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Edward P. Thompson – L’economia morale delle classi popolari inglesi nel secolo XVIII, Sintesi del corso di Storia Sociale

Thomson in questo saggio si propone di analizzare le modalità e la composizione delle attività di rivolta messe in atto dalle classi popolari inglesi del secolo XVIII che troppo spesso sono passate alla storia, almeno fino alla Rivoluzione francese, come una massa indistinta priva di coscienza e progettualità.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 16/01/2020

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Scarica Edward P. Thompson – L’economia morale delle classi popolari inglesi nel secolo XVIII e più Sintesi del corso in PDF di Storia Sociale solo su Docsity! Edward P. Thompson – L’economia morale delle classi popolari inglesi nel secolo XVIII Thomson in questo saggio si propone di analizzare le modalità e la composizione delle attività di rivolta messe in atto dalle classi popolari inglesi del secolo XVIII che troppo spesso sono passate alla storia, almeno fino alla Rivoluzione francese, come una massa indistinta priva di coscienza e progettualità. Egli infatti ci mette in guardia sull’uso del termine riot (rivolta), perché espressione di quel riduzionismo storico che ha letto i moti di rivolta solo come un’espressione “di pancia”, connesse a situazioni di miseria e innescanti violenze e saccheggi. È una lettura parziale che dimentica la complessità di una strato sociale e non può che portare ad una visione riduttiva dell’uomo economico. Thompson contrappone uno studio più profondo e cerca di individuare nei tumulti delle “nozioni di legittimità” ossia, la distinzione di una progettualità e di un’intenzione comune volta a difendere i valori tradizionali e ad ottenere approvazione presso la società. I moti per il pane che avvennero all’epoca presa in analisi rivelano, oltre ad un’azione strutturata e diretta, degli obbiettivi precisi: si reclamava una definizione della legittimità o illegittimità delle modalità commerciali con riferimento ad una tradizione di valori e norme sociali che prevedevano condotte economiche corrette all’interno di una comunità. Tutto ciò costituiva l’«economia morale» del povero che, sebbene non si possa definire politica, presupponeva un’idea di benessere comune e trovava legittimazione presso il paternalismo delle autorità: non fu solo motrice di rivolte, ma influenzò anche la classe governativa. Le rivolte si manifestarono nell’ambito del mercato del pane, dove le due parti, città e campagna, tradizione e nuova economia, entrarono in conflitto sul tema dei prezzi. Il pane era il bene alimentare essenziale e primario per i lavoratori e questo spiega come la loro resistenza all’innalzamento dei prezzi (per diverse ragioni connesse ad un mercato sempre più ampio e più complicato) fu tenace e, oserei dire, obbligata. Le azioni di governo, fino al 1770, seguirono un modello di stampo paternalista che, in risposta alle rimostranza dei ceti popolari, attuarono un’azione di controllo del mercato con l’intenzione di ridurre i passaggi di vendita tra produttore e consumatore e tutelare quest’ultimo. Nelle città, ad esempio, era il Tribunale del pane che stabiliva il prezzo del frumento. Le problematiche sorsero quando cambiarono i luoghi della compra-vendita. I mugnai preferivano vendere a grandi compratori e questi affari non avvenivano più al mercato, luogo accessibile a tutti, ma a parte o attraverso la vendita a campione. I mercati, soprattutto quelli di campagna, diventarono una farsa e i poveri erano costretti a comprare il frumento dai rivenditori, ovviamente a prezzi più alti. I paternalisti, in opposizione a queste modalità, mostrarono i limiti del loro modello: esso infatti non corrispondeva alla realtà dei fatti e spesso si limitava ad azioni simboliche ed episodiche in caso di emergenza. A questo modello si contrappose quello del libero mercato che qui Thomson espone in alcuni aspetti partendo dall’economia politica di Adam Smith (La ricchezza delle nazioni). Al modello negativo e fallimentare della politica dei Tudor si oppone una nuova modalità che libera l’economia dai principi morali soggettivi e propone un mercato che si regola da solo. Nella pratica, il meccanismo dei prezzi distribuirà le scorte nazionali di frumento attraverso diverse fasi di vendita e le carestie incentiveranno l’importazione. Nonostante questo modello aderisca maggiormente alla realtà settecentesca e abbia maggior coerenza interna rispetto al modello paternalista, rimane una proposta parziale mai realizzata a livello empirico e smentita da variabili e dati. Thompson a questo punto si propone di individuare un modello anche nell’economia morale delle masse. Il popola trovava legittimazione delle sue attività presso il modello paternalista nell’unione della classe popolare a quella governativa contro la nuova economia. L’etica popolare ha però una concezione più attenta al particolare e rompe decisamente con il paternalismo nel suo ricorso all’azione diretta da parte della folla. È un modello che porta in sé sentimenti di rancore contro la nuova economia: il perseguimento dei mugnai, l’opposizione all’esportazione e la lotto sui pesi e le misure. Entrando più nel merito del funzionamento della folla che scende in piazza, Thompson nota in essa una precisa organizzazione e complessità che ha come progetto l’imposizione dei prezzi. La modalità è quella di riprodurre misure di emergenza che trovano giustificazione nel Book of Orders, un codice redatto in epoca elisabettiana (tra il 1580 e il 1630) che prescriveva la sorveglianza della magistratura sui mercati e garantiva ai poveri gli opportuni rifornimenti. Il popolo si fa portatore di leggi e le fa osservare. Le azioni di rivolta non sono disordinate e godono di un consenso vastissimo; la violenza e i furti hanno luogo solo in circostanze aggravanti e in reazione ad atti di forza militare ed economica. Il senso dell’intimidazione non è rubare ma punire i proprietari. La composizione della folla è varia: le donne erano coloro che davano il via ai tumulti combinando la collera e la consapevolezza degli uomini e il loro ruolo si spiega nel fatto che esse erano le più coinvolte nella contrattazione individuale e quindi sensibili all’andamento dei prezzi; i minatori erano il nucleo trainante in quanto maggiormente esposti allo sfruttamento dei consumatori e perché disciplinati dalla propria attività mineraria. In generale nella folla erano rappresentati tutti i mestieri tipici dei ceti più bassi. Le rivolte non necessitavano di un gran progetto organizzativo ma del consenso e dell’appoggio della comunità. Nel breve periodo i tumulti non ebbero granché risultati in termini di imposizione dei prezzi (la paura spesso paralizzava il mercato e causava periodi di penuria) ma alcune dinamiche
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