alla fornitura dei beni pubblici è il comportamento da free rider degli agenti economici. Per free riding si intende il comportamento di chi usufruisce dei beni pubblici senza pagarne il corrispettivo. Una volta fornito il bene pubblico non è possibile escludere nessuno dal suo godimento. Nessuno quindi è disposto a pagare per la fornitura del bene pubblico e a rivelare le proprie preferenze e la propria disponibilità a pagare per il bene pubblico con la speranza che altri paghino. Ma se tutti ragionano in questo modo allora il bene pubblico non é fornito. UN ESEMPIO Consideriamo due individui che devono decidere se acquistare un bene pubblico P. Siano • y1 y2 ricchezza a disposizione • c1 c2 contributo • x1 x2 ricchezza rimanente dopo il contributo • c costo del bene pubblico • u1 = f 1 (x1 , P) u2 = f 2 (x2 , P) funzioni di utilità • r 1, r 2 i prezzi di riserva Appunti di Economia dello Sviluppo sostenibile (I semestre) A.A. 2020/21 -Caterina Papalia 82 Il prezzo di riserva è il prezzo massimo che ciascuno è disposto a pagare per il bene pubblico. Si determina osservando la situazione di indifferenza dell’individuo tra avere e non avere il bene pubblico. f 1 (y1 - r 1 , P) = f 1 (y1 , 0) f 2 (y2 – r 2 , P) = f 2 (y2 , 0). Se il bene pubblico non viene acquistato ciascuno spende il reddito solo per consumi privati y1 , y2 , 0 Se il bene pubblico viene acquistato ciascuno spende il reddito per consumi privati e pubblici x1 , x2 , P x1 = y1 - c1 , x2 = y2 - c2 Quali sono le condizioni per acquistare il bene pubblico? La situazione x1 , x2 , P è un miglioramento paretiano rispetto alla situazione y1 , y2 , 0 se per entrambi gli individui la soddisfazione aumenta. Quindi se è f 1 (y1 , 0) < f 1 (x1 , P) f 2 (y2 , 0) < f 2 (x2 , P) f 1 (y1 - r 1 , P) = f 1 (y1 , 0) < f 1 (x1 , P) = f 1 (y1 - c1 , P) f 2 (y2 - r 2 , P) = f 2 (y2 , 0) < f 2 (x2 , P) = f 2 (y2 - c2 , P) Perché l’acquisto sia un miglioramento paretiano deve essere y1 - r 1 < y1 - c1 , r 1 > c1 y2 - r 2 < y2 - c2 , r 2 > c2 L’utilità è crescente negli andamenti (principio di non sazietà). Conclusione: un individuo trae beneficio dal bene pubblico se paga un contributo inferiore al massimo che era disposto a pagare. GLI SCENARI POSSIBILI 1. r 1 > c r2 > c 2. Entrambi gli individui sono disposti a acquisire il bene pubblico perché hanno una soddisfazione così elevata da sostenere il costo massimo. 2. r 1 > c r2 < c o r1 < c r2 > c Uno dei due individui può sostenere il costo e l’altro no. 3. r 1 < c r2 < c r1 + r2 > c Nessuno dei due è disponibile ad acquisire il bene, ma se cooperano la somma dei prezzi di riserva è maggiore del costo. 4. r 1 < c r2 < c r1 + r2 < c I due individui non sono in grado di sostenere il costo di fornitura del bene pubblico né individualmente né collettivamente. Acquistare il bene pubblico è chiaramente inefficiente, dato che i loro prezzi di riserva (e la loro somma) sono inferiori al costo di fornitura del bene pubblico. Gli altri tre scenari sono più interessanti perché in ciascuno di essi la fornitura potrebbe costituire un miglioramento paretiano rispetto alla non fornitura. Infatti se la somma dei prezzi di riserva è superiore a c, esiste uno schema di ripartizione del pagamento che è un miglioramento paretiano. Nei primi tre scenari, la suddivisione del costo di fornitura nelle due quote c1 e c2 potrebbe consentire ad entrambi gli individui di pagare meno dei rispettivi prezzi di riserva. Di conseguenza, la fornitura del bene pubblico potrebbe aumentare il benessere di entrambi gli individui. ü Il problema consiste nell’ideare un sistema appropriato di ripartizione del costo totale e, di conseguenza, nel conoscere le reali disponibilità a pagare dei due individui. ü Se ciascun individuo conosce non solo il proprio prezzo di riserva, ma anche quello dell’altro, è possibile applicare vari sistemi di ripartizione del costo che mettano in relazione il contributo di ognuno con la relativa disponibilità a pagare. E’ chiaro, però, che entrambi gli individui hanno un forte incentivo a non rivelare il proprio prezzo di riserva. ü Ad esempio, nel primo dei due casi dello scenario 2, se l’individuo 2 può osservare che l’individuo 1 ha una disponibilità a pagare maggiore del costo, allora rivelerà un prezzo di riserva nullo, in tal modo l’individuo 1 sostiene per intero il costo della fornitura. In tal caso, infatti, sebbene non contribuisca, l’individuo 2 potrà usufruire del bene pubblico comportandosi da “free rider”. ü Nello scenario 3, quello con la maggiore credibilità empirica (in particolare se esteso al caso di una società costituita da più di due persone), sia l’individuo 1 che il 2 hanno un incentivo a rivelare un prezzo di riserva falso. ü Ne consegue che, sia per decidere se acquistare il bene pubblico, che per stabilire come ripartirne il costo di acquisto tra i membri della società, è essenziale conoscere i prezzi di riserva. Tuttavia, conoscere la disponibilità a pagare dei singoli individui è estremamente difficile perché non esiste alcun mercato nel quale i prezzi di riserva vengono rivelati ed esistono forti incentivi individuali a dichiarare prezzi di riserva falsi.
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