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Esperienza e educazione, Sintesi del corso di Pedagogia Sperimentale

Riassunto del saggio di John Dewey

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 25/02/2021

MarialuisaChicco9.
MarialuisaChicco9. 🇮🇹

4

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6 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Esperienza e educazione e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia Sperimentale solo su Docsity! ESPERIENZA E EDUCAZIONE PREFAZIONE La filosofia dell’educazione si dedica nell’introdurre nuovi modi di pratica, includendo le due opposte scuole di pensiero. L’educazione non deve schierarsi o da una parte o da un’altra ma deve indicare un piano di interventi più profondo e comprensivo. Ovviamente istituire qualcosa di nuovo è decisamente più difficile rispetto al seguire una cosa già assodata. È fondamentale, per chi vuole occuparsi di un nuovo ordine di idee in merito all’educazione, che ci si concentri solo e solamente sull’educazione stessa, senza entrare in qualche “ismo” riguardante l’educazione. I movimenti che penano e operano in base all’”ismo” sono così coinvolti contro altri “ismi” che finiscono involontariamente per essere controllati da loro. Si finisce a focalizzarsi solo sulla reazione di quest’ultimi, dimenticando così il concetto alla base. CAPITOLO I: EDUCAZIONE TRADIZIONALE – EDUCAZIONE PROGRESSIVA La storia dell’educazione è caratterizzata dall’opposizione fra: - L’idea che l’educazione è svolgimento dal di dentro/l’educazione è basata nelle doti naturali - L’idea che l’educazione sia formazione dal di fuori/l’educazione è un processo di sottomissione delle inclinazioni naturali e di sostituzione di esse con abiti acquisiti da pressione esteriore. Attualmente la scuola si contende tra una fazione tradizionale e una progressista. Quella tradizionale è rigorosa ed ha come compito quello di trasmettere i saperi alla nuova generazione in modo totalmente diverso dalle altre istituzioni sociali (la scuola ha aule, modi, orari, organizzazione totalmente diverse). Il sistema tradizionale consiste in un’imposizione dall’alto e dal di fuori. Esso impone norme, programmi e metodi di adulti a individui che si avviano solo lentamente alla maturità. Il distacco è così grande che il programma e i metodi di apprendere e di comportarsi, che si esigono, rimangono estranei alle capacità effettive dell'alunno. Lo scopo/obiettivo principale è di preparare il ragazzo alle responsabilità future e al successo nella vita mediante l’acquisizione d’un insieme di conoscenze e di forme di abilità ben fondate. Ai libri, e specialmente ai manuali, spetta in particolar modo il compito di rappresentare il sapere e la saggezza del passato, mentre gli insegnanti sono il tramite che pone gli alunni a contatto col materiale. Il sorgere di ciò che si è soliti chiamare nuova educazione e scuole progressive è di per sé un effetto del disagio che suscita l'educazione tradizionale. L’abisso tra il bagaglio degli insegnanti e quello del ragazzo dà vita ad una scarsa partecipazione attiva dello studente. Inoltre ciò che è insegnato è pensato sostanzialmente come cosa statica, come prodotto finito, senza curarsi della sua origine e dei cambiamenti che subirà in avvenire. Si vive nel passato pensando che il presente sarà uguale, non tenendo conto che il cambiamento del futuro è regola e non un’eccezione. Le scuole progressiste odierne puntano all’espressione e alla cultura dell’individualità, all’imparare dall’esperienza, all’imparare a vivere nel presente e ad affrontare l’eventualità odierne. Le scuole progressiste puntano alla familiarizzazione con un mondo in movimento. Attenzione però al saper applicare tutto ciò costruttivamente, al non distruggere completamente il movimento precedente ma sostituirlo e integrarlo adeguatamente. La recente filosofia punta ad un’intima e necessaria relazione fra il processo dell’esperienza effettiva e l’educazione. Per l'educazione progressiva il problema è: quale è il posto e il significato della materia di studio e dell'organizzazione dentro l'esperienza? Come funziona la materia di studio? C'è nell'esperienza qualcosa che tende alla progressiva organizzazione dei suoi contenuti? Quali risultati si hanno quando i materiali dell'esperienza non sono organizzati progressivamente? Una filosofia che si limita a respingere, alla mera opposizione, trascurerà questi problemi. Tenderà a supporre che, siccome la vecchia educazione si fondava in un'organizzazione già bell'e fatta, basta respingere il principio dell'organizzazione in toto, invece di sforzarsi di scoprire che cosa esso significa e come vi si può pervenire muovendo dall'esperienza. C’è bisogno che coesistano. Dalla scuola tradizionale si può tener conto dell’insegnare al bambino la conoscenza e le abilità dell’adulto mentre della scuola progressista si può tener conto dell’imparare tramite l’esperienza. Con l’unione di questi due fattori si potrebbe rendere più intima e profonda l’educazione. Basare l'educazione sull'esperienza personale può darsi che si moltiplichino e si rendano più intimi che nella scuola tradizionale i contatti fra il maturo e l'immaturo e che per conseguenza si accresca piuttosto che diminuire il valore dell'essere guidati. Non è troppo dire che una filosofia dell'educazione che professa di essere fondata nell'idea della libertà può diventare altrettanto dogmatica quanto l'educazione alla quale reagisce. Difatti qualsiasi teoria e qualsiasi sistema pratico è dogmatico quando non è basato in un esame critico dei propri fondamenti. Ci tocca di accertare in che modo la conoscenza del passato può essere trasformata in un potente strumento per agire effettivamente sul futuro. Quanto più dobbiamo rifiutare la conoscenza del passato come fine dell'educazione, tanto più dobbiamo insistere sull'importanza di essa come mezzo. CAPITOLO II: LA NECESSITÀ DI UNA TEORIA DELL’ESPERIENZA Per dar luce ad una nuova e sana educazione non bisogna svincolarsi del passato perché è improduttivo. La nuova filosofia dell'educazione si riattacca a qualche tipo di filosofia empirica e sperimentale (esperienza personale). Credere che ogni educazione autentica proviene dalla esperienza non significa già che tutte le esperienze siano genuinamente o parimenti educative. Ci sono difatti delle esperienze diseducative. È diseducativa ogni esperienza che ha l'aspetto di arrestare o fuorviare lo svolgimento dell'esperienza ulteriore. Un'esperienza può: - Procurare incallimento - Diminuire la sensibilità e la capacità di reagire. In questi casi sono limitate le possibilità di avere una più ricca esperienza nel futuro. - Aumentare l'abilità automatica di una persona in una particolare direzione e tuttavia tendere a restringere la sua libertà di mosse: l'effetto è di nuovo di limitare il campo della futura esperienza. Ma, mentre il principio di continuità si applica in qualche modo in ogni caso, la qualità della esperienza presente influenza il modo in cui il principio si applica. Non c'è paradosso nel fatto che il principio della continuità dell'esperienza può operare in modo da arrestare un individuo su un basso piano di svolgimento, incapace di un'ulteriore crescita. D'altra parte, se un'esperienza suscita curiosità, rafforza l'iniziativa e fa nascere desideri e propositi che sono sufficientemente intensi per trasportare un individuo al di là dei punti morti nel futuro, la continuità opera in un modo molto diverso. Ogni esperienza è una forza propulsiva. Il suo valore può essere giudicato solo in base all'oggetto verso cui o entro cui si muove. La maggior maturità dell'esperienza che dovrebbe possedere l'adulto in quanto educatore lo mette in grado di valutare ogni esperienza del giovane da un punto di vista il in cui non può porsi chi ha meno matura esperienza. Tocca allora all'educatore rendersi conto in quale direzione si muove un'esperienza ma deve stare attento a come muoversi e a come agire in modo tale da non privare del giovane di cose che gli potrebbero servire per la crescita. Vale la pena, dunque di dire qualcosa circa il modo in cui l'adulto può esercitare l'accorgimento che gli procura la sua più ampia esperienza senza imporre un controllo meramente esterno. 1. Stare all'erta per vedere quali attitudini e tendenze abituali si stanno creando. In questa direzione egli, se è un educatore, deve essere in grado di giudicare quali attitudini avviano di fatto ad un aumento di crescita e quali altre l'ostacolano. 2. Avere quella comprensione simpatica dell'individuo in quanto individuo che dà un'idea di quel che sta accadendo effettivamente negli spiriti di coloro che stanno imparando (dovrebbero farlo i genitori e gli insegnanti) L'esperienza non si compie semplicemente nell'interno della persona. Essa si svolge lì poiché influenza la formazione di attitudini di desideri e di propositi. Ma non è ancora tutto. Ogni esperienza autentica ha un aspetto attivo che cambia in qualche modo le condizioni obbiettive sotto cui si compie l'esperienza. Anche il popolo ha delle esperienze precedenti che lo distinguono da altri. Se non avesse quelle esperienze sarebbe un popolo barbaro e selvaggio, retrocederebbe. Noi viviamo dalla nascita alla morte in un mondo di persone e di cose che in larga misura è quel che è in virtù di ciò che è stato fatto e trasmesso dall'attività degli uomini che ci hanno preceduto. Quando lo si dimentica, l'esperienza la si considera come qualcosa che si compia dentro un corpo ed una mente individuali. Una delle principali responsabilità dell'educatore è che egli non solo deve essere attento al principio generale della formazione dell'esperienza mediante le condizioni circostanti, ma che riconosca pure in concreto quali sono le condizioni che facilitano le esperienze conducenti alla crescita. Inoltre egli dovrebbe conoscere in che modo utilizzare la situazione circostante, fisica e sociale, per estrarne tutti gli elementi che debbono contribuire a promuovere esperienze di valore. L'educazione tradizionale non aveva da affrontare questo problema; poteva sistematicamente sottrarsi alla sua responsabilità. Non si chiedeva che il maestro s'informasse a fondo delle condizioni di vita circostante, fisica, storica, economica, professionale, per utilizzarle a scopo educativo. Questa partecipazione attiva che la educazione progressiva esige dall'insegnante è un'altra ragione della sua maggiore difficoltà nei confronti del sistema tradizionale. La parola "interazione”, esprime il secondo principio essenziale, che permette d'interpretare una esperienza nella sua funzione ed efficacia educativa. Essa assegna eguali diritti ai due fattori dell'esperienza: le condizioni obbiettive e le interne. Qualsiasi esperienza normale è un gioco reciproco di queste due serie di condizioni. Prese insieme, e nella loro interazione, costituiscono quella che io chiamo situazione. Dire che gli individui vivono in un mondo significa, in concreto che essi vivono in una serie di situazioni. E quando si dice che essi vivono in queste situazioni, il significato della parola "in" è diverso dal significato che essa ha quando si afferma che ci sono dei soldi "in" tasca. Ancora una volta significa che è in corso un'interazione fra un individuo e oggetti e altre persone. La situazione e l'interazione non si possono concepire l'una scissa dall'altra. L'ambiente, in altre parole, sono le condizioni, quali si siano, che interagiscono con i bisogni, i desideri, i propositi e le capacità personali per creare la esperienza che si compie. I due principi della continuità e dell'interazione non sono separati l'uno dall'altro. Essi si collegano e uniscono. Essi sono, per così dire, gli oggetti longitudinale e laterale dell’esperienza. Situazioni differenti si succedono l'una all'altra, ma in virtù del principio della continuità qualcosa passa da quella che precede a quella che segue. Via via che un individuo passa da una situazione a un'altra, il suo mondo, il suo ambiente si espande o si contrae. Quello che ha acquistato in conoscenza e abilità in una situazione diventa strumento di comprensione di effettiva azione nella situazione che segue. Il processo continua quanto la vita e l'apprendere. Se non è così, il corso dell'esperienza è disordinato, poiché il fattore individuale, che è parte dell'esperienza, è spezzato. Un mondo diviso, un mondo le cui parti e i cui aspetti non si legano l'un l'altro, è ad un tempo sintomo e causa di una personalità scissa. Quando questa scissione raggiunge un certo punto noi diciamo che l'individuo è pazzo. La personalità diventerà solo una quanto tutte le esperienze passate si integreranno con la successiva. Questa relazione è fondamentale. La continuità e l'interazione nella loro attiva unione reciproca porgono la misura del significato e del valore educativo di un'esperienza. La relazione tra continuità e interazione danno il giusto significato e valore educativo all’esperienza. L'immediata diretta preoccupazione di un educatore è la situazione in cui ha luogo l'interazione. Un’altra preoccupazione è quella delle condizioni oggettive, ma l’educatore non può fare fino ad un certo punto. Nelle condizioni oggettive, oltre all’assetto sociale, bisogna includere il tono di voce, il modo utilizzato, il cosa si è detto ma include anche l’arredamento etc. Quando diciamo che le condizioni oggettive sono quelle che l'educatore ha il potere di regolare, intendiamo, naturalmente, che la sua abilità di influenzare direttamente l'esperienza degli altri e quindi la loro educazione, gli impone il dovere di determinare quell'ambiente che interagirà con le capacità e i bisogni che posseggono coloro a cui insegna, per creare un'esperienza che abbia valore. La differenza tra l’educazione tradizionale e quella progressista è che quella tradizionale non si curava molto che le condizioni oggettive fossero ottimali per tutti, rischiando molte volte di non riuscire a “farsi capire” da alcuni mentre quella progressista ha un occhio particolare per le condizioni oggettive. La responsabilità di scegliere condizioni oggettive porta allora con sé la responsabilità di comprendere i bisogni e le attitudini degli individui che imparano in un dato tempo. Non già l'oggetto per sé è educativo o promuove la crescita. A nessuna materia di studio in sé e per sé, astraendo dal grado di svolgimento raggiunto da chi impara, si può attribuire un intrinseco valore educativo. Purtroppo questa cosa non era ben chiara nella scuola tradizionale perché si pensava che ciò fossero già buoni di per loro, non tenendo conto delle condizioni. L'idea che certi oggetti di studio e certi metodi e che la conoscenza di certi fatti e di certe verità posseggono valore educativo in sé e per sé è la ragione per cui l'educazione tradizionale ha ridotto in gran parte il materiale dell'educazione ad una dieta di materiali predigeriti. Sulla base di questa idea, si è creduto che bastasse regolare la quantità e la difficoltà del materiale offerto secondo un piano di gradualità quantitativa, di mese in mese e di anno in anno. Si è supposto che l'alunno l'avrebbe preso in base alle dosi prescritte dall'esterno. Se egli si rifiutava di prenderlo, se disertava fisicamente la scuola, se la disertava mentalmente col fantasticare e finalmente mostrava un senso di ripugnanza per l'argomento di studio, lo si imputava a colpa sua. Il principio dell'interazione ci fa intendere che il mancato adattamento del materiale ai bisogni e alle attitudini degli individui può provocare una esperienza non educativa quanto il mancato adattamento di un individuo al materiale. Il principio di continuità nella sua applicazione alla educazione significa tuttavia che il futuro deve essere tenuto presente in ogni gradino del processo educativo. Integrando lo studio con l’esperienza ci si prepara sul serio e si è più preparati. Se si studiano le materie/argomenti in modo separato dall’esperienza (scuola tradizionale), le nozioni le sapremmo ma saremmo impreparati su come applicarle nel nostro futuro. Forse il maggiore degli errori pedagogici è il credere che un individuo impari soltanto quel dato particolare che studia in quel momento. L'attitudine che più importa sia acquistata è il desiderio di apprendere. Se l'impulso in questa direzione viene indebolito anziché rafforzato, ci troviamo di fronte a un fatto molto più grave che a un semplice difetto di preparazione. L'alunno viene effettivamente privato delle native capacità, che altrimenti lo avrebbero messo in grado di cavarsela nelle circostanze della vita. Chi non ha frequentato le scuole, non è stato privato del desiderio di apprendere. Da questa sventura essi ricavano un beneficio: quello di apprendere dall’esperienza. Noi viviamo sempre nel nostro tempo e non in un altro: solo estraendo in ogni momento il pieno significato di ogni esperienza presente ci prepariamo a fare altrettanto nel futuro. È questa l'unica preparazione che a lungo andare concluda qualche cosa. Tutto questo significa che deve essere rivolta attenta cura alle condizioni che danno ad ogni esperienza presente un significato degno di considerazione. La relazione fra presente e futuro non è un "aut-aut"(=Dilemma o alternativa cui non è possibile sfuggire?). Il presente fa sempre sentire la sua influenza sul futuro. E persone che dovrebbero avere un'idea del nesso fra i due sono quelle che sono pervenute alla maturità. A loro dunque, spetta la responsabilità di creare le condizioni per un genere di esperienza presente che abbia un effetto favorevole sul futuro. L'educazione in quanto crescita o maturità dovrebbe essere un processo sempre presente. CAPITOLO IV: CONTROLLO SOCIALE Ho tentato di chiarire il bisogno della teoria intelligente col richiamare l'attenzione su due principi che sono fondamentali nella costituzione dell'esperienza: i principi della interazione e della continuità. Ci sono però dei problemi alla base da risolvere: 1. Il vecchio problema della libertà individuale e del controllo sociale: Il controllo delle azioni individuali è fatto dall'intera situazione in cui gli individui sono compresi, di cui sono parte e di cui sono cooperatori e interattori. Coloro che vi partecipano non avvertono di dover sottostare a un individuo o di essere soggetti alla volontà di una persona che sovrasta dal di fuori. Il controllo si attua tramite delle regole alla quale siamo abituati. Non è la volontà o il desiderio di una singola e la ricettività. L'immobilità fisica accentua paurosamente questi tratti. L'unico modo di sottrarsi ad essi in una scuola standardizzata è l'attività irregolare e, forse, indisciplinata. La libertà di movimento è dunque importante come mezzo per mantenere la normale salute fisica e mentale. La quantità di libertà esterna necessaria varia da individuo a individuo. Naturalmente essa tende a diminuire col crescere dell'età, sebbene la mancanza totale di essa impedirebbe anche ad un uomo maturo di avere quei contatti che gli fornirebbero i nuovi materiali sui quali egli potrebbe esercitare la propria intelligenza. La quantità e la qualità di questo genere di libera attività come mezzo di crescita è un problema che deve esser presente al pensiero dell'educatore in ogni stadio di svolgimento. Non ci può essere però più grande errore che quello di considerare tale libertà come un fine in sé. Gli impulsi e i desidera naturali costituiscono in ogni caso il punto di partenza. Ma non c'è crescita intellettuale senza qualche ricostruzione, qualche rifacimento degli impulsi e dei desideri, nella forma in cui si manifestarono la prima volta. Questo rifacimento implica inibizione dell'impulso nella sua forma prima. C'è alternativa fra l'inibizione imposta dall'esterno e l'inibizione conseguita attraverso la riflessione e il giudizio individuale. Il pensare è difatti arresto dell'immediata manifestazione dell'impulso sino a che quell'impulso sia stato messo in rapporto con le altre possibili tendenze attive, sino a che si sia formato un più comprensivo e coerente piano d'attività. Pensare è così posporre l'immediata azione ed effettuare nel frattempo l'interno controllo dell'impulso mediante un'unione di osservazione e di memoria, unione che è il cuore della riflessione. La meta ideale dell'educazione è la creazione del potere di autocontrollo. Ma la mera rimozione del controllo esterno non basta a far nascere l'autocontrollo. Gli impulsi e i desideri che non sono disciplinati dall'intelligenza sono sotto il controllo di circostanze accidentali. Può essere una perdita piuttosto che un guadagno sottrarsi al controllo di un'altra persona soltanto per abbandonarsi all'impero della stravaganza e del capriccio immediato, cioè alla mercé di impulsi nella cui formazione non è entrato il giudizio dell'intelletto. CAPITOLO VI: IL SIGNIFICATO DEL PROPOSITO Non c'è, penso, nella filosofia dell'educazione progressiva nessun punto più significativo dell'accento posto sull'importanza della partecipazione dell'educando alla formazione dei progetti che dirigono le sue attività nel processo dell'apprendere, come non c'è maggior difetto nell'educazione tradizionale, che la sua incapacità ad assicurarsi l'attiva cooperazione dell'alunno nella costruzione dei progetti che sono impliciti nel suo studio. L'autocontrollo consiste nella formazione di propositi l'organizzazione di mezzi per eseguirli sono opera dell'intelligenza. Ma il significato dei propositi e dei fini non è di evidenza immediata e non si coglie da sé. Più si accentua la loro importanza educativa, più importante è intendere che cosa è un proposito, come sorge e come funziona nell'esperienza. Un autentico proposito trova sempre il suo punto di partenza in u impulso. L'impedimento all'immediato appagamento di un impulso lo converte in un desiderio. Il proposito è la visione di un fine. Vale a dire involge una previsione dalle conseguenze che risulteranno dall'operare in base a un impulso. La previsione delle conseguenze implica attività dell'intelligenza. Si parte dall’osservazione delle condizioni oggettive. Difatti impulso e desiderio producono conseguenze non per se stessi soltanto, ma anche attraverso l'interazione o la cooperazione con le condizioni circostanti. L'esercizio dell'osservazione è una condizione della trasformazione dell'impulso in proposito. Ma l'osservazione sola non basta. Dobbiamo comprendere il significato di ciò che vediamo, udiamo e tocchiamo. Questo significato consiste nelle conseguenze che avremo quando l'azione che si intraprende viene vista mettersi in atto. Un piccino può vedere lo splendore di una fiamma ed essere attratto ad afferrarla. Il significato della fiamma è allora non il suo splendore ma il potere di bruciare, come risulterà dal fatto di toccarla. potere di bruciare, come risulterà dal fatto di toccarla. Possiamo essere fatti avvertiti dalle conseguenze soltanto in base alle esperienze anteriori. La formazione di propositi è, dunque, un'operazione intellettuale piuttosto complessa. Essa implica osservazione delle condizioni circostanti; conoscenza di ciò che è accaduto in passato in situazioni analoghe, conoscenza ottenuta in parte con il ricordo e in parte con l'informazione, la notizia, l'avvertimento di coloro che hanno fatto una più ampia esperienza; e giudizio che raccoglie insieme quel che è stato osservato e quel che è stato richiamato per vedere che cosa significano. Un proposito differisce da un impulso e da un desiderio originale per il fatto di venire tradotto in un piano e metodo d'azione basato sulla previsione delle conseguenze dell'operare sotto certe condizioni date in un certo modo. Il problema cruciale dell'educazione è quello di ottenere che l'azione non segua immediatamente il desiderio, ma sia preceduta dall'osservazione e dal giudizio. Nelle scuole progressive la soverchia accentuazione della attività in generale, anziché dell'attività intelligente come fine dell'educazione conduce a identificare la libertà con l'esecuzione immediata di impulsi e desideri. Codesta identificazione conduce ad una confusione di impulso con proposito. L'anticipazione intellettuale, l'idea delle conseguenze deve mescolarsi al desiderio ed all'impulso per acquistare forza propulsiva. Ognuno di noi ha desideri, almeno sino a che non siamo caduti in uno stato patologico di completa apatia. Questi desideri sono in fondo le vere spinte all'azione. La intensità del desiderio misura l'intensità dello sforzo che sarà fatto. Il problema del quando o dei mezzi prende il posto del fine progettato nell'immaginazione, e poiché i mezzi sono obbiettivi, occorre studiarli e comprenderli se si deve formare un autentico proposito. L'educazione tradizionale tendeva a ignorare l'importanza dell'impulso e del desiderio personale come spinta iniziale all'azione. Ma non è questa una buona ragione perché l'educazione progressiva identifichi impulsi e desiderio con proposito e trascuri quindi alla leggera il bisogno di accurata osservazione. In un piano educativo, l'esistenza di un desiderio e di un impulso non è lo scopo finale. È un'occasione, è la richiesta della formazione di un proposito e di un metodo di attività. Un tale proposito, lo ripeto, può essere formato soltanto con lo studio delle condizioni e col procurarsi tutte le informazioni che occorrono. Il compito dell'insegnante è quello di vigilare perché sia colta l'occasione. La via, per l'insegnante, è, in primo luogo, di rendersi intelligentemente conto delle capacità, dei bisogni e delle esperienze passate degli alunni e, in secondo luogo, di permettere alla suggestione trattane di trasformarsi in un piano e in un proposito mediante gli ulteriori suggerimenti forniti e organizzati in un tutto dai membri del gruppo. Il piano, in altre parole, é un'impresa cooperativa e non un'imposizione: la sollecitazione dell'insegnante non è una forma per ferro fuso, ma è un punto da cui prender le mosse per svilupparlo in un piano attraverso i contributi che provengono dall'esperienza di tutti quanti sono impegnati col processo dell'apprendere. Lo svolgimento si compie attraverso un reciproco "dare e prendere"; l'insegnante prende, ma non teme anche di dare. Il punto essenziale è che il proposito nasca e prenda forma attraverso il processo dell'intelligenza sociale. CAPIOLO VII: ORGANIZZAZIONE PROGRESSIVA DELLA MATERIA DI STUDIO Le condizioni oggettive sia di osservazione, di memoria, di informazione procurata dagli altri, che di immaginazione sono state implicitamente identificate con la materia dello studio e del sapere; o, parlando più generalmente, con la materia del corso degli studi. Tutto ciò che può essere chiamato materia di studio, aritmetica, storia, geografia, scienze naturali, deve essere tratto dal materiale che rientra nell'ambito dell'ordinata esperienza quotidiana. Ma trovare il materiale per l'insegnamento entro la esperienza é soltanto il primo passo. In un secondo momento ciò che è stato sperimentato deve progressivamente assumere una forma più piena e ricca e meglio organizzata, una forma che gradualmente si avvicini a quella in cui la materia del sapere si presenta ad una persona competente, matura. L’esperienza di un bimbo si amplia sempre di più nel momento in cui vive e sperimenta. Ciò che lui acquisisce sarà utilizzato dall’insegnante come modo per integrare l’educazione all’esperienza. È un precetto cardinale della nuova scuola, che gli inizi dell'istruzione si riattacchino all'esperienza che gli educandi già posseggono; che questa esperienza e le capacità che sono state sviluppate per suo mezzo forniscano il punto da cui deve muovere tutto il sapere posteriore. Tuttavia il principio di continuità della esperienza educativa esige che eguale pensiero ed attenzione siano dedicati alla soluzione dello svolgimento ordinato verso l'espansione e l'organizzazione del sapere attraverso l'esperienza. Coloro che hanno a che fare con gli istituti prescolastici non incontrano molta difficoltà a determinare quale è stata l'esperienza del passato o a trovare attività che si connettano con essa in modo vitale. Con ragazzi di età più avanzata ambedue i fattori del problema offrono maggiori difficoltà all'educatore. È più difficile rendersi conto dello sfondo dell'esperienza dell'individuo e più gravoso scoprire precisamente come si potrà dirigere il sapere già contenuto nell'esperienza presente verso orizzonti più larghi e in forme meglio organizzate. È, erroneo supporre che il principio che ogni esperienza avvia a qualcosa di diverso sia adeguatamente soddisfatto col dare agli alunni delle nuove esperienze. È dunque essenziale che i nuovi oggetti ed eventi siano intellettualmente riferiti a quelli delle esperienze precedenti, il che significa che ci deve essere qualche progresso nella consapevole articolazione di fatti e di idee. Il compito dell'educatore diventa quello di selezionare, nell'ambito dell'esperienza attuale, quelle cose che contengono la promessa e la possibilità di presentare nuovi problemi, i quali con lo stimolare nuove vie d'osservazione e di giudizio allargheranno il campo dell'esperienza futura. Egli deve costantemente considerare quello che è già acquisito non già come un possesso statico, ma come un mezzo ed uno strumento per aprire nuovi campi, i quali esigono nuovi sforzi dai poteri dell'osservazione e dall'intelligente uso della memoria.
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