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ENEIDE - Libro 1-4, personaggi e riassunto, Schemi e mappe concettuali di Letteratura

Analisi Libri 1-4 Analisi libro 4 Analisi personaggi principali Riassunto

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

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Caricato il 18/02/2018

butterfairy
butterfairy 🇮🇹

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Scarica ENEIDE - Libro 1-4, personaggi e riassunto e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Letteratura solo su Docsity! ENEIDE L’Eneide, in 12 libri di esametri, racconta le peregrinazioni di Enea per giungere in Italia, luogo, per volere divino, destinato a divenire un impero universale. Enea è figlio di Venere e del troiano Anchise, e tramite il figlio Ascanio Iulio è il capostipite della gens Iulia, quindi antenato di Ottaviano Augusto. Virgilio, infatti, vede nel riassetto statale portato avanti da Augusto un disegno del Fato, e con questo poema epico vuole rivelare le origini di questo progetto divino. La leggenda di Enea è anteriore a Virgilio, poiché i Romani vantavano di discendere dai Troiani, e si credevano vendicatori nei confronti dei Greci. Virgilio però conferisce a questo mito una coerenza poetica e sembianze reali, con riferimenti agli avvenimenti futuri della storia di Roma. In Virgilio è molto presente la fede nella missione provvidenziale di Roma: lo scopo dei lutti, delle distruzioni e delle guerre è la fondazione di Roma. Enea rappresenta il sacrificio del singolo per la realizzazione di un progetto universale. Ogni elemento dell’Eneide è proiettato verso il futuro, e avviene in funzione della fondazione del grande impero romano. IL PRECEDENTE OMERICO L’Eneide si collega all’epica omerica, e ciò possiamo notarlo già dalla struttura del poema. I primi sei libri narrano le peregrinazioni di Enea, e sembrano dunque essere collegati all’Odissea, mentre gli ultimi sei, con il racconto delle guerre avvenute nel Lazio, ricordano l’Iliade. Tuttavia nel complesso, l’Eneide presenta un tono piuttosto odisseico, poiché anche nelle scene di guerra sono presenti note di distacco, di nostalgia e rimpianto. Echi omerici possiamo riscontrarli anche nell’uso delle formule epiche, nelle similitudini, e nella descrizione di alcune scene: per esempio, il duello finale tra Enea e Turno ricorda quello tra Achille ed Ettore raccontano nel libro XXII dell’Iliade. Nell’Eneide vi sono anche influenze della poesia alessandrina, in particolare della poesia eziologica, poesia che ricerca nei miti antichi l’origine di culti e di realtà contemporanee. Ebbene, l’intera Eneide sembra proprio essere l’áition di Roma, e l’amore tradito di Didone, raccontato nel IV libro, è l’áition dei contrasti tra Roma e Cartagine. A differenza dei poemi omerici, dove prevale l’azione, nell’Eneide vi è una certa intensità lirica. Inoltre, Omero ha un certo distacco narrativo, mentre Virgilio assume uno stile soggettivo, che predilige la descrizione degli affetti, l’approfondimento psicologico e i commenti personali sull’azione. I PERSONAGGI I personaggi virgiliani presentano uno spiccato approfondimento interiore. ENEA. Rispetto ad Odisseo, le cui avventure si risolvono in un percorso che, attraverso nuove conoscenze ed esperienze riporta al punto di partenza (la patria Itaca), le peregrinazioni di Enea hanno una natura e uno svolgimento diversi. Enea parte dalla sua patria, e sa che non ci può più tornare. Guidato dal Fato e dalla pietas, affronta un viaggio che determina le sorti del mondo intero: egli non viaggia per tornare nella sua patria, ma per fondarne una nuova. Di tutto ciò Enea è consapevole, e sa di essere lo strumento di un disegno provvidenziale. Enea non è il tipico eroe epico: egli è pius nei confronti della divinità, e porta a termine la sua missione, nonostante la stanchezza per le guerre e il dolore per le vicende umane. In lui sono vivi ancora i ricordi dolorosi della guerra di Troia, la distruzione della città, la scomparsa della moglie Creusa. Giunto a Cartagine, crede di poter ricominciare una nuova vita con Didone, ma il comando divino lo richiama alla sua missione ed egli obbedisce, per la sua pietas religiosa. Tra Didone ed Enea allora s’instaura un mare di incomprensione, perché la regina segue il cuore, l’eroe l’etica del dovere. Nella sua solitudine e nell’incomprensione, Enea diviene una figura tragica. DIDONE. Regina di Cartagine, vedova, matura ma ancora bellissima, offre ad Enea il regno, la sua vita, il suo amore. I suoi sentimenti verso l’eroe sono una continua illusione: s’illude che il suo improvviso incontro con Enea in una grotta sia una vera cerimonia nuziale, ed è tutto un equivoco fin dai primi sguardi e dai primi fremiti. Didone rappresenta la potenza devastante della passione; quando la regina non potrà più amare, allora odierà e deciderà di morire. Nell’Averno, Enea incontra l’ombra di Didone, ma ancora una volta tra di loro s’instaura un abisso d’incomprensione, e l’ombra della regina, nemica, sparisce nella selva. GIOVANI EROI VIRGILIANI. Nel corso del poema sono presenti figure giovanili, che si stagliano con la loro passione, il loro vigore, inconsapevoli della morte. Sono giovani eroi che muoiono prematuramente: Eurialo e Niso, Lauso, Mezenzio, Pallante, figlio di Evandro, che ricorda Patroclo. Muore, colpita da una lancia, la vergine Camilla, guerriera ardimentosa, che di fronte a belle vesti e armi si lascia sedurre da una vanità femminile che non ricorda di possedere. Muore Turno, l’avversario di Enea, il giovane re italico capace di grandi decisioni e dalle reazioni eccessive. IL PAESAGGIO Il paesaggio dell’Eneide è mito, storia e leggenda. La natura è impregnata della presenza dell’uomo e delle loro azioni. Ogni luogo visitato da Enea si riempie di spiritualità: Cuma, il lago d’Averno, le foci del Tevere, i colli che un giorno saranno Roma. IL LINGUAGGIO Il linguaggio è ricco di significati, e le parole vengono collocate nel verso in modo da rendere l’esametro molto musicale. Sono termini usuali accostati in modo inusuale, così che a volte molte espressioni risultano ambigue. Libri 1-4 LIBRO I incendiando, trucidando barbaramente gli abitanti. Ad Enea appare in sogno l’ombra dolente di Ettore, che lo esorta a fuggire con i sacri Penati per trapiantarli nella sede voluta dal Fato. Destatosi di soprassalto, l’eroe sale sul tetto e, rendendosi conto della terribile realtà, prende le armi e si getta nella mischia. Ma rimane sopraffatto e, solo con due compagni superstiti, giunge alla reggia. Qui Pirro, penetrato con i suoi nel palazzo, insegue Polite, figlio di Priamo, uccidendolo sotto gli occhi del padre. Poi afferra il vecchio re, che ha tentato inutilmente di colpirlo, e lo sgozza nel sangue del figlio, ai piedi dell’altare. A tale vista Enea si ricorda dei suoi e, esortato a ciò anche dalla madre Venere, corre senza indugio a casa per condurli in salvo. Quindi, deciso a seguire l’ammonimento di Ettore, prende sulle spalle il padre Anchise, al quale affida i Penati, e col piccolo Ascanio per mano e seguito dalla moglie, fugge dalla città in fiamme. Ad un certo punto della fuga s’accorge, però, che nel trambusto ha smarrito Creusa. Tornato indietro a cercarla, gli appare l’ombra di lei che gli annuncia d’essere stata assunta fra gli dei. E’ l’alba. Enea torna dai suoi e, rimesso il padre sulle spalle, prende la via dei monti. LIBRO III L’eroe trova scampo ad Antandro, ai piedi del monte Ida, dove si sono rifugiati altri Troiani. Qui, durante l’inverno, fa costruire una flotta di venti navi sulle quali, al principio della primavera, s’imbarcano tutti i profughi di Troia. Hanno inizio così le lunghe peregrinazioni alla ricerca di una nuova patria. Dapprima i Troiani approdano in Tracia, terra amica di Troia, dove, mentre Enea s’accinge a fondare una città, da chiamarsi Eneade, si verifica un fatto raccapricciante: dai rami di un mirto sgorga del sangue ed esce una voce lamentosa. E’ Polidoro, l’ultimo figlio di Priamo, che il padre aveva mandato presso Polinestore, re di Tracia, per sottrarlo alla guerra. Ma il re, vista la cattiva sorte toccata a Troia, lo aveva ucciso per impadronirsi delle sue ricchezze. Ed ora Polidoro, trasformato in arbusto, esorta Enea a lasciare quella terra maledetta. Data solenne sepoltura a Polidoro, i Troiani riprendono il mare dirigendosi verso Delo, l’isola sacra ad Apollo. Sono accolti benevolmente dal re Anio, vecchio amico di Anchise, e si recano ad interrogare l’oracolo del dio, il quale li ammonisce a “cercare l’antica Madre”. Seguendo il consiglio di Anchise, i profughi si recano a Creta, da cui era partito Tèucro, progenitore dei Troiani. Subito si mettono al lavoro per fondare una nuova città da chiamarsi Pergamèa, quando scoppia una terribile pestilenza che danneggia uomini, animali e mèssi. Convinti d’avere sbagliato, gli esuli decidono di abbandonare anche quel luogo. Pannello raffigurante Enea che sacrifica ai PenatiDurante la notte, i Penati appaiono in sogno ad Enea e gli additano l’Italia come la terra degli avi: l’Italia, donde venne il progenitore Dardano. Ripresa la navigazione, una furiosa tempesta sospinge i Troiani alle Stròfadi, le isole delle Arpie, creature dal volto di donna e dal corpo di uccello. Le quali, insozzando le mense, impediscono loro di magiare, mentre una di esse, Celeno, li atterrisce con funesti presagi. Fuggono di là e, risalendo il mar Ionio, sbarcano sul lido di Azio, dove celebrano giuochi e compiono sacrifici in onore di Apollo. Quindi, rimessisi in mare, giungono a Burtroto, nell’Epiro, dove regna Eleno, figlio di Priamo, che ha sposato Andromaca, la vedova di Ettore. Essendo indovino, Eleno predice ad Enea le sue future peregrinazioni prima di giungere alla terra promessa dal Fato. Lo istruisce sul percorso da seguire e gli indica i segni per riconoscere il luogo dove dovrà fermarsi e fondare la città. Dopo uno scambio di preziosi doni, i Troiani sono nuovamente in mare e, al mattino seguente, vedono profilarsi all’orizzonte le coste dell’Italia. Prima Acate, e poi tutti gli altri la salutano con un grido di gioia: “Italia!Italia!”. Per evitare gli scogli di Scilla e Cariddi, girano attorno alla Sicilia, approdando ai piedi dell’Etna, nel paese dei Ciclopi dove raccolgono Achemenide, un greco dimenticato a terra da Ulisse. Avvertiti del pericolo cui possono andare incontro, i Troiani hanno appena il tempo di fuggire, che Poliremo urlando si spinge nel mare per inseguirli. Sbarcano quindi a Drepano, l’odierna Trapani e là il vecchio Anchise muore. Salpano di nuovo, ma una violenta tempesta li sbatte sulle coste dell’Africa. E qui finisce il racconto di Enea. LIBRO IV Il IV libro dell’Eneide contiene la tormentata vicenda della storia di amore tra Enea e la regina di Cartagine Didone. Nata quasi per gioco per il volere della dea Venere 1, che voleva semplicemente rendere la permanenza di suo figlio a Cartagine la più sicura possibile, questa relazione diventa velocemente una vera e propria tragedia. Enea è stato infatti costretto dal volere del fato a partire per raggiungere il Lazio, e per questo motivo Giove invia il suo messaggero Mercurio a ricondurre l’eroe a quel destino che il protagonista si è quasi dimenticato. Ma così facendo trasforma il figlio di Anchise in un inconsapevole carnefice, sordo a tutte le implorazioni sempre più accorate che la regina di Cartagine rivolge al suo indirizzo. Didone evoca dunque diverse divinità vendicatrici e lancia una terribile maledizione su Enea stesso e i suoi discendenti 2. Infine, stravolta dall’odio, Didone si suicida. Il libro IV coincide con il dramma di Didone, dalla passione per l’eroe venuto da Troia all’abbandono e al suicidio. Nell’economia generale dell’opera virgiliana, la vicenda funge anche da “causa” dell’inimicizia mortale tra Cartagine e Roma, trasferendo sul piano del mito quello che fu lo scontro mortale tra le due potenzeche, durante il III e il II secolo a.C., aspiravano all’egemonia nell’Occidente del Mediterraneo. Come si è visto,Virgilio riprende da Nevio l’idea di una sosta di Enea in Africa e di un incontro con la fondatrice di Cartagine, ma inventa la vicenda amorosa tra l’eroe troiano e la regina (già Timeo aveva raccontato che costei si era rifugiata in Africa dopo che suo marito Sicheo era stato ucciso a tradimento dal fratello di lei). Molti i modelli narrativi cui il poeta latino poteva ispirarsi per la storia d’amore: la prossimità del genere tuttavia gli suggeriva in particolare la storia di Medea e Giàsone dalle Argonautiche di Apollonio Rodio. In ambedue i casi l’amore nasce per un intervento divino, ma in Virgilio l’interesse della regina per lo straniero che è approdato in seguito alla tempesta sulle spiagge del suo paese è dettato anzitutto da un senso di umanità e partecipazione emotiva alle sue sventure. Nel corso del racconto delle peregrinazioni affrontate da Enea, questa simpatia umana per l’eroe coraggioso e sfortunato si trasforma in passione, e questa erompe quando Enea ha finito di raccontare. Didone, sotto l’infl usso congiunto di Giunone e di Venere, è rimasta profondamente colpita dalla straordinaria personalità dell’ospite troiano. Tutta la notte ella è agitata e, al mattino, chiede consiglio alla sorella che la incoraggia a seguire l’impulso del suo cuore. Didone allora si adopera a trattenere il più possibile Enea presso di sé, e a interessarlo alla nuova città che sta sorgendo, guidandolo a visitare le nuove costruzioni e intrattenendosi con lui in prolungati convivi serali. METRO ■ esametri dattilici 1. Riassunto generale Didone trascorre una notte insonne, combattuta tra la passione per Enea e la fedeltà verso il defunto marito Sicheo. Il mattino seguente confida tutto alla sorella Anna, che la incoraggia nei sentimenti verso Enea, il quale potrebbe essere un valido aiuto nel governo e nella difesa di Cartagine. Da questo momento la regina lascia che la passione per l’eroe la pervada completamente. Intanto Giunone e Venere, spinte da motivazioni diverse, si accordano per favorire le nozze. Durante una battuta di caccia Giunone scatena un furioso temporale, e Didone ed Enea sono costretti a rifugiarsi in una grotta, dove celebrano le loro nozze. La notizia viene diffusa dalla Fama. Iarba, figlio di Giove, essendo stato respinto da Didone, si lamenta col padre. Giove manda allora Mercurio a Cartagine, per invitare Enea a partire. L’eroe si piega alla volontà divina. L’ultimo colloquio tra i due è drammatico: alle motivazioni di Enea, Didone risponde con disperazione e velate minacce. Mentre i Troiani si preparano a partire, Didone cova dentro di sé un immenso dolore. Si finge rasserenata, e chiede alla sorella Anna di aiutarla a preparare una pira per bruciare le vesti e le armi di Enea, e il letto nuziale. Questo sortilegio può scioglierla dalla passione per Enea. In realtà, la regina medita il suicidio, e quando le navi troiane salpano, Didone sale sulla pira, lancia maledizioni contro Enea e i suoi discendenti, e si conficca nel petto la spada dell’eroe. 2. Analisi La passione di Didone. Dopo che Enea conclude il suo racconto, tutti si ritirano nelle proprie stanze. Didone passa una notte insonne: le gesta dell’eroe e la gloria della sua stirpe hanno suscitato in lei prima ammirazione, poi passione: combattuta tra la fedeltà a Sicheo e la passione verso l’ospite, si confida con la sorella, che la spinge a lasciarsi andare.
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