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esecuzione forzata, procedimenti speciali, arbitrato, mediazione, negoziazione assistita, Sintesi del corso di Diritto Processuale Civile

Appunti del professore sul libro mandrioli

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 28/10/2019

Chiara123...5
Chiara123...5 🇮🇹

4.5

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Scarica esecuzione forzata, procedimenti speciali, arbitrato, mediazione, negoziazione assistita e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! 1 CORSO DI DIRITTO PROCESSUALE CIVILE III – L’ESECUZIONE FORZATA, I PROCEDIMENTI SPECIALI, L’ARBITRATO, LA MEDIAZIONE E LA NEGOZIAZIONE ASSISTITA PARTE PRIMA- IL PROCESSO DI ESECUZIONE FORZATA CAP I- IL PROCESSO DI ESECUZIONE NEI SUOI ASPETTI GENERALI 1. Orientamenti generali e schema del processo di esecuzione forzata Il terzo libro del codice di rito disciplina il processo di esecuzione forzata: - Il primo titolo è dedicato alla disciplina degli atti introduttivi comuni ad ogni tipo di esecuzione forzata - Il secondo, il terzo e il quarto sono dedicati alla disciplina specifica di ciascuno dei tre tipi di esecuzione forzata: l’espropriazione e l’esecuzione forzata in forma specifica (che si distingue in esecuzione per consegna o rilascio ed esecuzione forzata degli obblighi di fare o non fare) - Il quinto è dedicato alle opposizione - Il sesto è dedicato alla sospensione e all’interruzione del processo esecutivo 2. L’attività giurisdizionale esecutiva L’esecuzione forzata vuol conseguire l’attuazione pratica, materiale del diritto, in via coattiva o forzata, cioè attraverso l’impiego effettivo o potenziale della forza, da parte dell’ordinamento. Anche questa attività si articola in una serie di atti giuridici processuali che costituiscono esercizio di altrettante situazioni giuridiche processuali, tra le quali fanno spicco i poteri. - Quando fa seguito al processo di cognizione, il processo esecutivo si coordina con esso sotto il profilo funzionale, pur essendo del tutto autonomo dal punto di vista strutturale. - Quando, invece, si fonda su un accertamento non giudiziale, è autonomo anche sul piano funzionale. In relazione alla completa autonomia strutturale sta il rilievo fondamentale che il processo esecutivo è introdotto da una domanda specifica e autonoma. 3. Il processo esecutivo: caratteristiche e principi La struttura del processo esecutivo può assumere diversi caratteri suggeriti dai diversi tipi di diritti da attuare. Tuttavia questa varietà di discipline non impedisce di evidenziare alcune caratteristiche strutturali comuni. I soggetti ai quali fa capo l’attività processuale esecutiva sono, da un lato, l’organo esecutivo, che opera nel quadro di un ufficio giudiziario e sotto il controllo di un giudice e, dall’altro lato, i soggetti che rispettivamente chiedono e nei cui confronti si chiede la tutela giurisdizionale esecutiva, cioè il creditore e il debitore. Il creditore, in quanto esercita l’azione esecutiva, può dirsi attore; ma non si può dire lo stesso del convenuto, che di regola deve solo subire l’esecuzione del diritto già accertato. Per questo non c’è bisogno di immediato contraddittorio davanti al giudice, con la conseguenza che la domanda del creditore è per lo più diretta all’organo esecutivo affinché questo provveda all’esecuzione, salvi i controlli e le direttive impartite dall’ organo propriamente giudiziario, cioè il giudice. Di regola, davanti a quest’ultimo, il creditore e il debitore possono soltanto essere ascoltati in un contraddittorio limitato che di solito riguarda solo le modalità di esecuzione. L’attività dell’organo esecutivo quindi si estrinseca in atti che incidono sul mondo materiale, cioè le cd operazioni; mentre l’attività del giudice si estrinseca in provvedimenti, la cui natura è per lo più ordinatoria ed assume le forme dell’ordinanza o del decreto. La disciplina del processo esecutivo è ispirata, come quella del processo di cognizione, al principio della domanda e al principio dell’impulso di parte. Lo stesso vale per il principio della disponibilità 2 dell’oggetto del processo, per il quale però bisogna sottolineare che in tal caso non si tratta di determinare l’ambito di un giudizio, ma l’oggetto di un’attività esecutiva. Il discorso è diverso per il principio della disponibilità delle prove perché in tal caso manca il giudizio sui fatti e quindi manca la stessa ragion d’essere della prova. Quanto al principio dell’uguaglianza delle parti e al principio del contraddittorio, l’uguaglianza delle parti è solo formale perché l’esecuzione si compie per attuare il diritto dell’una contro l’altra. Agli atti del processo esecutivo si applica la disciplina dell’intero titolo sesto del libro primo (“degli atti processuali”), comprese le norme su cui si fonda il principio della congruità delle forme, nonché la disciplina della nullità degli atti, che va coordinata con quella dell’apposito strumento di cognizione previsto per far valere i vizi degli atti del processo esecutivo, cioè l’opposizione agli atti esecutivi. 4. I diversi tipi di esecuzione forzata La funzione dell’esecuzione forzata consiste quindi nel dare esecuzione concreta e materiale ai diritti, che deve essere almeno tendenzialmente esatta e completa. Questa esigenza è espressa in particolare dagli artt. 2930, 2931 e 2933 cc che enunciano la necessità di attuare la tutela in forma specifica, in quanto possibile. In alcuni casi però questa possibilità viene a mancare sia a causa di impedimenti materiali sia a causa di ostacoli giuridici: non si può realizzare, ad es., la consegna coattiva della cosa mobile che il debitore ha distrutto o ha venduto ad un terzo di buona fede, così come non è eseguibile coattivamente l’obbligazione di fare infungibile. Quando la soddisfazione specifica non è possibile, l’ordinamento, qualora non voglia avvalersi di strumenti di coartazione della volontà come l’esecuzione indiretta ex art 614bis cpc, non può far altro che reagire trasformando il diritto sostanziale nella sua stessa essenza, rendendolo più generico e quindi fungibile. Ciò avviene con la trasformazione in denaro attraverso gli istituti dell’aestimatio rei, dell’obbligo di corresponsione del tantundem o del risarcimento del danno. L’art 2740 cc stabilisce infatti che ognuno risponde delle sue obbligazioni con l’intero suo patrimonio; d’altra parte ogni elemento di questo patrimonio può essere a sua volta trasformato in denaro attraverso la vendita forzata, previa espropriazione. Stabilire se un diritto può essere eseguito coattivamente in forma specifica oppure no è però compito del processo di cognizione. La disciplina del processo esecutivo quindi presuppone l’avvenuta risoluzione di questa problema e appronta le diverse forme di esecuzione a seconda che il diritto sia stato accertato come eseguibile in forma specifica o in forma generica. I tipi di processo esecutivo che realizzano l’esecuzione forzata in forma specifica sono: - L’esecuzione forzata per consegna di beni mobili o rilascio di immobili - L’esecuzione forzata degli obblighi di fare o non fare In realtà però il tipo di esecuzione più frequente è l’esecuzione forzata in forma generica o esecuzione per espropriazione. 5. L’azione esecutiva e il titolo esecutivo come unica condizione A differenza dell’attività di cognizione che si fonda sull’affermazione di un diritto sostanziale per pervenire al suo accertamento, l’attività di esecuzione forzata si fonda sull’accertamento del diritto per pervenire alla sua attuazione concreta in via coattiva. È quindi evidente che l’azione esecutiva non può essere condizionata da nient’altro che questo accertamento. Tale accertamento è il titolo esecutivo, che costituisce l’unica condizione dell’azione esecutiva. Con l’espressione titolo esecutivo si indica: - Il documento contenente l’accertamento, che in quanto documento assolve anche ad una funzione probatoria → Es. Cambiale o Assegno - L’atto di accertamento stesso → Es. Obbligazione cambiaria L’interesse ad agire, la legittimazione ad agire e la possibilità giuridica (condizioni dell’azione) sono impliciti nel titolo stesso: 5 - Per quanto riguarda il territorio, l’art. 27 cpc si riferisce al luogo dell’esecuzione o al luogo dove si svolge l’esecuzione LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE La legittimazione processuale (capacità processuale e rappresentanza processuale) è invece regolata dalle disposizioni generali contenute negli artt. 75 ss. cpc. PREVIO COMPIMENTO DEGLI ATTI PREPARATORI Infine, dato che il processo esecutivo ha inizio con la proposizione della domanda, il regolare compimento degli atti preparatori assume i caratteri di un vero e proprio presupposto processuale speciale. Ciò significa che l’organo esecutivo non può dare corso alla domanda se non gli viene esibita, insieme al titolo esecutivo, la documentazione dell’avvenuta notificazione del titolo esecutivo e del precetto. 8. I difensori. Gli atti conclusivi. Le spese Nel processo di cognizione il ministero del difensore costituisce strumento necessario per l’esercizio dell’attività processuale delle parti, eccezion fatta per il giudizio davanti al giudice di pace nelle cause di valore non superiore a 1100 euro. L’assistenza invece è solo facoltativa. Queste regole, in linea di principio, si applicano anche al processo esecutivo, ma si deve tener conto della differenza strutturale della posizione delle parti, delle quali di regola solo il creditore assume un ruolo attivo → di conseguenza solo rispetto al creditore la regola della necessità del ministero del difensore opera pienamente. Il debitore, invece, quando si limita a subire gli atti esecutivi non ha bisogno del difensore; mentre deve sottostare all’onere del patrocinio quando assume iniziative e formula richieste al giudice, oltre che quando assume iniziative di opposizione. Con riguardo agli atti conclusivi, emerge che il processo esecutivo si conclude con atti di diversa natura, ma tutti caratterizzati dall’assenza dell’incontrovertibilità propria del giudicato: - Non esclude la definitività che è insita nell’irrevocabilità di questi atti, dopo la chiusura del processo - Tale irrevocabilità quindi implica una sorta di preclusione rispetto alle questioni risolte nel processo, che non riguardano il merito sostanziale - Questa preclusione copre anche la possibilità di far valere i vizi del procedimento che non siano stati fatti valere con le forme dell’opposizione - È invece ammessa la correzione degli errori materiali. Infine per quanto riguarda le spese processuali, occorre sottolineare che nel processo esecutivo non c’è parte vittoriosa e parte soccombente, ma solo un creditore che deve vedere soddisfatto il suo diritto già accertato nel titolo nei confronti del debitore, che col suo rifiuto di adempiere spontaneamente rende necessaria l’esecuzione. Di conseguenza al criterio della soccombenza si sostituisce il criterio dell’attribuzione delle spese a carico dell’esecutato. 6 CAP II- GLI ATTI PREPARATORI NEL PROCESSO DI ESECUZIONE FORZATA 9. Il titolo esecutivo nella disciplina positiva L’art 474 cpc enuncia la regola nulla executio sine titulo, stabilendo che l’esecuzione forzata non può aver luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile. - Liquidità = Espressione del credito in un misura determinata - Esigibilità = L’eventuale condizione deve essersi già realizzata e l’eventuale termine già scaduto. Entrambi questi requisiti devono risultare dal titolo. - Certezza Più che risultare dal titolo, è una conseguenza dell’esistenza stessa del titolo. In relazione al fatto che il titolo contiene un atto di accertamento, si potrà dire che il diritto risulta certo in quella concreta misura che l’ordinamento ha determinato e indicato come sufficiente. Non si tratta quindi di una certezza assoluta, ma di una certezza che l’ordinamento giudica sufficiente a fondare l’esecuzione forzata. All’art. 474, comma 2 cpc vengono elencati i titoli esecutivi distinguendo tra: TITOLI GIUDIZIARI Titoli che costituiscono il risultato di un processo di cognizione. Titoli giudiziali sono quindi: le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva (art. 474, comma 2 n. 1 cpc) ↓ SENTENZE. Con riguardo alle sentenze bisogna sottolineare che solo le sentenze di condanna possono fondare l’esecuzione forzata: costituiscono titolo esecutivo quando sono passate in giudicato o, pur non avendo ancora acquisito tale efficacia, sono dichiarate esecutive dalla legge. Inoltre, per effetto dell’art 282 cpc, provvisoriamente esecutive sono tutte le sentenze di primo grado, salva la sospensione dell’esecuzione in caso di impugnazione, di cui agli artt. 283 (“provvedimenti sull’esecuzione provvisoria in appello”) e 373 (“sospensione dell’esecuzione”) cpc, e salve le particolarità dell’esecutività delle sentenze di primo grado in materia di lavoro. In questi casi l’esecuzione può sovrapporsi alla cognizione e, se nei successivi sviluppi del processo di cognizione, la sentenza viene riformata o comunque privata dell’efficacia esecutiva, il processo di esecuzione si arresta (mancanza del titolo esecutivo) e sorge il diritto al ripristino della situazione anteriore. Lo stesso avviene in caso di accoglimento dell’opposizione all’esecuzione, ossia nel caso in cui si ha il fenomeno inverso della sovrapposizione della cognizione all’esecuzione. Nel caso di conferma in appello della sentenza di primo grado, il titolo esecutivo è costituito dalla sentenza di appello, che, se pronuncia nel merito, si sostituisce alla prima. PROVVEDIMENTI. I provvedimenti giudiziali diversi dalle sentenze ai quali la legge attribuisce efficacia esecutiva, sono ordinanze e decreti che, per particolari disposizioni di legge, decidono in via definitiva o provvisoria questioni che investono il diritto sostanziale. Tra i provvedimenti definitivi: » Decreto ingiuntivo » Ordinanza di convalida di licenza o sfratto » Ordinanza pronunciata all’esito del nuovo procedimento sommario di cognizione. Tra i provvedimenti non definitivi: » Ordinanza del presidente del tribunale nel giudizio di separazione dei coniugi o alle ordinanze di cui agli artt. 186bis, 186ter, 186quater e 423 cpc. ALTRI ATTI. Vengono qui in rilievo, ad es., i verbali di conciliazione. 7 TITOLI STRAGIUDIZIALI Titoli in cui l’accertamento si è formato per una strada diversa da quella del giudizio. Sono titoli stragiudiziali (formazione negoziale): le scritture private autenticate, relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in esse contenute, le cambiali, nonché gli altri titolo di credito ai quali la legge attribuisce espressamente la stessa efficacia (art. 474, comma 2 n. 2 cpc) e gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli (art. 474, comma 2 n. 3 cpc). La scelta concorse di una documentazione particolarmente solenne e rigorosamente formale o la partecipazione di un pubblico ufficiale alla redazione dell’atto, hanno la funzione di richiamare l’attenzione dei soggetti dell’atto stesso sulla circostanza che essi non soltanto documentano e quindi accertano un diritto, ma lo accertano con quelle particolari forme documentali alle quali la legge fa conseguire l’efficacia esecutiva, e dunque accertano quel diritto come eseguibile, così attribuendogli il requisito della certezza, in misura che la legge valuta sufficiente perché si possa fare luogo all’esecuzione forzata. Con riguardo al N. 2: titoli esecutivi sono soltanto gli atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva. Con riguardo al N. 3: l’efficacia esecutiva è attribuita soltanto a quegli atti e nei limiti in cui si riferiscono o ad obbligazioni aventi ad oggetto somme di denaro, sia contrattuali che unilaterali, o ad obbligazioni di consegna (di beni mobili) o rilascio (di beni immobili). Va tenuto presente che l’esecuzione per consegna o rilascio può avvenire in forza dei titoli esecutivi di cui al n. 3, ma anche di quelli di cui al n. 1. All’art. 474, comma 3 cpc si stabilisce che le scritture private autenticate di cui all’art. 474, comma 2 n. 2 debbono essere trascritte integralmente nel precetto ai sensi dell’art. 480, comma 2 cpc. Infine, in forza degli artt. 280 e 299 TFUE, l’efficacia di titolo esecutivo spetta anche alle decisioni di alcune istituzioni dell’Unione europea, senza necessità di delibazione, né di exequatur: - Sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea - Atti del Consiglio, della Commissione o della Banca centrale europea che comportino un obbligo pecuniario a carico di persone. È inoltre dotato di efficacia esecutiva in ogni stato membro, senza necessità di alcun procedimento delibatorio, sia il titolo esecutivo europeo limitatamente ai crediti non contestati, sia il provvedimento ingiuntivo europeo. La prosecuzione del processo esecutivo è IMPEDITA dalla sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo, che può essere disposta in sede di opposizione al precetto (art. 615 cpc). Quando l’efficacia del titolo esecutivo è SUBORDINATA ad una cauzione, l’esecuzione forzata non può essere iniziata finché la cauzione stessa non sia stata prestata (art. 478 cpc). 10. La spedizione in forma esecutiva. La successione nel processo esecutivo. L’art 475, comma 1 cpc dispone che le sentenze e gli altri provvedimenti dell’autorità giudiziaria e gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, per valere come titolo per l’esecuzione forzata, debbono essere muniti della formula esecutiva, salvo che la legge disponga diversamente. L’apposizione di questa formula, preceduta dall’intestazione “in nome della legge”, costituisce la spedizione del titolo in forma esecutiva. Si tratta di un requisito della copia dell’atto e che è più formalistico che formale. L’art. 475, comma 2 cpc sembra delineare una funzione di controllo circa la legittimazione del soggetto attivo del titolo a servirsi di esso perché stabilisce che la spedizione in forma esecutiva del titolo può farsi soltanto alla parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento o stipulata l’obbligazione o ai suoi successori. In realtà però questa funzione non è svolta dal giudice, ma dal cancelliere o dal notaio e quindi resta limitata agli aspetti puramente formali. 10 La notificazione del precetto quindi è un atto distinto dal precetto stesso, in quanto si tratta di un atto dell’ufficiale giudiziario. Al tempo stesso però, rispetto al precetto, è un atto strumentale e insostituibile. In pratica essa consiste nella consegna, da parte dell’ufficiale giudiziario, al destinatario di una copia autentica del precetto. La consegna deve essere documentata nella relazione di notificazione in calce ad entrambe le copie del precetto. La notificazione del precetto però non conserva indefinitamente la sua efficacia, che è limitata a 90 gg dalla notificazione: se entro questo termine l’esecuzione forzata non viene iniziata, l’avvenuta notificazione non è più utilizzabile, nel senso che per dare validamente inizio all’esecuzione occorre un nuovo atto di precetto da notificare. L’intimazione ad adempiere deve contenere la concessione di un termine, che deve essere interamente decorso prima che si possa dare validamente inizio all’esecuzione. La necessità di rispettare questo termine però è spesso controproducente perché il debitore potrebbe approfittarne per occultare i suoi beni o la cosa da consegnare, o comunque per pregiudicare i successivi atti esecutivi. Per ovviare a questo inconveniente la legge dispone che il capo dell’ufficio competente per l’esecuzione (tribunale) o un giudice da lui delegato può autorizzare l’esecuzione immediata, se vi è pericolo nel ritardo, eventualmente subordinando la concessione alla prestazione di una cauzione da parte del creditore procedente. L’autorizzazione è data con decreto scritto in calce al precetto e trascritto nella copia da notificarsi. Infine, agli effetti dell’interruzione della prescrizione, il precetto vale come costituzione in mora. 11 CAP III- L’ ESPROPRIAZIONE SEZIONE PRIMA: L’ ESPROPRIAZIONE FORZATA IN GENERALE 13. Nozione dell’espropriazione e le sue diverse forme L’art 2910 cc enuncia che il creditore, per conseguire quanto gli è dovuto, può far espropriare i beni del debitore secondo le regole stabilite dal cpc. L’espropriazione forzata è quel tipo di procedimento esecutivo che consiste nel sottrarre coattivamente al debitore determinati beni appartenenti al patrimonio di quest’ultimo e nel trasformarli, pure coattivamente, in denaro, per destinarli alla soddisfazione del creditore, in attuazione della loro funzione di garanzia generica dei crediti (art. 2740 cc: garanzia generiche che consegue alla responsabilità patrimoniale con tutti i beni presenti e futuri). L’espropriazione quindi è lo strumento processuale esecutivo finalizzato alla soddisfazione coattiva dei crediti di denaro, sia che questo fosse il loro oggetto originario, sia che siano stati trasformati in crediti di denaro proprio in vista della loro soddisfazione coattiva. L’espropriazione colpisce preferibilmente il denaro del debitore e i suoi beni più facilmente trasformabili in denaro, come i titoli di credito e gli oggetti preziosi (art. 517, comma 2 cpc), ma può comunque colpire ogni bene idoneo ad essere trasformato in denaro, come beni mobili, crediti o immobili. La disciplina dell’espropriazione concerne le modalità per sottrarre alla disponibilità giuridica del debitore e vincolare i beni del debitore stesso (pignoramento) e, quindi, per trasformarli coattivamente in denaro (vendita forzata, salvo il caso dell’assegnazione diretta). La disciplina in corso concerne poi le modalità per passare, col denaro così conseguito, a soddisfare sia il creditore che ha assunto l’iniziativa (creditore procedente), e sia gli eventuali altri creditori che abbiano approfittato di questa iniziativa per partecipare alla ripartizione del denaro (creditori intervenienti). La procedura di espropriazione si articola in diverse tappe: a. Pignoramento b. Eventuale intervento dei creditori c. Vendita forzata (o assegnazione) d. Distribuzione della somma ricavata Il codice detta innanzitutto una disciplina unica per ciascuno di questi istituti, quale che sia il bene oggetto dell’espropriazione; successivamente detta tre discipline integrative, concernenti gli aspetti particolari che ciascuno di questi istituti assume a seconda che l’espropriazione abbia ad oggetto: - Denaro o altri beni mobili = espropriazione mobiliare presso il debitore - Crediti del debitore o altre cose mobili appartenenti a questo ma non nella sua disponibilità, e perciò presso terzi = espropriazione presso terzi - Beni immobili = espropriazione immobiliare. La scelta della forma di espropriazione spetta al creditore, in relazione alla presenza dell’uno piuttosto che dell’altro tipo di beni nel patrimonio del debitore, ma nel rispetto delle limitazioni poste dal legislatore. Il codice non impone nessun ordine di priorità, se non per quanto riguarda i beni sui quali il creditore già fruisce di una garanzia reale, e consente anche al creditore di valersi cumulativamente dei diversi mezzi di espropriazione. In questo caso però, qualora l’azione cumulativa risulti eccessiva, il debitore può opporsi per ottenere dal giudice dell’esecuzione un’ordinanza non impugnabile che limiti l’espropriazione al mezzo scelto dal creditore o, in mancanza, determinato dal giudice (art. 483 cpc). Per i crediti dello Stato e di altri enti pubblici, l’espropriazione avviene secondo le regole della esecuzione esattoriale, che attribuisce l’azione esecutiva ai concessionari del servizio di riscossione. La disciplina dell’espropriazione è stata modificata dalla riforma del 2005, dal d.l. 132/2014 (legge 162/2014), dal d.l. 83/2015 (legge 132/2015) e dal d.l. 59/2016. 14. Il giudice dell’esecuzione 12 L’art 484 cpc enuncia che l’espropriazione è diretta da un giudice. Occorre però operare una distinzione tra: - Il giudice competente per l’esecuzione, che è l’ufficio giudiziario nel cui ambito può svolgersi una determinata esecuzione forzata - Il giudice dell’esecuzione, che è una determinata persona fisica di magistrato da designarsi di volta in volta. L’art. 484, comma 4 cpc stabilisce che al giudice dell’esecuzione si applicano le norme relative all’immutabilità del giudice istruttore e ai poteri direttivi e ordinatori del procedimento attribuiti a questo ultimo (artt. 174 e 175 cpc). L’art 487 cpc prevede poi, per i provvedimenti del giudice dell’esecuzione, la stessa forma dei provvedimenti del giudice della cognizione, cioè l’ordinanza, stabilendo che essi devono essere pronunciati e comunicati con le stesse modalità. Inoltre hanno le stesse caratteristiche di revocabilità e modificabilità, ma solo per ragioni di ordine oggettivo e fino a quando non abbiano avuto esecuzione. In realtà le figure del giudice d’esecuzione e del giudice della cognizione (vicine tra loro per quanto concerne la posizione formale di organo dell’ufficio giudiziario ed i poteri ordinatori del processo) divergono profondamente perché la cognizione si risolve in un giudizio, che necessita di un’autentica programmazione e a volte di una vera e propria anticipazione, mentre l’esecuzione si risolve in una serie di operazioni, che necessita solo di una programmazione di natura pratica, relativa ad es. ai tempi e ai modi della vendita forzata. Contro le ordinanze del giudice d’esecuzione non è normalmente proponibile reclamo al collegio, salvo che per le ordinanze relative all’estinzione del processo. Di regola l’iter per far valere eventuali illegittimità è quella dell’opposizione agli atti esecutivi. 15. L’iscrizione a ruolo dell’espropriazione e la formazione del fascicolo d’ufficio, la designazione del giudice d’esecuzione e le modalità generali delle udienze e degli atti dell’espropriazione. L’istituzione del “portale delle vendite pubbliche” L’art 484, comma 2 cpc dispone che la designazione del giudice d’esecuzione è compiuta dal presidente del tribunale, su presentazione del fascicolo a cura del cancelliere, entro 2gg dalla sua formazione. Il fascicolo al quale si riferisce questa norma è il fascicolo dell’esecuzione: il cancelliere infatti deve formare un fascicolo per ogni procedimento di espropriazione, nel qual sono inseriti tutti gli atti compiuti dal giudice d’esecuzione, dal cancelliere e dall’ufficiale giudiziario, nonché gli atti e i documenti depositati dalle parti e dagli eventuali interessati. La formazione del fascicolo avviene immediatamente dopo l’iscrizione a ruolo dell’espropriazione ad opera del creditore procedente (mediante presentazione alla cancelleria del giudice della nota di iscrizione a ruolo). Oltre all’iscrizione a ruolo, il creditore deve anche provvedere a depositare presso la cancelleria del giudice competente il titolo esecutivo e il precetto, con copie conformi, la cui conformità all’originale è attestata dall’avvocato del creditore. Anch’essi saranno inseriti nel fascicolo dell’esecuzione. Il titolo esecutivo deve essere inserito nel fascicolo dell’esecuzione in originale, salva l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione (o, prima della sua nomina, dal presidente del tribunale) a depositare, in luogo dell’originale, una copia autenticata, con l’obbligo di presentare l’originale a ogni richiesta del giudice (art. 488, comma 2 cpc). L’iscrizione a ruolo potrebbe essere effettuata anche ad opera di un soggetto diverso dal creditore procedente: l’art. 159ter disp. att. ammette che, ove prima che il creditore provveda all’iscrizione a ruolo sia depositato un atto o un’istanza ad opera di un soggetto diverso dal creditore procedente, questi deve depositare la nota di iscrizione a ruolo e una copia dell’atto di pignoramento. Inoltre, l’istanza di iscrizione a ruolo potrebbe provenire dall’ufficiale giudiziario: in tal caso, all’iscrizione provvede d’ufficio il cancelliere. Infine, a decorrere dal 2 gennaio 2016, il deposito telematico della nota di iscrizione a ruolo può essere effettuato dai soggetti di cui all’art. 16bis, comma 1 d.l. 179/2012: 15 pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti indicati nei rispettivi atti di intervento, dedotti i versamenti effettuati di cui deve essere data prova documentale. (…)” Art. 492, commi 4, 5 e 6 cpc ↓ “Quando per la soddisfazione del creditore procedente i beni assoggettati a pignoramento appaiono insufficienti ovvero per essi appare manifesta la lunga durata della liquidazione l'ufficiale giudiziario invita il debitore ad indicare ulteriori beni utilmente pignorabili, i luoghi in cui si trovano ovvero le generalità dei terzi debitori, avvertendolo della sanzione prevista per l'omessa o falsa dichiarazione. Della dichiarazione del debitore è redatto processo verbale che lo stesso sottoscrive. Se sono indicate cose mobili queste, dal momento della dichiarazione, sono considerate pignorate anche agli effetti dell'art. 388, comma 3 cp e l'ufficiale giudiziario provvede ad accedere al luogo in cui si trovano per gli adempimenti di cui all'art. 520 cpc oppure, quando tale luogo è compreso in altro circondario, trasmette copia del verbale all'ufficiale giudiziario territorialmente competente. Se sono indicati crediti o cose mobili che sono in possesso di terzi il pignoramento si considera perfezionato nei confronti del debitore esecutato dal momento della dichiarazione e questi è costituito custode della somma o della cosa anche agli effetti dell'art. 388, comma 4 cp quando il terzo, prima che gli sia notificato l'atto di cui all'art. 543 cpc, effettua il pagamento restituisce il bene. Se sono indicati beni immobili il creditore procede ai sensi degli art. 555 e ss. cpc. Qualora, a seguito di intervento di altri creditori, il compendio pignorato sia divenuto insufficiente, il creditore procedente può richiedere all'ufficiale giudiziario di procedere ai sensi dei precedenti commi ai fini dell'esercizio delle facoltà di cui all'art. 499, comma 4 cpc.” E cioè al fine di indicare ai creditori chirografari, tempestivamente intervenuti, l’esistenza di altri beni del debitore, utilmente pignorabili, ai quali estendere l’originario pignoramento. La norma (art. 492, comma 8 cpc) prevede anche l’ipotesi in cui sia debitore un imprenditore commerciale ↓ “Se il debitore è un imprenditore commerciale l'ufficiale giudiziario, previa istanza del creditore procedente, con spese a carico di questi, invita il debitore a indicare il luogo ove sono tenute le scritture contabili e nomina un commercialista o un avvocato ovvero un notaio iscritto nell'elenco di cui all'articolo 179-ter delle disposizioni per l'attuazione del presente codice per il loro esame al fine dell'individuazione di cose e crediti pignorabili. Il professionista nominato può richiedere informazioni agli uffici finanziari sul luogo di tenuta nonché sulle modalità di conservazione, anche informatiche o telematiche, delle scritture contabili indicati nelle dichiarazioni fiscali del debitore e vi accede ovunque si trovi, richiedendo quando occorre l'assistenza dell'ufficiale giudiziario territorialmente competente. Il professionista trasmette apposita relazione con i risultati della verifica al creditore istante e all'ufficiale giudiziario che lo ha nominato, che provvede alla liquidazione delle spese e del compenso. Se dalla relazione risultano cose o crediti non oggetto della dichiarazione del debitore, le spese dell'accesso alle scritture contabili e della relazione sono liquidate con provvedimento che costituisce titolo esecutivo contro il debitore” L’art. 492bis cpc prevede che, su istanza del creditore, il presidente del tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede, verificato il diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata, possa autorizzare l’ufficiale giudiziario a procedere alla ricerca di beni da pignorare con modalità telematiche, vale a dire mediante collegamento telematico diretto alle banche dati delle pubbliche amministrazioni o alle quali le stesse possono accedere e, in particolare, all’anagrafe tributaria, compreso l’archivio dei rapporti finanziari, al pubblico registro automobilistico e alle banche dati degli enti previdenziali. L’istanza in questione non può essere proposta prima che sia decorso il termine minimo per adempiere, indicato nel precetto e comunque non inferiore a 10gg dalla notificazione dello stesso (salvo pericolo nel ritardo). 16 Infine l’art 492, ultimo comma cpc aggiunge che quando la legge richiede che l’ufficiale giudiziario nel compiere il pignoramento sia munito del titolo esecutivo, il presidente del tribunale può concedere al creditore l’autorizzazione a depositare una copia autentica, in luogo dell’originale. Solo con il pignoramento, il generico assoggettamento di tutti i beni del debitore alla soddisfazione dei suoi debiti si concreta nell’assoggettamento specifico di determinati beni ad un determinato credito. Gli stessi beni però possono anche essere pignorati da più creditori, che possono compiere un unico pignoramento o pignoramenti successivi, indipendenti l’uno dall’ altro, anche se riuniti in un unico processo. In effetti il codice, anche nel disciplinare i diversi tipi di pignoramento, vuole la riunione dei processi espropriativi sullo stesso oggetto, riunione che deve essere disposta d’ufficio. Al momento del pignoramento inoltre il debitore può evitare in extremis il pignoramento stesso e il processo, versando nelle mani dell’ufficiale giudiziario la somma per cui si procede, con l’importo delle spese. Se invece il debitore non vuole effettuare il pagamento, perché intende opporsi o per qualsiasi altra ragione, ma vuole evitare gli inconvenienti del pignoramento di cose, può versare all’ufficiale giudiziario l’importo del credito e delle spese, aumentato di 2/10, offrendo questa somma come oggetto del pignoramento. La conversione può essere chiesta anche dopo il pignoramento, ma prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione, con un’istanza al giudice d’esecuzione e il versamento immediato di 1/5 dell’importo, che è destinato ad essere inglobato nei beni pignorati in caso di omissione o ritardo di oltre 15gg nel versamento del residuo. Il giudice d’esecuzione, sentite le parti, provvede con ordinanza, che ha l’effetto di liberare le cose pignorate (art. 495 cpc). L’istanza di conversione può essere proposta una sola volta, a pena di inammissibilità. Inoltre se si tratta di espropriazione immobiliare e ricorrono giustificati motivi, è ammesso anche il versamento rateale per un massimo di 18 mesi. Quando il valore dei beni pignorati è superiore all’importo dei crediti per cui si procede e delle spese, il giudice d’esecuzione può invece disporre, su istanza del debitore, la riduzione del pignoramento; mentre in caso di insufficienza dei beni, è prevista l’integrazione del pignoramento. Il pignoramento si attua con atto scritto, nell’espropriazione immobiliare e nell’espropriazione presso terzi; verbalmente nell’espropriazione mobiliare presso il debitore, ma anche in quest’ultimo caso viene documentato in un processo verbale. L’atto viene quindi depositato in cancelleria dall’ufficiale giudiziario, per la formazione del fascicolo. L’efficacia del pignoramento è assoggettata ad un termine di 45gg (art. 497 cpc). Se entro questo termine non viene compiuto il successivo atto d’impulso, cioè l’istanza di vendita o di assegnazione, il pignoramento diventa inefficace. In ogni caso l’efficacia del pignoramento cessa per effetto della chiusura anticipata del processo esecutivo. Questa chiusura anticipata, ai sensi dell’art. 164bis disp. att., può essere disposta anche d’ufficio dal giudice dell’esecuzione in caso di infruttuosità dell’espropriazione forzata iniziata, e cioè “quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo”. Vi sono infine dei casi in cui gli effetti propri del pignoramento sono già acquisiti indipendentemente dal compimento dell’atto di pignoramento: si tratta in particolare dei beni mobili dati in pegno o eccezionalmente assoggettati ad ipoteca. In questi casi quindi il codice consente l’istanza di vendita, senza il previo pignoramento (art. 502 cpc). 18. L’intervento dei creditori in generale Secondo l’art. 2740 cc il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazione con tutti i suoi beni presenti e futuri. L’art 2741 cc enuncia la regola della par condicio, stabilendo che i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazione, cioè privilegi, pegni e ipoteche. 17 La regola è però attenuta dalla disciplina dell’espropriazione che limita a favore di determinati creditori le possibilità degli altri di soddisfarsi sui beni pignorati. La soddisfazione sul ricavato della vendita infatti, pur non essendo riservata al creditore procedente, ma assoggettata ad una ripartizione proporzionale in caso di insufficienza a soddisfare tutti i creditori, è comunque limitata a vantaggio, oltre che del creditore procedente, degli altri creditori che abbiano effettuato un intervento nel processo espropriativo. I creditori intervenuti concorrono, insieme col creditore procedente, alla ripartizione del ricavato della vendita dei beni pignorati, in misura proporzionale al credito di ciascuno. Quindi, i terzi creditori intervenuto nel processo esecutivo già in corso, possono profittare dell’iniziativa assunta dal creditore precedente, dando luogo ad una ripartizione proporzionale che ha per oggetto soltanto alcuni beni (quelli pignorati) e riguarda soltanto alcuni creditori (quello procedente e gli intervenienti). Il codice però si preoccupa di evitare che l’espropriazione avvenga senza la partecipazione dei creditori che hanno un diritto di prelazione sui beni pignorati. Se ciò accadesse infatti la prelazione sarebbe del tutto inefficace, perché la vendita forzata libera il bene dai privilegi e dalle ipoteche (art. 586 cpc). In caso di pegno, lo spossessamento del debitore costituisce già un adeguata garanzia; negli altri casi invece l’art 498 cpc dispone che il creditore pignorante notifichi ai creditori assistiti da prelazione, risultante da pubblici registri, un avviso contenente l’indicazione del creditore pignorante, del credito per il quale si procede, del titolo e delle cose pignorate, entro 5gg dal pignoramento. Non si tratta di un termine perentorio, ma in mancanza della prova dell’avvenuta notificazione, il giudice non può provvedere sull’istanza di vendita o assegnazione: questo avviso ha la funzione di mettere i creditori assistiti da prelazione nella condizione di intervenire e di far valere la loro prelazione nel conseguente concorso. L’art 499, comma 1 cpc stabilisce inoltre che l’intervento è consentito: - Ai creditori muniti di titolo esecutivo - Ai creditori che al momento del pignoramento avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati ovvero avevano un diritto di pegno o un diritto di prelazione risultante dai pubblici registri - I titolari di crediti di somme di denaro risultanti dalle scritture contabili dell’imprenditore commerciale (art. 2214 cc) Il creditore privo di titolo esecutivo che interviene nell’esecuzione, invece, entro i 10 gg successivi al deposito, deve notificare al debitore una copia del ricorso e dell’estratto autentico notarile attestante il credito, se l’intervento nell’esecuzione ha luogo in forza di essa. Ai creditori chirografari, intervenuti tempestivamente, il creditore pignorante ha la facoltà di indicare, con atto notificato o all’udienza in cui è disposta la vendita o l’assegnazione, l’esistenza di altri beni del debitore utilmente pignorabili, e di invitarli ad estendere il pignoramento se sono forniti di titolo esecutivo o, altrimenti, ad anticipare le spese per l’estensione (art. 499, comma 4 cpc). Se i creditori intervenuti, senza giusto motivo, non estendono il pignoramento ai beni indicati entro il termine di 30 gg, il creditore pignorante ha diritto di essere loro preferito in sede di distribuzione. Art. 499, comma 5 cpc: con l’ordinanza con cui è disposta la vendita o l’assegnazione, il giudice fissa un’udienza di comparizione del debitore e di tutti i creditori intervenuti privi di titolo esecutivo, disponendone la notificazione ad cura di una delle parti. Tra la data dell’ordinanza e l’udienza fissata non possono decorrere più di 60 gg. All’udienza il debitore deve dichiarare quali dei crediti intende riconoscere e la relativa misura. Se il debitore non compare si intendono riconosciuti tutti i crediti. I creditori i cui crediti siano stati riconosciuti partecipano alla distribuzione della somma ricavata. Gli altri hanno diritto all’accantonamento delle somme che spetterebbero loro, sempre che ne facciano istanza e dimostrino di aver proposto entro i successivi 30 gg l’azione necessaria per munirsi di titolo esecutivo. 20 assoggettati al vagli dell’accertamento, di cui all’art. 512 cpc. Orientamento che appare confermato e perfezionato nell’art. 510, comma 3 cpc ↓ “L'accantonamento è disposto dal giudice dell'esecuzione per il tempo ritenuto necessario affinché' i predetti creditori possano munirsi di titolo esecutivo e, in ogni caso, per un periodo di tempo non superiore a tre anni.” CAP IV- L’ESECUZIONE DIRETTA O IN FORMA SPECIFICA 33. L’esecuzione per consegna o rilascio L’art 2930 cc enuncia l’eseguibilità specifica dell’obbligo di consegnare un bene mobile o rilasciare un bene immobile. 21 Disciplina comune alla procedura per consegna e alla procedura per rilascio: PRECETTO In questo caso il precetto, che deve essere notificato prima dell’inizio del procedimento, insieme o successivamente alla notificazione del titolo esecutivo, deve contenere un requisito in più: cioè la descrizione sommaria dei beni sui quali si intende procedere (art. 605, comma 1 cpc). Inoltre nell’intimazione ad adempiere, il creditore deve riferirsi al termine eventualmente disposto nel titolo esecutivo, che quindi potrebbe essere anche essere più lungo di quello previsto dall’art 482 cpc. I titoli esecutivi idonei a fondare questo tipo di esecuzione però sono solo quello di cui ai n1 e n. 3 dell’art 474 cpc, cioè le sentenze, i provvedimenti giudiziari e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva, nonché gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli. Si ritiene che l’esecuzione possa essere fondata anche sul verbale di conciliazione in quanto compreso tra gli “altri atti” di cui al n. 1. LE EVENTUALI DIFFICOLTA’ Qualora nel corso dell’esecuzione sorgano difficoltà che non ammettono dilazione, ciascuna parte può chiedere al giudice d’esecuzione anche verbalmente i provvedimenti temporanei opportuni (art. 610 cpc), che sono revocabili e modificabili. Tali difficoltà però sono solo questioni di opportunità o di modalità dell’esecuzione e non vere e proprie contestazioni di natura giuridica sulla legittimità del se o del come dell’esecuzione. Queste ultime infatti esigono un giudizio di cognizione e quindi possono essere sollevate solo con un opposizione. LE SPESE DELL’ESECUZIONE La funzione del giudice dell’esecuzione di liquidare, a norma degli artt. 91 ss. cpc, le spese dell’esecuzione: ciò che il giudice compie sulla base di una specifica effettuata dall’ufficiale giudiziario, con un decreto che costituisce titolo esecutivo. Il procedimento per consegna di cose mobili si realizza con un semplice atto dell’ufficiale giudiziario, a seguito di richiesta anche verbale del creditore. Dopo il compimento degli atti preliminari e il decorso del relativo termine, il creditore, esibendo titolo e precetto, può rivolgere la richiesta all’ufficiale giudiziario che, munito di titolo e precetto, si reca nel luogo in cui le cose si trovano e le ricerca con le modalità stabilite dall’art 513 cpc. Dopo averle rinvenute, se ne impossessa e le consegna alla parte istante o alla persona da lui designata. Se però le cose da consegnare risultano pignorate, la parte istante deve far valere le sue ragioni mediante opposizione. L’esecuzione per il rilascio di immobili inizia invece con la notifica dell’avviso con cui l’ufficiale giudiziario, debitamente richiesto, almeno 10 gg prima, comunica al debitore il gg e l’ora in cui procederà. Nel gg e nell’ora stabiliti l’ufficiale giudiziario, munito del titolo e del precetto, si reca sul luogo dell’esecuzione e, avvalendosi eventualmente della forza pubblica, immette la parte istante o una persona da lei designata nel possesso dell’immobile. Qualora l’immobile sia detenuto da terzi, ad es. conduttori o affittuari, la detenzione non impedisce il trasferimento del possesso. L’ufficiale giudiziario quindi ingiunge al detentore di riconoscere il nuovo possessore. Se invece il terzo vanta un titolo di possesso autonomo da quello del debitore, o comunque non assoggettato espressamente dalla legge all’efficacia del titolo contro il debitore, l’esecuzione in linea di principio non può proseguire finché non sia stata respinta l’opposizione del detentore o fino a quando il creditore non si sia munito di un titolo nei suoi confronti. L’eventuale sequestro o pignoramento dell’immobile invece non ne impedisce il rilascio, a differenza di quanto avviene per la consegna di cose mobili. Quando nell’immobile si trovano beni mobili che non devono essere consegnati, l’ufficiale giudiziario intima alla parte tenuta al rilascio ovvero a colui al quale gli stessi risultano appartenere di asportarli, assegnandogli un termine (art. 609 cpc). Quando entro il termine l’asporto non è stato 22 eseguito l’ufficiale giudiziario, su richiesta e a spese della parte istante, determina il presumibile valore di realizzo dei beni ed indica le prevedibili spese di asporto e custodia. Quando il valore dei beni è superiore alle spese di asporto e di custodia, l’ufficiale giudiziario, a spese della parte istante, nomina un custode e lo incarica di trasportare i beni in un altro luogo. In difetto di istanza e di pagamento anticipato delle spese, se non appare evidente l’utilità del tentativo di vendita, i beni sono considerati abbandonati e l’ufficiale giudiziario ne dispone lo smaltimento o la distruzione. Quando invece è disposta la vendita, il custode provvede alla vendita senza incanto nelle forme previste per i beni mobili pignorati. La somma ricavata è impiegata per il pagamento delle spese e dei compensi per la custodia, l’asporto e la vendita. Colui al quale i beni appartengono può chiedere, previo pagamento delle spese e dei compendi per la custodia e per l’asporto, la consegna al giudice dell’esecuzione per il rilascio anche dopo decorso il termine fissato nell’intimazione dell’ufficiale giudiziario, ma prima che sia disposta la vendita o lo smaltimento o la distruzione. Se le cose mobili presenti nell’immobili sono pignorate o sequestrate, l’ufficiale giudiziario dà immediatamente notizia dell’avvenuto rilascio al creditore su istanza del quale fu eseguito il pignoramento o il sequestro e al giudice dell’esecuzione per l’eventuale sostituzione del custode. L’ufficiale giudiziario può avvalersi dell’assistenza della forza pubblica: l’effettiva concessione di questa assistenza è affidata alla discrezionalità dell’autorità amministrativa. L’eventuale pignoramento o sequestro dell’immobile non ne impedisce il rilascio. Le spese anticipate dal procedente sono specificate dall’ufficiale giudiziario nel verbale e sono poi liquidate a norma degli artt. 91 ss. cpc dal giudice dell’esecuzione con decreto che costituisce titolo esecutivo (art. 611 cpc). Se i beni appartenevano al soggetto tenuto al rilascio, l’eventuale eccedenza è utilizzata per il pagamento delle spese di esecuzione. Art. 608bis cpc ↓ “L'esecuzione di cui all'articolo 605 si estingue se la parte istante, prima della consegna o del rilascio, rinuncia con atto da notificarsi alla parte esecutata e da consegnarsi all'ufficiale giudiziario procedente” L’estinzione quindi non necessita di accettazione e può essere dichiarata con ordinanza del giudice d’esecuzione. 34. L’esecuzione forzata degli obblighi di fare o non fare Per quanto riguarda l’esecuzione forzata degli obblighi di fare o non fare, il limite all’utilizzazione di questo strumento processuale non è dato dalla natura del diritto da cui è sorto l’obbligo di fare o non fare, ma dall’obbiettiva impossibilità di eseguire coattivamente gli obblighi di fare infungibili. Il codice inoltre riconduce questo procedimento solo alla sentenza di condanna, lasciando intendere che questo titolo esecutivo è l’unico idoneo a fondare questo tipo di esecuzione. L’impiego di questa procedura presuppone inoltre una valutazione circa la fungibilità dell’obbligo, che deve emergere inequivocabilmente da un provvedimento giudiziario. Questa conclusione tuttavia è stata contrastata da una sentenza della corte costituzionale, secondo la quale il verbale di conciliazione offrirebbe le stesse garanzie della sentenza. Successivamente è quindi intervenuto il d.lgs. 28/2010 che ha espressamente previsto che il verbale di conciliazione costituisce titolo esecutivo anche per l’esecuzione in forma specifica. In questo procedimento inoltre il giudice d’esecuzione ha un ruolo essenziale perché l’atto su cui si basa il successivo iter procedimentale è il provvedimento che determina le modalità dell’esecuzione. Il creditore infatti, dopo il compimento degli atti preliminari, deve inoltrare al giudice d’esecuzione un ricorso, col quale chiede che siano determinate le modalità dell’esecuzione. Il giudice d’esecuzione, per attuare il contraddittorio, dispone l’audizione delle parti e dopo averle sentite pronuncia l’ordinanza con cui determina le modalità dell’esecuzione, designando l’ufficiale giudiziario che deve procedervi e le persone che devono provvedere al compimento dell’opera non eseguita o all’eliminazione di quella compiuta. - Se l’ordinanza si mantiene nei limiti della sua funzione integratrice rispetto al titolo, la sua natura ordinatoria e la sua revocabilità ne escludono l’impugnabilità sia con l’appello, sia con 25 Es. sostengo di aver adempiuto il debito dopo il passaggio in giudicato della sentenza In quest’ultimo caso, cioè nella opposizione di merito all’esecuzione, il possibile ambito delle contestazioni è diverso a seconda che il titolo sia giudiziale o stragiudiziale. - La natura giudiziale del titolo infatti fa sì che le contestazioni di merito o processuali incontrano il limite generale e assoluto determinato dal giudicato, che copre il dedotto e il deducibile e sana i vizi processuali. Di conseguenza le contestazioni potranno fondarsi soltanto su fatti estintivi o impeditivi successivi alla formazione del giudicato. Inoltre quando si tratta di sentenza esecutiva, non ancora passata in giudicato, le contestazioni incontrano il limite generale determinato dalla litispendenza o dalle preclusioni eventualmente verificatesi, nel senso che le eccezioni e contestazioni di merito o processuali costituiscono già oggetto del giudizio di impugnazione e comunque non possono essere sollevate se non in quella sede, salvi i vizi di inesistenza. - Quando invece si tratta di un titolo stragiudiziale, questi limiti non esistono. Il codice distingue inoltre tra: a. OPPOSIZIONE PREVENTIVA (art. 615, comma 1 cpc): sollevata prima dell’inizio dell’esecuzione Anche quando il processo esecutivo non è ancora iniziato, infatti, la notificazione del precetto è sufficiente a prospettare l’inizio di un’esecuzione sufficientemente individuata nel titolo e nell’oggetto, così da rendere attuale l’interesse ad opporsi. D’altra parte però non si ravvisa la necessità di un collegamento tra l’opposizione e il processo esecutivo non ancora iniziato. Di conseguenza l’opposizione si instaura con un normale atto di citazione del debitore contro il creditore davanti al giudice competente secondo le regole generali (artt. 17 e 27 cpc). Tuttavia, dato che il debitore teme comunque le possibili conseguenze dell’esecuzione, l’art 615 cpc dispone che il giudice, concorrendo gravi motivi, sospende su istanza di parte l’efficacia esecutiva del titolo. A questo punto si svolge un normale processo di cognizione, che si chiude con sentenza destinata ad influire sul titolo per negare o riaffermare la sua efficacia. b. OPPOSIZIONE CONTESTUALE o REPRESSIVA (art. 615, comma 2 cpc): sollevata dopo l’inizio dell’esecuzione Quando l’esecuzione è già iniziata, l’opposizione va proposta con ricorso al giudice d’esecuzione che fissa, con decreto in calce al ricorso stesso, l’udienza di comparizione delle parti e un termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto. All’udienza il giudice d’esecuzione, che assomma le funzioni di organo del processo esecutivo e di giudice dell’opposizione, si pronuncia sull’eventuale istanza di sospensione dell’esecuzione, concedendo la sospensione qualora sussistano gravi motivi, con ordinanza reclamabile ex art. 669terdecies cpc. A questo punto il giudizio di opposizione si svolge in modo autonomo secondo le regole del giudizio di cognizione, a cominciare da quelle sulla competenza. L’art 616 cpc stabilisce infatti che, se competente per la causa è l’ufficio giudiziario cui appartiene il giudice d’esecuzione, questo fissa un termine perentorio min 1mese, max 3mesi per l’introduzione del giudizio di merito secondo le modalità previste in ragione della materia e del rito, previa iscrizione a ruolo, a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all’art. 163bis cpc, o altri, se previsti, ridotti alla metà. Altrimenti rimette la causa dinanzi all’ufficio giudiziario competente assegnando un termine perentorio per la riassunzione della causa. La parte convenuta si può costituire con comparsa di risposta e può svolgere la sua attività difensiva che di solito consiste nella richiesta del rigetto dell’opposizione con la contestazione del suo fondamento sia processuale che di merito. Si ritiene però che il creditore opposto possa anche superare l’ambito della semplice attività difensiva e proporre anche una domanda riconvenzionale, ad es. per ottenere una sentenza di condanna, se l’esecuzione si svolge sul fondamento di un titolo stragiudiziale. Se invece il creditore procedente rinuncia al precetto, non ne consegue l’estinzione dell’opposizione, ma 26 la cessazione della materia del contendere. Negli altri casi, la causa è decisa con sentenza impugnabile con i mezzi ordinari. La sentenza può essere:  Di rigetto dell’opposizione. In questo caso la sentenza ha portata di mero accertamento della proseguibilità dell’esecuzione, sotto il profilo dedotto come motivo dell’opposizione.  Di accoglimento dell’opposizione. In questo caso, la sentenza passata in giudicato ha portata dichiarativa e nega l’esistenza o l’efficacia attuale del titolo esecutivo o comunque dell’azione esecutiva nel suo concreto esercizio, con la conseguente invalidazione degli atti compiuti e negazione radicale del potere di iniziare o proseguire il processo esecutivo. L’opposizione all’esecuzione non è assoggettata ad alcun termine, ma presupponendo la pendenza del processo esecutivo, non può essere proposta dopo la pronuncia del provvedimento che chiude questo processo. Questo regime di proponibilità senza limiti dell’opposizione è stato parzialmente modificato dal d.l. 59/2016 con riferimento alla sola ESPROPRIAZIONE FORZATA: “nell’esecuzione per espropriazione l’opposizione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l’assegnazione a norma degli artt. 530, 552, 569, salvo che sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero l’opponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile”. Questa procedura è estesa dal codice (art. 615, comma 2 cpc) anche al caso dell’opposizione che riguarda la PIGNORABILITA’ DEI BENI, ossia al caso in cui il pignoramento abbia colpito beni obbiettivamente impignorabili (quindi già iniziata l’esecuzione). Regime impugnatorio delle opposizioni: - Le sentenze che hanno deciso opposizioni alle esecuzioni pubblicate tra il 1 marzo 2006 e il 4 luglio 2009 sono soggette a ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. - Le sentenza che hanno deciso opposizioni alle esecuzioni, pubblicate successivamente alla predetta data del 4 luglio 2009, sono invece appellabili in virtù del nuovo regime impugnatorio dell’art. 616 cpc, come novellato dalla legge 69/2009 37. L’opposizione agli atti esecutivi Con l’opposizione agli atti esecutivi si contesta il “come” dell’esecuzione e di conseguenza si allarga l’ambito dei soggetti legittimati che sono, oltre al debitore e al terzo assoggettato all’esecuzione, anche tutti i soggetti destinatari dei singoli atti, compresi gli intervenienti e quelli che nel processo esecutivo hanno un ruolo marginale. La legittimazione passiva spetta alla parte istante, ma anche i creditori intervenuti e gli altri interessati coinvolti sono litisconsorti necessari. L’interesse che sta alla base di questa opposizione è evidentemente finalizzato all’invalidazione dell’esecuzione. In particolare non si nega che il creditore abbia l’azione esecutiva, ma si contesta la legittimità del modo con cui l’azione è stata esercitata o preannunciata: si contesta cioè la regolarità formale dei singoli atti. Anche l’opposizione agli atti esecutivi si distingue a seconda che: - Opposizione proposta prima dell’inizio dell’esecuzione. Questa ipotesi è configurata dall’art 617 cpc ed è la CONTESTAZIONE DELLA REGOLARITÀ FORMALE DEL TITOLO ESECUTIVO O DEL PRECETTO (sono gli unici atti relativi al processo esecutivo anteriori all’inizio del processo stesso). In questo caso l’opposizione si propone con atto di citazione davanti al giudice indicato dall’art. 480, comma 3 cpc (= giudice competente per l’esecuzione) da notificarsi entro 20gg dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto: questo termine è un elemento caratteristico e costante dell’opposizione di cui trattasi = si può dire, infatti, in linea generale, che questa opposizione va sempre proposta entro 20gg dal compimento o dalla notificazione dell’atto che si assume viziato o irregolare. A tal proposito occorre sottolineare che se invece si sostenesse la nullità del titolo, si rientrerebbe nel campo dell’opposizione all’esecuzione. - Opposizione proposta dopo l’inizio dell’esecuzione. 27 Diverse ipotesi:  CONTESTAZIONE della VALIDITA’ DELLA NOTIFICAZIONE DEL TITOLO O DEL PRECESSTO o della REGOLARITA’ DEL TITOLO O DEL PRECETTO che non sia stato possibile far valere prima dell’inizio dell’esecuzione: il termine di 20 gg decorre dal compimento del primo atto di esecuzione.  CONTESTAZIONE della REGOLARITA’ DI UN QUALSIASI ATTO SUCCESSIVO ALL’INIZIO DELL’ESECUZIONE: il termine di 20gg decorre dal giorno del compimento di ciascun singolo atto, e comunque dal momento in cui le parti del processo esecutivo vengono a conoscenza dell’atto stesso o dell’atto successivo che necessariamente lo presuppone o dell’atto conclusivo della relativa fase. In tutti questi casi di opposizione successiva all’inizio dell’esecuzione, l’opposizione va proposta con ricorso al giudice dell’esecuzione. Il giudice d’esecuzione fissa (art. 618, comma 1 cpc) con decreto l’udienza di comparizione delle parti e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto, pronunciando nei casi urgenti gli eventuali provvedimenti opportuni. All’udienza il giudice d’esecuzione dà con ordinanza i provvedimenti che ritiene indilazionabili ovvero sospende la procedura. In caso di sospensione fissa un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito (in realtà si tratta della prosecuzione in altra fase di un giudizio già pendente), previa iscrizione a ruolo a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all’art 163 bis cpc o altri, se previsti, ridotti alla metà. La causa è decisa con sentenza non impugnabile (salvo solo il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost.). In entrambe le ipotesi, il giudizio si svolge con le regole proprie del giudizio di cognizione. Parte della dottrina considera l’opposizione agli atti esecutivi come una fase incidentale inserita nel processo esecutivo, considerano il giudizio sull’opposizione agli atti esecutivi come meno autonomo rispetto al processo esecutivo, di quanto non lo sia il giudizio sull’opposizione all’esecuzione. Questa opinione in effetti si spiega col fatto che la competenza resta ferma nel giudice competente per l’esecuzione, anche se è esclusa la coincidenza nella stessa persona tra il giudice d’esecuzione e l’istruttore della causa, e nel fatto che la relativa sentenza non è impugnabile. Tuttavia la non impugnabilità è comunque temperata dalla possibilità di proporre il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost per tutti i motivi previsti dall’art 360 cpc. - L’eventuale accoglimento dell’opposizione dà luogo alla dichiarazione di nullità degli atti esecutivi contestati e degli atti successivi che dipendono da essi, quindi eventualmente nei confronti dell’intero processo esecutivo. La nullità però non ha effetto nei confronti dei terzi acquirenti, salvo il caso di collusione. - In caso di rigetto dell’opposizione, se non c’è stata sospensione, non c’è bisogno di riassunzione e il processo esecutivo può senz’ altro proseguire. Nulla impedisce che: a. Col medesimo atto vengano proposte congiuntamente sia un’opposizione all’esecuzione e sia un’opposizione agli atti esecutivi b. Contro due distinte pronunce contenute in una sentenza formalmente unica, siano proposte le due distinte opposizioni ed eventualmente le due successive distinte impugnazioni. 38. L’opposizione del terzo nel processo esecutivo Con l’opposizione di terzo, il codice contempla anche la possibilità di opposizione da parte di un soggetto che, pur non essendo giuridicamente parte nell’esecuzione, viene di fatto e illegittimamente coinvolto in modo che, se l’esecuzione giungesse a termine, il terzo subirebbe l’ingiusto sacrificio dei suoi diritti. Nell’espropriazione mobiliare presso il debitore, ad es., può accadere che l’ufficio giudiziario pignori per errore i beni di un terzo, nella convinzione che essi appartengano al debitore, secondo la presunzione conseguente al fatto che si trovano in luoghi 30 La ragione della sospensione: - Nel processo di cognizione tale ragione sta sempre nel atto che il giudizio in corso dipende dall’esito di un altro giudizio (pregiudizialità) - Nel processo esecutivo la ragione della sospensione solo eccezionalmente consiste nel rapporto di pregiudizialità. Molto più spesso la ragione della sospensione sta nel fatto che in un giudizio di cognizione in corso, in sede di impugnazione o di opposizione, si contesta l’esistenza dell’azione esecutiva o la legittimità delle modalità con cui si sta svolgendo. Si tratta quindi di ragioni di opportunità, con finalità di natura genericamente cautelare. L’organo strutturalmente qualificato a disporre la sospensione è il giudice d’esecuzione (art. 623 cpc), salva però l’ipotesi che la sospensione sia disposta dalla legge o dal giudice davanti al quale è impugnato il titolo esecutivo, con evidente riferimento all’impugnazione di provvedimenti giudiziari esecutivi, ma non ancora passati in giudicato. Esempi tipici sono: o Potere di sospensione attribuito al giudice di secondo grado in sede d’ appello (art. 283 cpc) o Potere di sospensione attribuito al giudice di secondo grado in pendenza del ricorso per cassazione (art. 373 cpc) o Potere di sospensione attribuito al giudice della revocazione (art. 401 cpc) o Potere di sospensione attribuito al giudice dell’opposizione di terzo (art. 404 cpc). L’art 624 cpc disciplina in particolare la SOSPENSIONE A SEGUITO DELLE OPPOSIZIONI ESECUTIVE di cui agli artt. 615 e 619 cpc, comprese le controversie che sorgono in sede di distribuzione della somma ricavata. La norma non prende in considerazione l’opposizione agli atti esecutivi perché per questa ipotesi lo stesso art. 618 cpc attribuisce al giudice d’esecuzione il potere di pronunciare i provvedimenti opportuni. Per di più il fatto stesso della proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi sospende il decorso del termine di efficacia del pignoramento. Contro l’ordinanza che provvede sull’istanza di sospensione è ammesso reclamo ai sensi dell’art 669terdecies cpc. Art. 624, commi 3 e 4 cpc ↓ “Nei casi in cui viene disposta la sospensione, se l’ordinanza non viene reclamata o viene confermata in sede di reclamo, e il giudizio di merito non è stato introdotto nel termine perentorio assegnato, il giudice d’esecuzione dichiara anche d’ufficio con ordinanza l’estinzione del processo e ordina la cancellazione della trascrizione del pignoramento, provvedendo anche sulle spese. L’ordinanza è reclamabile ai sensi dell’art. 630, comma 3 cpc. La disposizione di cui al comma 3 si applica, in quanto compatibile, anche al caso di sospensione del processo disposta ai sensi dell’art. 618 cpc” Una particolare ipotesi di sospensione è disciplinata dall’art 624bis cpc (SOSPENSIONE SU ISTANZA DELLE PARTI) ↓ “Il giudice dell'esecuzione, su istanza di tutti i creditori muniti di titolo esecutivo, può, sentito il debitore, sospendere il processo fino a 24mesi. L'istanza può essere proposta fino a 20 gg prima della scadenza del termine per il deposito delle offerte di acquisto o, nel caso in cui la vendita senza incanto non abbia luogo, fino a 15 giorni prima dell'incanto. Sull'istanza, il giudice provvede nei 10 gg successivi al deposito e, se l'accoglie, dispone, nei casi di cui l'art. 490, comma 2 cpc, che, nei 5 gg successivi al deposito del provvedimento di sospensione, lo stesso sia comunicato al custode e pubblicato sul sito Internet sul quale è pubblicata la relazione di stima. La sospensione è disposta per una sola volta. L'ordinanza è revocabile in qualsiasi momento, anche su richiesta di un solo creditore e sentito comunque il debitore. Entro 10 gg dalla scadenza del termine la parte interessata deve presentare istanza per la fissazione dell'udienza in cui il processo deve proseguire. Nelle espropriazioni mobiliari l'istanza per la sospensione può essere presentata non oltre la fissazione della data di asporto dei beni ovvero fino a 10 gg prima della data della vendita se 31 questa deve essere espletata nei luoghi in cui essi sono custoditi e, comunque, prima della effettuazione della pubblicità commerciale ove disposta. Nell’espropriazione presso terzi l’istanza non può essere proposta dopo la dichiarazione del terzo.” L’art 625 cpc dispone poi che sull’istanza di sospensione il giudice provvede con ordinanza, sentite le parti. Solo nei casi urgenti, il giudice può disporre la sospensione prima di instaurare il contraddittorio, provvedendo con un decreto con cui fissa l’udienza di comparizione delle parti (= il giudice provvede con ordinanza che può essere anticipata con decreto). All’udienza provvede con ordinanza. L’art 627 cpc disciplina l’iter per la ripresa del processo, che avviene con un atto impropriamente definito riassunzione (= il processo esecutivo viene riassunto con ricorso al giudice d’esecuzione). La norma prevede un ricorso che deve essere inoltrato nel termine perentorio fissato dal giudice d’esecuzione e in ogni caso non più tardi di 6mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado che rigetta l’opposizione, e comunque dalla cessazione degli effetti della sospensione, senza che ci sia bisogno di una revoca. Il giudice d’esecuzione provvede con ordinanza reclamabile al collegio ex art 630 cpc. 40. L’estinzione del processo esecutivo L’estinzione del processo esecutivo può avvenire: - Per RINUNCIA Rinuncia da compiere prima dell’aggiudicazione o dell’assegnazione personalmente dal creditore procedente e dai creditori intervenuti (art. 629 cpc). La rinuncia dei creditori intervenuti è però necessaria solo se sono muniti di titolo esecutivo. Se però la rinuncia avviene dopo la vendita, è necessario che sia effettuata anche dai creditori non muniti di titolo. Si applica, in quanto compatibile, l’art 306 cpc che disciplina la rinuncia nel processo esecutivo - Per INATTIVITA’ DELLE PARTI L’inattività delle parti si verifica o per difetto di atti di impulso (prosecuzione o riassunzione) nel termine perentorio fissato dalla legge o dal giudice (art. 630, comma 1 cpc), o per mancata comparizione all’udienza, o per omessa pubblicità sul “portale delle vendite pubbliche”, per causa imputabile al creditore procedente o al creditore intervenuto munito di titolo esecutivo. Bisogna però tenere presente che dalle udienze alla cui diserzione consegue l’estinzione va esclusa quella in cui ha luogo la vendita. L’art 630, comma 2 cpc stabilisce inoltre che l’estinzione opera di diritto ed è dichiarata, anche d’ufficio, con ordinanza del giudice d’esecuzione, non oltre la prima udienza successiva al suo verificarsi. Se pronunciata fuori dall’udienza, l’ordinanza è comunicata a cura del cancelliere: questo ovviamente non impedisce alla parte interessata di eccepire la sopravvenuta estinzione, purché lo faccia non oltre la prima udienza successiva. Se poi questa udienza si svolge senza che l’estinzione sia rilevata o eccepita, ciò presuppone l’avvenuto superamento della ragione di estinzione con un implicito accordo di prosecuzione. In base all’art. 630, comma 3 cpc, contro l’ordinanza che dichiara l’estinzione o rigetta l’eccezione è ammesso reclamo al collegio da parte del debitore, del creditore pignorante o degli altri creditori nel termine perentorio di 20 gg. Il collegio provvede in camera di consiglio con sentenza appellabile. Conseguenze dell’estinzione:  Se l’estinzione si verifica prima dell’aggiudicazione o dell’assegnazione, tutti gli atti compiuti in precedenza diventano inefficaci e il processo esecutivo, in pratica, non produce alcuna conseguenza. 32  Se invece avviene dopo l’aggiudicazione o l’assegnazione, le conseguenze di questi atti sono ormai intangibili, ma la somma ricavata appartiene ancora al debitore e quindi deve essergli restituita. Se quando si verifica l’estinzione pendono opposizioni, bisogna distinguere: a. Se si tratta di contestazioni sul “come”, si ha cessazione della materia del contendere b. Se si tratta di contestazioni sul “se”, non si ha cessazione della materia del contendere, perché il giudizio è autonomo in quanto investe i rapporti tra creditore, debitore ed eventualmente un terzo. Anche nel processo esecutivo, le spese del processo estinto restano a carico di chi le ha anticipate. Infine occorre ricordare che nel processo esecutivo non opera l’interruzione. PARTE SECONDA – I PROCEDIMENTI SPECIALI CAP VII – I PROCEDIMENTI SPECIALI IN GENERALE 41. Generalità sui procedimenti speciali 35 → Il requisito della prova scritta è di regola sostituito con quello della parcella sottoscritta dal creditore e corredata dal parere della competente associazione professionale. - LA PROVA SU CUI TALE DIRITTO SI FONDA Tranne che nel caso di crediti professionali basati su parcelle vistate, l’accesso alle forme del procedimento ingiuntivo dipende anche dal fatto che del diritto fatto valere si fornisca una prova scritta. Tuttavia la nozione di prova scritta che viene in rilievo non è quella che emerge dalla disciplina del cc. La differenza consiste in un allargamento della portata probatoria dovuto al fatto che in assenza di contraddittorio non esiste onere di contestazione, con la conseguenza che non si può configurare un’efficacia probatoria legale. Ciò dà luogo ad un ampio affidamento alla libera valutazione del giudice. In concreto questa nozione allargata comprende anche lo scritto proveniente da un terzo e le scritture private provenienti dal debitore. Inoltre gli estratti autentici delle scritture contabili di un imprenditore, regolarmente bollate e vidimate, costituiscono prova a suo favore non solo nei confronti di altri imprenditori, ma anche nei confronti di chi non è imprenditore. - TALUNE MODALITA’ PARTICOLARI CHE CONCERNONO L’IPOTESI CHE IL DIRITTO FATTO VALERE DIPENDA DA UNA CONTROPRESTAZIONE Infine con riguardo all’ipotesi che il diritto dipenda da una controprestazione o da una condizione, occorre che il ricorrente offra elementi idonei a far presumere l’adempimento della sua prestazione o l’avveramento della condizione. 44. La fase senza contraddittorio o fase ingiuntiva in senso stretto La domanda introduttiva del procedimento ingiuntivo è proposta, anziché con citazione, con ricorso. La differenza sta nel fatto che il ricorso si rivolge direttamente al giudice, senza prima provocare l’altra parte al contraddittorio. Quanto al resto, deve corrispondere al contenuto indicato dall’art 125 cpc e contenere: - L’indicazione del giudice competente, del creditore e del debitore - L’esposizione del fatto - L’affermazione del credito - L’indicazione delle prove scritte che si producono - L’elezione di domicilio Quando la domanda riguarda la consegna di una quantità di cose fungibili, il ricorrente deve anche dichiarare la somma di denaro che è disposto ad accettare in mancanza della prestazione in natura. Il ricorso, una volta redatto, corredato con la procura al difensore e sottoscritto dal procuratore, NON viene notificato all’altra parte, ma viene senz’altro depositato, insieme ai documenti che costituiscono la necessaria prova scritta, nella cancelleria del giudice competente, cioè il giudice di pace o il tribunale in composizione monocratica che sarebbe competente per la domanda proposta in via ordinaria (art. 637, comma 1 cpc) → NB Art. 16bis d.l. 179/2012: proprio con riferimento al procedimento ingiuntivo e ad esclusione del giudizio di opposizione, ha previsto che, a decorrere dal 30 giugno 2014, il deposito dei provvedimenti, degli atti di parte e dei documenti ha luogo esclusivamente con modalità telematiche. Il ricorso è immediatamente sottoposto all’esame del giudice che, pronunciandosi inaudita altera parte, può rigettare o accogliere la domanda:  Il rigetto della domanda (art. 640 cpc) consegue: a. Al difetto di uno o più presupposti specifici, oltre che dei presupposti processuali generali e delle condizioni dell’azione b. Ad un’insufficiente giustificazione della domanda In questo caso però il giudice, prima di rigettare la domanda, dispone che il cancelliere inviti il ricorrente ad integrare la documentazione. Se questa integrazione non viene 36 effettuato o risulta insufficiente, o comunque la domanda non appare fondata, il giudice la rigetta con decreto motivato, che non pregiudica in alcun modo la riproposizione della domanda né in via ingiuntiva né in via ordinaria perché essendo pronunciato inaudita altera parte non dà luogo al giudicato.  Se invece esistono le condizioni richieste dalla legge, il giudice accoglie la domanda (art. 641 cpc) con un decreto motivato, steso in calce al ricorso, entro 30 gg dal deposito del ricorso stesso. Si tratta quindi del decreto ingiuntivo col quale il giudice ingiunge al ritenuto debitore di adempiere l’obbligazione, entro 40 gg dalla notificazione del decreto. Il termine può essere ridotto fino a 10 gg o aumentato fino a 60 gg, per giusti motivi. Nello stesso decreto è poi contenuto l’espresso avvertimento: » Che, entro il termine assegnato, il debitore può proporre opposizione e » Che se il termine trascorre senza che sia stata proposta opposizione, si procederà ad esecuzione forzata. Il giudice inoltre liquida a favore del creditore le spese del procedimento e ne ingiunge il pagamento. Il codice contempla poi alcune ipotesi eccezionali in cui il decreto ingiuntivo deve o può essere dichiarato provvisoriamente esecutivo su istanza del ricorrente: a) Se il credito è fondato su cambiale, assegno, certificato di borsa o atto notarile o comunque su atto pubblico, e sempre che il creditore ne abbia fatto richiesta col ricorso b) Se il credito concerne il recupero di contributi obbligatori da parte degli enti previdenziali → il giudice attribuisce al decreto efficacia esecutiva provvisoria, ingiungendo al debitore di adempiere l’obbligazione immediatamente e autorizzando, in mancanza, l’esecuzione provvisoria. Ciò naturalmente non costituisce ostacolo alla proposizione dell’opposizione. Oltre che per queste ragioni di particolare qualificazione della prova scritta, l’esecutorietà provvisoria può essere attribuita al decreto ingiuntivo, nel momento in cui viene pronunciato: a) Nell’eventualità che sussista un pericolo di grave pregiudizio nel ritardo, che però deve essere dimostrato, anche se sommariamente b) Nel caso in cui il ricorrente produce documentazione sottoscritta dal debitore comprovante il diritto fatto valere. In ciascuno di questi casi il giudice può imporre una cauzione. Mentre solo nell’ipotesi di periculum in mora e di documentazione firmata dal debitore, il giudice può anche dispensare il creditore dall’osservanza del termine, non inferiore a 10 gg, che di solito deve essere concesso con il precetto. Il ricorrente deve provvedere alla notificazione del ricorso e del decreto in copia autentica, entro 60 gg dalla pronuncia. In mancanza, il decreto perde ogni sua efficacia, salva la possibilità di riproporre la domanda. Il codice (art. 643, comma 3 cpc) inoltre stabilisce espressamente che la notificazione determina la pendenza della lite perché è in quel momento che il contraddittorio può dirsi attuato, anche se nella forma embrionale della provocazione al contraddittorio, sotto pena delle conseguenze proprie dell’acquiescenza. Proprio per questo motivo il codice stabilisce che i documenti allegati al ricorso devono rimanere in cancelleria fino alla scadenza del termine per l’opposizione: il debitore infatti deve poterli conoscere per formulare la sua opposizione o anche per decidere di non opporsi. 45. La fase di opposizione Competente per il giudizio di opposizione è l’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto. Questa regola non tollera deroghe, neanche: - Nell’ipotesi di incompetenza del giudice che ha pronunciato il decreto, nel qual caso il giudice dell’opposizione è tenuto a dichiarare la nullità del decreto 37 - Nell’ipotesi di continenza o connessione con un'altra causa pendente o di domanda riconvenzionale per cui sia competente un altro giudice, nel qual caso il giudice dell’opposizione pronuncia solo sull’opposizione e rimette la riconvenzionale al giudice competente, eventualmente sospendendo il giudizio. L’opposizione si introduce con atto di citazione, che deve essere sottoscritto dal difensore munito di procura e deve essere notificato al ricorrente, nel domicilio che egli ha eletto o nella residenza che ha dichiarato nel ricorso, nel comune in cui ha sede il giudice adito e quindi, nella maggior parte dei casi, presso il procuratore del ricorrente. Il meccanismo introduttivo di questa fase è identico a quello di un’impugnazione e, in particolare del giudizio d’appello a cominciare dalla legittimazione ad agire che spetta all’ ingiunto. In realtà però una volta introdotto, il giudizio di opposizione costituisce un giudizio di primo grado, che conduce ad una sentenza assoggettata ai consueti mezzi di impugnazione. Il legislatore in effetti ha mostrato di voler configurare l’atto di opposizione come l’atto introduttivo di una fase eventuale di un giudizio già pendente, che ha la portata di un’autentica riconduzione del procedimento nei binari del processo ordinario di cognizione. L’art 645, comma 2 cpc infatti stabilisce espressamente che in seguito all’opposizione, il giudizio si svolge secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito. Le parti quindi si ritrovano davanti al giudice di primo grado nella stessa posizione sostanziale che avrebbero avuto se il decreto non fosse mai stato pronunciato; mentre, dal punto di vista formale, il decreto inverte solo l’onere dell’instaurazione dell’effettivo contraddittorio. L’atto di opposizione, quindi, pur avendo la struttura di un atto di citazione, ha il contenuto di una comparsa di risposta, il che implica le preclusioni di cui all’art 167 cpc. L’atto di opposizione infatti costituisce il momento preclusivo per: - Le domande riconvenzionali - La chiamata in causa di terzi - Le eccezioni di rito e di merito non rilevabili d’ ufficio. Dopo la legge 218/2011 anche i termini di comparizione e di costituzione delle parti sono quelli ordinari. In via del tutto eccezionale però l’art 650 cpc consente l’OPPOSIZIONE TARDIVA quando l’opponente prova di non aver avuto tempestiva conoscenza del decreto per irregolarità della notificazione, caso fortuito o forza maggiore, escluso il caso dell’inesistenza della notificazione, che deve essere fatta valere con l’opposizione all’esecuzione, purché non siano trascorsi più di 10 gg dal primo atto di esecuzione. Si tratta quindi di un rimedio di carattere straordinario che preclude ogni altro rimedio perché il decreto ingiuntivo non opposto ha efficacia di giudicato. Alla prima udienza inoltre l’istruttore può concedere l’ESECUTORIETÀ PROVVISORIA del decreto che non ne fosse già provvisto in due ipotesi: a) Quando l’opposizione non è fondata su prova scritta o di pronta soluzione b) Quando la parte che l’ha chiesta offra una cauzione In caso di contestazione parziale invece il giudice concede l’esecuzione provvisoria parziale del decreto ingiuntivo opposto limitatamente alle somme non contestate, salvo che l’opposizione sia proposta per vizi procedurali. Se invece l’esecutorietà provvisoria è stata concessa all’atto della pronuncia del decreto, l’istruttore può concedere la SOSPENSIONE DELL’ESECUZIONE provvisoria con ordinanza non impugnabile, su istanza dell’opponente e purché ricorrano gravi motivi (art. 649 cpc). Il giudizio di opposizione può chiudersi per: - EFFETTO DI CONCILIAZIONE L’art 652 cpc stabilisce inoltre che se nel giudizio di opposizione le parti si conciliano, il giudice con ordinanza non impugnabile:  Dichiara o conferma l’esecutorietà del decreto, oppure  Riduce la somma o la quantità a quella stabilita dalle parti 40 provvedimento è efficace in tutti gli stati membri, con l’efficacia di accertamento prevista dai singoli stati. Quindi in Italia ha efficacia di giudicato. La notificazione al convenuto del provvedimento ingiuntivo deve avvenire con le modalità indicate dal regolamento, che distingue: - I procedimenti notificatori che assicurano la prova dell’avvenuto ricevimento. In questo caso non è ammessa l’opposizione tardiva. - I procedimenti che non assicurano la prova dell’avvenuto ricevimento. In questo caso è ammessa l’opposizione tardiva. L’efficacia esecutiva in tutti gli stati membri è automatica, nel senso che non necessita di exequatur. Il regolamento inoltre limita i poteri dei giudici dello stato membro di esecuzione, soprattutto in caso di opposizione all’esecuzione: a. È esclusa ogni possibilità di riesame del merito, salva l’ipotesi di incompatibilità con una decisione anteriore b. La possibilità di sospendere l’esecuzione è limitata al caso di previa attivazione di un procedimento nello stato membro in cui è stato emanato il provvedimento. L’eventuale provvedimento di rigetto, non esclude la riproposizione, come nel nostro sistema. CAP IX – I PROCEDIMENTI CAUTELARI E POSSESSORI SEZIONE PRIMA: LE DISPOSIZIONI COMUNI AI PROCEDIMENTI CAUTELARI 41 53. La nuova disciplina dei procedimenti cautelari in generale + 54. Il provvedimento di rigetto. Il provvedimento di accoglimento. L’inefficacia. La revoca e la modifica in corso di causa. L’attuazione. Il reclamo. La legge 353/1990 ha inserito nel capo dedicato ai procedimenti cautelari, una sezione completamente nuova dedicata ai procedimenti cautelari in generale che si applica: - A tutti i procedimenti cautelari, ulteriormente e specificatamente disciplinati nelle sezioni successive, tranne quelli di istruzione preventiva ai quali si applica solo l’art 669septies cpc e, a seguito di diversi interventi della corte costituzionale, anche gli artt. 669quinquies e 669terdecies cpc - Agli altri provvedimenti cautelari previsti dal cc e dalle leggi speciali, in quanto compatibili, oltre che a quelli che espressamente la richiamano Si tratta però di una disciplina non esaustiva che deve essere necessariamente integrata con la disciplina dettata per i singoli procedimenti. La disciplina si articola in tre fasi: FASE DI AUTORIZZAZIONE La fase di autorizzazione ha caratteristiche strutturali simili alla cognizione e si svolge, su domanda dell’interessato, in funzione della pronuncia di un provvedimento, che può assumere la forma del decreto o dell’ordinanza. La disciplina della prima fase inizia con l’art 669bis cpc che stabilisce che la domanda si propone con ricorso che deve essere depositato nella cancelleria del giudice competente e deve contenere i requisiti generali di cui all’art 125 cpc, oltre all’indicazione delle condizioni proprie dell’azione cautelare (= fumus boni juris e il periculum in mora) e del provvedimento cautelare richiesto e, in caso di domanda ante causam, anche degli elementi di identificazione della proponenda azione per il merito. Gli artt. 669ter, quater e quinquies cpc disciplinano invece la competenza distinguendo: - L’ipotesi della domanda proposta prima della proposizione della domanda sul merito Per il caso in cui non vi sia ancora la causa pendente, l’art 669ter cpc stabilisce che la domanda si propone al giudice che sarebbe competente a conoscere del merito, ma se questo è il giudice di pace, si propone al tribunale. - L’ipotesi della domanda proposta in corso di causa Nel caso in cui la causa per il merito sia già pendente, l’istanza va proposta al giudice della stessa e, in particolare, se la causa pende davanti al collegio, anche se è già stata rimessa in decisione, va proposta all’istruttore; se invece l’istruttore non è stato ancora designato o il giudizio è sospeso o interrotto, l’istanza va proposta al presidente del tribunale che si limita a designare il magistrato al quale è affidata la trattazione del procedimento. Tuttavia se la causa pende innanzi al giudice di pace, la domanda si propone al tribunale. Se è pendente il termine per l’impugnazione, la domanda si propone al giudice che ha pronunciato la sentenza. Se il giudizio pende in grado d’appello, la domanda va proposta al giudice dell’appello. Il codice non precisa le modalità con cui avviene l’instaurazione del contraddittorio, ma sembrerebbe corretto il meccanismo della pronuncia di un decreto che fissa la comparizione delle parti, da notificarsi all’altra parte insieme al ricorso. Non sussistono dubbi inoltre sulla legittimità della prassi che contempla il deposito ad opera dell’altra parte di una memoria difensiva all’udienza di comparizione. La sommarietà della cognizione si manifesta nel fatto che per la prova del fumus boni juris e del periculum in mora il giudice può basarsi anche solo sui documenti esibiti dalla parte istante, o procedere agli atti di istruzione indispensabili senza alcuna formalità, o ancora basarsi su fonti di semiplena probatio, esclusa la semplice verosimiglianza delle asserzioni della parte istante. 42 L’art 669 sexies cpc stabilisce infatti che il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai presupposti e ai fini del provvedimento richiesto e provvede con ordinanza all’accoglimento o al rigetto della domanda. Inoltre quando la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare l’attuazione del provvedimento, il giudice provvede con decreto motivato, assunte, se occorre, sommarie informazioni. Con lo stesso decreto fissa l’udienza di comparizione delle parti entro un termine max 15 gg, assegnando all’istante un termine perentorio max 8gg per la notificazione del ricorso o del decreto. A tale udienza il giudice con ordinanza conferma, modifica o revoca i provvedimenti emanati con decreto. PROVVEDIMENTO DI RIGETTO E PROVVEDIMENTO DI ACCOGLIMENTO Con riguardo al contenuto, la prima ipotesi che il codice prende in considerazione è: a. L’ipotesi del provvedimento a contenuto negativo, stabilendo che esso è pronunciato sempre con ordinanza e distinguendo:  La pronuncia di incompetenza In questa ipotesi l’ordinanza non preclude la riproposizione della domanda;  La pronuncia di rigetto in merito In questa ipotesi la domanda può essere riproposta solo a condizione che si verifichino mutamenti nelle circostanze, compreso lo jus superveniens, o vengano dedotte nuove ragioni di fatto o di diritto, compresa l’utilizzazione di nuove prove. Se la domanda è stata proposta prima dell’inizio della causa di merito, l’ordinanza di rigetto pronuncia anche sulle spese del procedimento cautelare, con provvedimento esecutivo. b. Per quanto riguarda il provvedimento di accoglimento, grazie all’introduzione dell’art 614bis cpc, è ormai chiaro che tale accoglimento non dipende dall’obbiettiva possibilità della sua attuazione coattiva. L’art 669octies cpc, inoltre, per l’ipotesi della domanda proposta ante causam, prevede un meccanismo che fa dipendere il permanere dell’efficacia del provvedimento dall’introduzione del giudizio di merito davanti all’ufficio giudiziario che ha pronunciato il provvedimento cautelare, in un termine perentorio max 60 gg che deve essere fissato con l’ordinanza di accoglimento e che, in mancanza di fissazione, è comunque di 60 gg. Il termine decorre: → Dalla pronuncia dell’ordinanza, se avvenuta in udienza → Dalla sua comunicazione, se non è avvenuta in udienza La legge 80/2005 ha aggiunto all’art. 669octies cpc 3 nuovi commi, che, attenuando il requisito della strumentalità, esibiscono una disciplina particolare per l’efficacia di: - Provvedimenti d’urgenza di cui all’art 700 cpc - Denunce di nuova opera e di danno temuto - Provvedimenti cautelari a contenuto anticipatorio Questi, quindi, restano efficaci (ma di un’efficacia materiale che non implica il giudicato) anche in mancanza di proposizione del giudizio di merito, salva la loro revocabilità e modificabilità in caso di mutamento delle circostanze. Di conseguenza quando il giudice emette uno di questi provvedimenti prima dell’inizio della causa di merito, provvede anche sulle spese. Inoltre anche se la relativa domanda è proposta in corso di causa, l’eventuale estinzione del giudizio di merito non li rende inefficaci. L’art 669octies, comma 9 cpc aggiunge invece che l’autorità del provvedimento cautelare non è invocabile in un diverso processo. L’art 669undecies cpc dispone che il provvedimento di accoglimento o di conferma o di modifica, cioè quelli pronunciati in contraddittorio, può contenere l’imposizione alla parte 45 presupposti. Si tratta quindi di un provvedimento a carattere sostitutivo che implica il riesame della domanda cautelare nel suo complesso e non solo del provvedimento reclamato. È esclusa però ogni possibilità di rimessione al primo giudice. In caso di accoglimento del reclamo inoltre i poteri di attuazione del provvedimento cautelare spettano al giudice del reclamo. Il reclamo NON sospende l’esecuzione del provvedimento. Tuttavia il presidente del tribunale o della corte investiti del reclamo può sospendere l’esecuzione o subordinarla alla prestazione di una cauzione con ordinanza non impugnabile, quando per motivi sopravvenuti il provvedimento arrechi grave danno. Il provvedimento sul reclamo non è impugnabile neanche per cassazione ex art 111 Cost: tuttavia può essere anche esso revocato ai sensi dell’art 669decies cpc. SEZIONE SECONDA: I SEQUESTRI 55. Sequestro giudiziario e sequestro conservativo Il sequestro costituisce il provvedimento cautelare più caratteristico e di più frequente utilizzazione. La relativa disciplina è dettata congiuntamente con riguardo a due tipi di sequestro: a. Il sequestro giudiziario Dal punto di vista strutturale, il sequestro giudiziario si porta ad attuazione con forme assimilabili a quelle dell’esecuzione specifica. b. Il sequestro conservativo Dal punto di vista strutturale, il sequestro conservativo si porta ad attuazione con forme assimilabili a quelle dell’espropriazione. Dal punto di vista funzionale, è opportuno affiancare al sequestro conservativo le 2 figure nelle quali si articola il sequestro giudiziario e così evidenziare 3 figure di sequestro: 1. SEQUESTRO GIUDIZIARIO IN FUNZIONE DELLA FRUTTUOSITÀ DELL’EVENTUALE ESECUZIONE DIRETTA O SEQUESTRO DI BENI A tal proposito l’art 670 n. 1 cpc dispone che il giudice può autorizzare il sequestro giudiziario di beni mobili o immobili, aziende o altre universalità di beni, quando ne è controversa la proprietà o il possesso ed è opportuno provvedere alla custodia o alla gestione temporanea, in quanto sussista il periculum in mora che può essere rappresentato dal pericolo di alienazione, sottrazione, gestione rovinosa dell’azienda ecc. 2. SEQUESTRO GIUDIZIARIO IN FUNZIONE DELLA FRUTTUOSITÀ DELLA COGNIZIONE O SEQUESTRO DI PROVE L’art 670 n. 2 cpc stabilisce infatti che il giudice può autorizzare il sequestro di libri, registri, documenti, modelli, campioni e ogni altra cosa da cui si pretende desumere elementi di prova, quando è controverso il diritto all’esibizione o alla comunicazione ed è opportuno provvedere alla loro custodia temporanea, in quanto sussista il periculum in mora che in questo caso si specifica nel pericolo di alterazione o sottrazione dei mezzi di prova 3. SEQUESTRO CONSERVATIVO IN FUNZIONE DELLA FRUTTUOSITÀ DELL’EVENTUALE ESECUZIONE PER ESPROPRIAZIONE L’art 671 cpc dispone che il giudice, su istanza del creditore che ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, può autorizzare il sequestro conservativo dei beni mobili o immobili del debitore o delle somme o cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne consente il pignoramento. Il giudice, nel pronunciare il provvedimento autorizzativo del sequestro conservativo, non si riferisce a specifici beni, ma si limita a determinare il valore fino a 46 concorrenza del quale il sequestro può essere eseguito su qualsiasi bene del debitore, a differenza di quanto avviene con il sequestro giudiziario. Il sequestro conservativo quindi può essere considerato come un sequestro anticipato. Infatti nel momento in cui il creditore ottiene sentenza di condanna esecutiva, il sequestro si converte in pignoramento. L’art 678 cpc infine, sotto la rubrica casi speciali di sequestro, prevede anche il SEQUESTRO LIBERATORIO, cioè il sequestro delle somme o delle cose che il debitore ha offerto o messo comunque a disposizione del creditore per la sua liberazione, che può essere disposto dal giudice quando è controverso l’obbligo o il modo del pagamento o della consegna o l’idoneità della cosa offerta. Si tratta quindi di un’iniziativa con cui il debitore vuole evitare le conseguenze della mora debendi e che presuppone sia la permanenza della contestazione sulla sussistenza del debito o sulle sue modalità, sia l’offerta al creditore. 56. Il procedimento Per l’intera fase di autorizzazione, per l’impugnazione nelle forme del reclamo e per la disciplina delle ipotesi generali di inefficacia si applicano le disposizioni comuni ai procedimenti cautelari. FASE DI AUTORIZZAZIONE Disciplinata dagli artt da 669bis a 669octies cpc. INEFFICACIA Lasciando da parte le ipotesi generali di inefficacia prevista dall’art. 669novies cpc, l’art 675 cpc prevede una particolare ipotesi di inefficacia, stabilendo che se l’attuazione del sequestro non avviene entro 30 gg dalla data della pronuncia, il provvedimento si estingue. Ciò si spiega con il semplice fatto che il sequestro non attuato non svolge alcuna funzione cautelare. FASE DI ATTUAZIONE o ESECUZIONE La fase di attuazione è invece disciplinata autonomamente dagli artt. 677 ss. cpc. Dato che il sequestro ha caratteristiche strutturali simili a quelle dell’esecuzione forzata, il codice disciplina le sue modalità di attuazione con un richiamo alle forme dell’esecuzione, stabilendo che - Il sequestro giudiziario si attua con le forme dell’esecuzione su cose determinate, cioè l’esecuzione per consegna o rilascio, omessa la notificazione del precetto e l’avviso del momento in cui si procederà ad esecuzione, salvo che il custode sia persona diversa dal detentore - Il sequestro conservativo si attua invece con le forme del pignoramento:  Se si tratta di sequestro di cose mobili nella disponibilità del debitore, il sequestro si esegue secondo le norme del pignoramento presso il debitore (art. 678 cpc)  Se si tratta di sequestro di credito o di cose di proprietà del debitore, ma in possesso di un terzo, il sequestro si esegue secondo le norme per il pignoramento presso terzi  Se si tratta di sequestro conservativo su immobili, il codice, anziché compiere un richiamo alle forme del pignoramento immobiliare, dispone che il sequestro si porta ad attuazione con la trascrizione del provvedimento presso l’ufficio del conservatore dei registri immobiliari del luogo in cui i beni sono situati (art. 679 cpc) Se il sequestro concorre col pignoramento, si ritiene che debba prevalere il processo esecutivo, soprattutto perché il sequestrante può anche partecipare, previo intervento, alla distribuzione della somma ricavata. Se invece lo stesso bene è colpito da sequestro giudiziario e sequestro conservativo, la precedenza spetta alla causa sull’appartenenza dei beni, che ha dato luogo a sequestro giudiziario. 47 L’art 684 cpc prevede invece un’ipotesi particolare di REVOCA del sequestro conservativo, quando il debitore offre idonea cauzione. Non è possibile invece la sospensione. Quando il sequestro ha ad oggetto beni deteriorabili, il giudice può ordinarne la vendita nei modi stabiliti per i beni pignorati (art. 685 cpc). Infine per il sequestro giudiziario, l’art 676 cpc dispone che il giudice nomina il custode eventualmente nella persona di quella dei contendenti che offre maggiore garanzia, stabilisce i criteri e i limiti dell’amministrazione delle cose sequestrate e tutte le cautele necessarie a rendere più sicura la custodia e impedire la divulgazione dei segreti. La nuova disciplina però non si occupa della tutela del terzo che si afferma pregiudicato: - Dalla misura cautelare In questa ipotesi è possibile l’intervento nel processo cautelare, esclusa però la legittimazione al reclamo - Dalle modalità della sua attuazione In questa ipotesi si verifica un’inefficacia che può essere fatta valere con le modalità dell’art 669 novies cpc. Per quanto riguarda invece gli EFFETTI propri del sequestro, occorre innanzitutto sottolineare che il provvedimento autorizzativo non produce alcun effetto al di fuori di quello di introdurre l’attuazione del sequestro. L’effetto tipico del sequestro si verifica invece dopo l’attuazione e consiste nell’idoneità a conservare la situazione in atto in funzione della fruttuosità del processo di merito. Questo effetto è previsto espressamente: » Per il sequestro conservativo, dall’art 2906 cc che sancisce l’inefficacia relativa, cioè rispetto al creditore sequestrante, degli atti di disposizione delle cose sequestrate » Per il sequestro giudiziario, l’efficacia della misura va invece ricondotta alle norme che concernono la custodia della cosa sequestrata, nonché alle norme che sanzionano penalmente l’eventuale violazione di queste disposizioni e in generale la sottrazione o il danneggiamento delle cose sottoposte a sequestro o a pignoramento. Gli effetti di cautela, che si determinano all’atto dell’attuazione del sequestro, durano fino a quando si verifica una delle cause di inefficacia previste dall’art. 669novies cpc e dall’art. 675 cpc. Ma se non si verifica alcuna causa di inefficacia, e se il provvedimento non viene revocato o modificato ai termini dell’art. 669decies cpc o in sede di reclamo ai termini dell’art. 669terdecies ed il giudizio sul merito conduce al riconoscimento dell’esistenza del diritto cautelato, allora la funzione propria della cautela si completa e si realizza integralmente: o Nel sequestro giudiziario, tale completamento della funzione cautelare si verifica e si esaurisce automaticamente con la chiusura del processo di cognizione. Ciò si desume: → Per il sequestro di prove, dal fatto che la misura cautelare è disposta proprio in funzione della fruttuosità della cognizione → Per il sequestro di beni, si desume invece dal fatto che il riconoscimento del diritto del sequestrante gli attribuisce un titolo di possesso autonomo che si sostituisce a quello dato dal sequestro. o Nel sequestro conservativo, il completamento della funzione cautelare si realizza attraverso la confluenza del sequestro nell’espropriazione, attraverso la CONVERSIONE DEL SEQUESTRO IN PIGNORAMENTO. L’art 686 cpc stabilisce infatti che il sequestro conservativo si converte in pignoramento nel momento in cui il creditore sequestrante ottiene una sentenza di condanna esecutiva. L’art 156 disp. att. aggiunge anche che il sequestrante che ha ottenuto la sentenza di condanna esecutiva deve, oltre che avvisare i creditori privilegiati iscritti, depositarne una copia nel termine perentorio di 60 gg dalla comunicazione, nella cancelleria del giudice competente per l’esecuzione. Secondo l’opinione prevalente in dottrina e nella giurisprudenza della cassazione, la conversione si verifica automaticamente, 50 che comunque trascende le particolari ragioni d’urgenza che caratterizzano i procedimenti cautelari. In effetti si tratta di un’espressione della volontà legislativa di abbreviare e semplificare il processo di cognizione, senza però contrastare i principi espressi dall’art 111 Cost, cioè: - Il giusto processo - Il contraddittorio - L’uguaglianza delle parti - L’imparzialità del giudice Questo procedimento innanzitutto riguarda SOLO cause di cognizione appartenenti alla competenza del tribunale in composizione monocratica. Questa in effetti è l’unica condizione di ammissibilità esplicita, alla quale però se ne affiancano altre implicite, come la trattabilità della controversia con il rito ordinario di cognizione piena. Si tratta quindi di un procedimento alternativo sia al procedimento ordinario che al procedimento ingiuntivo, strutturato in due fasi: FASE A COGNIZIONE SOMMARIA La disciplina della prima fase inizia con l’art 702bis cpc ↓ “Nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica, la domanda può essere proposta con ricorso al tribunale competente. Il ricorso, sottoscritto a norma dell’art 125 cpc, deve contenere le indicazioni di cui ai numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6 e l’avvertimento di cui al n. 7 dell’art 163 cpc, e deve essere depositato in cancelleria. A seguito della presentazione del ricorso il cancelliere forma il fascicolo d’ufficio e lo presenta senza ritardo al presidente del tribunale, che designa il magistrato cui è affiata la trattazione del procedimento. Il giudice designato fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti, assegnando un termine per la costituzione del convenuto, che deve avvenire non oltre 10 gg prima dell’udienza; il ricorso e il decreto devono essere notificati al convenuto almeno 30 gg prima della data fissata per la sua costituzione.” I termini quindi possono essere più brevi rispetto a quelli del rito ordinario, ma non è prevista la possibilità di riduzione. Per la costituzione del convenuto valgono le stesse regole del rito ordinario, salvo che per l’eventuale chiamata in causa del terzo: art. 702bis cpc ↓ “Il convenuto deve costituirsi mediante deposito in cancelleria della comparsa di risposta, nella quale deve proporre le sue difese e prendere posizione sui fatti posti dal ricorrente a fondamento della sua domanda, indicare i mezzi di prova di cui intende avvalersi e i documenti che offre in comunicazione, nonché formulare le conclusioni. A pena di decadenza, deve anche proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio. Se il convenuto intende chiamare un terzo in garanzia deve farne dichiarazione, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta e chiedere al giudice designato lo spostamento dell’udienza. Il giudice, con decreto comunicato dal cancelliere alle parti costituite, provvede a fissare la data della nuova udienza assegnando un termine perentorio per la citazione del terzo.” SVOLGIMENTO DELLA FASE SOMMARIA L’art 702ter cpc prevede i possibili contenuti del provvedimento che chiude la prima udienza, stabilendo che: - Il giudice, se ritiene di essere incompetente, lo dichiara con ordinanza, che sarà impugnabile solo col regolamento di competenza 51 - Se invece ritiene di non dover entrare nel merito per ragioni di rito diverse dalla competenza, la relativa ordinanza sarebbe impugnabile con l’appello - Se rileva che la domanda non rientra tra quelle indicate dall’art 702bis cpc, la dichiara inammissibile con ordinanza non impugnabile. Allo stesso modo provvede sulla domanda riconvenzionale - Se ritiene che le difese svolte dalle parti richiedono un’istruzione non sommaria, fissa con ordinanza l’udienza di cui all’art 183 cpc e in tal caso si applicano le disposizioni del libro II. Quando invece solo la causa relativa alla riconvenzionale richiede un’istruzione non sommaria, ne dispone la separazione (= la possibile conversione nel rito ordinario a cognizione piena) - Se invece ritiene di procedere, sentite le parti e omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all’oggetto del provvedimento richiesto e provvede con ordinanza all’accoglimento o al rigetto delle domande (= la trattazione sommaria/semplificata) L’ inciso “sentite le parti” che, secondo la lettera della legge, sembrerebbe riferito solo all’ipotesi di pronuncia sul merito, in realtà in ossequio al principio del contraddittorio, non può non essere riferito anche a tutte le altre ipotesi. La forma delle determinazioni del giudice è l’ordinanza, con la quale verrà chiusa la prima fase (il primo grado del procedimento sommario) per: a. Ragioni di rito (inclusa la questione di incompetenza del giudice) b. Inammissibilità della trattazione della domanda principale secondo il procedimento sommario (ove, invece, rilevi l’inammissibilità della domanda riconvenzionale, il giudice si limiterà a dichiararla inammissibile, senza che ciò comporti la definizione del giudizio di primo grado) c. Decisione sommaria nel merito L’ordinanza è provvisoriamente esecutiva e costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale e per la trascrizione. La norma inoltre stabilisce che in ogni caso il giudice provvede sulle spese, ma la norma non sembra applicabile quando viene disposta la continuazione del giudizio secondo il rito ordinario perché in tal caso la decisione sulle spese dovrebbe essere rinviata alla pronuncia della sentenza. FASE CON LE FORME DELL’APPELLO E A COGNIZIONE PIENA Questa fase sopperisce a tutte le insufficienze garantistiche conseguenti alla sommarietà della prima fase, aprendo la via ad una pronuncia idonea a passare in giudicato, come è proprio del giudizio di cognizione. La sommarietà della prima fase del giudizio esige che nella seconda fase siano ammissibili ed esercitabili tutte le facoltà del diritto di difesa, che vengono compresse nella prima fase. Per questo in questa seconda fase non sono presenti tutti i limiti che caratterizzano l’appello nel giudizio ordinario. Di conseguenza l’appello contro l’ordinanza sommaria è fatto oggetto di una disciplina speciale. L’art 702quater cpc dispone innanzitutto che l’ordinanza può essere appellata entro 30gg dalla comunicazione o notificazione. In mancanza, si applica il termine di 6mesi dalla pubblicazione. In mancanza di disposizione diversa, l’appello si propone con citazione davanti alla Corte d’appello competente. L’appello proposto avverso l’ordinanza del procedimento sommario non è sottoposto al preventivo vaglio di ammissibilità circa la ragionevole probabilità di essere accolto nel merito (= filtro in appello). Quindi il giudice deve sempre procedere alla trattazione dell’appello anche quando prima facie dovesse apparirgli infondato, 52 proprio perché il provvedimento è stato emesso all’esito di un giudizio sommario. Sono inoltre ammessi nuovi mezzi di prova e nuovi documenti quando: - Il collegio li ritiene indispensabili ai fini della decisione - La parte dimostra di non aver potuto proporli nel corso del procedimento sommario x causa a lei non imputabile Questo però è l’unica deroga alla disciplina dell’appello ordinario, quindi sono comunque operanti le limitazioni concernenti l’inammissibilità di domande nuove e di nuove eccezioni non rilevabili d’ufficio. Il presidente del collegio inoltre può delegare l’assunzione dei mezzi di prova ad uno dei membri del collegio. Il giudizio d’ appello si conclude con sentenza ricorribile per cassazione, salva la possibile rimessione al giudice di primo grado nelle ipotesi previste dagli artt 353 e354 cpc. La norma aggiunge infine che l’ordinanza di cui all’art 702ter cpc produce gli effetti di cui all’art 2909 cc, cioè l’efficacia di cosa giudicata e ciò vale sia per l’ordinanza non appellata sia in caso di inammissibilità, improcedibilità ed estinzione del giudizio d’appello. Questo però non esclude che l’ordinanza passata in giudicato possa essere oggetto di revocazione straordinaria e opposizione di terzo. CAP XI – I PROCEDIMENTI IN CAMERA DI CONSIGLIO 63. Giurisdizione volontaria e procedimenti in camera di consiglio Gli attributi di specialità che caratterizzano i procedimenti di giurisdizione volontaria sono senza dubbi i più intensi. Si tratta infatti di un’attività di tipo amministrativo: - Sotto il profilo strutturale perché non è idonea al giudicato 55 I procedimenti di cognizione speciali non sommari presentano elementi di specialità che concernono, talvolta, le modalità di introduzione del procedimento e, talaltra, alcune particolarità da ricondursi alla giurisdizione volontaria. Questo affiancamento di elementi strutturali diversi è particolarmente evidente nel giudizio di separazione dei coniugi. Infatti la disciplina che il codice dedica a questo istituto affianca, sotto la specie dell’oggetto sostanziale comune, cioè la separazione, 2 distinti procedimenti: - Il PROCEDIMENTO DI SEPARAZIONE GIUDIZIALE che ha natura di cognizione - Il PROCEDIMENTO DI SEPARAZIONE CONSENSUALE che ha natura di giurisdizione volontaria Dal punto di vista strutturale entrambi i procedimenti hanno carattere costitutivo necessario, nel senso che lo stato di separazione non può essere costituito se non attraverso uno di questi due procedimenti. Dal punto di vista funzionale però i due procedimenti si distinguono perché danno luogo a stati diversi, cioè lo stato di separazione giudiziale e lo stato di separazione consensuale. Solo nelle fasi iniziali, cioè la fase introduttiva e la fase presidenziale (perché si svolge davanti al presidente del tribunale), questi due procedimenti si svolgono con forme molto simili. d.l. 132/2014: è prevista la possibilità che alla separazione e al divorzio si pervenga attraverso due distinte procedure di natura stragiudiziale: → Procedura di negoziazione assistita da uno o più avvocati → Procedura dinanzi al sindaco in qualità di ufficiale dello stato civile Si tratta di due procedure attraverso le quali si consente alle parti di pervenire ai medesimo risultati che si possono conseguire con i procedimenti di separazione o di divorzio senza dover ricorrere al giudice. 66. Il procedimento di separazione giudiziale: fondamento sostanziale, fase introduttiva e ordinanda presidenziale L’espressione separazione giudiziale, per effetto della riforma del diritto di famiglia, ha assunto un significato tecnico ben preciso, diverso da quello precedente. Con essa infatti si indica quel tipo di separazione che in precedenza veniva definito contenzioso. La profonda innovazione introdotta nel 1975 concerne, sotto il profilo sostanziale, l’eliminazione della necessità della colpa come fondamento del diritto di chiedere la separazione senza il consenso dell’altro coniuge. Tale fondamento adesso dipende da una situazione obbiettiva, cioè da fatti tali da: 1) Rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza 2) Recare grave pregiudizio all’educazione della prole Mentre l’eventuale violazione dei doveri che derivano dal matrimonio può costituire, solo a richiesta di uno dei coniugi, fondamento di una pronuncia accessoria, con cui viene dichiarato a quale dei due coniugi la separazione è addebitabile. Il codice di rito è stato modificato soprattutto per effetto della legge 54/2006 sull’affidamento condiviso (dei figli) e il codice civile, invece, per effetto del d.lgs. 154/2013. Sotto il profilo sostanziale, dapprima la legge 54/2006 e poi il successivo d.lgs. 154/2013 compiono una radicale modifica dei possibili contenuti dei provvedimenti che riguardano i figli, con particolare riguardo all’affidamento preferibilmente condiviso, salva opposizione, nonché in tema di assegnazione della casa familiare, di prescrizioni sulla residenza e di potestà genitoriale esercitata da entrambi i genitori → l’art. 337ter cc: - Prevede, ove possibile e salva opposizione, l’affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori, con dettagliate previsioni ispirate dall’interesse dei figli - Dispone che la responsabilità genitoriale sia esercitata da entrambi i genitori, ponendo il mantenimento dei figli a loro carico in misura proporzionale al proprio reddito - Impone l’assegnazione della casa coniugale secondo l’interesse dei figli. 56 Secondo l’art. 337septies cc, il giudice può disporre il pagamento di un assegno periodico di mantenimento a favore dei figli maggiorenni economicamente non autosufficienti, da versarsi, salva diversa determinazione del giudice, direttamente all’avente diritto ed eventualmente da cumulare con altre garanzie patrimoniali. La legge 54/2006 inoltre enuncia l’applicabilità di tutte le sue disposizioni in: - Tutti i casi in cui sorgono analoghi problemi di affidamento, mantenimento, cura e istruzione dei figli e di potestà genitoriale, anche se già definiti in provvedimenti anteriori all’entrata in vigore della legge - Altri procedimenti, come quello di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio - Procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati Per quanto riguarda la disciplina del procedimento, bisogna innanzitutto sottolineare che per effetto dell’art 23 legge 74/1987, cioè la nuova legge sul divorzio, alcune disposizioni procedimentali del giudizio di separazione giudiziale risultano in parte modificate dall’applicabilità della disciplina sul processo di divorzio, in quanto compatibile. Il giudice competente: - Per materia: è sempre il tribunale - Per territorio: ha competenza inderogabile il tribunale del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi o, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha la residenza o il domicilio. Qualora il coniuge convenuto sia residente all’estero o risulti irreperibile, la domanda si propone al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente o, se anche questo è residente all’estero, a qualunque tribunale della repubblica. FASE INTRODUTTIVA La legittimazione ad agire per la separazione giudiziale spetta ovviamente a ciascuno dei coniugi contro l’altro. Rispetto alla legittimazione processuale, è dubbia la possibilità di avvalersi della rappresentanza, sia perché la legge richiede nella fase presidenziale la comparizione personalmente dei coniugi, e sia per l’impossibilità della rappresentanza sostanziale che l’art 77 cpc configura come presupposto necessario della rappresentanza processuale. A tal proposito però va anche sottolineato che il coniuge minore acquista l’emancipazione per effetto del matrimonio stesso. L’art 70 cpc inoltre prevede le cause di separazione tra quelle in cui è necessario l’intervento del p.m., con la conseguenza che per l’art 50bis cpc la decisione è riservata al collegio. L’interesse ad agire è determinato dall’affermazione dei fatti che costituiscono la ragione della separazione. Dato che questi fatti hanno natura obbiettiva, l’interesse è in re ipsa, eccezion fatta per il margine di interesse che si riferisce alla pronuncia di addebitabilità. La domanda si propone in ogni caso con ricorso al tribunale che deve contenere: - La proposizione della domanda di separazione - L’esposizione dei fatti su cui si fonda - L’eventuale domanda di addebito - L’esistenza di figli di entrambi i coniugi I più specifici riferimenti al petitum e alla causa petendi e alle prove offerte potranno essere contenuti nella memoria integrativa. Il ricorso deve essere sottoscritto dal ricorrente e con il suo deposito in cancelleria si realizza la costituzione dell’attore. FASE PRESIDENZIALE Il ricorso viene subito inoltrato al presidente che, nei 5 gg successivi, fissa con decreto la data dell’udienza di comparizione dei coniugi, che deve essere tenuta entro 90 gg dal deposito del ricorso, nonché il termine per la notificazione del ricorso e del decreto e il termine entro il quale il coniuge convenuto può depositare memoria difensiva e documenti. Al ricorso e alla memoria 57 difensiva devono essere allegate le ultime dichiarazioni dei redditi (art. 706, comma 3 cpc). All’udienza i coniugi devono comparire personalmente con l’assistenza del difensore (art. 707 cpc), in funzione del tentativo di conciliazione ad opera del presidente, il quale opera come bonus vir, cioè come autorevole consigliere più che come giudice. - Se il ricorrente non si presenta o rinuncia, la domanda non ha effetto - Se non si presenta il convenuto, il presidente può fissare un nuovo gg per la comparizione, ordinando che la notificazione del ricorso e del decreto gli sia rinnovata. Può accadere però che dinanzi al presidente venga eccepita l’incompetenza per territorio del tribunale o che, trattandosi di competenza funzionale, sia lo stesso presidente a rilevarla d’ufficio. In questo caso il presidente, che di certo non può pronunciarsi autonomamente sulla propria competenza rimette la causa all’istruttore, avviando l’iter per la pronuncia sulla competenza da parte del collegio. Affinché il presidente possa effettuare il tentativo di conciliazione con maggiori probabilità di successo, il codice dispone che il presidente deve sentire i coniugi prima separatamente e poi congiuntamente, tentandone la conciliazione. L’art 337octies cc prevede inoltre che il giudice dispone l’audizione del figlio minore che abbia compiuto i 12 anni o anche di età inferiore se capace di discernimento. Si ritiene che ciò debba avvenire a pena di nullità della sentenza. Un’ulteriore conferma è data dall’art 315bis cc in base al quale il figlio minore che abbia compiuto i 12 anni, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e procedure che lo riguardano. Il tentativo di conciliazione può riuscire o non riuscire. Può però considerarsi un risultato parziale del tentativo l’eventuale raggiungimento dell’accordo dei coniugi a desistere dalla domanda di separazione giudiziale e addivenire alla separazione consensuale. - Se i coniugi si conciliano, il presidente fa redigere processo verbale della conciliazione (art. 708 cpc) - Se invece il tentativo di conciliazione non riesce affatto, il presidente dovrà assolvere a due compiti fondamentali: o L’uno finalizzato alla prosecuzione del processo e che quindi si concreta in un provvedimento di portata e contenuto processuale o L’altro finalizzato a fornire una disciplina provvisoria ai rapporti tra i coniugi e l’eventuale prole e che quindi ha una portata sostanziale anticipatoria Innanzitutto quindi deve nominare l’istruttore e fissare l’udienza di comparizione delle parti, nel rispetto dei termini di cui all’art 163bis cpc, ridotti alla metà. Con la parte dell’ordinanza che ha portata sostanziale e anticipatoria, provvista di efficacia immediatamente esecutiva, invece, il presidente dispone i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell’interesse dei coniugi e della prole (art. 708, comma 3 cpc). Tali provvedimenti possono essere adottati anche d’ufficio e anche nell’ipotesi in cui il coniuge convenuto non compaia. Tale pronuncia però non può che essere sommaria, senza previa istruzione e fondata soltanto su ciò che il presidente ha appreso dalle parti. Essa inoltre ha natura provvisoria, nel senso che è destinata ad operare, salvo reclamo, fino a quando la sentenza che pronuncia la separazione non sostituirà a questo regime provvisorio un regime definitivo o idoneo a divenire tale, salva l’eventuale protrazione della sua efficacia in caso di estinzione del giudizio. Questi sono i caratteri dell’ordinanza presidenziale, che è provvedimento interinale o anticipatorio, rispetto all’esercizio del potere giurisdizionale di pronuncia della sentenza, e perciò provvedimento esso stesso giurisdizionale, ma non idoneo al giudicato, esecutivo a cognizione sommaria e caratterizzato da un ampio margine di discrezionalità. Il suo contenuto consiste per lo più in: a. Autorizzare i coniugi a vivere separati b. Affidamento dei figli possibilmente condiviso c. Determinazione delle rispettive quote degli oneri di mantenimento 60 cui l’ordinanza presidenziale risponde, almeno in parte, alle loro esigenze. Per questo il codice stabilisce che l’ordinanza presidenziale conserva la sua efficacia anche dopo l’estinzione del processo finché non viene sostituita con un altro provvedimento emesso a seguito della presentazione di un altro ricorso. In questo modo quindi il regime di separazione provvisorio può protrarsi indefinitamente. L’eventuale pendenza di un giudizio di nullità del matrimonio non ha alcuna influenza sul giudizio di separazione perché fra i due giudizi non sussiste un rapporto di pregiudizialità idoneo a fondare la sospensione del giudizio di separazione. D’altra parte neanche la pronuncia di separazione incide sulla validità del vincolo. 68. Il procedimento di separazione consensuale Il procedimento di separazione consensuale si articola in 2 fasi, la prima delle quali (fase presidenziale) è disciplinata in modo quasi identico alla fase presidenziale del procedimento di separazione giudiziale. Vi sono però alcune differenze: - Per quanto riguarda la COMPETENZA, ferma la competenza per materia del tribunale, dato che non vi è un coniuge propriamente convenuto, quando non vi è una residenza comune, è competente il tribunale del luogo di residenza o domicilio del coniuge che non ha proposto la domanda; se la domanda è stata proposta da entrambi, si ha una competenza facoltativa. - La LEGITTIMAZIONE AD AGIRE per la separazione consensuale spetta a ciascuno dei coniugi o anche ad entrambi congiuntamente. - Per quanto riguarda l’INTERESSE AD AGIRE, bisogna tenere presente che in questo caso non si pretende di far valere un diritto, né le conseguenze di un comportamento lesivo. Questo procedimento infatti ha caratteristiche di giurisdizione volontaria. La ragione della domanda sta semplicemente nel fatto che i coniugi hanno raggiunto o ritengono di poter raggiungere l’accordo sulla separazione e sulle relative modalità, e quindi chiedono di manifestarlo nelle forme che la legge considera rilevanti. La domanda si propone con ricorso al tribunale e può essere sottoscritto da uno o da entrambi i coniugi. In questo ricorso possono essere contenute le modalità, eventualmente già concordate, della separazione, ma è comunque sufficiente l’affermazione che si è raggiunto l’accordo o che si ritiene che esso possa essere raggiunto. Quando il ricorso è presentato da uno solo dei coniugi, deve essere notificato all’altro insieme al decreto che fissa l’udienza presidenziale (art. 711 cpc). All’udienza: - Se i coniugi si conciliano, il presidente fa redigere processo verbale della conciliazione - Se la conciliazione non riesce, dà atto nel processo verbale del consenso dei coniugi alla separazione e delle condizioni riguardanti i coniugi e la prole A questo punto occorre un’ulteriore breve fase, nelle cui more il consenso non può essere revocato unilateralmente, che conduce alla pronuncia dell’OMOLOGAZIONE, da effettuarsi dal tribunale in camera di consiglio su relazione del presidente. L’omologazione in sostanza è un controllo sulle modalità con cui i coniugi hanno deciso di separarsi, che si effettua, senza bisogno di una particolare istanza da parte dei coniugi, mediante la trasmissione degli atti al tribunale riunito in camera di consiglio, cioè senza la partecipazione delle parti e dei difensori, ma previa trasmissione degli atti al p.m. Il presidente riferisce al tribunale e questo decide di omologare o meno, senza poter modificare di sua iniziativa le clausole relative alle modalità di separazione. Quando l’accordo dei coniugi relativamente all’affidamento o al mantenimento dei figli è in contrasto con l’interesse di questo, il giudice riconvoca i coniugi e indica le modificazioni da adottare e, in caso di soluzione inidonea, può rifiutare l’omologazione. In caso di esito positivo, invece, le condizioni di separazione saranno quelle che risultano dal verbale di omologazione o che sono in questo espressamente richiamate. Eventuali patti modificativi non assoggettati al controllo del tribunale sono tendenzialmente inefficaci. L’art 711 cpc, dopo aver affermato che la separazione consensuale acquista efficacia con 61 l’omologazione, non precisa quando il decreto di omologazione acquista a sua volta efficacia. Si applica quindi la disciplina derivante dalle disposizioni comuni, dalla quale emerge che il provvedimento è soggetto a reclamo davanti alla Corte d’appello sia ad opera delle parti sia ad opera del p.m., entro 10 gg dalla sua comunicazione. Esso quindi acquista efficacia quando sia decorso il termine, senza che sia stato proposto reclamo. Il decreto inoltre può anche essere revocato, ma la revoca non influisce sullo stato di separazione. Quando il decreto di omologazione acquista efficacia quindi i due coniugi acquisiscono lo STATO DI CONIUGI SEPARATI CONSENSUALMENTE, nonché l’obbligo di rispettare reciprocamente le condizioni concordate, rispetto al cui adempimento il decreto di omologazione funge da titolo esecutivo. Il regime di separazione però è modificabile per il semplice fatto che è fondato su un atto di consenso fra i coniugi, mutabile col mutare delle circostanze, per cui i coniugi potranno sempre accordarsi su un diverso regime. È quindi prevista la possibilità di chiedere la modificazione delle condizioni di separazione, attraverso un giudizio di cognizione. Con le stesse forme, in passato, i coniugi potevano anche chiedere il mutamento del titolo della separazione, nel senso che ciascuno di essi poteva chiedere che la separazione divenisse giudiziale, con addebito all’altro coniuge, sul fondamento di fatti successivi alla separazione consensuale. Oggi invece la separazione giudiziale può essere chiesta sulla base dell’intollerabilità della convivenza o di un pregiudizio per la prole, che difficilmente possono verificarsi quando è in atto la separazione consensuale. 69. I procedimenti di divorzio La legge prospetta, come funzione e risultato del procedimento in discorso, 2 figure distinte: 1) Lo scioglimento del matrimonio civile 2) La cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio concordatario Entrambe le pronunce sono subordinate all’accertamento che la comunione spirituale e materiale fra i coniugi non può essere mantenuta o ricostruita per l’esistenza di una delle cause previste dall’art. 3 legge 898/1970 (legge divorzio). In particolare il divorzio può essere chiesto da uno dei coniugi, quando: - L’altro abbia riportato condanne per determinati delitti o sia stato assolto per vizio totale di mente per gli stessi fatti - È stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale o è stata omologata la separazione consensuale o è intervenuta separazione di fatto almeno due anni prima dell’entrata in vigore della legge (18/12/70) In quest’ultima ipotesi, l’art 3, primo capoverso lett. b) n. 2 legge 898/1970, come modificato dal d.l. 132/2014 sulla negoziazione assistita e dalla legge 55/2015 sul divorzio breve, stabilisce che: “In tutti i predetti casi, per la proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno 12mesi dall'avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale e da 6mesi nel caso di separazione consensuale (…)” e sempre che, prima della domanda, sia passata in giudicato la sentenza che pronuncia la separazione giudiziale o sia stato omologato l’accordo della consensuale. L’eventuale interruzione della separazione determinata dalla riconciliazione anche solo spirituale, ma comunque desumibile obbiettivamente dalla ripresa della convivenza, deve essere eccepita dalla parte convenuta ed è ostativa all’accoglimento della domanda di divorzio. Qualora invece il termine non sia ancora trascorso al momento della proposizione della domanda, il tribunale deve pronunciare in rito il difetto del presupposto processuale. Il d.l. 132/2014 ha previsto la possibilità che le parti, per ottenere i medesimi risultati conseguibili mediante la sentenza di divorzio, utilizzino 2 procedure stragiudiziali: - Quella di negoziazione assistita da uno o più avvocati (art. 6) - Quella davanti al sindaco in qualità di ufficiale dello stato civile (art. 12) Anche nel giudizio di divorzio si distingue tra: 62 PROCEDIMENTO CONTENZIOSO Il procedimento contenzioso si articola, come quello di separazione giudiziale, in 2 fasi che si svolgono una davanti al presidente del tribunale e l’altra con le forme del giudizio di cognizione ordinario. La domanda si propone con ricorso al tribunale, che è competente per materia (art. 4, comma 1 legge 898/1970). La competenza per territorio è data dal luogo in cui il coniuge convenuto ha la residenza o il domicilio. Col deposito del ricorso si realizza anche la costituzione dell’attore. Il ricorso deve contenere (art. 4, comma 2 legge 898/1970) la specificazione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si fonda la domanda, ma non delle prove, e indicare l’esistenza di figli di entrambi i coniugi. Il presidente del tribunale, nei 5 gg successivi al deposito del ricorso, fissa con decreto il gg della comparizione delle parti, che deve avvenire entro 90 gg dal deposito, nonché il termine per la notificazione del ricorso e del decreto e il termine entro cui il coniuge convenuto può depositare memoria difensiva e documenti. Il presidente inoltre nomina un curatore speciale quando il convenuto è affetto da vizio di mente o legalmente incapace. I coniugi devono comparire davanti al presidente del tribunale personalmente, salvo gravi e comprovati motivi, e con l’assistenza di un difensore. - Se il ricorrente non si presenta o rinuncia, la domanda non ha effetto - Se non si presenta il coniuge convenuto, il presidente può fissare un nuovo gg per la comparizione, ordinando che la notificazione gli sia rinnovata. All’udienza di comparizione, il presidente deve sentire i coniugi prima separatamente poi congiuntamente, tentando di conciliarli. - Se i coniugi si conciliano, il presidente fa redigere processo verbale della conciliazione - Se invece la conciliazione non riesce, il presidente, sentiti i coniugi e i rispettivi difensori e disposto l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto i 12 anni o anche di età inferiore ove capace di discernimento, dà anche d’ufficio i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell’interesse dei coniugi e della prole, nomina il giudice istruttore e fissa l’udienza di comparizione e trattazione davanti a questo. Allo stesso modo provvede, se il coniuge convenuto non compare, sentito il ricorrente e il suo difensore. L’ordinanza del presidente può essere revocata o modificata dal giudice istruttore. Si applica inoltre l’art 189 disp. att., in base al quale l’ordinanza costituisce titolo esecutivo e conserva la sua efficacia anche dopo l’estinzione del processo finché non sia sostituita con un altro provvedimento emesso a seguito di un nuovo ricorso. Tra la data dell’ordinanza ovvero della sua notificazione e quella dell’udienza devono intercorrere i termini di cui all’art 163bis cpc, ridotti alla metà. Il presidente assegna anche un termine al ricorrente per il deposito di una memoria integrativa, che deve avere il contenuto di cui all’art 163, n. 2, 3, 4, 5 e 6 cpc, nonché un termine al convenuto per la costituzione in giudizio ai sensi degli artt. 166 e 167 cpc e per la proposizione delle eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ ufficio. L’ordinanza deve anche contenere l’avvertimento che la costituzione oltre il termine implica le decadenze di cui all’art 167 cpc e che oltre il termine stesso non è più possibile proporre le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio. All’udienza si applicano gli artt. 180, 183 e 184 cpc. A questo punto si svolge la SECONDA FASE DEL GIUDIZIO DAVANTI AL GIUDICE ISTRUTTORE, con l’intervento obbligatorio del p.m. Secondo il testo previgente dell’art 4 legge 898/1970 (legge divorzio) il giudice istruttore poteva disporre d’ufficio l’assunzione di 65 L’art 9 legge 898/1970 (legge divorzio) prevede poi in ogni caso la possibilità di disporre la REVISIONE delle pronunce sull’affidamento dei figli e sulle condizioni economiche, da parte del tribunale in camera di consiglio, assunte informazioni, sentite le parti e il p.m. e assunte le prove necessarie sulle circostanze sopravvenute. L’applicabilità del rito dei procedimenti in camera di consiglio esclude le preclusioni proprie del processo ordinario. EFFETTI INDIRETTI DEL DIVORZIO Occorre infine sottolineare che tra il giudizio di divorzio e quello di nullità del matrimonio in sede canonica sussiste una sostanziale indipendenza. Quindi la dichiarazione di nullità non determina la cessazione della materia del contendere nel giudizio di divorzio, neanche se delibata dal giudice italiano. La pregiudizialità va quindi esclusa, salva l’ipotesi, resa possibile dall’abrogazione della riserva di giurisdizione ecclesiastica, che la valutazione della validità del matrimonio avvenga non in via incidentale, ma con efficacia di giudicato. In questo caso opererebbe l’art 34 cpc (accertamenti incidentali) e il giudicato di divorzio potrebbe precludere la dichiarazione della sentenza ecclesiastica di nullità che, se sopravviene ugualmente, lascia impregiudicato il giudicato sulle pronunce della sentenza di divorzio. 70. Le procedure stragiudiziali in materia di separazione e divorzio Il d.l. 132/2014 ha introdotto la possibilità di utilizzare 2 procedure stragiudiziali: - Quella di negoziazione assistita da uno o più avvocati (art. 6) - Quella davanti al sindaco quale ufficiale dello stato civile (art. 12) PROCEDURA STRAGIUDIZIALE DI NEGOZIAZIONE ASSISTITA DA UNO O PIU’ AVVOCATI Utilizzando tale procedura con l’assistenza di almeno un avvocato per parte, può essere stipulata una convenzione al fine di conseguire una soluzione consensuale in materia di: - Separazione personale - Cessazione degli effetti civili del matrimonio - Scioglimento del matrimonio nei casi di cui all’art. 3, n. 2 lett. b legge 898/1970 (legge divorzio) - Modifica delle condizioni di separazione o di divorzio In mancanza di figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ai sensi dell’art. 3, comma 3 legge 104/1992 ovvero economicamente non autosufficienti, l’accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita (art. 6, comma 2 d.l. 132/2014) è trasmesso al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente il quale, quando non ravvisa irregolarità, comunica agli avvocati il nullaosta per gli adempimenti ai sensi del comma 3. Vale a dire, al fine di consentire all’avvocato della parte di trasmettere, entro il termine di 10gg, all’ufficiale dello stato civile del comune in cui il matrimonio è iscritto o trascritto, copia autenticata. Invece, nel caso in cui vi siano figli minori, maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave o economicamente non autosufficienti, l’accordo raggiunto deve essere trasmesso entro il termine di 10gg al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, il quale, quando ritiene che l’accordo risponde all’interesse dei figli, lo autorizza, e, in caso contrario, lo trasmette, entro 5gg, al presidente del tribunale, che fissa, entro i successivi 30gg, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo. Nell’accordo si dà atto che: - Gli avvocati hanno tentato di conciliare le parte - Gli avvocati hanno informato le parti della possibilità di esperire la mediazione familiare e dell’importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con ciascun genitore L’accordo raggiunto produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziale che definiscono i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civile del matrimonio, di scioglimento o di divorzio (art. 6, comma 3 d.l. 132/2014) = l’accordo è equiparabile a: 66 - La sentenza di separazione - L’accordo omologato della separazione consensuale - La sentenza di divorzio - Il decreto di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio In caso di separazione, è dal momento del nullaosta o dell’autorizzazione che si avrà anche lo scioglimento della comunione legale dei beni, ai sensi dell’art. 191 cc. PROCEDURA STRAGIUDIZIALE CHE SI SVOLGE DAVANTI AL SINDACO QUALE UFFICIALE DELLO STATO CIVILE L’art. 12 d.l. 132/2014 stabilisce che le parti (personalmente o con l’assistenza facoltativa di un avvocato) possono concludere l’accordo in questione rivolgendo un’espressa dichiarazione al sindaco, quale ufficiale dello stato civile, del comune di residenza di una di loro o presso cui è iscritto o trascritto l’atto di matrimonio. Ciò, però, sempre che non vi siano figli minori o maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti. Quando si tratta di accordo per la separazione o il divorzio, il sindaco, ricevute le dichiarazioni delle parti, le invita a comparire davanti a sé non prima di 30gg dalla ricezione per la conferma dell’accordo e, in tal caso, la mancata comparizione equivale a mancata conferma dell’accordo. Come per la negoziazione assistita, l’accordo così concluso produce i medesimi effetti dei provvedimenti giudiziari che concludono i procedimenti di separazione o di divorzio o di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio e in base ad esso verranno effettuate le dovute annotazioni negli atti di matrimonio. Nell’accordo, tuttavia, non possono essere inclusi patti di trasferimento patrimoniale (art. 12, comma 3 d.l. 132/2014). 71. Amministrazione di sostegno, interdizione e inabilitazione La profonda coordinazione tra la disciplina del processo di interdizione e inabilitazione e quello del suo oggetto sostanziale si è ulteriormente intensificata con l’introduzione dell’istituto dell’amministrazione di sostegno, che viene incontro all’esigenza di tutelare, con la minore limitazione possibile, la capacità di agire delle persone in tutto o in parte prive di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente. AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO La nomina dell’amministratore di sostegno infatti sottrae la capacità d’agire solo per determinate categorie di atti, da stabilire di volta in volta. L’amministratore di sostegno deve operare in funzione dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario. L’organo incaricato della sua designazione, ed eventuale revoca e cessazione, nonché di vigilare sulle modalità con cui l’amministratore assolve i suoi compiti, fino alla possibilità di esercitare poteri di supplenza in caso di urgenza, è il giudice tutelare. Il procedimento si svolge con le forme camerali e inizia con ricorso al giudice tutelare, ad iniziativa di: - Stesso beneficiario anche se minore, interdetto o inabilitato - Parenti entro il quarto grado - Affini entro il secondo - Coniuge o persona stabilmente convivente Il nuovo art 407 cc precisa: a. Il contenuto del ricorso, che deve essere proposto al giudice tutelare presso il tribunale del luogo di residenza o domicilio del beneficiario b. Le iniziative che il giudice deve assumere contestualmente, anche d’ufficio, con possibilità di modifica e di integrazione 67 c. Che nel procedimento deve intervenire il p.m. d. Che il giudice provvede con decreto motivato, immediatamente esecutivo, previa assunzione delle necessarie informazioni. Il nuovo art 408 cc concerne la scelta dell’amministratore che deve avvenire con esclusivo riguardo alla cura e agli interessi della persona del beneficiario, e comunque preferendo, se possibile: 1. Il coniuge non separato 2. La persona stabilmente convivente 3. I parenti più prossimi Il nuovo art 411 cc estende all’amministratore di sostegno alcuni oneri e istituti previsti per il tutore, prevedendo anche l’estensione di effetti, limitazioni e decadenze previsti per l’interdetto o l’inabilitato. L’art 412 cc dispone invece l’ANNULLABILITÀ, nel termine di prescrizione di 5 anni, degli ATTI COMPIUTI DALL’AMMINISTRATORE in violazione di legge o in eccesso dei poteri ad esso attribuiti, ad istanza di: - Amministratore stesso - p.m. - Beneficiario - Eredi beneficiario - Aventi causa Sono inoltre annullabili anche gli ATTI COMPIUTI DAL BENEFICIARIO, se privato dei relativi poteri. L’art 413 cc prevede invece la REVOCA o la CESSAZIONE dell’amministratore di sostegno indicandone i presupposti e le modalità, precisando che anche in tal caso il giudice provvede con decreto motivato. Sempre con decreto motivato, il giudice tutelare che ravvisi la sussistenza dei presupposti che rendono necessaria l’INTERDIZIONE o l’INABILITAZIONE, trasmette gli atti al p.m. perché assuma l’iniziativa al riguardo. In tal caso l’amministratore di sostegno cessa con la nomina del tutore o del curatore provvisorio ovvero con la dichiarazione di interdizione o di inabilitazione. I provvedimenti del giudice tutelare sono immediatamente annotati in un apposito registro a cura del cancelliere ed entro 10 gg sono comunicati all’ufficio dello stato civile per l’annotazione in margine all’atto di nascita del beneficiario. A tal proposito l’art 720bis cpc, dopo aver enunciato l’applicabilità ai procedimenti in materia di amministrazione di sostegno di alcune delle disposizioni concernenti l’interdizione e l’inabilitazione, enuncia che contro il decreto del giudice tutelare è ammesso reclamo alla Corte d’appello e contro il decreto pronunciato dalla Corte d’appello può essere proposto ricorso per cassazione. Ciò secondo alcuni attribuirebbe al provvedimento conclusivo l’idoneità al giudicato, anche se solo rebus sic stantibus. L’art 414 cc detta poi il criterio orientatore nella scelta tra amministrazione di sostegno e interdizione, stabilendo che il rimedio dell’interdizione va applicato ai soggetti che si trovano in abituale infermità di mente, che li rende incapaci di provvedere ai loro interessi, quando ciò sia necessario per assicurare la loro protezione. Ciò significa infatti che: - L’amministrazione di sostegno è un rimedio di carattere generale - L’interdizione è un rimedio speciale al quale ricorrere solo se strettamente necessario per proteggere l’infermo di mente PROCEDIMENTO DI INTERDIZIONE E INABILITAZIONE Il procedimento di interdizione e inabilitazione ha inizio con ricorso e si articola in 2 fasi. Esso però in effetti si sviluppa con le forme del procedimento di cognizione per concludersi con una sentenza impugnabile con i mezzi ordinari e quindi idonea a passare in giudicato rebus sic stantibus. Ciò suggerisce di inquadrare questo procedimento tra i PROCEDIMENTI SPECIALI DI COGNIZIONE NON SOMMARI, con i caratteri dell’azione costitutiva necessaria. 70 - Cessazione della materia del contendere - Estinzione dell’intero giudizio, escluso il passaggio in giudicato della sentenza eventualmente pronunciata Bisogna infine ricordare che in pendenza della domanda di interdizione, il cui accoglimento impedisce di contrarre matrimonio, il p.m. può anche chiedere la sospensione della celebrazione del matrimonio. CAP XIV – LA “SEMPLIFICAZIONE” DEI RITI 91. Le novità del d.lgs. 150/2011 sulla semplificazione e riduzione dei riti All’obiettivo della semplificazione e riduzione dei riti speciali di cognizione tende il d.lgs. 150/2011. Ma tale obiettivo sembra sostanzialmente fallito, in quanto il d.lgs. si presenta come una sorta di testo unico di alcuni riti speciali, in passato disciplinati da diverse leggi speciali. I riti presi in considerazione sono poi ricondotti, a seconda delle loro peculiarità, ai 3 modelli codicistici del: - Rito ordinario di cognizione - Rito del lavoro 71 - Rito sommario di cognizione Con l’aggiunta di specifiche disposizioni speciali. L’art. 1 d.lgs. 150/2011 specifica innanzitutto le norme che si intendono richiamate con riferimento al rito ordinario, al rito del lavoro e al rito sommario di cognizione. L’artt. 2 e 3 d.lgs. 150/2011 indicano alcune disposizione che non si applicano se non espressamente richiamate. 92. I riti di destinazione PROCEDIMENTI IMPRONTATI AL RITO DEL LAVORO Le materie che devono essere decise secondo il rito del lavoro sono: - Le controversie in materia di opposizione all’ordinanza-ingiunzione (art. 6 d.lgs. 150/2011) - Le controversie in materia di opposizione al verbale di accertamento di violazioni del codice della strada (art. 7 d.lgs. 150/2011) - Le controversie in materia di opposizione alle sanzioni amministrative in materia di stupefacenti (art. 8 d.lgs. 150/2011) - Le controversie in materia di opposizione ai provvedimenti di recupero di aiuti di stato (art. 9 d.lgs. 150/2011) - Le controversie in materia di applicazione delle disposizioni del codice sulla privacy (art. 10 d.lgs. 150/2011) - Le controversie agrarie (art. 11 d.lgs. 150/2011) - L’impugnazione dei provvedimenti in materia di registro dei protesti (art. 12 d.lgs. 150/2011) - L’opposizione ai provvedimenti in materia di riabilitazione del debitore protestato (art. 13 d.lgs. 150/2011) A tal proposito l’art 2 d.lgs. 150/2011 stabilisce che non si applicano, se non espressamente richiamati, gli artt. 413, 415 comma 7, 417, 417 bis, 420 bis, 421 comma 3, 425, 426, 427, 429 comma 3, 431 commi 1, 2, 3, 4 e 6, 433, 438 comma 2 e 439 cpc. Ciò significa che non si applica la disciplina di:  Giudice competente  Controversie relative ai rapporti di lavoro dipendenti delle pubbliche amministrazioni  Costituzione e difesa personale delle parti  Difesa della pubblica amministrazione  Accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti e accordi collettivi  Accesso sul luogo di lavoro  Richiesta di informazioni e osservazioni alle associazioni sindacali  Passaggio dal rito ordinario al rito speciale  Passaggio dal rito speciale al rito ordinario  Danno da svalutazione  Esecutorietà (ad eccezione comma 5 relativo alle sentenze a favore del datore di lavoro che si applica anche a quello a favore del lavoratore e di quanto previsto per le istanze di sospensione inammissibili)  Giudice d’appello  Cambiamento del rito di appello Occorre infine sottolineare che i poteri istruttori del giudice non possono essere esercitati al di fuori dei limiti previsti dal cc, come avviene invece nel processo del lavoro. Tale limitazione desta però perplessità perché gli ampi poteri istruttori del giudice costituiscono una particolarità del rito del lavoro e non un favor per il lavoratore, potendo essere esercitati anche a favore del datore di lavoro. È stato quindi realizzato un rito del lavoro sui generis e a sua volta speciale rispetto al rito del lavoro codicistico. 72 PROCEDIMENTI IMPRONTATI AL PROCEDIMENTO SOMMARIO DI COGNIZIONE Sono regolate dal procedimento sommario di cognizione le controversie in materia di: - Liquidazione degli onorari e diritti degli avvocati (art. 14 d.lgs. 150/2011) - Opposizione al decreto di pagamento delle spese di giustizia (art. 15 d.lgs. 150/2011) - Immigrazione, riconoscimento della protezione internazionale e ricongiungimento familiare (artt. 16-20 d.lgs. 150/2011) - Trattamento sanitario obbligatorio (art. 21 d.lgs. 150/2011) - Elezioni (artt. 22-24 d.lgs. 150/2011) - Riparazione a seguito di illecita divulgazione di intercettazioni telefoniche (art. 25 d.lgs. 150/2011) - Provvedimenti disciplinari a carico di notai e giornalisti (artt. 26 e 27 d.lgs. 150/2011) - Discriminazione (art. 28 d.lgs. 150/2011) - Opposizione alla stima nelle espropriazioni per pubblica utilità (art. 29 d.lgs. 150/2011) - Attuazione delle sentenze e dei provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria (art. 30 d.lgs. 150/2011) Per questo gruppo di procedimenti, alle specifiche disposizione previste per ognuna delle tipologie di controversie prese in considerazione vanno aggiunte le disposizioni indicate nell’art. 3 d.lgs. 150/2011, che riguardano le generalità delle controversie sottoposte a questo modello processuale e che derogano alla disciplina codicistica del procedimento sommario di cui agli artt. 702bis- 702quater cpc, imponendo anche con riferimento a questo rito di distinguere fra il modello codicistico e quello adattato al d.lgs. 150/2011. In questi casi però non si applica l’art 702ter, commi 2 e 3 cpc, cioè:  La possibilità di dichiarare inammissibile la domanda che non rientri nell’ambito di applicazione del rito sommario  La possibilità per il giudice di disporre il mutamento del rito da sommario in procedimento di cognizione piena ed esauriente Inoltre nelle ipotesi in cui la causa deve essere decisa dal collegio, il decreto specifica che il presidente del collegio designa il giudice relatore e può delegare l’assunzione di mezzi istruttori ad uno dei componenti il collegio. Per alcuni procedimenti, cioè quelli in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti degli avvocati o di opposizione al decreto di pagamento delle spese di giustizia, oltre a quelli trattati dalla Corte d’appello quale giudice di primo grado, l’ordinanza con cui si chiude il primo grado del rito sommario è INAPPELLABILE. I RESIDUI PROCEDIMENTI RICONDOTTI AL RITO ORDINARIO Le controversie regolate dal rito ordinario sono quelle: - In materia di rettificazione e attribuzione di sesso (art. 31 d.lgs. 150/2011) - Le opposizioni sulle riscossioni delle entrate patrimoniali dello stato e di altri enti pubblici (art. 32 d.lgs. 150/2011) - Le controversie in materia di liquidazione degli usi civici (art. 33 d.lgs. 150/2011) In realtà in questo caso l’intervento del legislatore delegato sembra del tutto inutile perché queste controversie erano sottoposte al rito ordinario anche nella disciplina previgente. 93. Mutamento del rito e sospensione del provvedimento amministrativo impugnato Il legislatore delegato ha disciplinato in maniera autonoma anche l’ipotesi dell’errore nella scelta del rito applicabile e del conseguente mutamento del rito errato in quello corretto, nonché della sospensione del provvedimento amministrativo impugnato. In caso di errore (art. 4 d.lgs. 150/2011), il mutamento del rito è disposto con ordinanza pronunciata anche d’ufficio dal giudice non oltre la prima udienza di comparizione delle parti. In questo caso il 75 per la presentazione della domanda di mediazione e fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di 3mesi. Allo stesso modo il giudice o l’arbitro fissa la successiva udienza quando la mediazione o il tentativo di conciliazione sono stati iniziati, ma non conclusi. La necessità di esperire il tentativo di conciliazione non preclude la concessione di provvedimenti urgenti e cautelari, né la trascrizione della domanda giudiziale. In ogni caso il tentativo di mediazione non è obbligatorio nei: - Procedimenti per ingiunzione - Procedimenti per convalida di sfratto o licenza fino al mutamento di rito di cui all’art 667 cpc - Procedimenti possessori - Procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata - Procedimenti in camera di consiglio - Casi in cui l’azione civile sia esercitata nel processo penale Il d.lgs. (art. 5, comma 2 d.lgs. 28/2010) prevede anche l’istituto della MEDIAZIONE DELEGATA DAL GIUDICE, stabilendo che ↓ “Fermo quanto previsto dal comma 1-bis e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell'istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l'esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso, l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello (…)” Quindi si riconosce la possibilità che, su iniziativa del giudice, venga introdotta in corso di causa una condizione di procedibilità della domanda giudiziale, pure non preventivamente ed espressamente prevista dal legislatore. “Il provvedimento di cui al periodo precedente è adottato prima dell'udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista prima della discussione della causa. Il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6 e, quando la mediazione non è già stata avviata, assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione” 103. Lo svolgimento della procedura Per quanto riguarda la disciplina applicabile alla procedura, l’art 3 d.lgs. 28/2010 richiama il regolamento dell’organismo di mediazione scelto dalle parti, precisando che: - Tale regolamento deve comunque garantire la riservatezza del procedimento e assicurare l’imparzialità del mediatore - La procedura possa anche svolgersi con modalità telematiche La domanda di mediazione è presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo di mediazione, liberamente scelto dall’istante, tra quelli inseriti nel registro del ministero della giustizia. L’istanza deve indicare: a. L’organismo b. Le parti c. L’oggetto d. Le ragioni della pretesa (ma non richiede il patrocinio del difensore) In caso di più domande relative alla stessa controversia, cioè connesse tra loro, la mediazione si svolge davanti all’organismo presso il quale è stata presentata la prima domanda. Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. La domanda di mediazione impedisce anche la decadenza, ma per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il termine di decadenza, che decorre dalla data del deposito del verbale di mancata conciliazione presso la segreteria dell’organismo. 76 Il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa la data del primo incontro fra le parti non oltre 30gg dal deposito della stessa domanda. La domanda e la data del primo incontro (art. 8, comma 1 d.lgs. 28/2010) sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Gli effetti sostanziali della domanda di mediazione si produrranno solo nel momento in cui la controparte riceverà la comunicazione della domanda di mediazione e della data del primo incontro, mentre se l’istante vuol anticipare la produzione di questi effetti, dovrà provvedere, oltre a depositare presso l’organismo la domanda, anche a comunicarla direttamente alla controparte. Al primo incontro, come a quelli successivi fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato. Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione e invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento. Solo nel caso che le parti e gli avvocati si siano espressi positivamente nel corso del primo incontro, la procedura di mediazione, che deve avere una durata max 3 mesi, si svolge senza formalità presso la sede dell'organismo di mediazione o nel luogo indicato dal regolamento di procedura dell'organismo, e, durante la stessa, il mediatore si adopera affinché le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia: - Se è raggiunto un accordo amichevole, il mediatore forma processo verbale, al quale viene allegato l’accordo stesso, che può anche prevedere il pagamento di una somma di denaro per ogni inadempimento o ritardo nell’adempimento. Il processo verbale è sottoscritto dalle parti e dal mediatore, che certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti. L’accordo raggiunto può prevedere il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza degli obblighi stabiliti ovvero per il ritardo nel loro adempimento (art. 11, comma 3 d.lgs. 28/2010) - Se l’accordo non è raggiunto, il mediatore può formulare una proposta di conciliazione, e deve farlo comunque se le parti gliene fanno concorde richiesta in qualunque momento della procedura. La proposta va comunicata alle parti che entro 7 gg, devono accettare o rifiutare. Il silenzio equivale a rifiuto. Se la proposta viene accettata, si applicano le stesse regole previste per il raggiungimento dell’accordo. In caso contrario, il mediatore forma processo verbale con l’indicazione della proposta. 104. L’efficacia del verbale Una volta sottoscritto, il processo verbale (di raggiunta o non raggiunta conciliazione) va depositato presso la segreteria dell’organismo e di esso viene rilasciata copia alle parti che lo richiedono. Art. 12 d.lgs. 28/2010 ↓ “Ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l'accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione forzata, l'esecuzione per consegna e rilascio, l'esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. (…)” Il verbale, quindi, costituisce titolo esecutivo per: - L’espropriazione forzata - L’esecuzione in forma specifica - L’iscrizione di ipoteca giudiziale In questo caso, quindi, sono gli avvocati che attestano e certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. In tutti gli altri casi, invece, il verbale di conciliazione può essere omologato (al fine di acquisire l’efficacia esecutiva) su istanza di parte e previo accertamento delle regolarità formale (e della non contrarietà all’ordine pubblico e a norme imperative), con decreto del presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l’organismo. 77 Quanto alla rilevanza nel successivo, eventuale giudizio del comportamento delle parti nel corso della procedura di mediazione, l’art. 13, comma 1 d.lgs. 28/2010 prevede ↓ “Quando il provvedimento che definisce il giudizio corrispond1e interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di un'ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Resta ferma l'applicabilità degli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile.” Aggiungere, inoltre, il comma 2 dello stesso art. 13 che, anche ↓ “Quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, può nondimeno escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l'indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all'esperto di cui all'articolo 8, comma 4. Il giudice deve indicare esplicitamente, nella motivazione, le ragioni del provvedimento sulle spese di cui al periodo precedente.” 105. La negoziazione assistita da uno o più avvocati Il d.lgs. 132/2014 ha introdotto la nuova procedura di negoziazione assistita da uno o più avvocati. La nuova procedura: - Generalmente si fonda su una scelta volontaria delle parti, che stipulano un’apposita convenzione (art. 2 d.lgs. 132/2014) = NEGOZIAZIONE ASSISTITA SU BASE VOLONTARIA → Essa si sostanzia in un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l'assistenza di avvocati. Costituiscono elementi essenziali di tale accordo, che comunque va stipulato in FORMA SCRITTA AD SUBSTANTIAM (pena di nullità) e con l’ASSISTENZA DI UNO O PIU’ AVVOCATI:  L’individuazione del termine per l’espletamento della procedura  L’individuazione dell’oggetto della controversia, che non deve riguardare diritti indisponibile, né vertere in materia di lavoro. Alla stipulazione della convenzione di negoziazione assistita le parti possono pervenire (art. 4 d.lgs. 132/2014) anche attraverso un invito rivolto da una delle parti alla controparte e contenente l’indicazione dell’oggetto della controversia e l’avvertimento che, in caso di mancata risposta entro 30gg dalla ricezione o di suo rifiuto, tale comportamento potrà essere valutato dal giudice dell’eventuale processo sulla medesima controversia ai fini della determinazione delle spese giudiziali e dell’applicazione dell’art. 96 cpc e dell’art. 642, comma 1 cpc. Dal momento della comunicazione dell’invito o dalla sottoscrizione della convenzione di negoziazione assistita si producono sulla prescrizione gli stessi effetti interruttivi della domanda giudiziale e dalla stessa data è impedita la decadenza, per una sola volta. - In alcune specifiche ipotesi costituisce una vera e propria condizione di procedibilità della domanda giudiziale (art. 3 d.lgs. 132/2014) = NEGOZIAZIONE ASSISTITA COME CONDIZIONE DI PROCEDIBILITA’ DELLA DOMANDA GIUDIZIALE → Essa assume la medesima funzione del preventivo esperimento obbligatorio della procedura di mediazione. Ciò vale per: a. Controversie in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti, a prescindere dal loro valoro b. Per le controversie aventi ad oggetto pagamento a qualsiasi titolo di somme di denaro non eccedenti i 50000 euro, ad esclusione delle controversie indicate dall’art. 5, comma 1bis lett. a) d.lgs. 28/2010, di quelle nelle quali la parte può stare in giudizio
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