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Educazione Civica appunti, Appunti di Laboratori tecnologici ed esercitazioni

Appunti di educazione civica per un possibile tema argomentativo

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 10/04/2024

luna-gobbo-1
luna-gobbo-1 🇮🇹

3 documenti

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Scarica Educazione Civica appunti e più Appunti in PDF di Laboratori tecnologici ed esercitazioni solo su Docsity! Aula di Lettere Percorsi nel mondo umanistico LETTERE CLASSICHE Labor omnia vicit, dura condanna o condizione necessaria allo sviluppo… Nelle "Georgiche" Virgilio compie una teodicea del lavoro. Virgilio si confronta con due differenti losoe della storia: quella di Esiodo e quella di Lucrezio. Se della prima Virgilio riprende la visione di una Arcadia primigenia, della seconda invece si appropria di una visione materialistica di giusticazione del lavoro 1 aprile 2016 di Michela Mariotti Che cosa pensavano i Romani del lavoro? “Stacanovisti” dell'impegno politico, della dedizione al valore supremo della civitas, consideravano davvero il lavoro come la più alta forma di promozione umana?   L'otium (e non il suo contrario) è il tempo della promozione umana A ben vedere, a Roma l'attività pubblica non gode nemmeno del benecio di un nome primitivo, ma è denominata dal suo contrario: negotium (da nec e otium) è «ciò che non è non-attività», un paradosso per la società romana arcaica, in cui l'individuo sembra non conoscere altra realizzazione al di fuori dello spazio sociale della civitas e del suo ruolo di cittadino-soldato. D'altra parte l'otium, che in origine indica la «pace interna» dello stato (in opposizione a pax che denisce la non belligeranza con gli stati esteri), con la progressiva conquista di uno spazio privato da parte del cittadino, nisce per designare il contrario del suo contrario, diventando negoti inopia, «mancanza di occupazioni» (Cicerone, De ofciis 3, 2). Il tempo di pace dello stato si trasforma così nel tempo libero dell'individuo, il tempo in cui è possibile dedicarsi alla losoa, alla letteratura, alle relazioni di amicizia autentiche. L'otium è lo spazio della formazione individuale del cittadino romano, il luogo privilegiato della sua promozione umana. E il lavoro?   Agricoltore-soldato, il mito del civis romanus Nel modello repubblicano arcaico il cittadino è prima di tutto un agricola, un piccolo proprietario terriero, lavoratore in proprio di un piccolo fondo. È il modello esemplare di Lucio Quinzio Cincinnato, il vincitore degli Equi nel 458 a.C., che accolse la notizia della nomina a dictator mentre era impegnato ad arare il suo campicello di quattro iugeri (non più di 1 ettaro in tutto), noto da allora in poi come Prata Quinctia: secondo il racconto della tradizione (in particolare Livio 3, 26, 8 ss.) lasciato l'aratro, Cincinnato si deterse il sudore e la polvere, indossò la toga come richiesto dai delegati del senato e ascoltò la loro comunicazione ufciale. E dopo aver sbaragliato il nemico, impresa che in tutto gli richiese sedici giorni, depose la carica (di norma di durata semestrale) per ritornare alla sua attività di agricoltore. Onori, ricchezze, cariche pubbliche: non c'è brama di potere personale in Cincinnato, solo un puro e disinteressato spirito di servizio per la res publica. Poi il ritorno al quotidiano, che è polvere e sudore, duro lavoro dei campi. Ecco come ha rappresentato la scena il pittore francese Alexandre Cabanel in un dipinto del 1843 (Wikimedia Commons) Mentre sosti e poeti di fronte alla crisi della polis vagheggiano un indistinto ritorno all'età dell'oro, Platone si chiede se il modello esistenziale della generazione aurea sia davvero desiderabile e nel Politico (272 b-d) avanza seri dubbi sulla reale felicità di quegli uomini che, appesantiti da cibi e bevande, vivevano appagando solo gli istinti più bassi della loro anima, condannati a rimanere a uno stadio intellettuale inferiore. E già nel dotto poema alessandrino di Arato, Fenomeni e Pronostici, una delle principali fonti delle Georgiche, Giove è denito come un padre che «nella sua benevolenza verso gli uomini … spinge i popoli al lavoro»; mentre è signicativo che nell'età dell'oro di Arato, formatosi ad Atene alla scuola stoica di Zenone, sia presente già l'aratura, con uno scarto notevole dal modello esiodeo pur nella varietà e abbondanza dei prodotti naturali.   Due modelli di losoa della storia a confronto Ma l'aspetto più notevole nella teodicea virgiliana è la compresenza di due modelli distinti, e inconciliabili, di interpretazione della storia umana: il mito esiodeo delle cinque età (dall'età dell'oro alla contemporanea età del ferro, attraverso le fasi intermedie dell'argento, del bronzo e degli eroi) che descrive un inesorabile processo di decadenza dalla condizione “edenica” primordiale (il “paradiso terrestre” per sempre perduto), e la concezione atea, materialistica, che rappresenta la storia dell'uomo come ascesa lenta ma continua verso la civiltà, percorso di sviluppo a partire da un'età primitiva in cui la vita umana non differiva affatto da quella degli animali selvatici. Di qui il carattere duplice e contraddittorio del lavoro, che è opportunità di sviluppo, condizione necessaria alla promozione umana, ma insieme lotta e fatica, metaforica guerra che l'uomo ogni giorno combatte contro la natura ostile per la propria sopravvivenza.   Un «dialogo interiore» con Lucrezio Su questo tema Virgilio si misura in particolare con Lucrezio. Lucrezio riuta ogni idea di provvidenza nella storia dell'uomo: basta osservare con occhio disincantato la conformazione sica del pianeta, argomenta il poeta-losofo in un celebre passo sulla natura matrigna (De rerum natura 5, 195 ss.), per capire che il mondo non è stato affatto creato per il bene dell'uomo. L'uomo è riuscito a strappare a fatica una zona di terra coltivabile alla natura inospitale e selvaggia, una minima percentuale sul totale della supercie terrestre, ma anche questa conquista è precaria, insidiata dai molti incidenti che possono mandare in rovina il raccolto. E nella storia della civilizzazione narrata nel medesimo libro (5, 925 ss.), Lucrezio propone un modello di sviluppo dell'umanità che progredisce a poco a poco da un primitivo stato ferino. Anche per Virgilio l'uomo CATEGORIE Latino e greco PAROLE CHIAVE agricola, Georgiche, Lucio Quinzio Cincinnato è costretto a misurarsi con una natura ostile e matrigna. Non a caso il passo della teodicea sulla scoperta delle artes («afnché l'esperienza (usus) a forza di tentativi (meditando) forgiasse le diverse arti / a poco a poco (paulatim) e cercasse nei solchi la pianta del frumento», Georgiche 1, 133 s.), è una chiara allusione al passo lucreziano sullo stesso tema («la consuetudine (usus) e insieme l'esperienza della mente mai inerte (impigrae simul experientia mentis),/ a poco a poco (paulatim) insegnò agli uomini che marciavano lentamente verso il progresso» (De rerum natura 5, 1452 s.). Eppure, alle origini della storia umana Virgilio non ha voluto lo stato ferino, la primitiva dieta di bacche della retrospettiva lucreziana, ma un'età dell'oro di marca esiodea. Non solo. L'ostilità stessa della natura per il poeta delle Georgiche non è affatto una prova dell'indifferenza degli dei alle umane vicende, ma al contrario la manifestazione della volontà benevola e provvidenziale del padre Giove.   Dalla natura matrigna alla fede nella teodicea del lavoro Un difcile compromesso, che trova espressione nella sententia conclusiva della teodicea, un'affermazione tutt'altro che trionfalistica: labor omnia vicit / improbus, «il lavoro ha trionfato su tutto, con la sua incessante fatica». Attribuendogli una giusticazione morale e religiosa,Virgilio esalta il valore positivo del labor, l'ideale di operosità instancabile su cui il poema costruisce il suo senso, ma al tempo stesso, attraverso la combinazione di tradizioni letterarie e modelli losoci eterogenei, il poeta riesce a comporre una visione problematica e non univoca della realtà. Crediti immagine: Apertura: illustrazione su pergamena delle "Georgiche" (Wikimedia Commons) Box: mosaico con Virgilio (Wikimedia Commons) Per un'agile presentazione delle Georgiche clicca qui (dal canale You Tube "Repetita didattica")
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