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esame pinto e spampinato, Dispense di Storia dell'arte contemporanea

esame pinto e spampinato dams unibo

Tipologia: Dispense

2019/2020

Caricato il 12/10/2021

marco-donelli
marco-donelli 🇮🇹

4.5

(8)

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Scarica esame pinto e spampinato e più Dispense in PDF di Storia dell'arte contemporanea solo su Docsity! QUANDO RUBAVO LA VITA A CARAVAGGIO (2011) Soltanto dopo dubbi c tentennamenti ho ceduto all’idea di mettere in cantiere un romanzo su Michelangelo Merisi. Per- ché dubitassi, perché tentennassi, è ovvio. Parliamo di una vita già ripercorsa più volte; reinventata calcandone i lati oscuri e irrequieti, alimentando l’immagine di un genio maledetto ol- tre ogni dire ovvero il classico cliché che uno scrittore con un po’ di sale in zucca dovrebbe scansare come la peste. Più forte del buon senso era però il bisogno di risarcire. Per diciotto anni ho agito in maniera abictta, dimostrando- mi più cinico e baro del peggiore dei destini. Mi sono appro- priato di questa vita e, senza scrupoli, l'ho usata; ne ho fatto moneta di scambio, mezzo di circonvenzione, di abbindola- mento, di fascinazione da quattro soldi. All’origine c'è il luogo di un delitto, una strada poco trafficata nel rione di Campo Marzio, nel centro di Roma. Segue un andamento tortuoso. Imboccandola dall’inizio, ci si trova quasi subito di fronte a un bivio. Per qualche motivo a me ignoto, le due ramificazioni col risultato che la strada ricorda la portano lo stesso nome, a biforcuta è proba- forma di una ipsilon, anche se una lingu bilmente effige più adatta in questo caso. Si chiama via di Pallacorda e in una guida data alle stampe in pieno Ottocento è spiegato che il nome è dovuto a «un pic- colo teatro chiamato di Pallacorda a cagione de' balli in corda che ivi facevansi». Di ben altra natura è però l'origine con cul feci i conti quando la strada entrò nella mia vita. Riguarda un fattaccio di sangue accaduto il 29 maggio 1606 e registrato con poche lapidarie parole nel Libro de’ Morti della veniziio parrocchia di San Lorenzo in Lucina: «Ranuccio Tomassoni ammazzato alla Scrofa». In un altro documento dell’epoca la dinamica viene così riferita: «Due sere or sono il Caravaggio, pittor celebre, accompagnato da un certo capitano Petronio 269 Scansionato con CamScanner TOMMASO PINCIO Bolognese, affrontò Ranuccio da Terni et doppo breve menar di mano il pittore restò su la testa mortalmente ferito et gli altri due morti. La rissa fu per giuditio dato sopra un fallo mentre gi giocava alla racchetta verso l’ambasciator del gran duca». Era insomma in corso una partita del tennis di allora, chia- mato pallacorda perché a dividere i campi avversi veniva tesa una fune al posto della rete. E la si giocava «verso l’ambascia- tor del gran duca» perché il campo dove le racchette lascia- rono il posto alle spade si trovava tra il palazzo del gran duca di Toscana e via della Scrofa, vale a dire in via di Pallacorda. L'omicidio che ne scaturì costrinse Caravaggio a una tormen- tosa fuga terminata pochi anni dopo sul litorale tirrenico dove morì in circostanze poco chiare ma senz'altro miserevoli. Avendo studiato all'accademia, conoscevo già il fattaccio e non diedi pertanto grande peso all’accenno che fece Gian Enzo Sperone il giorno in cui iniziai a lavorare nella sua gal- leria in via di Pallacorda. «È qui che successe» disse con non- curanza mentre mi illustrava i rudimenti della machiavellica arte di vendere arte, l’arte in cui mi sarei cimentato con scarsi risultati nei diciotto anni a venire. Il fattaccio e i suoi fantasmi non ci misero molto a irretirmi. Capitava infatti che Gian Enzo fosse sempre in giro per il mon- do, cosicché mi trovavo spesso a passare giornate di piena soli- tudine in quella galleria buia, umidissima e marcescente come ogni cosa a Roma nei pressi del Tevere. Trascorrevano ore senza che entrasse nessuno, anche perché la galleria si trovava nel- la ramificazione più appartata della via biforcuta. Mi sentivo come il tenente di quel romanzo di Buzzati, comandato a un avamposto remoto, nella perenne attesa di una minaccia, di un evento, La galleria non era però il deserto dei Tartari. Ogni tanto qualcuno entrava e siccome si trattava di una galleria di primissimo piano, i rari visitatori erano spesso d’eccezione: im- prenditori, stilisti, stelle del firmamento hollywoodiano. Mi si presentò allora l'ostacolo di intrattenerli nel modo ade- guato. Per Gian Enzo non era un problema: grazie al suo spe- ciale carisma, alla sua innata eleganza, ammaliava chiunque con facilità estrema. Ma io? Ero un giovanotto sgraziato. Senz'arte né parte mancavo di qualunque fascino. Come potevo sperare di blandire visitatori tanto illustri? Come potevo indurli a sganciare Montagne di dollari per un’opera d’arte contemporanea? Spiega 270 Scansionato con CamScanner
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