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ENRICO VIII E FILIPPO II, Dispense di Storia Moderna

La formazione della potenza inglese (Enrico VIII, Caterina d'Aragona, Maria Tudor, Anna Bolena, Atto di Supremazia, Elisabetta I) Filippo II e l'egemonia spagnola in Europa (le tre fasi del regno) La Francia nelle guerre di religione "Guerra dei tre Enrichi": •Enrico III Valois era il re, •Enrico di Guisa era il capo dei cattolici •Enrico di Borbone era il capo dei calvinisti.

Tipologia: Dispense

2021/2022

Caricato il 20/03/2023

angelica-em-armenio
angelica-em-armenio 🇮🇹

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Scarica ENRICO VIII E FILIPPO II e più Dispense in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! CAPITOLO 5 La formazione della potenza inglese Quando si diffusero le idee luterane, il re d'Inghilterra, Enrico VIII, si premurò a condannarle. Enrico VIII era un grande sovrano, sia dal punto di vista fisico che intellettuale, era un uomo colto, studioso e aveva scritto a favore dei 7 sacramenti, ottenendo dal Papa il titolo di "difensor fidei", ma in seguito le cose cambiarono. Nel 1509 Enrico VIII sposò Caterina d'Aragona, zia di Carlo V. Da queste nozze nacque Maria Tudor, ma non l'erede maschio tanto sperato. Non avendo avuto figli maschi, Enrico VIII chiese al papa di poter divorziare da Caterina, ma il papa non acconsentì. Il re non si arrese: nel 1532 ripudiò Caterina d'Aragona e l'anno successivo sposò Anna Bolena, dama di corte di Caterina. In risposta a questo matrimonio, nel 1533, il papa scomunicò Enrico VIII, il quale chiese di farsi approvare il divorzio dal Parlamento inglese. Questo confiscò tutte le proprietà ecclesiastiche in Inghilterra, soppresse i conventi e approvò una serie di leggi che di fatto misero Enrico VIII a capo della chiesa di Inghilterra, tramite quello che fu chiamato “Atto di supremazia”. Così facendo, si ruppero ufficialmente i rapporti con la curia romana. La struttura della nuova chiesa inglese, che da allora in poi fu chiamata anglicana, non cambiò, ma i vescovi e tutto il clero avrebbero dovuto ubbidire al re e non più al papa. Poiché non vi furono molte modifiche, questo scisma che separò la chiesa inglese da quella romana, viene definito dalla storiografia uno "scisma senza eresia". Sebbene le differenze dal punto di vista dogmatico tra la chiesa anglicana e quella di Roma fossero poche, il re d'Inghilterra fu allettato a prendere questa decisione anche dal fatto che, in questo modo, avrebbe potuto impossessarsi delle tasse ecclesiastiche che prima andavano nelle casse del papa. In questo modo, anche Enrico VIII, all'interno del fenomeno della formazione di uno stato moderno, usando la religione, riuscì a creare una chiesa nazionale. Dal matrimonio con Anna Bolena nacque Elisabetta, ma ancora una volta l'erede maschio non arrivò. Enrico VIII decise di divorziare anche da lei e la accusò di tradimento – sostenne che aveva cospirato contro di lui – e persino di stregoneria. Anna Bolena fu uccisa nel 1536 e sua figlia Elisabetta fu dichiarata illegittima, le fu tolta la possibilità di ereditare la corona e fu allontanata dalla corte. Da un successivo matrimonio – anche se non l'ultimo – finalmente ad Enrico VIII nacque il tanto sospirato figlio maschio, Edoardo VI. L'erede maschio era importante perché il regno non era pacificato e l'opposizione nobiliare era ancora forte. La nobiltà avrebbe potuto usare la scusa della mancanza di un erede maschio per indebolire il regno e per cacciare la dinastia Tudor. Nel 1547 Enrico VIII morì e al suo posto fu incoronato re suo figlio, Edoardo VI, il quale però aveva 10 anni (durante il suo regno, fu assistito da un consiglio di reggenza) e morì nel 1553, a soli 16 anni, chiaramente senza eredi. Nel suo breve regno, l'Inghilterra si avvicinò al calvinismo, ma alla sua morte salì al trono Maria Tudor, figlia del primo matrimonio di Enrico VIII e fervente cattolica. Carlo V non perse tempo e fece sposare suo figlio Filippo II con Maria, per far entrare l'Inghilterra all'interno della sfera d'influenza spagnola. Nemmeno il re di Francia, Enrico II, rimase a guardare e fece sposare suo figlio, Francesco II, con Maria Stuart, principessa di Scozia: quindi vi fu l'alleanza Spagna-Inghilterra e Francia-Scozia. Maria Tudor, nonostante fosse figlia di Enrico VIII, si lanciò in una ferocissima repressione contro i protestanti inglesi, ripristinò integralmente il cattolicesimo e consegnò l'Inghilterra nelle mani della Spagna. Migliaia di protestanti furono mandati al rogo e per questo la regina passò alla storia con il nome di Maria la Sanguinaria (Bloody Mary). Maria morì nel 1558 senza eredi e per questo motivo, alla sua morte, ci fu uno scontro feroce per la successione: i cattolici volevano mettere sul trono Maria Stuart, regina di Scozia, (Tudor e Stuart erano famiglie imparentate) i protestanti e il Parlamento, invece, volevano far diventare regina Elisabetta, che nel frattempo era stata riabilitata e accolta di nuovo a corte. Non era soltanto una questione religiosa: scegliere Elisabetta voleva dire togliere l'Inghilterra dalle grinfie della Francia (il marito di Maria Stuart era il re di Francia). Nonostante Elisabetta fosse figlia illegittima, nata da un matrimonio mai riconosciuto dalla chiesa di Roma, figlia di una strega e di uno scomunicato, Filippo II re di Spagna e paladino indiscusso dell'integralismo cattolico appoggiò ugualmente la sua salita al trono perché, se non fosse diventata regina Elisabetta, lo sarebbe diventata Maria Stuart, moglie del suo acerrimo nemico, il re di Francia. Il volere di Filippo II fu decisivo e Elisabetta I, nel 1559, salì al trono. Filippo II, per poter di nuovo inserire l'Inghilterra nella sfera d'influenza spagnola, addirittura chiese ad Elisabetta di sposarlo, ma la risposta positiva di Elisabetta non arrivò mai. Molti altri la chiesero in sposa, ma lei, per difendere l'autonomia nella gestione del potere dell'Inghilterra. La politica di Elisabetta sarà di grande cautela, perché cercherà di mantenere un equilibrio tra le forze presenti all'interno dell'Inghilterra, al fine di farsi appoggiare e di evitare di creare momenti di tensione che avrebbero potuto toglierle il potere. Elisabetta dimostra una grande abilità e riesce, non solo a superare la fragilità iniziale del suo governo (perché non era ben voluta), ma riesce a creare anche in Inghilterra una monarchia forte e stabile, pur non potendo contare sulla legittimità dinastica, perché avendo scelto il nubilato, non aveva eredi diretti. A partire dal 1560 la posizione di Maria Stuart si indebolì per via del dilagare del Calvinismo, così la regina fu costretta a lasciare il trono scozzese al figlio Giacomo VI e si rifugiò in Inghilterra, dove restò per vent'anni. Qui divenne un punto di riferimento per gli oppositori della regina d'Inghilterra. Così nel 1587 Elisabetta I accusò Maria Stuart di tradimento e di cospirazione della corona inglese, quindi decise di farla imprigionare, giustiziare e decapitare. L'uccisione di Maria Stuart fu un'ulteriore motivo di astio che Elisabetta ottenne dal papa, in quanto Maria venne vista, dalle forze cattoliche, come una vittima e martire del cattolicesimo ad opera di un'eretica. Sul piano estero Elisabetta I si troverà a scontrarsi con il re di Spagna Filippo II, che decise di intervenire contro l’Inghilterra per diversi motivi, tra cui l'uccisione di Maria Stuart (perché quando il re di Francia morì, Filippo II si schierò con Maria Stuart, cercando in tutti i modi di metterla sul trono d'Inghilterra) e l'esasperazione dovuta ai continui attacchi dei corsari inglesi. Elisabetta si avvaleva dell'aiuto dei corsari, questi erano delle persone al servizio del governo inglese, cui cedevano parte degli utili, ottenendo in cambio lo status di combattente (lettera di corsa) e la bandiera, il che li autorizzava a rapinare solo navi mercantili nemiche, e ad uccidere persone, ma solo in combattimento. (Consiste proprio in questo la differenza tra i corsari e i pirati. I pirati erano marinai che depredavano o affondavano le altre navi in alto mare, nei porti, sui fiumi. Il termine viene utilizzato per indicare chi compie crimini in mare verso altre imbarcazioni, ma questi non erano autorizzati). Uno dei più temuti corsari inglesi era Sir Francis Drake. Nel 1587 Filippo II decise di armare una flotta per attaccare l’Inghilterra. Voleva mettere fine alla crescente potenza sui mari della marina inglese e desiderava riaffermare la sua prerogativa di “Difensore della Fede”, assecondando il desiderio del papa di mettere fine allo scisma anglicano. Filippo II, a quel punto, fece allestire una flotta di 145 navi, più del triplo di quelle che avrebbe potuto schierare l'Inghilterra, e per questo fu chiamata “Invincibile Armata”. Lo scontro avvenne nel 1588 nel canale della Manica e si concluse con un disastro per la flotta spagnola: le navi, colpite da una violenta tempesta, furono in buona parte affondate prima ancora di combattere. I galeoni spagnoli erano grandi e difficili da attraccare; le navi inglesi, invece, erano più piccole e più agili e corsero più velocemente al riparo. La flotta inglese era capeggiata dal grande pirata Francis Drake, il primo inglese ad aver compiuto il giro del mondo. In ultima analisi possiamo dire che il regno di Elisabetta I fu molto importante: soprattutto nella seconda parte del regno, l'Inghilterra ebbe un grandissimo sviluppo economico, la popolazione aumentò da 3 a 4 milioni di abitanti, l'agricoltura riuscì a sfamare tutti, senza aumenti dei prezzi, le industrie erano in piena espansione, Londra aveva una popolazione di 150.000 abitanti e diventò una grandissima piazza commerciale con un porto in enorme espansione, si diffuse la borsa e i cantieri navali. Alla morte di Elisabetta sul trono andò Giacomo I Stuart, re di Scozia e figlio di Maria Stuart, ma protestante, e quindi rispettò l'ordinamento religioso inglese. Siccome Giacomo era figlio di Maria, paladina del cattolicesimo, i cattolici inglesi riversarono in lui molte speranze che però ben presto rimasero deluse. Per questo motivo organizzarono una congiura – chiamata “delle polveri” – nella quale cercarono di far saltare per aria, con la polvere da sparo appunto, la Camera dei Lord, con i parlamentari e il re dentro, nel giorno della prima seduta del nuovo Parlamento. RICORDA!!! 1509/1547 (38 ANNI)-> Enrico VIII . 1547/1553 (6 ANNI)-> Edoardo VI 3 MATRIMONIO 1553/1558 (5 ANNI)-> Maria Tudor 1 MATRIMONIO 1558/1603 (45 ANNI)-> Elisabetta I 2 MATRIMONIO 1603/1625 (22 ANNI)-> Giacomo I . La Francia nelle guerre di religione Dopo la Pace di Cateau-Cambresis (1559) (in cui la Francia ne uscirà perdente, verrà parzialmente smilitarizzata, verrà privata per un periodo della propria flotta, verrà sottoposta a tutta una serie di sanzioni perpetrate da parte della vittoriosa Spagna), la Francia si troverà a vivere un periodo di grande instabilità, dovuta alla crisi dinastica dopo la morte del re Enrico II di Valois e alla divisione religiosa del paese tra ugonotti (calvinisti francesi) e cattolici. Nel 1559 Enrico II di Valois morì e a lui successe suo figlio, un ragazzino di 15 anni – abbastanza malaticcio – Francesco II, che sposò Maria Stuart, futura regina di Scozia. Francesco II, però, morì l'anno successivo a 16 anni e a lui successe suo fratello, un bambino di 10 anni, Carlo IX, e la reggenza andò alla madre Caterina de' Medici, la vedova di Enrico II di Valois. Nonostante Caterina fosse dotata di notevoli capacità politiche, doveva affrontare numerosi problemi, tra cui la crisi finanziaria e la diffusione dell'eresia calvinista nel suo territorio. Ad aderire al calvinismo erano anche alcune famiglie della nobiltà feudale (questo è molto rilevante perché i nobili feudatari avevano un grande potere: la giurisdizione nei propri feudi, gestivano anche piccoli eserciti, controllavano i confini, quindi erano potenzialmente un piccolo stato nello stato); questi nobili avevano deciso di aderire al calvinismo per rafforzare la loro autonomia contro l'affermazione della sovranità monarchica. Caterina adottò una politica di mediazione, di compromesso e, anziché reprimere il calvinismo, decise di essere conciliante. Caterina fece una serie di concessioni al partito ugonotto (Con l'EDITTO DI SAN GERMANO-> 1562, Caterina concedeva la libertà di culto agli ugonotti, che però erano obbligati a risiedere fuori dalle mura delle città. Ovviamente le reazioni cattoliche non si fecero attendere e a Vassy, in Normandia, furono massacrati una settantina di ugonotti. Nella prima fase Caterina consentì alla nobiltà di praticare la religione protestante solo nelle proprie terre e limitò il culto riformato nelle città. Il compromesso, però, non poteva soddisfare gli ugonotti e provocò degli scontri violentissimi nelle campagne e nelle città. Quindi, Caterina fu costretta a promulgare il SECONDO EDITTO DI SAN GERMANO nel 1570, molto più favorevole agli ugonotti, ai quali veniva concesso: oltre la piena libertà di culto, diverse piazzeforti, fortificazioni e la Rochelle, un porto munito di difese). La notte di San Bartolomeo , tra il 23 e il 24 agosto 1572 , nelle sale del Palazzo reale furono massacrati tutti gli esponenti di spicco degli ugonotti, che si trovavano a Parigi per celebrare le nozze del loro capo, Enrico di Borbone e Margherita di Valois (la nota "regina Margot"). Il massacro continuò in tutta la Francia, anche nei giorni successivi. Per tutta la seconda metà del '500, la Francia verrà pervasa dalle guerre di religione, che diventeranno delle vere e proprie guerre civili in quanto si vennero a creare 2 fazioni religiose e politiche: - Da un lato vi era la LEGA CATTOLICA, contraria alla linea morbida e di compromesso assunta da Caterina de'Medici. Questa lega godette dell'alleanza tra Spagna, Papa, i seguaci del Guisa e della regina di Scozia Maria Stuart (figlia di una Guisa). - Dall'altro lato vi era la FAZIONE UGONOTTA capeggiata dalla famiglia dei Borbone, i quali erano feudatari francesi che avevano il titolo di re di Navarra (questa era una regione montuosa indipendente, ai confini tra la Francia e la Spagna). Con la morte di Carlo IX, nel 1574, la corona passò al terzogenito di Caterina, Enrico III, cattolico convinto. Da questo momento in poi gli storici hanno definito questo scontro come la “Guerra dei tre Enrichi”: •Enrico III Valois era il re, •Enrico di Guisa era il capo dei cattolici •Enrico di Borbone era il capo dei calvinisti. Il re, Enrico III Valois, per paura che Enrico di Guisa complottasse contro di lui, per cacciarlo dal trono, nel 1588, fece uccidere Enrico di Guisa. Poco dopo, nel 1589, un monaco, per vendicare l'assassinio di Enrico di Guisa, uccise il re Enrico III. Morto anche il re, – senza eredi – Enrico di Borbone rimase il principale pretendente al trono di Francia. Prima di morire, Enrico III Valois, aveva indicato come suo successore al trono Enrico di Borbone, a patto che si fosse convertito al cattolicesimo; a questo punto Enrico di Borbone nel 1593 decise di abiurare alla sua fede calvinista e con chiara e fredda operazione di natura politica si convertì al cattolicesimo: con questo gesto la sua successione non poteva essere più negata o ostacolata neppure dal Papa. Enrico di Borbone, nel 1589 divenne re di Francia col nome di Enrico IV. Quest’ultimo compirà un gesto importante anche dal punto di vista culturale perché con l'editto di Nantes del 1598 concederà tolleranza religiosa agli ugonotti: questo editto rappresenta uno dei primi editti ufficiali di tolleranza religiosa in età moderna, ma non era di libertà religiosa, non si diceva che tutte le fedi fossero uguali, ma la fede cattolica restava quella ufficiale e veniva semplicemente consentito agli ugonotti di praticare la loro religione in forma pubblica solo in determinati luoghi cioè nei feudi degli aristocratici ugonotti (andando a rafforzare la giurisdizione feudale), mentre privatamente potevano praticarla ovunque tranne nella città di Parigi, la quale era considerata il centro del potere. Agli Ugonotti vennero, anche, assegnate delle piazzeforti militari, questo sarà all’origine di successivi scontri perché si andavano a creare dei piccoli eserciti all’interno dello Stato potenzialmente sfruttabili contro di esso; infatti, nel secolo successivo, quando in Francia ci sarà la piena affermazione dell'assolutismo con il re sole Luigi XIV, il quale rappresenta il modello tendenziale dell' assolutismo e difatti sarà lui a revocare l'editto di Nantes perché non poteva accettare che sul suolo francese ci fossero delle prerogative che esulavano dall'orientamento a centrature e ci fossero dei poteri, come queste piazzeforti, le quali erano delle cittadelle fortificate all'interno dello Stato nelle mani di nobili ugonotti; questo non poteva più essere ammesso per cui nel 1685 ci sarà l'editto di Fontainebleau che abolirà la tolleranza religiosa nei confronti degli ugonotti; nello stesso anno si concluderà la pace tra Francia e Spagna, quindi Filippo II dovrà accettare la successione al trono di Enrico IV di Borbone. Enrico IV di Borbone accentrò ancor di più il potere su di sé, ma nel 1610 un frate fanatico lo accoltellò. La Francia, con la morte di Enrico, rischiò un'altra grande fase di instabilità politica, come quella della lotta dei tre Enrichi, anche perché il figlio di Enrico IV, Luigi XIII, era piccolo. La nobiltà convocò gli Stati generali, una riunione dei tre ordini del regno – nobiltà, clero e terzo Stato – per far sentire la propria voce. Per fortuna della Francia uscì fuori la figura del Cardinale Richelieu che prese in mano la situazione ed evitò che la questione degenerasse. L’Europa orientale Alla fine del 500, anche l’Europa orientale era interessata nella fase di trasformazione dell’organizzazione politico-sociale. In Russia sotto Ivan IV il Terribile il rafforzamento dell’autorità centrale fu ottenuto dallo zar mediante l’indebolimento del potere della grande aristocrazia russa dei boiari. Ivan IV fece largo uso del sistema delle concessioni di terre a coloro che avevano servito il sovrano sia nelle campagne militari contro i Tartari, sia nella conquista del Caucaso, sia dell’Asia centrale, che della Siberia, creando così una piccola nobiltà di servizio. Ristrutturò anche il servizio militare creando la prima FANTERIA permanente, composta da moschettieri. Ammodernò il sistema amministrativo e fiscale. Invece, il sistema sociale ed economico dell’agricoltura russa, fondato sullo sfruttamento della servitù della gleba, non cambiò, anzi andò peggiorando. Le cause furono principalmente 3: - lo spopolamento delle campagne, - la crisi della forza-lavoro contadina - l’inflazione dei prezzi. Molti contadini vendevano se stessi come schiavi per fuggire alla morte per fame. Tra il 1592 e il 1593 il successore di Ivan, Boris Godunov, decretò la proibizione di tutti gli spostamenti contadini. Al principio del 600 la Russia precipitava in una condizione di anarchia, rivolte sociali, usurpazione fra rivali e conflitti fra boiari. In Polonia invece le sorti del potere erano nelle mani dell’aristocrazia. La Polonia divenne una repubblica nobiliare, dove il re era un accessorio. L’aristocrazia feudale decretò la fine della monarchia ereditaria, rendendola elettiva. Affermò il principio del liberum veto: l’opposizione anche di un singolo aristocratico era in grado di bloccare qualsiasi decisione del sovrano. Inoltre l’aristocrazia polacca aveva il diritto di vita e di morte sulla servitù della gleba. L’Italia nella politica di potenza spagnola Il rapporto tra Spagna come potenza mondiale e la penisola italiana risulta più facilmente leggibile se guardato sotto il punto di vista della centralità del Mediterraneo. Esso rappresenta anche il punto di continuità nella successione da Ferdinando il Cattolico a Carlo V a Filippo II. L’Italia aveva importanza strategica sia per contenere l’espansione francese e sia per far fronte al pericolo turco. Grazie alla pace di Cateau-Cambresis la Spagna potette impegnarsi maggiormente nella questione del mediterraneo. Le basi del potere sulla scena furono gettate da Carlo V, il quale gettò anche le basi per la pax hispanica, sancita dal 1559, che era leggibile come un insieme di vantaggi e costi da pagare per tutte le zone coinvolte. COSTI PER GLI STATI ITALIANI: il primo fu la dipendenza di quasi la metà del territorio italiano dalla Spagna; il drenaggio di risorse umane, economiche e fiscali dai territori italiani verso la Corona asburgica; la sostanziale subalternità degli italiani nei confronti della politica di potenza spagnola; la capillare diffusione su tutto il territorio italiano dello spirito, della prassi e dei comportamenti della Controriforma. VANTAGGI PER GLI STATI ITALIANI: La protezione del territorio: dopo Cateau-Cambresis dominare l’Italia volle dire servirsi di essa contro i turchi; l’Italia non fu tagliata fuori dalla scena della grande politica; l’Italia fu integrata nel più vasto complesso politico di natura imperiale, coinvolgendo soprattutto i domini diretti della monarchia (Milano, Napoli, Sicilia e Sardegna) -> aree in cui durante Filippo II si consolidò l’egemonia spagnola. Tale egemonia consisteva in un sistema di rapporti politici, diplomatici, economici e sociali fondati sull’equilibrio tra dominio e consenso. Questo metodo impresse una forte spinta di sviluppo delle forme politiche e statali dell’Italia spagnola. IL DUCATO DI MILANO: era considerato il cuore della monarchia dai sovrani e dai dirigenti spagnoli. Rappresentava il centro strategico di primo piano da difendere costantemente, fulcro dell’intera politica italiana perseguita dagli Asburgo. Il milanese era il centro di smistamento delle forze militari, soprattutto durante l’impresa dei Paesi Bassi. Esso era inoltre il punto di riferimento per la definizione della politica spagnola in Italia. Nonostante ciò, Milano conservava la propria autonomia, riconosciuta e garantita dalla monarchia Spagnola. Il modello di governo spagnolo nel ducato si ispirò al relativo equilibrio tra il riconoscimento dell’autonomia giurisdizionale interna e il controllo spagnolo del ruolo del ducato nella politica imperiale. IL REGNO DI NAPOLI: il regno di Napoli era entrato a far parte dei domini spagnoli di Ferdinando il Cattolico dopo la battaglia del Garigliano nel 1503. Il regno visse diverse fasi nel suo rapporto con la dominazione spagnola e con la sua politica. 1) la prima fase va dalla conquista di Ferdinando il Cattolico al 1528. È caratterizzata dall’esigenza spagnola di neutralizzare il trauma della successione, di ricucire la profonda ferita tra i ceti filofrancesi e quelli filospagnoli mediante un progetto di governo ed il riconoscimento dell’autonomia costituzionale del Regno di Napoli. 2) nella seconda fase, il regno gode di una posizione protagonista nella politica internazionale e nella strategia mediterranea di Carlo V. Nella lotta contro i Turchi, Napoli concorreva a determinare il controllo del Mediterraneo. Così fu importante nella presa di Tunisi, nella ripresa di Tripoli, nella difesa di Malta e nei confronti del teatro politico e militare italiano ed europeo. 3) la terza fase inizia in coincidenza con la crisi dell’egemonia spagnola, derivante dall’impossibilità di tenere sotto controllo sia il Mediterraneo che l’Atlantico. Napoli, dopo la crisi della Castiglia, doveva ricostruire un serbatoio di risorse finanziare per poter far fronte alle guerre future. La monarchia non disconobbe mai al napoletano la sua autosufficienza giuridica, né la sua pari dignità con altre parti della monarchia, né il suo carattere di regno. Il regno di Napoli possedeva una particolare fisionomia a causa di 3 elementi: la sua appartenenza alla comunità degli Stati cristiani d’Europa; la natura dei rapporti tra spagnoli e napoletani, regolati dalla legislazione del regno stesso; il titolo secondo cui gli spagnoli dominavano Napoli era di legittimità dinastica. LA SICILIA: nel passaggio Aragona-Asburgo, la Sicilia fu chiamata a svolgere importanti funzioni nella comunità imperiale: da un lato, la sua collocazione geografica le dava il ruolo di prima difesa dell’impero; dall’altro, la sua grande riserva cerealicola le dava il compito di sfamare e approvvigionare gran parte dei domini della Corona. LA SARDEGNA: i sovrani cercarono di mantenere immutato il sistema istituzionale stabilito; con Filippo II si ebbe un’inversione di rotta, poiché egli cercò di ridurre il potere dei Parlamenti, che erano le istituzioni principali rappresentative dell’isola. L’estate di San Martino dell’economia italiana Tra il 1550 e il 1600 l’Italia passa da 10 a 13 milioni di abitanti. Nello stesso periodo, le grandi realtà urbane italiane crescono ulteriormente: Napoli, Venezia, Palermo e Roma. Inoltre, l’indice dei prezzi cerealicoli è in ascesa, infatti triplicano. Gli investimenti in attività economiche accrescono, sale il costo del denaro e aumentano i prezzi dei beni e dei servizi. Questa stagione dell’economia italiana è stata rappresentata con l’immagine dell’estate di San Martino. La crescita della popolazione significò l’aumento del fabbisogno alimentare, soprattutto di grano, orzo e segale. La cerealizzazione dell’agricoltura italiana fu ottenuta mediante la messa a coltura di nuove terre, bonifiche e irrigazioni. Tutte queste innovazioni agricole però non favorirono le condizioni economiche e umane del mondo contadino. Esso era sottoposto ad una durissima relazione di dipendenza dal signore feudale o dal proprietario terriero. Nell’ambito non agricolo, aumentava la domanda interna ed internazionale nel settore tessile. Ciò favoriva le tradizionali aree produttive: -LANA ->Milano, Mantova, Como, Bergamo, Pavia, Brescia e Firenze; -SETA -> Genova, Venezia, Firenze, Milano, Napoli, Calabria e Sicilia. Per quanto riguardava il settore manufatturiero, vi fu un aumento della domanda statale, soprattutto per l’apparato bellico (Venezia -> navi; Napoli -> approvvigionamenti e riparazioni navali; Lombardia -> armi). I settori in cui si sentì maggiormente la presenza economica italiana furono quelli del commercio e del credito. I grandi capitalisti genovesi riuscirono a creare un grandissimo impero con molti interessi: grazie a questi l’Italia ottenne molto denaro. I guadagni risiedevano nelle operazioni di cambio e sui prestiti a breve termine ed alto tasso di interesse che venivano concessi alla Corona. I caratteri della fase espansiva dell’economia italiana erano: sviluppo agrario, presenza significativa delle città nella produzione di lusso, primato internazionale degli uomini d’affari, effetto positivo della domanda economica degli Stati. La favorevole congiuntura internazionale ebbe effetti positivi anche sul Regno di Napoli. Anche qui vi fu un’espansione dell’agricoltura, favorito dalla nascita del ceto dei massari -> mediatori tra proprietari feudali e contadini che organizzavano la produzione. Anche le attività commerciali del regno di Napoli subirono un notevole incremento, in particolar modo l’esportazione di grano, seta e olio. In questo modo si accentuava la rottura tra le due Italie. Le città dell’Italia settentrionale esportavano ed importavano grosse quantità di manufatti, in un rapporto di scambio equilibrato; le città meridionali, invece, vivevano un rapporto di scambio ineguale con le aree più forti dell’economia europea.
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