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Esame di Filosofia Teoretica - Rosmini e il Nuovo saggio sull'origine delle idee, Appunti di Filosofia Teoretica

In questo documento è riassunto tutto ciò che serve per poter affrontare brillantemente l'esame di Filosofia teoretica con il professore Azzaro

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 12/12/2022

Mary996
Mary996 🇮🇹

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Scarica Esame di Filosofia Teoretica - Rosmini e il Nuovo saggio sull'origine delle idee e più Appunti in PDF di Filosofia Teoretica solo su Docsity! Esame di Filosofia Teoretica Il Nuovo saggio sull’origine delle idee è l’opera in cui le prime intuizioni filosofiche di Antonio Rosmini giungono ad una piena maturità e si organizzano in un’architettura di pensiero ordinata e coerente. Il Nuovo saggio vede la luce nel 1830 e, immediatamente, per la dimensione, l’ampiezza e l’originalità dell’orizzonte speculativo proposto procura a Rosmini, allora poco più che trentenne, un grande notorietà. Da un punto di vista della struttura, l’opera si suddivide in due parti: 1)Nella prima parte Rosmini si dedica all’analisi e alla demolizione dei sistemi filosofici precedenti (in particolare il pensiero di Locke, Leibniz e Kant); 2) Nella seconda parte, invece, il filosofo procede all’edificazione della sua dottrina filosofica fondata sull’idea dell’essere: idea innata, fonte di ogni certezza e mezzo per conoscere tutte le cose. Possiamo affermare, dunque, che anche Rosmini accoglie dalla modernità l’importanza e la centralità del problema della conoscenza. E si pone il problema dell’esistenza di idee universali, senza le quali non sarebbe possibile nessun sapere, ritenendo che esse non possano derivare dalla sola esperienza (come ritenevano, invece, gli empiristi ed i sensisti), che in quanto tale non contiene nulla di universale. Rosmini ammette l’esistenza di una sola idea innata che è, appunto, l’idea dell’essere. Idea dell’essere che, secondo Rosmini, non deve essere intesa come una semplice struttura della nostra mente, bensì come dotata di un suo contenuto oggettivo. Inoltre, l’idea dell’essere secondo il filosofo: - Ci è nota per intuizione; - È presupposto di qualsiasi conoscenza; - È condizione di ogni verità; - E proviene da Dio. Dalla sola idea dell’essere derivano:  Le idee pure (unità, numero, possibilità, necessità, immutabilità e assolutezza)  cioè quelle idee che sono scevre di ogni altro principio;  I principi primi del conoscere (principio di cognizione, di non contraddizione, di sostanza e di causa). Tutte le altre idee, invece, secondo Rosmini sono frutto della “percezione intellettiva”= ovvero quell’atto con cui, coniugando l’idea dell’essere con i dati sensibili, giudichiamo esistente il sentito. Le sensazioni implicano l'immediata coscienza della nostra corporeità, di cui non sono altro che le modificazioni. L'idea dell'essere non è una realtà puramente psicologica e si distingue, secondo Rosmini, in tre forme: 1) L'essere ideale  che è l’essere in quanto oggetto dell'intuizione della mente, indeterminato e puramente possibile. 2) L'essere reale  che è l’essere che si attua concretamente nella molteplicità degli enti e di cui abbiamo esperienza. 3) L’essere morale  che, infine, è l’essere in quanto oggetto della volontà, cioè il bene. Infine, Rosmini sostiene che affinchè l’essere ideale possa esistere, tra le sue molteplici attuazioni dovrà esserci un essere reale infinito, un’intelligenza infinita, il quale non può essere che Dio. Nello specifico, noi abbiamo analizzato nel dettaglio 4 aspetti del pensiero di Rosmini: 1)Il Sentimento fondamentale diversa attitudine di questo corpo modificato di operare su di noi. Quando un corpo muta le sue qualità sensibili (colore, sapore, durezza, estensione, ecc.), rispetto a noi, esso non ha fatto altro che mutare l’attitudine di produrci le sensazioni. E, in questo nuovo stato, esso ce ne produce una serie diversa da quella precedente. Pertanto, secondo Rosmini, qualunque mutazione avvenga in un corpo, affinché sia qualche cosa per noi, è necessario che sia sensibile ai nostri sensi. Che produca qualche effetto, qualche azione sui nostri sensi. E tutta la differenza che può trovarsi in tali mutazioni dei corpi nonè, né può essere altra se non questa, che: - O essa si manifesti immediatamente ai nostri sensi; - O solo mediatamente. Rosmini ci dice che se un corpo, in presenza di un altro corpo, muta colore (come l’erba e le foglie degli alberi che inverdiscono alla presenza e al contatto della luce), quel corpo ha sofferto una mutazione che immediatamente si rivela ai nostri sensi. A tal proposito, Rosmini ci presenta l’esempio dell’ago magnetizzato. E ci dice che se magnetizziamo un ago di ferro, la mutazione avvenuta in esso non si mostra immediatamente ai nostri sensi. Questo perché noi, né con il tatto né con la vista, possiamo distinguere il cambiamento avvenuto in quel ferro. O, se anche potessimo farlo, non indovineremmo mai da ciò la proprietà da lui ricevuta: quella cioè di rivolgersi, messo in bilico su una punta, a settentrione o di attrarre il ferro a sé. Ma queste proprietà noi le scopriamo quando ne vediamo gli effetti e quando l’ago magnetizzato provoca in noi una serie di sensazioni che prima non provavamo. Possiamo affermare, quindi, che la virtù acquisita da quell’ago si riduce, rispetto a noi, in delle nuove attitudini avvenute in esso di produrci nuove sensazioni: il che si avvera sempre, qualsiasi azione di un corpo sull’altro noi esaminiamo. Successivamente Rosmini ci riporta anche l’esempio di una serie di corpi operanti l’uno sull’altro. E, a tal riguardo, ci dice che tutte queste mutazioni dei corpi non sono altro che attitudini di agire sopra di noi. Rosmini afferma, infatti, che se supponiamo che solo l’ultimo di una serie di corpi agisca sopra di noi, per questo solo noi potremmo conoscere le mutazioni avvenute anche negli altri corpi. Fra tutte le alterazioni di questi corpi, soltanto quella dell’ultimo corpo della serie ci è nota per sé stessa. Le altre, invece, ci sono note come cause (prime, seconde, terze, ecc. ecc.) dell’ultimo corpo. Pertanto, secondo Rosmini, tutto ciò che noi conosciamo nelle proprietà che i corpi hanno di modificarsi a vicenda è l’attitudine acquistata di modificarci. Conoscendo la modificazione che soffriamo, conosciamo l’attitudine che ce la produce. E conoscendo quell’attitudine, conosciamo altresì le cause più o meno remote della medesima. Alla luce di ciò, possiamo dire che tutte le qualità o proprietà corporee, meccaniche, fisiche e chimiche che costituiscono il rapporto dei corpi fra loro non sono altro che pure potenze di modificare noi stessi, di produrci cioè delle sensazioni. Nel parlare del rapporto fisico dei corpi fra loro, Rosmini sostiene di non essersi addentrato in questioni difficili ma di essersi attenuto al puro fatto. E intende fare lo stesso anche nel parlarci del rapporto che i corpi hanno con noi. Rosmini, cioè, non vuole oltrepassare i limiti dell’osservazione. Tuttavia, in questa parte del discorso l’osservazione ci conduce inevitabilmente più in avanti proprio perché, nel presente argomento, uno dei termini del rapporto siamo proprio noi stessi. Pertanto, se l’osservazione non ci ha potuto dire se i corpi sono vere cause di quelle modificazioni, al contrario noi possiamo discernere dentro di noi le nostre azioni dalle azioni che non sono nostre. Secondo Rosmini, l’osservazione per quanto riguarda il rapporto dei corpi con noi (o meglio con il nostro spirito) ci dà 3 distinte relazioni: 1)La prima relazione del corpo con noi è la VITA FISICA O ANIMALE. 2)La seconda relazione è un SENTIMENTO FONDAMENTALE che procede dalla vita. 3)La terza relazione è, infine, l’ATTITUDINE CHE LE PARTI SENSITIVE DEL NOSTRO CORPO HANNO AD ESSERE MODIFICATE IN DETERMINATE MANIERE. A queste modificazioni corrispondono le sensazioni. E secondo Rosmini, nel Sentimento fondamentale, noi concepiamo unite tutte le nostre parti sensitive. Inoltre, tra le sensazioni vi è la percezione dei corpi esterni al nostro.  Questi corpi hanno con noi un nesso, che consiste nell’attitudine a modificare le parti sensitive del Pertanto, Rosmini parla di “DUPLICITA’ DELLA SENSAZIONE”. La sensazione intesa come modificazione del Sentimento fondamentale del nostro corpo Rosmini ammette l’esistenza di un Sentimento fondamentale, per il quale noi sentiamo tutte le parti del nostro corpo fornite di sensitività. Le parti sensitive del nostro corpo sono la MATERIA di questo sentimento. E secondo Rosmini noi sentiamo le parti del nostro corpo come sensitive nello stato in cui sono. Rosmini afferma che l’attività del Sentimento fondamentale in noi è una, è sempre la stessa, è sempre vigile ed è attuata per sentire lo stato (qualunque esso sia) del nostro corpo sensitivo. Pertanto, tutte le mutazioni che avvengono negli organi corporali devono da noi essere percepite anche come quell’atto del sentimento fondamentale e sensitivo. La sensazione in quanto è percettiva dei corpi esteriori Secondo Antonio Rosmini, noi abbiamo la sensazione dei corpi esteriori attraverso le parti nervose del nostro corpo. E quindi, in qualunque parte vengono toccati o modificati, i nervi hanno la caratteristica di sentire i corpi esteriori. In questa percezione dei corpi esteriori, l’anima è presente a tutte le parti del corpo. Rosmini sostiene che la facoltà sensitiva è sparsa per tutto il corpo sensitivo. Diversità del corpo nostro dai corpi esteriori Secondo Rosmini, abbiamo due forze diverse che dividono il nostro spirito: 1)Quella che cagiona in noi il sentimento fondamentale e vitale; 2)E quella che modifica e cambia la materia di questo sentimento, producendo la SENSAZIONE SOGGETTIVA e, contemporaneamente, LA RAPPRESENTAZIONE O PERCEZIONE CORPOREA. Di conseguenza esistono due tipi di corpi: 1)Il corpo nostro 2)I corpi esteriori E, secondo Rosmini, l’esistenza di questi due tipi di corpi è provata dal fatto della coscienza. La differenza tra il corpo nostro ed i corpi esteriori Rosmini la ritrova nel fatto che il nostro corpo viene percepito come soggetto senziente insieme con noi, mentre invece il corpo esteriore è percepito come una forza diversa dal soggetto. Il Sentimento fondamentale Prima di descrivere il Sentimento fondamentale, secondo Rosmini dobbiamo distinguere: - L’esistenza di un sentimento in noi; - Dall’AVVERTENZA che noi diamo a tale sentimento. Infatti noi possiamo provare una sensazione o un sentimento, ma tuttavia non riflettere su di esso. E quindi non averne coscienza. Quindi il Sentimento fondamentale potrebbe essere inconsapevole ed inavvertito. Non è detto che i sentimenti siano coscienti in noi; non è così scontato che noi siamo consapevoli dei sentimenti che proviamo. Sentire è ben diverso da accorgersi di sentire!!! E questo accorgimento che prendiamo dalla sensazione non è altro che la percezione intellettiva della medesima. La percezione intellettiva è una condizione necessaria del linguaggio. Perché se l’uomo non percepisse intellettivamente le sensazioni non potrebbe dirle a sé stesso. Rosmini ci dice che, nei primi istanti della nostra vita, noi non ci accorgiamo di questo Sentimento fondamentale. Ma la natura di questo sentimento è tale che ci accompagna sempre, anche se prescindiamo da ogni tipo di sensazione acquisita dall’esterno. Il sentimento fondamentale si estende a tutte le parti sensitive del nostro corpo, ma rimanendo unico. La differenza tra la sensazione ed il Sentimento fondamentale è che mentre la prima è continuamente mutabile, il secondo è invece basato su una continuità. Ma il Sentimento fondamentale non solo è diverso dalla sensazione/percezione. Esso è anche qualcosa di molto più complesso. Il Sentimento è quello che proviamo per primo cronologicamente rispetto alle sensazioni. L’origine delle sensazioni conferma l’esistenza del Sentimento fondamentale Rosmini distingue tra il sentire e la sensazione. - Il sentire è qualcosa di dato originariamente. La sensazione, inoltre, è in noi e non negli agenti esterni. Rosmini critica l’idealismo, perché esso nega il valore esterno della sensazione. L’intelletto analizza la sensazione Rosmini sostiene che la coscienza ci dice: - Che siamo modificati; - Che questa modificazione è fatta in noi, ma non da noi. L’idea di sostanza nasce dall’elemento extra-soggettivo della sensazione e l’analisi della sensazione viene fatta dall’intelletto. Il principio generale per discernere ciò che vi è di soggettivo e ciò che vi è di extra-soggettivo nella sensazione Secondo Rosmini, tutto ciò che entra nella sensazione per sé considerata (e non nel modo in cui viene prodotta) è soggettivo. E tutto ciò che rientra nella nostra passività (attestataci dalla coscienza) è extra-soggettivo. L’applicazione del principio generale per trovare la parte extra-soggettiva della sensazione Rosmini sostiene che la sensazone viene prodotta da una forza o sostanza.  Il primo aspetto della sensazione è che c’è una passività.  A questa passività corrisponde un’attività/una forza in atto. La forza è la prima parte della percezione extra- soggettiva dei corpi.  Il secondo aspetto della sensazione è la molteplicità dei corpi: essa è la seconda parte della percezione extra-soggettiva dei medesimi. L’applicazione del principio generale per trovare la parte soggettiva della sensazione IL CRITERIO DELLA CERTEZZA La certezza è un aspetto fondamentale della conoscenza. Pertanto, il problema della certezza è un problema della conoscenza che rimane sempre aperto e che non può essere risolto se prima non si è risolto quello dell’origine delle idee. A qualsiasi idea, opinione o credenza a cui noi possiamo aderire o non aderire, affinché essa sia certa, dobbiamo avere una persuasione che ci induca a ritenerla vera. Pertanto, secondo Rosmini, l’uomo ha bisogno di avere una persuasione ferma e ragionevole della verità. La persuasione, però, può non corrispondere a verità e quindi non essere certezza. Essa, cioè, può essere appoggiata ad un motivo irragionevole e falso. La persuasione invece deve essere raggiunta attraverso un processo riflessivo. Non può essere immotivata. Secondo Rosmini, gli elementi che producono la certezza sono: 1) La verità nell’oggetto; 2) La persuasione nel soggetto; 3) La ragionevolezza. Rosmini nega l’esistenza di una certezza irragionevole, perché una persona veramente certa ha un motivo. La certezza non può mai essere cieca. Rosmini ci dice che bisogna distinguere due principi della certezza: 1- Il primo è il principium essendi  che esprime la verità su cui vogliamo avere certezza; 2- Il secondo è il principium cognoscendi  che esprime un segno certo della verità. Qualunque cosa a cui o conceda o neghi il mio assenso (opinione, persuasione e convinzione) si può esprimere in una proposizione. Secondo Rosmini l’uomo attua una sintesi intellettiva. Non è la semplice sensazione quella che ci trasmette le convinzioni/persuasioni. Ma è appunto una sintesi anche intellettiva. L’assenso mosso da una ragione produce, nell’uomo, una certezza. Pertanto possiamo affermare che la ragione è la causa generale della certezza. Inoltre, secondo Rosmini, la verità coincide con la ragionevolezza. Rosmini afferma che abbiamo due principi della certezza: 1- Estrinseco  che è un credere senza intuire direttamente la verità di quella proposizione; 2- Intrinseco  che non ci trattiene solo a persuaderci e convincerci che in quella proposizione ci deve essere la verità, ma entra nella proposizione stessa e ci mostra la sua verità apertamente, ce la fa intuire all’intelletto. Secondo Rosmini, il soggetto della certezza è sempre un individuo. Qui Rosmini fa riferimento a De Lamennais, il quale nelle sue opere fa dell’umanità il soggetto della certezza (l’umanità e non l’individuio). L’umanità produce la certezza dando l’assenso. Rosmini ci dice che abbiamo 3 elementi della certezza: a) La verità nell’oggetto Secondo Rosmini, la cognizione si immedesima con la certezza. La ragione ultima è quella che ha una sua forza intrinseca, è quella ragione oltre la quale non possiamo andare senza correre il rischio di ingannarci. È quella ragione dove verità e cognizione si identificano, senza fermarsi ai sensi. Il principio della certezza è uno per tutte le proposizioni possibili Se c’è il principio della certezza non può che essere uno per tutte le proposizioni possibili. Quando si arriva al punto dove la cognizione, la verità e la certezza diventano una cosa sola, allora si vede chiaro quanto sia assurdo far produrre la cognizione dei sensi, dai quali non può provenire la certezza. Di una maniera semplicissima di confutare gli scettici Rosmini afferma che l’unica forma della ragione umana è l’essere in universale. Questo essere universale è tanto il principio della cognizione quanto quello della certezza. Questa idea meravigliosa dell’essere è quella condizione che ci dà ragione di sé stessa. E quindi è il principio universale della certezza. Ora  se si considera questo essere in universale come il principio della cognizione si chiama idea, idea prima, idea madre. Se invece si considera il principio della certezza, si chiama generalmente dagli uomini ragione ultima e verità delle intellezioni. DEGLI ERRORI A CUI SOGGIACE L’UMANA COGNIZIONE Se la custodia della verità e della certezza fosse stata commessa alla libera volontà dell’uomo, assai malfidata guardia avrebbero avuto e probabilmente sarebbero state ben presto annichilite dall’umana perversità annichilite. La natura umana per essenza intelligente vede per essenza le prime verità e l’uomo non le può non vedere, non che annientare poiché egli non ha il potere di creare così non ha il potere di distruggere nulla di quanto ha ricevuto da Dio l’esistenza. La mente di Sant’Agostino disse che la natura umana è essenzialmente ragionevole e che per questo che la riconosce la verità. La verità ha nella natura intelligente un possesso. L’uomo in primo luogo ha per sua natura la vista permanente dell’esserci l’universale; quest’essere è il lume della ragione, l’ultimo perché degli umani ragionamenti, sempre vincente sempre invitto(sconfitto) per sé medesimo. Quest’ultimo perché è la verità sicché tutte le cose sono vere intanto che di lui partecipano e quindi l’uomo per sua natura è possessore della verità. Le prime verità dice Rosmini sono le fonti di tutte le umane cognizioni. Ci sono anche verità di fatto intorno alle quali non può cadere in errore e sono le seguenti: l’uomo non può ingannarsi intorno alla propria esistenza; Non può cadere errore nell’immediata coscienza delle sue principali modificazioni; I nostri sensi non traggono in errore l’intendimento quando da essi riceve ciò che danno e nulla più. Questa attestazione dei sensi è una parte della coscienza (nella nota al testo฀ S. Tommaso avevo distinto due cose dell’intelletto e del senso: l’oggetto proprio e intorno a questo non ammette errore; L’oggetto per accidente intorno al quale si l’intendimento che il senso può indurci in errore. Vogliamo spiegare che cosa sia questo oggetto dell’intelletto del senso solo per accidente. Viene riportato l’esempio del bianco: l’intendimento è quello che giudica quel bianco che vede l’occhio sia neve il senso invece vede il bianco). Dice Rosmini bisogna vedere qual sia l’ambito dell’errore entro il quale è stato concesso all’uomo di poter nuocere a se stesso. CAPITOLO II: NELLA NATURA DEGLI ERRORI UMANI. ARTICOLO I: DISTINZIONE TRA LA RICERCA DELL’ERRORE E QUELLA DELLA SUA CAUSA. L’argomento della causa degli errori si scambia con quello della loro natura. A descrivere la natura dell’errore e il modo in cui avviene è necessario descrivere quell’atto per cui per cui l’intendimento si rovescia all’errore: questo atto è appunto la causa dell’errore. L’errore consiste in un atto sbagliato dell’intendimento; cosa muove l’intendimento a tale atto? Con questa questione si vuole trovare la ragione per cui l’uomo è incline e sospinto all’errore. Due ragioni, la prossima e la remota, sono legate tra loro, sono legate insieme e diremo una parola della ragione prossima, nella quale consiste la natura dell’errore e poi investigheremo la natura remota che è la vera ed efficiente ragione dei nostri errori. ARTICOLO II: L’ERRORE NON È CHE DELL’INTENDIMENTO. Dire che i sensi ingannano, nominare gli errori dell’immaginazione, sono maniere inesatte e dicemmo false. L’intendimento è colui che s’inganna. L’immaginazione presenta al vivo un ricco guadagno: l’intelletto il giudica probabile o certo. La vivezza dell’immagine è reale, ma l’intendimento errò nel dedurre da quella la probabilità o la certezza. Questa verità è conosciuta: gli scrittori non si sono mai posti di abbandonare espressioni equivoche di errori dei sensi, dell’immaginazione ecc. per dire che nei sensi e nell’immaginazione c’è l’occasione di quegli inganni. ARTICOLO III: L’ERRORE È NEI GIUDIZI POSTERIORI ALLE PERCEZIONI. L’intendimento da solo va soggetto all’errore. Vedendo quale sia quella cosa lasciano un fenomeno nella fantasia (le immagini) e dalle sensazioni l’intendimento ha le percezioni, per mezzo poi delle immagini ha le idee. L’intendimento si forma le percezioni e tali idee ad esse susseguenti in modo istintivo e naturale e perciò non soggiace in errore, la natura non erra. Noi dobbiamo distinguere le cognizioni prime e involontarie da quelle volontarie: le prime formano la cognizione diretta, le seconde la cognizione riflessa. Questa distinzione tra le cognizioni fu però fu obliata dai sensisti. La cognizione diretta è una cognizione puramente sintetica mentre la cognizione riflessa è anche analitica. La natura della nostra intelligenza ha bisogno di più atti per distinguere più cose, non può poi distinguere una cosa dall’altra senza negazione e la negazione viene sempre dopo l’affermazione. Prima percepiamo la cosa intera e poi mediante la riflessione la analizziamo; il considerare le cose nelle loro parti ci apporta una chiarezza nuova e viceversa quella prima e complessiva percezione ci appare complessa. San Tommaso avevo distinto due scienze: la prima, quella degli invisibili dove non c’è mai l ‘errore ed è quella cognizione diretta delle essenze di cui noi parliamo; la seconda è la scienza riflessa che l ‘intendimento riflettendo sulle sue prime percezioni ed idee, le analizza, le compone ed è in queste operazioni che cade l ‘errore. Tertulliano, uomo della Chiesa dice che l ‘uomo dopo aver conosciuto le cose per una prima intellezione naturale, torna poi su sé stesso e con la riflessione le riconosce e le analizza. C’è poi il riferimento al filosofo Epicuro: egli metteva nelle anticipazioni i principi di ogni ragionamento e senza quelle non si poteva né ricercare, né dubitare, né opinare(credere), né nominare cosa alcuna, né fare atto alcuno di riflessione; la riflessione si ripiega sempre su ciò che già prima si trova nella mente e non aggiunge ma analizza, riconosce, verifica. Noi riceviamo delle idee e delle percezioni intellettive a nostra insaputa e poi muoviamo il nostro intendimento a pensare su di quelle. Questa seconda operazione è più comunemente avvertibile, la prima, spontanea, sfugge all’osservazione e questo ci spiega perché nel linguaggio comune riflettere si usa per esprimere qualche operazione della mente riducendosi con ciò alla riflessione ogni uso della facoltà intellettiva. Rosmini ci dice che è importante la distinzione tra cognizione diretta e cognizione riflessa e che l’errore si trova nella cognizione riflessa. ARTICOLO VII: COGNIZIONE POPOLARE E FILOSOFICA. Distinguiamo ora la cognizione popolare e quella filosofica. La scienza filosofica all’incontro comincia con l’analisi dei singoli oggetti; prima di osservare i rapporti immediati delle cose conviene che abbia avuto luogo in qualche parte l’analisi perché un rapporto suppone una visione distinta delle cose particolari: questa analisi prima è quella è quella che non si esercita su ciascuna delle cose reali ma sul loro insieme, le cose reali nella prima percezione sono confuse insieme in un tutto. L’universo visivo è la sola percezione, viene poi l’analisi e distingue gli enti tra loro e a questo punto entra la sintesi: la sintesi e l ‘analisi sono operazioni che si avvicendano tra loro. Quando le cose si sottomettono all’analisi allora acquistano una luce singolare: questa analisi può considerarsi il punto di partenza della filosofia. La scienza popolare è media tra la scienza diretta e la scienza puramente filosofica: la popolare nasce da una prima riflessione, la filosofica non succede per una riflessione seconda. La prima riflessione forte della cognizione popolare non aggiunge nuova materia alla cognizione ma si scopre nuovi rapporti immediati, le riflessioni che vengono appresso fanno conoscere pure dei rapporti tra le cognizioni precedenti. La cognizione diretta è immune dall’errore non è cosi invece per la filosofica poiché essa è figlia di una riflessione lontana ed in essa soggiace l’errore. Quelli che hanno confuso la cognizione diretta con la popolare diedero al popolo l’infallibilità ma l ‘intera umanità invece è soggetta all’errore. Rosmini ci riporta un passo di Tertulliano che ci fa conoscere che la riflessione è un’operazione diversa dalla semplice conoscenza; la cognizione di Dio quaggiù non è diretta poiché non si percepisce immediatamente ma è riflessa. La distinzione antichissima della scienza diretta e della riflessa fu riprodotta, ma quella prima fu confusa con la popolare. Rosmini riporta un autore all’interno del suo saggio occupato a distinguere la cognizione prima e diretta da quella riflessa. La cognizione prima e diretta ha degli oggetti più particolari della riflessione popolare. Dai caratteri di particolarità per la cognizione diretta e di generalità per la cognizione popolare consegue che questa sia più atta rispetto alla cognizione diretta a produrre nell’uomo un sentimento sublime. Un Sentimento sublime è sempre da una viva rappresentazione di cose o vaste per la loro moltitudine o superlative per la loro eccellente natura. La prima riflessione dell’uomo è 1) viva poiché la fantasia è vivace e non ancora spossata; 2) è nuova perché è la prima e scopre i rapporti delle cose ed inventa quindi ella ha quasi il carattere di creatrice;3) è sublime perché corre necessariamente ai rapporti delle cose i più grandi e i più necessari e divina degli enti invisibili, una causa con Dio; 4) vasta poiché non ha imparato a fermarsi alle cose particolari. L’autore che nomina Rosmini non attribuisce entusiasmo alla cognizione stessa ma alla spontanea e ciò per non aver egli osservato che l ‘entusiasmo non può nascere dalla cognizione diretta, sebbene al sommo spontanea ma soltanto dalla prima e l’ultima riflessione. ARTICOLO VIII: RIASSUNTO DELLE COSE DETTE SULLA SEDE DELL’ERRORE. La prima cognizione umana è dunque diretta e non può essere altrimenti in quanto è mossa da un istinto di soddisfare ai propri bisogni ed occasionata dalle sensazioni ed immagini delle cose esteriori. La seconda cognizione è
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