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Economia e marketing delle industrie creative, Appunti di Economia

Sintesi del corso anno accademico 22/23

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 20/03/2023

valentina-bossi
valentina-bossi 🇮🇹

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Scarica Economia e marketing delle industrie creative e più Appunti in PDF di Economia solo su Docsity! ECONOMIA E MARKETING DEI MEDIA E DELLE IMPRESE CREATIVE 3/10/22 Orario lezioni Lunedì: 11.30-13.55 Giovedì: 13.00-15.15 Il corso si interfaccia con il mondo dell’industrie mediali, prevede una frequenza e un’interazione forte. Cosa vuol dire studiare media economics e media industry? Protto mediale = contenuto mediale come una serie tv, un film, un podcast, un personaggio, giornali. Capacità di un prodotto seriale di diventare un brand e un franchise mediale e transmediale = diventa talmente famoso che si crea un vero merchandise Prodotti a utilità ripetuta = prodotti che non esauriscono la loro vita in un flusso, ma continuano ad avere valore anche dopo molti anni come Friends In chiave economica perché un certo contenuto mediale è importante? Vari aspetti Brand che realizza un contenuto mediale che si fa fruire come contenuto = brand entertainment > non è un contenuto commerciale, ma sviluppato dal brand – deve contenere elementi identitari del brand stesso, più che parlare del prodotto Esempi di prodotti mediali: - Skam = scripted format - Winx = prodotto in italiano, serie inglese - Strappare lungo i bordi = serie tv a fumetti = prodotto di animazione ma rivolto agli adulti 2 ambiti principali di analisi: - Contenuto audiovisivo - tv, cinema, piattaforme streaming - Contenuto digitale/ social media Industria mediale = per lavorare in questo settore dei media bisogna conoscere trasversalmente i contenuti mediali, oltre al gusto personale. Consumi mediali vari con linguaggi diversi – cultura mediale legata ai contenuti. Kahoot: Amazon ha acquistato Metro Goldwyn Mayer nel 2021 – grandi conglomerati mediali (aziende / imprese diverse che agiscono su ambiti mediali diversi). Amazon comprando la MGM alimenta i contenuti di prime video (amplia la library acquisendo i diritti dei contenuti MGM) – creazione di media giants che operano a livello globale e con un modello economico caratterizzato da integrazione trasversale Comcast ha acquistato Sky prima del 2021 Disney ha acquisito Fox Il sistema dei media comprende editori (giornali, musica), broadcaster (radio, tv) e reti di telecomunicazione. I consumi di tv tradizionale durante la pandemia sono cresciuti fino al +50% > i consumi mediali della popolazione include tante età diverse e in Europa soprattutto anziani quindi questo frena l’aumento di consumo mediale di piattaforme streaming e favorisce il consumo della tv tradizionale. Il mezzo che raccoglie più risorse economiche in Italia è la televisione perché le risorse della Rai derivano dal canone, c’è la pubblicità per tutte le piattaforme e ci sono gli abbonamenti dei fruitori per le pay tv Differenza di modelli economici che caratterizzano il panorama televisivo: Canone, Advertising, Sottoscrizione. 1 Gli investimenti pubblicitari recentemente sono maggiori su internet che sui broadcaster (che però hanno anche canone e sottoscrizioni) Sky è un’impresa pay attiva in diversi paesi europei: Italia, Germania, Austria Sky non è il commisioner (produttore) dell’Amica geniale (quello è rai in coproduzione con HBO) 8 e cielo sono i canali in free di Sky Nove appartiene al gruppo Discovery Un format televisivo è un programma già andato in onda il cui schema ha un valore > si può formatizzare qualunque genere. Prendo un programma già esistente e mi baso su quello per altri programmi Paperformat = idea in un progetto per un nuovo programma Il programma televisivo più visto in Italia nell’annualità 20-21 è stato il Commissario Montalbano – ascolto medio più alto Programma = tutte le serate del programma Una casa di produzione televisiva è un’azienda che fornisce contenuto ai broadcaster – filiera del broadcasting (a monta di questa filiera c’è la casa di produzione che produce i contenuti, che poi vengono trasmessi) Un broadcaster è un’impresa impegnata nel comporre un’offerta televisiva. Un broadcaster è un editore responsabile della propria offerta, porta con sé la responsabilità editoriale. Un operatore OTT distribuisce contenuto on-demand attraverso la rete Raiplay = OTT ma con pubblicità Nel 2021 il numero complessivo di serie scripted americane prodotte è cresciuto dopo un calo del 2020 > contenuto scripted seriale (di fiction) americano. Il contenuto è sovrabbondante di prodotti audiovisivi realizzati 6/10/22 LE TEMATICHE DEL CORSO L’economia dei media è un approccio, anche detto media economics o media industry studies. Una delle tematiche presenti nelle domande del gioco era relativa al tema di acquisizioni e integrazioni. Per esempio, l’acquisizione di Comcast, grande gruppo mediale americano, della paytv in Europa (sky Europe), oppure l’acquisizione da parte di Disney del grande gruppo mediale Fox, che poi ha avuto grande ripercussioni concreti e pratici: per esempio ciò ha cambiato completamente la presenza di Disney Fox in Italia, son cambiati dirigenti. L’ultimo caso in ordine di tempo è quello dell’acquisizione di MGM (Metro Golden Mayer) grande major USA, da parte di Amazon, colosso dell’e-commerce. Questo descrive una delle dinamiche proprie dell’economia dei media contemporanea (dagli anni 90 in poi), ovvero un’economia dei media che nel contesto più avanzato per i media che sono gli USA, un processo di forte concentrazione; quindi, la concentrazione dei gruppi mediali nord americani che in pochi anni per diverse ragioni vanno a regolamentare dagli anni 80, rendendo più semplice fare questo tipo di operazioni. Il governo repubblicano di Regan è famoso per questo: avvia una politica di re-regulation, di de-regolamentazione, processo che comporta un livello più alto di integrazione tra imprese, imprese più grandi che operano in più settori. Se guardiamo tutto il contesto dell’industria mediale e digitale, negli ultimi 20/30 anni, c’è stato un processo di maggiore concentrazione in un numero minore di imprese. Questo tema ha a che fare con dinamiche tipiche dell’economia dei media: le imprese mediali tendono a raggiungere livelli di concentrazione più alta (cercheremo di capire le ragioni economiche per cui avviene 2 mediali che producono dei contenuti, dei testi, dei prodotti destinati a un pubblico. Queste 4 dimensioni lo caratterizzano: ciascuna di esse va a definire una serie di problematiche e approcci di studio differenti. Studiare i media costituisce uno studio multi disciplinare che affronta un oggetto che è un campo di studio affrontato in maniera diversificata da discipline diverse. La parte che ci riguarda di più sarà quella istituzionale dei media quindi ci interessa come funziona una impresa mediale, che cosa fa un’impresa mediale, come si organizza e che rapporti ha almeno con 2 altri importanti soggetti che sono lo stato e il mercato. Lo stato attraverso una serie di organi, leggi va a regolamentare il settore dei media con la legge ordinaria ma anche con istituzioni specifiche. Esiste un’autorità specifica, Agicom, che si occupa della regolamentazione del settore mediale, è un’autorità indipendente seppur di nomina politica. Le dinamiche del mercato sono di concentrazione e di competizione. La dimensione istituzionale si raccorda alle altre dimensioni, non può prescindere dal fatto che si producano contenuti, non può prescindere dalla dimensione tecnologica e quella del pubblico (pubblici diversi, sia consumatori di contenuti sia gli investitori pubblicitari). Per un modello di tipo commerciale (es. Mediaset), il marketing ragiona come marketing editoriale sia per chi consuma i contenuti sia per i veri clienti che non sono in realtà i fruitori ma gli investitori pubblicitari. Il marketing è rivolto a professionisti ed investitori che finanziano la produzione di contenuti. Ci occupiamo del funzionamento delle imprese mediali e l’insieme dei mercati va a costituire l’industria dei media. Economia dei media (Robert Picard): essa si occupa del modo in cui i media soddisfano con le risorse a disposizione (e le risorse sono sempre caratterizzate da scarsità) le esigenze e i bisogni di informazione e di intrattenimento del pubblico, le esigenze degli investitori e della società nel suo complesso. Il mercato non è altro che il luogo in cui alcuni soggetti che costituiscono la domanda sono disposti ad acquistare prodotti o servizi di altri soggetti che costituiscono l’offerta. Questo mercato mediale è popolato dalle imprese mediali. La media economics ha a che fare con questioni collegate ma anche diversificate (approccio di tipo composito). Ha a che fare con questioni legate alla macro economia (economia dei grandi aggregati, l’insieme dei prodotti e dei servizi realizzati in un paese: prodotto interno lordo, valore dei beni e servizi) ma ci sono anche questioni legate alla micro economia (consumatore, impresa…). L’economia dei media deve necessariamente tenere conto degli andamenti della macro economia. Ritroviamo questo concetto ad esempio nel rapporto che c’è tra l’andamento dell’economia e gli investimenti pubblicitari: in periodi di riduzione del valore del PIL, come gli anni successivi alla crisi del 2008, vediamo una riduzione delle risorse pubblicitarie a disposizione dell’industria mediale. Sarebbe più vantaggioso in realtà investire di più nei momenti di crisi rispetto a quelli buoni. Le risorse a disposizione dei diversi comparti mediali (televisione, cinema, radio, stampa) hanno una flessione importante proprio negli anni della crisi economica. Poi, naturalmente si occupa di micro economia quindi dell’analisi di specifici mercati e quindi di specifici ambiti di prodotti e imprese mediali. In particolare, ci occuperemo degli agenti economici che decidono che cosa, dove, quanto e per chi produrre contenuti. Questi agenti economici interagiscono tra di loro nel mercato e sono tre: le imprese, i consumatori e i governi (che danno le regole con cui il mercato si sviluppa). L’economia tende a lavorare su ipotesi relative a come questi attori operano su specifici mercati. Le strategie di un attore rispetto ad un altro vanno a influenzare le dinamiche complessive del mercato. Un elemento fondamentale da considerare in queste dinamiche è la struttura stessa del mercato; con ciò intendiamo il numero di imprese sul mercato. I mercati mediali hanno una caratteristica tradizionale, oggi ancora più evidente, cioè l’essere 5 caratterizzati da forme di oligopolio, ovvero forme di riduzione del numero di attori presenti (non c’è forte concorrenza tra tanti attori che competono per prodotti simili ma i mercati hanno loro specifiche caratteristiche). Il mercato della televisione in Italia è stato prima monopolista poi oligopolistico in senso stretto (duopolio) e più recentemente a seguito di una serie di rivoluzioni a un mercato oligopolistico più largo, anche se gli attori del mercato sono sempre pochi. L’altro fattore determinante è costituito dalle caratteristiche dei prodotti: i prodotti mediali hanno caratteristiche di forte differenziazione (non come i prodotti materiali comuni, che si assomigliano molto tra di loro). Il mercato della stampa quotidiana vede prodotti che sono diversi ma sono anche molto diversificati tra di loro; non è uguale il prodotto Corriere o Repubblica. L’economia dei media lavora sia su scenari nazionali che sovrannazionali e globali. Questi scenari vengono interrelati in diversi modi: la regolamentazione del mercato dei media ci sono state trasformazioni che dipendono da una serie di direttive europee (di cui la più importante è la audiovisual media services directive che viene poi recepita anche dalla regolamentazione nazionale). La regolamentazione è un chiaro esempio di come la dimensione nazionale si connetta a una dimensione sovrannazionale; questo incide molto sul funzionamento dell’industria. Da questa direttiva dipende l’obbligo da parte degli editori televisivi di produrre e programmare contenuti nazionali o europei. Il fatto che i broadcaster non possano semplicemente acquistare prodotti americani e metterli nell’offerta ma debbano investire in contenuti italiani o europei dipende direttamente da questa regolamentazione. Ci occupiamo di competizione: la dinamica competitiva all’interno degli specifici mercati riguarda le diverse imprese mediali. Il mercato della televisione gratuita ha diverse dinamiche: Mediaset, Discovery, rai, la7. C’è una risorsa che appartiene ai fruitori particolarmente scarsa: il tempo. Siccome i contenuti sono time-consuming (richiedono tempo), la competizione non è solo tra le diverse imprese ma anche tra attori di settori mediali diversi. Ad esempio i broadcaster saranno in competizione con YouTube, Google, TikTok perché l’attenzione è la risorsa fondamentale per le imprese mediali. L’economia dei media si occupa degli aspetti organizzativi: come funziona un’impresa mediale, della sua gestione. Vedremo come funziona il processo e il percorso che porta alla produzione dei beni e servizi che le industrie realizzano. Questo processo è analizzabile attraverso la filiera. Quella dei media è fatta dalla produzione, dal confezionamento, dalla creazione di un’offerta e dalla distribuzione. Un’impresa mediale ha come proprio fine il profitto: la massimizzazione dei profitti è fondamentale. Ci sono però specificità che riguardano i media nel settore mediale le finalità delle imprese possono essere diverse: alcune imprese sono totalmente finanziate in termini di risorse pubbliche (es. public service broadcasting, servizio pubblico. La sua finalità non è il profitto ma legata a finalità culturali). Non sempre il profitto è la finalità prima: l’impresa automobilistica e manufatturiera del nord ha caratterizzato la proprietà del Corriere della Sera (le finalità di queste imprese non sono solo legate al profitto ma magari al condizionamento dell’opinione pubblica, alla creazione di un clima favorevole…). L’economia dei media si occupa anche di aspetti legislativi che regolamentano il settore. Le politiche pubbliche devono tenere in considerazione, in primo luogo, il bene comune e non l’interesse specifico dell’impresa che normalmente è il profitto. In alcuni casi le forme di regolamentazione possono entrare in conflitto con le specifiche necessità e gli specifici obiettivi delle imprese: per es. la regolamentazione dei contenuti violenti con strumenti come fasce protette vede prevalere l’esigenza di un bene comune sul bene specifico di un’impresa. 6 L’economia dei media si occupa della filiera ma anche delle attività di marketing (costruzione di un brand, comunicazione, ricerca) che contribuiscono talvolta in maniera decisiva al raggiungimento degli obiettivi economici dell’impresa stessa. La specificità dell’approccio dell’economia nei media consiste nell’affrontare 4 diversi obiettivi:  Capire la rilevanza della variabile economica nei media (profittabilità, modello di business): ci sono delle specificità dell’economia dei media che la rendono in qualche modo unica e diversa dagli altri comparti.  Conoscere il funzionamento della “macchina” delle industrie mediale e i meccanismi “dietro le quinte”.  Avere una visione completa dei processi, dei professionisti coinvolti, delle dinamiche micro e macro che riguardano la produzione e la diffusione dei contenuti mediali.  Capire le ragioni effettive delle scelte dell’industria dei media (dinamiche competitive, scelte strategiche, chiusura di programmi…). Perché per esempio un programma tv a un certo punto chiude, quali sono le dinamiche che guidano queste decisioni. Un mezzo di comunicazione è una sorta di campo che si caratterizza per una mappa elaborata negli anni 80 di Ithiel de Sola Pool che descrive il sistema dei media come articolato in 4 grandi aree. Esse sono l’editoria che comprende le imprese che realizzano contenuti o proprietà intellettuali (film, quotidiani, canzoni, video giochi), un settore che è quello dei vettori o reti che nascono con la telegrafia e arrivano fino alle reti informatiche e a internet. Il terzo settore è del broadcasting costituito dall’industria di radio e televisione, ed è insieme editore e rete nel senso che un broadcaster è un gruppo editoriale e quindi responsabile dei contenuti ma anche della distribuzione della propria offerta. La quarta area è quella delle imprese che producono gli strumenti tecnologici che consentono di fruire oltre che produrre contenuti mediali, siano esse hardware o software, per consumare di un contenuto abbiamo necessità di avere strumenti quali un dvd player, un apparecchio tv, un decoder, uno smartphone. Il testo di Pool “technologies of freedom” in cui si ipotizzava questo sistema dei media, ragionava già allora negli anni 80 di convergenza, cioè il fatto che i diversi settori di questo sistema dei media si caratterizzino per ibridazioni tra i diversi campi. Se guardiamo al campo ristretto dell’economia dei media, abbiamo a che fare con le imprese editoriali (comprendendo anche i broadcaster, imprese che producono contenuti), le telcos quindi le società di telecomunicazioni, imprese che forniscono infrastrutture e servizi per la trasmissione dei contenuti e le imprese informatiche che costruiscono hardware e software destinati alla produzione, distribuzione e consumo dei contenuti. Le dinamiche di convergenza sono molto evidenti tanto più oggi perché, per esempio, è vero che Apple è un manufacturer che produce hardware e software ma sta diventando anche un’impresa attiva nel settore mediale. Altro esempio è quello della principale pay tv nazionale in Italia, Sky Italia, che con Sky glass va a occupare un terreno del produttore di hardware e questo per diversificare il business in un momento in cui il mercato della tv a pagamento non è più cresciuto, ma poi anche per la trasformazione stessa di un broadcaster come Sky, un aggregatore. Questo sistema dei media diventa così sempre più integrato e caratterizzato da fenomeni di convergenza. Industria dei media: sono imprese che si occupano di “produzione di contenuti destinati a essere trasmessi nello spazio e nel tempo per mezzo di supporti fisici o reti di telecomunicazioni e ad essere scambiati in base a valori economici diretti o indiretti” (comunicazione di massa, comunicazione mediata, comunicazione interpersonale face to face). I media tipicamente 7 richiesto la necessità dell’introduzione del diritto d’autore o copyright: posso consumare il contenuto senza privarmene poi, non posso però rivenderlo. L’altro aspetto è che se in linea teorica il broadcasting è il perfetto bene pubblico, in certe situazioni una delle caratteristiche di scarsità può essere ricreata artificialmente generando un modo diverso per sfruttare quel bene. Per esempio, negli USA il broadcasting commerciale si sviluppa e viene fruito da chiunque; quando la tecnologia consente negli anni 70 di affiancare alla forma tradizionale una diversa distribuzione, quella del cavo, la diffusione via cavo consente attraverso un accesso discriminato di discriminare tra un sottoscrittore e un non sottoscrittore. Vado a ricreare l’escludibilità: io posso escludere dal consumo il non sottoscrittore, in fondo è lo stesso meccanismo delle sale cinematografiche, al botteghino pago l’ingresso. Il bene mediale in questi casi che è per definizione bene pubblico perde la caratteristica della non escludibilità e diventa un bene semi pubblico. Su un’unica tecnologia si vanno a costruire modelli economici diversi: bene pubblico e tv commerciale, e poi dall’altro lato il cable o il satellite che reintroducono una forma di escludibilità e quindi un modello diverso di sfruttamento del bene cioè televisione a pagamento in cui il consumatore è il cliente perché sostiene il finanziamento per produrre quell’offerta. 10/10/22 L’approccio economico ai media Che cosa produce un’industria mediale di valore? Produce contenuti, delle proprietà intellettuali che hanno delle caratteristiche molto importanti, genera il valore e la ragione per la quale di un contenuto avviene la fruizione, ossia per la proprietà intellettuale. L’economia dei media si differenzia dal resto delle altre attività economiche per una serie di tratti distintivi che la rendono diversa. Ovvero differenziano l’economia dei media dall’economia dei materiali. Una prima caratteristica è come funziona la produttività del lavoro, nelle industrie di beni materiali soprattutto nell’industrie tessili per esempio la tecnologia è intervenuta per sostituire lavoro e migliorare la produttività, ma nel campo dei media che nasce alla fine dell’800 ciò non avviene perché per la produttività del lavoro per la parte dell’intellectual property ciò è generato da un lavoro di tipo intellettuale rispetto al quale non c’è possibilità di sostituzione con tecnologie e rispetto al quale non è possibile migliorare il lavoro stesso. Altro esempio di grande cambiamento tecnologico legato agli strumenti di distribuzione di contenuti negli ultimi dieci anni sono le OTT, la tecnologia in questo caso è migliorata per via della velocità della banda e la possibilità di distribuire più contenuto ad una velocità più alta ha contributo a generare un'altra possibilità di sfruttamento di contenuti audiovisivi (tv, cinema) attraverso una distribuzione nuova di cambiamenti ed innovazioni legati al modo in cui contenuti sono inseriti nell’offerta. L’industria dei media produce contenuti materiali e qui c’è il tema della distinzione da un lato tra contenuto e contenitore, talvolta il contenuto deve trovare il proprio contenitore fisico per essere distribuito anche se il digital ha portato ad una sorta di smaterializzazione del contenitore e dall’altra parte la distribuzione che può essere fisica quindi offline (giornale cartaceo distribuito) oppure online tutto ciò che utilizza una rete di telecomunicazione che trasmettere un unico segnale dallo stesso broadcaster piuttosto che attraverso la rete. La forma principale del contenuto prodotto dall’industria dei media è immateriale. Il doppio valore: i contenuti assumono un doppio valore. Si calibrano gli interventi pubblici, lo stato interviene a sostegno dell’industria mediale e lo fa in virtù del valore culturale del prodotto generato 10 dall’industria mediale. Il cinema oggi è il settore mediale che viene maggiormente sostenuto per il suo valore culturale. Oggi lo è all’interno di un quadro leggi che sono state sviluppate dal 20116 a legge Franceschini, legge 116 che ha modificato ls modalità con cui avviene il finanziamento della produzione di cinema e genera temi e dibattiti (corretto che si spendano risorse pubbliche che si giudica ad alto valore culturale nel momento in cui fatica ad arrivare al pubblico). Definizione: il bene pubblico vuol dire che il prodotto mediale ha le caratteristiche di un bene pubblico secondo la definizione di Samuelson ovvero di una non rivalità e non escludibilità del consumo a differenza delle merci materiali perché non sparisce dal mercato il prodotto mediale, genera un continuo flusso. Esempio del broadcasting nati negli anni 20 con la radio e poi con la tv, chiunque abbia un apparecchio destinato alla ricezione del segnale lo può ascoltare. Ciò può rappresentare una problematicità per l’industria essendo un bene pubblico ha una difficoltà ne generare una sua remunerabilità. L’industria del broadcasting all’inizio nasce per volere delle imprese manufatturiere, manufactuer, nate per rivendere degli apparecchi, il contenuto e i programmi erano una sorta di accidente rispetto a come nasce l’industria vera e propria, solo nella fase successiva si sviluppa l’industria e l’industria trova dei i modi per ovviare alla criticità e ai fallimenti del mercato in questo caso del broadcasting sono: la televisione commerciale e il servizio pubblico ho un finanziamento indiretto che fa si che il broadcasting rimanga un bene pubblico accessibile a chiunque, la tv free to air. Non è proprio gratuito, ossia vi è un mercato secondario che vende la nostra attenzione agli inserzionisti pubblicitari. È il modello commerciale o americano, dall’altro lato abbiamo il servizio pubblico viene raccolta una tassa di scopo sul possesso degli apparecchi stessi, una tassa che ha un costo limitato ma che consente di sviluppare un servizio pubblico, dalla Gran Bretagna poi si esporta poi in tutti i paesi dell’Europa occidentale, è un’invenzione tipica occidentale in Europa. Il passaggio successivo è quello che ci porta dai pubblici ai beni semi pubblici, la tecnologia permetterà di superare la non escludibilità a partire dagli anni 70 e 80 con l’introduzione di tecnologie per l’accesso condizionato, (un cavo che porta il segnale nelle case degli americani con HBO oppure il satellite che consente tramite il decoder di discriminare la sottoscrizione), nasce un terzo modello di tv ossia la tv a pagamento si supera la dimensione di bene pubblico con un terzo modo, i finanziatori sono i consumatori in questo caso. Il cliente è lo stesso fruitore, questo accade solo nel caso della tv a pagamento. Nel caso della tv commerciale il cliente è l’investitore pubblicitario non è il fruitore, c’è una divaricazione tra il fruitore che guarda la tv e il cliente che è sempre l’investitore pubblicitario. Continuo caratteristiche dei prodotti mediali 5. Costi marginali ridotti: quando si produce un contenuto, quello che è importante nel produrre questo contenuto è il prototipo cioè la cosiddetta copia zero. Quando una casa di produzione insieme un regista e tutta la troupe realizzano il film, la cosa fondamentale è realizzare quel prodotto e quella copia zero ed è questa attività, cioè il realizzare il film è la parte più costosa per l’impresa perché poi costi di riproduzione della copia zero sono dei costi molto bassi e che tendono ad arrivare allo zero. Es: Mediaset stabilisce con un contratto che per la stagione 22/23 andrà a commissionare la produzione dell‘ennesima edizione di gf ad Endemolshine (editore che è Mediaset ed una casa di produzione che è Endemol) ossia una società che si occupa di produrre specificatamente un contenuto (mettere sotto contratto autori e cast). Il broadcaster o editore commissiona il prodotto e lo 11 inserirà all’interno della propria offerta. Il rapporto che esiste tra broadcaster e casa di produzione è un rapporto che si definisce di commissioning, l’editore è sempre un commissioner e nell’industria televisiva il prodotto è sempre commissionato da un editore perché bisogna che il prodotto abbia già una sua destinazione. Si stabilirà anche il costo (quanto costa una puntata o un ora, per il gf per esempio poco più di 1 milione a puntata ad oggi è un po’ meno), è un programma di produzione molto complesso, ha dei costi fissi dal punto di vista tecnico molto articolati. Mediaset poi va a vendere la pubblicità in base all’ascolto mettiamo 100 spettatori, cosa succede se per una sera ce ne sono 100+1? Ci guadagna perché il costo della puntata gf non cambia, non costa nulla lo spettatore aggiuntivo porta un vantaggio nel vendere la pubblicità ad uno spettatore in più, se si tende a massimizzare l’ascolto e c’è una variazione, vi sarà una pubblicità che arriva a più spettatori senza alcun costo aggiuntivo, il costo marginale non cambia per nulla, nel caso del broadcasting si tratta di una distribuzione circolare. Per un giornale cartaceo i costi cambiano e soprattutto il costo marginale cambia per la distribuzione. La maggior parte dei costi viene attratta dalla produzione del prototipo. Questo porta a dire in costi fissi e costi variabili, i costi fissi sono indipendenti dalla quantità di produzione (per realizzare un film avrò costi fissi che non dipendono dalle copie), mentre i costi variabili dipendono dalla quantità di produzione. L’industria dei media ha costi fissi molto alti e costi variabili bassi. Questo ha delle conseguenze, più è alto il numero delle copie che vengono realizzate più è basso il costo di ogni singola copia, i costi fissi infatti si ripartiscono sul numero più ampio di copie. Questo elemento ci riporta alla realtà del prodotto dei media ossia immateriale, genera dei rendimenti marginali crescenti, cioè i rendimenti crescono in base alla scala. L’industria dei media, più ancora di altri settori, tende a rendere particolarmente di valore la scala, più cresce più guadagna perché tutto il costo che un’impresa mediale deve sostenere va nella realizzazione di quel prototipo che mi costerebbe uguale sia che ho due spettatori e sia che ne ho mille, però ho più vantaggi ad avere più spettatori. Il vantaggio, dunque, di riprodurre in grandi quantità è evidente. È una caratteristica di fondo dell’industria dei media ossia la capacità di valorizzare le economie di scala che si traducono nel fatto che l’industria dei media ha un vantaggio molto forte da dimensioni molto grandi. 6. Minore flessibilità nella prodizione, maggiore flessibilità nella distribuzione: data dal rapporto tra produzione e distribuzione. Ciò è evidente se si considera che la media industry produce prototipi che è un qualcosa che viene realizzato ma che è difficilmente modificabile, è un po’ rigido. Si può operare in maniera più efficiente possibile sulla distribuzione. Esempio: prodotto cinematografico, quanto è rilevante per un film trovare una distribuzione che si adatta al film e alla concorrenza di altri film? Per esempio, l’individuazione di un periodo dell’anno in cui il film performa meglio. Le uscite più remunerative degli ultimi dieci anni al box office sono i film di Checco Zalone che porta incassi di 50/60 milioni di euro. La quota del cinema italiano negli ultimi anni si modifica in base alla presenza o meno di un film di Zalone. Quando escono di solito? L’ultimo è di gennaio 2020, comunque nel periodo di Natale. La produzione è più rigida non posso adattare il prodotto ai feedback del mercato, la distribuzione è più flessibile e può adattarsi alle esigenze ed alle caratteristiche dei diversi gruppi di consumatori per modalità di accesso. Il film è un classico esempio ed ha sviluppato delle finestre di sfruttamento, il prototipo è sempre quello ma si adatta ad essere 12 (lettori, spettatore) e l’altro prodotto che viene creato e che sviluppa un'altra parte di mercato è l’audience raccolta o quantificato. L’impresa mediale realizza due diverse tipologie di prodotti. Da questo punto di vista opera su un mercato a due versanti, non si tratta di mercati scollegati tra loro perché quello che caratterizza un mercato si realizza anche sull’altro, si generano degli effetti di network, ossia di relazione tra un versante e l’altro. Le conseguenze di questi due versati del mercato è che la remunerazione per le imprese mediali è di tipo congiunto, si combina in modi diversi a seconda del modello di business dell’impresa stessa un’impresa mediale a seconda del mercato in cui opera e del proprio modello di business andrà a stabilire in ce rapporto stanno i due versanti, cioè quanto dei ricavi può derivare sul lato del prodotto stesso e quanto può derivare sul lato dell’audience quantificata. Le possibilità sono che il prodotto venga smesso sul mercato venga acquisito dagli stessi consumatori. Una casa di produzione cinematografica produce un film, lo mette sul mercato e sono gli spettatori che pagano il prezzo del biglietto  il consumatore è il cliente che finanzia il prodotto. Abbiamo invece dall’altro lato gf un programma che non costa al consumatore e quindi la sua remunerazione deriva interamente a quanto un investitore pubblicitario è disposto a pagare per l’attenzione dell’audience. Abbiamo un mix del primo e secondo versante che varia a seconda delle caratteristiche dell’impresa e del modello di business. Il caso della tv è esemplativo, per esempio, perché ci concretizza i modelli di business, la tv commerciale (Mediaset) opera tutto il suo valore economico sul lato dell’audience quantificata un versante quello dell’audience va interamente a sussidiare l’altro versante il cui costo è pari a zero. Nelle piattaforme svod l’offerta viene sostenuta interamente sul lato del prodotto acquistato da un sottoscrittore. Se prendessimo Sky le cose sono più complesse, essendo pay tv, la parte più rilevante dei ricavi deriva dal lato utente, ma in realtà questo versante non sussidia l’altro versante completamente, perché Sky seppur in maniera ridotta raccoglie una parte di pubblicità che è minore della tv commerciale. Rai opera sui due versanti, sul versante della raccolta pubblicitari principalmente (un terzo di ricavi) e poi ha il canone. Se guardiamo al settore dell’editoria alla stampa quotidiana allora il mix è più equilibrato perché da un lato un’impresa editoriale raccoglie ricavi sul lato utente consumatore e si sostanziano nel costo di copertina della coppa e dall’altro lato si ha anche una raccolta pubblicitaria che ha poi specifiche caratteristiche perché il pubblico di giornale ha caratteristiche di target diverse, è più ricercato. C’è un legame grande quindi tra affollamento pubblicitario e prezzo d’acquisto, perché se l’impresa deve stare in piedi deve fare profitti, bisogna che le due cose siano equilibrate se sale il ricavo sul versante della pubblicità può scendere sul versante lato utente fino ad arrivare ad azzerarsi. Guardando alla stampa, non ha ingranato propriamente però dall’estero negli anni 90 è stato importato un modello chiamato free press giornali gratuiti che adottano il modello di business simile a quello della tv commerciali, sono finanziati dalla pubblicità e non hanno un costo per l’utente. Veniano distribuiti nelle grandi città, in Italia all’epoca vi erano tre testate Leggo, City e Metro. Se il consumo risulta essere gratuito l’utente può accettare il fastidio della pubblicità, lo accetta di meno se è l’utente che paga il prezzo del prodotto stesso, ecco perché la pay tv non ha così tanta pubblicità. Il finanziamento pubblico è qualche cosa che si aggiunge a questi versanti, il finanziamento pubblico è una forma di 15 finanziamento maggiore destinata a quei contenuti e prodotti che presentano un valore culturale degno di essere promosso dallo stato e questi prodotti vengono definiti beni di merito (merit goods) ed il finanziamento può essere diretto ossia come la tv di servizio pubblico dove il canone viene girato sulle casse della concessionaria di servizio pubblico che è la Rai (il contratto di servizio si basa su una concessione di Stato) oppure tutte le forme di finanziamento indiretto quali per esempio di agevolazione fiscale per la produzione cinematografica (legge Franceschini). 9. Ciclo di vita dei prodotti: una delle distinzioni forti che si fanno sui prodotti mediali è il tipo di vita del prodotto mediale la durata lunga o corta della vita del prodotto, se quindi esaurisce la propria durata nel momento della distribuzione, si generano due grandi classi: i prodotti di stock o prodotti ad utilità ripetuta che sono dei prodotti che tendono a poter estendere il proprio valore nel corso del tempo ad una vita che si prolunga nel corso degli anni (romanzi, film, canzoni), vanno a costituire i prodotti di library come il caso friends, questi prodotti possono essere sfruttati per tutto il periodo in cui l’onere del diritto ha la proprietà del diritto stesso; i prodotti di flusso sono dei prodotti che per definizione perdono il loro valore dopo che sono stati distribuiti (prodotti informativo quotidiani, periodici, tg, eventi sportivi live). A seconda del prodotto, la possibilità di operare sul prodotto stesso può essere diversa e può riguardare le strategie di distribuzione o il marketing. Nel caso di prodotti di flusso le strategie di distribuzioni risultano essenziali, un prodotto deve avere una rete distributiva che consenta di consegnare il prodotto nei tempi nei quali il prodotto mantenga il suo valore. Viceversa per i prodotti ad utilità ripetuta molto spesso le strategie di promozione o di marketing risultano essenziali, per i grandi film hollywoodiani i costi di promozione sono molto elevati e consentono di massimizzare il ricavo di quel film nelle poche settimane in cui il film è distribuito in sala, la parte più forte dei ricavi di un film si esaurisce nelle due o tre settimane iniziali, su quelle si spinge sulla promozione, ma i film è un prodotto ad utilità ripetuta, si possono quindi attuare strategie di promozione per esempio nelle OTT. 10. Beni esperienza: i contenuti mediali si definiscono dei beni esperienza, ossia il valore del contenuto, del bene è percepibile solo dopo averne fatto esperienza, l’apprezzamento per un contenuto avviene solo dopo che il prodotto è stato consumato. Il fatto che i prodotti mediali 16 si definiscano dei beni esperienziali ha una serie di conseguenze, se ci domandassimo quali sarebbero i valori percepiti nei consumi dei beni mediali, troveremmo molte risposte, la difficoltà di tornare a vedere un film, se impostassimo una ricerca su ciò ci dovremmo chiedere qual è il valore dell’esperienza dell’andare in sala? Fruizione o anche condivisione di valori? I beni esperienza e beni mediali offrono al consumatore anche dei beni di distinzione, l’identità di ciò che io sono dipende dai beni e dai prodotti che io consumo e dalle esperienze che io faccio. Ingenerale dei beni esperienza richiedono un lavoro di consumo che richiede tempo, attenzione e energia intellettuale che accresce via via l’esperienza su quella tipologia di consumo, più io faccio esperienza dei beni più io sono competente. I beni esperienza sono dei beni che sono soggetti alla legge del piacere decrescente che ci dice che il piacere generato da quell’esperienza decresce in relazione al numero delle ripetizioni di quell’esperienza e alla brevità del tempo di quell’esperienza. Il fatto che i contenuti mediali siano beni esperienziali e che per valutarne i valori devo averli fruiti genera incertezza sull’industria, su come performeranno i beni stessi, qui si torna alle strategie per evitare ciò. Economie di scala: si generano se i costi marginali sono inferiori ai costi medi. Se il costo per fornire un’unità addizionale di prodotto scende in rapporto all’aumento di scala della produzione. Se io aggiungo spettatori, il costo rimane uguale, e quindi in realtà bado a generare un’economia di scala. I costi medi sono i costi totali necessari a fornire un prodotto divisi per il suo pubblico e i costi marginai sono questi costi necessari per fornire quel prodotto ad un consumatore in più. Il costo del programma televisivo rimane identico, ma se io aggiungo uno spettatore spalmo quel costo medio su più spettatori e raggiungo un ricavo più alto. Le ragioni dell’economia di scala nell’economia dei media: sono il fatto he le grandi imprese mediali ottengono dei vantaggi sulla produzione, soprattutto una delle ragioni è la natura di bene pubblico dei prodotti mediali ossia che ha costi marginali bassi o tendenti allo zero. Economie di scopo: si generano quando un’impresa è sufficientemente grande per potersi impegnare nella realizzazione di una varietà di prodotti in una multi-produzione a partire dagli stessi materiali e ottimizzando le sue properties ottenendo così economie di scopo che avvantaggiano le grandi imprese, consentono di poter utilizzare una proprietà in modi diversi. Es: Mediaset e rai, la prima ha operato questa trasformazione andando nell’ottica dell’economia di scopo, ha unificato Mediaset news, l’agenzia che produce le news per Mediaset, unificare consente di abbattere i costi. In generale potremo pensare al modello che ha dato vita a grandi economie di scopo e scala ossia il gruppo Disney, abbiamo a che fare con un'unica property Mickey Mouse declinato in diversi prodotti. 17 una sorta di scoperta di territori nuovi e non conosciuti. Un analisi desk ci può offrire gli strumenti per capire che ruolo ha la destinazione all’interno di quel prodotto com’è rappresentato e connotato, una serie di analisi che hanno consentito di mappare tutta la produzione. Si possono avere 4 possibili effetti nel vedere una destinazione - Indifferenza - Fedeltà - Desiderio - Azione È ciò che si è provato a misurare. Il primo tema dell’attraction del contenuto, un conto è parlare di una commedia, vista al cinema; recognition devo anche essere in grado di riconoscere quel territorio. La parte di questionario da una serie di risposte sul quanto, ma non spiega mai le ragioni, a questa quantitativa si è aggiunto un focus Group per andare a concretizzare cos’è il cine tele turismo. Un film e una fiction scritta bene crea attenzione, crea il pubblico che rimane davanti alla tv. Il settore del turismo è polverizzato. In tutto ciò le regioni hanno capito che c’era questa opportunità di rilancio e spendevano il triplo usando la televisione. 17/10/22 Il caso della settimana: devono uscire i dati Netflix per la prima volta. È circolato un comunicato ufficiale in GB emesso da Barb, che corrisponde ad Auditel. Questo si collega al fatto che Netflix adotterà interruzioni pubblicitarie per offrire un abbonamento meno caro. Ciò è collegato perché la crescita dimostrata dagli ultimi dati era arrivata a una sorta di flat, perciò la parte delle sottoscrizioni rischiava di essere rallentata. Quindi hanno deciso probabilmente di cercare un’altra fonte di finanziamento, quello pubblicitario, mescolando la tradizionale forma di subscription on demand con raccolta di sottoscrizioni con un altro modello, quello della raccolta pubblicitaria. Modello freenium: si mantengono i tradizionali costi dell’abbonamento premium e si aggiunge un’altra modalità, un costo più basso per il sottoscrittore perché la cifra mancante deriva dalla vendita della pubblicità. La pubblicazione degli ascolti e il nuovo sistema con pubblicità sono collegati perché Netflix ha dati super dettagliati fin da subito, però che sono propri e che appartengono ad analisi interne. Col passaggio alla pubblicità cambia che gli investitori pubblicitari devono vedere dei dati credibili. Il calcio l’anno scorso è passato dalla televisione alla piattaforma di DAZN, e ha dovuto dichiarare gli ascolti per gli investitori pubblicitari, che hanno bisogno che sia dimostrato. La pubblicità sul calcio è importante, mi misuro io con un sistema che lavora sui dati e li propone al mercato. Succede che l’autorità garante del mercato della comunicazione dei media in Italia (AgCom) interviene dicendo che DAZN non può dichiarare lui quelli che sono i suoi ascolti. In un mercato complesso bisogna che ci sia un soggetto super partes che in modo affidabile dichiari gli ascolti. DAZN si rivolge a un soggetto terzo, Auditel, che da sempre analizza gli ascolti in Italia: Auditel è una società con caratteristiche peculiari. Per prima cosa, per quanto è grosso il mercato dei media in Italia, ha comunque delimitazioni precise e sostanzialmente non è enorme. Quindi il soggetto che opera la misurazione tende ad essere un soggetto monopolista e di fatto c’è solo Auditel, è un aspetto negativo perché ha il monopolio: gli ascolti quantificati sono trattati da un’unica società. Bisogna che la società monopolista abbia una struttura societaria particolare: JIC, Joint Industry Committee. 20 Consiste nel fatto che, come accade per Auditel, i soci della società monopolista sono gli stessi attori del mercato perché questo garantisce che quella società rappresenti tutti gli attori in maniera equa e generi meccanismi specifici di controllo perché i dati siano raccolti bene e condivisi dagli attori. Auditel è nata nel 1984, e i soci fondatori erano 3: Rai, Fininvest, investitori pubblicitari raccolti in un’associazione, UPA (Utenti pubblicitari associati). Questi 3 danno vita al JIC, con un consiglio di amministrazione e comitato tecnico. Nell’84, per evitare una totale confusione nei confronti del mercato e quindi un fallimento, si dà vita a qualcosa che assomiglia alla banca d’Italia, perché l’ascolto misurato viene definito una currency, quasi una moneta condivisa, perché bisogna che tutti gli attori di quel mercato e tutti gli attori a cui si rivolge siano fiduciosi del fatto che quella che pure è una convenzione. Succede in GB, che dopo gli USA è il mercato più sviluppato, anche per SVOD e piattaforme. Nel contesto mediale della convergenza, le distinzioni nette dei media sono problematiche: la televisione sul web (es. rai play), è tv o internet? L’Agcom a DAZN ha detto che deve farsi misurare da Auditel. I broadcaster tradizionali e le loro concessionarie vorrebbero mettere le OTT in un paniere diverso, vorrebbero preservare la raccolta pubblicitaria del mezzo televisivo, come se fossero separate. Molto probabilmente anche alla luce della sentenza DAZN, a un certo punto Netflix si farà misurare da Auditel. In Italia c’è la gestione concreta della ricerca Auditel. Negli USA non vige lo stesso modello, c’è un’azienda privata. Le caratteristiche dell’impresa mediale e come essa si inserisce nel mercato Il mercato dei media è fatto da imprese mediali, che sono in primo luogo imprese e operano in un mercato particolare, quello mediale. Produzione: attività di trasformazione di risorse in beni e servizi. Le risorse nel nostro caso sono il lavoro e il capitale, che un’impresa investe. Il lavoro è finalizzato alla realizzazione di un bene o servizio. L’obiettivo di fondo dell’impresa mediale è quello di realizzare la proprietà intellettuale, che si può declinare in diversi tipi di contenuti. Impresa: sono i luoghi, le istituzioni che realizzano la produzione. l’insieme delle imprese va a costituire l’industria. L’industria: è l’insieme delle imprese che realizzano un certo bene per lo stesso mercato. Industrie sono quelle radiofonica, della stampa… il nostro interesse si rivolge alla media industry, differenziata in tante imprese. L’obiettivo dell’industria mediale consiste nel massimizzare i profitti. Questo discorso generale può poi trovare per le imprese delle declinazioni diverse: sì il profitto ma anche PSM o PSB (public service media o broadcaster) ovvero i servizi pubblici, che non hanno come primo obiettivo il profitto ma gli obiettivi della comunità o dello stato secondo modalità diverse. Siamo a 100 anni dalla fondazione della BBC, che nasce con un Royal charter, il garante è la monarchia inglese. La rai è una società a cui viene attribuita la concessione del servizio pubblico, con una serie di obiettivi dati e rinnovati proprio dalla concessione. Le imprese mediali dei diversi stati sono diverse: si distingue tra due tipologie di imprese che sono public companies o aziende con un’azionista forte. Le prime sono caratterizzate dall’essere quotate in borse e dall’avere un azionariato. La differenza di fondo tra le due è che la public ha un numero elevato di soci che acquistano in borsa le azioni mentre un’impresa privata ha 1 azionista di controllo che può essere una famiglia. Le grandi corporation americane come Comcast, che ha acquistato Sky, è una public company; Mediaset invece non lo è perché l’owner è la famiglia Berlusconi. Nella public company la proprietà e il management sono separati: il secondo può sviluppare finalità 21 parzialmente diverse dalla generazione del profitto per gli azionisti (può anche solo volersi espandersi). Profitto: differenza tra i ricavi e i costi, dal punto di vista economico si dice che è ricavi meno costi opportunità. Il costo che si affronta per acquisire una risorsa corrisponde al mancato beneficio che deriva dal non aver fatto lo stesso investimento su qualcosa di alternativo. Il tema è la locazione dei costi che rende l’impresa più efficiente. Il risultato più produttivo è quello nel quale i fattori di produzione sono investiti nel modo più adatto (evitando sprechi ed inefficienze). Una delle questioni di fondo è il livello di produzione che è in grado di garantire maggiore profitto. Quanto conviene che un’impresa si espanda per ottenere un profitto maggiore? Nell’economia dei media l’aumentare a livello di produzione delle dimensioni di impresa normalmente dà vantaggio all’impresa (grazie a: immaterialità del prodotto, costi marginali bassi). Una delle leggi che vale normalmente per le imprese, la legge dei rendimenti calanti, ci dice che aumentando i fattori di produzione ottengo all’inizio rendimenti crescenti ma che poi tende ad abbassarsi e calare. La differenza è che nell’impresa mediale non tende a calare: è grandemente vantaggioso per l’impresa mediale. La dimensione dell’economia dei media è estremamente vantaggiosa, se non abbiamo vincoli, l’efficienza maggiore dell’impresa si ottiene con grandi dimensioni. Funzione di produzione: rapporto tra ciò che è immesso nel processo produttivo e i risultati ottenuti. Negli anni 80 del 900 si introduce nelle imprese editoriali il computer, e la possibilità di usare strumenti editoriali innovativi. Tutto ciò rende il costo per la produzione del contenuto più basso e quindi l’impresa più efficiente. In USA si sono sviluppati grandi Media Giants che in Europa non troviamo: questo anche grazie all’unificazione linguistica. È difficile in Europa costruire imprese molto grandi e che riescano a creare sinergie. Se non si realizzano il rischio è che le grandi imprese mediali USA si mangino tutto. Giganti mediali europei: Vivandy e Mediaset (attivo in Italia e Spagna, recentemente anche in Germania). I media nel mercato Il comportamento e l’efficienza di un’impresa mediale dipendono dalla struttura concorrenziale del mercato secondo un paradigma economico: le imprese operano in mercati diversi e come si comportano, le strategie, i profitti non dipendono solo dal proprio comportamento ma anche dalle caratteristiche delle altre imprese attive nel mercato. Gli elementi differenzianti le strutture del mercato sono: 1. Il numero di attori presenti sul mercato 2. Le differenze tra i prodotti realizzati per quel mercato 3. Le caratteristiche degli acquirenti (che possono essere acquirenti del prodotto= consumatore, ma anche forme indirette in cui l’acquirente è l’investitore pubblicitario) 4. Le possibili barriere all’ingresso: la volontà delle imprese tradizionali di alzare una barriera all’ingresso di nuovi attori, per evitare che mangino risorse che già sono in declino. Il comportamento dell’impresa determina anche la prestazione di quel settore di mercato. Se utilizzo pratiche che tendono ad alzare barriere e a non incentivare innovazione non rendo quel mercato particolarmente dinamico. Il mercato televisivo italiano è stato bloccato per più di 20 anni, giocato solo su attore pubblico e attore privato commerciale, che ha operato con misure tendenti ad escludere altri operatori (va contro l’innovazione). Siamo in evidente arretramento tecnologico. Meno l’impresa controlla il mercato, più quello è competitivo. 22 Vertical supply chain detta anche filiera, è un modo di visualizzare un certo settore economico. È costituita dalle diverse fasi di realizzazione di ogni prodotto o servizio- si può distinguere in alcune fasi e funzioni, separate e isolabili. Abbiamo 3 passaggi che caratterizzano la filiera: produzione, confezionamento e distribuzione/vendita. La filiera dei media è costituita dall’insieme delle fasi e delle funzioni: ciascun medio organizza la propria filiera in alcuni passaggi, tenendo conto delle proprie caratteristiche o specificità. La vertical supply chain mediale è finalizzata a creare intellectual property, confezionarla e ricavare i più alti ricavi vendendone tante volte quante possibile al prezzo più alto possibile per massimizzare ricavi e profitti. 20/10/22 Fare una ricerca nel campo della media industry: organizzazione del dossier di economia dei media - Individuare un caso di studio all’interno dei settori dell’economia dei media analizzarlo attraverso la raccolta, selezione e interpretazione di dati secondo le categorie apprese nel corso. - Scelta dell’argomento da comunicare a: mattia.galli01@unicatt.it - Risultato finale: un report in formato word della lunghezza massimo di 3 pagine (1 pagina per eventuali tabelle, grafici, schemi ecc). - Consegna: 12 dicembre alla seguente mail dossier.ecomedia@gmail.com Un documento strutturato che racchiude i risultati di una ricerca su un case study a partire dalla raccolta, analisi e interpretazione dei dati: quali regole seguire per la stesura? - Sintesi e chiarezza espositiva - Corretto utilizzo del linguaggio specialistico - Esplicitazione delle fonti (integrate nel corpo del testo sotto forma di collegamento ipertestuale) - Strutturazione coerente del lavoro (introduzione al caso scelto, il corpo del dossier con l’analisi vera e propria e commento delle fonti, conclusioni e possibili spunti futuri) - Lo sguardo deve essere obiettivo e informato sui fenomeni analizzati. - Dare grande importanza al lavoro di dossier se vogliamo fare la tesi in economia e marketing dei media. - Costituisce il 30% del voto finale del corso, permette di verificare chi è frequentante e chi no. Come scegliere il caso? - Scelta di un case study: un caso significativo dell’evoluzione economica, produttiva, distributiva etc. del sistema dei media contemporaneo, nel contesto nazionale, internazionale, scegliere un caso specifico in cui abbiamo dati - Un caso aziendale: analisi di un’impresa media della sua identità e della sua evoluzione - Esempi di dossier analizzati (Deagostini evoluzione del settore media e comunnication; Operazione di M&a Banijay-Endemol shine; campagne promozionali lancio di Discovery Plus in Italia; branded entertainment prodotti che partecipano nel processo creativo es: il 25 branded entertainment come strumento di comunicazione; analisi di strategie di espansione e di piattaforme VOD: il caso Hulu; fonti di finanziamento dell’industria cinematografica; diritti sportivi nel contesto italiano. Fallimento di prodotti, servizi che non hanno avuto successo) Le fonti: come recuperare le fonti? L’utilizzo delle fonti è uno dei punti cruciali e costituisce gran parte della valutazione, le fonti devono essere scelte, i dati devono essere corretti e dipendono dalle domande a cui il dossier deve rispondere. - Confronto per quanto possibile fonti e dati di diversa provenienza - Verifica preventiva dell’attendibilità delle fonti (non tutte le fonti hanno lo stesso peso) - I dati hanno un valore nullo se non vengono letti, interpretati, contestualizzati e rielaborati. - Usare i dati trovati per dare un taglio originale ai vostri lavori, - Strutturare fonti diverse per dare profondità al lavoro - Non usare Wikipedia. Quali potrebbero essere le fonti: gli organismi regolatori - AGCOM - AGCM - OFCOM (UK) - ARCOM (FRANCIA) - BNA (GERMANIA) - CNMC (SPAGNA) - FCC (USA) Associazioni di settore: - Confindustria radio televisione (CRTV) - Federazione concessionarie di pubblicità (FCP) - Associazione nazionale industrie cinematografiche audiovisive e digitali (ANICA) - Italian interactive digital Entertainment association (IIDEA) - Motion Picture Association (MPA) Rilevamento ed analisi dei consumi mediali: - Auditel - Cinetel - Audiweb - Radio Ter - ADS Notizie - Nielsen - BARB Letteratura e reportistica industry - Area studi: Medio Banca, il settore Media & Entertainment - PxC Global Entertainment & Media Outlook Report prodotti da istituti di ricerca 26 - Osservatorio europeo dell’audiovisivo (OEA) - K7 Media - Ampere Analysis (“The Amp”) gratuito - Médiamétrie - Sensemakers (versante digital e televisivo) La stampa specializzata: - Tivù - Prima comunicazione - Variety - Deadline Hollywood - Davide Maggio Stampa economica generalista - Il sole 24 ore - Italia oggi - Corriere della sera - Financial Times - Wall Street Journal Documentazioni ufficiali - Report finanziari periodici  potenziali economici dell’azienda per aiutarli ad investire - Comunicati stampa - Roadshow Presentation Letteratura scientifica - Comunicazioni social - Problemi dell’informazione - Journal of media Economics - Global Media journal - International Journal of Communication - New Media and Society Banche dati (sistema bibliotecario, catalogo classico e si scrive il nome della banca dati) - AIDA (analisi informatizzata delle aziende italiane, solo sette connessioni disponibili) - ZEOHRYS (fusione ed acquisizione di aziende) - ORBIS (informazioni sulle aziende globali Google, Amazon, Netflix) Un esempio di ricerca nei media industry studies: global media & internet concentration project, concentrazione (quando poche aziende controllano la maggior parte del settore) dell’industria nei media nel contesto dei media. Domanda di ricerca. Perché è importante studiare quando i mercati sono concentrati? La concentrazione ha delle importanti ricadute sugli scenari economici, politici e sociali. Obiettivo: mappare l’evoluzione del grado di concentrazione in ventiquattro settori dell’economia del media e delle telecomunicazioni per il periodo tra il 1984 e il 2028. 27 chi è l’editore? La Warner Bross è una delle grandi major di Hollywood nate negli anni 20 caratterizzate dall’essere delle grandi imprese verticali e caratterizzate dalla produzione e distribuzione ed esercizio. Ad oggi Warner è stato acquisita è avvenuta una fusione di quello che già era un conglomerato mediale un media giant che opera a livello globale, essendo già parte di un gruppo con marchi interni come DC e HBO e HBO max piattaforma OTT, è avvenuta questa fusione con gruppo Discovery, abbiamo un mondo molto scripted da un lato e dall’altro un mondo unscripted di Discovery del factual. Si tratta di imprese mediali presenti in tutto il mondo, presente molto in Italia con Discovery un grande gruppo tv che tiene molti canali oltre che Discovery+ editore di una serie di canali tematici, Eurosport. Mentre la Warner in Italia è presente come distributore di prodotti cinematografici. La fusione di questi grandi gruppi è molto importante che danno vita ad un conglomerato importante che ha aumentato la sua presenza con questo canale tv che prende il nome anche dalla produzione cinematografica. Ovviamente ci si chiede con che contenuti è fatto, in questo caso possiamo dire che è un canale di cinema. I canali hanno avuto una grande caratterizzazione da library cinematografica, in questo caso il canale si inserisce e successivamente i competitor sul mercato sono gli altri canali di library cinematografica, ossia prodotti cinematografici che hanno superato le finestre standard di superamento che sono la sala, paper view o transactional (chily apple tv), sky e poi infine la tv gratuita, se il film ha un suo appeal anche i canali generalisti. Dopo tutto ciò il film non ha smesso di essere un prodotto attrattivo che è un prodotto di stock e non di flusso, arriviamo alla possibilità di riutilizzare, il cinema continua ad essere un contenuto con un suo valore genera un consumo dilazionato nel tempo e definibile di coda ed una sua attrattività anche dopo diversi anni. I canali di library sono canali che rimpacchettano e riconfezionano i contenuti vecchi. Diventa fondamentale il modo in cui costruisco il palinsesto, in che modo vado a correlare il calendario di eventi alla programmazione, per esempio, in questo periodo su Iris; Rai Movie film di Halloween, la marcia su Roma a 100 anni dall’evento. Rai 4 ha un logo diverso dai colori tradizionali rai, il viola di rai 4 è stato scelto per segnare una marcata differenza quando nasce il canale rispetto alla programmazione rai, costruendo una sorta di avanguardia per andare a cercare il pubblico giovane con i film d’azione, americani e di serie. Da zero è arrivata a toccare una share del 2%. Le fonti di finanziamento dei media: la pubblicità nello scenario digitale L’economia ha a che fare con gli aspetti legati a specifici mercati e al comportamento delle aziende ma anche ha a che fare con gli andamenti generali dell’economia di un paese; quindi, non solo con la microeconomia anche con la macroeconomia. L’esempio id relazione tra un fattore dell’economia dei media e un fattore generale di un prodotto dell’economia generale ossia il legame tra investimento pubblicitario e il pil di un paese. L’andamento della principale fonte di finanziamento del sistema die media, la pubblicità è direttamente correlata all’andamento del prodotto interno lordo e tende a mostrare una curva che accentua l’andamento del pil, se il pil va bene la pubblicità va bene se il pull va male e la pubblicità va male. Dal punto di vista dell’economia generale è un periodo non molto buono per la guerra e la crisi energetica. Dopo una fase difficile dei primi mesi della pandemia l’economia si era ripresa a livello globale fortemente con qualche eccezione, l’Italia ha avuto un grande rilancio economico grazie anche al turismo nell’anno successivo 2021 e 2022 e poi lo scoppio della guerra ha interrotto questo slancio e le prospettive dell’economia italiana sono negative, nel 2023 si entrerà molto nella recessione, fase di decrescita del pil. Quello che interessa è come la variazione del pil va ad incidere sulla locazione 30 delle risorse pubblicitarie, quando le condizioni economiche sono positive le imprese hanno più disponibili ad investire in pubblicità, quando le cose sono negative, le prime voci che si riducono solo le voci di comunicazione, marketing e pubblicità. In realtà dovrebbe avvenire il contrario perché l’investimento in pubblicità sarebbe più redditivo. L’indice dell’investimento pubblicitario risente in maniera amplificata questo andamento, grandissima crisi negli anni 2012-2015 e poi di nuovo un andamento abbastanza stabile fino alla grande decrescita del 2020, un crollo del pil molto forte molto simile alla perdita di investimento pubblicitario con un rimbalzo nel 2021. L’andamento macroeconomico influenza l’investimento pubblicitario. Vertical supply chain è un modo per analizzare un settore economico disgregando le sue fasi e in particolare abbiamo una serie di fasi che sono fasi che un impresa segue per produrre e distribuire un contenuto e consegnarlo al cliente, sono fasi connesse tra di loro ed ordinate: produzione (si produce un contenuto, raccolta di notizie, programma tv o radiofonico, hit musicali); packaging o confezionamento (si va ad assemblare il prodotto che è un offerta commerciale, un insieme di prodotti, i giornali sono fatti da un insieme ordinato di notizie, un prodotto impacchettato come il palinsesto), distribuzione e la vendita al consumatore finale nelle varie forme in cui questa vendita può avvenire, a pagamento o gratuita. Questa filiera è molto utile applicata ai diversi settori perché ci consente di distinguere tra diverse imprese e in parte diversi mercati perché se pensiamo al broadcasting il primo step della flira si caratterizza per una tipica tipologia di impresa che si chiama casa o società di produzione che è un impresa che ha come proprio obiettivo di produrre contenti, non è un impresa che si rivolve al consumatore ma il proprio cliente sarà un broadcaster o editore, qualcuno che vuole costruire un offerta. Questa filiera al primo livello abbiamo le case di produzione, al secondo gli editori o le piattaforme OTT. Nella vertical supply chain abbiamo la fase di confezionato che consiste nella realizzazione artistica e operativa, contenutistica di un contenuto mediale. La responsabilità editoriale della produzione della notizia e l’altra strettamente produttiva hai sempre la linea giornalistica e supportato da una linea che è quella della produzione, nel caso della testata giornalistica produttiva la produzione comporta una serie di elementi (zainetti, troupe, attrezzature di collegamento). Fase di 31 confezionamento: il contenuto è messo in un servizio commercializzabile attraverso una figura professionale, editori, giornalisti, etichette musicali, redazioni, finalità di produzione di intellettuali. La parte di distruzione e vendita consiste nella consegna dei prodotti al destinatario che è un’audience, questo tipo di distribuzione può avvenire in modi diversi. Il broadcasting utilizza la stessa produzione da vent’anni (lo spettro, le onde elettromagnetiche) ma per esempio quando la tecnologia consente di trasformare quello che il bene pubblico in un bene semi pubblico questo passaggio avviene dalla possibilità di forme di produzione che si definiscono forme di distribuzione ad accesso condizionato (caso, satellite). Il criptaggio del segnale per superare le caratteristiche del bene pubblico di non escludibilità. Ci sono delle reti di distribuzione fisiche, ad esempio, i giornali (edicole) del contenuto. Un altro tassello di esercizio lo troviamo nel cinema. La grande crisi del cinema in Italia è la crisi dell’esercizio cinematografica della sala cinematografica (pre-pandemia 700 milioni di euro di box office non sono riusciti a raggiungerli nemmeno dopo la fine della pandemia). Si è creato un meccanismo di finanziamento del cinema generoso che ha portato i produttori cinematografici a produrre fil, che difficilmente trovano una distribuzione. Le fasi della filiera sono interdipendenti e acquisiscono senso e valore una dall’altra, il contenuto non ha calore se non viene distribuito e la rete non ha valore se non ha dei contenuti da distribuire, le fasi sono correlate ed interrelate. Questo fa capire come “colli di bottiglia” ossia l’andamento di un certo mercato dipende dalle caratteristiche di un mercato e delle specifiche fasi della filiera. Può essere che una fase della filiera si caratterizzi da una monopolistica, questo determina delle conseguenze per tutte le atre imprese che operano nelle altre fasi della filiera. Il digitale ha molto trasformato, si usa l’espressione disruption ha cambiato le filiere, disarticolandole per esempio la filiera della stampa quotidiana, è chiaro che il giornale è certo fisico ma via via i giornali sono diventati un oggetto digitale distribuiti secondo la forma da giornale digitale attraverso abbonamenti (app dei quotidiani) secondo modalità di fruizione diverse, si possono visionare gli articoli subito dopo la stesura e la pubblicazione. Pensiamo com’è cambiata l’industria della musica, cambiata e modificata dal digitale ed ha subito nel corso degli anni 90 e 2000 della pirateria che bypassa la possibilità di remunerare il contenuto, è una minaccia molto forte, poiché il contenuto non è remunerato si rischia di far cadere l’industria e di conseguenza si necessita una riorganizzazione anche nelle modalità di fruizione. Similmente ai giornali e alla rete distributiva delle edicole fortemente disrupted è il cinema stesso, la crisi delle sale fortemente accelerata dalla pandemia che ha spinto su una fruizione digitale domestica del prodotto cinematografico in un periodo di chiusura globale, il riportare il pubblico nelle sale è un punto all’ordine del giorno. Può funzionare e resistere un’industria cinematografica oggi senza le sale? La sala cinematografica è un tassello importante per l’industria, è la base. Il finanziamento dei media Le industrie mediali producono e intrattenimento attraverso dei contenuti la cui realizzazione prevede dei costi e dunque diverse forme di finanziamento. Che cosa vuol dire finanziare le imprese mediali? Vuol dire generare una combinazione di ricavi generati da diverse possibili fonti, il pagamento diretto da parte dei lettori, l’acquisto di una sottoscrizione, gli investimenti pubblicitari, il sussidio pubblico. Nel mercato tv il canone è rilevante vale moltissimo e serve per finanziare una parte del broadcasting televisivo e ha delle caratteristiche, il canone è una risorsa molto piatta e flat, 32 acquisito da un consumatore finale), la televisione commerciale, il mondo di Internet e dei social media (hanno un mercato che funziona in maniera analoga: vendita di investitori ma caratteristiche diverse dal mercato).  31/10/22 L’impresa mediali produce due tipologie diverse di prodotti: il contenuto e l’attenzione quantificata. Per esempio, il Corriere della Sera mixa questi due versanti, il corriere ha un costo di copertina e di sottoscrizione per l’abbonato, raccoglie un’attenzione qualificata di un quality paper e vende quest’attenzione agli investitori pubblicitari che intendono raggiungere i lettori del corriere. Risulta rilevante rispetto all’offerta complessiva di Mediaset cosa diventa cruciale nell’ottica di un’impresa commerciale? Identificare il target ossia riuscire a raccogliere un’audience diversificata non cannibalizzata, il tipo di pubblico che raccoglie canale 5 che è familiare di mezza età piuttosto mainstream, un po’ più femminile e di centro sud. Italia 1 è posizionata su un versante diverso, raccoglie un pubblico giovane più maschile che femminile. Costruiremo un grafico di posizionamento per comprendere i target di riferimento delle reti televisive. Il problema di rai è che non ragiona come Mediaset, raccoglie un pubblico omogeno, è un pubblico più anziano, femminile, molti canali rai si collocano nella logica come rai 1 e rai 3. Rai 2 ad oggi funziona davvero male. Facebook quindi le piattaforme di social media che hanno caratteristiche simili, lavorano su due versanti siili a quelli della tv commerciali sul lato utente con delle specificità rispetto alla tv commerciale con il rapporto con le audience come l’interazione, più informazione con meccanismi di personalizzazione non solo sulle caratteristiche socio demografiche ma sulle abitudini. La potenza di dato raccolto dai social è elevata rispetto alla tv. la tv sta andando sempre più verso forme di ibridazione di forme dei social, verso l’addressable adv, la tv connessa sta andando verso delle forme di ibridazione con i social media, assume delle caratteristiche di personalizzazione dei target diversificando i contenuti pubblicitari, in una logica che assomiglia ai mezzi digitali. ECONOMIA DELLA PUBBLICITÀ La pubblicità come fonte di finanziamento della industria mediale, ma essa stessa lavora come una industria mediale con una sua filiera. Vi sono grandi agenzie pubblicitarie di comunicazione pubblicitaria al centro della filiera che sono presenti a livello nazionale e internazionale che si inseriscono dentro grandi aziende come (Publics Group, Ogilvy). In generale dal lato della spesa pubblicitaria dagli anni successivi al boom economico, al dopo guerra, dopo gli anni’60, la spesa pubblicitaria va aumentando a livello globale soprattutto nei paesi industrializzati. Ogni decennio la pubblicità va crescendo. Anni fa il dato delle spese pubblicitarie era 460 miliardi di dollari, ad oggi il dato attuale è di quasi il doppio, oltre 700 miliardi di dollari, la spesa complessiva a livello Worldwide a livello pubblicitario. (Stima di 460 miliardi di dollari nel 2011 di Zenith research). Quello che caratterizza il mercato della pubblicità vi è una progressiva differenziazione dei mezzi e crescita della pubblicità online, se guardiamo la pubblicità negli anni 80 era tutta televisiva ad oggi c’è una frammentazione fra mezzi stessi e verso il pubblico. Dopo il grande cambiamento con lo switch-off del 2012 di colpire target specifici attraverso la tv con reti targettizzate, dopo il 2012 da 8 a 9 canali passiamo a 150 canali misurati da Auditel e sono canali mini o semi-generalisti che sono fortemente targettizzati. Ad es. il gruppo Discovery che fa nascere prima Real Time targettizzato sul pubblico femminile giovane 15-34 anni il che non vuol dire che il target è quello che si va a raggiungere, la logica di fondo è la targhettizzazione quindi più vai fuori target più il canale fallisce 35 nel suo obiettivo. Se ottiene buoni ascolti come canale, ma fuori dal target è un risultato fallimentare. Raccogliere e massimizzare il pubblico sul target che si vuole raggiungere. Si parla di rete mini-generaliste o tematiche. Le generaliste per definizione invece puntano ad un pubblico di massa. Un discorso interessante riguarda come gli investitori pubblicitari allocano le risorse pubblicitari sui diversi mezzi, ci dà indicazione sulle tendenze dei diversi mezzi. Il grafico dice come a metà di anni 2000, nel primo decennio come si alloca la pubblicità ci mostra come la quota che è quella on top sulla parte alta degli istogrammi, la parte Internet va crescendo. Tranne che in fase di espansione economica, se il PIL decresce o non cresce, l’investimento pubblicitario rimane stabile, se un mezzo cresce profondamente vuol dire va a togliere risorse ad altri mezzi, la grande battaglia che si sta combattendo nel corso di questi anni è quella che mette in contrapposizione i mezzi tradizionali come la tv e dall’altro lato la rete. Guardando la semplice spesa pubblicitaria, dal 2019 c’è stato il soprasso, le risorse pubblicitarie raccolte in internet, hanno superato quelle dei broadcaster. La pubblicità la fonte di finanziamento dei media. L’investimento in pubblicità per certi mercati serve per le grandi imprese serve per rafforzare il brand e le proprie quote di mercato e perché un nuovo entrante nel mercato dovrà spendere di più per sobbarcarsi la spesa importante che gli oligopolisti hanno. La pubblicità è uno strumento che serve per ergere barriere all’ingresso per evitare che entrino nuovi soggetti. Ciò spiega dove e perché si è investito di più progressivamente, si va a crescere. La pubblicità si utilizza di più in una struttura di mercato che è l’oligopolio. Le ragioni economiche della pubblicità l‘attitudine alla spesa pubblicitaria è strettamente legata alla struttura del mercato: 36 - Competizione perfetta: nessuna impresa può esercitare potere sul mercato (tutti i beni sono sostituitili e i consumatori ne sono perfettamente consapevoli, dunque investire in pubblicità è inutile) - Monopolio: l’impresa non ha concorrenti (dunque non guadagna nulla nell’investire in pubblicità) - Concorrenza monolitica: i prodotti non sono pienamente sostitutivi, hanno fra loro differenze qualitative (meno rilevanza della pubblicità) - Oligopolio: grande motivazione all’investimento pubblicitario (le imprese possono condizionare il mercato, e così possono fare i concorrenti, si hanno particolari vantaggi nell’operare su politiche di prezzo o di pubblicità). C’è una progressiva crescita di competizione globale entro mercati spesso oligopolistici con una conseguente crescita della spesa pubblicitaria. Nell’oligopolio c’è una grande funzione nell’investimento pubblicitario. Le imprese possono condizionare il mercato e così possono fare i concorrenti, particolari vantaggi nell’operare su politiche di prezzo o pubblicità. I mercati sono progressivamente più oligopolisti con la globalizzazione, cresce la dimensione delle imprese a volte a livello multinazionale. C’è maggiore incentivo alla spesa pubblicitaria anche in relazione della pubblicità di innalzare barriere all’ingresso in uno specifico mercato. Due tesi sulla pubblicità TESI 1 (APOCALITTICA) Le imprese usano la P per controllare i loro mercati (Galbraith). Dal momento che i mercati sono imprevedibili per le trasformazioni, i cambiamenti, i gusti, le tendenze, le tecnologie, la pubblicità manipola il mercato e consente alle imprese di vendere ciò che vogliono produrre più che vendere ciò che i consumatori desiderano (questi ultimi sono vittime delle grandi corporation che tramite la pubblicità determino l’andamento dei consumi). TESI 2 È una tesi meno netta e apocalittica, la pubblicità gioca un ruolo importante nel mercato, le imprese non sono per lo più in grado di controllare e di creare la domanda, il ruolo della pubblicità va diversificato. Funziona nei mercati oligopolistici, il mercato delle soft drink è perfetto, quello che conta è il ruolo della pubblicità e del brand sul fare aumentare le quote di mercato (Coca Cola VS Pepsi). In quest’ottica la pubblicità ha una funzione informativa (aiuta a prendere decisioni in un mondo di prodotti iper-abbondanti e persuasiva (mira alla proliferazione/differenziazione di brand, finendo per costare allo stesso consumatore). La proliferazione dei brand e l’alta spesa pubblicitaria è particolarmente funzionali alle imprese che operano in mercati oligopolistici (prodotti non differenziati) al fine di alzare le barriere di ingresso a possibili nuovi entranti (Nestlé e Kellogs) Per esempio: la diffusione di servizi online che si deve a più fattori quali utilità per il consumatore, tecnologia, moda. PUBBLICITÀ E MACRO-ECONOMIA 37 radio anche in crisi riesce a costruire una sua specificità, un suo pubblico e mantiene una stabilità nel tempo. Se pensiamo alla radio andrebbe aggiunto il finanziamento pubblico nei grafici. LOGICHE E STRATEGIE DELLE IMPRESE MEDIALI Come le imprese mediali si muovono all’interno dei mercati mediali contemporanei. L’organizzazione della filiera che è diversificata e costruita su diversi livelli dalla produzione al consumatore e si caratterizzano per produzione del contenuto, confezionamento e distribuzione del contenuto o intellectual properties. Nel corso degli anni 2000, sono avvenuti una serie di cambiamenti alcuni anche un po’precedenti a questi anni che hanno condizionato fortemente il modo in cui le imprese mediali e i mercati mediali si adattano al nuovo ecosistema e strategie. CONGLOMERAZIONE I mercati dei media sono solitamente influenzati da una serie di fattori tecnologici, di tipo tecnologico o regolamentare a livello statale che tendenzialmente pongono limiti alla concentrazione e pongono limiti alla concorrenza. Ma a partire dagli ultimi 20 o 30 anni abbiamo: - Il processo di digitalizzazione e la progressiva erosione dei confini tra i media - La deregulation a livello complessivo e la caduta di numerosi vincoli legislativi. Con deregulation si intende anche semplicemente la rottura della rigidità del monopolio che crea maggiore concorrenza. Negli USA è evidente già dagli anni’80, i governi repubblicani, neoliberali, hanno avviato un processo di deregulation ossia un processo di abbassamento delle regole che determinavano rigidità nel settore mediale legate alle l’incrocio tra i media. ciò porta ad una serie di conseguenze. - Convergenza di tipo economico: è una conseguenza- convergenza economica assume significati diversi a seconda di come il termine viene usato, sul piano economico si fa riferimento alla creazione di forme convergenti di imprese mediali che operano su settori mediali in tempi differenti. - Si è andati verso la conglomerazione nel complesso nordamericano è evidente è comprende fusioni, acquisizioni, accorpamenti. Da un punto di vista strettamente economico vi è maggiore efficienza delle imprese mediali. L’economia dei media premia le dimensioni delle imprese, la capacità di creare economia di scala e di scopo, togliendo vincoli di regolamentazione il mercato crea aziende più concentrate, grandi e diversificate. Si va di conseguenza in una direzione oligopolistica del mercato mediale. Le imprese mediali lavorano su più mercati, accentrano vari passaggi della filiera produttiva, tendono ad ampliare le loro quote di mercato. - Vi è una tendenza a generare fenomeni di espansione, per esempio le acquisizioni, la concentrazione e la sinergia. 40 Il mercato nordamericano mostra questo fenomeno in modo chiaro ed evidente. Gli inglesi parlano di consolidation, una maggiore consolidazione di mercato. Il mercato nel grafico dagli anni’80 al 2011, con l’introduzione di norme di deregolamentazione, in termini antitrust per esempio anche in Italia, in un’ottica di mercato convergente negli anni 2000 si è deciso di creare un paniere di imprese mediali SIC e su questo paniere vengono valutati i limiti antitrust, non per singolo mezzo ma insieme, rende praticabili una serie di incroci. In USA si passa ad un mercato fortemente concentrato. Nell’immagine vediamo i grandi conglomerati mediali che operano in maniera trasversale tra diversi settori mediali. Hanno imprese diverse al loro interno e operanti nella produzione di contenuti cinematografici, di altri contenuti mediali, in editoria tradizionale e digitale. Sono i media giants che caratterizzano l’industria mediale contemporanea. Questo ci porta al secondo elemento di contesto. GLOBALIZZAZIONE Tradizionalmente le imprese mediali operano in mercati nazionali che sono stati in grado di regolamentare questi mercati. Negli ultimi 20 anni vi sono stati fenomeni di digitalizzazione, al cambiamento tecnologico, all’erosione dei confini dei media sui mercati, alla globalizzazione che portano le imprese mediali ad operare su molti mercati. È una grande sfida perché anche la regolamentazione si trova di fronte a nuove problematiche. Ad esempio, nel contesto europeo si cercano forme di regolamentazione almeno unitarie a livello europeo. Un tema all’ordine del giorno è una forma di regolamentazione il contesto europeo sul tema del pluralismo a partire da una norma europea che guarda al contesto europeo e che si traduce in leggi nazionali che siano correlate ed organiche. Dal punto di vista delle imprese mediali vi è un allargamento geografico delle imprese mediali operanti in vari mercati, circolazione di contenuti a livello internazionale, imprese che acquisiscono altre imprese e la conseguente creazione di filiali aumentando la filiera. Vengono sfruttate le economie di scala tipiche delle imprese mediali già di per sé. Se sei Netflix e operi sul mercato internazionale le risorse che hai non sono paragonabili alle risorse dei broadcasters nazionali. Netflix può spendere più di 100 milioni di sterline per produrre The Crown, gli altri broadcasters nazionali non potrebbero in Europa. Le economie di scala che vengono proiettatati a livello mediali 41 portano i mercati ad un livello di concorrenza diversa su cui i media tradizionali devono trovare delle strategie per fronteggiare una concorrenza che sarebbe altrimenti molto forte. STRATEGIE DI ESPANSIONE Queste espansioni avvengono perché le imprese che operano su settori e dimensioni più grandi sono imprese più efficienti, più capaci di espandersi e ciò ci porta al paradosso del capitalismo ossia se tendente a sviluppare forme di concorrenza in un contesto globalizzato, i meccanismi del mercato portano ad una prima fase ad aumentare la concorrenza, ma progressivamente essa diverrà sempre più limitata. Le imprese che si generano sono grandi ed andranno a definire oligopoli concentrati. La concorrenza porta al suo contrario, la riduzione della concorrenza. Le strategie di espansione della filiera sono 3: Orizzontale: si vanno a fondere ed unire indipendente dal modo in un cui essa avvenga (fusone o acquisizione o crescita interna), le due imprese operano sullo stesso livello della vertical suplly chain. Es di espansione orizzontale. Negli anni 80 Berlusconi fonda Fininvest, costruì Milano 2 e 3, siamo dopo la legge costituzionale, successivamente si crea canale 5, prima rete che opera a livello nazionale. Nel giro di pochi anni la Fininvest opera una strategia di espansione orizzontale andando ad acquistare da Mondadori e da Rusconi, altro editore che tenta la tv commerciale, prima rete 4 e poi Italia 1. Sono due imprese che sono esattamente collocate sullo stesso livello della filiera, uguali a canale 5. Entrambe posizionate sul packaging, confezionamento dell’offerta. Fininvest crea impero di tv commerciale espandendo orizzontalmente il business che aveva creato con canale 5. Espansione di altre imprese sullo stesso livello della filiera. Fininvest crea un duopolio raccogliendo il 40% del mercato di ascolti, dagli anni 80, tolte le reti locali abbiamo la rai e Fininvest. Duopolio imperfetto perché il servizio pubblico ha norme strette sulla regolamentazione pubblicitaria per diversi anni fino allo swith off, Fininvest ha rappresentato il 40% tv del mercato di ascolti ma il 60% della raccolta pubblicitaria è rappresentato. Rai aveva delle norme più severe e ristrette. In pratica Mediaset per anni è stato semi-monopolista. Queste tre reti consentiranno una serie di risparmi dovute alle sinergie. Il costo che Mediaset sostiene rispetto al marketing è inferiore rispetto alla possibilità di avere un marketing per imprese diverse con tre strutture marketing diverse. Si creano quindi sinergie e quindi delle economie di scala. La tv ha costi bassi di produzione, tendenti allo zero. Se passo dall’avere il 20% del mercato al 45% del mercato, avrò grandi vantaggi a costi molto limitati. Mediaset non vende pubblicità separatamente ha una sola concessionaria pubblicitaria che è in grado di vendere pacchetti di pubblicità a diversi canali riesce toccando diversi target. Una grande impresa ha sempre la possibilità di portare con sé il concetto di massa critica ed esercitarlo rispetto a chi sono i propri fornitori e chi sono gli acquirenti. Un fornitore per una impresa di broadcasting/broadcaster è una casa di produzione, per esempio, ed imporre le sue regole e i prezzi. Il fornitore ha una scelta limitata di possibili imprese e si deve adeguare. C’è una sorta di dialettica opposta sul piano dell’efficienza economica, ciò Porta vantaggio all’impresa, dall’altro lato genera delle posizioni dominanti non necessariamente all’intero sistema. Un operatore lavora in un concetto di bene pubblico e non all’efficienza della singola impresa. Verticale: si realizza quando una impresa ne acquisisce una diversa che opera in una fase diversa della sua stessa filiera sia essa precedente (espansione a monte) sia essa successiva (espansione a valle). I vantaggi sono notevoli, si riducono costi di transazione tra le fasi della filiera, si creano sinergie tra esse, si generano sintonie tra le fasi della filiera che rendono il processo efficace ed 42 Nel corso degli ultimi 4 anni si è diffusa a livello globale in 75 lingue e si è sorpassato un miliardo di utenti attivi mensilmente ciò la rende una piattaforma fluida di tutte le altre piattaforme esistenti al mondo. Non è n social media, ma una piattaforma di intrattenimento che è powerd by the community. L’intrattenimento non nasce solo dai broadcaster, ma nasce anche dalla community, in Youtube l’aspetto è rimasto marginale dal punto di vista tecnico non si riusciva a creare la stessa struttura, nascono gli Youtuber che erano professionisti, TikTok ha democratizzato il potere di dare intrattenimento alle persone, dando a chiunque l’opportunità di creare un contenuto di intrattenimento a contrario dei social. Essi erano strutturati con una finalità diversa, di connessione, scelgo di popolare il mio feed di persone che conosco, TikTok è il contrario ossia voglio intrattenermi, ma a differenza dei social il mio feed non è popolato da cosa io seguo, ma un algoritmo che propine sulla base delle mie scelte i contenuti. È una piattaforma full screen e sound on, TikTok ha riportato in auge il suono doppo anni che il suono era decaduto, ha portato il suono ad essere acceso. Ciò rende TikTok l’unica piattaforma oltre il cinema che si può chiamare full screen, perché le persone hanno l’attenzione su ciò che sentono e vedono. La competizione sta nel cogliere l’attenzione dell’audience. La missione è quella di ispirare alla creatività e di portare allegria, si crea un ecosistema di intrattenimento che da un lato connette e che ingaggia che mi porta a fruire il contenuto come guarderemmo le piattaforme tradizionali. Un altro aspetto che è più di marketing legati alla demografica, TikTok nasce per la generazione Z, ma ad oggi gli utenti sono più di un terzo. Gli influencer su TikTok non esistono, l’influencer nasce con i social media con l’obiettivo di influenzare le scelte di consumo delle persone, su TikTok esistono i creator sono chiunque, può essere una persona o Khabi Lame. Chiunque può raggiungere qualsiasi pubblico. Non si seguono follower, dobbiamo scoprire il contenuto. Il business model è molo simile come piattaforma al mondo tv, business model canva è un framework che permette attraverso i cluster di capire e analizzare le attività e le difficoltà dell’azienda. I partner di TikTok sono le terze parti, tutte quelle entità che vivono fuor dalla piattaforma che creano valore bella piattaforma stessa. Le attività principali sono il mantenimento della piattaforma, l’ottimizzazione della raccomandazione dell’algoritmo, il feed di TikTok è sempre più mirato rispetto a quello che ci aspettiamo. Le risorse su cui esso fa leva sono l’algoritmo è il più evoluto da questo di vista, c’è il tema del database, ogni cliente ha un dato che la piattaforma migliore, il tema della musica, c’è una library musicali che ti fa scegliere i brani. La value proposition è entertainment e learning attraverso video brevi ha poche barriere all’ingresso, permette di targhettizzare tramite adv su specifici utenti, si sta orientando ad introdurre l’aspetto e- commerce dall’app, in America si può già gare. La costumer relation si fonda sulle social connections e sul creator market place che permette alle aziende di mettersi in contatto con i creator. Il segmento di clientela sono le audience, i creator e gli advertiser. Revenue sono le forme di adv e di commissioni che arrivano dall’e-commerce. Il business model è simile a quello di una tv commerciale, possiamo paragonarlo a quello della pay tv. è un mercato a due facce. I costi di struttura è lo sviluppo della piattaforma a livello tecnologico le attività di marketing, la parte di employee, la parte di copy writing essendo una piattaforma a libero accesso non si ha autorialità a differenza del broadcaster che è proprietario di quel contenuto. TikTok non è responsabile della linea editoriale della piattaforma perché non esiste, ci sono delle linee guide online su ciò che si possa fare e ciò che non si può. Il copyright permette a TikTok di 45 essere tutelato anche dalla parte della pirateria. I creator monetizzano, c’è la parte delle partnership a livello distributivo, lo troviamo anche nelle smart tv Samsung, esistono accordi con terze parti. Entrando a parlare della community, l’audience, abbiamo raggiunto 2 miliardi di persone attive al mese nel mondo, e la community è accomunata da 4 punto: - Discovery: le persone hanno fiducia delle persone dei contenuti - Up lifting rispetto alla piattaforma, l’autenticità e spontaneità, si sentono parte di una community più larga che si esprimono così come sono. - To participate: portare allegria e creatività, un contenuto che ti ispira, partecipare alla tua creazione nella piattaforma - To be entertained L’algoritmo è molto potente, mi crea un palinsesto molto personale, senza rendermene conto passa un ora/due. TikTok è esattamente la tv degli anni 80, all’epoca si stava davanti alla tv facendo zapping compulsivo è esattamente lo scrolling di TikTok, una volta si cercava il contenuto facendo zapping, su TikTok è l’algoritmo che ti porta il contenuto che cerchi, soddisfacendo il tuo bisogno ti porta a far si che la piattaforma è la 2 piattaforma video vista nel mondo con una media di 85 min al giorno. Ad oggi la media tv è ancora alta però la tv diventa un sottofondo, è un’esperienza qualificata di TikTok. Tutto questo porta TikTok ad avere una nuova generazione di storytellers che sta creando dei nuovi fenomeni culturali. Nulla è diverso dal passato. Sta influenzando e ridefinito le sorti dell’industria delle imprese creative. Nathan Evans nel dicembre del 2020 apre TikTok pubblica una canzone che con gli oggetti interpreta una canzone, raggiunge in 3 giorni 1 milione di visualizzazione creando una mega orchestra di persone in tutto il mondo. The future of Entertainment Marketing. Come TikTok sta dialogando con i media tradizionali? Non vuole essere un sostituto del cinema o della tv, vuole alimentare le persone a creare contenuti e vuole essere partner fondamentale di player di intrattenimento per far si che i contenti possano supportare i business. È il futuro dell’entertainment marketing, perché? Il Fandom è andato sempre più ad allargarsi mantenendo le sue radici tra gli appassionati. In TikTok essendo una piattaforma democratica, il fandom è libero dalle sue regole e paletti è diventato qualcosa di democratico, anche per chi non è fanatico e colleziona, magari se si fa ispirare da un contenuto, abbiamo la volontà di partecipare ai contenuti. La co-creation alimenta la community tramite le loro passioni, mantenendo una propria autenticità. Tutti i social media parlando di ugc (contenuto che nasceva dall’individuo) era un contenuto autoreferenziale ed era un contenuto personalizzato. In TikTok si parla di community generated entertainment, un contenuto che nasce dal basso su decisione del singolo ma nasce rispetto ad un community driven, ispiro la community o mi hanno ispirato a farlo. Sono contenuti che hanno una cifra stilistica. Il community generated entertainment è un contenuto co creato in armonia tra le parti in gioco: creators famosi, fan che non sono famosi che creano un contenuto, sommando ciò che faceva un tempo una singola persona col fatto che la community è attiva ciò porta all’amplificazione del contenuto stesso. Gli utenti amano reagire a scene di film e serie iconiche, amano mettersi nei panni dei personaggi che amano, il tema della parodia e del linguaggio comedy, il tema del theorizing, che cosa accadrà negli ultimi contenuti mediali, c’è il tema del mettere in scena la propria passione. La piattaforma stessa facilita ciò, mette a disposizione una serie di tool che permette questo processo di co-creazione (lo stich, contenuto sequenziale), alimentando la curiosità e l’algoritmo, i duetti entra in un mondo parallelo, due schermi. 46 Squid game è diventato virale grazie a TikTok, in Malesia nasce, si creano dinamiche della serie, dal momento che l’app è globale determinati contenuti coreani sono entrati nella page di persone in Italia e nel mondo, incuriosendo tutti su questa serie. Si producono contenuti con musica, che porta nell’arco di due settimane Netflix a rendere la serie accessibile la serie a tutto il mondo, non aveva un budget marketing, quindi, non era stata considerata. La competizione su TikTok è enorme con fan e creator famosi, il ruolo che bisogna avere in piattaforma, devo capire il ruolo che devo avere in piattaforma. La mia comunicazione deve essere diversa dalle altre. Partnerships su TikTok preshow di X factor su Tik Tok. 7/11/22 Master talk - l’informazione di fronte alle sfide degli anni 20 dalla pandemia alla guerra – Andrea Delogu vicedirettore di Mediaset. Esperienza nell’ambito del giornalismo, da anni a Mediaset. L’informazione è uno dei settori in cui Mediaset ha innovato molto negli ultimi 15 anni. Anni eccezionali il ruolo della tv – il ruolo dell’informazione. Cambiamento della platea tv negli anni della pandemia e il consumo mediale rispetto agli altri generi. La pandemia ha rappresentato un momento molto particolare, con una fortissima crescita del mondo tv e soprattutto dell’informazione. L’informazione resta centrale, data anche la guerra in Ucraina. In che modo e quali sono stati le sfide dell’azienda in relazione a questo evento che ha cambiato il mondo? un’opportunità, un evento lo riportiamo sempre. Hanno sempre lavorato, durante la pandemia si è lavorato meglio, la tecnologia lo ha consentito. Tutto ciò che si fa nasce per un’innovazione di processo, intraprenditori in azienda, portiamo un sapere in più rispetto a quello che chiede l’azienda. Persone che lavorano come imprenditori. Durante la pandemia si era nel pieno della digitalizzazione, si poteva lavorare e dare molto a prescindere dalla pandemia. Si è lavorato aumentando la produttività, con le all news, internet, le prime serate, Morning news si chiedeva anche la concessionaria, lavorare di più, la gente cercava di essere informata. Più informazioni e più storie, abbiamo raccontato quello che di buono si sta facendo in Italia per dare la prospettiva. Fiducia e credibilità della tv certa ha sviluppato un osservatorio analizzando i punti come la trasformazione del rapporto delle persone con i diversi media, soprattutto il tema della fiducia. Il periodo della pandemia ha segnato una serie di cambiamenti del mondo tv e anche una ridefinizione del tema fiducia sull’altro grande mezzo che è la rete rispetto alla necessità per le piattaforme per prendere delle responsabilità editoriali, moderare di più alcune dinamiche nelle fake news. Quello che funziona è il passaparola, il viral marketing prima della pandemia era una delle materie che si insegnava nel master come un mantra fake news, non ci si rendeva conto delle fake news. Vogliamo qualcosa di cui ci fidiamo, nulla attraverso i tg va in onda se non è codificato, se non c’è certezza della fonte. Il lavoro che si fa in tv ha a che fare con democrazia. I programmi devono esprimere ciò che pensa la gente. Essere pluralisti, necessità di preservarlo il pluralismo. Offerta dei talk show una rilevanza molto importante cambiamento dell’identità di Rete 4, un’offerta molto articolata che va ad occupare una posizione distinta e diversa. Questa offerta è stata pianificata? Come si è sviluppata questa rete? Infotainment nasce nel 2008 quando si creano contenitori dentro canale 5 (mattino e pomeriggio cinque), un genere già andato in rai con Barbara D’Urso che è un’attrice oltre che giornalista, attratta dall’innovazione linguistica. Mattino cinque inizia gennaio 2008, non c’è ancora innovazione, la prima serata rete 4 nasce il 7 marzo del 47 -        Regolamenti: rivolti a tutti gli stati, entra subito in vigore e lo stato deve seguire il regolamento -        Direttive: sono rivolte solo ad alcuni stati, l’obiettivo delle direttive è quello di armonizzare gli ordinamenti degli stati (per armonizzare gli ordinamenti/avere un quadro comune).  A differenza dei regolamenti non entrano subito in vigore, ma entra in gioco il Parlamento italiano che deve adeguare l’ordinamento alla direttiva.  Se lo stato in un determinato tempo non applica la direttiva viene sanzionato.  -        Decisioni Cosa succede se una normativa del parlamento europeo va in contrasto con una legge interna?  Vince la legge dell’UE, in virtù del PRIMATO DEL DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA.  Anche quando non ha efficacia diretta, il legislatore ha l’obbligo di interpretare la norma in maniera conforme al diritto dell’Unione Europea, coerente e conforme a livello interpretativo con quella dell’UE.  L’unione Europea nelle materie concorrenti (UE e nostro stato), può intervenire solo e soltanto se gli obiettivi da raggiungere possono essere raggiunti meglio da un intervento dell’UE. (è lo stesso rapporto che c’è tra stato e regioni). Il principio di attribuzione ci dice quali sono le competenze dell’UE e quali sono le concorrenti.  Nel ’57 quando è stata istituita la comunità Europea, questa non aveva competenze sul piano culturale. Nel ’92 diventa terreno di competenza anche per l’UE, però sempre in maniera limitata.  -        Principio di attribuzione-> principio che afferma quali sono le materie in cui l’UE ha competenza -        Principio di proporzionalità 50   AMBITO EUROPEO TV E RADIO -        Perché l’UE interviene? Quali sono le cause -        In quali ambiti interviene? Sono 5 -        Come interviene e con quali strumenti? Sono 4 (3 per tv e radio, 1 per cinema)   Perché interviene? Spesso si trova a dover intervenire per il cattivo funzionamento del mercato. La concorrenza viene messa in pericolo dai fallimenti di mercato (ex: offerta ridotta del mercato, esclusione una parte della popolazione dalla lettura dei giornali), esternalità negative.    L’Ue interviene sia a livello dei singoli stati, sia in ambito internazionale nel rapporto tra i vari stati. È importante perché a livello dei singoli stati interviene con norme riferite a tv, stampa, cinema. Mentre a livello internazionale con norme riguardo il diritto d’autore, concentrazione, sostegno all’industria audiotelevisiva.    Interviene in questi cinque ambiti: 1-     Concorrenza L’obiettivo è di garantire la concorrenza. Uno dei due trattati dell’UE parlano degli aiuti di stato: se uno stato va ad ignorare un’impresa ignorando altre imprese che lavorano nello stesso ambito si 51 costituisce un problema. Le misure di uno stato che vanno ad aiutare soltanto talune imprese attribuendo un vantaggio sono incompatibili con il diritto dell’UE perché non garantiscono la concorrenza.  Con aiuti di stato si intende anche l’esonero del pagamento di alcuni contributi.  Se questo è il principio, in alcuni settori è ammesso e in particolare nel settore riguardante i prodotti culturali, sempre con delle particolarità.  Gli articoli 107 e 108 hanno portato alcuni problemi: ·       Necessità di finanziare aspetti diversi dalla produzione cinematografica e televisiva ·       Necessità di predisporre ulteriori piani regionali di sostegno al cinema ·       Problema della concorrenza tra alcuni Stati membri per l’utilizzo degli aiuti di Stato, per attirare investimenti esteri di imprese produttrici di film su vasta scala  Questi aiuti di stato portavano problemi di coordinamento tra gli stati interni stessi, riguardavano soprattutto gli investimenti esteri in tema di cinema.    2-     Pluralismo -> proteggere la libertà di stampa, ha voluto evitare che sotto lo stesso editore ci fossero diverse imprese mediali.  3-     Diritto d’autore -> sono seguite molte direttive per assicurare la protezione di coloro che sono autori di opere (aspetto SIAE), fino a quando si è proprietari di un’opera.  Nel 2019 l’UE ha modificato ulteriormente la direttiva per adattarla all’era digitale. Due anni dopo in Italia è stata attuata la direttiva.  4-     Reti e servizi di comunicazione elettronica 5-     Protezione del consumatore -> in questo tema sono 3 le cose da sapere 6-        Pubblicità ingannevole e bugiarda -> quello che si vede in pubblicità deve corrispondere al vero.  Ci sono state molte sentenze in tema di rappresentazioni visive differenti.  Spesso nelle pubblicità è presente un asterisco che indica che quanto si vede non corrisponde totalmente al prodotto che sarà acquistato.  Ex: pubblicità su finanziamenti, taeg -        Problema del sovraffollamento in tv  in una fascia oraria devi dare tot pubblicità e non puoi sforare o posticiparla perché nella fascia oraria successiva rischi il sovraffollamento.  La cosa impressionante è che è la tv ad essersi adattata alla pubblicità e non viceversa.  Ex: il prime time è la fascia oraria più contesa. Sovraffollamento indica che nella data fascia oraria del dato giorno non posso superare una data percentuale di pubblicità, a seconda che sia servizio pubblico o tv commerciale la percentuale cambia. Tenendo conto degli errori è presente un margine/soglia prevista. La pubblicità che si vede non è un ordine sparso, perché la pubblicità che apre e quella che chiude costa molto di più rispetto all’altra. I messaggi pubblicitari non sono conteggiati nel sovraffollamento.  ALL TO ONE -> promo Mediaset in onda su tutte le reti nello stesso minute (in simulcast) Per la radio questo discorso è più facile perché ogni ora ha una divisione per minuti (musica, pubblicità, informazioni) la radio ha il clock, ogni ora è divisa, è tutto schematico.  52 Questo costituisce un problema per gli USA L’oggetto di questo articolo sono i produttori indipendenti dalle emittenti.  I due articoli sulle quote sono fondamentali: un articolo riguarda il tempo e l’altro il budget e il tempo ad opera di produttori indipendenti.    Modifiche:   1997: nuova televisione senza frontiere 2007 comprende tutti i servizi audiovisivi lineari e non lineari.  2010: Nuova Servizi Media Audiovisivi. Stabilisce disposizioni legislative, regolamentari e amministrative concernenti la fornitura e la circolazione dei servizi di media audiovisivi Punti chiave: obblighi di informazione, divieto ad incitare all’odio, accessibilità servizi per disabili, principi generali su pubblicità e sponsorizzazioni, product placement… Si evolve ulteriormente fino ad arrivare al 2018 con le ultime modifiche in tema di quote (ora le quote degli articoli 4 e 5 si applicano anche alle OTT): -        Più protezione di bambini e minori da contenuti pericolosi -        Tetti alla pubblicità -        Per Netflix e co scatta l’obbligo di quote di film e serie tv riservate alle produzioni europee Nel 2021 l’Italia si adegua alla direttiva.    EMFA: atto UE contro rilevazioni fai da te degli OTT L’UE ha aggiunto anche l’aspetto dei dati Auditel. Gli OTT avevano adoperato un sistema di rilevazione degli ascolti differente, l’UE ha realizzato un altro strumento affinché anche le OTT potessero adeguarsi alle altre reti-> soprattutto per Dazn   ITALIA -        LEGGE MAMMÌ – 6 agosto ’90 n.223 -        Sent. 1994 dichiara parzialmente incostituzionale la legge Mammì (troppi ostacoli all’ingresso di nuovi privati) 55 -        LEGGE MACCANICO (31 luglio 1997) n.249 istituisce l’AGCOM e nuova disciplina anticoncentrazionistica (autorità garante in tema di telecomunicazioni) -        LEGGE GASPARRI (3 maggio 2004) n.112 (possibilità di cessione sul mercato delle frequenze più proroga di cessioni analogiche  frequenze sul mercato -        2012: termine ultimo per l’avvento del digitale terrestre SWITCH – OFF -        2021: in Gazzetta ufficiale il NUOVO TUSMAR – testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (Decreto legislativo 8 nov 2021, n. 208 di attuazione della Dir. 2018/1808)   LA RAI è il servizio pubblico, rispecchia il governo che è in carica.  1) 27 agosto 1924: Fondazione Uri 2) 3 gennaio 1954: Inizio trasmissioni televisive RAI 3) RIFORMA 1975: passaggio del servizio pubblico dal controllo del governo a quello parlamentare e la  spartizione dei canali radiotelevisivi della Rai su base elettorale 4) Anni 2000: rivoluzione digitale 5) RIFORMA 2015: nuova composizione del CDA (7 componenti, incluso Presidente e Ad. 4 designati da Vigilanza Rai; 1 designato da dipendenti; 2 designati da Ministero Economia e Finanze) 6) 2016: nuovo Canone Rai Con la riforma del ’75 è passata dal controllo governativo a quello parlamentare, avviene la spartizione dei canali televisivi su base elettorale (lottizzazione).  Nel 2016 con il governo Renzi è stato modificato il pagamento del canone (è stato introdotto nelle bollette).  Altre all’AGCOM altra autorità è quella della vigilanza Rai, è di camerati deve vigilare su quello che va in onda in rai e anche su quello che va in onda dal pdv politico (vigila se si sta dando una corretta informazione senza essere influenzato dalle forze politiche, ma va sempre tenuto in considerazione che le nomine Rai arrivano dal governo).    AMBITO CINEMATOGRAFICO La normativa riguardante il cinema sia europea che nazionale per il 90% riguarda come finanziare la produzione cinematografica. Difficilmente senza aiuti possono funzionare senza biglietti.  In ambito cinematografico è semplice vedere se si rispetta questo criterio. La normativa ha dovuto pensare come finanziare la produzione di questi film, gli investimenti per i film sono destinati a crescere per far fronte alla competizione internazionale e perché il lavoro che genera maggior valore economico è quello artistico (attori, registi … le cui tempistiche sono difficilmente governabili).  Per questo le imprese devono trovare forme di autofinanziamento.    56 -        FONDI EURIMAGES: È il fondo del Consiglio d’Europa istituito nel 1989 per sostenere il cinema europeo. Il fondo ha sede a Strasburgo e conta 40 membri. L’Italia è un membro fondatore Eurimages sostiene finanziariamente le opere cinematografiche prodotte in coproduzione tra i paesi membri, favorendo la collaborazione tra gli operatori dei diversi stati Ogni anno sono previsti 3 bandi per il sostegno alla produzione pubblicati sul sito web ufficiale di Eurimages L’obiettivo del fondo è di sprovincializzare la produzione cinematografica aprendola a contesti transnazionali.  -        PROGRAMMA MEDIA (1991): fa parte del programma più grande Europa creativa, il programma prevede sostegni economici per tutta la filiera audiovisiva, dura 5 anni ma viene rinnovato con modifiche.  Non finanzia nessuna produzione di nessun film, ma finanzia la distribuzione in modo da incrementare la circolazione dei film non nazionali all’interno dell’unione.  Non intervenendo sulla produzione lascia al produttore la scelta di come distribuire il prodotto.  Gli obiettivi più importanti sono quelli di formazione, sostegno della distribuzione transnazionale e ai festival di cinema.  57 Ci sono due step: si analizza il produttore e in seguito attori, premi vinti dagli attori, regista. Superati questi step si arriva al finanziamento che non può superare il 50%, però appena il film inizia a ottenere proventi il 20% deve essere restituito. Il decreto presentava critiche e aspetti positivi: il rischio è che se so che determinati attori mi faranno aumentare la possibilità di ottenere finanziamenti si tenderà a scegliere sempre loro.  Il decreto rimane in vigore fino alla LEGGE FRANCESCHINI (2017) che porta molte modifiche, nasce come fondo per cinema e audiovisivo.  -        Maggior numero di film italiani in Tv in prima serata -        Più investimenti da parte delle emittenti -        Maggiori tutele per i lavoratori -        Stop alla censura (ma anche un nuovo sistema di classificazione dei film)   Il produttore può farsi prestare denaro da una banca per il TAX CREDIT o CREDITO D’IMPOSTA, questi non sono i soldi che arrivano ma è un meccanismo di compensazione con i debiti fiscali (non pago iva o irpef, ma pago di meno le imposte). Ci sono quattro forme: -        produzione -        distribuzione -        digitalizzazione -        industrie tecniche --> consentono a un’impresa di beneficiare di questi benefici fiscali nel momento in cui produco un film.  La TAX CREDIT è divisa in due tipologie: interno o esterno.  -        Interno: il credito ammonta al 15% dell’investimento se l’impresa è una società di produzione cinematografia -        Esterno: se l’azienda è esterna alla filiera audiovisiva il credito ammonta fino al 40% dell’investimento (introdotto nel 2010 dal governo Berlusconi). La normativa introduce anche questo tax credit per i film stranieri che vengono girati anche solo in parte in Italia. 60 14/11/22 Notizia durante la settimana: Mediaset a dicembre cambierà la sua programmazione. Dal punto di vista dell’offerta televisiva il periodo di Natale si riduce l’offerta televisiva perché è un periodo nel quale i consumi calano e riprendono a crescere a gennaio e febbraio perché c’è Sanremo. Conferenza di Mediaset con l’amministratore delegato che ha parlato di attualità, ha parlato del tema del controllo editoriale e in particolare rispetto a quel servizio che tipo di problema pone dal punto di vista del prodotto un programma come Mediaset? Non è un programma di tipo giornalistico, non ha una testata alle spalle, non è fatto da giornalisti, ha delle conseguenze sul piano del prodotto, quella cosa dal punto di vista deontologico è impossibile gare un servizio così. Ciò pone dei problemi perché il programma è precipito come un programma di infotainment. I temi toccati sono molto vicini al nostro interesse come il sorpasso di Mediaset su rai ad ottobre, pesano le strategie sui canali digitali. Ottobre è un mese importante perché riparte la stagione televisiva, il gruppo di tv commerciale ha superato il servizio pubblico on termini di ascolti sull’intero giorno. L’articolo si basa su una serie di elaborazioni fatte da un centro di ricerca, mette in evidenza come Mediaset raccoglie il 38% degli ascolti su un intero giorno e la Rai è ferma al 37,2%. Il 38% di ascolti Mediaset lo fa attraverso i canali digitali (Iris, la5) se noi prendiamo i dati dei canali generalisti come canale 5 per esempio 16,8%, Italia 1 fa il 5,5%, rete 4 fa il 5%. In totale questi tre canali fanno il 26% di share, per arrivare al 38, c’è molto. Vanno bene e stanno funzionando bene le reti nate con il digitale terrestre, non tanto quelle lineari. Nel complesso l’offerta Mediaset è fatta di 13 reti, tolte quelle generaliste. Hanno un consumo definito e targhettizzato, messe insieme riescono ad arrivare ad un buon risultato. Rai 1 fa il 20%, Rai 2 fa il 4,5% Rai 3 fa il 6,7%. Insieme fanno il 75% è un mercato piuttosto concentrato è un dato interessante perché è un dato fatto da Rai e Mediaset che hanno canali generalisti più 13 canali di Mediaset e i 7 canali di Rai. Fuori dal 75%, c’è un 35% che è spartito tra tutti gli altri editori. Tutti i canali lineari e tradizionali e quelli dl mondo del digitale terrestre arriviamo ad un rapporto simile. Dall’1 al 9 raggiungono il 75% dell’ascolto, il resto dei canali fa l’altro 35% percento. Il consumo è trainato ed attratto dai canali tradizionali e anche quelli minori. Tutto il resto è fatto da un consumo frammentato in nicchie piccole e targhettizzate. Il mercato dei media in Italia Questo mercato lo andiamo a guardare attraverso i dati di quella autorità che si occupa di questo mercato: AGCOM regolamenta e vigila sul mercato dei media. E un’autorità indipendente che si occupa di tre aree che sono state messe assieme: 1. I servizi di telecomunicazione (reti o vettori), banalmente TIM, Vodafone, Wind, Fastweb. È un mercato molto importante. Ci sono 50 milioni di smartphone in Italia. 2. Area dei media, i servizi media audiovisivi: il broadcasting e le piattaforme, la radio, i media editoriali 3. Vigila sui servizi postali Se prendiamo il cuore dell’industria su cui AGCOM vigila, i media e i servizi di telecomunicazioni, ciò che accumuna queste diverse industrie cinque punti: 1. Si usano delle infrastrutture di rete per la distribuzione dei contenuti: è ovvio che esistono anche delle forme di distribuzione e fisiche, come il giornale ma sempre di più i media vengono distribuiti attraverso un’infrastruttura di rete. Si generanno meccanismi di convergenza tra media e servizi di telecomunicazione che consentono la distribuzione. 61 2. La presenza di forti economie di scala: sono particolarmente importanti (il bene è un bene pubblico e immateriale ecc). 3. Presenza di alte barriere all’ingresso del mercato che in parte si deve al fatto che ci siano delle economie di scala ed ai mercati monopolistici. 4. La struttura del mercato a due o più versanti 5. La presenza forte di oligopoli La struttura del mercato dei media e AGCOM Il dato fondamentale dal punto di vista del mercato è quello relativo ai ricavi dell’industria nel corso di un anno. Sono dati che variano e sono molto grossi. Le variazioni sono anno su anno ma le risorse complessive di questo settore sono di circa un po’ più di 50 miliardi di euro. La parte rilevante dell’industria delle telecomunicazioni sono le telecomunicazioni (connessione sempre). Il valore delle telecomunicazioni raggiunge il 60% del mercato meno di 30 miliardi di euro. I media cariano di anno con anno ma la parte media nel grafico si aggira ai 15 miliardi di euro meno del 30%. Il valore rispetto all’insieme della produzione nazionale che si calcola con il pil, esso ha valore di mille 700 miliardi di euro dato del 2020, nel 2021 era mille settecento ottanta miliardi di euro. Le stime sulle pubblicità del prossimo anno sono molto negative, c’è un forte pericolo di recessione globale, dal punto di vista economico il 2023 sarà molto duro. La pubblicità tende a riflettere ingigantendo l’effetto del pil. Si fanno delle stime a due cifre della decrescita della pubblicità. 62 è importante aggiungere un altro concetto perché fortemente operativo, la legge di sistema del 2005 ha creato un SIC, sistema integrato della comunicazione, ossia un aggregato economico che riunisce i principali settori attinenti alla comunicazione e ai media, è simile al settore dei media di poco fa. Si aggiunge anche la stampa quotidiana, la periodica, l’editoria tramite internet, radio, tv, cinema, pubblicità esterna, sponsorizzazioni ecc. è circa l’insieme dei media ma si aggiungono alcuni settori. Il SIC è importante perché la legge inaugurata negli anni 2000 Gasparri, crea il SIC (vale 17 miliardi) perché è alla base della valutazione del livello di oligopolio del settore, si definiscono i imiti antitrust, sopra ai quali nessun soggetto può andare pena un intervento delle autorità. Sulla comunicazione si è preso un grande paniere che abbiamo chiamato SIC dentro cui stanno tutte queste cose e si è stabilito che c’è un tetto del 20 %, nessun soggetto può superare il 20% dei ricavi generato dal sistema diretto delle comunicazioni. Perché? Per i fenomeni della convergenza e in particolare alla luce delle diverse forme di integrazione come conseguenza del digitale, le imprese ora tendono ad essere integrate verticalmente, orizzontalmente e trasversalmente. Si guarda il settore nel suo complesso e si stabilisce un limite che consentirà ai player di fare operazioni di integrazione posto che non superino il tetto massimo della legge. Quali sono gli attori in Italia che in questo sistema integrato della comunicazione sono i più importanti dal punto di vista dei ricavi? - Mediaset - Sky - Rai - RCS - Meta - Google Sono abbastanza simili. Nel 2020 Sky è il principale operatore con il 16,5% del SIC. È scesa Fininvest (Mediaset e Mondadori in cui troviamo anche la radio), è salita Rai. 65 Il SIC va a vedere qual è il limite che non può essere superato dalla normativa antitrust secondo l’articolo 43 comma 9 del CUSMA. Ciò fa riferimento alla presenza di gruppi integrati, se prendessimo il gruppo Fininvest abbiamo un gruppo fortemente integrato verticalmente controlla a monte alcuni produttori (taodue, fascino al 50%, controlla Medusa produttrice cinematografica), controlla a valle (elettronica industriale, si occupa tecnicamente dei ripetitori che in Italia distribuiscono il segnale tv). In linea teorica ciascuna delle funzioni della filiera potrebbe essere separata, potrebbe venire una fusione nel terzo livello della filiera. Abbiamo forti forme di integrazione trasversale con Mondadori parlando di Fininvest, anche con il gruppo delle radio Mediaset acquisite nel 2017 costituendosi un polo radiofonico, e poi abbiamo l’aspetto internazionale, presente in Spagna e in Germania. Come si articola il SIC nel corso degli anni? Parliamo di tutte le risorse. Gli anni della crisi post 2009 vedono una progressiva presenza di risorse che va ad intaccare tutti i settori, la radio tv resta centrale nel SIC, l’editoria riduce la sua quota e soprattutto la pubblicità online in Internet cresce. 66 La raccolta pubblicitaria del SIC A metà degli anni 10 sono distanti i due dati blu, via via si avvicinano fino al sorpasso sulle risorse pubblicitarie che hanno superato quelle del mezzo televisivo nel 2019. Nonostante tutto questo e la situazione influenzata, il mezzo tv rimane centrale. Perché in particolare in Italia, diverso dagli altri paesi europei, la tv rimane così forte? E perché la stampa è in crisi così fortemente? Molte persone si informano attraverso il mezzo televisivo, quindi esso si usa come strumento di informazione invece che informarsi attraverso la lettura; la scarsa attitudine all’acquisto di prodotti mediali che caratterizza il nostro paese. Ciò sarebbe stata la premessa per il successo di un prodotto editoriale di tipo gratuito come la free press che non è accaduto; la particolarità del nostro paese di distribuzione del giornale complesso, dagli anni 80 in poi non si sono fatte delle politiche forti di limitazione della raccolta pubblicitaria su un mezzo piuttosto che su un altro. La situazione di duopolio, grazie alla tv si è riusciti a ricavare molto a livello di raccolta pubblicitaria. Pubblicità per mezzo/Global 67 I Italia ciò si fa molto di più sui periodici, quando Cairo Editori sfida Mondadori sul periodico venduto in Italia Tv sorrisi e canzoni che costava 2 euro, Cairo crea e inventa di più tv con gli elementi del periodico tv sorrisi e canzoni e lo mette sul mercato a 20 cent, aa un prezzo bassissimo che consente un passaggio di lettori. L’elasticità è determinata dalla presenza di prodotti sostitutivi, se per i periodici è più semplice considerarli che nel caso dei quotidiani che non si possono sostituire perché è fortemente legato alla collocazione politica e alla sua testata editoriale. I livelli di fedeltà di una testata dipendono dal carattere unico e distintivo di quella testata. La filiera della stampa Ogni settore è organizzato da una filiera, nel caso di un quotidiano raccolta ed elaborazione delle informazioni, con gli attori che sono giornalistici che compongono la redazione, inviati e corrispondenti. Sul piano del confezionamento si procede ad una doppia tipologia di confezionamento: il lato editoriale (definizione della linea editoriale del giornale nel suo complesso) e il lato tecnico (grafica, impaginazione e stampa del quotidiano sul supporto carta, destinato al trasporto o distribuzione attraverso reti di tic della copia digitale). Sul piano della vendita il giornale è raggiungibile nelle edicole o oggi il tema della distribuzione digitale. La stampa periodica Il mercato della stampa periodica è simile a quello della stampa quotidiana: anch’esso è caratterizzato dal mercato a due versanti, quindi vi è la compresenza della vendita e della pubblicità̀. Ha anche delle caratteristiche proprie. Negli anni ’80, con l’innovazione tecnologica, c’è stato un boom in Italia per la stampa. Negli anni più recenti, invece, è stato colpito da una crisi economica su entrambi i lati → l’acquisto di un periodico, innanzitutto, è meno essenziale, ma ha portato a un aumento degli investimenti pubblicitari. Si tratta di un comparto caratterizzato da tirature minori rispetto a quelle dei quotidiani, economie di scala e domanda molto segmentata, di fatto più ancora della stampa quotidiana, che alla fine è un media generalista, il periodico va a colpire un target molto più definito caratterizzato da interessi più specifici nel caso di settimanali, ma ancora di più nel caso dei mensili. Altra caratteristica propria è che se l’editoria quotidiana ha una natura tendenzialmente nazionale o locale, quella periodica si rivolge a un profilo molto più internazionale; questo perché anche la regolamentazione su questo settore è meno rigida, vi sono minori limitazioni nella crescita e nell’espansione sovrannazionale (→ no limitazioni pluralismo, possibilità di traduzione), per questo sono diventati oggetto di brand expansion, quindi diventano una serie di brand da esportare come “Vanity Fair” e “GQ”. La segmentazione, quindi, è ciò che caratterizza di più la stampa periodica, cioè la divisione del mercato in gruppi o segmenti di clienti con bisogni simili. Ciò che determina la domanda dei periodici, soprattutto da parte dei lettori, sono vari fattori, che a partire dagli anni ’80 sono cresciuti nel contesto europeo, come il tempo libero e il reddito disponibile. Dagli anni 2000, invece, c’è stata un’inversione di tendenza a causa della crisi. La domanda, poi, è legata a un contenuto aggiuntivo rispetto all’offerta del quotidiano e che riguarda delle fasce di mercato medio-alte. Il contesto dei periodici, nel corso degli ultimi trent’anni, ha sviluppato una serie di testate orientate su temi specifici, come tempo libero, sport, fotografia, intrattenimento. Questo boom degli anni ’80 è stato facilitato anche dalla più semplice possibilità di lancio delle testate grazie alle innovazioni tecnologiche (→ lavorazione al pc con il desktop publishing). Si lavora da un lato di economie di scala, ma soprattutto dal lato delle economie di scopo. 70 Il mercato e gli attori Quando si guarda il mercato della stampa, quotidiana e periodica, è importante osservare gli attori di questo mercato, che sono le imprese editoriali. In Italia, ci sono molti attori che si muovono verso il settore dell’editoria: -  Cairo Communication, che nasce come editore di periodici con un numero molto ampio di testate (21) e, poi, ascuiqisce il gruppo televisivo La7 e La7D e il gruppo RCS Mediagroup, che controlla “Il Corriere della Sera” e “Gazzetta dello Sport”; -  Mondadori, che è controllata da Mediaset e a cui fa capo “Il Giornale”. Essa controlla vari quotidiani e periodici, come “Sorrisi e Canzoni”, “Chi”, “Panorama” e “Focus”; -  Gruppo Editoriale l’Espresso (ELE), cui faceva capo “Repubblica” e “L’espresso”. È stato acquisito da FIAT, dando vita a “Secolo XIX” e “La stampa”; -  altri gruppi minori, come Monti-Riffeser (“Il Giorno”, “Resto del Carlino” e “Nazione”), Caltagirone (“Il Messaggero”, “Il Mattino”, “Il Gazzettino” e “Leggo”) e Confindustria (“Il Sole 24 Ore” e “Radio 24”). È un settore moderatamente concentrato con diversi incroci cross-mediali. Un momento centrale della crisi economica è stato quello tra il 2013 e il 2015. Ha avuto una flessione progressiva, con una flessione molto più forte sul lato della pubblicità (-9%). I gruppi principali costituiscono il 45% delle quote di mercato, mentre gli altri gruppi rappresentano il 30,6%. Nel 2019, il principale gruppo è GEDI. Un discorso fondamentale riguarda l’evoluzione di questo mercato, ovvero la possibilità di sopperire alle perdite della parte tradizionale della stampa cartacea con nuove risorse che derivano dal digitale. Le risorse che derivano dall’online non sono state sufficienti a sopperire le perdite più forti. Ciò che è interessante è che, tra il 2010 e il 2014, sono molto diversi i due versanti sul piano della parte tradizionale rispetto a quelli digitali. Da un lato, la parte digitale è molto più dipendente alla raccolta pubblicitaria, soltanto a partire dal 2012, il lato utente è progressivamente aumentato con gli abbonamenti online. Dall’altro, la parte tradizionale è dipendente in modo equo sia alla pubblicità che agli utenti. Bisogna ricordare che negli ultimi anni, anche le testate tradizionali si appoggiano alle testate online. Nel mondo digitale stanno emergendo sempre di più dei modelli che diventano sempre più ibridi, cioè dei modelli freemium, che mescolano in maniera strategica la versione free (pubblicità) e la versione premium (utenti). Nello specifico, si offrono alcuni contenuti gratis e poi si cerca di portare l’utente verso un contesto pay. Quando si guardano questi dati si può ragione su un duplice livello: quello della tiratura, quindi le copie vendute che si ottengono dalla sottrazione delle rese, che però è una lettura parziale perché so quanto ho venduto ma mi interessa sapere anche quanto si è letto; e quello della readership, quindi il numero di lettori. Tutto ciò che richiede la raccolta e le risorse pubblicitarie deve essere misurato. In Italia, la misurazione è gestito dal sistema delle Audi, ovvero diverse società che misurano l’effettivo consumo dei contenuti mediali. Questo sistema è costruito su tre società: Auditel (consumi TV), Audipress (consumi a stampa) e Audiweb (consumi sul web). Una parte dei dati 71 sono resi pubblici e condivisi. In un contesto di media sempre più convergenti, i confini sono più flessibili. Ad esempio, le piattaforme di streaming OTT devono essere misurate da Auditel o Audiweb? Su Audipress possiamo trovare i dati sulla readership dei quotidiani, anche su una spaccatura di tipo di target, territoriale, differenza tra quotidiani e periodici, dati relativi a specifiche testate e analisi legate alla popolazione e al numero di lettori. Cambiamenti avvenuti nel corso degli anni, abbiamo due grandi gruppi che sono gruppo Ghedi e Cairo RCS. 72 17/11/22 Incontro Kids Me – DeAgostini All’inizio del 2020 il grippo ha lanciato sul mercato Kids me una content factory, una casa di produzione per rispondere alle esigenze e all’evoluzione del mercato. Si aggiungono dei canali a marchio DeAgostini il canale Dea Kids nel 2008-2009, il primo canale dell’area ragazzi. Il logo è cambiato per un’operazione di rebranding. Alcuni anni dopo, si è aggiunto il canale Dea Junior, per gli anni del prescolare. Dal 2020 si aggiunge questa casa di produzione che confeziona prodotto sia per i due canali sia per i soggetti terzi siano essi altri broadcaster. Producono contenuti per Rai, Discovery, lavorano come fornitori e lavorano in produzione e coproduzione e lavorano su canali come Sky. Il gruppo è molto grande attiva su diversi settori, si trovano sotto quella che è la ramificazione editoriale sotto Kids Conent. Il target della Kids Tv, sono kids specialists, il target 75 sono la generazione alfa, i figli dei millennial, praticano una fruizione in modalità total audience su più canali (piattaforme, canali), una fruizione multi-screen. Sono iper-connessi perché essi hanno accesso agli smartphone già dai 12 anni. L’esperienza di co-visione, è importante confezionare prodotto per arrivare alla componente anche parenting, ossia i millennial. Rispetto alla loro dieta mediale, essi hanno ¾ ulteriori targhettizzazioni perché abbiamo i pre-scolars (pre-cool) i bimbi all’inizio della scuola primaria, poi fino alla scuola media, successivamente al primo anno di liceo 13 anni più o meno sono i tween (tra i kids e teenager. La maggior parte dei prodotti sono indirizzati verso questo target, series Scripted ecc. Le caratteristiche della content factory, si definiscono specialisti sul target perché hanno prodotto oltre 1500 ore di produzione, sono stati il primo gruppo editoriale sulla produzione originale sul target. Si è lanciato super, è diventato un canale molto importante, si è costruito l’offerta, ma nel 2019 Viacom ha deciso di acquistarne le quote ed è di proprietà di Paramount. La mission di DeAgostini è quello di trasferire la portata educational in un ambito televisivo. L’animazione è centrale, si acquisiscono delle animazioni che sono presenti sul mercato, si interessano di un titolo e lo inseriscono nella library. Producono anche come il caso di Miracul us che è in coproduzione di Disney. New School è un case history che riguarda lo Scripted, è visibile su Netflix prodotto per il canale Super con attori che sono a cavallo tra pre-teen e adolescenti. È Il primo titolo Scripted, visibile anche su altri territori grazie a BBC. La casa di produzione ha delle caratteristiche, lavorano anche per i canali DeAgostini, e per terzi come Warner, Discovery, Mediaset, Rai. Lavora come soggetto indipendente. Identifichiamo 3 caratteristiche della casa di produzione: - Scouters: la parte di ricerca viene fatta internamente sia attraverso la ricerca sul mercato quantitativa e qualitativa, pitch dall’esterno con soggetti che portano idee. - Kids specialists: specializzati sul target di riferimento - Brand curators: allungare il ciclo di vita del prodotto, campagne marketing e attività di brand e commerciali. Il primo step è quello di individuare l’idea che diventa un ip, fanno ricerca sul mercato, si cerca di studiare altri mercati e territori per localizzare i trendness internazionali più importanti. Si prendono trend forti in altri mercati e si fanno titoli originali per il mercato italiano. La parte di ricerca qualitativa e quantitativa sul target, è complesso evolve per definizione con le proprie sub targhettizzazione. È importante intercettarne i gusti che cambiano quando i ragazzi crescono. Il mercato è in evoluzione costante, è un aspetto che va curato quello della ricerca sul target. La creazione di ip è il secondo step, si traduce l’idea in ip, è lo step precedente di traduzione dell’idea in un contenuto audiovisivo. Case Superbenny prodotto per Discovery, è interessante la varietà di modelli produttivi, non solo l’eterogeneità, è interessante i modelli produttivi che introducono. Superbenny parla del personaggio di Benedetta Rossi, trasportarlo su altri canali per far avvicinare il target di più. Next level è in coproduzione con Rai, è un titolo su educazione alla sessualità, ci sono apporti rai e DeAgostini. Crazy cooking show, è un programma sul tema della cucina no spreco, commissionato da Warner per Boing ed è un caso di produzione di commessa, è un titolo importante perché è la prima produzione studio based. One wish è uno spin off di New School, è visibile su Dea kids, è un flag ship su Sky rimane in esclusiva su Sky per 12 mesi prime di poter essere messo in logiche di distribuzione diversa. Specialisti sul target sul prodotto educational, la mission è quella di tradurre il prodotto educational dall’ambito librario all’ambito televisivo con una mission di intrattenimento sul target kids con contenuti factual non Scripted dove il talent, il 76 local host è un elemento cardine, è un punto di riferimento per il target, è una sorta di filo rosso sulla componente parenting del target i millennial. Il 2017 è un anno in cui si affianca il prodotto factual educational con il prodotto Scripted, con lo Scripted series. Sull’animazione vi è la coproduzione e l’acquisizione con altri terzi come Rai. Si parte con la messa in onda Sky se è una coproduzione e poi la messa in chiaro sui canali tv. c’è un lavoro di supervisione sulle animazioni, continuando a lavorare sulle ip per costruire il corollario di personaggi, linee estetiche di ambientazione del prodotto. Brand curators - la curation è fondamentale, una volta lanciato il titolo va curato, parliamo di promozione, campagne marketing, si fa anche per broadcaster e piattaforme non ci si ferma al confezionamento del prodotto ma anche la parte di lancio molto importante. Si lavora anche con i brand commerciali, nell’ambito di tv per ragazzi non si può fare placement e breakarre sotto la mezza ora lorda tv, non è possibile fare placement, è un target fortissimo per quanto riguarda i brand. è importante associare un volto ad un programma, perché diventa volto di una campagna commerciale. Quando abbiamo in onda il contenuto in onda, avere un contenuto commerciale in onda e avere lo stesso volto in entrambi i contenuti, da un effetto amplificatore. Lo si fa anche con la sponsorizzazione, il branded content è una sponsorizzazione come presentato da, il marchio è sempre pulito ma si inserisce in coda un cartello con presentato da. Si è lavorato ad un’offerta in collaborazione con Costa Crociere per contenuti da trasmettere sulle navi. Tavola riepilogativa di overview delle attività si parte dall’attività di ricerca, tutta la parte di ricerca specifica sul target, la presenza di DeAgostini ai mercati internazionali, a fare pitch, c’è poi la parte di sviluppo si parte da un’idea di sviluppo in house, ossia tenere le ip internamente in azienda, anche quando si lavora per terzi, broadcaster e piattaforme. È complicato in fase di negoziazione. Si cerca di tenere i diritti delle ip in house perché da forza all’azienda e alla casa di produzione. In quest’area c’è l’attività di produzione e co produzione. Con i partners si cerca di lavorare in logiche di co produzione. È importante porsi come coproduttori e portare valore aggiunto nei prodotti specifici. Dopo il lancio bisogna fare attenzione alle logiche distributive di campagne marketing. Le piattaforme chiedono che il contenuto sia disponibile per un tot di tempo solo sulle piattaforme (Amazon, Netflix). Su Amazon Prime si ha un canale direct, tutto il contenuto prescolare sia Unscripted che Scripted vanno direttamente su Prime. È un sistema complesso, però fragile e frammentato ma in grado di evolvere rapidamente, si organizza velocemente e le logiche sinergiche sono sempre più centrali, l’educational e il parenting. La questione dell’evoluzione dei gusti rispetto al target è fondamentale, l’impatto della fruizione è importante con la centralità di logiche di coproduzione. In questa fase del prodotto originale dove in Italia con l’esperienza di live action americane di Nickelodeon erano su Super, si approcciano alle serie Scripted con new school che hanno coprodotto con una app di scrittura internazionale, viaggiare. Si è sviluppata l’ip internamente di New School, si crea un’idea nuova. Si affida la stesura degli script ad un hub internazionale, quel tipo di scrittura diretta sulla comicità e lo slang riadattato in italiano, era la strada giusta per confezionare un prodotto più internazionale e che potesse viaggiare a lungo. Le sceneggiature sono scritte all’estero e poi vengono adattate in Italia, da un ufficio di autori italiani, la comicità e lo slang sono stata riadattate. Il prodotto è stato riaffiancato da una regia industriale, un modello tipico di questo modello di prodotto negli USA, si realizza in un tempo compresso con un budget più complesso realizzare più minuti. Il formato tipico di 15 episodi richiede un lavoro di due mesi. Il processo di montaggio e produzione è fuori da questo tempo. L’attività casting si fa internamente così come la produzione esecutiva e l’attività di 77 Quando analizziamo i dati di consumo abbiamo bisogno di sapere quante diverse persone stanno consumano un contenuto e questo è quello che si chiama reach, quante persone guardano un canale televisivo, ma in termini di metrica, il quanto non è sufficiente, ci manca il tempo speso. Questo numero diverso di persone potrebbe aver visto anche solo un minuto. Mediamente ad ottobre ci dice la reach che sono stati visti e consumati contenuti audiovisivi con una reach giornalmente di 40 milioni di italiani. Dove vanno questi 40 milioni? Vanno in primis sui broadcaster tradizionali, quasi 30 milioni di reach giornaliera vanno a Mediaset e Rai; quindi, ciò spiega la resilienza della tv generalista, che si compone del 70% della reach complessivo. Questo è un dato consolidato, il dato nuovo è quello di 7 milioni di reach su due soggetti (18%) persone che hanno visto giornalmente almeno un minuto di Youtube e Netflix, vuol dire che 7 milioni di italiani hanno visto giornalmente un contenuto. È un dato tecnologico importante. Un'altra slide mostra una peculiarità, del target, da un lato abbiamo la popolazione di più di 50 anni fino ai 75 anni, polarizzata sul consumo tradizionale televisivo, la fascia giovane mescola il rapporto tra consumo digitale e consumo tradizionale, il primo vale di più. Nel mezzo abbiamo le fasce intermedie che oscillano in equilibrio. Come cambia il consumo e si polarizza a seconda delle fasce d’età e che ruolo hanno le piattaforme nel catalizzare il consumo delle persone. Il consumo televisivo oggi è live, on demand standard che Auditel misura in sette giorni dalla messa in onda, vosdal (contenuti che si trovano online subito dopo la messa in onda). Da un punto di vista pubblicitario, le piattaforme stanno iniziando a raccogliere pubblicità, dal punto di vista dei target, posso raggiungere 3 tipologie: 1. Quelli che guardano Netflix e tv tradizionalista, su questi la tv è in equilibrio 2. Quelli che guardano solo la tv 3. Ma c’è una parte di pubblico polarizzata più giovane che rappresenta l’esclusivo non riconosciuto. È un problema per le concessionarie pubblicitarie perché non lo raggiungi, lo raggiungi solo con il non riconosciuto Questo discorso pone in una dinamica di conflittualità che in maniera non molto celata è stata illustrata come strategie di marketing sin dall’ascesa in campo delle piattaforme con il suo fondatore 80 Reed Hastings, che dice che la tv lineare sarà spenta entro il 2030. È una strategia di marketing e lancio del servizio, è un’esagerazione, non sarà così, però segnala che c’è un terreno di conflitto. Funzionamento della filiera della produzione di audiovisivo e i suoi modelli Teniamo conto di un’analogia tra broadcasting e piattaforme streaming, le problematiche sul piano produttivo di alimentazione della filiera sono le medesime. Il concetto di filiera o vertical supply chain, ogni settore produttivo si caratterizza per la sua filiera, ora la caliamo nel contesto della più tradizionale industria che è il broadcasting ma si potrebbe anche declinare sulle piattaforme. Con la filiera che è un modo ad andare ad analizzare il percorso produttivo che porta a trasformare risorse in prodotti finiti destinati ad essere consumati, nei prodotti mediali, idee si trasformeranno fino ad essere un giornale, tv destinato ad essere fruito. Il broadcasting audiovisivo ha tre livelli successivi: produzione di contenuti, la costruzione dell’offerta (il packaging), la trasmissione dell’offerta. Prendiamo come soggetto quello principale che è l’impresa tv, Mediaset, Sky ecc. Dove si colloca il broadcasting, qual è il punto di collazione? Il suo mestiere principale è la costruzione dell’offerta, sono degli editori, realizzano un’offerta, la posizione dei broadcaster è il packaging, la questione è costruire un’offerta che è fatta non di singoli programmi ma fatta dal palinsesto, da un’offerta che caratterizza una rete che è il contenitore che avrà una sua identità, un suo budget. La finalità principale per un broadcaster è quella di costruire un’offerta, oggi però l’offerta in una rete deve tenere conto che poi c’è tutto quello che sta attorno, c’è la possibilità di distribuire un’offerta a delle piattaforme collegata all’editore (Mediaset play). I soggetti della filiera sono il broadcaster che sta al centro e abbiamo l’alto grande soggetto ossia le case di produzione, necessarie sul primo step della filiera perché non hanno rapporti diretti col consumatore finale, sono dei fornitori per il broadcaster. Essendo il broadcasting un’industria integrata verticalmente, Rai e Mediaset hanno al loro interno società come Raiway e elettronica industriale che si occupano dell’aspetto tecnico della trasmissione. Il problema fondamentale per un broadcaster sul lato editoriale costruendo l’offerta, dovrà realizzare il prodotto secondo delle linee editoriali date dal posizionamento della rete. La questione del target è rilevante però il problema uno è quello del contenuto. In che modo l’editore televisivo va a realizzare l contenuto televisivo che va a riempire il palinsesto come una griglia vuota determinata da logiche diverse per produrre il contenuto. Dove si prende il contenuto? L’editore tv è posto di fronte ad una grande scelta di base, mescola attraverso un equilibrio attraverso le due possibilità, make or buy, cioè produco o acquisto? È la grande bipartizione. Ogni palinsesto è fatto di prodotti di produzione e di acquisto. L’acquisto è quello di un prodotto realizzato altrove, quel prodotto ha già generato i suoi ricavi e può essere venduto ad un costo più basso rispetto ad un prodotto che si realizza ex novo. Quindi produrre costa molto di più rispetto ad acquistare. I livelli della produzione vanno da prodotti di infotainment che costa 20 mila all’ora a prodotti che costano 1 milione a puntata come grande fratello. Il prodotto d’acquisto ci costano di meno. Un direttore di canale avrà l’obbligo per esempio di costruire un’offerta, un budget e su questo deve fare i conti. L’acquisto, per esempio, come editore posso acquistare un film, un prodotto classico d’acquisto, quando si acquista un format si acquista per attivare una produzione, esso sta nella parte del make pago una format fee, non sta dalla parte del buy. Compro quindi il prodotto seriale, la fiction, i palinsesti italiani mettono nella loro offerta dei prodotti seriali nel contesto nordamericano (CSI) son prodotti larghi e non di nicchia, prodotti che raccolgono un pubblico molto vasto. Potrei 81 comprare tutto in realtà, nei palinsesti della pay tv vi è X factor UK, master chef Australia, questo prodotto d’acquisto ha dei sinonimi come ready made (fattoe finito) o finished oppure in italiano si usa diritti. Non è prodotto ma è un diritto di messa in onda acquistato. Ready made o finished è interessante perché il prodotto è finito ma non del tutto, in Italia un prodotto finito richiede un processo di doppiaggio in incarico a chi acquista il prodotto, ciò ha un costo elevato quindi si fa per i prodotti di maggior pregio come le serie. Per i factual si usa il sottotitolo o la voice over. In est Europa si usa molto la voice over anche per la fiction, non li doppiano, usano una voice over unica che doppia tutti i personaggi. È una questione di soldi. Il prodotto non è finito in senso pieno, ma per andare in onda necessita un processo in più. C’è stato un cambiamento di tempistiche sulle operazioni di doppiaggio sui prodotti di punta, negli anni 2000 il prodotto seriale nordamericano veniva importato anche dai broadcaster pay ma arrivava con un ritardo di mesi. Con la diffusione della rete Internet si è diffusa come pratica del lavoro il downloading illegale, scarico il prodotto con i sottotitoli e lo guardo, questa è una minaccia per l’industria va fuori dalla remunerazione del diritto e l’industria deve necessariamente accelerare i tempi. Es. ultima puntata di Lost, l’editore Fox parte di news Corporation decide di distribuirlo contemporaneamente agli USA mandando in onda una versione sottotitolata nel prime time della sera stessa con i sottotitoli e la versione doppiata la settimana dopo. The Walking dead in una scena realizza tre versioni diverse perché fino all’ultimo non rivela il vero plot ma per consentire di fare il doppiaggio in tempo reale in tutto il mondo. Sul lato del make, la produzione, il broadcaster ha possibilità di produrlo ma il come lo produce è fondamentale ossia ha due grandi possibilità: la produzione interna o la produzione esterna. Internamente si producono le news, l’informazione realizzata e prodotta da dei professionisti come i giornalisti che sono dipendenti dall’editore stesso c’è un controllo editoriale molto più stretto rispetto ad altri generi. Le reti si articolano con le testate ossia i telegiornali, sono il tipico esempio di produzione interne. Rientrano nell’informazione i talk che sono sotto testata giornalistica fatti da giornalisti, però non sempre i talk sono realizzati interamente all’interno del broadcaster, a volte vengono realizzati insieme a case di produzione come Piazza Pulita su la 7 in coproduzione con Banijay. In termini generali la struttura video news realizza la maggior parte dell’informazione. Esternamente produco fiction (Scripted) e intrattenimento (Unscripted), la prima realizzata con la casa di produzione, l’Unscripted è realizzato in parte dal broadcaster in parte dalla produzione interna tipo la D’Urso. I format acquistati per un programma di intrattenimento, si acquistano ma poi il programma non è l’acquisizione di un diritto su un programma già realizzato, quando lo compro il formato ho intenzione di realizzare il prodotto, lo voglio produrre. La terza possibilità di carattere produttiva riguarda solo alcuni generi che è diversa dagli altri ossia in coproduzione. La produzione, per esempio, dell’Amica Geniale avviene in co produzione, un tipo di produzione nella quale vengono coinvolti diversi attori a livello internazionale su un livello degli editori non dei produttori. Es. the Young Pope di Sorrentino ha coinvolto tre broadcaster internazionali Sky Italia, Canal plus e HBO la pay tv francese e americana. Nel rapporto tra il broadcaster, editore e produttore, questo rapporto tra è un rapporto che si definisce di commissioning, di commissione, un editore commissiona il prodotto ad un produttore. Black mirror prodotto da Netflix-> commissioner di un produttore che è Endemol UK. Abbiamo sempre un produttore esterno. Produrre è commissionare, per il produttore è realizzare concretamente. 82 Nel 2020 a causa delle problematiche delle produzioni è calato, ma nel 2022 è tornato a crescere. Le ragioni di questa crescita è che è aumentato il numero delle produzioni di prodotti dalle basic cable, ed anche i servizi online. La produzione americana è cambiata andando nella dimensione dell’abbondanza in relazione alla trasformazione complessiva dello scenario televisivo e mediale in cui si sono affiancati nuovi attori. Alla fine degli anni 90 alcuni attori che non producevano prodotto scriptet hanno iniziato a produrre contenuto e poi via via hanno proseguito, per esempio HBO. Ciò che cresce tanto sono le cable, non acquisto il singolo brand ma un pacchetto di molte reti con diversi canali AMC il commissioner di the walking dead è una basic cable, ha un pubblico più largo delle pay cable. Le online services con le piattaforme. Questa crescita dell’offerta è una conseguenza del sistema e ha portato diversi attori che ad entrare nella produzione di contenuto originale esclusivo. Netflix, per esempio, nasce come distributore postale di film in dvd, poi diventa distributore OTT, comprende per forza maggiore si rende conto che c’è necessità di prodursi i suoi contenuti. Lo sviluppo delle altre piattaforme ha tolto contenuto e si sono orientati sulla produzione. La realtà del sistema mediale contemporaneo è caratterizzata dall’abbondanza del contenuto, figlia di ciò che alcuni definiscono passaggio dalla network era all’era post network in cui si aggiungono accanto ai network i cable e le OTT. La produzione si basa sul lato del broadcaster su una scelta strategica del buy e del make; quindi, il buy consiste nell’acquisto di diritti di programmi trasmessi altrove con il processo di doppiaggio e sottotitolaggio e voice over con alcune caratteristiche specifiche dei generi e il make consiste nelle tre tipologie, come produzione interna ossia parliamo anche di un’integrazione verticale, un broadcaster che include un livello produttivo del primo livello della filiera. La produzione in appalto cioè il commissioning ha case di produzioni indipendenti è una sorta di co produzione, si 85 collabora mettendo cose diverse. Es: isola dei famosi, format di Banijay Italia, commissionato da Mediaset, ma realizzato in studio a Cologno. Tutta la parte tecnico produttivo, lo studio di fatto, è fornito dallo stesso broadcaster, il produttore mette le parti above the line ossia dell’autore, delle redazioni. C’è la terza tipologia ossia coproduzioni con più soggetti internazionali. La produzione esterna è detta anche indipendente, non esiste una legge su questo ma l’indipendenza è data dal fatto che il produttore non debba essere controllato da un broadcaster, non ci deve essere un’integrazione verticale. Si considera prodotto indipendente anche i casi in cui il produttore che ha una sua fisionomia propria è controllato dal broadcaster. Es: i prodotti di Fascina o Taodue sono considerate produzioni indipendenti anche se sono controllate da Mediaset. Prima dell’avvento del broadcasting la produzione audiovisiva era appannaggio dell’industria cinematografica, con la nascita della tv, si vanno a sovrapporre logiche diverse quelle del broadcasting a quelle del cinema. I prodotti che vengono realizzati con un’alogica di tipo cinematografico riguardano la tv perché il broadcasting è un mercato secondario. Essi sono i film, in Italia i grandi produttori di cinema sono gli stessi autori televisivi, siano Medusa, Rai cinema Vision nata in Sky come produttore. Un prodotto come i film è un prodotto realizzato secondo logica cinematografica, quindi set, troupe e casting, che ha la tv come mercato di sbocco primario. La tv è il mercato secondario per i film, ma la fiction è realizzato per la tv con le stesse logiche del cinema ma destinato in primis alla tv. Il terzo tipo di prodotto è realizzato con una logica tv, che è diversa da quella cinematografica i prodotti Unscripted sono realizzati in diretta, si usano le telecamere e il mercato di sbocco è di nuovo la tv. Sul lato delle case di produzione è interessante perché sono il primo step della filiera, abbiamo una grande varietà di soggetti, ci sono delle case di produzione attive come case di produzione cinematohtafica, spostando il focus sulla produzione di prodotto seriale come Taodue fondata da Valsecchi negli anni 80, era un produttore cinematografica ed inizia a produrre prodotto seriale. Cattleya ha le stesse caratteristiche, è un produttore cinematografico che ha realizzato romanzo criminale, sposta gran parte del proprio peso sul prodotto seriale. Ci sono case di produzione che realizzano solo prodotto di fiction e ci sono case di produzione che realizzano solo prodotto di intrattenimento, ci sono case di produzione che realizzano prodotto Scripted e unscripted. Freemantle, per esempio, opera su tutti e due i versanti, produce X factor ma è produttore di soap opera come un posto al sole, perché il numero di ore di produzione è il maggiore. Lo scripted si articola secondo una serie di elementi diversi, per esempio i generi ma anche i formati a seconda se si tratta di brevi o lunghi, la fiction italiana si articolava negli anni 90 nei byo pic in due puntate, poi sono arrivate la media e la lunga serialità. A differenza dell’industria cinematografica dove un produttore contatta uno scrittore, un regista gli fa fare un film e mette sul mercato il film pregando vada bene, in tv non va mai così. La domanda del commissioner anticipa l’offerta cioè non si da mai il caso in cui un prodotto tv venga realizzato così perché è bello, è interessante, in tv a guidare è sempre il palinsesto, è l’offerta. È stato un grande cambiamento avvenuto col passaggio dal servizio pubblico alla tv commerciale, la rai produceva e decideva dove mettere in onda, quando nasce la concorrenza è sempre il palinsesto che guida. Es: il preserale si caratterizza per essere una fascia con il gioco a premi va in onda per anni in preserale su canale 5 chi vuol essere milionario, un preso format globale che vende dappertutto, non funziona più, è stato sfruttato molto e rispetto agli obiettivi che la rete si propone il prodotto non riesce a raggiungere gli obiettivi della rete, per questo si sostituisce. Il palinsesto guida perché nel momento in cui non posso contare sul quiz milionario, devo commissionare un prodotto nuovo, sostituirlo facendomi 86 guidare dalle logiche del palinsesto. Mi incontro con chi produce per quella fascia oraria. Si fanno quindi successivamente dei pilot test sulle puntate pilota; quindi, per vedere se funziona o meno il programma, si fa quindi girare una puntata a Gerry di the money drop. Si fanno quindi focus Group e da questi si analizzano tanti aspetti a livello qualitativo. Il gioco aveva i soldi lì concretamente, genera un aspetto connotativo forte, nel pubblico più anziano generava una sensazione di gioco del mondo dell’azzardo. Il programma alla fine il programma è stato fatto. Vi erano delle esigenze chiare del palinsesto, c’era bisogno di un altro gioco a premio e di venire incontro alle esigenze di un pubblico più diversificato e anche di una continuità in termini di conduzioni; quindi, si sceglie di mettere in produzione money drop. Questo è il processo di domanda che anticipa l’offerta. The wall prima di essere registrato a Milano, la troupe si era spostata in altri paesi per poter realizzare lo studio uguale. 24/11/22 Incontro con Paolo Colombo – orientamento al lavoro Il mercato è fatto di alcune professioni che sono trasversali, il tipo di attività è la stessa. Alcune attività sono trasversali a tutte le aziende perché per svolgere richiedono le stesse competenze e capacità. Le competenze sono le materie che conosco e le cose che devo fare. Per l’estero è la conoscenza delle lingue; competenze informatiche (uso di Excel), competenze interne dell’azienda a livello amministrativo. Le capacità si intendono non le cose da sapere ma le cose che devo saper fare, abilità di comunicazione, lavorare in team, capacità organizzative e la capacità di saper affrontare problem solving e situazioni sotto stress. Ciò ci permette di capire se una professione è adattata a noi o meno. Orientarsi nel mercato del lavoro significa capire e comprendere quali abilità personali sono richieste e capire se io voglio lavorare con queste capacità. Le competenze possono essere acquisite ma se non si hanno capacità comunicative, non si va da nessuna parte. Che cosa fa assumere ad un’azienda uno stagista? Vedono un potenziale di crescita, vedono delle caratteristiche, motivazione, ambizione, innovazione, sveglio, voglia di fare, voglia di imparare, che si mette in gioco. Oggi il mercato del lavoro ciò la chiama attitudine, non è quello che so, ma è come sono. Questa è la chiave di volta, il mercato del lavoro, in questo momento, ragiona secondo un'altra logica, se anche una persona non ha abilità posso formarlo. L’attitudine è quell’atteggiamento individuale innato in quel candidato. Professioni: possiamo dividere il mondo del lavoro in due macroaree: funzioni trasversali e quello delle funzioni specifiche di un’azienda. Per funzioni trasversali si intendono le attività presente e necessarie e trasversali a qualunque azienda indipendentemente dal settore merceologico e dall’attività che svolgono. Sono funzioni ed attività che sono presenti solo in aziende che svolgono una determinata attività o lavorano in un determinato settore merceologico (ufficio legale). È importante ragionare su questi due tipi di attività. È importante capire se nella mia ricerca ed ambizione professionale, io voglio entrare nello specifico settore di attività oppure no. Ci sono pro e contro nel muoversi in maniera specifica, io devo conoscere la mia specificità, nessuno mi può dare una risposta generale. Nel momento in cui mi oriento verso la specificità del settore devo avere le competenze specifiche di quel settore. Devo conoscerlo bene. Si consiglia per questo di guardare e conoscere l’azienda. Se l’orientamento è più generico questo un po’ può semplificare, però è un falso inganno, anche le aree trasversali sono fatte di aree trasversali 87 hanno puntato molto sul prodotto fiction. La quantità di prodotto originale varia nel tempo a seconda delle situazioni, uno dei fattori di successo era stato il fatto che Fininvest aveva fatto banco sul mondo dei diritti americani. Di fronte al proliferare dei canali lineari, i canali del digitale terrestre non esistevano. Ora sono 30/40 vivono di diritti così come le piattaforme. Per differenziarli bisogna trovare un prodotto alternativo allo scripted. Due cose fondamentali sono scripted e intrattenimento ed informazione che differenziano la tv generalista. Ascolti del tg5 sono aumentati perché il tg 1 non c’è per i mondiali, ciò è importante perché vale l’abitudine e l’informazione confezionata. La fiction conta non perché fai un banale racconto ma conta se tu riesci a creare un racconto che sia moderno ma non troppo che sia originale ed ancorato ai tempi. Sull’intrattenimento l’unscripted è una parte fondamentale dell’offerta della tv generalista contando solo la stagione che va da settembre a maggio abbiamo oltre 17 mila ore di prodotto di intrattenimento e questo è il prodotto più caldo e vicino al consumo degli italiani. Il mondo della produzione dell’intrattenimento com’è cambiato e soprattutto le sfide che guardano al domani? Per quanto costa produrre intrattenimento di qualità il costo è elevato. C’è un problema di risorse in termini autoriali perché non è facile trovare nuovi spunti e nuove idee adatte alla tv generalista. Canale 5 non si può permettere esperimenti. C’è un problema poi di risorse artistiche il sistema entertainment italiano una volta produceva molti artisti, oggi ne produce di meno. In Italia c’è un problema di parco risorse artistiche, tutto questo problema di risorse determina che tipo di intrattenimento puoi fare. Il mood e la capacità di stare indietro al mood nazionale, l’intrattenimento in sé è slegato da ciò che succede nel nostro paese, non è cosi. Ci sono periodi che la gente si diverte a guardare scherzi a persone comuni, gente che non si diverte. All’interno dell’intrattenimento lo stesso titolo si modifica negli anni (c’è posta per te 20 anni fa è diverso di oggi, lo stesso il gf, era il gf comune ad oggi è solo vip). In questi anni l’intrattenimento è presente in diversi modelli. I modelli dell’intrattenimento sono anche piuttosto diversi, la produzione è anche interna con una parte importante di produzione esterna commissionata anche dalle case di produzione. Ognuno di questi gruppi punta ad avere canali generalisti Discovery e Sky hanno cercato di averlo con l’8 e il 9. Non vanno a produrre sulle reti tematiche trasformandole in generaliste. Focus ha una tematica ben precisa, quando c’è qualcosa di evento italiano su Focus si va a produrre. Serve a dare identità. Com’è cambiato il mix di generi di intrattenimento per Mediaset? Non vale la pena produrre anche per il contesto non lineare? Qualche esperimento è stato fatto. Nel mondo digital l’area delle iene è quella più popolare. L’innovazione, come funziona in tv? idea che la tv tenda a rinnovare in maniera creativa la propria offerta perché la tv generalista è fatta di abitudine e continuità talvolta si ha la sensazione che forse in Italia è più vero. La tv in chiaro è più conservatrice in Italia rispetto ad altri paesi? Ci sono degli elementi che sembrano di conservazione con un certo tasso di informazione all’interno. C’è un’innovazione nascosta diciamo come modifica del contenuto di un programma se parliamo di innovazione tucur sicuramente la tv generalista è conservatrice, l’ultima innovazione della tv generalista è stato il gf. Il problema è legato alle distribuzioni di prodotti, si è indietro nel mondo di come vengono presentati i format all’estero. Non hanno una library da proporre alle emittenti straniere. Il format è legato alla capacità di realizzazione locale del format come le case di produzione ma Mediaset e Rai non ce l’hanno. Com’è cambiata la serialità nello scenario che si è definito? la fiction era generalista ossia Rai e Mediaset, Rai ha mantenuto una forza tradizionale, Mediaset ha cambiato alcune fasi. Si è tornati a puntare sulla fiction, è un mondo cambiato dal 2008 si inizia a produrre in pay tv con HBO. Ciò ha cambiato il prodotto, sono nate le coproduzioni internazionali sia sul lato pay tv sia lato piattaforme. 90 Mediaset ha fatto un esperimento interessante con Made in Italy in coproduzione con Amazon Prime, un prodotto con forme di coproduzione è una strada sensata e sulla quale si sta lavorando? Lo stile di fare fiction è più moderno di quello di Rai, la fiction delle OTT ha inciso sul pubblico vicino a Mediaset. Il tema dello sport è molto importante, come lo sport caratterizzerà l’offerta delle reti Mediaset. I mondiali nel 2018 Mediaset e nel 2022 Rai, non è con lo sport che si costruisce l’identità di un canale, con lo sport si fanno ascolti. Il calcio è importante perché si da un’offerta più variegata. 1/12/22 Consumi e loro Misurazione marketing tv Tema della misurazione come l’imprese si interfacciano al mercato ed ai clienti. L’industria degli audiovisivi si inserisce nel contesto digitale, ci sono nuove forme di competizione fra gli attori tipici dell’industria tradizionale del broadcasting e i nuovi attori del mondo del digitale che sono grandi attori globali presenti nel contesto attuale. Il mercato dei media è oligopolistico, il mercato di internet è ancora più concentrato, abbiam un numero limitato di attori che sono: Google, Youtube, Facebook. Adesso sta crescendo in tempi di consumo, relativamente per la capacità di costruire ricavi e profitti un terzo attore che è TikTok. Tv vs digitale: i consumi Dal principio abbiamo messo a confronto questi due mondi, la tv continua ad essere centrale in Italia e d’altra parte la misurazione di questi due mondi, che non sono sempre separati, la tv misurata nella forma della total audience ci porta nel contesto del digitale. Una prima idea di quali sono le quantità di consumi di questi due mondi che sono il fulcro oggi dell’industria dei media è importante averla. Ci da un’idea delle prime metriche sul mondo della tv. Guardando il panorama contemporaneo nel 2022 quanto si consuma di tv in Italia e quanto di consumi digitali in rete e come possiamo misurare queste due forme di consumo? Con quali metriche? Perché la tv continua a conservare la sua centralità sebbene meno che in passato? Tra consumo digitale e broadcasting? Vince la tv, vince il consumo che la maggior parte della popolazione fa di questo mezzo. Per misurare consumi abbiamo bisogno di due tipologie di dati che si incrociano tra loro: il numero delle persone e il tempo, quanti contatti su base quotidiana vengono raggiunti dai mezzi e dai contenuti e per quanto tempo? Su questo schema di riflessione emergono delle differenze tra tv ed internet. C’è una grossa differenza tra consumo di tv e consumo in rete dal punto di vista del numero dei contatti? Se mettiamo insieme il consumo di tv e digitale che sia più o meno frammentato in che rapporto stanno? Fino a qualche tempo fa c’era una grande differenza, fino a prima della pandemia, l’Italia era in ritardo sulla digitalizzazione soprattutto sulla popolazione anziana, la tv era il mezzo centrale. Man mano negli ultimi anni, con la spinta della pandemia sugli adulti, questo divario man mano è stato colmato. L’UE sta dando miliardi di euro per colmare questo divario di transizione digitale rispetto ad altri Paesi del Nord Europa, l’Italia sta colmando questo divario. 91 Abbiamo due metriche importanti che sono le metriche di fondo per qualunque analisi cioè quante persone raggiungi (reach) di tutta la funzione televisiva e digitale e per quanto tempo queste persone consumano, quindi il tempo speso. Gli indicatori di fruizione del consumo televisivo (KPI) usano questi dati indicati. Le fonti del digitale e della televisione sono diverse. Le fonti del mondo tv è auditel che è il joint industry commitee del mondo tv che ci fornisce la currency televisiva che è appunto un dato d’ascolto. Ieri per la prima volta nella storia di Auditel per un problema tecnico abbastanza banale non sono usciti dati relativi al giorno precedente. I dati raccolti devono essere trasmessi durante la notte durante una connessione che utilizza una sim, l’operatore su cui si basa la ricerca, sviluppata da Nielsen per Auditel, ha aggiornato il proprio sistema operativo, nella notte questi dati non sono stati trasmessi. È stato un grosso problema. Oggi vengono comunicati i datti dell’altro giorno e alle 3 quelli di ieri. Le fonti del digitale vengono indicati da COMSCORE. La stra grande maggioranza del consumo internet è su mobile. Sulla popolazione italiana 18+ da pre-pandemia a post pandemia da 38,2 milioni per la tv a 36,1 milioni. C’è una decrescita ovviamente, dopo la pandemia si è tornati a scendere. Internet cresce fino a 34,2 milioni a maggio 2022. Dal punto di vista dei contatti non c’è una grandissima differenza, siamo vicini. Le persone che quotidianamente accendono la tv indipendente dal tempo e che accedono a traverso un device connesso in rete a qualunque tipo di contenuti siano social media, entertainment sono abbastanza vicini. Ciò che fa la differenza è fatta sul totale della popolazione dal tempo speso. La differenza è fatta dal tempo che si spende in un caso piuttosto che nell’altro. Mediamente la popolazione italiana supera le 4 ore di consumo quotidiano, diversificato dalla popolazione, quella anziana consuma 5/6 ore, quella giovane scende sotto le 2 ore. Alla luce di questo e della popolazione nazionale, il confronto con il tempo speso sulla rete è evidente. Sul totale della popolazione arriviamo ad un ora e quaranta in prepandemia e 1 ora 48 in post pandemia con una crescita dell’8%. Per quanto noi siamo meno televisivi, però nel momento in cui consumiamo la tv, ci passiamo più tempo ovviamente in maniera frammentata, mentre il cellulare rende in maniera puntiforme connessi in rete per tutto il giorno. Questo quadro ci dice quali sono le metriche. 92 anni 80 è una tv che è un palinsesto che insieme mima e da forma (quanto) alla vita sociale. la tv deve adattarsi a certi ritmi.” A letto dopo carosello” la tv da forma alla vita sociale. Oggi in relazione all’evoluzione dei palinsesti è meno capace di fare questa operazione, definisce degli appuntamenti però come i tg, ci crea un appuntamento fisso ancora oggi. Questo tipo di marketing si focalizza su bisogni del pubblico sulle diverse fasce del palinsesto in relazione a quello che negli anni 80 avviene in maniera naturale ossia un ampliamento delle fasce di palinsesto, la tv di monopolio non trasmetteva in alcune fasce come la mattina. Si deve costruire un palinsesto che si deve adeguare ad un ritmo e ad una topologia di palinsesto con la finalità di ottimizzare l’offerta, valorizzare punti forti e quali sono quelli deboli, lavorare sui programmi tramite tecniche di palinsesto, dagli USA vengono importate tecniche di costruzione del palinsesto (striscia la notizia dagli anni 80 si utilizza la strica come tecnica di palinsesto. Inserisco in palinsesto un programma e lo vado a strisciare, lo ripeto a quell’ora tuti i giorni della settimana, compreso anche giorni feriali o weekend. Ciò per creare un appuntamento, se io ho un certo tipo di pubblico che guarda un programma il lunedì, ce l’ho anche gli altri giorni. Infatti, sui programmi di daytime il dato è molto omogeneo, è molto simile, fidelizza e crea un pubblico costante. Negli anni 80 la conquista di fasce che non esistevano viene creata e viene fatta su una serie di ragionamenti che sono quelli del marketing di palinsesto. Quali sono i bisogni degli spettatori televisivi alla mattina? Nasce così per esempio uno mattina, programma di info leggera ed infotainment. Si crea una fascia estremamente potente del daytime perché il punto di picco è attorno all’accessprime time che coglie quando la maggior parte delle persone guarda più tv. funziona da cerniera tra il consumo del tg tradizionale e il prime time che è la serata vera e propria. Marketing di prodotto Il marketing di prodotto non è focalizzato sulle fasce ma sul contenuto, sui programmi. Si fa un lavoro di analisi e sviluppo del prodotto specifico (pilot test) vado a fare una puntata pilota al fine di testarne la funzionalità. Una ricerca sul pilot mi da tanti elementi, è un’attività estremamente ricca. È un tipico esempio di ricerca qualitativa, lo misuro tramite il focus group. Farci una ricerca sopra è un’attività impegnativa. Parliamo di marketing di tipo editoriale. Il marketing di prodotto ha generato dei tentativi di costruzione di prodotti televisivi nuovi, quasi dei cloni come per chi l’ha visto (linea continua) un tentativo di sviluppare un prodotto analogo. Un po’ più evoluto è il ragionamento sul contenitore della domenica pomeriggio con Domenica In e Buona Domenica. Marketing brand A partire dagli anni 2000 abbiamo la frammentazione dei consumi, la progressiva segmentazione degli ascolti e dunque il brand marketing. È chiaro che un contenitore è un brand, è una promessa di un’esperienza e una serie di contenuti, negli anni post duemila, lo scenario dell’offerta televisiva cambia molto. Le tv generaliste avevano poca necessità di andare a configurare una propria identità di brand forte. Invece poi quando nascono le reti mini-generaliste e tematiche per quanto le definizioni siano accettate chiaramente il tema del branding diventa essenziale. Vi è una frammentazione dei consumi, il marketing lavora sulla segmentazione: collegare i dati Audi a forme di clusterizzazione (ossia gruppi di settatori massimamente omogenei all’interno ed eterogenei all’esterno). 95 Nel contesto dell’offerta generalista, alcuni canali si trasformano in brand, perché per esempio negli anni 2000 è un brand Italia 1, un modo di percepire l’esperienza. Così come MTV arriva in Italia e vende la sua pubblicità con la forza del brand perché i dati non vengono misurati. Ovviamente il brand marketing è al centro dell’attenzione Telecom Italia prima di Cairo dove avevamo una percezione di la7 molto forte dei volti, sull’informazione e sugli elementi di qualità. Ciò genera una forma di percezione del brand la 7. Vado ad identificare i tratti caratteristici di un brand e ci cado a costruirsi una cornice identitaria tramite comunicazione e promozione. Si costruisce uno slogan che è esclusivamente per tutti. L’altro grande caso è quello di real time che ha una storia di elementi progressivi legati al swith off. Nasce in discovery real time, quando avvien il passaggio al digitale terrestre si decide di uscire dal wallet garden della pay tv ed entrare in tv. Si fa con un rebranding si cambia logo e nome diventa real time che è fatto di factual entertainment, prima di magazzino di produzione americana e poi di produzione nazionale con la creazione di un sistema di volti nuovi totalmente con un canale fortemente targhettizzato femminile e con dei valori forti della rete che allo stesso modo di la7 genera un quadro identitario che viene sfruttato in termini di comunicazione con un lancio di slogan “tutto il tuo mondo”. Dal punto di vista dell’evoluzione del sistema mediale abbiamo una serie di cambiamenti importanti, sono legati allo sviluppo di nuove piattaforme e la possibilità di accedere a nuove forme di consumo e l’affiancamento delle forme di consumo lineari a quelle non lineari o on demand che per quanto riguarda oggi assume molto spesso la forma della cosiddetta catch up ossia piattaforme, app o siti di revisione del contenuto perso in palinsesto, è il modo in cui le properties dei broadcaster si sono evoluti finora. Le piattaforme come raiplay o infinity sono in gran parte degli strumenti di catch up, rai ha provato a sviluppare dei contenuti digital first. Il tema è quello di costruire forme di connessione tra il prodotto in onda e le propertites digitali come fa le iene. Il caso di che tempo che fa è un programma tv che ha sviluppato le properties online, un contenuto indipendente dalla messa in onda che ottiene ottimo riscontro. Le grosse sfide che si sono aperte sono da un lato la total audience la misurazione del consumo televisivo di contenuto fuori dal contesto del televisore, quindi attraverso modalità streaming e smart tv. la misurazione stessa è la sfida, come lo misuro? L’altro grande tema è lo sviluppo del valore del contenuto che valga la pena di essere visto, oggi una delle misurazioni che si fanno è la capacità di creare engagement sul contenuto sui social media, cercare di costruire delle relazioni forti che non sono solo di consumo, ma di tutte le attività. Quindi la social tv, che spostano la tv in un ambiente digitale. Audience Misurare il consumo è la base fondamentale della ricerca e del marketing. L’audience come concetto stesso nasce in epoca pre-mediale, audience vuol dire pubblico e si origina da una parola latina audientia, è il pubblico del teatro. Con lo sviluppo dei media succede che nel corso dell’800 si sposta il significato stesso di audience perché il concetto di audience viene applicato dai lettori di un libro che non sono compresenti. C’è il pubblico che consuma un grande romanzo è il pubblico che non è caratterizzato da nient’altro se non da quel romanzo. Il passaggio successivo avviene negli anni 30 del 900 con la nascita del broadcasting, questa despazializzazione del pubblico porta attraverso il broadcasting una simultaneità disorganizzata, è un pubblico disperso ma che sta facendo una stessa attività che è di consumo. Quest’evidenza si rende chiara fino ad oggi in 96 occasione dei media eventi che non sono altro che eventi di grande portata storica che consentono a una larga fetta di pubblico di partecipare attraverso i media ad un rituale condiviso come le partite di calcio dei mondiali, i funerali di capi di stato ecc. il pubblico ha questa evoluzione, il pubblico del broadcasting ha come sua caratteristica di essere despazializzato e unito in una comunità. Nasce l’idea dell’audience domestica e televisiva, tv un mezzo che unisce il consumo familiare in una variegata molteplicità di households. Dal punto di vista economico genera un possibile fallimento del mercato rispetto alla possibilità di costruire una remunerazione, genera il paradosso dell’audience, l’approccio di tipo quantitativo è un approccio che per misurare va a semplificare una pratica ed un’esperienza, tengo l’aspetto del consumo di quel mezzo. Da questo punto di vista tutta una tradizione di studi ossia gli audience studies riassumibile in una famosa sentenza di Susan Bird dice che l’audience del broadcasting è qualcosa che è dappertutto ma da nessuna parte. Questo presenta una serie di problematiche che secondo il paradosso genera nell’industria la necessità di misurare questa audience. Ang analizza a partire dagli anni 50 negli USA si sviluppano delle forme di conoscenza e ricerca destinate a rendere concreata questa audience. L’industria ha bisogno disperatamente di quantificare il consumo. Qui si situa il tema della misurazione tra la specificità di broadcasting e la necessità dell’industria di misurarli. L’approccio del marketing è diversificato in quantitativo e qualitativo, è quello degli audi ossia dei dati il primo. Il secondo è quello relativo non a misurare, ma riduce la grandezza, indaga una parte più limitata ma entra nella complessità di quell’esperienza. Se stiamo sulla dimensione quantitativa, se prendiamo il consumo della radio, a fronte di un mercato piccolo le tecniche di ricerca sul consumo di radio sono più economiche. Si utilizza la formula dei recall interviste a campioni in cui lo strumento di ricerca è l’intervista stessa, essa ha una serie di elementi e punti di debolezza. Il consumo di tv viene misurato attraverso un consumo passivo, si limita la collaborazione di chi è osservato, si chiede una partecipazione più limitata. L’idea di fondo è che il consumo televisivo utilizzi un sistema di fotografia del consumo e lo fa auditel con un campione che tradizionalmente fino ad anni fa era costituito da 5 mila famiglie o unità domestiche perché non tutte sono famiglie in senso stretto che fotografa il consumo. Anni fa è stato aggiunto al panel auditel un super panel che ha aggiunto 10 mila famiglie nuove, attualmente il panel auditel è costituito da 15 mila households con un sistema di rotazione dell’appartenenza al campione che fa si che ogni anno venivano sostituite mille famiglie. Si fotografa il consumo di oltre venti milioni di minuti in cui l’attività richiesta al campione è molto limitata. Esso non deve fare nulla, gli apparecchi tv vengono dotati di un decoder che fotografa il consumo di quella famiglia. Il problema è passare da un consumo di famiglia ma di un consumo individuale. L’individuazione del target lo si ottiene con un meccanismo che è un telecomando che richiede a ciascun membro della famiglia di identificarsi. Come tradizionalmente funziona l’ascolto televisivo in Italia attraverso un sistema campionario, un panel è un campione che viene consultato in maniera continuativa, viene consultato sempre. Il panel deve essere rappresentativo della popolazione, definito in base a delle quote che rappresenta la popolazione sulla base di una ricerca di base. Una ricerca di base che viene fatta sette volte l’anno che con interviste face to face è finalizzata esclusivamente alla costruzione del campione perché si ha bisogno di tracciare in maniera continuativa in maniera tecnologica. Misurazione passiva che evita tutte le problematiche di qualunque forma avanzata di collaborazione da parte del palinsesto, devo avere quello che si chiama un criterio di espansione. La statistica misura anche il margine d’errore più o meno ampio. 97
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