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Esperienza e educazione, Appunti di Pedagogia

John Dewey iniziò a costruire le premesse della sua interpretazione del pragmatismo strumentalistico fondando la scuola di Chicago ( con G.H. Mead ), escili diede inizio al movimento dell'educazione progressiva, arrivando ad una svolta che prenderà il nome di attivismo. Dewey spostò l'attenzione soprattutto verso i problemi di ordine logico e psicologico dell'apprendimento ed essa iniziò ad essere pensata come una vera e propria scienza.

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 22/11/2019

Giuliapieropan6
Giuliapieropan6 🇮🇹

4.3

(3)

22 documenti

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Scarica Esperienza e educazione e più Appunti in PDF di Pedagogia solo su Docsity! ESPERIENZA E EDUCAZIONE INTRODUZIONE John Dewey iniziò a costruire le premesse della sua interpretazione del pragmatismo strumentalistico fondando la scuola di Chicago ( con G.H. Mead ), escili diede inizio al movimento dell'educazione progressiva, arrivando ad una svolta che prenderà il nome di attivismo. Dewey spostò l'attenzione soprattutto verso i problemi di ordine logico e psicologico dell'apprendimento ed essa iniziò ad essere pensata come una vera e propria scienza. Egli sarà uno dei primi a sostenerlo, poiché adotta una metodologia di tipo scientifica e sperimentale. La pedagogia con Dewey non ripudierà mai gli approcci della filosofia tradizionale. Le sue posizioni pongono l'esperienza concreta dell'uomo come base fondamentale della cultura e della conoscenza, che perciò dovrà essere considerata come qualcosa che tende a modificare l'ambiente naturale e quello sociale e a proiettarsi verso azioni future. L'esperienza è vista come interazione tra soggetto e oggetto e come "transizione", cioè relazione in cui i termini non sussistono mai per sé (termine chiave definito in " logica: teoria dell'indagine") L'esperienza rinvia e per a situazioni di problematicità radicali in cui l'uomo è coinvolto. Lo strumento fondamentale è la ragione, l'attività intelligente, che va considerata come un'attività simbolica di ricerca e di indagine, fatta di ipotesi e di sperimentazioni. L'educazione deve essere soprattutto incentrata su forme di attività pratica, sociale e culturale, in tal modo diviene l'ambito prioritario nel quale la "transizione" fra l'organismo e l'ambiente, l'individuo e la società e la filosofia e la scienza, può costruire sempre nuovi spazi di libertà. Dewey contrappone la sua posizione a quella dei conservatori, che criticavano le scuole nuove e auspicavano il ritorno alla tradizione e al principio di autorità. In questo scritto si riesce a mettere a nudo le differenze tra chi vuole un'educazione autoritaria e chi immagina e vuole metterne in pratica una democratica e innovativa. Dewey non parla di una filosofia dell'educazione basata sull'esperienza, secondo lui educare significa accrescere l'abito dell'esperienza del docente e del discendente. Con Dewey l'accento infatti viene messo sulla centralità dell'esperienza del discendente, per questo l'insegnamento deve essere centrato sulle possibilità dell'alunno e la scuola deve essere per tutti. Non tutte le esperienze sono però educative, la differenza è data dalla qualità dell'esperienza che l'educatore propone: un'esperienza è educativa se vivrà nelle esperienze che seguiranno. La libertà è generata da fattori esterni e interni che riguardano i contesti, materiali e simbolici. L'educatore deve coltivare questa libertà una libertà di osservazione e di giudizio, perciò si deve comprendere meglio cosa si intende per qualità dell'esperienza. Dewey insiste molto sull'attenzione che l'educatore deve dedicare all'allestimento dell'ambiente educativo, che possa generare la possibilità di accedere a un luogo che sia disponibile ad ampliare le possibilità dell'esperienza. Ciò che per Dewey è molto importante è la specificità del setting pedagogico nel punto di massima intensità dell'esperienza educativa, cioè l'assetto interno degli insegnanti e dei ragazzi, a partire da un insieme di regole che rendono possibili i ruoli reciproci. Il setting permette di organizzare il gioco relazionale orientandolo in modo educativo all'esperienza formativa sociale che è lo sfondo in cui essa stessa si gioca. Nella scuola la questione del setting sembra completamente rimossa e viene barattata cin la disposizione dei banchi e l'allestimento dei laboratori didattici. L'importanza del setting permette di comprendere perché sia necessario pensare l'educazione come dispositivo. Il dispositivo è un sistema di procedure in atto, perciò se l'educazione è un dispositivo, la scuola deve essere pensata e praticata come una scena, da osservare e frequentare in tutta la sua profondità. La scuola intesa come "scena educativa" invita a sperimentare la profondità della comunicazione che modifica i contenuti. L'immagine che si produce nella scuola attraverso l'interpretazione del proprio ruolo è importante. Siamo responsabili della scena creata dalla nostra azione e dagli effetti che il setting può avere sulla scena stessa e su tutto quello che permetta di sperimentare. A questo pensa Dewey quando parla del significato del proposito, il quale differisce da un impulso e da un desiderio per il fatto fi venire tradotto in un piano e un metodo d'azione. Se solo l'affettivo e il cognitivo si intrecciano realmente allora si può dare esperienza educativa. Il desiderio da intensità alle idee la dove l'anticipazione intellettuale e progettuale da direzione a ciò che altrimenti sarebbe miope o cieco. Un'esperienza educativa quindi deve essere in grado di offrire un'elaborazione affettiva e cognitiva di secondo livello delle rappresentazioni di tutte le altre realtà che i soggetti attraversano e che li formano. Solo dalla sperimentazione di questo desiderio può nascere un reale apprendimento dall'esperienza. L'esperienza può perciò divenire mezzo e fine dell'educazione. Sulla scena educativa Dewey sostiene che i copri presi nel campo dell'esperienza educativa indicano con la loro presenza una profondità dell'esperienza che non è riducibile alla performance del momento. Per vivere il pieno significato di ogni esperienza educativa dobbiamo comprenderla a partire da una prospettiva temporale che reumatizza la qualità della nostra presenza. Il principio della continuità dell'esperienza educativa, va anche compreso alla luce della nozione di prospettiva temporale. Nella riflessione di Mead viene da un lato confermata l'importanza degli aspetti socioculturali nella costruzione degli habiti e dall'altro evidenziata nella nozione di prospettiva temporale; egli perciò sostiene che il presente è il luogo dell'emergenza e si può spiegarlo a posteriori perchè il suo apparire comporta l'emergenza contemporaneamente delle sue condizioni, materiali e simboliche. Una traccia della continuità dell'esperienza rimane visibile a partire dal fatto che il presente accade in una prospettiva. Non sono possibili ne giudizi d'esperienza, ne giudizi formali circa oggetti ed eventi se sono isolati, ma solo se sono connessi in un contesto e quest'ultimo è ciò che si chiama situazione. L'emergente che ristruttura l'esperienza educativa sarà solo quello praticato da un soggetto e da un ambiente relativamente estranei. Quando Dewey parlava di rapporti tra pensiero ed esperienza, aveva proprio in mente il nesso transazionale tra il sistema educativo e ugello sociale, integrato. L'educazione significa che l'esperienza come processo attivo si svolge nel tempo e che ogni periodo successivo completa quello precedente. Per questo gli strumenti essenziali del lavoro educativo sono l'osservazione e la memoria. La questione cruciale che egli segnala riguarda la necessità di scoprire il nesso fra gli effetti educativi e i risultati del passato, e i problemi del presente. Questo nesso promuove un'attenzione clinica, nella misura in cui promuove una vera e propria scrittura alla singolarità dell'esperienza. L'educazione in questo senso trasforma la vita diffusa in esperienza. Tutto per Dewey dipende dalla qualità dell'esperienza che si fa, essa ha sue aspetti: da un lato può essere immediatamente gradevole o sgradevole, dall'altro esercita la sua influenza sulle esperienze ulteriori; invece l'effetto di un'esperienza non lo si può conoscere subito. In completa indipendenza dal desiderio o dall'azione ogni esperienza continua a vivere nelle esperienze future; il problema centrale è quello di scegliere il tipo di esperienze presenti che vivranno nelle esperienze che seguiranno. L'esperienza inoltre è ciò che permette di educare ogni uomo alla responsabilità e alla soluzione di problemi di tutti in una società fondata sull'integrazione e non sull'esclusione. 1. EDUCAZIONE TRADIZIONALE E EDUCAZIONE PROGRESSIVA La storia della teoria dell'educazione è caratterizzata dall'opposizione fra l'idea che l'educazione sia sviluppo dal di dentro e che sia anche formazione dal di fuori; attualmente l'opposizione tende ad assumere la forma di contrasto fra l'educazione tradizionale e quella progressiva. come al criterio con cui discerne le esperienze che sono educative da quelle che sono diseducative) Ogni esperienza influenza in bene o in male le attitudini che aiutano a decidere della qualità dell'esperienza che seguiranno. Mentre il principio di continuità si applica in qualche modo in ogni caso, la qualità dell'esperienza presente influenza il modo in cui il principio si applica. Non c'è paradosso nel fatto che il principio della continuità dell'esperienza può operare in modo da arrestare un individuo su un basso livello di sviluppo. D'altra parte, se un'esperienza suscita curiosità, rafforza l'iniziativa e fa nascere desideri sufficientemente intensi per trasportare un individuo al di là dei punti morti nel futuro. La maggior maturità dell'esperienza dell'adulto, lo mette in grado di valutare ogni esperienza del giovane. La persona matura non ha però il diritto di sottrarre al giovane qualsiasi capacità di comprensione simpatica che la sua esperienza ha fornito. Un educatore in questo caso deve essere in grado di giudicare quali attitudini avviano di fatto a un aumento di crescita e quali altre l'ostacolano. L'esperienza non si compie semplicemente all'interno della persona, ogni esperienza autentica ha un aspetto attivo che cambia in qualche modo le condizioni obiettive sotto cui si compie l'esperienza. Ci sono fonti dell'esperienza fuori dell'individuo, ed essa è costantemente alimentata da tali fonti. Una delle principali responsabilità dell'educatore è che riconosca in concreto quali quoto le condizioni che facilitano le esperienze che conducano alla crescita, egli dovrebbe soprattutto conoscere in che modo utilizzare la situazione circostante, per estrarne tutti gli elementi che debbono contribuire a promuovere esperienze di valore. Questa partecipazione attiva che l'educazione progressiva esige dall'insegnante è un'altra ragione della sua maggiore difficoltà rispetto al sistema tradizionale. L'osservazione di ciò che accade in certe famiglie e in certe scuole rivelerebbe che certi genitori e certi insegnanti agiscono con l'idea che le condizioni oggettive devono essere subordinate a quelle interne. La parola interazione esprime il secondo principio essenziale, il quale permette d'interpretare un'esperienza nella sua funzione ed efficacia educativa, essa assegna eguali diritti ai due fattori dell'esperienza, le condizioni obiettive e quelle interne (qualsiasi esperienza normale è un gioco reciproco). Il guaio dell'educazione tradizionale consisteva nel violare il principio dell'interazione, ora però ci si sofferma sul problema della libertà. Dire che gli individui vivono in un mondo significa che essi vivono in una serie di situazioni. Il significato della parola "in" sta a intendere che è in corso un'interazione fra un individuo e oggetti e altre persone. La situazione e l'interazione non si possono concepire l'una scissa dall'altra. Un'esperienza è quel che si stabilisce tra una persona e il suo ambiente, inteso come le condizioni che interagiscono con i bisogni, i desideri, i propositi e le capacità personali per creare l'esperienza che si compie. Possiamo affermare che i principi della continuità e dell'interazione non sono separati tra di loro, infatti situazioni differenti si succedono l'una all'altra, ma in virtù del principio della continuità qualcosa passa da quella che precede a quella che segue. Un mondo le cui parti e i cui aspetti non si legano l'un l'altro, è a un tempo sintomo e causa di una personalità scissa. Dall'altra parte una personalità è pienamente integrata solo nel caso che le successive esperienze si siano integrate l'un l'altra. La continuità e l'interazione nella loro attiva unione reciproca offrono la misura del significato e del valore educativo di un'esperienza. La preoccupazione dell'educatore è la situazione in cui ha luogo l'interazione, è l'altro fattore, quello delle condizioni oggettive, che può essere regolato dall'educatore e implica quel che è fatto e il modo in cui è fatto. Quando diciamo che le condizioni oggettive sono quel che l'educatore ha il potere di regolare, intendiamo che la su abilità di influenzar direttamente l'esperienza degli altri, gli impone il dovere di determinare quell'ambiente che interagirà con le capacità e i bisogni che posseggono coloro a cui insegna. Nell'educazione tradizionale non consideravano l'altro fatte nel creare un'esperienza, coloro per i quali le condizioni che si erano provviste erano adatte, riuscivano a imparare, gli altri se la cavavano come potevano. Nel tempo si è creduto che bastasse regolare la quantità e la difficoltà del materiale offerto secondo un piano di gradualità quantitativa, se l'alunno si rifiutava di prenderlo ciò lo si imputava sua colpa. Il principio dell'interazione ci fa intendere il mancato adattamento del materiale ai bisogni e alle attitudini degli individui può provocate un'esperienza non educativa; il principio di continuità invece significa che il futuro deve essere tenuto presente in ogni gradino del processo educativo. Quella di "preparazione" è un'idea che si presta a equivoci, ogni esperienza dovrebbe preparare l'individuo, ma il maggiore degli errori pedagogici è il credere che un individuo impari soltanto quel dato particolare che studia in quel momento. L'apprendimento collaterale, cioè la formazione di attitudini di repulsione o durature, può essere e spesso è molto importante, se l'impulso in questa direzione viene indebolito, ci troviamo di fronte a un un fatto molto più grave che a un semplice difetto di preparazione. Non è raro il caso di incontrare persone che hanno frequentato poco le scuole e che da questa deficienza hanno tratto un beneficio positivo, esse infatti hanno conservato la capacità di apprendere dalle proprie esperienza. Il vero significato della preparazione sul piano educativo è in primo luogo, un individuo che deve trarre dalla sua esperienza presente tutto quanto essa offre in quel momento. L'ideale di adoperare il presente unicamente come preparazione al futuro in sé è contraddittorio, solo estraendo in ogni momento il pieno significato di ogni esperienza presente ci prepariamo a fare altrettanto nel futuro. Tutto questo significa che deve essere rivolta attenta cura alle condizioni che danno a ogni esperienza presente un significato degno di considerazione. La relazione fra presente e futuro non è un "aut-"aut", il presente fa sempre sentire la sua influenza sul futuro e le persone che dovrebbero avere un'idea del nesso fra i due sono quelle che sono pervenute alla maturità, perciò l'educazione in quanto crescita dovrebbe essere un processo presente. 4. CONTROLLO SOCIALE I due principi che sono fondamentali nella costituzione dell'esperienza sono i principi dell'interazione e della continuità. Questi due principi sono così connessi he non è facile dire con quale problema educativo speciale si debba cominciare. Il controllo delle situazioni individuali è fatto dall'intera situazione in cui gli individui sono compresi, di cui sono perte e di cui sono cooperatori e inter attori. Un gioco di competizione c'è in un certo genere di collaborazione in un'esperienza comune. Coloro che vi partecipano non avvertono il foyer sottostare a un individuo o di essere soggetti ala volontà di una persona che sovrasta dal di fuori. Non sorgono dispute vuole te, se non nel caso che un individuo tenti di imporre ad altri la sua volontà personale. I giochi implicano di solito competizione, se scegliessimo esempi di attività cooperative, per esempio a vita di una famiglia, non sarà la volontà o il desiderio di una persona che mette in ordine, ma lo spirito motore del gruppo. Il controllo è sociale, ma gli individui sono parte della comunità. Non è che non ci siano occasioni in cui l'autorità non debba intervenire per esercitare un controllo, ma in primo luogo, il numero di queste occasioni è limitato a parano di quelle in cui i controllo si trova esercitato non da un'autorità personale ma da situazioni in cui tutti prendono parte. L'autorità di cui si parla non è una manifestazione di volontà meramente individuale, in un scuola, ad esempio, la principale fiducia di controllare gli individui deve essere risposta di controllo esercitato sulle attività che vi si esitano e sulle situazioni di cui queste attività fanno parte. Quando è necessario parlare e agire fermamente, esso lo fa in nome dell'interesse del gruppo. Piccolo è il numero dei ragazzi che non avverte la differenza fra un azione motivata dal potere personale e l'azione che è giusta perché suggerita dall'interesse di tutti. I ragazzi sono più sensibili alle manifestazioni e ai sintomi di questa differenza. Essi sono inclini ad accogliere suggerimenti di un ragazzo e a farlo capo, mentre si risentono contro ogni tentativo di imposizione. La scuola tradizionale non era by gruppo o una comunità tenuta insieme dalla partecipazione alle attività comuni, in essa mancavano le le varie condizioni normali di controllo. In quelle che dominano la scuola nuova, la fonte principale del controllo social è riposta nella natura stessa del lavoro inteso come un'impresa sociale, a cui tutti gli individui hanno modo di prenderne parte, ma la vita di comunità non si organizza durevolmente in modo meramente spontaneo, l'educatore deve conoscere tanto gli individui quanto la materia di studio, conoscenza che gli permette di trattare le attività che si prestano all'organizzazione sociale, cui ogni individuo può portare il suo contributo. L'educatore deve scoprire meglio che può le cause delle abitudini a recalcitrare, non può permettere che gli allievi turbolenti ostacolino di continuo le attività educative degli altri, l'esclusione è orse l'unica misura, ma non è una soluzione, essa infatti può rafforzare proprio le cause che hanno dato origine all'atteggiamento antisociale. Non credo che l'insufficiente disciplina di certe scuole progressive derivi da questi casi eccezionali, ma alla mancata predisposizione del genere di lavoro suscettibile di creare certe situazioni che tendono a esercitare controllo su ciò che fa ogni alunno. Le cause di questa insufficienza sono varie: una è l'idea che non occorre predisporre un piano, che anzi esso contrasti intimamente con la legittima libertà di costoro che vengono istruiti. Può darsi che il piano predisposto sia così rigido da ridursi a un'imposizione dell'adulto, non si sa a cosa servirebbe la maggiore maturità dell'insegnante se egli non fosse in grado di disporre le condizioni che promuovono l'attività della comunità. Sull'educatore incombe il dovere si predisporre un genere di piano molto più intelligente, deve esaminare la capacità e i bisogni del gruppo e disporre nello stesso tempo le condizioni per esperienze che appaghino questi bisogni e sviluppino queste capacità. Il piano deve essere abbastanza flessibile per permettere il libero gioco dell'esperienza individuale, il principio che lo sviluppo dell'esperienza si compie attraverso l'interazione indica che l'educatore è essenzialmente un processo sociale. È assurdo escludere l'insegnante dai membri del gruppo, essendo il più maturo egli ha la responsabilità di dirigere le interazioni che costituiscono la la vera vita del gruppo. I fanciulli sono individui di cui occorre rispettare la libertà, così come la persona più matura, cioè l'insegnante. Se l'educazione è basata sull'esperienza e l'esperienza educativa viene concepita come un processo sociale, la situazione cambia; l'insegnante perse la sua posizione esterna di padrone per assumere quella di direttore di attività associate. Più impariamo a conoscere i costumi di diverse parti del mondo, più ci accorgiamo quanto differiscono le maniere nei diversi luoghi e nei diversi tempi. La forma particolare di invenzione non ha nulla di fisso ne di assoluto, esse possono diventare pura apparenza esterna, senza alcun significato intrinseco. Attesta l'esigenza che si sviluppino forme di relazione fra gli uomini che siano appropriare alle situazioni sociali. Certi visitatori di scuole progressive sono urtati dal difetto di buone maniere che osservano, si potrà dire che questa condizione è migliore di un'ostentazione di mero ossequio esterno congiunto a una totale assenza intellettuale e sentimentale, ma rappresenta anche una deficienza nell'educazione, quella di sapersi accordare per una via unilaterale, poiché quegli abiti sono nel processo di formazione quelli che ostacolano il futuro apprendere che nasce dal facile pronto con tatto e della comunicazione con altri. 5. LA NATURA DELLA LIBERTÀ La sola libertà che ha durevole importanza è la libertà dell'intelligenza, vale a dire la libertà di osservare esercitata nei riguardi di piani che hanno un valore intrinseco. Il più comune errore è quello di identificarla con il lato esterno o fisico dell'attività. I metodi della scienza indicano quali misure e direttive possono condurre all'instaurazione di un ordine sociale migliore, infatti le applicazioni scientifiche che hanno prodotto le condizione sociali esistenti non hanno esaurito tutte le loro possibilità. La complessità delle relazioni umane e il fatto che gli uomini sono per lo più creature emotive e abitudinarie, rendono impossibile pianificare la società su larga scala e affidare la direzione della nostra condotta all'intelligenza. Non c'è nulla nella natura intrinseca dell'abitudine che impedisca al metodo intelligente di diventare esso stesso abituale. Il caso della scienza è adoperato qui come esempio della progressiva selezione della materia di studio verso l'organizzazione, la quale è libera perché recede d'accorso con la crescita dell'esperienza stessa. L'ideale che sia a fondamento di essa è la progressiva organizzazione della conoscenza. Nella pratica si prende sesso per certo che siccome l'educazione tradizionale si basava su un concetto dell'organizzazione della conoscenza, l'educazione fondata nell'esperienza della vita dovrebbe disprezzare l'organizzazione di fatti e idee. Il processo attivo di organizzazione di fatti e di idee è un processo educativo che non viene mai meno, un'educazione che non tenda a conoscere un maggior numero di fatti e ad accogliere un maggior numero di idee infatti non è considerata educativa. Uno dei grandi benefici della prima educazione scolastica è che essa preserva il centro sociale e umano dell'organizzazione dell'esperienza, ma uno dei problemi più importanti dell'educazione è la modulazione, cioè un movimento da centro sociale e umano verso un piano intellettuale più obiettivo di organizzazione, tenendo però sempre fermo, che l'organizzazione intellettuale è il mezzo con cui le relazioni sociali possono essere compresi e più intelligentemente ordinati. Uno dei principi fondamentali dell'organizzazione scientifica della conoscenza è il principio di causa ed effetto; nelle prime forme di esperienza le relazioni causali si presentavano nella dorma di relazione fra mezzi e fini raggiunti. Le esperienze più elementari dei ragazzi sono piene di casi di relazione di mezzi e conseguenze. L'inconveniente nell'educazione sta nell'incapacità di sfruttare le situazioni per condurre gli alunni a cogliere la relazione in quei determinati casi dell'esperienza. "Analisi e sintesi" sono le operazioni con ciò sono scelti e organizzati i mezzo in relazione a un proposito, infatti, l'attività intelligente è distinta dall'attività senza meta per il fatto che implica una scelta di mezzi (analisi) attivi nella varietà di condizioni esistenti, e la loro sistemazione (sintesi) per conseguire uno scopo o un progetto che ha di mira. Con la maturità, il problema della relazione reciproca fra i mezzi diventa più urgente, se non si riuscirà a risolvere il problema dell'organizzazione intellettuale sulla base dell'esperienza, si verificherò una relazione a favore dei metodi di organizzazione imposti dall'esterno, sulla base di ciò si può affermare che le nostre scuole falliscono nel compito fondamentale. Questi guai derivano dall'influsso della scienza e dall'eccessivo peso dato alle esigenze del presente. Se il metodo della scienza fosse stato adoperato con maggiore coerenza e continuità nel lavoro quotidiano della scuola, sarei maggiormente impressionato da questo appello appassionato, perciò ci sono due alternative tra cui l'educazione deve scegliere: una consiste nel tentativo di indurre gli educatori a ritornare ai metodi che scorsero prima che apparisse il metodo scientifico, il secondo, è la sistematica utilizzazione del metodo scientifico considerato come molesto ideale dell'intelligente esplorazione e sfruttamento delle possibilità implicite nell'esperienza. Il problema si pone per le scuole progressive, se non si dedica un'attenzione costante allo svolgimento del contenuto intellettuale delle esperienze, non si fa che rafforzare la tendenza a un ritorno relazionarlo verso l'autoritarismo intellettuale e morale. Il metodo sperimentale della scienza dedica maggiore importanza alle idee in quanto idee di qualsiasi altro metodo, il fatto che quelle adoperate siano ipotesi è la ragione per cui le idee sono più gelosamente esaminate e verificare nella scienza he altrove. Sino a che sono ipotesi devono essere costantemente soggette alla verifica e alla revisione. In secondo luogo idee e ipotesi sono verificate dalle conseguenze che provoca la loro attuazione, occorre perciò osservare con cura e discernimento le conseguenze dell'azione. In terzo luogo, il metodo dell'intelligenza quale si manifesta nelle inverse tappe del procedimento sperimentale esige che si conservino tracce delle idee e delle conseguenze osservate, ciò significa che la riflessione debba riconsiderare le operazione che comprendono tanto il discernimento quanto il ricorso dei tratti significativi di un'esperienza in corso. Le esperienze per essere educative devono sfociare in un modo che si espande in un programma di studio, di notizie e di idee. Questa condizione si soddisfa solo a patto che l'educatore consideri insegnare e imparare come un continuo processo di ricostruzione dell'esperienza. Il metodo scientifico è l'unico mezzo autentico a nostra disposizione per cogliere il significato delle nostre esperienze quotidiane del mondo in cui viviamo. L'adattare il metodo agli individui di vari gradi di maturità è un problema dell'educatore; né le idee, né le attività, né le osservazioni, sono le medesime per un individuo di diverse età. 8. L'ESPERIENZA COME MEZZO E FINE DELL'EDUCAZIONE L'educazione per conseguire i suoi fini deve essere basata sull'esperienza della vita di qualche individuo. Il sistema educativo deve prenderne l'una via o l'altra, o retrocedere ai principi intellettuali e morali di un'età prescientifica o avanzare verso un'utilizzazione sempre maggiore del metodo scientifico per promuovere le possibilità di un'esperienza in via di accrescimento e di espansione. Non c'è nel metodo disciplina più severa della disciplina dell'esperienza assoggettata al controllo di uno svolgimento e di una direzione intelligente. Il problema fondamentale concerne la matura dell'educazione senza aggettivi, perciò ciò che si cerca è un'educazione pura e semplice.
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