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esperienza e educazione , Appunti di Psicologia Generale

i criteri dell'esperienza e dell'educazione

Tipologia: Appunti

2016/2017

Caricato il 05/07/2017

langella_federica
langella_federica 🇮🇹

4.6

(12)

26 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica esperienza e educazione e più Appunti in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! ESPERIENZA E EDUCAZIONE INTRODUZIONE Il pensiero di Dewey esercitò, fin dal XX secolo, un’influenza pedagogica, filosofica, sociale e politica sulla cultura non solo statunitense. Dopo gli studi universitari Dewey iniziò a costruire le premesse della sua interpretazione del pragmatismo strumentalistico con riferimento all’evoluzionismo, fondando in quel periodo con Mead quella che verrà chiamata la “Scuola di Chicago”. Dewey diede inizio al movimento dell’ “educazione progressiva”, che influenzò sia le politiche educative e sia le istituzioni formative, portandole ad una svolta di tipo democratico giungendo fino a ciò che verrà chiamato “attivismo”. Egli spostò l’attenzione verso gli scopi sociali in educazione e verso i problemi di ordine logico e psicologico dell’apprendimento. La pedagogia che fino a quel momento era stata considerata un’attività teorica e normativa fondata sulla filosofia, sull’etica, sulla teologia e su una psicologia empirica, iniziò a svincolarsi da queste tutele e ad essere pensata e studiata come una vera e propria scienza autonoma. È una scienza, e sarà proprio Dewey uno dei primi a sostenerla con forza. Le posizioni teoriche e pratiche di Dewey, che faranno riferimento all’evoluzionismo e ai contributi del pragmatismo di Peirce e James, pongono l’esperienza concreta dell’uomo come base fondamentale della cultura e della conoscenza. L’esperienza deve essere considerata come un qualcosa che riesca a cambiare l’ambiente naturale e quello sociale, proiettandosi verso azioni future e non limitandosi a essere considerata come delle impressioni sensibili provenienti dall’esterno. PER DEWEY IL CONCETTO DI ESPERIENZA RIDUCE IL DUALISMO TRA ESTERNO E INTERNO. L’ESPERIENZA NON è MAI ESPERIENZA DI UN OGGETTO DA PARTE DI UN SOGGETTO, MA INTERAZIONE FRA SOGGETTO E OGGETTO, FRA ORGANISMO E AMBIENTE, O MEGLIO TRANSIZIONE. Lo strumento fondamentale di cui il soggetto dispone è la ragione, l’ ATTIVITA’ INTELLIGENTE, come la chiama Dewey, che va considerata come un’attività simbolica di ricerca e di indagine, secondo un metodo proprio, un metodo che orienta il processo educativo. Il pensiero e l’opera di Dewey hanno determinato un’apertura sostanziale della scienza dell’educazione. L’educazione diviene l’ambito prioritario nel quale la “transizione” fra organismo e ambiente, percezioni e oggetti, natura e cultura, fatti e valori, mezzi e fini, individuo e società, gioco e lavoro, filosofia e scienza può costruire nuovi spazi di libertà. Lo scritto ESPERIENZA E EDUCAZIONE viene pubblicato nel 1938 e rappresenta la sintesi del pensiero filosofico e pedagogico di Dewey sull’educazione e sulla scuola. Dewey contrappone la sua posizione a quella dei conservatori che criticavano le “scuole nuove”, ispirate al suo credo pedagogico, e miravano il ritorno alla tradizione e al principio di autorità come fondamento pedagogico. Il nesso indissolubile che congiunge educazione ed esperienza. Dewey non parla mai di pedagogia in questo scritto, ma di una filosofia dell’educazione basata sull’esperienza. L’ESPERIENZA è LA CHIAVE DI VOLTA PER PENSARE E FARE EDUCAZIONE (per criticare sia i punti deboli delle scuole tradizionali che l’applicazione sbagliata dei programmi delle scuole nuove). EDUCARE SIGNIFICA ACCRESCERE L’AMBITO DELL’ESPERIENZA DEL DOCENTE E DEL DISCENTE. È in questa particolarità dell’esperienza che troviamo i fondamenti di quella rivoluzione pedagogica che Dewey ha generato nella cultura del XX secolo. Tale relazione va considerata come effetto del complesso reticolo tra il fatto sociale e le vicende del singolo giocate nella trama della situazione in cui si muove e interagisce. Dewey non trascura la centralità dell’ ESPERIENZA del discente sottolineando con persistenza che si apprende grazie all’esperienza. Esperienza intesa sia come punto di avvio sia come punto di arrivo per l’elaborazione di una teoria dell’educazione perché la validazione di una filosofia dell’educazione presuppone sempre il confronto critico con l’esperienza. L’ESPERIENZA NON E’ PRIMARIAMENTE “CONOSCENZA”, MA MODI DI FARE E DI PATIRE. Non tutte le esperienze, però, sono educative. La differenza è data dalla qualità dell’esperienza che l’educatore propone: un’esperienza è educativa se vivrà creativamente nelle esperienze che seguiranno. IL SETTING PEDAGOGICO E’ L’ASSETTO INTERNO DEGLI INSEGNANTI E DEI RAGAZZI, A PARTIRE DA UN INSIEME DI REGOLE CHE RENDONO POSSIBILI I RUOLI RECIPROCI. L’IMPORTANZA DEL SETTING PERMETTERE DI COMPRENDERE PERCHE’ SIA NECESSARIO, PER CAMBIARE LA FORMA DELLA SCUOLA, PENSARE L’EDUCAZIONE COME DISPOSITIVO. IL DISPOSITIVO E’ UN SISTEMA DI PROCEDURE IN ATTO, UN CONGEGNO CHE CREA PRATICHE SPECIFICHE E DISCORSI IN CUI I CONTENUTI E LA RELAZIONE VENGONO GIOCATI ALL’INTERNO DI UNA CERTA STRATEGIA PEDAGOGICA. In questo senso la riflessione sull’esperienza assume per Dewey una funzione formativa fondamentale perché implica l’esame delle fondamenta dei sentimenti e delle convinzioni che agiscono negli attori sociali e nei contesti in cui intervengono.Ogni esperienza educativa deve prevedere una riflessione sulle prospettive di significato che la informano e la guidano. EDUCAZIONE TRADIZIONALE E EDUCAZIONE PROGRESSIVA Attualmente l’opposizione per quanto riguarda l’oggetto pratico della scuola, tende ad assumere una forma di contrasto fra L’EDUCAZIONE TRADIZIONALE e L’EDUCAZIONE PROGRESSIVA (cioè le scuole nuove). • le scuole tradizionali impongono programmi e metodo di apprendimenti che "rimangono estranei alle capacità effettive dell'alunno", propongono un sapere statico, codificato una volta per tutte e staccato dall'esperienza, e questo nel contesto di una società in cui "il cambiamento è la regola e non l'eccezione" • le scuole nuove, al contrario, dedicano grande attenzione alle effettive capacità degli allievi, tentando di svilupparne le esperienze seguenti". Ne deriva il principio di continuità: "Il principio di continuità dell'esperienza significa che ogni esperienza riceve qualcosa da quelle che l'hanno preceduta e modifica in qualche modo la qualità di quelle che seguiranno". C'è quindi sempre una qualche forma di continuità nell'esperienza: si tratta di fare in modo che l'influenza di ciascuna esperienza sulle successive sia positiva, favorisca cioè l'acquisizione di nuove esperienze qualitativamente di grado più elevato. • PRINCIPIO DI CRESCITA (nel testo: crescenza, secondo una traduzione di quasi cinquant'anni fa). L'educazione è ben riuscita quando la continuità dell'esperienza consente una crescita effettiva dell'uomo, in termini di capacità di acquisizione di nuove esperienze, di una migliore capacità di interagire positivamente col mondo, imparando continuamente dall'esperienza. "Per esempio, un ragazzo che impara a parlare ha una nuova facilità e un nuovo desiderio. Ma egli ha anche ampliato le condizioni esterne dell'imparare ulteriore. Quando impara a leggere, gli s'apre ad un tempo un nuovo ambiente intorno a sé". Naturalmente i due principi possono entrare in rotta di collisione: è perfettamente possibile che la crescita si blocchi a causa del fatto che la continuità ha determinato abitudini che bloccano, piuttosto che favorire, l'acquisizione di nuove esperienze. Compito dell'educatore è fare in modo che questo non avvenga. E' sua responsabilità fare in modo che non avvenga, e Dewey si dichiara quindi contrario ad ogni spontaneismo pedagogico ed a favore di una organizzazione del lavoro che dia luogo ad una corretta programmazione delle esperienze. Naturalmente quanto detto sin qui vale anche per l'educatore: egli stesso deve continuamente imparare dall'esperienza ed è in nome della sua superiore esperienza che è capace di guidare i giovani, senza ledere la loro libertà. All'insegnante "spetta la responsabilità di creare le condizioni per un genere di esperienza presente che abbia un effetto favorevole sul futuro". Non va dimenticato il fatto che l'educazione è sempre anche una trasmissione di esperienze tra le generazioni, e che noi viviamo in un mondo che è stato profondamente modificato dagli uomini che ci hanno preceduto. La comprensione dell'esperienza deve dunque tenere conto del fatto che il presente può essere compreso, in funzione dell'azione, e quindi del futuro, soltanto se si comprende il passato che lo ha generato. Dewey si dimostra quindi contrario ad una educazione che dimentichi il passato, ma anche ad un'educazione rivolta a far rivivere il passato (come spesso accade nelle scuole tradizionali); è invece favorevole ad una educazione che, attraverso l'esperienza del presente, permetta di intenderlo attraverso il passato, orientando il giovane verso il futuro. A questo proposito va allora enunciato un terzo principio. • PRINCIPIO DI INTERAZIONE. Le condizioni dell'esperienza sono sempre due: una condizione esterna (oggetto), che può essere posta sotto il controllo dell'educatore in una situazione strutturata come quella scolastica, ed una interna (soggetto), di cui l'educatore deve tenere conto e che è molto più difficile non solo da controllare ma anche da conoscere. "Qualsiasi esperienza normale è un gioco reciproco di queste due serie di condizioni. Prese insieme, e nella loro interazione, costituiscono quella che io chiamo situazione". Naturalmente questo significa che se le condizioni del soggetto e quelle dell'oggetto non sono in accordo si produce una esperienza non educativa. Può dipendere tanto dal soggetto quanto dall'oggetto. Non si può quindi definire a priori una didattica che non tenga conto dell'identità dei soggetti e della loro esperienza precedente. La responsabilità dell'educatore è allora quella di creare situazioni di apprendimento che rispettino i principi di continuità e di crescita, legando insieme passato, presente e futuro. Coniugare nell'esperienza il soggetto e l'oggetto. 4. Controllo sociale Nel quarto capitolo Dewey esamina, nel contesto delle condizioni definite nel capitolo precedente, la questione del controllo sociale. Nelle scuole tradizionali è esercitato dall'esterno, attraverso il principio di autorità. Operando didatticamente in modo da creare situazioni di apprendimenti quali quelle descritte, non si può più utilizzare l'autorità in modo tradizionale. Ma questo non significa affatto rinunciare al controllo e accettare il caos nelle scuole. Nella vita normale tutti i cittadini adulti vivono in condizioni di forte controllo sociale e non vedono affatto per questo limitata la loro libertà. Come è possibile questo? E' come quando si partecipa a un gioco: nessuno sente messa in discussione la propria libertà perché esistono delle regole. Queste fanno parte della realtà accettata da tutti, non sono imposte da qualcuno a qualcun altro. Così a scuola si tratta di creare situazioni in cui il controllo sia uno degli elementi della situazione stessa, e non sia imposto dall'alto. In alcuni momenti servirà anche questo, ma "l'insegnante riduce al minimo le occasioni in cui deve esercitare un'autorità personale. Quando è necessario (… ) lo fa in nome dell'interesse del gruppo". Il controllo è interno alla natura stessa del lavoro scolastico svolto come un'impresa collettiva. Di questa impresa l'insegnante ne è parte, e la sua libertà è in gioco come quella di tutti gli altri membri. Il piano del lavoro deve essere costruito in modo da rispettare la libertà di tutti rendendo accettabili da parte di tutti le regole necessarie al suo svolgimento. 5. La natura della libertà E' un capitolo molto breve in cui si chiarisce che cosa si debba intendere con la parola libertà: Dewey precisa che intende riferirsi in particolare alla libertà dell'intelligenza, "vale a dire la libertà di osservare e di giudicare". Il termine libertà è quindi connesso alla nozione di crescita, come ampliamento delle capacità di fare esperienze di qualità elevata. Tuttavia anche la libertà esteriore è importante ai fini dell'educazione, intanto perché crea le condizioni esterne per fare esperienze positive, ma anche perché la vecchia idea greca che l'educazione debba riguardare il corpo e la mente deve essere tenuta in grande considerazione. E la libertà esteriore che riguarda il corpo, sempre nel contesto del controllo sociale definito nel capitolo precedente, è una delle condizioni per la completezza dell'esperienza di qualità. 6. Il significato del proposito In questo breve capitolo Dewey esamina in quale direzione l'educatore debba muoversi per educare il giovane alla padronanza di se stesso - padronanza che genera libertà, visto che la dipendenza dai propri impulsi rende l'uomo tanto poco libero quanto la dipendenza dalla volontà altrui. Centrale è la nozione di proposito. Il proposito è la visione di un fine, ed è quindi un'operazione intellettuale "piuttosto complessa" che si distingue nettamente dal semplice istinto o dall'impulso all'azione: implica infatti un piano. Dewey sottolinea che "il problema cruciale dell'educazione è quello di ottenere che l'azione non segua immediatamente il desiderio, ma sia preceduta dall'osservazione e dal giudizio". Questa idea è del tutto coerente con la definizione di libertà intellettuale del capitolo precedente e di esperienze che favoriscono, e non bloccano, la crescita.. 7. Organizzazione progressiva della materia di studio Quest'ultimo capitolo - l'ottavo è in pratica una breve conclusione - è dedicato alla questione delle materie di studio. Per Dewey le materie sono ambiti in cui si organizzano le esperienze. Devono quindi essere trattate sempre in modo da avere come base l'esperienza. Le materie stesse sono il sedimento delle esperienze passate e devono essere trattate in modo da consentire "di imparare a conoscere il passato come un mezzo per intendere il presente", in vista di quella capacità di giudizio e di proposito di cui al capitolo precedente. Devono essere poste in maniera problematica (riflessione sull'esperienza) perché "i problemi sono lo stimolo a pensare". Dewey prende esempio dallo studio delle materie scientifiche, per le quali difende il metodo sperimentale. 8. L'esperienza, mezzo e fine dell'educazione E' una breve sintesi, in una pagina, dei concetti del volume, che si conclude con la seguente tesi: "Il punto essenziale (…) è il problema di cosa si deve fare perché il nostro fare meriti il nome di educazione. (…) Il problema fondamentale concerne la natura dell'educazione senza aggettivi". Note
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