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elementi di psicologia interculturale riassunto libro, Appunti di Psicologia Generale

riassunto del libro necessario da studiare per l'esame di elementi di psicologia interculturale

Tipologia: Appunti

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Scarica elementi di psicologia interculturale riassunto libro e più Appunti in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! Riassunto libro Quando gli individui si trovano a vivere all'interno dello stesso gruppo virgola e soprattutto quando hanno obiettivi comuni che rafforzano la possibilità di convivenza, essi avvertono l'urgenza di attingere a parametri conoscitivi con cui hanno fatto esperienza precedentemente. Nell'ottica dell'incontro interculturale gli aspetti cognitivi emotivi relazionali sembrano rispondere meno ad una logica di adattamento comune, perché sono le dimensioni in cui i comportamenti nelle diverse culture più si differenziano. Occorre adottare un metodo di osservazione dei fenomeni psichici centrato su una comune motivazione a dare forma ad un'identità dai 1000 volti. 1. MODELLI DI RIFERIMENTO PER IL RAPPORTO TRA PSICOLOGIA E CULTURA Si vive sempre più in uno spazio multiculturale, dove le diversità vengono percepite presenti e coinvolgenti. In questo pluralismo le istituzioni vedono cambiare la fisionomia del proprio tessuto relazionale a vari livelli: sociale, istituzionale, culturale, psicologico, religioso. Bisognerà trovare punti di raccordo tra le diverse esperienze che emergono. A livello psicologico occorrerà attingere ai diversi modelli di interpretazione del rapporto tra mente e cultura. Negli anni 60 una serie di fenomeni hanno messo in crisi la stabilità e l'omogeneità delle strutture e delle rappresentazioni della società. In questi anni nasce il termine multiculturalismo= indica la compresenza di persone che differiscono per abitudini culturali, nelle preferenze e nei valori di gruppi che vivono nel medesimo spazio sociale. Il multiculturalismo partiva dall'esigenza di dare spazio alle minoranze che erano rimaste per troppo tempo escluse dalla pari dignità reclamata dal modello dei diritti universali. Con il passare del tempo tali differenze erano sempre più viste come elementi costitutivi dell'identità individuale e collettiva. Il multiculturalismo si presenta quindi come una co-presenza di individui che non hanno un interesse specifico a condividere le loro storie, pur vivendo nello stesso territorio. I confini di ogni gruppo culturale sono rigidi e protettivi. Il multiculturalismo così inteso assolve una duplice funzione: • è un fenomeno descrittivo virgola che fotografa la condizione di artificiosa separatezza tra i diversi gruppi culturali, vo delineando una coesistenza distintiva delle comunità culturalmente differenti. • è un indicatore utile per le politiche di gestione delle differenze e delle rivendicazioni dei diversi gruppi etnici Il multiculturalismo riconosce ad ogni cultura ha il diritto di essere ciò che è contestando il concetto di tolleranza e l'idea di una cultura tendenzialmente comune, esaltando il proprio valore diritto alla differenza. Questa visione può enfatizzare la coesistenza forzata dei diversi gruppi o delineare una convivenza di tipo collettivista e comunitaria. Il multiculturalismo si può dividere in soft e hard→ entrambe le visioni assegnano alla cultura una stessa valenza, in quanto entità compatta ed autosufficiente, che si traduce in mondi chiusi e poco comunicanti, dove si riduce di molto la possibilità di una comunicazione e di uno scambio significativo e reciprocamente vantaggioso tra le culture. Il dialogo si impoverisce e così aumenta la contrapposizione tra culture diverse. Il pluralismo culturale visto come la condizione di coabitazione di gruppi sociali diversi nei caratteri etnici, linguistici e religiosi. Esso implica il rispetto delle differenti mentalità, con un atteggiamento di tolleranza e apertura. il pluralismo culturale si può dividere in: • consensuale→voi qual è l'accento sul fatto che i diversi gruppi si accomunano e si mescolano • conflittuale→viene sottintesa l'esistenza di universi contro culturali Benché il pluralismo culturale mette in evidenza una convivenza tollerante tra i popoli esso non si configura come uno spazio di incontro dinamico e arricchente tra emozioni, comportamenti e cognizioni appartenenti a culture diverse. Nella visione transculturale vengono messi in evidenza gli elementi comuni, che solitamente vengono designati come tratti universali e valori permanenti che attraversano le diverse culture. Tale confronto permette di individuare ciò che accomuna tratti delle diverse culture, ma mette anche in risalto le variazioni culturali. La psicologia cross-culturale è lo studio delle similitudini e delle differenze nel meccanismo psicologico individuale, in gruppi etnici e culturali diversi; nei rapporti tra le variabili psicologiche e quelle socio culturali, ecologiche e biologiche; e delle modifiche in corso di queste variabili. riassunti di base della psicologia cross- culturale sono sintetizzati dai seguenti punti: • È possibile identificare una conoscenza superiore dei diversi costrutti psicologici • È presente una relazione di causa effetto tra comportamento e cultura • Si possono identificare le esperienze culturali che differenziano il comportamento umano • Il comportamento è il vero oggetto di studio • Il confronto con diversi contesti culturali permette di conoscere meglio altre culture ma facilita pure una migliore comprensione della propria cultura Con i dati raccolti in contesti culturali diversi è possibile verificare le variazioni del comportamento dei processi mentali. L'obiettivo principale della psicologia culturale la conoscenza del rapporto tra mente e cultura e quindi tra individuo e contesto specifico in cui le persone si trovano a vivere. CULTURA= tiene conto dei diversi fattori cognitivi, comunicativi, valoriali che contribuiscono a spiegare il modo in cui la persona si coinvolge nel proprio ambiente si tratta di un processo di costruzione e di reciproca creazione tra individuo e ambiente. La psicologia culturale tenta di mettere al centro della ricerca il comportamento i sistemi di significati dell'agire umano all'interno di quei contesti culturali in cui tale agire prende corpo. Le dinamiche individuali possono essere colte solo a partire dalle pratiche individuali; i processi di adattamento dell'individuo nel suo contesto possono essere compresi a partire dalla sua cultura e dalle pratiche culturali che vengono adottate nel suo ambiente. Le culture non sono generalizzabili né paragonabili né diversi contenuti, ma descrivibili nella loro unicità. Il linguaggio con i suoi aspetti simbolico-culturali, elemento centrale in questo lavoro di collegamento tra persone e ambiente. Esso rappresenta un'opportunità di mediazione. 1. LA TRASMISSIONE CULTURALE TRA INTERCULTURAZIONE E SOCIALIZZAZIONE La cultura vede coinvolti fattori dinamici e interattivi come l’interazione parentale, l’insegnamento e l’apprendimento, meccanismo con cui il soggetto impara gli schemi cultura del suo ambiente, che lo aiutano ad adattarsi e a socializzare nei diversi ambiti in cui si inserisce. TRASMISSIONE VERTICALE= trasmissione delle caratteristiche culturali dai genitori ai figli TRASMISSIONE ORIZZONTALE= apprendimento culturale attraverso i pari (es. amici) Parliamo di interculturazione e socializzazione quando il processo di apprendimento si realizza all’interno della propria cultura di origine. Interculturazione→ l’individuo viene incluso della propria cultura ed acquisisce gli elementi necessari per adattarsi al proprio ambiente. I processi di adattamento sono definiti da un processo di interscambio attraverso l’interazione e le attività quotidiane tra genitori e bambini. Socializzazione→ processo di formazione intenzionale della persona entro il suo gruppo culturale. In questa fase la persona acquisisce informazioni e sviluppa abilità appropriate per adattarsi al contesto culturale allargato a cui appartiene. Il processo di sviluppo accompagna l’adattamento del singolo nella propria comunità culturale, rendendolo competete nel processo di interculturazione e di socializzazione; implica un lavoro di connessione e di narrazione reciproca, poiché egli partecipa dinamicamente alla vita del gruppo di appartenenza. 2. L’ACCULTURAZIONE E IO BICULTURALISMO NEL PROCESSO DI ADATTAMENTO CULTURALE Il processo di acculturazione è associabile a quello di adattamento culturale e serve per descrivere quei fenomeni che si presentano a seguito del rapporto continuativo tra culture diverse. Il termine inizialmente si riferiva all’adattamento conseguente al rapporto non equilibrato tra culture diverse, dove la più forte finiva con l’assorbire la cultura più debole. Con l’aumento dei processi di globalizzazione si è visto che l’interesse per il processo di adattamento tra culture diverse si è reso sempre più complesso. Secondo Graves si possono identificare: • Cambiamenti collettivi→ riguardano i processi che danno significato alle interazioni all’interno del gruppo • Cambiamenti individuali→ riguardano valori, atteggiamenti, identità Il cambiamento di ambiente costringe sempre ad un adattamento. L’identità culturale soggettiva che il soggetto si era costruito nella comunità di provenienza entra in crisi perché entra in contatto con identità differenti. ➔ La persona avvia un processo di cambiamento che fa emergere i propri punti di riferimento culturali. “Un’identificazione esclusiva con il gruppo di maggioranza indica assimilazione, mentre un’identificazione esclusiva con il proprio gruppo indica separazione. Coloro che si identificano sia con la cultura dominante che con la propria si trovano in uno stato di biculturalismo. Coloro che non si identificano con nessun gruppo sono in uno stato di marginalità.” Questi livelli di adattamento possono essere contrapposti e sfociare in condizioni di disadattamento, ma possono essere intesi anche come dinamica di alternanza tra individuo e ambiente, un processo segnato dall’acquisizione di strutture di nuove significazioni. ADATTAMENTO BICULTURALE= processo che avviene quando una persona riesce a mantenere la propria identità culturale e contemporaneamente ad assumere alcuni aspetti dell’identità della cultura ospitante. In questo caso l’attività relazionale promossa dai singoli è di tipo intenzionale e tiene presente entrambe le culture, utilizzando quella più adatta, senza alterare il senso della propria identità culturale. 1. Modello di adattamento di INGHILLERI Le dinamiche di adattamento possono risolversi nelle seguenti possibilità adattive: • Assimilazione→ l’individuo sceglie volontariamente di lasciare la propria cultura e di aderire alla cultura ospitante • Acculturazione→ l’adattamento è involontario e quindi le persone mantengono maggiore consapevolezza della propria cultura • Alternanza→ il soggetto gestisce in modo bidirezionale gli artefatti provenienti dalla sua cultura e da quella ospitante • Multiculturalismo→ le persone condividono un approccio pluralistico di convivenza, mantenendo le loro identità distinte • Fusione→ la condivisione di gruppi culturali diversi nello stesso sistema sociale diventa abbastanza diffusa e genera un nuova comune cultura. 2. Modello di adattamento di BERRY Accezione più equilibrata ed equipartita dell’impatto tra cultura di origine e cultura di accoglienza. Il processo di acculturazione è più definito nelle sue distinte fasi, al cui termine la persona troverà il suo modello di adattamento riconducibile ad uno dei seguenti esiti: • Integrazione→ la persona acquisisce significati e modelli del paese di accoglienza • Assimilazione→ la persona acquisisce la nuova cultura, ma a detrimento della propria • Separazione→ la persona non ha interesse o possibilità di conoscere la cultura di accoglienza, e quindi resta ancorato a quella di origine • Marginalizzazione→ la persona non acquisisce gli elementi della nuova cultura di accoglienza e perde quelli della sua cultura di origine. Il processo di adattamento è un processo attivo per la persona. 3. DINAMICHE DI TRASFORMAZIONE IDENTITARIA AI CONFINI DELLE DIVERSE CULTURE Quando qualcuno deve trasferirsi in un altro paese o quando si inserisce in una comunità multietnica, rincomincia un sottile processo di risocializzazione nel nuovo ambiente culturale, attraverso un graduale lavoro di adattamento sia all’interno del gruppo culturale di appartenenza, sia nell’ambiente sociale esterno. Questo processo richiede risposte adattive funzionali al benessere individuale e alle esigenze del nuovo ambiente. Sperimentare il contatto con nuove abitudini e l’inserimento in un nuovo posto richiede la capacità di tollerare il disagio che si avverte quando non si capisce o non si conosce qualcosa. I vissuti interpersonali (fare la spesa, salutare, chiedere informazioni) permettono un contatto con le diversità culturali, attraverso i rapporti di chiarificazione, di incomprensione, di conflitti. Il modello di trasformazione diventa un modello di adattamento partecipativo. L’adattamento è un lavoro dinamico e creativo, in cui le persone imparano a conoscere le reciproche differenze. 4. DALL’IDENTITA’ CULTURALE ALLA COSTRUZIONE DI NUOVI SIGNIFICATI CONDIVISI Il cambiamento e l’adattamento della cultura di ciascuno in un nuovo e diverso contesto culturale comportano un lavoro di attenzione alle proprie e altrui componenti del Sé. La psicologia interculturale ci dice che questo comporta una rinnovata risocializzazione che può evolvere nel tempo. Non tutte le novità culturali sono integrabili virgola e non tutte le abitudini culturali sono condivisibili→ su certe cose ci si adatterà apertamente all'abitudine della cultura ospitante mentre su altre si sarà più rigidi e meno tolleranti. Il confronto tra le diverse mentalità culturali è un passo importante nel processo di acculturazione per due motivi: 1. obbliga le persone a definirsi nella loro identità culturale 2. l'accento sull'identità personale porta a considerare il ruolo che le esperienze individuali e processi di costruzione sociale hanno nella formazione di nuovi significati da cogliere nell'incontro con l'altro culturalmente diverso. Man mano che le persone entrano in contatto, cambiamenti dovuti all'impatto con le loro diversità possono essere uno stimolo per aprirsi a nuove ed ulteriori strategie narrative. Questi sono cambiamenti che si realizzano lungo un percorso di interscambio che aiuta a creare un nuovo profilo più di, comprensivo dei valori profondi delle diverse culture è aperto agli obiettivi comuni che fondano i motivano le persone nel loro percorso di acculturazione. 5. QUANDO L’IDENTITA’ È A RISCHIO NEL PROCESSO DI ADATTAMENTO L'esposizione alle diverse stimolazioni culturali metta a rischio la chiarezza della propria identità e porta alla persona a vivere l'impatto con le tante novità ambientali in modo dispersivo e frammentato. ➔ L'identità psicologica del soggetto può subire una frattura, poiché non ci si senta ancora parte del nuovo contesto e contemporaneamente non si hanno più i mezzi per continuare a vivere secondo la cultura del paese d'origine. Le persone sono sottoposte a un carico troppo elevato di nuovi stimoli non riescono ad integrare nel proprio modello culturale punto il risultato è una sorta di diffusione di identità tra le proprie radici culturali e nuovi stimoli ambientali. Questo fenomeno si ripercuote anche sul gruppo. La confusione di identità può portare ad alcune conseguenze negative sull'intero processo di adattamento. Uno dei possibili rischi è una condizione di marginalizzazione che può sfociare in uno stato di disadattamento: l'individuo si sente sospeso tra le due culture. La mancanza di ogni supporto sociale amplifica la valutazione negativa delle nuove stimolazioni→ porta l'individuo a fare i conti con lo squilibrio interiore e con il mondo circostante (vuoi entra in contrasto con i membri della società). La spirale di marginalizzazione caratterizza il disagio emotivo e il malessere fisiologico, soprattutto se il passaggio in un altro paese non è stato volontario, ma provocato dalla necessità di sopravvivenza, o è dovuto al fallimento dei tentativi di integrazione, per cui la persona non riesce più ad inserirsi nelle strutture nei contesti relazionali di accoglienza ed è costretta ad adattarsi passivamente alle norme culturali che trova. Il disagio aumenta all'aumentare della distanza psicologica tra la cultura di origine e la cultura del nuovo ambiente. 6. FATTORI DI RISCHIO E DI PROTEZIONE NEL PROCESSO DI ADATTAMENTO CULTURALE L'impatto con le culture può dare adito a comportamenti disadattivi e a disfunzioni psicologiche che incidono negativamente sull’individuo, al punto da logorare la sua capacità di integrazione. Se la persona è disorientata rispetto alla propria identità culturale e non trova un supporto sociale adeguato, resta sospesa tra il bisogno di ritrovare sicurezza nei propri modelli culturali e le richieste di adattamenti provenienti dal contesto. →i soggetti più vulnerabili a tali dinamiche sono quelli in età evolutiva (adolescenti). Più la cultura è organizzata e complessa, più i ruoli saranno specifici, perché servono a svolgere le diverse attività sulla base di compiti ben strutturati. Nelle culture semplici (con unicità dei significati) i singoli hanno ruoli meno differenziati e più comprensivi di compiti diversi. DIPENDENZA DA CAMPO: Indipendenza dal campo= gli individui si rapportano con un determinato stimolo indipendentemente dal contesto. Dipendenza dal campo= l’ambiente esercita influenza sul modo di valutare e percepire l’ambiente. Sono fattori sensibili alle variazioni culturali e quindi riflettono la storia culturale oltre che la psicologia della persona. A seconda dell’appartenenza culturale le persone affinano le loro competenze e i loro comportamenti, adattandosi ai contesti e alle tradizioni culturali del loro ambiente, DISTANZA INTERPERSONALE: La prossimità spaziale è la tendenza di individui o gruppi a istituire o meno contatto con altri individui o gruppi. Il modo di percepire tale variabile influenza la personalità del singolo e il suo modo di stare con gli altri. La distanza interpersonale può essere condizionata dalle abitudini culturali 2. CORRRELATI PSICOLOGICI DELLA VARIABILITA’ CULTURALE Le variazioni psicologiche dipendenti dall’ambiente culturale di appartenenza sono molte. Esse permettono di identificare meglio come si mobilitano le diverse dimensione di personalità e anche di prevedere gli esiti evolutivi e di trasformazione collegati ai rapporti interculturali. Shweder e Bourne spiegano la variabilità culturale del concetto di persona attraverso due tipi principali di organizzazioni personali alternative: • Contrattuale-egocentrica→ culture in cui i comportamenti e la psicologia del singolo sono focalizzate sulla centralità dell’individuo e sono limitate da regole socioculturali specifiche. • Organico-sociocentrica→ modello culturale integrato nel proprio ambiente culturale Nelle culture individualiste, il comportamento sociale della maggior parte delle persone è determinato da obiettivi personali che si sovrappongono leggermente a obiettivi di convivenza collettiva. Nelle culture collettiviste, il comportamento sociale della maggior parte delle persone è determinato da obiettivi condivisi all’interno dello stesso gruppo. Indicatori di classificazione: - Integrità famigliare - Interdipendenza - Fiducia in sé stessi - Distinzione tra ingroup e outgroup La differenza tra i modelli culturali dell’individualismo e del collettivismo emerge con particolare evidenza nei contesti di convivenza multiculturale. Riconoscere la propria responsabilità nelle azioni è una variabile psicologica che cambia a seconda dello stile di adattamento culturale (ES. i non occidentali si sentono a disagio quando vengono rimproverati davanti a tutti; mentre per gli occidentali significa poter riparare al danno e ammettere la colpa). Nelle culture collettiviste è difficile che un individuo riconosca un comportamento sociale riprovevole, mentre nelle culture individualiste si tende al confronto esplicito dinanzi all’autorità. Ognuno ha il suo modo di assumersi la responsabilità dei propri errori a seconda del sistema culturale di appartenenza. L’approccio interculturale ci porta a riconoscere che tutti hanno ragione, ma questo rende più complessa la convivenza. → ogni cultura ha degli aspetti di valore da riconoscere, perché nell’ambivalenza delle diverse narrazioni si possono negoziare nuove dimensioni che contribuiscono alla proliferazione del processo di interscambio. La stima di sé è un fattore di personalità universalmente accettato ed è riconosciuto nella maggior parte delle culture, sia nel carattere valutativo (approvazione o no), sia in quello affettivo. Si differenzia però in base ai sistemi culturali di adattamento: • In culture collettiviste→ comprende un senso di utilità e valorizzazione all’interno del gruppo, si è responsabile anche per gli altri. • In culture individualiste→ la persona utilizza le proprie risorse per affermarsi, anche a danno di altri. A seconda della loro diversità culturale le persone si differenziano anche nella dimensione della socievolezza, con cui esprimono il desiderio di rimanere in rapporti amichevoli con gli altri o di partecipare essi stessi ad attività comuni. • In culture collettiviste→ comportamenti di disponibilità e accoglienza per gli ingroup; profittevoli e ostili nei confronti degli outgroup. • In culture individualiste→ si aprono a nuove situazioni relazionali adattandosi di volta in volta e privilegiando le loro capacità assertive. La persona che nutre fiducia si sente rassicurata dal senso di affidabilità del mondo circostante, ed è più disponibile ad interazioni di reciproca solidarietà. L’atteggiamento di fiducia è una condizione che influisce positivamente sulle relazioni e facilità comportamenti collaborativi. • In culture collettivisti→ relazioni che durano a lungo, in modo difficile con persone di altre culture • In culture individualiste→ si aprono facilmente a chiunque, ma costruiscono relazioni superficiali In campo di solidarietà economica: • In culture collettiviste→ equità con outgroup e uguaglianza con ingroup • In culture individualiste→ equità con tutti Tanto più diverse sono le culture, tanto più creativo sarà l’interscambio. Il sapere intelligente è un insieme di processi mentali specificamente umani che investono il ragionamento logico, la capacità di formulare valutazioni, la capacità di perseguire uno scopo anche a lungo termine scegliendo i mezzi appropriati, la capacità di autocorrezione e autocritica. 1. INTELLIGENZA E ABILITA’ INTELLETTIVE SULLO SFONDO DELLE DIFFERENZE CULTURALI L’intelligenza è una capacitò conoscitiva che aiuta a comprendere la realtà, attraverso delle abilità mentali che servono a risolvere problemi e valutare le diverse circostanze. Grazie alle attività cognitive l’individuo può pianificare i comportamenti e prendere decisioni adeguate per adattarsi alle novità ambientali e culturali che incontra. In diversi studi empirici la cultura è stata vista come un fattore che influisce sullo sviluppo dell’intelligenza 2. IL PROBLEMA DELLA MISURAZIONE DEL COMPORTAMENTO INTELLIGENTE Ci sono enormi difficoltà a definire l’intelligenza in termini universali e possibili pregiudizi che possono derivare da un modo errato di guardare alle variazione culturali. Non si possono creare test che misurino l’intelligenza in modo uguale per tutte le culture; al massimo si possono impiegare test per indagare le attività che la gente svolge e i comportamenti diversi per risolvere intelligentemente i problemi. Non c’è un modo univoco per valutare il comportamento intelligente, se non attraverso le variabili culturali che presuppongono esperienze cognitive comuni a culture diverse. 3. ASPETTI INDIVIDUALI DEL COMPORTAMENTO INTELLIGENZE NELLE DIVERSE CULTURE Il comportamento di altre culture può essere considerato come intelligente a seconda di come il proprio contesto lo valuta. Quando le persone di culture diverse entrano in contatto tra loro, la variabilità dei fattori culturali può influenzare la percezione e la valutazione delle reciproche condotte. Ciò può portare a interpretare alcune azioni come più o meno intelligenti a secondo dell’appartenenza culturale di chi le compie. In contesti culturali diversi le persone sviluppano e adattano abilità conoscitivi differenziate che sono utili a seconda dei diversi ambienti in cui si vengono a trovare, e che altrove potrebbero essere valutate in modo del tutto differente. Ritenere che un’azione è “intelligente” perché permette di ottenere un risultato non è generalizzabile a tutte le culture. L’uso di abilità cognitive dipende dal momento storico e dal contesto in cui l’individuo vive. Spesso succede che, dinanzi ad un modo di agire “strano” di chi è di cultura diverse, di cui non si riesce a cogliere il significato, ci si limita ad osservare gli aspetti esterni del comportamento, mentre si conosce poco il significato sottostante. 4. L’INFLUENZA DI ALCUNI FATTORI AMBIENTALI SULL’INTELLIGENZA I fattori ambientali e culturali influiscono significativamente sulle opportunità che ciascuno ha avuto nel proprio ambiente di origine per strutturare le proprie competenze cognitive. Questi fattori includono lo stile educativo, il tipo di apprendimento scolastico, la possibilità di accedere alle risorse che potevano favorire la propria formazione intellettiva, il clima predominante nella famiglia, le credenze. Secondo Gunduz e Ozcan gli stili di apprendimento sono influenzati dal processo di inculturazione. L'ambiente influisce sul tipo di comportamento che l'individuo adotta per adeguarsi al contesto socioculturale in cui vive. L'influsso ambientale incide sulle capacità cognitive non solo degli adulti ma anche lungo il percorso dall'età evolutiva. Già da piccoli gli individui sviluppano quelle competenze necessarie per adattarsi intelligentemente nel loro ambiente. Le competenze intellettive si sviluppano a livelli diversi a seconda delle esigenze e delle opportunità che emergono nell'ambiente culturale • le conoscenze di ciascuno possono essere influenzate dalla possibilità di accesso a stimolazioni ambientali importanti per la formazione delle proprie abilità mentali • con l'esperienza le persone possono migliorare il loro adattamento grazie allo sviluppo di abilità cognitive che sono più adeguate nell'ambiente sociale in cui vivono Ci sono condizioni ambientali, come stabilità o sicurezza sociale, che possono incidere particolarmente nello sviluppo delle competenze cognitive, come la capacità di previsione e di programmazione. Le differenze culturali sul piano cognitivo sono presto evidenti e a volte anche disturbanti se non concordano con le proprie. La cultura influisce sul modo di attribuire un significato al mondo esterno, e l'acquisizione culturale a sua volta viene profondamente influenzata dalle capacità cognitive generali. La motivazione è una spinta che orienta le azioni umane verso degli obiettivi, ed è caratterizzata dalla tensione di risorse fisiche e psichiche che sono dinamizzata verso un comportamento motivato. 1. LA MOTIVAZIONE A SODDISFARE I BISOGNI Il concetto di bisogno, centrale nelle teorie motivazionali, indica uno stato di attivazione causato da una privazione fisiologica o da una necessità psicologica. La tensione verso l’appagamento di un bisogno è abbastanza generalizzabile tra culture diverse e sembra giustificare il motivo delle azioni dirette a soddisfarlo. I bisogni sono riconosciuti attraverso degli stimoli che spingono le persone ad attivare comportamenti motivanti, per raggiungere una condizione di stabilità ed equilibrio interiore o id maggiore sicurezza sociale e relazionale. La pressione per l’azione per soddisfare i bisogni necessari è comune nelle diverse culture. Se da un lato ci sono aspetti comuni della motivazione umana, le persone possono avere delle strategie motivazionali differenti ed assegnare un significato diverso alle loro azioni, a seconda dell’appartenenza culturale. 2. DIFFERENZE CULTURALI E MOTIVAZIONI A REALIZZARE SÉ STESSI L’adattamento porta l’individuo a soddisfare i bisogni che sono più inerenti alla sua capacità di interazione con l’ambiente e facilita la crescita progressiva verso la sua piena realizzazione. Con la teoria gerarchica dei bisogni, Maslow ha messo in risalto il progressivo adattamento dell’individuo all’ambiente attraverso la soddisfazione delle sue necessità, dapprima quelle di base e poi quelle più esistenziali ed universali, indispensabili per progredire e crescere. Maslow intendeva riferirsi alle caratteristiche che dovevano rappresentare dei fattori comuni ad ogni individuo indipendentemente dalla sua cultura di appartenenza. ➔ Ci possiamo chiedere se la sua teoria non sia il riflesso del suo sistema culturale di valori, piuttosto che una descrizione generalizzabile. Pur tenendo presente che i bisogni di cui parla Maslow sono strutturati allo stesso modo in ogni cultura, non possiamo dimenticare che le diverse origine etniche possono influenzare le strategie e i comportamenti motivati per realizzarli. Ciò che motiva le persone ad attivare determina comportamenti spesso è associato a variabili diverse a seconda della cultura di appartenenza, e si riflette nel modo in cui organizzano e strutturano i loro comportamenti. 3. LA MOTIVAZIOEN AL SUCCESSO: ASPETTI INDIVIDUALI E SOCIO-AMBIENTALI NELLA REALIZZAZIONE DEI PROPRI OBIETTIVI La motivazione a raggiungere il successo sembra essere un bisogno individuale o sociale valido per ogni cultura, poiché in ogni parte del mondo gli individui tendono a dare il massimo con le proprie azioni per realizzare se stessi e riuscire negli obiettivi che l’aiutano a stare meglio con gli altri. Secondo McClelland, quando la persona desidera realizzare con successo un’azione, essa cerca di rispondere a tre bisogni di base: 1. Il primo è riferito al singolo individuo e alla sua capacità di assumersi la responsabilità personale. Riguarda la spinta intrinseca che condiziona le performance individuali per la riuscita delle proprie azioni. 2. Il secondo si riferisce al desiderio di affiliazione, nella quale si evidenziano comportamenti di accettazione, amicizia, cooperazione, e contribuisce a sviluppare il senso di appartenenza attraverso i singoli comportamenti. 3. Il terzo è quello dell’evitamento, che emerge quando le persone hanno paura del fallimento e del rifiuto, evitano situazioni spiacevoli che possono scatenare queste paure. Oltre ai bisogni, anche lo stile di apprendimento può influenzare la motivazione al successo. La motivazione al successo è collegata all’apprendimento con cui l’individuo ha “imparato ad apprendere” nell’ambiente culturale di appartenenza e non è semplicemente un tratto innato generalizzabile ad ogni contesto. I fattori socioeconomici possono incentivare il successo, sulla base di comportamenti approvati dal contesto culturale. Se da una parte è generalmente accettato che le persone intraprendano delle azioni finalizzate alla realizzazione di determinati obiettivi, dall’altra sembrerebbe che le loro spinte motivazionali dipendono sia dalle influenze socio-ambientali che dal contesto culturale in cui esse hanno imparato a sviluppare le loro risorse, ma anche a scoprire quegli stimoli necessari per portare a termine con successo le azioni che intraprendono. Una componente motivazionale che spinge a darsi da fare per realizzare con successo i propri obiettivi è la capacità di intraprendenza e di perspicacia personale. L’intraprendenza è legata sia a fattori culturali sia fattori socio-relazionali. L’intraprendenza si estende anche al contesto relazionale della persona. Ciascuna cultura sceglie quali sono gli standard da raggiungere e spesso specifica quali obiettivi debbano essere perseguiti. L’intraprendenza nel conseguire con successo un obiettivo è un fattore che accomuna le persone nelle diverse culture→ il modo di vivere tale aspetto è influenzato dalla funzionalità delle azioni nell’ambiente culturale d’origine ma anche da come il successo è percepito nel proprio ambiente di provenienza. L’orientamento collettivista o individualista differenzia il modo con cui le persone si adattano per realizzare e portare a termine i loro obiettivi: • Contesto culturale individualista→ la motivazione al successo è caratterizzata da una propensione a realizzare i propri scopi personali • Contesto culturale collettivista→ la motivazione si esprime attraverso la tendenza a cooperare con altre persone, ed è in funzione del bene comune del gruppo o della società Le persone possono essere motivate ai loro scopi utilizzando i mezzi che hanno a disposizione. L’orientamento al successo motiva ad ottenere dei risultati in maniera differente a seconda dell’influenza del contesto culturale di provenienza, ma anche a seconda di come ciascuno riesce ad utilizzare le opportunità e le ricchezze presenti nell’ambiente. 4. ABITUDINI SOCIALI E COMPORTAMENTI AGGRESSIVI Dal punto di vista motivazionale, la spinta a far del male o insultare qualcuno è definito come un istinto aggressivo, “una tendenza che può essere presente in ogni comportamento e in ogni fantasia volta all’etero o all’autodistruzione, oppure all’autoaffermazione”. Le cause sociali del comportamento aggressivo possono essere le più svariate, ma tra tutte riveste un ruolo importante l’influenza culturale. Le persone rispondono ai comportamenti aggressivi in maniera differente a seconda dell’ambiente socio-relazionale in cui vivono, dai tratti legati alla personalità e del loro ambiente culturale d’origine. L’aggressività spesso riflette dei bisogni di adattamento culturale che sono modellati dal contesto. In certi casi si tratta di comportamenti che sembrano “giustificati” dalle condizioni di convivenza sociale e da tradizioni culturali e religiosi. • Culture dove la violenza è rara→ gli individui evitano reazioni violente • Culture in cui la violenza è necessaria per sopravvivere→ le persone fanno dei comportamenti aggressivi una norma Questo ci porta a dire che l’ambiente sociale e le esperienze acquisite possono influenza il modo di percepire e di vivere l’aggressività. L’influenza delle aspettative che gli individui ripongono in certi comportamenti violenti, oppure la frustrazione per non riuscire a soddisfare bisogni importanti incoraggiano la condotta aggressiva. 5. AGGRESSIVITA’ E VARIAZIONI TRA COLLLETTIVISTI E INDIVIDUALISTI Nei gruppo multietnici ci sono comportamenti “forti” che possono essere valutati in maniera diverse a seconda del gruppo culturale di appartenenza. Molti di questi comportamenti devono essere contestualizzati per capirne il significato, perché spesso si differenziano a seconda dei vari livelli di tolleranza o di rifiuto di comportamenti aggressivi nel gruppo culturale di appartenenza. • Cultura collettivista→ i membri sono in grado di sopportare meglio l’aggressività quando è manifestata da un’autorità che è all’interno del gruppo, ma molto meno se si tratta di un leader esterno alla loro cultura. • Culture individualista→ i membri manifestano una certa aggressività a volte sottoforma di assertività egocentrica e competitiva rispetto agli altri. Conoscere il contesto culturale di chi agisce in un certo modo vuol dire comprendere la matrice identitaria del suo comportamento, per cogliere le motivazioni che aiutano ad apprezzare e valorizzare le differenze. Nel contatto interculturale ci sono comportamenti motivati che si possono capire meglio a partire dalla cultura di chi li agisce, ma ciò non toglie che possano rivelarsi reazioni inaspettate, se non addirittura inopportune agli occhi di chi proviene da una cultura diversa. I modelli teorici che fanno riferimento all’importanza delle relazioni nella crescita personale ed interpersonale sono molteplici. La psicologia interculturale considera quei modelli che facilitano l’interscambio di diversità culturali, rilevandone i contributi psico-educativi e prospettici che emergono dai rapporti. Ma sono specialmente le relazioni di contatto basate su esperienze ed attività comuni che risultano essere particolarmente utili per l’adattamento reciproco. Non sono solo i singoli elementi culturali o psicologici ad attivare i processi di trasformazione, ma anche le loro interazioni all’interno dei sistemi sociali dove culture diverse convivono. Nei rapporti interpersonali come in quelli interculturali, quando ci si lascia andare ad esperienze di mutua conoscenza, ci si modifica reciprocamente nelle proprie strutture identitarie. Se le persone appartengono a uno stesso gruppo e sono motivate da obiettivi comuni, esse saranno sollecitate a vivere delle interazioni significative che aiutano a integrare le loro diversità perché contribuiscono a costruire una nuova identità e un nuovo senso di appartenenza. Il livello di conformismo può variare a seconda dei fattori culturali che hanno influenzato il modo di adattarsi. Le abitudini apprese nel proprio ambiente di origine possono ridurre o enfatizzare la disponibilità a conformarsi alle regole esterne, rendendo più o meno complesso il nuovo adattamento. Secondo BERRY: • gli individui provenienti da società aperte e meno rigide tendono ad avere un comportamento più indipendente e autonomo, quindi si adeguano di meno. C’è meno conformità e più competizione; • Gli individui provenienti da società legate a norme tradizionali tendono a conformarsi ai sensi sociali con cui vengono a contatto. In un contesto di convivenza multietnica, le diverse forme di conformismo che possono caratterizzare i comportamenti abituali di una cultura, possono a volte essere fraintesi. Quindi quando le persone di culture diverse entrano a contatto tra loro e si accorgono che le regole sono diverse all’interno di ogni gruppo, occorre prestare attenzione ai diversi modi di vivere l’uniformità sociale, per comprenderli nei loro significati valoriali. Quando le persone si inseriscono in un gruppo tendono a adeguarsi a quel sistema relazionale adottandone alcune caratteristiche e conformandovisi ad esse. Ci sono fattori che aiutano questa tendenza: 1. Familiarità→ si adattano più facilmente se si “sentono a casa loro” nel gruppo; 2. Fattore etnico→ se i membri dello stesso gruppo sono anche della stessa cultura, l’adattamento e il conformismo sarà più accentuato rispetto a gruppi diversi. Quando le persone di uno stesso gruppo culturale arrivano in un ambiente dove ci sono abitudini culturali diverse, esse tendono a compattarsi tra loro, ma anche a essere più diffidenti verso chi li accoglie. 4. PASSIVITA’ E INERZIA SOCIALE NEI CONTESTI INTERCULTURALI La passività sociale riguarda la riduzione del coinvolgimento personale di un individuo quando si accorge che il suo contributo è inglobato dalla prestazione complessiva del gruppo. Inerzia sociale= il singolo tende a coinvolgersi di meno quando sa che il suo contributo ad un compito non può essere stabilito in modo adeguato ed attendibile. La numerosità del gruppo è un fattore che incide sul disimpegno. Le persone si coinvolgono maggiormente nei compiti che hanno da svolgere quando sono da soli→non è quindi un fenomeno legato specificamente ad alcune culture più che ad altre vie ma lo si può trovare sia in culture orientate ai valori di gruppo sia in quelle orientate ai valori individualistici. 5. OBBEDIENZA E LEADERSHIP NEL CONFRONTO INTERCULTURALE Obbedienza= meccanismo psicologico che lega l'azione individuale ai fini comuni che una società si propone. Ogni forma di vita collettiva si basa su un sistema di autorità e sull’obbedienza verso qualcuno, conformandosi alle norme presenti nel contesto sociale. La disponibilità ad obbedire è indipendente dalla diversità culturale. Fattori che indicano un modo diverso di vivere l'obbedienza: • la distanza dall'autorità→ più è distante più è alto il grado di obbedienza e viene accettata la differenza di distribuzione del potere; • lo stile di leadership • lo status economico→ genitori con un basso livello socio economico danno più peso all'obbedienza. il modo in cui l'obbedienza è vissuta può differenziarsi a causa di diversi fattori socio culturali che caratterizzano il contesto sociale di appartenenza. 6. CULTURA E OBBEDIENZA NEL RAPPORTO DI RECIPROCA INFLUENZA TRA INDIVIDUO E AMBIENTE Similitudini e differenze nel modo di vivere l'obbedienza, elaborate nel comune spazio dell'intercultura mettono in guardia dal rischio di fermarsi a sterili pregiudizi e stereotipi culturali. il senso della gerarchia e del rispetto verso le autorità è comprensibile solo a partire dal significato che ha nel contesto culturale della persona. Da lì che si può comprendere come l'obbedienza faccia parte non solo di una regola universale, ma di un processo di adattamento personale del singolo individuo e del suo contesto. Integrare i valori presenti in ogni cultura in una visione dinamica attraverso una narrazione reciproca delle proprie diversità necessita di un continuo coinvolgimento attentivo alle diversità dell'altro. Il rischio è che il processo di differenziazione diventi un processo di stigmatizzazione; ciò diventa ancora più evidente quando le persone si spostano da un paese all'altro, poiché nei processi di immigrazione c'è la tendenza a polarizzare le diversità culturali. 1. FATTORI DI RISCHIO PER LE DIVERSITA’ CULTURALI L'interesse da parte della psicologia interculturale per lo studio delle differenze presenti nei gruppi etnici nasce dalla coscienza che la convivenza e parte di una continua esperienza sociale che si realizza attraverso la narrazione delle reciproche diversità che però non è priva di tensioni. La consapevolezza della diversità comporta necessariamente un senso di disorientamento rispetto alle proprie certezze culturali, valoriali, cognitive, affettive. Quando una persona di cultura diversa entra in contatto con un contesto culturale completamente diverso dal proprio metterà in atto meccanismi di difesa e di distorsione che sono fonte di tensione e di incomprensione che possono portare a vivere la relazione in modo disfunzionale. Chi si sposta da un paese all'altro si sente destabilizzato dalla novità di un ambiente culturalmente diverso, soprattutto se non riesci a trovare punti di riferimento. L'ambivalenza creata dalla frustrazione per le nuove abitudini, lo stress di dover negoziare continuamente le nuove tradizioni e la non conoscenza della lingua sono tutti elementi che incidono sulla salute psichica e possono avere delle ripercussioni sul comportamento sociale e sulla funzione della rete interpersonale costituita dalla comunità multietnica. 2. COMPONENTI E FORMAZIONE DEL PREGIUDIZIO CULTURALE L'atteggiamento dinanzi alle caratteristiche di una persona culturalmente diversa può essere di grande aiuto per la precisione dei giudizi e della percezione che ne possiamo avere. Pregiudizio= tendenza a reagire nei confronti di una persona o verso un oggetto o una classe di oggetti. si distinguono tra i componenti: 1. cognitiva→ modo di concepire e di percepire un oggetto raggruppandoli in modo da essere distinto da altre categorie di oggetti 2. affettiva→ emozioni che l'individuo prova verso un oggetto 3. comportamentale→ disposizione ad agire in un certo modo verso un oggetto PREGIUDIZIO ETNICO= insieme di tendenze cognitive emozionali comportamentali espresse nei confronti di individui e gruppi umani caratterizzati da diversità etnica culturale rispetto ai quali si struttura un atteggiamento che può disporsi lungo un continuum composto da infinite sfumature tra accettazione e rifiuto. Nell'impatto con la società il pregiudizio può diventare una sorta di ideologia collettiva che è alla base delle pratiche sociali attivate nei confronti di chi è di cultura diversa. Secondo Allport ci sono diversi fattori che possono contribuire alla formazione del pregiudizio culturale: • vs status culturale • motivazioni sociali • stabilità dei propri schemi categoriali 3. STEREOTIPI NEI GRUPPI E TRA GRUPPI STEREOTIPI SOCIALI= categorie che favoriscono l’attribuzione di alcune caratteristiche che si considerano tipiche dei membri del proprio gruppo di appartenenza. Generalmente si tratta di valutazioni sbrigative e semplicistiche. Sono credenze condivise in un determinato ambiente culturale che servono a semplificare la complessità sociale e aiutano a dare ordine e senso a ciò che viene percepito. Nei rapporti interpersonali le persone condividono molti stereotipi di gruppo ogniqualvolta usano immagini semplificate per classificare o categorizzare l’ambiente in cui vivono. Quando le convinzioni sull’ambiente culturali sono generalizzanti e riduttive possono falsare la realtà e alla fine risultare del tutto erronee. Gli stereotipi tendono a perpetrare alcune convinzioni negative che influenzano il giudizio verso gli altri e la valutazione dei rispettivi comportamenti. Tali convinzioni diventano “giudizio stereotipato” quando si attribuiscono le stesse caratteristiche generalizzandole a un intero gruppo culturale. Alcune convinzioni si radicano a tal punto da influenzate stabilmente le valutazioni e i giudizi verso chi appartiene ad una cultura diversa dalla propria, e generare comportamenti negativi come tensioni e disagio. La difficoltà a mettere in dubbio le categorie stereotipate diventa un grosso ostacolo dello scambio interculturale. 4. L’INTERCULTURALITA’ COME LABORATORIO DI SCAMBIO L’interscambio richiede un atteggiamento di apertura e di disponibilità a cogliere le diverse sfumature nella vita delle persone che entrano a contatto tra loro, per conoscersi e aprirsi alle diverse caratteristiche delle loro culture, senza bloccarsi in considerazioni prestabiliti o in sterili pregiudizi stereotipati. Quando le persone valutano la realtà a partire dalle proprie certezze tendono a osservare solo ciò che sono convinti di vedere piuttosto che attivare una riflessività che li rende partecipi e creativi nelle loro esperienze di reciprocità, consapevoli che quello che vedono può lasciar emergere qualcos’altro→ attraversare le frontiere culturali con la disponibilità ad accogliere solo parzialmente ciò che l’altro è. Per la conoscenza interculturale non basta soffermarsi su pochi elementi per poter affermare com’è fatta una cultura. L’interculturalità diventa un vero e proprio laboratorio di scambio, a patto che ciascuno sappia raccontare le proprie differenze e ascoltare la narrazione dell’altro lungo le frontiere delle sue tante diversità. In un mondo sempre più globalizzato le opportunità di incontri interculturali sono molteplici è sempre più parte dell'esperienza quotidiana. Questi incontri possono diventare opportunità di arricchimento ma anche un motivo di disagio. 1. DIFFICOLTA’ DI ACCULTURAZIONE E FATTORI DI ADATTAMENTO Nell'incontro con culture diverse la persona attiva un processo di adattamento che avviene a livelli diversi: • a livello individuale • l'aspetto valutativo→ valutazione che gli individui danno alla loro esperienza di inserimento nella cultura • a livello interpersonale→ l'influenza del gruppo gioca un ruolo importante Questi fattori di elaborazione dell'adattamento fanno intravedere come, dinanzi alle difficoltà della acculturazione, l'individuo può attingere alle risorse presenti dentro di sé o nell'ambiente per coinvolgersi in modo costruttivo nel processo di adattamento culturale. Per molto tempo si è tentato di costruire questionari liberi da influenze culturali, oppure utilizzabili in diverse culture→voi tentativi inadeguati. Il rendimento intellettivo hai influenzato da fattori che possono variare da cultura a cultura. Anche i test intelligenza hanno pregiudizi culturali→ ciò che si misura con un test in una data cultura non è la stessa cosa se lo si misura in una diversa latitudine del pianeta. 2. OPERAZIONALIZZARE GLI STRUMENTI DIAGNOSTICI IN TERMINI DI DIFFERENZE CULTURALI I test sono influenzati dal contesto culturale in quelle persone vivono. Poiché ogni test misura il modo oggettivo e standardizzato un campione di comportamento, le risposte dei soggetti saranno necessariamente condizionate dalla diversità con cui il costrutto è “operazionalizzato” in termini di comportamenti osservabili nella cultura di chi risponde. Tale influenza si rivela sia quando si tratta di culture diverse, sia quando si tratta di sottoculture presente nella stessa nazione. I concetti psicologici che sono alla base di un test devono tener conto della variabilità culturale per poi poter essere tradotto in termini di osservazione diagnostica. In un contesto interculturale i costrutti e la loro equivalenza nella struttura di uno strumento testistico possono non corrispondere→ è necessaria voi una continua verifica dell'equivalenza tra gruppi linguistici e culturali, perché ciò che viene valutato sia compreso nello stesso modo. è importante distinguere il lavoro di traduzione da quello di adattamento di un test. Aspetti della psicologia cross culturale e interculturale: • fare riferimento a metodologie specifiche che permettono di collegare meglio i dati thrill levati dal contesto al modello teorico di riferimento attraverso l'uso di competenze statistiche più specifiche; • aprirsi a nuove e produttive collaborazioni a vari livelli; • formare futuri operatori della salute mentale competenti nell'arte di apprendere ad apprendere. 3. LA VALUTAZIONE DIAGNOSTICA NEL CONTESTO DELLE DIFFERENZE CULTURALI Il lavoro di indagine diagnostica si inserisce nelle dinamiche di contatto tra le culture quando si deve spiegare un determinato costrutto misurabile attraverso gli item di un test. Un assessment attento alle condizioni interculturali si muove su due principali direttive: 1. le tradizioni culturali che hanno modellato l'individuo 2. l'ambito culturale dove sono state elaborate originariamente le norme statistiche con cui verranno confrontati i risultati del singolo soggetto L'osservazione diagnostica comporta un lavoro di contatto e di interscambio. Gli strumenti diagnostici dovrebbero tener conto dell'identità culturale del soggetto. La malattia e il disagio psichico sono categorizzabili secondo più modelli di interpretazione. Il significato culturale degli stessi sintomi varia da cultura a cultura. Se si usano i test e si redigono dalle relazioni diagnostiche senza tener conto delle differenze culturali si rischia di ottenere risultati ambigui, con il rischio di aggiungere sofferenza ulteriore al disagio che già la persona sta vivendo. Nel rispondere ai quesiti di un test o nel corso di un colloquio clinico, il soggetto non darà solo informazioni sul suo malessere, ma racconterà come ha imparato a star male. Tenere conto del sistema di sostegno della persona nello screening psicologico e nell'esplorazione delle sue risorse è fondamentale per una valutazione diagnostica. Quando la valutazione diagnostica è effettuata con persone appartenenti a contesti etnici diversi la loro appartenenza culturale influenza il modo con cui viene percepito il rapporto tra chi somministra i test e la persona. anche lo status sociale può influenzare il rapporto. Tutto ciò sta a indicare che nella valutazione diagnostica occorre tener conto delle influenze culturali che possono condizionare non solo gli aspetti nosografico dei disturbi, ma anche i processi di adattamento e disadattamento del soggetto. 4. CONSIDERARE L'ASSESSMENT COME UNA LA POSSIBILITÀ DI CONOSCENZA PARZIALE A volte si tende a stigmatizzare certe appartenenze culturali come se fossero in realtà al di fuori di un contesto; mentre sappiamo che nei loro comportamenti sono sottesi quei significati culturali che rendono spiegabile l'adattamento del singolo in quel determinato ambiente. Quando si vanno a misurare alcune loro dimensioni psicologiche, le si potrà conoscere solo parzialmente nei loro significati profondi, benché i test che le misurano rispondono ai classici principi di fedeltà e di validità statistica in modo ottimale. Non in tutte le culture le persone sono familiari con la valutazione clinica fatta attraverso i test: ci possono essere modi diversi di concepire la malattia mentale oppure tradizioni culturali particolari nel modo di vivere il disagio o un modo diverso di intendere la salute e il benessere. L'uso degli strumenti di misurazione diagnostica deve tener conto del livello di familiarità. Assunti che possono facilitare tale familiarità nell'uso di test in culture diverse: - in ogni cultura le persone possono ordinare o catalogare gli stimoli - le persone possono valutare quei quesiti con uno stile che è tipico di come il proprio gruppo culturale abitualmente giudica - capacità di autoconsapevolezza e di introspezione La variabilità dei costrutti è un dato di fatto poiché diversi concetti cambiano a seconda delle condizioni individuali ed ambientali in cui sono operazioni analizzati. Perciò non basta trasportare un costrutto da una cultura all'altra o tradurre un test→ si corre il rischio di incorrere in equivoci metodologici che possono portare a conclusioni unilaterali, rigide e uniformanti, che distorcono la realtà. Quando si interpretano i punteggi ottenuti ad un test si tenderà a concludere che un individuo un gruppo è migliore di un altro in un determinato costrutto. Non sorprende perciò che l'uso di un test validato in una specifica cultura, con dei dati normativi ampiamente confermati dalle ricerche, si è a rischio di conclusioni inappropriate. Se usato in un'altra cultura sarebbe forse meglio costruire test in grado di misurare i comportamenti specifici nell'ambito di ogni singola cultura, da validare esclusivamente rispetto a criteri locali; ciò eviterebbe errori di valutazione e faciliterebbe una migliore conoscenza della realtà psicologica del soggetto. Il mondo di varcare i confini per accogliere la domanda di salute e di cura influenza i diversi modelli di osservazioni psicologica, compreso il trattamento del disagio psichico. Ogni intervento psicologico deve includere un modo di interscambiare che si intreccia con l'interazione attivata dall'altro. voi Ciao 1. CURA E TRATTAMENTO COME “SENSO” DEI FENOMENI PSICHICI La visione interculturale ci induce a considerare la cura non tanto come passaggio da una condizione di disturbo ad uno stato desiderato di benessere, ma come la di connessione tra bene e male, tra agio e disagio, in un continuo interscambio tradizione malattia, tra diversità culturali e modo di vivere il disagio. Il contesto in cui avviene un processo di trattamento mette in risalto l'aspetto relazionale della cura con un'attenzione all'intersoggettività e a ciò che nei rapporti interpersonali può facilitare la capacità a prendersi cura di sé stessi. Situare la malattia nell'esperienza del singolo significa fare spazio alle dinamiche costruttive e partecipative che incorrono tra individuo e ambiente. 2. LO STESSO TRATTAMENTO VALE PER TUTTI Chi opera nell'ambito della cura e del trattamento spesso parte dal presupposto di poter applicare gli stessi metodi in ogni contesto culturale. In questo modo però i dati osservati restano confinati dentro il metodo di osservazione stesso. Si corre così il rischio di abituarsi a dei metodi diagnostici o di cura che vanno bene per tutti con delle conseguenze negative quando ci si trova dinanzi ad una patologia che implica significati emergenti dalle diversità culturali. Una visione generalista e universalista della psicologia, anziché valorizzare le variabili culturali che differenziano i comportamenti in un determinato contesto, potrebbe arrivare a considerarle come variabili di disturbo da eliminare. 3. IL RISCHIO DI GUARDARE ALLE DIFFERENZE CULTURALI COME ASIMMETRICHE Il medico o uno psicologo che cura un paziente si pone come colui che sa rispetto al paziente che non sa. Nel contesto interculturale tale atteggiamento può arrivare a comportamenti svalutanti se non di derisione o addirittura di disprezzo dell'altro, mascherato a volte da un linguaggio informale apparentemente simpatico ma in fondo umiliante, come se la persona in trattamento abbia qualcosa di meno o sia inferiore rispetto a chi offre il trattamento. L’asimmetricità dei rapporti sembra dare più garanzia ad entrambi, perché semplifica il processo e velocizza le risposte: si sviluppa un sistema relazionale distorto da un empatia manierista→ empatia funzionale agli scopi unilaterali dal rapporto asimmetrico, che però non permetta alle persone di entrare in contatto e riconoscere i significati presenti nelle esperienze culturali della malattia. 4. CONOSCERE LA CULTURA DEL MALATO La conoscenza della cultura del malato non si riferisce solo al significato dei contenuti del suo malessere ma riguarda anche quegli aspetti che lasciano emergere il significato culturale del disagio. I criteri di osservazione di chi opera in questo campo possono portare a valutare negativamente gli apporti culturali al vero problema del soggetto e lascia sullo sfondo l’agentività del malato nel processo di trasformazione di passaggio dal malessere al benessere. Le regole interpretative dei fenomeni psichici devono tener conto dei sintomi fisici e dell'intersezione delle diverse componenti della sua storia culturale. Ciò voi mette in evidenza un'identità in continua trasformazione virgola che si manifesta in modo specifico nella malattia ma che è parte del suo essere persona dentro un sistema culturale in evoluzione. 5. L’ESPERIENZA DELLA MALATTIA NELL’ETNOPSICHIATRIA Devereux afferma che i disturbi psichici hanno una declinazione nettamente culturale, per cui la nevrosi e le psicosi sono definite etniche per l'importanza delle cosiddette sindromi culturalmente caratterizzate. Personalità etnica= parte dall'inconscio etnico che la persona condivide con gli altri membri della sua cultura attraverso le pratiche educative vissute nel suo contesto. I comportamenti umani possono essere interpretati da categorie esplicative e distinte, che sono capaci di spiegare uno specifico fenomeno psichico, senza però rendere conto delle soluzioni fornite da altre categorie o ambiti di conoscenza. In questo modo l'esplicazione data dall'esterno del fenomeno dalla parte dell'osservatore neutro. Nell'apporto dell'etnopsichiatria è l'esperienza dell'osservato che unisce le diverse categorie interpretative. Considerare l'incertezza della diagnosi permette di aprirsi all'insicurezza derivante dalle tante nature culturali del soggetto che possono creare effetti imprevedibili.
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