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La Società e l'Individuo: Solidarietà Sociale e Suicidio secondo Durkheim, Schemi e mappe concettuali di Sociologia

Teoria socialeSociologia comparataSociologia della Cultura

Emil Durkheim esplora la natura sociale dell'individuo e la relazione tra individuo e società attraverso l'analisi del suicidio. Egli distingue due tipi di solidarietà sociale, meccanica e organica, e illustra come l'educazione e la società complessa influiscono sul processo di socializzazione e sui livelli di integrazione sociale.

Cosa imparerai

  • Come l'educazione e la società influiscono sul processo di socializzazione secondo Durkheim?
  • Che due tipi di solidarietà sociale distingue Emil Durkheim?
  • Come la solidarietà sociale influenza il livello di integrazione sociale?

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2021/2022

Caricato il 25/07/2022

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Scarica La Società e l'Individuo: Solidarietà Sociale e Suicidio secondo Durkheim e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Sociologia solo su Docsity! DURKHEIM Educazione e società nella sociologia di DURKHEIM – A 1. La società come realtà sui generis e fatto sociale Al fine di comprendere il rapporto educazione/società nell'approccio di Emile Durkheim (che potremmo chiamare positivismo maturo), dobbiamo prima di tutto mettere a fuoco la sua concezione della società. Diciamo che lui concepisca la società, al tempo stesso, come una realtà sui generis, un fatto sociale e un fatto morale. Consideriamo ora brevemente ciascuna di queste sue qualità.  La società è una realtà sui generis: con questa espressione (sui generis) Durkheim intende dire che essa è qualcosa di intrinsecamente diverso da qualsiasi cosa si trovi in natura; essa non è un fenomeno naturale; inoltre, essa è creata dall'aggregazione degli individui ma, non appena si costituisce e prende vita, si sottrae immediatamente al loro controllo. ◦ comincia ad esistere con gli individui che si costituiscono in gruppo; ◦ non si lascia mai ridurre alla semplice sommatoria degli individui; ◦ è una realtà che, dopo essere generata in forza dell'aggregazione degli individui, comincia a vivere di vita propria: cioè la sua capacità di determinare l'esistenza (le azioni) dei suoi membri è di molto superiore alla capacità di questi ultimi di sottrarsi alla sua influenza e di plasmarla; ◦ questo avviene perché l'esistenza di ogni singolo individuo, in realtà, consiste essenzialmente di relazioni sociali, ne è profondamente intessuta e non può che esprimersi per loro tramite; ma queste relazioni, a ben vedere, sono una funzione della società, cioè soddisfanno innanzitutto i suoi bisogni vitali. La società, dunque, è certamente opera nostra e, tuttavia, essa è un'entità esterna a noi e capace di esercitare su di noi un potere coercitivo. Da qui si passa alle altre due qualità e alle relative nozioni: fatto sociale e fatto morale.  La società e un insieme di fatti sociali; diversamente dal mondo che, invece, è un insieme di fatti naturali. → Costituisce un FATTO SOCIALE tutto ciò che nella società – essendo parte intrinseca di questa, non riducibile a fatti psicologici o biologici o fisici ... – si presenta vuoi all'esperienza dell'uomo comune, vuoi all'osservatore, come un dato esterno e indipendente, non modificabile né dalla loro volontà, né dal modo in cui lo interpretano. [Cfr. Luciano Gallino, Dizionario di Sociologia] → Esso, cioè, è un dato di fatto di carattere sociale (anziché di carattere fisico, biologico o psicologico); è qualcosa di cui bisogna prendere atto, da cui non si può prescindere (fare come se non esistesse, esserne indifferenti). Durkheim, infatti, afferma anche che un fatto sociale, proprio perché è esterno all'individuo (del tutto indipendente dalla sua volontà e dalla sua interpretazione), esercita inevitabilmente sull'individuo stesso un POTERE COERCITIVO, cioè lo costringe ad agire tenendo conto della sua presenza, con tutto ciò che essa impone in quanto a vincoli e opportunità. Si può altresì affermare che la società sia un unico grande fatto sociale. 1. La società è, infine, anche un fatto morale ◦ cioè un insieme di credenze condivise e di valori condivisi; ◦ questo corpus di credenze e di valori costituiscono, nel loro insieme, quella che Durkheim chiama la coscienza collettiva della società; ◦ sulla quale, a sua volta, si basa la solidarietà sociale, cioè il legame in forza del quale i membri della società si sentono tra loro uniti in quanto parte di una realtà più grande che li trascende. 2. Il rapporto individuo/società come SOLIDARIETA' SOCIALE • La SOLIDARIETA' SOCIALE è il rapporto che si instaura tra gli individui in quanto membri della società; di conseguenza esso è anche il rapporto fondamentale che unisce ogni singolo membro all'intero corpo sociale. È in forza di esso che la società è in grado di controllare la conflittualità che, inevitabilmente, tende sempre a sorgere a causa della compresenza di soggetti i quali, altrimenti, sarebbero animati dall'impulso naturale ad agire in modo individualistico e autoreferenziale, ciascuno proteso al soddisfacimento dei propri interessi particolari. Questo concetto è fondamentale per comprendere la sociologia dell'educazione di Durkheim, come vedremo tra poco. Esso, soprattutto, permette al sociologo francese di spiegare in cosa consista, sul piano sociologico, la differenza fondamentale tra i costrutti sociali precedenti la rivoluzione industriale e quelli successivi ad essa e costruiti in modo funzionale ad essa. Esistono infatti due tipi di solidarietà sociale; ciascuno di essi costituisce la struttura portante di altrettanti tipi diversi di società: per l'appunto quella preindustriale e quella industriale. In particolare, abbiamo che: ◦ le società semplici (preindustriali), che possiamo anche chiamare “premoderne”, si basano su una solidarietà sociale che D. definisce di tipo meccanico (società a solidarietà meccanica); ◦ le società complesse (industriali), che possiamo chiamare “moderne” e che si configurano essenzialmente come società industriali, si reggono invece su una solidarietà sociale che D. definisce di tipo organico (società a solidarietà organica). Vediamo adesso, in modo schematico, come si caratterizzano più dettagliatamente queste due società e qual è l'essenza di ciascun tipo di solidarietà sociale. a) Le società premoderne (semplici, preindustriali) a SOLIDARIETÀ MECCANICA si caratterizzano per: ➔ una BASSA divisione del lavoro sociale per (divisione del) LAVORO SOCIALE si intende, in sintesi, l'insieme delle mansioni e delle attività che è necessario svolgere regolarmente (ad esempio quotidianamente) al fine di consentire a Usando la metafora della società come organismo biologico, Durkheim ci vuole dire una serie di cose importanti. Una di queste riguarda proprio l'essenza e la funzione dell'educazione: l'educazione è quella funzione dell'organismo sociale (la società) attraverso la quale tale organismo programma i singoli individui che lo compongono (le sue cellule), affinché ciascuno di essi si specializzi per contribuire all'esercizio di una determinata funzione sociale fondamentale. Più una società si caratterizza per elevati livelli di divisione del lavoro sociale e di differenziazione sociale (come anche di stratificazione sociale), più essa è complessa e più numerosi e sofisticati sono i bisogni che essa deve soddisfare (cioè le funzioni che devono essere svolte quotidianamente, o comunque regolarmente) al fine di poter sussistere nello spazio e nel tempo; e di conseguenza, più numerose e sofisticate sono le specializzazioni necessarie. L'educazione però, è indispensabile alla società non solo per assecondare il processo di differenziazione/specializzazione, ma anche per gestire la libertà dei suoi membri, i singoli individui. Le due cose sono tra loro collegate: la divisione del lavoro sociale deve fare i conti con la libertà dell'uomo. È proprio questa la funzione svolta dal più ampio processo di socializzazione: attraverso di esso la società trasmette gradualmente ai suoi membri l'insieme di credenze, valori, norme e competenze, in forza del quale essa, la società, educa ogni individuo a orientare la propria libertà, le proprie preferenze, i propri desideri, i propri progetti per il futuro, nella direzione corrispondente alle esigenze funzionali della società. Secondo Durkheim è del tutto controproducente “costringere” gli individui ad andare contro le proprie predisposizioni e i propri desideri, sacrificandoli per la società. Non è questo il compito del processo di socializzazione in generale e dell'educazione in particolare. Il loro compito è fare in modo che ciascun individuo desideri e senta come proprie, cioè corrispondenti alla sua felicità e alla sua autorealizzazione, proprio quelle azioni e specializzazioni di cui la società ha bisogno. Lo scopo dell'educazione, in particolare, è individuare le predisposizioni di ciascun individuo, e tenere conto di queste predisposizioni per orientare la sua formazione. In altre parole, se un ragazzo o una ragazza hanno una innata predisposizione matematica, sarà compito dell'educazione accorgersi di questa predisposizione, farla emergere, valorizzarla e fare in modo che questi ragazzi sviluppino e coltivino questa loro predisposizione e la mettano a disposizione della società: in questo modo la società trarrà un doppio beneficio: da un lato, essa avrà persone competenti nei posti giusti; dall'altro lato, essa avrà persone serene ed equilibrate, contente di sé, restie ad assumere comportamenti devianti, perché il posto che la società ha loro affidato realizza le loro predisposizioni. Il rapporto tra educazione e suicidio Abbiamo detto che il compito che la società si assume nei confronti degli individui suoi membri è duplice: 1) trasmettere credenze, valori, norme → questo è il compito del più ampio processo di socializzazione 2) individuare le predisposizioni di ciascuno e trasmettere competenze per valorizzare queste predisposizioni, in modo tale da avere a disposizione persone non solo preparate ma anche equilibrate e soddisfatte. → questo è in compito, in particolare, dell'educazione e, in modo specifico, dell'istruzione e della formazione scolastica, universitaria ecc. Cosa succederebbe qualora le cose, su questi due livelli, non dovessero funzionare bene? Quali sarebbero cioè le conseguenze di eventuali errori commessi nel processo di socializzazione/educazione? Evidentemente le ricadute negative riguarderebbero sia la società sia i soggetti individuali. ◦ La società, perché si troverebbe a fare i conti con attori sociali individuali problematici sia sul piano delle competenze professionali, sia sul piano della loro integrazione sociale: in questi soggetti, cioè, è più alta la probabilità intraprendere azioni devianti (violazioni delle norme sociali). ◦ I soggetti individuali, perché un individuo che non fosse integrato in modo armonico con la società soffrirebbe inevitabilmente di ricadute negative sul piano psicologico e psicofisico. Non si dimentichi, infatti, che: - nelle società complesse, l’integrazione tra individuo e società avviene sempre innanzitutto e soprattutto rispetto alla divisione del lavoro; - nelle società industriali la solidarietà sociale (cioè il legame sociale, che tiene gli individui uniti tra loro e alla società nel suo insieme) è di tipo organico, cioè essenzialmente: interdipendenza funzionale. Ora, allo scopo di dimostrare lo stretto legame esistente tra individuo e società, mediato dal processo di socializzazione/educazione, Durkheim conduce un rigoroso studio sul fenomeno del suicidio. Perché? Cosa c'entra questo fenomeno con la sua analisi della società? La risposta è semplice. Per Durkheim l'uomo è essenzialmente un animale sociale; egli vive in un rapporto simbiotico con la società; la sua esistenza è fatta di interazioni sociali e di relazioni sociali; la sua percezione di senso, di felicità e di autorealizzazione, dipende totalmente dal suo rapporto con la società, dalla posizione che egli occupa in essa e dalle funzioni che egli svolge in essa. Di conseguenza, anche la sua salute biopsichica e il suo equilibrio psicologico dipendono dalla dimensione sociale. Un individuo che patisca gravi scompensi psicologici è anche un individuo che vive in molto problematico il suo rapporto simbiotico con la società. Il tasso di suicidio, cioè l'insieme dei suicidi (e dei tentati suicidi) commesso da persone sane di mente, secondo Durkheim è un ottimo indicatore per misurare il grado di integrazione sociale di una società; misurare il grado di integrazione di una società permette significa anche verificare l'efficienza del processo di socializzazione in generale e del programma di educazione in particolare, di quella società. Egli studia l'andamento del tasso di suicidi (ad esempio: n. di casi ogni 10.000 abitanti) nelle società industriali; dati alla mano, dallo studio emerge un aumento significativo di questo tasso dei suicidi, che nelle società industriali si attesta su un livello patologico (cioè al di sopra del livello fisiologico). In questa sede non possiamo dilungarci oltre nell'illustrare dettagliatamente questo interessantissimo studio, che ha fatto scuola ed è ancora oggi un punto di riferimento. Possiamo tuttavia indicare quelle che Durkheim ritiene di avere identificato come le tre principali dinamiche che possono condurre un soggetto individuale mentalmente sano, cioè capace di intendere e di volere, a prendere consapevolmente questa decisione. Ciascuna di queste tre dinamiche ha origine da uno sviluppo difettoso del rapporto tra individuo/società e, di conseguenza, un errore nel processo di socializzazione/educazione. A ognuna di queste tre dinamiche corrisponde un tipo diverso di suicidio. In totale, quindi, Durkheim classifica tre diversi tipi di suicidio che lui chiama così:  Il SUICIDIO ALTRUISTICO In questo caso ci troviamo di fronte a un errore del processo di socializzazione/educazione che possiamo chiamare di iper- socializzazione: questo processo cioè, è stato troppo invasivo e ha finito per ridurre eccessivamente, nell'individuo, la percezione di sé stesso come di un soggetto individuale. Egli tende a sovrastimare la società e, a livello psicologico, matura nei confronti di essa un senso di colpa e un senso di inadeguatezza: è ossessionato dall'idea di non essere mai abbastanza all'altezza dei compiti che la società gli attribuisce; se qualcosa va male nella società, egli tende ad incolpare innanzitutto sé stesso ed è pronto a immolarsi e sacrificarsi per la società ben oltre il dovuto. Questo senso di colpa e di inadeguatezza, in taluni casi, può risultare psicologicamente insostenibile e spingere il soggetto al suicidio che, a seconda dei casi, vale come: elimi nazione di un soggetto inutile e dannoso, come autopunizione/autoredenzione di un soggetto colpevole, oppure come immolazione di una vittima sacrificale, per il bene della società (cioè dell'altro in generale; da cui l'aggettivo altruistico).  Il SUICIDIO EGOISTICO In questo caso ci troviamo di fronte a un errore del processo di socializzazione/educazione che possiamo chiamare di ipo- socializzazione: questo processo, cioè, è stato troppo blando e ha finito per lasciare troppi gradi di libertà al soggetto individuale nel suo modo di porsi rispetto alla società. La conseguenza è che egli tende a percepire le aspettative che la società riversa su di lui come una limitazione della sua libertà di scelta, della sua autoreferenzialità e della sua autodeterminazione. Se il processo di socializzazione/educazione si fosse articolato nel modo corretto, il soggetto avrebbe visto una corrispondenza tra, da un lato, le proprie ambizioni e i propri progetti e, dall'altro lato, le richieste della società. Ma così non è. Egli, pertanto, matura a livello psicologico un senso di frustrazione, insieme a un sentimento misto di amore/odio verso la società. Egli vorrebbe trovare il suo posto nella società, ma non ci riesce: le opportunità che la società gli offre umiliano e frustrano i suoi desideri e le sue aspirazioni. Qualora questo malessere diventasse psicologicamente insostenibile, esso potrebbe indurre il soggetto in questione a intraprendere la strada del suicidio che, in questo caso, avrebbe il significato di atto di denuncia e di accusa mosso dal singolo individuo a tutto il corpo sociale, come espressione del proprio rifiuto a rinnegare se stesso per servire l'altro in generale (da cui S. egoistico).
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