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Principi Fondamentali del Processo Civile e Processo di Esecuzione Forzata - Prof. Fabiani, Appunti di Diritto Processuale Civile

Sui principi fondamentali del processo civile e della loro applicazione al processo di esecuzione forzata. Il difficile equilibrio tra opposizione e esecuzione, il ruolo del titolo esecutivo, e la struttura del processo esecutivo. Viene inoltre analizzata la posizione delle parti e del giudice, e le competenze del cancelliere nel processo esecutivo.

Tipologia: Appunti

2013/2014

Caricato il 13/03/2014

penny85
penny85 🇮🇹

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Scarica Principi Fondamentali del Processo Civile e Processo di Esecuzione Forzata - Prof. Fabiani e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! Lezione N°1 L’esecuzione forzata ha la funzione fondamentale di dare attuazione al diritto sostanziale quando manca la cooperazione del soggetto obbligato. Compito del diritto processuale civile non è solo prestare una tutela in favore del diritto sostanziale leso ma anche una tutela effettiva. Esistono una pluralità di forme di tutela che altro non sono che lo sforzo del nostro legislatore per dare una risposta in termini di tutela effettiva alle diverse possibili violazioni del diritto leso. Sarebbe molto semplice, infatti, apprestare una tutela effettiva se fosse sufficiente apprestare un processo unico per ogni situazione sostanziale ma è chiaro che così non è. A seconda del tipo di situazione che viene in rilievo, del tipo di diritto sostanziale che viene in rilievo è necessario che l’ordinamento appresti una pluralità di forme di tutela, quindi una pluralità di processi. Nell’ambito dell’effettività della tutela giurisdizionale si ascrive anche il fenomeno della Esecuzione Forzata. Questo perché anche qualora l’ordinamento preveda un processo a cognizione piena che a fronte della crisi di cooperazione stabilisca chi ha ragione e chi ha torto ciò non è sufficiente perché un ordinamento appresti una tutela effettiva. A fronte di una crisi di cooperazione è necessario che l’ordinamento intervenga con un processo, quindi con il diritto processuale. Il diritto sostanziale risolve il conflitto, individuando l’interesse prevalente; Il diritto processuale subentra quando il soggetto obbligato non adempie spontaneamente. Esempio: Io, prof Fabiani, ho il diritto al pagamento di 100, la vostra collega è obbligata a pagare 100 ma se non è disponibile a pagare l’ordinamento deve apprestare dei rimedi processuali per fare in modo che io posso ottenere il pagamento di 100. Primo rimedio è la tutela cognitiva, cioè la vostra collega può rivolgersi ad un giudice e far accertare il suo diritto ad ottenere 100, ma se a fronte di una sentenza resa all’esito del processo a cognizione piena il Prof Fabiani continua a non voler pagare 100 è necessario che l’ordinamento appresti un’ulteriore forma di tutela che consenta alla vostra collega di ottenere comunque quei 100. Questa forma di tutela è L’esecuzione forzata. Quindi la tutela cognitiva, non è di per sé indispensabile per apprestare una tutela piena per il soggetto leso perché anche quando il soggetto ha una sentenza passata in giudicato, che accerti il suo diritto ad ottenere il pagamento di 100, non ha una tutela effettiva ma ha un diritto indiscutibilmente accertato, perché nessuno potrà rimettere in discussione che la vostra collega ha diritto a 100. Tuttavia lei deve ottenere quel pagamento e può farlo con questo processo di esecuzione forzata. Quindi, lo scopo fondamentale di questa esecuzione forzata è la rimozione di quegli ostacoli che non consentirebbero al titolare del diritto di ottenere quelle utilità assicurategli dalla legge sostanziale. La legge sostanziale dice che la vostra collega ha il diritto ad ottenere 100, il processo di esecuzione forzata deve rimuovere tutti quegli ostacoli che si frappongono affinchè lei possa ottenere 100. Questo processo di esecuzione forzata, a sua volta, per raggiungere questo fondamentale obiettivo, avendo questo scopo, non può anch’esso atteggiarsi in un unico modo secondo le medesime modalità procedurali, sempre e comunque a prescindere dal tipo di obbligo che venga in rilievo. Nell’ambito dell’esecuzione forzata vanno distinte una pluralità di tecniche diverse. Su tutte, prima sottodistinzione fondamentale è quella tra Esecuzione processuale indiretta o misure coercitive ed Esecuzione forzata. Quindi la prima bipartizione fondamentale è tra L’esecuzione forzata, di cui stiamo parlando, e L’esecuzione indiretta. Qui la differenza fondamentale risiede nel fatto che L’esecuzione forzata è una tecnica che consente di realizzare lo scopo indicato solo ed esclusivamente quando viene in rilievo, per intendersi, una prestazione o un obbligo fungibile, perché è una tecnica che si concreta nella sostituzione del soggetto obbligato con un terzo, che pone in essere quella determinata attività a cui il proprietario del diritto aspira. Quindi, se la prestazione è FUNGIBILE la tecnica funziona perché io sostituisco il soggetto obbligato con un terzo che pone in essere quella determinata attività. Esempio: la distruzione di un’opera. La sentenza di condanna del convenuto a distruggere una determinata opera illegittimamente realizzata. Ora o il convenuto adempie spontaneamente oppure il processo di esecuzione forzata può benissimo, come tecnica, raggiungere il suo scopo potendosi sostituire al debitore un terzo che distrugge l’opera e poi agirà per il pagamento delle spese nei confronti del debitore. QUESTA TECNICA PROCESSUALE è INSERVIBILE DOVE L’OBBLIGAZIONE è INFUNGIBILE, perché se l’obbligazione è infungibile l’unico soggetto che può soddisfare quel mio diritto è il soggetto obbligato. Esempio: classica ipotesi del cantante che si è impegnato a fare il concerto, del pittore ecc ecc.. In tutte queste ipotesi la tecnica dell’Esecuzione Forzata, si dice, è inservibile, perché io non posso sostituire il debitore con un terzo proprio perché infungibile. Solo quel debitore mi può dare la prestazione. Ecco che l’esecuzione indiretta (o misure coercitive) si traducono in una tecnica differente, ossia la tecnica che mira a far leva sulla volontà del soggetto obbligato spingendolo ad adempiere per il tramite di una minaccia di un male maggiore che questo debitore subirebbe a fronte dell’inadempimento. Ecco la logica delle misure coercitive: si minaccia al soggetto obbligato un male maggiore rispetto a quello che subirebbe adempiendo quella determinata obbligazione, quindi si cerca di spingere il soggetto obbligato ad adempiere spontaneamente a quella determinata prestazione. Quindi la prima, importante, bipartizione da tener presente è tra Esecuzione forzata ed Esecuzione indiretta. Nell’ambito dell’Esecuzione forzata, così come individuata, vanno ulteriormente distinte una pluralità di ipotesi perché, anche qui, l’ordinamento non può intervenire con la medesima tecnica indipendentemente dall’obbligo che viene in rilievo, da attuare. A seconda dell’obbligo da attuare, che viene in rilievo, deve predisporre delle differenti tecniche di tutela. Quindi abbiamo due caselle fondamentali: Esecuzione Indiretta ed Esecuzione forzata e nell’ambito dell’Esecuzione forzata(quindi di questa tecnica per il tramite della quale si sostituisce al debitore un terzo per far conseguire all’avente diritto quel determinato risultato) vanno operate delle ulteriori distinzioni. In particolare si distingue tra Espropriazione forzata ed Esecuzione Specifica. Quindi l’Esecuzione Forzata si distingue, a sua volta, in Espropriazione forzata ed Esecuzione Specifica. Nell’ESPROPRIAZIONE FORZATA il dato caratterizzante è che qui l’obbligo che deve essere attuato in via coattiva, per il tramite del processo esecutivo, è l’obbligo al pagamento di una somma di denaro. Quindi, QUI la tecnica dell’Esecuzione forzata che si chiama Espropriazione forzata consiste nell’assoggettare i beni del debitore ad Espropriazione forzata, cioè i beni vengono l’Esecuzione Specifica si diversifica dall’espropriazione forzata perché viene in rilievo una obbligazione specifica e non l’obbligazione al pagamento di una somma di denaro. Se questa obbligazione specifica è il consegnare un bene mobile, il rilasciare un bene immobile il procedimento cui bisogna far riferimento è l’esecuzione per consegna o rilascio. Se, invece, ha ad oggetto un fare o un disfare bisogna far riferimento all’esecuzione specifica per obblighi di fare o di non fare. A questo punto appare evidente, dopo aver chiarito la funzione dell’esecuzione forzata, come il legislatore per conseguire questo obiettivo non è sufficiente che predisponga un unico processo di esecuzione forzata perché, necessariamente, deve predisporre una pluralità di procedimenti. Quindi: deve ricorrere all’esecuzione forzata o all’esecuzione indiretta, a seconda della fungibilità della prestazione e per l’ipotesi in cui la prestazione sia fungibile,a seconda dell’obbligo e/o del bene che deve essere aggredito, ricorrere all’espropriazione forzata o all’esecuzione specifica e con riferimento all’espropriazione forzata ad una delle varie ipotesi di espropriazione forzata, o ad una delle varie ipotesi di esecuzione specifica. Questo è il quadro, sostanzialmente, di riferimento. Questo quadro di riferimento trova un riscontro significativo anche nella sistematica del codice e in particolare nella sistematica del libro III del c. p.c. che si occupa,per l’appunto, del processo di esecuzione. Questo libro III si compone di titoli relativi a tematiche comuni a tutte le varie ipotesi di espropriazione e di titoli dedicati alle specifiche ipotesi di espropriazione o esecuzione specifica. Cioè: noi abbiamo il titolo I che si occupa del titolo esecutivo e del precetto; il titolo V che si occupa delle opposizione e il titolo VI che si occupa della sospensione e dell’estinzione. Sono tutti titoli che, in qualche modo, disciplinano dei fenomeni valevoli per tutte le varie species di espropriazione forzata ed esecuzione specifica. Poi, invece, abbiamo un titolo II dell’Espropriazione forzata che: nel capo primo si occupa dell’espropriazione forzata in generale; nel capo secondo dell’Espropriazione mobiliare presso il debitore; nel capo terzo dell’espropriazione presso terzi; nel capo quarto espropriazione immobiliare; nel capo quinto dell’espropriazione di beni indivisi; nel capo sesto dell’espropriazione contro il terzo proprietario. Quindi, questa logica che, in qualche modo, è sottesa alla funzione di esecuzione ripercorre anche quella che è la sistematica del codice che, soprattutto nella prima fase, ha cura di individuare una serie di nozioni generali con riferimento al processo di espropriazione forzata che poi devono essere adattate alle singole forme di espropriazione. Cioè vedrete che la sistematica del codice non è ripetere, evidentemente, per ogni forma di espropriazione anche dei concetti che sono comuni, ma è molto più funzionale dare prima le nozioni comuni a tutte le forme di espropriazione e dettare per le singole forme di espropriazione solo quelle norme che sono specifiche per quella forma di espropriazione. La sequenza del processo di espropriazione forzata si compone di: 1) atti preliminari all’espropriazione forzata che sono la notifica del titolo esecutivo e del precetto; 2) del pignoramento, che è il primo atto con cui inizia il processo di espropriazione forzata; 3) dell’intervento dei creditori; 4) della fase della vendita e 5) della fase della distribuzione. Queste fasi, che sono le fondamentali del processo di espropriazione forzata, danno conto di come tale processo può raggiungere quello scopo. Infatti: il pignoramento pone un vincolo sul bene mobile o immobile che viene aggredito; la fase dell’intervento dei creditori è dedicata alla possibilità di intervenire di altri creditori nell’ambito dello stesso processo; la fase della vendita mira a trasformare quel bene mobile o immobile in una somma di denaro e la distribuzione della somma ricavata è quella fase ultima destinata a consentire al creditore di soddisfarsi o agli altri creditori sopravvenuti di soddisfarsi sulla somma ricavata. [Ricapitolando: 1) Nozione; 2) Funzione del processo di esecuzione forzata; 3) Riscontro che questa nozione e questa funzione trovano nella sistematica del c.p.c. e nell’articolazione dell’iter fondamentale del processo di espropriazione forzata le cui fasi sono sempre le medesime: 1) Fase preliminare, ossia notifica del titolo esecutivo e del precetto, 2) apposizione di un vincolo del pignoramento mobiliare o immobiliare;3) possibilità di intervento di altri creditori, posto che questo è un vincolo a porte aperte e non a porta chiusa, come il sequestro; 4) trasformazione del bene in una somma di denaro per il tramite di una vendita forzata, o vendita coattiva; 5)distribuzione della somma ricavata fra i vari creditori che hanno partecipato al processo esecutivo]. LE FONTI DELL’ESECUZIONE FORZATA : Le norme a cui bisogna far riferimento, per avere un quadro completo per la disciplina del processo di esecuzione forzata, non sono solo esclusivamente quelle dettate nel capo terzo che disciplinano specificamente il processo di espropriazione, perché la prima fonte di questo processo di esecuzione forzata ci è data dal libro I. Il libro I detta le disposizioni generali che debbono trovare applicazione, o che dovrebbero trovare applicazione, in tutti i processi (questo è il motivo per il quale ci si chiede se i principi fondamentali del processo civile, tipo il principio della domanda, il principio del contraddittorio trovano o meno applicazione anche con riferimento al processo di esecuzione forzata avendo come primo parametro di riferimento che le prime norme che vengono in rilievo sono le disposizioni generali e che se sono disposizioni generali sul processo civile si applicano non solo con riferimento alla cognizione ma anche all’esecuzione del processo esecutivo. Quanto meno, va fatta una valutazione di compatibilità con riferimento alla peculiare struttura del processo esecutivo). Non solo le norme del libro I, ci sono una serie di altre norme che per come sono strutturate necessariamente devono trovare applicazione o necessariamente sono in qualche modo strutturate per trovare applicazione con riferimento a tutto o almeno ad una pluralità di tipologie di processi. Esempi: l’art 125 cpc sul contenuto e la sottoscrizione degli atti di parte: riferendosi agli atti di parte, contenuto e sottoscrizione, non si vede perché dovrebbero disciplinare solo gli atti di parte del processo di cognizione e non anche del processo di esecuzione. Sono norme generali di riferimento;(così come) l’art 83 sulla procura alle liti, che tra l’altro richiama espressamente l’atto di precetto; l’art 96 sulla responsabilità aggravata, che tra l’altro richiama espressamente l’ipotesi in cui c’è già stata l’esecuzione. Quindi parametro di riferimento è anzitutto dato dal c.p.c, però non facciamo l’errore di pensare al c.p.c con riferimento alle sole norme sull’esecuzione forzata perché c’è il capo I e una serie di norme, formulate proprio in termini generali, che trovano applicazione proprio con riferimento al processo di esecuzione. Quindi: le fonti del processo di esecuzione forzata non sono solamente circoscritte al codice di procedura civile, perché il Codice Civile contiene norme importantissime con riferimento all’esecuzione forzata e in particolare dagli art 2912 e ss (2912- 2928) disciplina gli effetti dei pignoramenti e gli effetti della vendita e dell’assegnazione. Reca, quindi, tutta una serie di norme di fondamentale importanza anche per la stabilità della vendita, cioè per la stabilità dei risultati cui approda il processo esecutivo. Quindi, questa vendita forzata trova sotto il profilo procedimentale il suo iter, la sua disciplina nel c.p.c., ma poi questa disciplina si completa con le norme del codice civile 2912 e ss che dettano tutta una serie di norme importanti, con riferimento oltre al pignoramento anche alla vendita forzata e,in particolare, con riferimento agli effetti della vendita forzata, alla stabilità della vendita forzata. Quindi guardiamo al codice di procedura civile più al codice civile, alle norme del c.p.c specificatamente dettate in riferimento all’esecuzione forzata e, in via più generale, dettate con riferimento al processo civile. Una norma del codice civile, invece, del tutto peculiare è l’art 2932 (sul contratto preliminare e il contratto definitivo) che è dettato tra le norme che dovrebbero riguardare l’esecuzione forzata ma è molto discusso. Ex art 2932: Esecuzione specifica (dell’obbligo di contrarre) soprattutto con riferimento al contratto preliminare: Se io stipulo un preliminare e la mia controparte non è disposta ad adempiere, ossia non è disponibile a recarsi dinanzi ad un notaio per stipulare il definitivo, io posso instaurare un processo a cognizione piena per ottenere una sentenza che mi dia gli stessi risultati della eventuale dichiarazione di volontà della parte. Questa ipotesi è di dubbia qualificazione; secondo i più pur rientrando tra le norme del codice civile dettate in materia di esecuzione forzata, non sarebbe un’ipotesi di esecuzione forzata ma sarebbe un’ipotesi di tutela costitutiva; secondo alcuni, invece, sarebbe una peculiare forma di esecuzione specifica la cui unica peculiarità sarebbe quella che ha ad oggetto non un consegnare o un rilasciare, non un fare o un disfare ma il rendere una dichiarazione di volontà. Sarebbe, così. Giustificato il suo inquadramento nell’ambito delle norme sull’esecuzione forzata. [ Ricapitolando: ci sono tutta una serie di norme del codice civile e si prenda subito atto che c’è una norma problematica, ossia l’art 2932 , perché secondo i più questa non sarebbe una forma i tutela esecutiva ma una forma di tutela costitutiva. Tra l’altro, è una delle poche ipotesi ove la sentenza resa all’esito del processo a cognizione piena è già in grado di soddisfare il bisogno di tutela dell’avente diritto. La peculiarità in questa situazione è che nel momento in cui la controparte non rende la dichiarazione di volontà, se si ha la sentenza, che tiene luogo della dichiarazione di volontà e quindi del contratto definitivo, si è già ottenuto il risultato. Non si ha bisogno di un processo di esecuzione forzata come per l’obbligazione al pagamento di una somma di denaro, come per la consegna o il rilascio. Questo perché, per esempio, nella consegna o nel rilascio la sentenza di condanna dice che la vostra collega deve rilasciare il bene immobile al prof. Fabiani, ma non è già soddisfacente del diritto di quest’ultimo perché il prof. Fabiani deve attivare un processo di esecuzione per ottenere la consegna del bene. Nella sentenza ex art 2932, mentre, una risiede, con riferimento al processo esecutivo, nell’esigenza di far rispettare le regole di questo processo esecutivo, perché sul piano “ del diritto sostanziale” questo giudice deve anche attuare il comando contenuto nel titolo esecutivo a favore di una parte contro un’altra parte. Non a caso si sente dire che il debitore SUBISCE il processo di esecuzione forzata, E’ SOGGETTO AL PROCESSO DI ESECUZIONE FORZATA. Questo non significa che, il debitore, non abbia diritto a tutte le garanzie processuali, ma significa che la posizione delle parti è inevitabilmente influenzata dalla presenza di un titolo che è condicio sine qua non affinchè si possa svolgere il processo esecutivo( che è un processo che non accerta ma attua il comando contenuto nel titolo esecutivo). Se volessimo schematizzare e approfondire questo discorso, dovremmo dire che il titolo esecutivo refluisce nell’ambito del processo di esecuzione forzata, in particolare sul ruolo dei diversi soggetti processuali (quindi : giudice, debitore, creditore ufficiale giudiziario, cancelliere ecc. ecc.) e sul rapporto tra rapporto tra cognizione ed esecuzione, sul peculiare atteggiarsi dei rapporti tra esecuzione e cognizione nell’ambito del processo esecutivo. Dove questa situazione di dislivello tra le parti sparisce? (Si dice) nelle parentesi cognitive, cioè nei giudizi di opposizione (dove le parti tornano su una posizione pienamente paritaria, perché c’è un soggetto che afferma una determinata cosa e ci sarà un soggetto che contesta, quindi è un normale processo di cognizione che va coordinato con il processo esecutivo, ma le parti tornano su una posizione paritaria) e nell’ambito del giudizio cautelare, quindi nella sospensione dell’esecuzione. Quindi le uniche parentesi dove questa situazione di diseguaglianza non si presenta sono nei giudizi oppositivi e nella fase cautelare, la sospensione del processo esecutivo, dove ci si muove in una logica del tutto similare a quella del processo a cognizione: la tutela cautelare sarà una normale ipotesi di tutela cautelare; anche nella sospensione, in relazione al processo esecutivo, andrà valutata con le peculiarità del caso l’esistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora (quindi è chiaro che le parti sono in una situazione di parità) e nell’ambito dei giudizi oppositivi, pur con le peculiarità dei processi oppositivi, sono dei processi a cognizione piena. Quali peculiarità questa presenza del titolo esecutivo determina sul piano strutturale, avuto riguardo ai soggetti, ai rapporti tra cognizione ed esecuzione? Innanzitutto il processo esecutivo si caratterizza, sul piano strutturale, in ragione del fatto che taluni soggetti, presenti anche nel processo a cognizione piena, svolgono un diverso ruolo o comunque un ruolo ben più pregnante nell’ambito del processo di esecuzione forzata. Il riferimento, su tutti, è all’Ufficiale Giudiziario. Quindi i soggetti di questo processo, sono i medesimi soggetti già conosciuti (le parti, il giudice,l’ufficiale giudiziario, il cancelliere..) però in questo rinnovato contesto strutturale del processo esecutivo questi soggetti esercitano un ruolo leggermente differente. In particolare, per quanto riguarda il giudice noi siamo abituati a pensare ad un processo a cognizione piena dove la sua presenza è imprescindibile; non si può pensare ad un processo a cognizione piena dove non c’è un giudice. Ci sono, invece, processi esecutivi dove la presenza del giudice è meramente eventuale. Ad esempio: nel processo di esecuzione forzata in forma specifica, e più specificamente nell’esecuzione per consegna o rilascio, tutto il procedimento è nelle mani dell’ufficiale giudiziario che cura il rilascio dell’immobile, in particolare, e la presenza del giudice è meramente eventuale nel caso in cui insorgano delle difficoltà nel corso dell’esecuzione; quindi tra l’esecuzione per consegna o rilascio e il processo a cognizione piena questo ruolo del giudice è RADICALMENTE diverso. Nel processo a cognizione piena conduce tutto il giudice (è inimmaginabile un processo a cognizione piena senza il giudice), nel processo per consegna o rilascio il dominus della procedura è questo l’ufficiale giudiziario perché c’è già un titolo esecutivo nel quale si ordina il rilascio dell’immobile X. Quindi è chiaro che la procedura esecutiva può ben stare nelle mani di questo ufficiale giudiziario che si occupa del rilascio dell’immobile. Se sorgono delle difficoltà, quindi c’è la necessità di un’attività giurisdizionale in senso proprio, allora ci si rivolge al giudice, la cui presenza è meramente eventuale. Nell’esecuzione forzata di obblighi di fare o di non fare la presenza del giudice è più significativa ma sempre marginale, nel senso che non è meramente eventuale, è un passaggio obbligato perché il giudice deve determinare le modalità dell’esecuzione ma è chiaro che ha un ruolo ben più ridotto rispetto a quello che ha nel processo a cognizione piena o nei vari procedimenti speciali. Qui c’è già un titolo esecutivo ed il giudice deve solo determinare le modalità dell’esecuzione; c’è una sentenza di condanna che dice che l’opera va distrutta e il giudice dovrà determinare le modalità della distruzione; oppure va costruita, va realizzata una determinata attività ed il giudice le modalità di attuazione. Quindi ha un ruolo necessario, perché lo dovrà sempre fare, ma ben più circoscritto. È presente questa figura del giudice, quindi, ma si atteggia in modo peculiare rispetto al processo a cognizione piena, alla tutela cognitiva. Il cancelliere, nell’ambito del processo esecutivo, ha delle competenze similari a quelle della cognizione piena e sono delle competenze tagliate sulle peculiarità del processo esecutivo, in particolare : la spedizione in forma esecutiva del titolo art 475 ; il rilascio in copia esecutiva art 476; la formazione del fascicolo dell’esecuzione; la conservazione del fascicolo; provvede alle comunicazioni relative al processo esecutivo e talvolta svolge anche funzione di custodia. Quindi non ha delle funzioni che sono radicalmente diverse a quelle che svolge nel processo a cognizione piena: la conservazione del fascicolo è un qualcosa che fa anche nell’ambito del processo a cognizione piena. Tuttavia gli sono affidate anche delle specifiche funzioni legate alle peculiarità del processo esecutivo: il rilascio in copia esecutiva; la spedizione del titolo in forma esecutiva sono attività che svolge solo in questo caso. Il soggetto dove si vede maggiormente la differente funzione è l’Ufficiale Giudiziario. Abbiamo già visto come, nell’ambito del processo a cognizione piena rispetto all’esecuzione per consegna o rilascio svolge un ruolo del tutto marginale. Abbiamo conosciuto l’uff. giudiziario come il soggetto deputato a svolgere le attività di notificazione, non gli abbiamo visto svolgere altro ruolo nell’ambito del processo a cognizione piena. Nell’ambito del processo esecutivo, mentre, l’uff. giudiziario non svolge affatto una funzione marginale. Oltre che svolgere quelle funzioni che gli sono proprie con riferimento alla notifica degli atti processuali, che anche qui può venire in rilievo, l’uff. giudiziario svolge delle funzioni ben più significative. Nell’esecuzione per consegna o rilascio è il vero dominus della procedura; l’attività di rilascio è tutta gestita da questo ufficiale giudiziario. Nell’espropriazione mobiliare ricerca le cose da pignorare (nell’esecuzione immobiliare è il creditore che sceglie le cose da pignorare, nell’espropriazione mobiliare è l’ufficiale giudiziario che, nel rispetto delle norme del c. p.c., presso i luoghi appartenenti al debitore deve pignorare una serie di cose mobili che può trovare). L’uff. giudiziario, quindi, svolge un ruolo decisivo, di fondamentale importanza nell’ambito del pignoramento mobiliare o immobiliare, dove svolge comunque una funzione importante per l’intimazione del debitore. Nell’ambito dell’esecuzione (quantomeno nell’esecuzione specifica),rispetto al processo cognitivo possiamo avere una funzione molto più defilata del giudice e una molto più forte dell’uff. giudiziario. Quindi la struttura del processo esecutivo, che risente essenzialmente della presenza di un titolo esecutivo, ha una delle sue principali espressioni nella diversa funzione e nel diverso ruolo esercitato dai protagonisti di questo processo, che sono sempre il giudice, il cancelliere e l’ufficiale giudiziario che vengono però in rilevo con queste peculiarità. L’altro peculiare atteggiarsi del processo esecutivo, sul piano strutturale, risiede nei rapporti tra cognizione ed esecuzione. [PASSAGGI FONDAMENTALI] -> Nella logica del legislatore del ’42, posto che il processo esecutivo ha a monte un titolo esecutivo, il processo esecutivo non accerta diritti, ma attua il comando contenuto nel titolo. Eventuali parentesi cognitive sono possibili, ma solo per il tramite di giudizi oppositivi. Quindi “peculiare atteggiarsi dei rapporti tra cognizione ed opposizione in questa sede processuale” significa che a differenza del processo a cognizione piena, il processo esecutivo non nasce per accertare diritti ma per ATTUARE determinati diritti. Quindi, secondo la concezione originale del codice del ’42 la dimensione cognitiva dovrebbe essere estranea al processo esecutivo in quanto si dice che questo accertamento dovrebbe precedere l’esecuzione o si dovrebbe inserire nell’esecuzione. Dovrebbe precederla: in quanto si è già svolta prima (esempio:processo a cognizione piena che conduce ad una sentenza di condanna) ;oppure si inserisce nel processo esecutivo con le parentesi cognitive rappresentate dall’opposizione. Quindi, pur avendo un titolo esecutivo, se ho qualcosa da accertare lo faccio nei giudizi oppositivi, quindi non c’è spazio per nessun accertamento nei processi esecutivi. Se c’è spazio per l’accertamento o si inserisce, ma sono delle parentesi, oppure è già stato fatto a monte ma dal processo a cognizione piena. Tutto ciò sembra semplice, tuttavia questo tipo di concezione entra in crisi per vari motivi: 1) non è affatto vero che la cognizione precede sempre l’esecuzione, perché la struttura del processo esecutivo non è così semplice come sembrerebbe, perché il titolo esecutivo non è in realtà una figura omogenea, ma ingloba in sé delle figure differenti: si va dalla sentenza di condanna al titolo di credito. Quindi si va dai titoli esecutivi giudiziali a quelli stragiudiziali. Quindi si va da ipotesi dove EFFETTIVAMENTE l’accertamento precede l’esecutivo ad ipotesi dove nessun accertamento precede l’esecutivo. Per esempio : dove c’è un atto pubblico, dove il legislatore in nome della certezza che accompagna l’atto pubblico, perché redatto da un pubblico ufficiale.., attribuisce la valenza di titolo esecutivo avrà questa certezza, ma non c’è un accertamento a monte di questo titolo esecutivo. Quindi non è vero che il processo esecutivo è sempre preceduto da un accertamento. Questo sarebbe vero se il titolo esecutivo fosse una figura omogenea, cioè se avessimo solo titoli esecutivi giudiziali; giurisdizionale e attività amministrativa, se non ci sono delle ricadute pratiche,sarebbe un dibattito fine a se stesso. Tutto ciò serve a far capire come questo problema non è meramente astratto, perché ritenere che sia giurisdizione comporta una serie di conseguenze e incasellare delle attività nella giurisdizione in senso stretto o nella giurisdizione in senso ampio, ha delle ricadute pratiche di enorme rilevanza. Per completare il discorso sulle fonti del processo di esecuzione forzata è quello di chiedersi se in questa logica delle fonti di esecuzione forzata) i Principi generali del processo civile (il principio della domanda, della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, del contradditorio) devono trovare applicazione anche con riferimento al processo esecutivo. Questa discorso va fatto ora essendo strettamente collegato alla struttura del processo esecutivo. La risposta è che questi principi devono, comunque, trovare applicazione essendo i principi generali del processo civile e il processo di esecuzione forzata , essendo attività giurisdizionale, come tutti i processi non può non rispettare i principi fondamentali del processo civile. Il processo di esecuzione forzata non è amministrazione ma è attività giurisdizionale, ciò significa che questi principi fondamentali non possono non trovare applicazione. Tuttavia, sul piano strutturale, questo processo esecutivo presenta delle sue peculiarità di cui non si può non tenere conto, anzitutto e fondamentalmente perché ha a monte il titolo esecutivo. Ciò significa che quei principi devono trovare applicazione ma devono fare i conti con la peculiare struttura del processo esecutivo. Esempi: Trova applicazione il principio della domanda? Certo che trova applicazione, ma dobbiamo fare i conti con le peculiarità strutturali del processo di esecuzione forzata. Quindi: qual è la domanda nel processo di esecuzione forzata? Il primo parametro da prendere in considerazione, qui, è il precetto perché non abbiamo un atto di citazione, il primo atto che la parte fa è il precetto e qui chiede la somma di denaro per la quale agisce. Abbiamo, quindi, una componente sicura della domanda ( il soggetto intima alla controparte ad adempiere entro un determinato termine e a pagare la somma di x, quindi specificando quella che è una componente della domanda) però il titolo esecutivo ed il precetto non sono gli atti iniziali del processo esecutivo perché questo inizia con il pignoramento (titolo e precetto sono atti prodromici). Tuttavia dobbiamo individuare una serie di altri istituti, oltre al precetto con i quali dobbiamo fare i conti. Primo fra tutti è il pignoramento, perché Il processo esecutivo inizia con il pignoramento . Se la domanda è l’atto introduttivo di un processo e l’atto introduttivo del processo esecutivo è il Pignoramento, avremo una componente nel precetto e un ulteriore parametro di riferimento nel pignoramento, perché è l’atto con cui inizia il processo esecutivo. Un ultimo elemento da tenere in considerazione è L’intervento di altri creditori perché in questo processo esecutivo non c’è solo la domanda del creditore procedente ma degli altri creditori intervenuti, quindi da tenere in considerazione è L’atto di intervento. Quindi circa la peculiarità del processo esecutivo rispetto al principio domanda si tende a dire che si ha una sorta di FRAZIONAMENTO della domanda, con riferimento al processo esecutivo. Perché non si può ad individuare un unico atto, come nel processo di cognizione, che mi individua la domanda introduttiva individuabile da un punto di vista soggettivo o oggettivo perché per il tramite di tutti questi istituti mi riesco a ricavare e quelli che sono gli elementi che compongono la domanda introduttiva. Il principio del contraddittorio, ancora, trova applicazione con riferimento nel processo esecutivo? Se n’è dubitato per lungo tempo, ma nel momento in cui ci poniamo in una logica di un’attività giurisdizionale è un principio fondamentale del processo. Trova fondamento, quindi, ma deve essere adattato alle peculiarità del processo esecutivo, quindi le parti sono in una posizione di diseguaglianza. La peculiarità sta nel fatto che il debitore può far valere eventuali suoi rilievi ma non può farlo con l’eccezione, così come fa nel processo di cognizione, ma deve instaurare un processo di opposizione. Ma che il principio del contraddittorio è rispettato è un dato acquisito. Ciò risulta anche da alcune norme: art 485-> norma generale che parla dell’audizione dei soggetti interessati; e norme specifiche-> 483, 495, 496, 530,569, 572, 590, 591, 596; Sono tutti articoli del codice che, a titolo esemplificativo, danno conto di come nell’adottare una serie di provvedimenti, il giudice deve sentire i soggetti interessati e deve sentire anche il debitore e l’art 485 dà la regola generale. Quindi il principio del contraddittorio trova applicazione nel processo esecutivo ma con i dovuti adattamenti, sia perché ci sono una serie di norme che ne danno contezza ma sarebbe, comunque, ineliminabile avendo rango costituzionale. Per il diritto di azione non si dubita che una componente del diritto di azione, dotata anche di copertura costituzionale, sia anche il diritto all’esecuzione, in quanto la tutela deve essere effettiva. Se, ad esempio, ho una sentenza di condanna passata in giudicato ma non ho la tutela esecutiva, la sentenza non mi servirà a nulla. Il diritto all’esecuzione, pertanto, non può che essere una componente ineliminabile del diritto d’azione. Eventuali limitazioni di questo diritto all’esecuzione sono possibili solo in casi eccezionali. La Corte Costituzionale ha affermato che, in ogni caso, i limiti all’esercizio del diritto di azione non devono rendere la tutela giurisdizionale eccessivamente difficoltosa. In linea, quindi, con quanto la Corte Costituzionale ha detto per il diritto di azione con riferimento alla tutela cognitiva, altrettanto ha fatto per la tutela esecutiva. I limiti possono esserci ma vanno valutati caso per caso e non devono mai determinare l’impossibilità di accesso alla tutela esecutiva ( ad esempio: l’azione esecutiva nei confronti della pubblica amministrazione può essere assoggettata a dei termini particolari, a delle modalità particolari, però non può essere totalmente negata). Quanto al giusto processo esecutivo, come l’art 111 della Cost., si ritiene che trovi applicazione anche con riferimento al processo esecutivo pur dovendosi, anche in questo caso, adattare questi principi fondamentali del processo civile, il c.d. Giusto processo, alle peculiarità del processo esecutivo. Lezione N°2 ATTI PRELIMINARI AL PROCESSO DI ESECUZIONE FORZATA : NOTIFICAZIONE DI TITOLO ESECUTIVO E PRECETTO TITOLO ESECUTIVO : bisogna sottolineare l‘importanza di tale titolo esecutivo,perché la presenza di quest’ultimo influenza tutta la struttura del processo esecutivo. L’avere a monte un titolo esecutivo fa si che lo stesso processo esecutivo si caratterizzi per il nascere come processo diretto ad attuare il comando contenuto nel titolo e non come processo diretto ad un accertamento (come il processo di cognizione). Le più recenti riforme (l’ultima del 2005) hanno inciso in maniera significativa sul titolo esecutivo e più specificamente sull’individuazione di quelli che sono i titoli esecutivi. Riferimento normativo da cui occorre partire è l’art. 474 c.p.c. – titolo esecutivo : “l’esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo,liquido ed esigibile. Sono titoli esecutivi…”. Partiamo dal 1 comma che ci dà indicazioni in ordine alle caratteristiche che deve possedere un diritto contenuto nel titolo perché si possa avere un titolo esecutivo. Il diritto deve infatti essere ex art 474 c.p.c. certo , liquido ed esigibile. - Il credito deve essere innanzitutto LIQUIDO , ossia determinato nel suo ammontare. Per aversi un titolo esecutivo il credito deve essere determinato nel suo ammontare: non posso avere un titolo esecutivo sulla cui base instaurare un processo esecutivo sulla base di una somma indeterminata. - Altra caratteristica che deve possedere un titolo per essere esecutivo è l’ ESIGIBILITA’ : il credito contenuto nel titolo non deve essere soggetto a termine o a condizione sospensiva,ovvero il termine deve essere già scaduto o la condizione si deve essere già verificata. Già sul piano della liquidità e della esigibilità si pone qualche problema. In realtà sulla esigibilità di meno perché il concetto è abbastanza semplice ma sul piano della liquidità il concetto è più complesso di quanto sebra. Normalmente per dare l’idea di liquidità si rappresenta l’ipotesi in cui nei titoli giudiziali anziché determinare esattamente l’importo del credito a cui viene condannato un soggetto si indicano una serie di riferimenti,operazioni e di parametri sulla cui base la somma può essere individuata. Ciò accade molto spesso nelle sentenze in materia di lavoro per crediti previdenziali dove l giudice non individua la somma finale ma individua una serie di parametri sulla cui base si può arrivare a questa somma finale. Ci si è chiesti se in questi casi tali titoli posseggano il requisito della liquidità e vedremo anche della certezza. Si ritiene per lo più in giurisprudenza che la liquidità la certezza del titolo esecutivo potrebbe sussistere anche quando la somma pur non essendo determinata nel suo ammontare può essere determinata con una serie di operazioni aritmetiche. Quindi non necessariamente il titolo deve indicare precisamente la somma ma è indispensabile che tale somma possa essere determinata con una serie di operazioni aritmetiche. Si parla di operazioni aritmetiche perché deve essere estranea ogni tipo di valutazione perché nel momento in cui dovesse subentrare un margine di valutazione non si può parlare di liquidità della somma,deve essere un operazione meccanica nel senso che il giudice ha indicato tutti i criteri ma non ha effettivamente effettuato l’operazione. - Sulla CERTEZZA occorre invece fare un discorso più complesso in quanto occorre parlare anche di non omogeneità dei titoli esecutivi. Vedremo dall’enunciazione dell’art 474 cpc che ci sono dei titoli esecutivi che sono giudiziali (sentenza di condanna) e dei titoli esecutivi extragiudiziali (cambiale, titolo di credito, atto pubblico). Il grado di certezza dei titoli extragiudiziali è ovviamente minore rispetto ai titoli esecutivi giudiziali. privata, ha l’onere disconoscerla nella prima difesa utile se non lo fa si dà per riconosciuta.fcg Quindi si è posto il problema se anche queste scritture private che non sono state disconosciute ex art. 215 cpc costituiscano titolo esecutivo ex art 274cpc, o in aderenza alla lettera della norma sono titolo esecutivo solo quelle che sono state autenticate dal pubblico ufficiale. Ci si chiede cioè se l’equiparazione alla scrittura privata autenticata dell’art. 215 cpc sia limitata all’efficacia probatoria del processo a cognizione piena, o se gli si può dare una valenza maggiore tanto da far si ce diventi titolo esecutivo ex 274 cpc. Su tale punto non c’è una soluzione pacifica,ma la dottrina maggioritaria tende a dare un interpretazione restrittiva e a ritenere titolo esecutivo solo le scritture private autenticate. Altra parte della dottrina invece ritiene che anche il meccanismo di cui al 215 cpc consentirebbe alla scrittura privata la possibilità di avere titolo esecutivo. Al n. 3) l’atto pubblico era già considerato in passato titolo esecutivo,ma si sono avute anche a tale proposito novità. In ultima analisi,dopo aver esaminato le caratteristiche che deve possedere un diritto per essere titolo esecutivo ex art. 274 cpc e quali bisogna considerare titoli esecutivi, bisogna chiedersi per cosa sono titoli esecutivi questi titoli,perché l’ultima parte della norma dice che non tutti questi documenti sono titolo esecutivo per tutte le forme di esecuzione forzata espropriazione ed esecuzione specifica. Vediamo infatti che la norma fa delle differenziazioni : “l’esecuzione forzata per consegna o rilascio non può aver luogo che in virtù dei titoli esecutivi di cui ai numeri 1) e 3) del 2 comma” (per intenderci sentenze,altri provvedimenti ed atto pubblico). Quindi deduciamo che la scrittura privata autenticata è si divenuta titolo esecutivo in forza della riforma del 2005, ma solo per le obbligazioni al pagamento di una somma di denaro: sulla base di una scrittura privata autenticata si può attuare un processo di espropriazione forzata ma non di esecuzione forzata specifica. Anche l’atto pubblico ha avuto novità nel 2005 perché fino ad allora era titolo esecutivo esclusivamente per il pagamento di una somma di denaro,in forza dell’ultimo inciso sopra menzionato invece,anche l’atto pubblico (non solo la sentenza) è titolo esecutivo per l’esecuzione per consegna o rilascio,mentre non è titolo esecutivo per l’esecuzione di obblighi di fare o non fare. Occorre quindi capire se i titoli esecutivi sono tali per l’espropriazione forzata o soltanto per l’esecuzione specifica ed è la stessa norma ad operare delle distinzioni: scrittura privata autenticata solo per l’espropriazione forzata, atto pubblico e sentenza anche per l’esecuzione per consegna o rilascio non l’esecuzione specifica di obblighi di fare o non fare. Chiaramente anche tali modifiche hanno sollevato problemi perché ora come ora sulla base del dettato del 474 cpc stipulando ad es. un contratto di locazione dinanzi ad un notaio – quindi un atto pubblico – si avrà titolo esecutivo per il rilascio dell’immobile: ciò ha appunto aperto delicate problematiche perché la disciplina della locazione nel nostro ordinamento è peculiare. C’è infatti la possibilità del 4anni + 4 anni o dei 3 anni + 2 anni e quindi questo ha aperto delle problematiche in ordine alla possibilità che effettivamente questo sia un titolo esecutivo: alla scadenza dei prima 4 anni il contratto viene meno e quindi ci dovrebbe essere la necessità di un accertamento da parte del giudice. Il titolo esecutivo dovrebbe recare in sé certezza e liquidità : la disciplina del contratto di locazione prevede che il contratto si rinnova automaticamente alla scadenza dei 4 anni se non si sono verificate determinate condizioni,quella certezza del titolo esecutivo viene meno. COME SI INQUADRANO ALL’INTERNO DEL PROCESSO ESECUTIVO LA SUCCESSIONE NEL DIRITTO CONTROVERSO , IL TITOLO ESECUTIVO E IL PROCESSO ESECUTIVO. Per il TITOLO ESECUTIVO bisogna precisare che sotto il profilo soggettivo sia esso giudiziale o extragiudiziale si avrà un soggetto a favore del quale è prevista una determinata prestazione e un soggetto che è tenuto,obbligato,a realizzare una determinata prestazione. Può però accadere che si verifichino delle modificazioni di ordine soggettivo proprio come si è visto nel caso di successione a titolo universale nel processo a cognizione piena : è possibile che nella pendenza del processo cambi la titolarità di un bene oggetto del processo e quindi gli artt.110 e 111 cpc dettano una disciplina per regolare tale tipo di eventualità. Questo tipo di fenomeno può verificarsi anche nel processo esecutivo , bisogna quindi vedere se esistono norme che vadano ad inquadrare tale situazione. Questo problema può riguardare anzitutto il titolo esecutivo: cioè prima che inizi il processo esecutivo e dopo che già è stato emesso il titolo esecutivo, è possibile che si abbia una modificazione soggettiva sia dal lato attivo che passivo del rapporto. Gli artt. 475 e 477 cpc che si occupano di questo tipo di tematica in riferimento al titolo esecutivo. Non c’è invece alcuna norma che si occupa di questa tematica con riferimento al processo esecutivo. Il fenomeno della successione ,a titolo universale o particolare,nel diritto controverso può porsi come una successione che si verifica PRIMA del processo esecutivo, quindi nella pendenza del processo di cognizione: questo è solo un problema di limiti soggettivi del titolo esecutivo, perché il titolo esecutivo è la sentenza di condanna e si tratta di chiedersi quali siano il limiti soggettivi di questo titolo esecutivo. Ci si chiede cioè se il titolo esecutivo sentenza di condanna può essere utilizzato solo dai soggetti indicati nella sentenza di condanna o anche dai soggetti diversi che sono subentrati in quel determinato rapporto a titolo universale o particolare guardandolo dal lato attivo del rapporto,dal lato passivo se quel titolo esecutivo sentenza di condanna può essere utilizzato contro soggetti diversi da quelli indicati nel titolo esecutivo , che potrebbero essere gli eredi nella successione a titolo universale , o dei soggetti subentrati a titolo particolare ad. Es. acquistando l’immobile oggetto di quella sentenza. Quindi : 1 ipotesi ) il fenomeno successorio – a titolo universale o particolare – si verifica nel corso del processo di cognizione: il problema in questo caso è dei limiti soggettivi del titolo esecutivo, cioè della sentenza di condanna ; 2 ipotesi ) Successione nel titolo esecutivo : il fenomeno successorio si verifica dopo che c’è già la sentenza di condanna quindi nel titolo esecutivo ma prima che si è instaurato il processo di esecuzione. Anche qui ci dobbiamo porre questo tipo di problema dal lato attivo e dal lato passivo del rapporto,perché la successione potrebbe riguardare la posizione attiva chi ha diritto ad ottenere la prestazione , o la posizione passiva chi è obbligato a tenere una determinata prestazione. 3 ipotesi ) il fenomeno successorio –a titolo universale o a titolo particolare – si verifica nel corso del processo esecutivo che inizia con il pignoramento. Stiamo discutendo a seconda delle varie ipotesi della possibilità di attivare o meno il processo di esecuzione forzata nei confronti di un soggetto diverso da quello indicato nel titolo,della possibilità o meno che un determinato soggetto utilizzi i rimedi oppositivi e se del caso quali. Se il fenomeno successorio si verifica nella pendenza del processo esecutivo il debitore originario è parte o è terzo? È parte il debitore originario o il soggetto che vi è subentrato? Perché se la parte deve utilizzare l’opposizione all’esecuzione opposizione di atti esecutivi, se è un terzo deve utilizzare l’opposizione di terzo. La prima ipotesi riguarda il processo di cognizione che ha una disciplina espressa ex artt.110-111 cpc. Per quanto riguarda invece la 2 ipotesi,ovvero la successione nel titolo esecutivo abbiamo gli artt 475 e 477 cpc In relazione alla 3 ipotesi , successione nel processo esecutivo , non abbiamo alcuna norma e dobbiamo chiederci come viene disciplinato tale fenomeno e se possiamo far applicazione e in quale misura degli artt 110-111 cpc che sono le uniche norme di cui disponiamo. SUCCESSIONE NEL TITOLO ESECUTIVO artt. 475 e 477 cpc Prima di guardare alle norme di riferimento e al loro controverso ambito di applicazione,soffermiamoci sulla problematicità di questa situazione in particolare nel nostro ordinamento per le particolari scelte che ha fatto il nostro legislatore in riferimento al processo esecutivo. In linea generale si tratta di stabilire nel momento in cui ci sia una modificazione attiva o passiva del rapporto di cui al titolo esecutivo se l’esecuzione forzata possa comunque essere instaurata dal nuovo titolare del diritto o possa essere instaurata nei confronti del nuovo titolare del diritto. Si tratta quindi di ritenere se questo titolo esecutivo possa essere utilizzato o meno e se del caso con quali ricadute sul processo esecutivo. Si tratta però di una tematica particolarmente delicata nel nostro ordinamento perché il nostro ordinamento con riferimento al processo esecutivo , a differenza di altri ordinamenti tipo quello tedesco, ha fatto una scelta di campo nel senso di non prevedere nessuna forma di accertamento nella fase introduttiva all’instaurazione del processo di esecuzione forzata,nessuna verifica in ordine all’attualità dell’esistenza del diritto concretizzato nel titolo esecutivo e questo vale anche per la titolarità soggettiva del rapporto. Anche con il titolo esecutivo certo , come una sentenza di condanna passata in giudicato che afferma ad esempio il diritto di un soggetto ad ottenere il pagamento di 100, non si avrà mai la certezza che il diritto consacrato nel titolo sia attuale perché non potrà mai dare garanzia in ordine a dei fatti sopravvenuti: il giudicato non può coprire i fatti sopravvenuti (es. se A ha una sentenza passata in giudicato che lo condanna al pagamento di 100 e B paga 50 , c’è un fatto sopravvenuto. In realtà si potrebbe procedere all’esecuzione forzata per 50 non per 100.). In relazione a questo tipo di problema l’ordinamento può optare o per una verifica in limine al processo esecutivo in ordine all’attualità della pretesa contenuta nonostante,non manca in dottrina chi ritiene (come Capponi nel nostro testo) che il cancelliere dovrebbe comunque fare un controllo in ordine all’avvenuta successione,anche se la verifica effettuata dal cancelliere non avrebbe alcuna efficacia preclusiva. La posizione prevalente tende a ritenere che non debba essere fatto alcun controllo perché è una scelta del legislatore di non fare nessun controllo in limine litis e di posticipare anche questo tipo di controllo – così come ogni altro tipo di verifica in ordine alla legittimità del processo esecutivo – all’instaurazione di un giudizio di opposizione. Delle due norme quindi a dare maggiori problemi è il 475 cpc. Questa problematica resta assai complessa anche ove si guardi al processo esecutivo,alla 3 ipotesi prospettata sopra: SUCCESSIONE NEL DIRITTO CONTROVERSO –A TITOLO UNIVERSALE/ PARTICOLARE- CHE SI VERIFICA NELLA PENDENZA DEL PROCESSO ESECUTIVO. Si ha una successione o dal lato attivo o dal lato passivo del rapporto,cambia il titolare o il soggetto obbligato. Anche questa è una problematica estremamente delicata perché , la soluzione che si accolga sul punto, ha delle ricadute pratiche molto importanti tanto in riferimento all’ipotesi di successione dal lato passivo che dal lato attivo del rapporto. Bisogna sottolineare in questo caso la totale assenza di norme di riferimento ,possiamo far riferimento solo agli artt. 110-111 cpc che disciplinano la successione a titolo universale o a titolo particolare nel diritto controverso con riferimento al processo di cognizione. Da sempre la dottrina si interroga in ordine all’applicazione degli artt 110-111 con riferimento al processo esecutivo. L’impostazione che tende a prevalere, è che quelle norme possano trovare applicazione ma devono essere adattate necessariamente al processo esecutivo. E’ questo il grosso problema perché si tratta di intendersi sul concetto di “adattamento”. Dal lato passivo del fenomeno (nella pendenza del processo esecutivo nel lato passivo del rapporto –debitore- si ha un fenomeno successorio),le uniche norme a cui possiamo far riferimento sono nel cod. civile e disciplinano gli effetti della vendita dal debitore ad un terzo ma disciplinano i soli effetti sostanziali della vendita non c’è alcuna norma che disciplina sul piano procedurale questo fenomeno. C’è una perpetuatio legitimationis, la legittimazione prosegue nei confronti del debitore? La parte del processo esecutivo continua ad essere il debitore,dopo che si è verificato il fenomeno successorio,o è il terzo? La prima ricaduta importante in relazione a tale tema è stabilire quali sono i rimedi dei quali può avvalersi il terzo o il debitore. Se parte continua ad essere il debitore si può avvalere dei rimedi della parte e non del terzo, che sono l’opposizione all’esecuzione e l’opposizione agli atti esecutivi. Se invece è il terzo ad essere parte per effetto del fenomeno successorio si dovrà avvalere dei rimedi del terzo e non della parte,quindi dell’opposizione di terzo ex art. 619 cpc. Quando si vedranno i rimedi oppositivi si noterà che oltre che cambiare i rimedi cambiano anche i termini per proporli e cambiano anche le tipologie di vizi che si possono far valere. E’ quindi molto importante sapere se dopo la successione un sogg deve essere considerato terzo o parte ,quindi se ad un sogg spettano i poteri della parte o del terzo. Prima ricaduta quindi molto importante è legata alla individuazione dei rimedi oppositivi di cui può disporre il soggetto. Anche sotto questo profilo non esiste una soluzione univoca e dottrina e giurisprudenza sono divise: una sentenza della giurisprudenza del 1985 aveva ritenuto che il terzo acquirente assume la veste di successore a titolo particolare e quindi tale sentenza diceva che pur non trovando applicazione diretta il 111 operavano comunque i principi fondamentali a cui si ispira il 111 e quindi questo sogg aveva la possibilità di proporre opposizione ex 115 e ex 117 quindi poteva proporre i rimedi oppositivi della parte subentrando nel processo e utilizzare l’opposizione agli atti esecutivi e l’opposizione all’esecuzione. Quindi la cassazione dice che pur non potendo trovare applicazione diretta il 111 che è dettato per il processo di cognizione si devono applicare i medesimi principi e quindi si tratta il soggetto acquirente come un successore a titolo particolare abilitato ad utilizzare i rimedi della parte. In più recente sentenza del 1993 e una del 2004 la Cassazione ha invece ritenuto che “ l’acquirente del bene pignorato non può intervenire neppure in via lesiva nell’espropriazione forzata essendogli preclusa ogni attività ex 617 –cioè ogni attività di opposizione agli atti esecutivi- di sindacato del processo esecutivo,e non può divenire parte , soggetto passivo dell’esecuzione. L’unico mezzo di tutela riconosciutogli è l’opposizione di terzo ex art.619 al fine di far valere l’originaria inesistenza o la nullità assoluta del vincolo originale e quindi di sottrarre il bene all’espropriazione. Al terzo acquirente del bene pignorato è riconosciuta solo la facoltà di partecipare alla distribuzione del prezzo che residua una volta che sia stato soddisfatto il creditore precedente che è intervenuto.” si tratta quindi di una posizione diametralmente opposta : a seconda della posizione che si accoglie è chiaro che cambia la posizione del debitore e dell’acquirente del bene pignorato. A seconda di chi si consideri parte del processo: se la parte è chi ha acquistato il bene pignorato allora questo dovrà disporre di tutti i poteri della parte accedendo ai rimedi oppositivi ex 615 e 617 come aveva fatto la cassazione nell’ 85; se invece si segue l’impostazione della Cassazione del 2004 occorre prendere atto che questo soggetto rimane un terzo e l’unico rimedio che potrà utilizzare è quello di terzo ossia l’opposizione di terzo all’esecuzione,parte continuerà ad essere il debitore che continuerà ad avere tutti i poteri della parte. In dottrina –questa posizione è seguita anche da Capponi- si tende a ritenere che il 111 non può trovare applicazione diretta però si può applicare quello che è un principio fondamentale della disciplina del 111 ossia la perpetuatio legitimazionis del debitore,nel senso che il giudizio prosegue nei confronti del debitore. Questa dottrina dice anche che in realtà per stabilire quali sono le parti del processo esecutivo bisognerebbe guardare al pignoramento perché si dice che quello è il momento che cristallizza la situazione e in quel momento appare chiaro chi è il debitore e chi è il creditore e quindi eventuali ulteriori modificazioni delle posizioni soggettive non incidono sulla qualità di parte. Questo guardando al lato passivo. Consideriamo ora il lato attivo. Qui si ha una scorporazione tra ciò che risulta dal titolo esecutivo e la realtà materiale del rapporto e del fenomeno successorio. Qui le ricadute fondamentali sono diverse: la più importante che è stata oggetto di una sentenza della cassazione è quella di chiedersi se il debitore esecutato sia legittimato o meno a proporre opposizione all’esecuzione ex art. 615 deducendo che chi sta procedendo nell’esecuzione forzata non è più il suo creditore. Quindi ci si chiede se a seguito di un fenomeno successorio è possibile che il debitore proponga opposizione ex 615 e che basi questa opposizione solo sul fatto che quel creditore non è più il creditore perché si è verificato un fenomeno successorio dal lato attivo. Anche su questo punto non c’è uniformità di considerazioni. Ci si chiede anche se il creditore non è più tale – perché si è avuto il fenomeno successorio- è legittimato a ricevere il pagamento in sede di distribuzione forzata o eventualmente in sede anticipata (come per la conversione del pignoramento) per un credito del quale non è più titolare (sempre a perché a causa del fenomeno successorio c’è un nuovo creditore.). Ci si chiede,in sostanza, se il pagamento fatto al “vecchio” creditore abbia un efficacia liberatoria. La Cassazione ,in una sentenza del 2001,ha ritenuto che oggetto dell’opposizione potrebbe essere la mera titolarità del diritto,cioè l’essere attualmente creditore. Questa sentenza della Cassazione dice che il debitore può opporsi e può addurre a motivo di opposizione il semplice fatto che quel creditore non è più il suo effettivo creditore perché c’è un nuovo creditore. Questa sentenza è stata fortemente criticata da buona parte della dottrina che ha sostenuto una posizione opposta a questa basandosi su diverse argomentazioni. La corrente dottrinale del testo di Capponi- ha argomentato facendo leva sulle argomentazioni che abbiamo richiamato in precedenza, cioè facendo leva sul fatto che la cristallizzazione del rapporto si ha al momento del pignoramento dove appunto si va a stabilire chi è creditore e chi è debitore. Questa posizione fa buon gioco nel momento in cui si arriva a ritenere che non può essere legittimo motivo di opposizione ex art. 615 il fatto che si sia modificata la titolarità attiva del rapporto , cioè che ci sia un nuovo creditore, perché se il pignoramento cristallizza, quel creditore è un creditore che può portare avanti al procedura esecutiva (non si può proporre opposizione solo facendo leva sul fatto che un soggetto non è più il creditore , coerentemente il creditore che può avere le somme della distribuzione forzata è il creditore che può ricevere le somme in sede di conversione del pignoramento). Problematiche anche queste che sono state risolte in modo diametralmente opposto dalla giurisprudenza. ATTIVITA’ PRELIMINARI RISPETTO AL PROCESSO DI ESECUZIONE FORZATA: NOTIFICAZIONE DEL TITOLO ESECUTIVO E PRECETTO. ATTO DI PRECETTO : la norma di riferimento è l’art 480 cpc che individua il contenuto dell’atto di precetto : art. 480 – Forma del precetto : “Il precetto consiste nell'intimazione di adempiere l'obbligo risultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di dieci giorni, salva l'autorizzazione di cui all'articolo 482, con l'avvertimento che, in mancanza, si procederà a esecuzione forzata.
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