Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Esame archistivistica, Sintesi del corso di Archivistica

RIASSUNTO bibliografia dell'esame: 1) Romiti, La selezione Archivistica 2) Martorano, Gli archivi in biblioteca 3) Agrisano, L'ex ospedale psichiatrico di San Niccolò 4) La selezione Archivistica

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 30/03/2022

clode-g
clode-g 🇮🇹

4.7

(3)

1 documento

1 / 34

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Esame archistivistica e più Sintesi del corso in PDF di Archivistica solo su Docsity! CAPITOLO 1 Quando nasce l’Archivio? L’archivio nasce nel momento in cui un SOGGETTO PRODUTTORE decide di conservare le testimonianze delle proprie azioni e delle proprie attività. Esso si forma in maniera INVOLONTARIA e questo è uno degli aspetti principali che lo differenzia dalla BIBLIOTECA. Il MATERIALE contenuto nell’archivio VIENE CONSERVANTO NEL MOMENTO IN CUI viene ad essere considerato come NECESSARIO ED UTILIZZABILE. Questa è la ragione per cui l’ARCHIVIO ha un RUOLO PRIMARIO PER LA RICERCA. I 2 ASPETTI ESSENZIALI di un archivio sono: 1) Gli interessi pratici ed immediati 2) Le esigenze degli studiosi per l’indagine del passato LA DISCIPLINA ARCHIVISTICA: Essa ha una lunga tradizione che individua le sue origini come disciplina durante l’ETA’ IMPERIALE. A partire dal ‘500 abbiamo l’inizio delle prime discussioni METODOLOGICHE riguardo alla disciplina. Iniziano le prime riflessioni su: • Quali siano gli elementi distintivi dell’archivio • E come risolvere le divergenze tra l’archivio IN FORMAZIONE e l’archivio CONSOLIDATO L’archivio IN FORMAZIONE, infatti, è principalmente legato alle questioni PRATICHE ED AMMINISTRATIVE e dunque al primo stadio di nascita dell’archivio; rispetto, invece, all’archivio CONSOLIDATO che corrisponde all’ultima fase, nel quale il complesso dei documenti accumulati si definisce come ARCHIVIO STORICO e quindi come caratterizzato da un alto valore di oggetto di studio e di strumento per la RICERCA e l’indagine del PASSATO. A quest’ultima fase dell’archivio, come archivio storico, si lega il concetto di ARCHIVIO COME LUOGO DI CONSERVAZIONE delle MEMORIE PUBBLICHE e appartenenti al PASSATO. Centri nevralgici in cui si ha avuto un maggiore interesse nei confronti della riflessione archivistica e di evoluzione della TEORIA ARCHIVISTICA sono principalmente GERMANIA e ITALIA. È possibile fare una distinzione nella DISCIPLINA ARCHIVISTICA, tra diversi campi di indagine: 1) ARCHIVISTICA GENERALE, che si occupa delle tematiche basilari per la conoscenza in linea teorica di un qualsiasi archivio; 2) ARCHIVISTICA SPECIALE, che si occupa dello studio dell’archivio rispetto a quella che è la sua REALTA’ FATTUALE in è immerso. In questo caso si andrà ad indagare sia la sua origine sia la figura del SOGGETTO PRODUTTORE, in quanto responsabile della sua nascita e creazione; 3) ORGANIZZAZIONE DEGLI ARCHIVI, che riguarda le PROCEDURE NECESSARIE per la gestione dell’archivio, in ogni sua fase di vita: dall’ARCHIVIO CORRENTE → all’ARCHIVIO DI DEPOSITO → alla fase finale di ARCHIVIO STORICO; 4) ARCHIVISTICA TECNICA, riguarda invece i momenti di gestione della terza fase di ARCHIVIO STORICO, rispetto a quelli che sono i MEZZI DI CORREDO dell’archivio che indicano l’ordinamento e la descrizione della documentazione. Tra i MEZZI DI CORREDO possiamo distingue: • gli STRUMENTI PRIMARI (come gli ELENCHI, le GUIDE e gli INVENTARI) • gli STRUMENTI DI RICERCA (come, ad esempio, le BANCHE DATI); 5) GESTIONE DEGLI ARCHIVI, è il campo che si occupa delle diverse modalità di ACCESSO al materiale archivistico per consentirne la FRUIZIONI ai fini della RICERCA; 6) INFORMATICA APPLICATA, permette, tra le altre cose, di perfezionare gli STRUMENTI DI RICERCA. CAPITOLO 2 ▪ NELL’ ANTICHITA’: Le memorie venivano inizialmente registrate su supporti non particolarmente agili nella gestione. Gli scavi archeologici condotti in tempi più recenti (seconda metà del ‘900) hanno portato alla luce MEMORIE REGISTRATE su TAVOLETTE DI ARGILLA, già in uso dal III MILLENIO a.C., ritrovate presso l’area della MEZZALUNA (EGITTO; TURCHIA, presso la civiltà ITTITA; SIRIA, nella città di EBLA). Questi ritrovamenti sono importanti perché testimoniano un COMPORTAMENTO legato a REGOLE DI ORGANIZZAZIONE delle memorie registrate. Con l’introduzione del PAPIRO, il materiale argilloso verrà ad essere sostituito con materiali più agili per la gestione, ma meno duraturi (come è anche il caso di PELLE e PERGAMENA); ▪ ETA’ CLASSICA: Si assiste ad una evoluzione dei SUPPORTI, che diventano più agili e leggeri nella gestione, ma meno duraturi e dunque di una qualità minore. La minore qualità influisce sulla sopravvivenza delle EVIDENZE ARCHEOLOGICHE ed un esempio a riguardo sono i ROTOLI DEL MAR ROSSO (Egitto), che si sono conservati grazie alle particolari condizioni climatiche e grazie alla loro non facile accessibilità al luogo del ritrovamento. Ci sono i casi anche di civiltà che mantengono supporti più duraturi come le lastre di marmo e di pietra ed anche a ROMA si hanno testimonianze di iscrizioni marmoree che denotano una PROFONDA CONSAPEVOLEZZA DELLA NECESSITA’ DI TRASMISSIONE DELLA MEMORIA AI POSTERI. Sempre a ROMA, durante ETA’ REPUBBLICATA, si assiste all’utilizzo di TAVOLETTE LIGNEE, conservate con massima cura nei pressi di luoghi sacri, ma delle quali non rimane molta traccia archeologica. → CENCETTI ha fatto notare come già nella ROMA dell’ETA’ IMPERIALE l’archivio inizi ad assumere FORME NON MOLTO INFERIORI RISPETTO AI SISTEMI USATI AI NOSTRI GIORNI. ▪ EPOCA MEDIEVALE: Grazie al supporto in PERGAMENA e allo sviluppo degli ORDINI RELIGIOSI si impone una forte consapevolezza della disciplina archivistica. Il LIBER è la nuova FORMA DI REGISTRAZIONE della documentazione archivistica, che viene ad essere conservata presso gli ARMARI (ovvero degli scaffaletti) che andava a sostituire le più scomode CASSE. Già dal 1200 d.C. il materiale archivistico prodotto trova un suo custode nel MASSARO, che verrà ad essere sostituito dal NOTARO. Il compito del notaro era quello di TENERE IN ORDINE il materiale proveniente da UFFIZI, classificandolo ed assicurandone la fruizione sia per uso del COMUNE che del CITTADINO. A fine del 1200 d.C. il notaro viene sostituito, prima dal notaro-archivista; poi dall’ARCHIVISTA- NOTARO. Il 1300 d.C. (ETA’ DEI COMUNI) è sicuramente il periodo di maggiore sviluppo in merito alla storiografia archivistica, in quanto si assiste ad una serie di novità decisive per la PRATICA ARCHIVISTICA: 1. Viene introdotta la CARTA 2. L’ARCHIVISTA diventa una vera e propria PROFESSIONE 3. Si assiste ai PRIMI REGOLAMENTI in merito alla gestione dei PUBBLICI ARCHIVI. ▪ ETA’ MODERNA: - Nel 1550, in AREA TEDESCA vennero date alle stampe le prime OPERE ARCHIVISTICHE. - Mentre nel 1660 si assiste ai primi interventi dei TEORICI ITALIANI, tra questi si ricorderanno BONAINI; GUASTI e BONGI (che possono essere considerati come PRECURSORI DEI TEORICI OLANDESI del 1700). A questi si deve un consistente contributo nel campo della disciplina, il particolar modo per l’INTRODUZIONE di NUOVI CRITERI PER IL RIORDINO DEGLI ARCHIVI. ▪ ETA’ CONTEMPORANEA: Si caratterizza per l’introduzione di TECNOLOGIE INFORMATICHE E TELEMATICHE. Tali innovazioni, in realtà, sono state adottate con una certa improvvisazione causata non fu abbastanza e vennero nominate altro due COMMISSIONI: la “PAPALDO” e la “PAPALDO BIS”, con la quale si riconfermava il precedente relatore. In epoca recente è stato istituito il Ministero per i Beni e le attività Culturali e il Codice dei Beni Culturali 2004 sostituisce il Testo unico del 1975 e tratta in maniera più definita il concetto di bene culturale. Beni culturali sono riconoscibili: nelle cose mobili e immobili che presentano un interesse artistico, storico, culturale. È necessario che i beni culturali siano tutelati attraverso funzioni e disciplina delle attività dirette che propongano un’attività conoscitiva che consenta di individuare i beni costituenti il patrimonio di pubblica funzione. Qualsiasi genere di archivio rientra tra i beni culturali ad eccezione degli archivi privati, a meno che non vengano dichiarati di interesse storico. Assumono un’indiscutibile rilevanza tutti i materiali archivistici che hanno carattere di rarità e pregio, quindi: o Manoscritti o Autografi o Carteggi o Carte geografiche o Spartiti musicali o Fotografie o Pellicole cinematografiche o Rapporti audiovisivi di particolare interesse. CAPITOLO 4 Gli archivi esprimono realtà in continuo mutamento, si identificano come un piano strutturale, secondo due coordinate: 1. Verticalità temporale (aspetto cronologico): dalla data di origine a quella di chiusura (intesa come cessazione dell’attività del soggetto produttore); 2. Orizzontalità territoriale ed istituzionale (aspetto spaziale): in quanto ogni archivio si muove su un territorio, in un preciso contesto sociale ed istituzionale. I requisiti per la nascita di un archivio sono: 1) soggetto produttore 2) l’attività del soggetto produttore 3) la conservazione della memoria 4) volontà di conservazione 5) vincolo naturale che leghi la memoria In epoche passate la nascita dell’archivio era esclusiva competenza di soggetti pubblici, ai quali era riconosciuto lo ius archivi. Ciò era limitante in quanto sminuiva il valore della realtà. Nella dottrina contemporanea non si fanno più discriminazioni per la natura del soggetto produttore e tutti possono produrre un archivio, cioè anche il comune cittadino che non ha funzioni pubbliche. Si possono distinguere due tipologie di produttori, soggetti pubblici e privati. Rispetto ai soggetti pubblici: 1. I soggetti pubblici statali, che sono quelli direttamente dipendenti dallo stato (Archivio di Stato del Ministero o Prefettura) 2. I soggetti pubblici non statali che sono quelli dislocati sui territori di regioni, province e comuni. Esistono disposizioni legislative in materia archivistica e sono rappresentate dal Decreto del Presidente della Repubblica del 1963, il quale continua ad essere in vigore ancora oggi nonostante le trasformazioni che si sono verificate in diversi settori. Questo decreto distingue gli archivi statali e non statali, mettendo in evidenza come lo Stato debba necessariamente tenere atteggiamenti diversificati nella realizzazione di specifici interventi sopra i propri beni (gli archivi statali) e quelli di non diretta appartenenza (archivi non statali). Esiste poi un’altra diversificazione più evidente in relazione ai soggetti: • soggetti privati singoli: sono le singole persone fisiche e giuridiche; • soggetti privati complessi: famiglie e associazioni; • soggetti complessi dell’impresa: le imprese; Il soggetto produttore produce il suo archivio solamente nel momento in cui la sua attività è rivolta all’esterno (es. i carteggi/corrispondenze epistolari). L’archivio cessa di essere prodotto nel momento in cui il soggetto produttore assume una posizione di inerzia, che può essere: - transitoria: nel caso in cui si parli di pause ed interruzioni; - definitiva: nel caso in cui si abbia una scomparsa del soggetto produttore (come è il caso di archivio morto, il quale può continuare ad essere utilizzato negli archivi aggregati). L’archivio rappresenta il collegamento tra il soggetto e il mondo esterno, un collegamento che si crea in modo assolutamente involontario e incontrollabile. Come primo aspetto fondamentale, esso è una raccolta di testimonianze che, come secondo aspetto, possono poi avere altre valenze storiche, culturali, amministrative. La creazione dell’archivio è, quindi, un’attività di conservazione delle testimonianze, fissate sopra un supporto. Tra i supporti più antichi si ricordano: - pareti rupestri; - lastre di pietra: - materiale lapideo; - tavolette in argilla. Dal primo millennio a.C. altri supporti più mobili e meno ingombranti hanno preso il sopravvento: - pelle; - papiro; - pergamena. Solo dal 1200 d.C. viene introdotta la carta. Nell’ultimo secolo vengono poi introdotte tecnologie elettroniche. I soggetti produttori sono liberi di conservare o meno le proprie memorie. In quest’ottica, il principio della necessità di conservazione rappresenta un vincolo alla libertà, nel caso in cui questo sia imposto da disposizioni normative o regole etiche. Il motivo per cui un soggetto opera la conservazione influisce sull’atto conservativo, che è sempre determinato da finalità pratiche. Si possono distinguere: 1. soggetto privato fisico semplice: ha una libertà molto estesa in relazione ai criteri di conservazione. In questo caso: l’eliminazione/scarto distruggerà l’attestazione dell’attività del soggetto produttore, riducendo le future possibilità di conoscenza in chiave storica; 2. soggetto privato complesso: ha una libertà più limitata, ad esempio le associazioni di fatto, in cui i soci hanno il diritto di conoscere attraverso la documentazione conservata; 3. soggetto di impresa: ulteriore limitazione della libertà conservativa, che deve rispettare gli obblighi previsti per legge. 4. i soggetti pubblici (stati e non statali): estremo sbilanciamento di libertà limitata in quanto devono seguire il principio di non eliminazione durante la fase costitutiva dell’archivio (archivio corrente). In questo caso: le autorità pubbliche sono tenute a conservare nella fase operativa tutte le testimonianze delle loro azioni. In materia archivistica, sono da tenere in considerazione l’ordine e l’organizzazione della memoria che rendono possibile l’utilizzo della documentazione della memoria. La fruizione da parte dell’utente è ciò che garantisce l’esistenza stessa dell’archivio. L’archivista è, infatti, colui che: - nella fase formativa di archivio corrente: compie l’azione di ordinare e fornire una struttura logica e utile per il reperimento della documentazione; - nella fase di archivio di deposito e di archivio storico: ha il compito di riordinare e inventariare gli archivi. CAPITOLO 5 Stabilire i criteri di ordine è una necessità che rappresenta il fulcro dell’attività dell’archivista, al quale compete il compito di far sì che il soggetto utente che fruirà dell’archivio possa svolgere le proprie operazioni di ricerca e studio muovendosi attraverso una memoria ben organizzata. Un esempio di criteri di ordine è quello dei carteggi (lettere al Comune): in cui si ha una modalità formativa in entrata e uscita che crea la costruzione di un complesso archivistico, che dipende dalla durata e dall’intensità dell’attività del soggetto produttore. Un altro caso è rappresentato dal fascicolo (ovvero la richiesta, attraverso un modulo, al Comune e l’insieme delle ulteriori pratiche che seguono), che è un complesso di carte legate dal vincolo naturale: si tratta di carte burocratiche legate ad una determinata pratica legale. ➢ Il vincolo naturale/originario/necessario è tipico ed esclusivo dell’archivio e non appartiene ad altri beni culturali per i quali si può parlare di vincolo volontario. La biblioteca, ad esempio, è formata da un’attività del soggetto produttore rivolta verso l’esterno, ma svolta attraverso una scelta e una collocazione delle unità librarie dipendente dalla volontà di colui che l’ha costituita: in questo caso si parlerà di una raccolta originata da un vincolo volontario, simile a quella dell’organizzazione museale. Cencetti (1937) riflette sul vincolo naturale distinguendo due possibilità di osservazione del vincolo come: 1. Esterne 2. Interne La dottrina archivistica segue un’ottica rivolta al vincolo archivistico interno. Romiti nel 1995 elabora una nuova teoria del vincolo complesso identificando quattro momenti necessari. Il vincolo si distingue in vincolo istituzionale e vincolo archivistico e, per ciascuno dei due, è possibile fare un’ulteriore distinzione in esterno ed interno: 1. Vincolo istituzionale esterno: collegamento tra l’entità produttrice dell’archivio e la realtà istituzionale esterna con cui il soggetto interagisce; 2. Vincolo istituzionale interno: rapporto tra l’entità produttrice e l’istituzione stessa che realizza l’archivio; 3. Vincolo archivistico esterno: collegamento tra la documentazione realizzata e conservata presso altri soggetti; 4. Vincolo archivistico interno: nesso tra la documentazione realizzata e conservata presso l’entità produttrice. momento di grande rilievo ed importanza in quanto, se un archivio nasce su basi errate difficilmente potrà essere ricondotto ad una statura corretta nelle fasi successive. È bene, quindi, prendere in considerazione una serie di elementi: • la natura e la struttura del soggetto produttore; • la tipologia della sua attività; • le caratteristiche dei supporti utilizzati La natura e la struttura del soggetto produttore 1. I soggetti privati: in questo caso il soggetto tende ad eliminare gli elementi non utili per conservare quelli che, invece, ritiene utili e necessari. I soggetti privati sono vincolati solo alla conservazione obbligatoria di poche tipologie di documenti. Il Codice dei Beni Culturali riconosce gli oggetti da tutelare da parte dello Stato, compresi gli archivi e i singoli documenti appartenenti a privati nel caso in cui tali documenti rivestano interesse storico rilevante. In questo caso lo Stato applica attività di tutela attraverso: - il divieto di uscita definitiva dal proprio territorio del bene culturale; - l’uscita previa autorizzazione per gli archivi. 2. I soggetti pubblici: sono sottoposti a disposizioni formative che rispondo al principio secondo cui la memoria pubblica deve essere conservata correttamente. In epoca preunitaria e napoleonica: le regole di gestione degli archivi hanno subito cambiamenti. Tra le innovazioni napoleoniche si ricorda l’introduzione del protocollo che fornisce nuovi criteri di organizzazione attraverso il Titolario di Classificazione. 3. La struttura: le modalità di organizzazione della memoria dipendono dalla struttura istituzionale del soggetto produttore. - Nel caso del soggetto singolo, solitamente, non si ha la necessità di utilizzare altre persone per gestire la propria memoria in quanto essa segue criteri molto semplici, a discrezione del soggetto singolo; - nel caso del soggetto complesso (le aziende) i criteri organizzativi devono rispondere ad esigenze articolate (normative, disposizioni). Le tipologie dell’attività Esse influiscono molto sull’organizzazione della documentazione in quanto si possono distinguere pratiche dalle conclusioni rapide e altre che, invece, richiedono gestioni prolungate. Quando l’attività è contenuta e la consistenza della documentazione è limitata si può verificare l’applicazione del criterio cronologico. Le caratteristiche dei supporti utilizzati Le diversità strutturali dei supporti comportano l’utilizzo di unità archivistiche autonome. Ad esempio, per l’uso della carta: si possono distinguere le unità legate (libri e codici) e le carte sciolte. L’introduzione delle moderne tecnologie ha causato mutamenti del supporto utilizzato che, di conseguenza, ha causato mutamenti anche nei criteri di conservazione e organizzazione della memoria archivistica. Ciò ha creato: - delle difficoltà nell’applicazione delle innovazioni informatiche ad un archivio già strutturato; - diversamente vale per un archivio che deve ancora nascere e che quindi può essere plasmato sulla base delle nuove tecnologie. Il concetto di serie Rappresenta un principio di organizzazione ed ha una funzione basilare in quanto il raggruppamento delle serie/unità archivistiche vengono organizzate attraverso posizioni logiche. La posizione logica può essere realizzata secondo linee differenti: • Serie per materia (principio di pertinenza): essa è ritenuta poco naturale in quanto compromette la purezza del vincolo naturale. Essa diviene critica in fase di riordino, ma non in fase di formazione. • Serie cronologica: essa è problematica rispetto al livello di applicazione, in quanto il livello di applicazione si può suddividere in: 1) strutture istituzionali (chi); 2) carattere territoriale (dove); 3) materia (cosa); 4) ordine alfabetico; 5) criterio cronologico propriamente detto, il quale spesso può rendere meno praticabili gli altri criteri. Il livello cronologico distingue due tipi di ordine: a. sulla data del documento b. sulla data in cui il documento entra a far parte dell’archivio. • Serie rispetto al criterio di articolazione che il produttore ha dato alla sua documentazione: esso costituisce la soluzione più naturale in quanto segue le strutture funzionali del soggetto produttore → (concetto di praticità: rispetta l’ordine che è stato dato dal soggetto produttore al momento della creazione del proprio materiale). CAPITOLO 8 Il PROTOCOLLO: è il registro in cui vengono scritti i documenti che transitano presso un ente statale. Protocollare consiste nell’atto di registrare un atto di qualsiasi natura, venne istituito in epoca napoleonica per snellire le procedure di registrazione dei movimenti della registrazione che entrava e usciva dai vari soggetti produttori. In Italia è ancora usato e applicato in ambito informatico (protocollo informatico), associando determinate informazioni ad un documento riesce a tenere traccia di entrata ed uscita da una data area amministrativa. Nel 1700 la gestione delle carte in entrata ed uscita veniva gestita in maniera macchinosa e complessa: • la documentazione in uscita veniva trascina integralmente su registri chiamati copialettere; • mentre la documentazione in entrata veniva infilzata su asticelle metalliche, conservando così l’ordine di ingresso ma non il loro momento cronologico (della scrittura di documentazione). Questa modalità (ordine di ingresso e di uscita) diventerà l’elemento fondamentale della nuova modalità di registrazione. L’Ufficio di protocollo è il centro di amministrazione della memoria di ogni soggetto produttore ed ha il compito di acquisire la documentazione gestita dai soggetti produttori e di registrarla in un apposito strumento (il registro). Ogni Ufficio ha uno specifico ordinamento, affinché non si creino incongruenze e malintesi. Tale Ufficio è il tramite tra il soggetto, il documento e l’archivio, perché: il soggetto crea un documento che, attraverso la registrazione, diventa parte dell’archivio. ➢ Rispetto alla gestione del protocollo in materia di documenti in entrata: 1. La prima fase è la ricezione e l’apertura della posta; 2. La seconda fase è la registrazione della documentazione in entrata nel registro di protocollo; 3. La terza fase è la distribuzione del materiale ai singoli uffici incaricati della gestione delle pratiche (ovvero dei documenti dei soggetti produttori). ➢ Rispetto alla gestione del protocollo, in materia di documenti in uscita: all’Ufficio di protocollo giunge dagli altri uffici il materiale da trasmettere all’esterno, che viene registrato a seguito dell’apposizione del timbro. Il compito dell’Ufficio di protocollo è quello di spedire all’esterno la documentazione. La registrazione segue l’ordine cronologico degli atti in corrispondenza dell’entrata e uscita dal Comune, ad ogni documento è attribuito un numero progressivo con la data di registrazione. Il periodo protocollare ha durata di un anno; nelle prime due settimane di Gennaio l’Ufficio del protocollo raccoglie dai singoli uffici le pratiche concluse e le riunisce seguendo schemi organizzativi stabiliti dal Titolario di classificazione. All’interno del registro di protocollo i documenti sono individuati tramite la Regola del quattro che prevede una particolare procedura di protocollazione suddivisa in quattro punti: 1. il numero progressivo nell’ambito cronologico dell’anno; 2. il numero esatto dell’ingresso della memoria; 3. nome, cognome e ubicazione del mittente; 4. il contenuto del documento descritto in forma sintetica, con l’indicazione sull’eventuale presenza di allegati → In mancanza di uno solo di questi quattro elementi la protocollazione non è ritenuta valida. Il registro di protocollo, infatti, ha valore probatorio, può essere utilizzato come prova a livello giuridico e, dunque, ha una natura giuridica. Il protocollo è: ▪ un atto pubblico redatto da un pubblico ufficiale; ▪ è un atto pubblico di fede, perché può essere utilizzato per evenienze pratiche o amministrative come prova; ▪ è un atto di fede privilegiata, in quanto è un documento che ha validità assoluta salvo prova di falso. Fuori dalla Regola del quattro è necessario un quinto elemento che si ricollega all’organizzazione dell’archivio, cioè il Titolario di classificazione che serve ad ordinare i documenti e a contestualizzarli, in modo tale da: - poterli trovare in caso di bisogno; - per capirne la funzione; - per metterli in collegamento con gli altri documenti. Il Titolario di classificazione È uno strumento di archivio che divide la documentazione prodotta e ricevuta da un singolo soggetto in categorie. Il Titolario di classificazione è un quadro di classificazione articolato in categorie e sottocategorie. È lo strumento che rende possibile un raggruppamento dei documenti secondo un ordine logico. Tali categorie rappresentano il fondo archivistico, all’interno del quale sono presenti le serie archivistiche, ovvero il raggruppamento di documenti con caratteristiche omogenee che sono il risultato dell’aggregazione di unità archivistiche secondo le logiche di riordinamento dell’archivio. Il Titolario si suddivide in: - titoli; - classi; - fascicoli. Le operazioni di scarto devono tenere presenti gli aspetti collegati al metodo di gestione della memoria, quindi: ▪ La programmazione di uno scarto dovrebbe essere strettamente collegata alla predisposizione del Massimario che deve essere realizzato preferibilmente attraverso un collegamento con il Titolario di classificazione; ▪ La realizzazione del Massimario non può prescindere dalle modalità di applicazione della Legge 241 del 1990, modificata con quella del 2005 (il Massimario, quindi, è legato a delle normative legislative); ▪ Non si può operare senza considerare la presenza reale, attuale o futura delle nuove tecnologie. Il Massimario di scarto consente di identificare quali sono i documenti rilevanti (destinati alla conservazione) e i documenti considerati, invece, inutili. Spesso le operazioni di scarto hanno incidenza economica, ma le motivazioni che guidano tale operazione devono avere un carattere oggettivo. Una possibilità è che lo scarto venga preceduto dalla riproduzione del materiale (facendo delle copie, quindi, del materiale scartato). La modalità di presentare la proposta di scarto deve contenere: - titolo (cosa) - estremi cronologici (quando) - consistenza in kg (quanto) - motivi dello scarto (perché), che danno la prova della correttezza dell’intervento e sono un elemento fondamentale. La documentazione archivistica può avere diversi interessi: ▪ pratico (i documenti conservati inizialmente per risolvere problemi pratici che, una volta risolti, possono anche non sussistere); ▪ amministrativo (i documenti rimangono attivi per tempi piuttosto lunghi); ▪ giuridico (spesso non hanno una scadenza cronologica); ▪ culturale (spesso giudicati con parametri soggettivi). D’Addario evidenzia come la cernita dei documenti, su base esclusivamente culturale, potrebbe divenire temporanea, in quanto l’operatore si troverebbe a dover pronosticare il futuro muovendosi in modo soggettivo (considerata l’incertezza dei possibili futuri interessi della ricerca storica). I Massimari di scarto cooperano con la funzione di scarto preordinato, legandosi ai diversi interessi del documento, creando dei limiti problematici negli elementi di soggettività dell’interesse culturale. Anche il vincolo può essere l’elemento che consente di effettuare uno scarto corretto. In realtà, a livello teorico: il vincolo si colloca in una posizione contraria allo scarto, ma può ammettere teoricamente lo scarto a patto che lo stesso vincolo non sia annullato. In quest’ottica il vincolo ha la qualificazione di necessario, ovvero non può non esserci→ nell’ambito dello scarto, il vincolo si riduce a necessario. La selezione Essa deve avvenire sopra un materiale che sia almeno in parte ordinato. L’intervento di selezione si muove su due livelli tendenti a: 1. la conservazione del documento (nel caso di documenti originali e primari che vanno conservati per preservare il vincolo); 2. la conservazione della notizia (per cui parte del materiale originale e primario può essere eliminato, purché vi sia un altro documento primario che contenga la stessa notizia). Il problema dello scarto può essere affrontato seguendo diverse prospettive: 1) la necessità di delimitare la consistenza degli archivi in formazione; 2) la predisposizione e l’utilizzo di Massimari (piani di conservazione) che conservano il vincolo naturale; 3) la creazione di strutture operative e professionali, in particolar modo negli archivi formati (archivio storico) in cui l’attività di scarto richiede l’intervento di operatori archivistici culturalmente e scientificamente preparati, impegnati a selezionare in virtù di una buona conservazione che sia responsabile di una buona fruizione da parte dell’utente. Lo SPOSTAMENTO dall’ARCHIVIO DI DEPOSITO all’ARCHIVIO STORICO/SEZIONE SEPARATA deve essere effettuato predisponendo un apposito VERBALE, accompagnato da un ELENCO DI CONSISTENZA che indichi la documentazione. Ciò avviene tramite il versamento (operazione interna al soggetto produttore), che è un’operazione di trasferimento accompagnata dalla stesura di verbali, che determina il trasferimento di materiale dall’archivio di deposito di un determinato soggetto produttore ad un archivio storico/di concentrazione. Nel caso specifico del versamento parliamo di un trasferimento di materiale tra due soggetti appartenenti alla medesima struttura istituzionale ed aventi la stessa natura giuridica (esempio: la Prefettura toglie il proprio materiale dal proprio archivio di deposito, per consegnarlo all’archivio di Stato che è un archivio storico, ovvero alla sua ultima fase, rispetto alle fasi dell’archivio. La Prefettura e l’Archivio di Stato sono lo stesso soggetto primario, perché entrambi appartengono allo Stato.) CAPITOLO 10 Durante la terza fase (archivio storico) è possibile compiere interventi di: • riordinamento del materiale (applicando il metodo storico istituzionale); • realizzazione di mezzi di corredo (elenchi ed inventari per facilitare la consultazione dell’archivio e ritrovare con più facilità i documenti di interesse per la propria ricerca) e di strumenti di ricerca; • fruizione della documentazione archivistica da parte del pubblico. Nel DPR del 1963 non viene mai utilizzato il termine “archivio storico”, ma si parla di “sezione separata” e di “separata sezione”, attribuendo il valore di archivio storico solo alla documentazione con più di 40 anni, togliendo tale caratteristica (di archivio storico) alla documentazione contemporanea. Al di fuori del contesto normativo si continua ad utilizzare il termine “archivio storico” (a livello normativo, invece, è considerato un termine improprio). Il riordinamento È l’operazione svolta dagli archivisti durante l’ultima fase per fornire agli archivi una sistemazione definitiva. Tale riordinamento può seguire diversi principi: ➢ il principio di pertinenza (ordinamento per materia): pone le proprie basi nel 1600 e provoca diversi danni a causa dello smembramento degli archivi. Pesantemente applicato negli Stati del Nord Italia, in particolare modo a Milano (come viene anche citato nell’articolo della Professoressa Martorano). Nel caso toscano tale principio fu introdotto per la riorganizzazione degli archivi degli enti religiosi soppressi (Archivio Diplomatico di Firenze), per il quale le pergamene furono tolte dalla loro sede naturale e riunite nel nuovo contesto dell’archivio diplomatico. ➢ il principio di provenienza (distingue i materiali in base alla loro provenienza): si basa sulla necessità di non confondere i documenti appartenenti a fondi diversi. Nasce in contrapposizione al principio di pertinenza e viene proposto come suo sostituto nel 1819 dall’Accademia di Berlino. ➢ il metodo storico: nasce in Toscana ad opera di Bonaini (sovrintendente degli archivi toscani) che lo applica all’archivio di Stato di Lucca. In linea teorica con il metodo storico: per poter riordinare gli archivi bisogna conoscere la storia del soggetto produttore. In Olanda questo principio fu portato al limite estremo perché l’attività dell’archivista consisteva nello studio del soggetto produttore e della sua storia per la ricostruzione dell’archivio. La periodizzazione archivistica È un’operazione che può essere fatta durante la fase di riordinamento in cui si interviene sulla documentazione, condizionandola in base alla concorrenza di alcuni aspetti storici, istituzionali e burocratici, che possono rendere la documentazione necessaria e giustificata. La periodizzazione si lega ai cambiamenti della realtà: - politica; - istituzionale; - burocratica; - delle norme gestionali. La periodizzazione è una scelta che può risultare delicata, in quanto può produrre delle fratture. La circolare ministeriale del 1966, emanata dal comitato per le pubblicazioni, fornisce delle norme sull’uniformità redazionale dei mezzi di corredo destinati alle pubblicazioni, invitando ad analizzare bene il contesto prima di procedere alla periodizzazione. Il principio della periodizzazione ad oggi è stato applicato per il riordino degli archivi preunitari, ma può essere applicato anche alla documentazione post-unitaria. La periodizzazione crea serie archivistiche chiuse che possono: ▪ determinare una collocazione topografica; ▪ attribuire alle singole unità archivistiche una numerazione a catena; ▪ favorire procedure e operazioni di inventariazione. I due eventi che hanno determinato una modifica organizzativa del materiale archivistico sono: 1) l’avvento del fascismo; 2) l’entrata in vigore della Costituzione Italiana. Tali eventi storici hanno comportato delle cesure, tanto che fu avanzata la proposta di introdurre una separazione all’interno del materiale archivistico post-unitario creando due nuclei: a. dal Regno d’Italia fino al Referendum popolare del 1947 (prima parte della cesura); b. dall’istituzione della Repubblica italiana in poi. → Tale proposta è un’interpretazione del principio di periodizzazione nel rispetto del metodo storico istituzionale, creando i vantaggi tipici delle serie archivistiche chiuse. La gestione e la consultazione degli archivi Esistono due tipologie di elementi: 1. i mezzi di corredo, che illustrano gli archivi secondo metodi e tecniche archivistiche: - mezzi di corredo primari (elenchi, guide, inventari); - mezzi di corredo sussidiari (indici e rubriche); - mezzi di corredo complementari (riassunti); - mezzi di corredo atipici che operano sulle raccolte (che non hanno natura organica: cataloghi). 2. strumenti per la ricerca, che integrano i mezzi di corredo. avere una rappresentazione principale alla quale rifarsi (documento all’interno dell’archivio al quale risulta legato). CAPITOLO 12 LA DEFINIZIONE DI ARCHIVIO Per Brennecke ci sono quattro elementi base per definire un archivio: 1) ordine (chi) 2) contenuto (cosa) 3) organizzazione (come è organizzato) 4) finalità (perché) Età moderna (1500-1600): in Italia e Germania si intende a identificare l’archivio con il luogo di conservazione. Nasce la discussione rispetto a quella distinzione tra archivio e registrata fatta in area tedesca. Nel 1600, grazie al contributo di Baldassarre Bonifacio, si metterà in evidenza l’importanza dell’aspetto documentario e culturale dell’archivio che riguarda materiale sia pubblico che privato. Nel 1700 un’altra importante connessione verrà fatta tra archivistica e cancelleria grazie al contributo dell’archivista tedesco Fritsch che pone l’attenzione sulla natura giuridica della documentazione e sull’importanza del locus che conferisce all’archivio un valore probatorio. Riflessioni teoriche nell’‘800: è il secolo in cui si hanno i più notevoli contributi innovativi alle metodologie e alla dottrina archivistica stessa. A seguito della Rivoluzione francese si sviluppano i criteri di pertinenza e provenienza. Viene, inoltre, rivalutata la registratura attraverso l’introduzione del protocollo in età napoleonica, ma rimane sentita la superiorità degli archivisti rispetto ai registratori. Un importante contributo è quello degli archivisti olandesi - Muller - Feith - Fruin - della fine dell’’800, per i quali: l’archivio è l’insieme dei documenti ricevuti e redatti ufficialmente da qualunque autorità, purché rimangano presso la stessa (adozione del principio di provenienza). Tale definizione venne adottata dal ministero olandese per definire l’archivio. Questa definizione venne messa in discussione da Brennecke, che sottolinea l’importanza della qualità di organicità come prima caratteristica fondamentale dell’archivio e ricorda come tutti gli uffici (compresi quelli privati) possano formare un archivio, che non è quindi unica prerogativa dell’amministrazione pubblica. D’altra parte, Londolini considerò la definizione degli archivisti olandesi come valida, anche se più adatta a definire la registrata piuttosto che l’archivio. Archivio nel ‘900: si segnala l’introduzione del metodo storico per opera di Bonaini-Bongi. Importante contributo viene dato da Cencetti e dalla sua individuazione del vincolo naturale, originario e involontario. Le idee cencettiane rivisitano le teorie ottocentesche di Brennecke mettendo in crisi il metodo storico. Tra le più importanti voci del ‘900 sono da ricordare: ➢ EZIO SEBASTIANI 1904 - L’archivio è una raccolta ordinata di documenti - Propone il criterio di scarto con validità oggettiva di carattere giuridico e amministrativo. - Propone di emanare i bandi prima del macero, per consentire che venissero esposti dei reclami alle decisioni di scarto. ➢ EUGENIO CASANOVA 1928 - archivista di fama internazionale, è autore di un manuale che testimonia gli interventi di scarto più invasivi condotti durante la storia, ad iniziare dalla questione di Cesare Guasti contro Canestrini. - L’archivio è la raccolta ordinata di atti di un ente o un individuo, la quale si crea durante lo svolgimento della sua attività e deve essere conservata per scopi giuridici, politici e culturali. - Individua l’inutilità delle scritture sulla base della loro natura giuridica. - È a favore dello scarto, ad eccezione che per le copie antiche che hanno un valore culturale generalizzato. ➢ GIORGIO CENCETTI 1937 - L’archivio è il complesso degli atti spediti e ricevuti da un ente o individuo per il conseguimento dei propri fini, o per l’esercizio delle proprie funzioni. - Definisce l’archivio come una universitas necessaris, oltre che una universitas rerum. - Individua la distinzione tra il vincolo naturale, originario, involontario e il vincolo volontario. ➢ ADOLF BRENNECKE 1937: - L’archivio è la totalità di scritti e di altri documenti che si sono formati presso persone fisiche o giuridiche, in base alla loro attività pratica o giuridica e che, in quanto fonti documentarie e prove del passato, sono destinate ad una permanente conservazione in un determinato luogo. ➢ ANTONIO PANELLA 1911/1948 - Non considera l’archivio a seconda delle sue diverse fasi evolutive, ma teorizza un’immagine di archivio unica ed inscindibile. - Riconosce di eliminare la parte superflua pur con la massima prudenza e propensione verso la conservazione, mostrandosi piuttosto incline a conservare che a distruggere. ➢ ARNALDO D’ADDARIO 1972 - Utilizza la definizione di Panella e sviluppa una serie di riflessioni ponendo l’attenzione al rapporto tra archivio ed ente produttore sostenendo la necessità di conoscere la natura di ogni utente. - Rivela che il processo storico di formazione non avviene a posteriori, ma giorno per giorno. - Puntualizza sulla necessità di conservare gli atti secondo un determinato ordine. - Egli sposta l’attenzione sulle caratteristiche operative legate al riordinamento e alla ricerca. ➢ PAOLA CARUCCI 1983/2008: - L’archivio è il complesso dei documenti prodotti o acquisiti dagli organi del Governo (enti pubblici) e istituzioni private (famiglie e singole persone). - Non accenna né al vincolo, né al fine archivistico perché per lei il fine è insito nell’archivio stesso ed è di tipo giuridico - amministrativo e storico-culturale. - Definisce lo scarto come un atto con cui si produce irrimediabilmente una distruzione; dunque, lo scarto deve essere fatto valutando i contenuti e la rilevanza giuridico-amministrativa e storico- culturale. ➢ ELIO LONDOLINI 1985 - è autore di un’analisi storica in materia archivistica - Segue alcuni principi applicati nella tradizione tedesca, ma anche della dottrina italiana. - Sottolinea come il requisito di utilità pratica, giuridica-amministrativa dei documenti debba essere cessato. - Non accetta le definizioni di archivio corrente e di deposito, ma e più incline a favore della registrata e del pre-archivio. In particolare, è durante quest’ultima fase di pre-archivio che si individua il momento del riordino. - Considera l’operazione di scarto come un qualcosa che porta sempre a conseguenze distruttive e che va ad infliggere quel complesso di documenti legati dal vincolo originario. - D’altra parte, l’operazione di scarto è l’unico modo per effettuare una selezione che deve essere condotta attraverso criteri empirici di conoscenza del passato. ➢ ANTONIO ROMITI 1992/2002/2021 - L’archivio è un complesso di scritture legate da un vincolo naturale, prodotte da entità pubbliche e private nell’espletamento della loro attività per il raggiungimento di finalità contingenti e per la conservazione della propria memoria. - Attua una rivisitazione del vincolo naturale cencettiano distinguendo tra vincolo istituzionale (interno ed esterno) ed archivistico (interno ed esterno). - Riflette sui momenti di scarto che possono avvenire in modo preordinato (assunti precedentemente alla formazione dell’archivio; in itinere; differito. - Sottolinea le conseguenze irreversibili dello scarto concentrandosi sulla necessità di conservare il vincolo. Il vincolo è, infatti, l’elemento che determina il carattere organico dell’archivio e, in quanto tale, deve essere tutelato durante lo scarto. - Lo scarto deve quindi essere effettuato da personale esperto, operando razionalmente sulla base del vincolo. Ogni Nazione organizza il proprio archivio in base alle proprie leggi e necessità. In Italia seguiamo: ▪ regolamento del 1911 nel quale non vengono tutelati gli scambi tra archivio e biblioteca; ▪ altri decreti leggi riguardano la consultabilità. ▪ Riguardo i beni culturali seguiamo il Codice dei Beni Culturali del 2004 per la tutela da parte dello Stato. ▪ Nel DPR del ’63 si evince la distinzione tra archivi statali e non statali e la loro rispettiva tutela come beni culturali e non (sia posseduti dallo Stato che non devono essere tutelati). Nel DPR del ’63 viene determinata, inoltre, la durata di 40 per la fase di deposito dell’archivio. ▪ Il Codice in materia di protezione dei dati personali del 2003 è applicabile alla fase corrente e distingue la differenza rispetto ai documenti riservati per un arco di tempo di 40-50-70 anni. ANNANTONIA MARTORANO, Gli archivi in biblioteca Questo articolo ci offre un interessante riflessione su quello che è il complicato rapporto tra gli archivi biblioteche andando ad analizzare quella che è la storia tra queste due entità così vicine. Recentemente la questione è stata rivitalizzata da: • Nuova sensibilità delle dinamiche tra le due entità • Comune necessità di trovare una mediazione, che non trascuri le esigenze dell’utente. Le relazioni tra le due realtà sono complesse e ambigue; ciò è dovuto in primo luogo ad aspetti normativi e gestionali. La serie di dispute teoriche riguarda la definizione di archivio e la messa in evidenza delle differenze tra queste due entità, queste differenze vengono alimentate proprio dal concetto di archivio, che va a disputarsi nel corso dell’800 fino ad arrivare ai nostri giorni. Il saggio offre una rassegna di quelle che sono le principali teorie legate a questo rapporto problematico tra biblioteche e archivi, mettendo in evidenza quello che è il punto di disconnessione tra loro. Uno degli interventi più importanti è quello di Armando Petrucci (filologo, quindi un utente) che nel suo scritto del 1964, Sui rapporti tra biblioteche e archivi, mette in evidenza quello che è il problema del rapporto ideale e pratico tra archivi e biblioteche, denunciando la necessità di una maggiore cooperazione e commistione tra questi due mondi paralleli. che mosse delle motivazioni giuridiche a favore del ritorno delle fonti archivistiche, dalle biblioteche agli archivi, ponendo le basi sull’illegalità di fondo che c’è nel detenere un bene archivistico. Finalmente nel 1870, la questione della “riparazione” fu affrontata dalla Commissione per il riordinamento degli Archivi di Stato, nominata dagli organi del Ministero. In questa sede ebbe luogo la disputa tra Guasti e Canestrini, all’epoca Direttore della Biblioteca Nazionale di Firenze, che si scagliò contro il principio di restituzione dalle biblioteche agli archivi. Alla fine, la proposta del Guasti ebbe la meglio ed anche il Governo appoggiò il principio della riparazione, secondo il quale ogni documento deve essere restituito al suo luogo di origine, invitando bibliotecari e archivisti a mettersi d’accordo nel nome del bene comune. Nel 1872 proprio Guasti e Passerini (sostituto di Canestrini) danno l’unico cospicuo esempio di scambio tra archivi e biblioteche. Poi questo principio cadde nel dimenticatoio e non venne più applicato e dopo questa parentesi la situazione ritorna ad essere la stessa, nonostante la presenza del Regio Decreto del 18753. Tale decreto definì in maniera univoca cosa era da intendersi come materiale archivistico, di conseguenza anche la questione degli scambi diventava un obbligo giuridico. Questa disposizione fu conservata nel Regolamento archivistico del 1902, ma sparì in quello del 1911. La questione continuò ad aleggiare. Tra i contributi più importanti si ricorda quello di Cencetti, nel suo studio del 1937, dal titolo Sull’archivio come universitas rerum4, in cui pose l’accento sulla necessità di individuare la realtà oggettiva da considerare e le differenze che intercorrono tra le due entità. Nel 1939 pubblicò poi il suo secondo studio sull’Inventario bibliografico e inventario archivistico, dimostrando come le regole giuste e necessarie che vengono applicate nelle biblioteche, perdono il loro senso e la loro ragione d’essere se vengono applicate negli archivi, proprio in virtù della differente natura delle due identità. Rifacendosi poi alle idee cencettiane, Antonio Panella denuncia con vigore la presenza di carte d’archivio in musei e biblioteche, portando a favore della sua tesi la sua definizione di archivio che non è una raccolta di libri formatesi a caso (come è il caso della biblioteca, dove i documenti si possono togliere senza turbare l’unità di fondo). L’archivio è una raccolta organica, in cui se si tolgono i documenti resta turbata l’unità di fondo. Panella rigetta il criterio di contenuto archivistico usato fino ad allora per distinguere il materiale archivistico. Le idee di Panella vengono sviluppate da Leopoldo Cassese nel 1949, che nel suo articolo Intorno al concetto di materiale archivistico e materiale bibliografico evidenzia come il documento archivistico sia un atto di volontà di un individuo/ente/istituto e in quanto tale non è un libro, benché abbia: un autore; un destinatario; una causa e un effetto; il documento archivistico si ricollega a tutta una serie di altre azioni che generano un’altra serie di documenti. Nel 1962, a seguito di una conferenza tenutasi a Madrid, vennero esposte dal Direttore degli archivi della città di Parigi, in un’accurata relazione, le risposte ad un questionario che era stato inviato a 21 Paesi. Ciò che ne emerse fu che molti dei problemi erano comuni, di conseguenza era giunto il momento di gettare le fondamenta per una nuova politica comune volta a razionalizzare il patrimonio sia documentario che libraio. Da qui in avanti fu avviata un’importante operazione di cooperazione nazionale e internazionale: un primo risultato fu la radicale distinzione tra archivi e biblioteche in: - vincolo delle carte archivistiche vs. autonomia di ogni libro 3 Regio Decreto è un atto normativo avente forma di legge nell’ordinamento giuridico in vigore, ma non più emanabile. Esso era dottato dal Consiglio dei ministri e promulgato dal Re, durante il Regno d’Italia. 4 Nel linguaggio del diritto romano, tale espressione indicava un qualcosa materialmente composto derivato dall’artificiale unione di cose più semplici (così come l’ARCHIVIO che è un’entità composta). - originarietà vs. intenzionalità - necessarietà vs. volontarietà - in archivio ci si muove per lo più dal generale al particolare vs. in biblioteca il percorso è più libero e può essere svolto in entrambe le direzioni. Come ricorda Lodolini in un suo contributo, la presenza di documenti e fondi archivistici conservati nelle biblioteche non modifica la loro natura di beni archivistici; in particolare, in Italia, conservare i beni archivistici fuori dalla loro sede naturale è vietato per legge, ma in ogni caso la violazione non può modificare lo status di beni. Grazie a tutta questa serie di contributi, nel corso del Novecento si afferma un nuovo approccio e una nuova pratica nei confronti degli archivi in biblioteca, che rimangono per lo più integri: - si perde la pratica dello smembramento - i fondi vengono lasciati nella loro interezza, evitando la perdita del vincolo originario - si opta per una collocazione fisica ben distinta. In conclusione, si può quindi affermare che il rapporto delicato tra archivi e biblioteche, dopo un periodo di forte antitesi, si è evoluto rendendo possibile una collaborazione che non porta, però, alla restituzioni tanto anelate (come si voleva inizialmente); ma anche laddove nella biblioteca ci siano degli archivi si deve comunque mirare a mantenere e tutelare la loro unitarietà, perché gli archivi in biblioteca, seppure siano fuori dalla loro sede naturale, devono sempre essere trattati come beni archivistici e non librari. La proposta finale è a ben guardare un auspicio per uno sviluppo futuro di strumenti di condivisione, grazie all’ausilio delle tecnologie digitali, tali da realizzare un’integrazione dei mezzi di corredo sia archivistici che bibliografici, in un’ottica di un nuovo e concreto approccio interdisciplinare, in grado di garantire maggiori possibilità di accesso all’informazione per l’utente. ELISABETTA ANGRISANO, L’ex ospedale psichiatrico di San Niccolò Il testo ci mostra una realtà polimorfa, quella dell’ospedale psichiatrico San Niccolò di Siena. La storia dell’ex ospedale Già durante il ‘300 era sentita la necessità di rinchiudere i malati mentali (o le persone con disturbi psichici) all’interno di strutture idoneamente attrezzate. È nel 1700, con l’avvento dei Lorena, che si si assiste ad una spinta della riorganizzazione delle strutture sanitarie. L’ex ospedale San Niccolò, fondato nel 1819, si configura sin da subito come un villaggio manicomiale, esso viene costruito nelle zone periferiche delle città e ciò rese possibili interventi edilizi di ampliamento della struttura che hanno consentito la sopravvivenza dell’ospedale per quasi due secoli. (La chiusura definitiva dell’ospedale è nel 2003). Durante il 1874 viene anche istituita la sede e la clinica dell’Università, alla quale verrà associata anche la biblioteca. All’interno dell’ospedale si assiste ad un’organizzazione rivolta alla realizzazione di un autosostentamento dei pazienti stessi, che vengono ad essere coinvolti in prima persona nella produzione delle proprie materie prime. Stiamo parlando, quindi, di una realtà che ci riconduce ad un piccolo mondo di reclusi che già mette in evidenza quella che è la complessa realtà polimorfa dell’ospedale. L’archivio sanitario Il lavoro più importante, da un punto di vista archivistico, è quello condotto da Fabbrini-Moscadelli (dell’Università degli studi di Siena), che si sono occupati di curare l’inventario dell’archivio (corredo primario). [Il lavoro condotto dai due archivisti è importante perché l’archivio storico non è più agibile al pubblico e di conseguenza l’inventario è utile per recuperare le informazioni presenti in archivio.] Nello specifico delle cartelle cliniche la consultazione è agevolata grazie alla realizzazione di un database digitale dei pazienti ricoverati dal 1842 al 1950. L’opera nasce dal progetto Memorie della città dei folli, avviato nel 2010 dall’Associazione Crea (sulle ricerche Etnoantropologiche), con lo scopo di recuperare e valorizzare il materiale archivistico dell’ex ospedale. Già nel 2010 viene ad essere pubblicato il Primo rapporto sugli archivi degli ex ospedali psichiatrici, mentre nel 2018 ha preso avvio il progetto “Carte da legare” finanziato dalla Regione Toscana con la Sovrintendenza archivistica e bibliografica della Toscana insieme all’USL Toscana. Questo progetto restituisce un censimento, un riordino e una valorizzazione delle cartelle cliniche dei pazienti (che vengono organizzate secondo dei precisi criteri di dato cronologico, relativi all’immatricolazione e ai dati sensibili), ma si inserisce in un più ampio progetto che riguarda gli archivi degli istituti manicomiali del Novecento. Un primo risultato, in quest’ambito, è stato il censimento dei manicomi pubblici e privati, presenti su tutto il territorio italiano, grazie ad una scheda strutturata sul modello della SIUSA5 ed i risultati del censimento sono disponibili all’interno del portale. →La schedatura dell’ospedale San Niccolò è stata ultimata nel 2019, ed ha coinvolto 3000 unità archivistiche per un totale di più di 3000 pazienti. Già dai primi anni del Novecento la cartella del paziente veniva ad essere correlata da una sua fotografia, di conseguenza nel 2011, sempre nell’ambito del progetto Memorie della città dei folli, insieme alla Banca Dati Anagrafe di Sesto Fiorentino, è stato possibile aggiungere anche un archivio fotografico dei pazienti. Le cartelle ci restituiscono dati importanti relativi sia all’identità dei pazienti stessi, sia alla malattia di questi pazienti, offrendo dei dati che possono essere un interessante fonte di studio per più campi disciplinari, come ad esempio una ricerca medica. Infatti, oltre a valorizzare il patrimonio fotografico, l’obiettivo più ampio del progetto era quello di avviare un progetto di ricerca antropologica grazie ai dati presenti all’interno dell’archivio, ma a causa di mancati finanziamenti il progetto è stato messo in stand by. [L’archivio fotografico dell’ex ospedale mette in evidenza le potenzialità della disciplina archivistica dimostrando quanto il materiale archivistico sia vasto, vario e policrome (anche di tipo visivo). Ad oggi l’archivio storico dell’ospedale è inagibile al pubblico, ma è interessante notare come è stato possibile recuperare delle informazioni grazie al corredo primario di questi archivi, tramite gli elenchi (che fanno parte del corredo primario degli strumenti di ricerca e restituiscono una descrizione dell’archivio in modo sintetico, ma anche analitico) e gli inventari. Ciò dimostra come, nel caso in cui non sia possibile usufruire dell’archivio in maniera diretta, gli strumenti di corredo primario possano intervenire per colmare la mancanza di avvenuta consultazione desumendo quindi le informazioni tramite il corredo dell’archivio senza consultare direttamente l’archivio.] L’archivio amministrativo Nel 1762 fu allestito un piccolo ospedale dei Pazzerelli nei pressi di Porta San Marco (Siena), la cui gestione passa nelle mani della Compagnia della Madonna nel 1776. Nel 1785 un decreto di legge dispone la soppressione delle compagnie laicali in Toscana, ma la Compagnia della Madonna aggira le nuove disposizione e dà vita alla Società degli Esecutori di Pie Dimostrazioni. Nel 1788 le case di custodia vengono chiuse; nel 1805 viene inaugurata una nuova struttura nel ex monastero di Santa Chiara sotto la 5 Il Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche, noto con l'acronimo SIUSA, si propone come punto di accesso primario per la consultazione e la ricerca del patrimonio archivistico non statale, pubblico e privato, conservato al di fuori degli Archivi di Stato. - d’altra parte, ci svelano la quotidianità di un mondo complesso e organizzato come una realtà giuridica senza fini di lucro. • Valorizzare questo patrimonio significa: - avere cura del proprio passato - investire sulla conoscenza al fine di progettare un futuro migliore • La presenza di materiale sia archivistico che bibliotecario mette in evidenza la necessità, più che mai, di trovare elementi di dialogo tra queste due realtà, in quanto entrambe queste fonti sono necessarie all’utente come fonti di studio Si rinnova anche qui l’augurio che le opportunità dell’ambiente digitale possano creare nuovi strumenti di interazione, che promuovano un incontro tra archivi e biblioteche, pur mantenendo inalterate le identità scientifiche dei due mondi. LA SELEZIONE ARCHIVISTICA Per essere dei bravi archivisti è importante che venga conosciuta a livello teorico l’importanza dello scarto, perché fare uno scarto è sempre uno dei momenti più sensibili all’interno della storia e della vita dell’archivio, in quanto c’è sempre il rischio di creare un grave danno irreparabile se si elimina definitivamente documenti importanti. Il problema nasce a causa della difficoltà di riuscire a determinare quando effettivamente un documento è utile e quando, invece, è inutile. Il testo ci mostra uno spaccato storico di tutte le teorie relative all’operazione di scarto: da Bonaini al Prof. Romiti, che è poi colui che meglio definisce lo scarto. Di seguito vengono evidenziati gli autori più importanti da ricordare. L’eliminazione o scarto risponde ad esigenze di ordine: - teorico - pratico Esso serve per favorire il processo di ricerca, eliminando le carte inutili ed evitare gli ingombri di spazio. Riguardo al concetto di scarto sono stati vari gli studiosi che si sono occupati della riflessione. ➢ Francesco Bonaini - (1861 - unità di Italia) Sovrintendente degli archivi della Toscana e docente universitario di Pisa - [Nella famigerata relazione citata anche nel saggio della professoressa Martorano] trattando dello scarto assume una posizione di conservazione. - estremamente conservatore rispetto allo scarto, in quanto riteneva che non si dovesse distinguere tra carte umili ed insigni, puntando solo alla conservazione. - Lo scarto per lui non doveva essere effettuato in quanto lo considerava sempre un danno irreparabile. - Una buona consultazione dipende solo dal buon ordine dell’archivio. ➢ Ezio Sebastiani - (1904) - Propone criteri di scarto con validità oggettiva di carattere giuridico e amministrativo. - Lo scarto doveva essere condotto con prudenza. - Propone l’idea di emanare bandi pubblici prima del macero consentendo così di presentare reclami alle decisioni di scarto. ➢ Muller - Feith - Fruin - archivisti olandesi (1908) - Ritenevano di non dover mai distruggere i documenti originali, neanche se in cattivo stato o frammentari e neanche se ci fossero delle eventuali copie sostitutive, in quanto i documenti originali sono la prova dell’attività del soggetto produttore. - Lo stesso principio deve essere anche attuato alle collezioni private (per le quali è consentita la distruzione dell’originale, di un documento privato, qualora la sua copia si trovi in un archivio premunito contro gli incendi). - L’intervento di selezione e di scarto deve essere sempre condotto quindi con estrema prudenza. - Anche le buone copie devono essere considerate per il loro valore rispetto alla diffusione e all’uso dei ricercatori →non bisogna distruggere le copie buone, che possono essere per dati ai ricercatori e non fare rovinare l’originale - La conservazione delle copie è essenziale qualora gli originali siano danneggiati o non in buono stato. ➢ Antonio Panella - (1911) - Riconosce la necessità di eliminare la parte superflua, seppure sempre in favore della massima conservazione, mostrandosi più incline a conservare che a distruggere secondo la massima giudica in dubbis pro reo (tutela dell’innocente prevale sulla condanna del reo). ➢ Eugenio Casanova - (1928) autore di un manuale che testimonia gli interventi di scarto invasivi condotti durante la storia partendo dalle lamentele di Cesare Guasti (1872) [di cui si è detto nell’articolo della Martorano.] - Compie l’analisi di tutta la storia da Guasti fino al suo tempo. - L’inutilità delle scritture si basa solo sulla loro natura giuridica (quindi quando scade il termine giuridico. - È a favore dello scarto degli atti privi di utilità e di valore per evitare l’ingombro degli archivi. - Consiglia di eliminare anche le copie e i duplicati. - L’unica eccezione è per le copie antiche, che conviene conservare in quanto sono diverse dalle copie a stampa. Luigi Antonio Pagano - (1955) Racconta l’evoluzione delle indicazioni da seguire per l’eliminazione degli atti inutili da seguire nel corso dei secoli attraverso i vari paesi fissando come data di partenza il 1800 facendo un’analisi storica. Antonio Lombardo - (1955) Solo durante l’azione di riordinamento, all’interno della vita dell’archivio, è possibile fare emergere la possibilità di distinguere le certe (se l’archivio non è riordinato non è possibile riconoscere le carte utili da quelle inutili). Il valore di una carta può aversi solo a distanza di anni. Propone che siano gli archivi di stato ad occuparsi dello scarto dopo aver ricevuto il materiale dall’archivio di deposito questo perchè noi abbiamo la prima fase dell’archivio corrente dove si accumula il materiale archivistico. A seguito del periodo obbligatorio per legge di giacenza all’interno di questo prima archivio segue il passaggio all’archivio di deposito. Di regola scarto e selezione vengono fatti in questa fase; invece, Lombardo propone che vengano fatte nella fase finale che è il trasferimento all’archivio di stato in cui l’archivio diventa storico. La giacenza del materiale archivistico all’interno dell’archivio di deposito è di 40 anni mentre dopo passano all’archivio storico (concetto teorico), quindi all’archivio di stato (ente effettivo al quale passano). ➢ Adolf Brenneke - (1968) formula il principio di provenienza - L’eliminazione è il compito più difficile e con maggiore responsabilità dell’archivista. - Gli atti non dovevano essere smembrati (principio di provenienza). - Promuoveva un’eliminazione corretta che non andasse a distruggere l’organicità del complesso archivistico. - L’eliminazione è un’operazione positiva se effettuata correttamente. - Le regole di scarto da applicare non devono mai essere aprioristiche, ma devono derivare dall’esperienza. Quindi non propone delle precise norme comportamentali da applicare. Michel Duchein - (1972) Devono essere conservati tutti i documenti emanati dalle alte autorità e tutti i documenti che servono a stabilire i diritti e anche altri che hanno utilità di carattere statistico. Devono essere, invece, eliminate copie di documenti presenti in altri documenti (quindi la copia di un altro documento) e certe categorie in cui l’interezza risiede dentro la loro massa e non nel loro documento individuale per i quali è possibile che si conservi solo qualche esemplare. ➢ Virgilio Giordano - (1978) - La selezione degli atti è una pratica indispensabile e necessaria che deve essere compiuta con scrupolosa cautela. - È sempre meglio conservare che distruggere. - È possibile scartare carte e documenti ad uso temporaneo così come le copie e altre categorie presenti in copia in documenti altri. Augusto Antoniella - (1979) è a favore dello scarto delle carte inutile per evitare carte prive di interesse e ostacoli alla buona conservazione e ordinamento. Fornisce indicazioni generiche per individuare i documenti da scartare mettendo in guardia dagli errori, piuttosto che fornendo delle indicazioni comportamentali precise. Un principio utilizzabile è quello di individuare il valore della carta attraverso la natura della carta stessa che può essere di rilevanza storica o amministrativa. L’importanza del documento, quindi, dipende dalla natura del documento stesso tenendo presente il metodo storico e la conoscenza del soggetto produttore. Catello Salvati - (1979) La conservazione lunga ed indefinita delle carte è inutile perchè causa ingombro e difficoltà nelle ricerche. L’attività di scarto deve essere prevista in due casi: 1) la prima è definita superficiale e avviene durante l’archivio corrente; 2) la seconda è definita profonda durante l’archivio di deposito. ➢ Paola Carucci - (1983) - La selezione è un comportamento, con il quale si sceglie di conservare ciò che appare importante. - L’importanza dipende dal valore che il soggetto attribuisce alle carte. - L’interesse a conservare il materiale è collegato con la rilevanza storica. - Ciò che viene eliminato non deve essere essenziale e basilare per la comprensione storica nel suo complesso. Mario Stanici - (1985) Il momento dello scarto è il più delicato della vita di ogni archivio in quanto si basa sulla valutazione dell’importanza giudica e storica dei documenti. La scelta delle carte non deve portare nuocimento all’archivio nel suo complesso. Vittorio Biotti - (1987) Sul tema dello scarto è necessario adottare una certa sensibilità verso classificazione e serializzazione. ➢ Elio Lodolini - (1987) in un suo scritto fa un’analisi storica e nella premessa propone di chiarire il significato dello scarto archivistico. - Lo scarto è un’operazione inammissibile, anche in base a quanto già affermato da Bonaini (la carta più umile come la più insigne).
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved