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Esempio di tema argomentativo sulla violenza di genere, Temi di Italiano

Tema di tipologia b per liceo. Domande e produzione scritta.

Tipologia: Temi

2020/2021

Caricato il 14/04/2021

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elena-lambri 🇮🇹

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Scarica Esempio di tema argomentativo sulla violenza di genere e più Temi in PDF di Italiano solo su Docsity! Elena Lambri 5^ ALC VERIFICA DI ITALIANO TIPOLOGIA B Traccia 2- La violenza di genere 1- I numeri della violenza contro le donne Nel mondo la violenza contro le donne interessa 1 donna su 3. In Italia i dati Istat mostrano che il 31,5% delle donne ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner o ex partner, parenti o amici. Gli stupri sono stati commessi nel 62,7% dei casi da partner. Secondo il Rapporto Istat 2018 sulle vittime di omicidi , il 54,9% degli omicidi di donne sono commessi da un partner o ex partner, il 24,8% da parenti, nell’1,5% dei casi da un’altra persona che la vittima conosceva (amici, colleghi, ecc.) Questi dati evidenziano le gravi dimensioni del fenomeno che costituisce un rilevante problema di sanità pubblica, oltre che una violazione dei diritti umani. Nel triennio 2017-2019, secondo le risultanze dell’analisi condotta dal ministero della Salute e dall’Istat sugli accessi in Pronto soccorso, , le donne che hanno avuto almeno un accesso in Pronto Soccorso con l’indicazione di diagnosi di violenza sono 16.140 per un numero totale di accessi in Pronto Soccorso con l’indicazione di diagnosi di violenza nell’arco del triennio pari a 19.166 (1,2 accessi pro capite). Complessivamente il numero pro-capite di accessi per queste donne, a prescindere dalla diagnosi, è superiore a 5 e nella classe di età 18-44 anni è superiore a 6. Questo significa che una donna che ha subito violenza nell’arco del triennio torna in media 5/6 volte in Pronto Soccorso. Analizzando i dati per fascia di età, il 57% degli accessi è di donne che hanno tra 18 e 44 anni, il 24,4% hanno tra 45 e 64 anni, le minorenni costituiscono il 14,3% del totale e le donne con più di 64 anni sono il 4,3%. Laddove le famiglie sono più a stretto contatto e trascorrono più tempo assieme, come avvenuto durante l’attuale pandemia, aumenta il rischio che le donne e i figli siano esposti alla violenza soprattutto se in famiglia vi sono gravi perdite economiche o di lavoro. Man mano che le risorse economiche diventano più scarse, possono aumentare anche forme di abuso, di potere e di controllo da parte del partner. I dati Istat indicano che le chiamate al numero antiviolenza 1522 nel periodo 1 marzo-16 aprile 2020 sono state 5.031, il 75% in più rispetto al medesimo periodo del 2019.Nel Periodo compreso tra marzo e giugno 2020 il numero delle chiamate sia telefoniche sia via chat al numero antiviolenza 1522 secondo i dati Istat è più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+119,6%), passando da 6.956 a 15.280. ( fonte: ISTAT ,2021) 1-Violenza di genere e modelli culturali maschili Il fatto che la violenza di genere riguardi soprattutto gli uomini che la agiscono, e non le donne che la subiscono, è una consapevolezza che abbiamo acquisito di recente. Ma è anche vero che ad oggi sono ancora tante le persone che considerano i comportamenti violenti delle patologie, derivanti da condizionamenti psicologici o effetto di marginalità sociale, che interessano solo certi uomini, diversi rispetto alla maggioranza .Così come si pensa che i casi di femminicidi siano solo eventi molto gravi ma isolati, rispetto alla maggioranza. I mass media in questo senso, continuano ad avere un ruolo centrale: sia quando parlano di “troppo amore”, quasi a voler giustificare certi casi particolarmente efferati, sia quando usano toni sensazionalistici. Essi veicolano descrizioni che supportano una visione prettamente emergenziale del fenomeno. Eppure i vari programmi televisivi che trattano il problema, svolgono un grande lavoro di sensibilizzazione verso il pubblico a casa, anche se talvolta gli eventi e le immagini mostrate sono discutibili, sottolineando che la radice del problema sia la cultura maschile del possesso, e incoraggiando una ferma condanna sociale dei comportamenti violenti. Ma ciò che continuano a ribadire le associazioni femministe e i Centri Antiviolenza già da parecchio tempo, è che il fenomeno della violenza di genere, nella nostra società, è strutturale e non emergenziale. A fronte di un numero sempre più elevato di donne che lamentano di essere state vittime di una qualche forma di violenza nel corso della vita le istituzioni dovrebbero aumentare azioni di prevenzione per modificare modelli culturali, rappresentazioni della virilità e pratica delle relazioni libere da concezioni di superiorità /inferiorità fra i generi. Ed è anche quanto affermano, ripetutamente, le numerose associazioni maschili, istituite da uomini con la volontà di mettere in discussione i modelli di virilità che la società gli attribuisce. ( Silvia Ruffaldi -Associazionelui.it- Giugno 2020) 3-La violenza sulle donne: una storia che viene da lontano. Basti pensare, ad esempio, che nel nostro paese, fino al 1963, esisteva lo “ius corrigendi” che dava al marito il diritto di picchiare la moglie rea di aver commesso atti a suo giudizio sbagliati. Fino al 1981 è rimasto in vigore il delitto d’onore, che dava la quasi impunità al marito che uccideva una donna della sua famiglia, in ragione appunto di un’offesa da questa arrecata al suo onore, e il matrimonio riparatore che permetteva di violentare una ragazza e non pagare per la propria colpa sposandola. Solo dal 1996 la violenza nei confronti delle donne è considerata un reato contro la persona e non più contro la morale. Ma la visione culturale non è cambiata, lo stupro è ancora considerato legittimato dalle “provocazioni” femminili (lo stereotipo è ancora: lo ha provocato, non è stata prudente). E anche la violenza domestica è presentata come una questione sentimentale, che può portare, per gelosia, anche al femminicidio. Lo stereotipo è sempre lo stesso: dall’«onore» tradito (che giustificava il diritto d’onore) alla questione sentimentale (lo ha tradito, lo ha lasciato). L’idea è che l’uomo è da compassionare perché non ha retto all’abbandono. Quindi la violenza omicida sarebbe scattata in una circostanza particolare, che ne costituisce una attenuante o per lo meno che spiega, giustifica il gesto estremo (il raptus, il dramma della follia). ( Maria Cecilia Guerra-Le radici culturali e sociali della violenza sulle donne) )Analisi e comprensione 1- Riassumi brevemente i contenuti dei tre brani proposti, evidenziando per ognuno di essi il concetto/ tema centrale B) Produzione Il fenomeno della violenza sulle donne, per quanto in fase di lenta riduzione, continua a riempire le cronache dei mass-media italiani e stranieri quasi quotidianamente. Sulla scorta della tua percezione del problema ed eventualmente di fatti di cronaca che ti hanno colpito particolarmente, esponi le tue riflessioni riguardo le caratteristiche e le cause della violenza di genere nella società odierna. Non solo la faccenda viene sottovalutata, ma dinnanzi ad alcune situazioni concrete, nelle realtà di paese o di quartiere si crea una sorta di omertà cittadina. In molti sanno, conoscono i fatti, ma non agiscono in nessun modo, un po’ per la solita questione del non ficcare il naso negli affari altrui e un po’ perché non viene ritenuto necessario. Questo porta l’aggressore a non essere l’unico colpevole. Ne abbiamo visto su tutti i telegiornali la chiara dimostrazione proprio di recente, con l’omicidio avvenuto a Genova di Clara Ceccarelli, la quale addirittura si era pagata in anticipo il suo funerale perché consapevole che nessuno sarebbe intervenuto per impedire la sua triste fine e, ancora più scandaloso a pensarci, nessuno avrebbe aiutato la sua famiglia dopo questo avvenimento. In molti sapevano, ma nessuno ha fatto nulla. Clara Ceccarelli è solo una delle 11 donne uccise in soli 2 mesi di questo nuovo anno. Questo è un episodio agghiacciante che ha fatto molto scalpore tra i media ed è assolutamente fondamentale parlarne; ma si dovrebbe anche parlare di molte altre vicende meno da cronaca e normalizzare il fatto che la violenza non solo sia molto diffusa, indipendentemente dal fatto che sia più o meno grave, ma che possa anche essere psicologica. Se nessuno è intervenuto per la donna Genovese è anche per il fatto che in quell’anno subiva principalmente stalking e minacce verbali dal suo aggressore, cose ritenute di poco conto rispetto alla violenza fisica. Ho vissuto un anno come vittima di una leggera forma di stalking e tutte le volte che ho provato a parlarne, eccetto pochi casi, l’hanno sempre presa tutti sul ridere. Non solo il non essere presi seriamente fa male e demoralizza, ma in troppi non si rendono conto di quanto arrivare a situazioni molto gravi partendo dagli avvenimenti più banali ed inoffensivi sia semplice. Lo stalking, ma più nello specifico la violenza psicologica, è presente ed esercitata per due motivi: il primo per problemi psicologici e psichiatrici effettivi e caratteristici di alcuni aggressori ed il secondo per il patriarcato ed i modelli di virilità. Alcuni media, cercando di mettere in guardia le donne, affermano che chi pratica questo tipo di violenza non ami davvero ma voglia solo fare del male; in alcuni casi è vero, ma nella maggior parte dei casi no: questi uomini ritengono talmente importante una persona nella loro vita al punto da sviluppare per essa una vera e propria ossessione o trasformarla in una presenza a cui si è morbosamente attaccati senza la quale non possono vivere, dipendono quasi da essa. Non è un caso se, tra questi, diversi decidono di togliersi la vita quando la persona in questione viene a mancare o viene in qualche modo “portata via”. E sì, non sono tutti psicopatici come possiamo pensare, bensì uomini “normali” educati a vedere la donna come una loro proprietà o comunque come qualcuno da sottomettere. Tutto questo è raccapricciante, perché molti di questi uomini amano, amano sinceramente. Ma amano talmente tanto da rendere la persona amata “roba loro” e farne quello che vogliono, trasformando l’amore, una delle cose più belle dell’umanità, in qualcosa di profondamente tossico e sbagliato. Un altro aspetto che fa riflettere su come la società Italiana sia arretrata da questo punto di vista, anche solamente per quanto riguarda il rispetto nei confronti delle donne, è proprio la nostra lingua. È una lingua profondamente sessista, nonostante si provi a negarlo; banalmente lo si può notare per quanto riguarda gli insulti: gli insulti destinati agli uomini si legano sul momento a specifiche qualità del soggetto ed ai contesti nelle quali vengono usati, mentre quelli destinati alle donne sono nella maggior parte dei casi legati a sesso e prostituzione e vengono utilizzati anche in ambiti e per situazioni che non c’entrano assolutamente nulla con i termini in questione. Certo, lo scopo degli insulti è quello di offendere, ma perché quando si insulta un uomo si entra nello specifico mentre quando si insulta una donna si generalizza e la si degrada inutilmente? A questo proposito, è molto interessante il monologo recitato da Paola Cortellesi e scritto da Stefano Bartezzaghi (uno dei più grandi esperti e semiologi della lingua italiana) per i David di Donatello del 2018, in cui viene mostrato come banali vocaboli, aggettivi o espressioni al maschile siano del tutto innocui mentre, al femminile, irrispettosi. Inoltre, qualcosa di paradossale, è che ci siano numerose donne “controproducenti” nei confronti di una questione che le tocca in prima persona. Ebbene sì, la cultura del machismo è estesa anche al gentil sesso; ma questa è solo l’ennesima colpa del patriarcato e dei modelli di mascolinità, per i quali molte di noi sono abituate e convinte che la loro credibilità e validità dipenda e debba essere confermata dagli uomini e dalla loro opinione. Un esempio si ha quando alcune di queste, dopo aver subito fischi o catcalling per strada o sul web si sentono onorate o addirittura ringraziano, perché a loro importa talmente tanto il parere maschile che adattano il proprio aspetto ed atteggiamenti al fine di compiacere gli uomini ed ottenere il loro apprezzamento. Questo fenomeno ha portato a coniare in rete il termine “pick me girl”, riferito a tutte quelle ragazze che decidono di andare volontariamente contro i valori femministi e di mettersi in mostra cercando sempre ci compiacere e difendere anche in caso di torto il proprio pubblico maschile. Restando nel mondo di internet, altri personaggi interessanti e caratterizzanti nell’ambito della discriminazione di genere sono gli Incel. Proveniente dagli Stati Uniti, dove il fenomeno è nato, la parola Incel è stata creata appositamente per indicare tutti quegli uomini che si ritengono “Involontariamente Celibi”. Costoro, a causa degli standard ed in particolar modo dei canoni estetici della società, si sono convinti di essere troppo brutti o al di sotto dei “requisiti” che le donne e le ragazze cercano in un uomo. Forti sostenitori del sistema patriarcale di anni fa che portava tutti gli uomini in qualche modo a sposarsi e fortemente contrari all’emancipazione femminile, gli Incel sono dei veri e propri misogini convinti che diffondono odio online non solo nei confronti di tutto il genere femminile, ma anche nei confronti di quegli uomini che, a detta loro, “hanno tutto”. Alcuni di questi personaggi sono arrivati addirittura a compiere atti terroristici a causa delle loro teorie anche se, fortunatamente, in Italia sono perlopiù leoni da tastiera. È anche vero, però, che se da un lato si verificano tutti questi avvenimenti, dall’altro stiamo facendo comunque dei passi avanti. Lo stesso web che ingloba tantissimo odio e discriminazioni nei nostri confronti è lo stesso che permette ad associazioni femministe e a tutte le persone a favore della parità di genere di combattervi contro e di promuovere un abbattimento degli stereotipi e dei modelli di genere da seguire. E, soprattutto da parte dei giovani, questa lotta si sta concretamente verificando anche se, per certi versi, in modo un po’ estremizzato. È comprensibile il fatto che non lo capiamo, siamo giovani e abbiamo comunque degli ideali davvero alti, ma questo tipo di “rivoluzioni” vanno fatte in modo graduale e senza generare odio. La generazione Z, viene definita da molti sociologi e studiosi “la generazione fluida” in quanto siamo la prima generazione che punta ad abbattere ogni distinzione di genere in nome della parità ma anche della libertà individuale. Tra di noi i vestiti, il make up e gli accessori non hanno più un’identità di genere, ognuno è libero di esprimersi come vuole, di amare chi vuole e di essere e sentirsi quello che vuole. Tutto ciò è assolutamente bellissimo, ma arrivare addirittura così su due piedi a cercare di standardizzare il chiedere alla persona che si ha di fronte che pronomi che vuole che usiamo con lei e offendere e fare polemica a chi non lo fa o utilizza i pronomi sbagliati è forse un po’ eccessivo. Non lo reputo tale perché sia contraria, anzi; però credo che sia ancora troppo presto e che queste reazioni portino chi ha opinioni contrarie a sentirsi quasi “oppresso” ed offeso al punto di generare ancora più astio e ad allontanarsi da un possibile processo di sensibilizzazione. Per abbattere un problema non basta “censuare” tutto e cambiare le cose sul momento: si rischia solo di creare ulteriore repressione da entrambe le parti senza giungere mai ad un accordo. Anche se per certi versi siamo ancora un po’ indietro e in questi 2020 e 2021 i casi di violenza di genere non hanno fatto che aumentare, io sono fiduciosa. Nel corso degli anni ho visto i media e le persone intorno a me parlarne sempre di più, nelle scuole stanno quasi del tutto scomparendo gli atteggiamenti (ed insegnamenti) sessisti, la famiglia tradizionale è ormai abbattuta, ci sono più donne che lavorano, donne che fanno grandi passi per l’umanità e relazioni sentimentali sempre meno tossiche, canoniche e forzate. Ci sono paesi avanti anni luce rispetto a noi, ma l’Italia sta comunque migliorando ed è in condizioni migliori di altri. Basti pensare che Napolitano, durante il suo governo (parliamo di circa 10 anni fa), in una conferenza internazionale tenutasi a Roma sulla violenza sulle donne riconobbe come violazione dei diritti umani non solo la pura violenza, ma proprio l’intera discriminazione di genere, spiegando come tutto questo nascesse dall’ignoranza e dalla perdita di valori morali e ritenendo necessario educare i cittadini all’uguaglianza. Negli Stati Uniti, un paese che è uno dei motori del mondo, solamente tre anni fa Joe Biden parlò di violenza di genere fermandosi puramente a quella fisica e allo stupro e proponendo una “battaglia”. Sicuramente le intenzioni dell’attuale Presidente americano erano più che buone e giuste, ma è meglio non tralasciare nulla in questo ambito come ha fatto il nostro ex Presidente della Repubblica, perché è proprio la “mera” discriminazione ad essere alla base della violenza. Nonostante tutto, mi sento fortunata ad essere nata in Italia in questo millennio perché so che posso diventare una donna libera e so che anche se dovesse succedere qualcosa a me o a qualcuna a me cara, ci sono e ci saranno sempre più persone al nostro fianco Educando le persone, intervenire con dei percorsi su chi è irremovibile per idee ed atteggiamenti sessisti e distruggendo progressivamente il patriarcato e i modelli arriveremo ad una meta. Il processo è lento e graduale, ma sono sicura che ci arriveremo molto prima di quanto immaginiamo.
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