Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Esperienza e educazione - Dewey, Appunti di Pedagogia Sperimentale

Appunti presi a lezione riguardanti il libro "Esperienza e educazione" di Dewey. [Prof. Cesareni]

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 17/12/2020

lex-win
lex-win 🇮🇹

4.4

(49)

32 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Esperienza e educazione - Dewey e più Appunti in PDF di Pedagogia Sperimentale solo su Docsity! 1 ESPERIENZA E EDUCAZIONE Dewey ha un’educazione di tipo eclettico. Secondo il pragmatismo la conoscenza è un processo attivo, conoscere significa modificare la realtà, l’oggetto, con il pensiero. L’oggetto della conoscenza non è indipendente dal soggetto che conosce. La ricerca scientifica è stimolata dalla situazione problematica: suggestione, problematizzazione, ipotesi, ragionamento, verifica (es. imbattersi in un ostacolo in una passeggiata). Per avere un approccio scientifico è necessario che la scuola educhi i ragazzi all’approccio razionale ai problemi e da ciò deriva il “Learning by doing”. La scuola sperimentale di Chicago si caratterizza come laboratorio permanente. Dewey è l’iniziatore dell’attivismo pedagogico. L’educazione è un fatto sociale per Dewey. Anche l’educazione scolastica ha un carattere sociale, e tale carattere investe tutti gli aspetti del processo educativo: • I fini, ossia favorire la socializzazione; • I contenuti, ciò che è utile per la società; • L’organizzazione, ossia la scuola deve imporsi come comunità democratica. In uno dei suoi libri Democrazia ed educazione (1916) dice che tra i principali fini dell’educazione vi è la difesa e la diffusione della democrazia. Nel 1938, egli scrive Esperienza ed educazione, la sua sintesi matura sul pensiero dell’educazione e delle suole “nuove”. È una sintesi matura che risponde alle critiche delle scuole nuove, dopo la crisi del ’29, che dicevano che si doveva tornare ad un modo più rigido di educare i ragazzi, che non dia troppo spazio alla socializzazione. Il tema principale di Dewey è che le idee che ispirano le scuole nuove sono corrette, ma che la realizzazione di esse non sempre è stata positiva, perché si è caduti in degli errori. Lui dice che ci sono nel dibattito sociale molti scontri teorico-pratici fra diverse teorie. Per lui è necessario creare una filosofa dell’educazione che non trovi un compromesso, ma che dia nuovi spunti e nuovi ordini. Per lui bisogna abbandonare ogni “-ismo” (es. progressismo) perché i movimenti che operano in base ad un ismo si limitano a combattere altri “ismi” (tradizionalismo) invece di muovere dai bisogni, dai problemi e dalle possibilità. Spesso pensiamo per contrasto, come fa anche la filosofia del contrasto, (es. formazione dal di dentro / dal di fuori; doti naturali / acquisizione di abitudini) e nel periodo, dopo la crisi, il contrasto è tra educazione tradizionale e progressiva. Per l’educazione tradizionale materia dell’educazione sono: • Le nozioni e le abilità accumulatesi nel passato da trasferire agli alunni (utili per la società); • Le norme e le regole di condotte da trasmettere attraverso una rigida organizzazione (es. aule, orari, sistemi di esame e promozione, regole disciplinari), necessarie per “vivere bene insieme”. Non è solo attraverso il parlare che la scuola tradizionale da delle regole, ma anche attraverso la condotta. E gli insegnanti sono il tramite per comunicare abilità e conoscenze e rafforzare le regole della condotta, sono dunque dei “custodi”. L’attitudine di chi impara è quindi la docilità, la ricettività e l’obbedienza (così vengono visti gli alunni “bravi”). Dewey critica fortemente questa impostazione, perché in questo modo tutto è imposto dall’alto e dal di fuori, e in questo modo ai ragazzi sono imposte norme, programmi e metodi da adulti, che vanno aldilà della loro esperienza. Questo anche se gli insegnanti sanno farlo in modo “non brutale”, non vi è partecipazione attiva, non si parte dalle esigenze dei ragazzi. Questo modo di educare è adatto a società statiche. Una società che trasferisce soltanto (es. concetti, regole), è una società che non evolve. 2 Bisogna capire qual è la filosofia dell’educazione implicita nell’educazione nuova, quindi Dewey parte da alcuni principi comuni alle diverse scuole attive: • La possibilità di espressione dei ragazzi e la cultura dell’individualità (vs imposizione dall’alto), inoltre non è importante sapere che Tizio sa la risposta giusta, ma che qualcuno dica qual è; • È importante che i ragazzi siano lasciati liberi di agire, che abbiano una libera attività (vs disciplina esterna); • Apprendere attraverso l’esperienza (vs imparare dai libri e dai maestri); • Conseguimento di tecniche come mezzi per ottenere altri fini (vs acquisizione di tecniche isolate e abilità tramite l’esercizio); • Familiarizzazione con un mondo in movimento (vs fini e materiali statici). Però si tratta di principi astratti, dipende tutto dal modo in cui si applicano. Quindi Dewey vede un grosso pericolo nella teoria dell’opposizione: respingere in toto i fini e i metodi di ciò che si vuole soppiantare. Per questo fa sviluppare i propri principi in forma negativa (es. rigettare ogni forma di organizzazione della materia di studio per rifiutare la rigida organizzazione del passato, senza chiedersi come sia possibile arrivare ad una forma di organizzazione dei contenuti di una materia partendo dall’esperienza, rifiutare in toto l’idea che l’adulto debba essere una guida). Se non si esce dalla teoria degli opposti si rischia di fare scuola in modo non accettabile, rigettare ogni forma legata al passato significa cadere in un altro -ismo, il dogmatismo (ossia il mio modo di fare scuola è il migliore). La conoscenza del passato quindi non come puro fine, ma come mezzo, come qualcosa con cui ci dobbiamo confrontare. Arriva la necessità di costruire una teoria dell’esperienza. Non serve soltanto svincolarsi dal passato. Dewey nel suo libro elenca alcuni dei problemi cui deve far fronte la nuova educazione e suggerisce delle soluzioni. Il punto fermo da cui parte è che l’educazione deve partire dall’esperienza. Non tutte le esperienza sono di per sé educative: • Alcune favoriscono l’acquisizione di nuove esperienze in futuro; • Altre limitano la possibilità di acquisire nuove esperienze. Secondo Dewey è importante che il ragazzo conosce il passato per vivere nel presente. È quindi necessaria una teoria dell’esperienza che possa rivolgersi verso un nuovo tipo di educazione. Ma non tutte le esperienze sono educative, alcune limitano la possibilità di acquisire nuove esperienze. L’educazione tradizionale non è che non forniva esperienze, ma spesso erano negative, portavano a costituire delle abitudini negative, limitavano la voglia di apprendere, facevano acquisire capacità automatiche che poi non si era in grado di utilizzare in nuove situazioni, ed associavano l’imparare alla noia e alla stanchezza (es. se ti obbligano a leggere la stessa pagina 10 volte non ti fanno venire interesse per la lettura). L’aspetto negativo della scuola tradizionale quindi non è l’assenza di esperienza, ma la mancata relazione di tali esperienze con le esperienze successive. È quindi fondamentale la qualità dell’esperienza. Non tanto delle esperienze “gradevoli”, ma esperienze “durature”, che siano in grado di influenzare le esperienze future. Egli dice “scegliere esperienze presenti che vivranno fecondamente e creativamente nelle esperienze che seguiranno”. L’educazione progressiva ha bisogno di una filosofia dell’educazione (basata sulla filosofia dell’esperienza) che la aiuti a scegliere le esperienze utili per costituire un piano educativo (cosa si insegna, metodi di istruzione e disciplina, arredamenti, materiale, organizzazione sociale della scuola. 5 perché non partecipano o perché sono turbolenti. L’insegnante deve regolarsi con loro caso per caso. Il controllo quindi è interno alla natura stessa del lavoro scolastico quando esso è svolto e sentito come un’impresa collettiva, e quando l’insegnate è parte attiva del gruppo (cioè non sta solo a guardare), è parte dell’impresa come membro più anziano, con una responsabilità specifica, dato che è colui che organizza, che fornisce i materiali, che fa vedere come fa ed è quindi il garante dell’obiettivo. Altro tema è quello delle convenzioni sociali. Non devono essere rigide e statiche, ma non sono neanche da rigettare in toto, perché sono forme che la società si dà per regolare e rendere gradevoli le relazioni sociali (garbatezza, cortesia). Rigettare la mera formalità non significa rinunciare ad ogni elemento formale che aiuta il reciproco adattamento. Un altro aspetto importante è la natura della libertà. Per Dewey è un errore identificare la libertà con la libertà di movimento. La libertà non è lasciare i ragazzi liberi di fare quello che vogliono, ma è “libertà dell’intelligenza, libertà di osservare e giudicare”. La maggiore libertà fisica è un mezzo non un fine: la limitazione dell’attività data dalle scuole tradizionali impediva di fatto ai ragazzi di mostrare la propria natura (costretti ad una uniformità innaturale) e impediva agli insegnanti di conoscerli e quindi di adattare a loro i materiali e i metodi. L’immobilità fisica accentua la passività. La libertà di movimento è importante come mezzo per mantenere la normale salute fisica e mentale (come dicevano anche nell’antica Grecia). Però dice Dewey che bisogna distinguere la libertà dal fare ciò che si vuole. Si deve quindi coltivare la capacità di inibire in qualche modo il desiderio di movimento come semplice impulso (es. non ci si può alzare ed andarsene durante la lezione). Una cosa è imposizione dall’alto che costringe a star fermi e seduti, l’altra il sentire la necessità di fermarsi per compiere qualcosa: l’autocontrollo. Non basta togliere il controllo esterno perché si eserciti l’autocontrollo, si può cadere nel capriccio e nella stravaganza, che è il contrario della libertà, perché l’individuo non è libero ma diretto da forze che non riesce a dominare. Come può l’educatore educare il giovane alla padronanza di sé? Padronanza che genera liberà, perché la dipendenza dai propri impulsi rende l’uomo non tanto libero quanto la dipendenza dalla volontà altrui. È centrale in questo la nozione di proposito “non c’è nell’educazione progressiva nessun punto più significativo dell’accento posto sull’importanza della partecipazione dell’educando alla formazione di progetti che dirigono le sue attività nel processo dell’apprendere”. Il proposito è la visione di un fine, ed è un’attività complessa, di livello intellettivo, che prevede l’osservazione delle condizioni esterne, la ricerca di altre informazioni e il giudizio (il comprendere il significato). Il proposito si distingue quindi nettamente dal desiderio e dall’impulso. Il problema fondamentale dell’educazione è far si che l’azione non segua direttamente il desiderio, ma sia preceduta dall’osservazione e dal giudizio. È sbagliato indentificare la libertà con l’esecuzione immediata degli impulsi e desideri. Il proposito implica un piano di azione. I desideri sono le spinte iniziali dell’azione, e devono essere tenuti in conto, ma non bisogna identificarli con i propositi. Nella scuola tradizionale non si teneva conto dei desideri dei ragazzi, ma ciò non significa che le scuole nuove debbano dare adito a tutti gli impulsi. In un piano educativo l’esistenza di un desiderio o di un impulso non è lo scolpo finale, ma un’occasione per formare il proposito. L’insegnante deve vigilare perché l’occasione venga colta e indirizzare gli alunni (es. dando alternative) alla ricerca di altre informazioni, e al giudizio. Ciò non significa limitare la loro libertà, ma porre le condizioni per l’esercizio della libertà. L’insegnante non deve però rinunciare al suo ruolo di guida, non deve imporre la sua volontà, ma fare in modo che il piano sia un’impresa cooperativa e non un’imposizione. Il primo passo fondamentale è partire dall’esperienza che i ragazzi già possiedono (non sono una tabula rasa). Poi si tratta di far assumere a ciò che è stato sperimentato “una forma piena e ricca, 6 che gradualmente si avvicini alla forma in cui la materia del sapere si presenta ad una persona competente e matura”. Si tratta quindi di predisporre le esperienze in modo che si volgano verso l’espansione e l’organizzazione del sapere. Nella scuola tradizionale gli argomenti erano scelti e ordinati secondo una regola adulta, pensando a cosa sarebbe stato utile nel futuro, senza organizzare il materiale tenendo conto dell’esperienza attuale dei ragazzi. Tutto aveva a che fare con il passato, con ciò che gli uomini avevano fatto e costruito fino a quel momento. Il pericolo però della scuola nuova è rigettare completamente il passato, poiché solo ciò che è stato compiuto nel passato ci offre i mezzi per comprendere il presente. Gli obiettivi dell’apprendere sono nel futuro, e i suoi immediati materiali sono nell’esperienza presente, ma l’esperienza presente deve allungarsi, per così dire all’indietro, comprendendo il passato. L’altro problema delle scuole nuove è la scelta e l’organizzazione del materiale di studio. Se è giusto distaccarsi dall’aridità e non omogeneità del materiale che costruiva il nucleo della vecchia educazione (ossia i libri e le nozioni da apprendere così com’erano), non si può però non riconoscere come fondamentale il problema della scelta e dell’organizzazione della materia di studio. Le materie sono ambiti in cui si organizzano le esperienze. L’esperienza deve costituire la fonte dei problemi, perché i problemi sono lo stimolo per pensare. L’insegnante deve far si che il problema non sia posto dal di fuori ma nasca nell’esperienza presente e che sia in grado di stimolare il ragazzo a ricercare attivamente informazioni e produrre nuove idee, per suscitare nuove esperienze e nuovi problemi, in una spirale ricorsiva. L’utilizzo nella scuola del metodo scientifico è ciò che permette, attraverso l’osservazione diretta e la sperimentazione, di arrivare all’organizzazione progressiva della materia di studio. L’educatore non può quindi partire dalla conoscenza già organizzata per distribuirla in pillole, ma è comunque necessario che favorisca nei suoi alunni un processo attivo di organizzazione di fatti ed idee. L’organizzazione non è un principio estraneo all’esperienza. Non si deve partire dall’organizzazione del sapere adulto, ma questo è un fine cui tendere partendo dall’esperienza stessa, attraverso il metodo sperimentale. “Le esperienze per essere educative devono sfociare in un mondo che si espande in un programma di studio, programma di fatti, di notizie, di idee”. Dewey afferma che anche i conservatori sono insoddisfatti della situazione presente dell’educazione. Il sistema educativo deve prendere una via: o retrocedere ai principi intellettuali e morali di un’età prescientifica (che per alcuni funzionava, ma non rendeva i ragazzi felici e curiosi di imparare altro) o avanzare verso l’utilizzazione sempre maggiore dei metodi scientifici per promuovere l’esperienza di qualità. La nuova educazione è più difficile da applicare dell’educazione tradizionali. Ma ciò che conta non è la contrapposizione fra educazione vecchia e nuova, ma “che cosa si deve fare perché il nostro fare meriti il nome di educazione”.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved