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Esperienza e educazione , Sintesi del corso di Pedagogia

Riassunto libro esperienza e educazione di Dewey

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

Caricato il 30/03/2018

bluegirl16041998
bluegirl16041998 🇮🇹

4.6

(18)

22 documenti

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Scarica Esperienza e educazione e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia solo su Docsity! ESPERIENZA E EDUCAZIONE – DEWEY INTRODUZIONE CAPPA Dewey comincia ad esercitare il suo pensiero fin dai primi anni del XX secolo (1900-2000), trattando di pedagogia e filosofia, influenzando la cultura statunitense e non solo. Inizia così a porre le basi di una sua propria teoria dando vita al movimento dell’educazione progressista molto importante per le politiche educative, le istituzioni formative del suo tempo tanto da portarle ad avere una svolta di tipo democratico, giungendo all’attivismo. • Attivismo di Dewey: movimento che pone l’attenzione sugli scopi sociali in educazione e sui problemi di tipo logico e psicologico, introduzione della pedagogia nelle pratiche educative (non più solo una serie di teorie scritte). Ora la pedagogia viene vista come una vera e propria scienza che utilizza una metodologia scientifica e sperimentale: metodi, conoscenze, dati oggettivi, risultati, linguaggi, tutti inseriti in un piano educativo, grazie a Dewey che fu proprio uno dei suoi primi sostenitori. Una scienza che “interagisce” con altre scienze: filosofia, sociologia, antropologia, psicologia, biologia. • Logica, teoria dell’indagine: altro punto importante del pensiero di Dewey è l’importanza dell’esperienza concreta come forma di apprendimento e della conoscenza, non fine a sé stessa, non un avvenimento passivo, ma tesoro per il futuro; non esistono più margini troppo precisi tra esterno e interno ma tra i due c’è una forte interazione come anche tra oggetto di esperienza e soggetto che esperisce. Sempre sull’esperienza è importante ricordare che essa è il luogo dove l’uomo può mettersi in situazioni problematiche in cui egli si deve adattare ed evolvere, scontrandosi con le proprie esigenze vitali e i suoi bisogni. Per far fronte a tutto ciò l’uomo dispone dell’attività intelligente o la ragione, strumento di indagine che compie attività di ricerca, ipotesi e sperimentazioni. • Scopo della filosofia dell’educazione è: insegnare l’educazione come attività pratica, sociale e culturale, alle istituzioni e alla scuola, perché possano a loro volta offrire alla loro utenza molteplici esperienze di interazione tra organismo e ambiente, mezzi e fini, individuo e società, in tutti i campi. Insomma, che possano essi utilizzare per vivere e comprendere il mondo a loro circostante. Così facendo essi acquisiranno sempre più libertà ed autonomia. Esperienza ed educazione pubblicato da Dewey nel 1938 riassume dunque il suo pensiero. Nel libro Dewey sottolinea le principali differenze tra tradizionalismo (che viene messo in discussione per i suoi caratteri autoritari e fin troppo legati al passato) e il progressivismo delle scuole nuove (con le loro sbagliate applicazioni dei programmi didattici), con tono piuttosto critico ma chiaro e lineare e così facendo riassume i temi e i principi cardine della sua filosofia: le teorie dell’interazione, della continuità dell’esperienza e della situazione (o setting). Ma più di tutto egli, nel libro, vuol far percepire che non è abbastanza che si parli di esperienza o dell’attività fatta dell’esperienza, ma che si guardi piuttosto alla qualità di quest’ultima. La qualità è ciò che fa la differenza. Essa consta di due aspetti: 1° aspetto: effetto prodotto che può essere immediatamente sgradevole o gradevole; 2° aspetto: se esercita la sua influenza sulle esperienze posteriori. Il primo non è difficile da cogliere, mentre per il secondo l’educazione si deve porre il problema di disporre le cose in modo che le esperienze educative non si limitino al primo aspetto, ma promuovano nel futuro nuove esperienze che trovino il soggetto più preparato in quelle nuove situazioni proprio grazie a quanto appreso dalle vecchie. • Educare per Dewey significa anzitutto accrescere le occasioni di fare esperienza dell’alunno e dell’insegnante, del ragazzo e dell’adulto. Punto originale della sua filosofia e’ l’importanza in tutte queste relazioni delle reciproche sfere emotive: come una ragnatela con ai capi i vari oggetti con cui la persona interagisce e con i quali egli instaura relazioni e prova sentimenti ed emozioni, un reticolo complesso insomma. Educare perciò significa prendere in considerazione: i soggetti, i tipi di relazioni e le rispettive emozioni che provano interagendo con altri soggetti, e la situazione in cui si muovono e interagiscono. • La scuola nuova: ecco che questo modo di educare porta la scuola a cambiare il suo modo di “fare scuola”, un’istituzione dove finalmente la centralità dell’attività didattica è posta nell’esperienza dell’alunno o discente, e dove la scuola è considerata come una “comunità di pratica educante”. Si apprende grazie all’esperienza, dunque una scuola per tutti. Non sempre l’esperienza può essere educativa, anche questo è vero, ma è proprio per questo che la scuola si propone di favorire esperienze di livelli superiori a questi, esperienze umane di vita che possono portare all’autonomia e alla libertà. E proprio per riuscire nell’intento del generare la libertà, gli stessi educatori devono allargare lo sguardo e prendere in considerazione anche gli aspetti psicologici e i contesti materiali e simbolici di ciascun discente. Allora è qui che nella nuova scuola assume importanza il setting educativo, in altre parole l’ambiente, i materiali, le luci, i colori, i mobili, i ruoli e le regole, e tutto il contorno che ha anch’esso potere educativo. Ecco che bisogna pensare all’educazione come un dispositivo: che per funzionare deve comporsi di determinate parti (contenuti, relazioni, soggetti) che devono a loro volta, grazie ad un meccanismo o strategia, interagire reciprocamente per farlo funzionare. La scuola intesa come scena educativa: dove la luce è posta sul discente e che è costantemente monitorata e osservata, nonché modificata in base alle sue esigenze. Dopo Dewey, nel 1960, anche Bruner affermò l’importanza del setting; e in particolare anche Bertin e Bertolini sostennero il setting con “l’esistere pedagogico” e “progettare l’esistenza”, un insieme di oggetti e situazioni non presi singolarmente ma che in relazione tra loro possono recare al soggetto dei benefici. Dal canto suo l’educatore secondo Dewey per allestire la “situazione” deve disporre dì memoria e osservazione, che sono assolutamente i due strumenti principali del lavoro educativo. PREFAZIONE La teoria dell’educazione ha il compito di indicare un piano di operazione, in altre parole un nuovo ordine di idee che avvii nuove pratiche, ciò vuol dire allontanarsi dalle tradizioni per trovare la novità educativa più adatta per i discenti. Dewey sostiene, infatti, che troppo spesso i movimenti innovativi come, per esempio, il progressismo, impegnati in modo molto costante alla critica al tradizionalismo molto facilmente finiscono involontariamente sotto il suo controllo. Dewey preferisce, invece, nella sua filosofia partire dall’analisi dei singoli e più profondi problemi dell’educazione per suggerire la giusta cornice di riferimento per la loro risoluzione. evoca un'esperienza diseducativa quanto il mancato adattamento dell'individuo al materiale. Uno dei guai dell'educazione tradizionale è che le materie venivano apprese isolatamente, a compartimenti stagni, scisse dal resto dell'esperienza al punto da essere inservibili nella vita. Quel che oggi va compreso è che l'attitudine che è più importante acquisire non è apprendere nozioni, ma desiderare apprendere. Non c'è beneficio nel semplice accumulare nozioni. Per Dewey l'unica preparazione valida è quella che consente di estrarre significato dall'esperienza presente in modo da prepararci a fare altrettanto nel futuro. Ma non basta che l'esperienza sia appagante, deve essere di qualità e la qualità la determinano tutte quelle situazioni che danno significato all'esperienza. 4 - CONTROLLO SOCIALE L’educazione come esperienza necessita dunque di una teoria intelligente, ovvero una filosofia dell’esperienza che si basa su 2 principi fondamentali che sono quelli sopracitati: il principio di continuità e il principio dell’interazione. Siccome entrambi sono 2 principi difficili da esporre, se non attraverso teorie astratte, Dewey decide di metterle in atto come risoluzione di problemi educativi effettivi. 1° problema della libertà individuale e del controllo sociale per esaminare questo tipo di problema, egli parte esaminando una situazione extra-scolastica; inizia infatti mettendo in evidenza che ogni cittadino medio è soggetto al controllo sociale e che parte di questo controllo non sia sentito come una limitazione della libertà personale. Ma prendiamo come esempio un gruppo di bambini che gioca a nascondino; il gioco per esser tale deve avere delle regole base, senza regole non c’è gioco infatti; se nascono dei conflitti o dei contrasti ci sarà un arbitro a cui appellarsi altrimenti il gioco non prosegue e termina. Il concetto di base in fondo è che è normale e giustissimo che esista un controllo sociale ma sono gli individui a farne parte e non sono fuori di esso. Detto ciò, Dewey, ritornando al problema educativo della libertà individuale del discente, sostiene sì l’importanza dell’educatore, ma limitando i suoi interventi dove esercita un’autorità personale al minimo. L’intervento è quindi quello dove l’educatore da un valore aggiunto con la sua condotta al valore sperimentato dì ciò che stanno facendo. Non serve l’imposizione, anche perché non sarebbe costruttiva. L’educatore deve inoltre regolarsi nei confronti dei ragazzi caso per caso. Essi rientrano in classi generali, questo è vero, ma non ce ne sono due identici. Incombe quindi sull’educatore il dovere dì predisporre in genere un piano intelligente tenendo conto quindi delle capacità e dei bisogni del gruppo di allievi con cui ha a che fare e disporre nello stesso tempo le condizioni che forniscano materia dì studio e contenuto per esperienze che appaghino questi bisogni e sviluppino queste capacità. Caratteristiche del piano: flessibilità (per permettere il libero gioco dell’esperienza individuale) e deve essere fermo (per indirizzare verso un continuo esercizio di potere). Un piano in cui deve assolutamente integrarsi e farne parte anche l’insegnante e dove tutti i protagonisti hanno il loro ruolo. Ecco quindi che l’insegnante perde la sua posizione esterna di padrone o di dittatore per assumere quella di direttore dell’attività associata. Facendo ciò diventa anche più importante ricordare sempre e comunque il rispetto reciproco e l’educazione nei confronti di tutti i componenti, anche perché il rischio mettendosi alla pari degli altri membri è che avvenga una mancanza di rispetto o eventuali sgarbatezze nei comportamenti. 5 - LA NATURA DELLA LIBERTA’ L’altro lato del problema del controllo sociale è la natura della libertà. La sola che ha la più durevole importanza è la libertà dell’intelligenza, ovvero la libertà di osservare e di giudicare esercitata nei riguardi di piani che hanno un valore intrinseco, ovvero guardano all’importanza dei fattori interni. Quindi non la semplice libertà di movimento, ma queste due libertà devono viaggiare di pari passo e devono essere entrambe presenti. Questo favorirà la creazione di un terreno propizio allo sviluppo e alla crescita, abbandonando quei metodi autoritari e allontanandosi dal solito “regime militare” delle scuole tradizionali. Questi metodi tradizionali erano anche poco produttivi, infatti con l’imposizione della calma e dell’obbedienza si impediva agli allievi di rivelare la loro natura, e di conseguenza gli educatori, mantenendo questo tipo di comportamento, non potevano davvero capire ciò che i loro discenti erano e provavano. Per di più queste inibizioni scatenavano in loro comportamenti fuorvianti e tendenze individuali ad azioni proibite. • Per quanto riguarda la quantità di libertà esterna necessaria varia da individuo a individuo e con il crescere dell’età essa tende a diminuire, anche se mai a scomparire, poiché è importantissima anche per un uomo maturo. • L’educatore non deve compiere però l’errore di considerare questa libertà come fine a sé stessa. Certo, si deve partire dai bisogni, impulsi, desideri, ma la crescita avviene con ricostruzione di questi impulsi, attraverso la riflessione e attività di pensiero, poiché il pensiero arresta l'immediata manifestazione dell'impulso. Pensare è posporre l'azione immediata ed effettuare controllo dell'impulso. Dunque, la meta, il fine dell'educazione è la creazione del potere di autocontrollo. 6 – IL SIGNIFICATO DEL PROPOSITO Dunque libertà è potere di concepire propositi e di eseguirli portandoli a compimento, è autocontrollo. Platone ha detto che lo schiavo è colui che esegue i propositi di un altro, è colui che è tiranneggiato dai propri ciechi desideri. • Nella filosofia dell’educazione progressiva, uno dei punti più importanti è la partecipazione del discente o educando alla formazione dei progetti che dirigono le sue attività nel processo dell’apprendimento. Qui, di nuovo, l’errore delle scuole tradizionali era quello di non creare in questi progetti una cooperazione con il discente che ne era per lo più il maggior protagonista. • Ma che cos’è un proposito? il proposito nasce sempre da un impulso, da qualcosa che ci colpisce o che ci interessa. È la visione di un fine o scopo e se appagato porta al raggiungimento dello stesso. Se non appagato, invece, produce un desiderio, il quale è il vero motore che spinge il discente all’azione. Ma né impulso né desiderio sono proposito. Il proposito dà luogo ad una previsione delle conseguenze che implica l’utilizzo dell’intelligenza e di conseguenza l’attività di osservazione della situazione circostante, che può mutare in base all’interazione tra ambiente e discente (es. vedendo qualcuno camminare, un neonato che fa l’esercizio di osservazione, trasforma l’impulso in proposito effettivo). Quando è difficile poter dire o prevedere quali saranno le conseguenze di un proposito, bisogna scavare nella memoria e cercare delle esperienze precedenti e già elaborate, passate per riuscire a ipotizzare (es. bambino e sua reazione con fiamma del fuoco). Tornando per un attimo al piano educativo, in esso l’esistenza di un desiderio e di un impulso, non è lo scopo finale, ma l’occasione per il progetto di raggiungere gli obbiettivi prefissati e quindi per fare ciò è necessario fare uno studio delle condizioni e una ricerca delle informazioni indispensabili. L’educatore qui ha il compito di vigilare che sia colta quest’occasione, indirizzare all’esercizio dell’intelligenza per dare un aiuto alla libertà. Il piano, in altre parole, è un‘impresa cooperativa e non un’imposizione. Lo svolgimento del piano si compie attraverso un reciproco “dare e ricevere” e anche l’insegnante è coinvolto in questa reciprocità. Il punto principale del piano è che il proposito nasca e prenda forma dal processo dell’intelligenza sociale. 7 – ORGANIZZAZIONE PROGRESSIVA DELLA MATERIA DI STUDIO La materia di studio, come tale, deve essere trattata fornendosi del materiale che rientra nell’ambito dell’ordinaria esperienza quotidiana, qualsiasi essa sia: aritmetica, geografia, storia ecc. 1° passo trovare il materiale per l’insegnamento entro l’esperienza; 2° passo ciò che è stato sperimentato deve progressivamente assumere una forma + piena e ricca e meglio organizzata, una forma che gradualmente si avvicini a quella in cui la materia del sapere si presenta a una persona competente e matura. Poi in base alle diverse fasce d’età si potranno evidenziare diversi gradi di difficoltà per l’educatore che mette in atto questo tipo di teoria. Nei più piccoli, infatti, è spesso più semplice insegnare l‘educazione attraverso le esperienze poiché essi ne sono poco forniti, mentre più si ha a che fare con ragazzi e adulti più il lavoro si complica viste le esperienze già oramai accumulate ed elaborate nel tempo. L'educatore deve considerare quello che è già acquisito come mezzo per aprire nuovi campi. Continuità nella crescita. Deve saper guardare lontano e considerare la sua azione in funzione di ciò che produrrà in congiunzione col presente. Il passato è allora il mezzo per comprendere il presente, l'esperienza si può espandere nel futuro solo se comprende il passato. Mezzo allora e non fine come lo intendeva la scuola tradizionale. Fino ad oggi il punto più debole delle scuole progressive è stata la scelta e organizzazione della materia di studio, la quale non può essere raccolta frettolosamente. Dewey propone il metodo scientifico (sperimentale) come metodo educativo. Secondo l'autore è l'unico mezzo autentico per cogliere il significato dell'esperienza e offre un modello adatto per ampliare il nostro orizzonte. La scienza fisica o la matematica sono specchio della civiltà e mezzo per il progresso, permettono la progressiva organizzazione della conoscenza e permettono di sviluppare discernimento critico, attitudine a pensare. Il metodo scientifico sperimentale permette quindi un'espansione e rispetto ad altri metodi dedica maggiore importanza alle idee. Le idee sono ipotesi, non verità, e per questo sono più esaminate che altrove. L'esaminarle cessa solo quando sono accolte come verità, ma sino a che sono ipotesi sono soggette a verifica. La verifica avviene tramite le conseguenze provocate dalla loro attuazione (attuazione delle ipotesi). Occorre osservare con cura e discernimento le conseguenze dell'azione, perché se non ci si ferma ad osservare possiamo essere tratti in inganno. Il metodo sperimentale esige che la riflessione riconsideri l'esperienza, il che significa riesaminare retrospettivamente quello che è stato fatto per estrarne significati: questo insomma è il cuore dell'organizzazione intellettuale. Le esperienze per essere educative devono sfociare verso un'espansione e questo avviene solo se l'educatore considera insegnare/apprendere come processo continuo di ricostruzione dell'esperienza, solo a patto che guardi lontano e consideri ogni esperienza presente forza propulsiva per esperienze future. 8 – L’ESPERIENZA COME MEZZO E FINE DELL’EDUCAZIONE L’educazione quindi per conseguire i suoi fini, nei riguardi del singolo alunno come in quelli della società, deve essere basata sull’esperienza della vita di qualche individuo. I conservatori e i radicali sono insoddisfatti di come si educa oggi e dell’educazione nel suo complesso. Per questo dice Dewey, in conclusione, è importante avanzare verso un’utilizzazione maggiore del metodo scientifico per promuovere le possibilità dì un’esperienza in via di accrescimento e di espansione. Dewey per tutto il libro ha sottolineato le condizioni che devono essere messe in atto in modo preciso e valido, dall’educatore nei confronti dell’educando. Poiché secondo lui la filosofia dell’educazione attraverso l’esperienza è la miglior filosofia in campo educativo soprattutto grazie all’apporto del metodo sperimentale e del tesoro di ciascuna esperienza. Essa potrebbe fallire secondo lui proprio per una mal interpretazione di questi due fattori importanti. Diceva Dewey per far progredire questa filosofia e continuare a farla resistere nel tempo è necessaria la cooperazione e il sostegno di tutti coloro a suo favore e la pratica sul campo educativo della stessa. La sua ferma fede è non la contrapposizione tra sistemi vecchi e nuovi, ma la l’interrogarsi e porsi le problematiche su che cosa si deve fare perché il nostro fare meriti il nome “educazione”. • un’educazione semplice e pura, che possa fare progressi più sicuri e definitivi quando ci si applicherà a scoprire che cosa sia propriamente l’educazione e a quali condizioni essa cessi di essere un nome o uno slogan per diventare invece una realtà.
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