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Esperienza e educazione - Dewey, Dispense di Pedagogia

Riassunto completo e sostitutivo al libro

Tipologia: Dispense

2020/2021
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Caricato il 27/02/2021

b.benedetta
b.benedetta 🇮🇹

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Anteprima parziale del testo

Scarica Esperienza e educazione - Dewey e più Dispense in PDF di Pedagogia solo su Docsity! ESPERIENZA ED EDUCAZIONE – John Dewey Introduzione di Francesco Cappa Il pensiero di John Dewey esercitò una grandissima influenza pedagogica, filosofica, sociale e politica sulla cultura non solo statunitense. Dewey diede inizio al movimento dell’educazione progressiva che influenzò profondamente sia le politiche educative sia le istituzioni formative a lui contemporanee, portandole a una svolta di tipo esplicitamente democratico che giungerà fino a quello che prenderà il nome di attivismo. L'attenzione viene spostata verso gli scopi sociali in educazione e verso i problemi di ordine logico e psicologico dell’apprendimento. La pedagogia a poco a poco comincia ad essere pensata e studiata come una vera e propria scienza autonoma. È una scienza che adotta la metodologia scientifica e sperimentale. Con Dewey la pedagogia non ripudierà mai gli apporti della filosofia, soprattutto negli aspetti logici, etici ed epistemologici; attingerà pienamente dalla psicologia, dalla biologia, dall’antropologia e dalla sociologia. Le posizioni teoriche e pratiche di Dewey fanno esplicito riferimento all'evoluzionismo e ai contributi del pragmatismo, l'esperienza concreta dell'uomo viene posta come base fondamentale della cultura della conoscenza. L'esperienza viene considerata come qualcosa che tende a modificare attivamente l'ambiente naturale e sociale e a proiettarsi progettualmente verso azioni future. L'esperienza è interazione fra soggetto e oggetto, fra organismo e ambiente. L'educazione deve essere incentrata su forme di attività pratica, sociale e culturale che consentono alla scuola e alle altre istituzioni di riprodurre in modo amplificato nel mondo in cui viviamo quella ricchezza e immediatezza di esperienze foriere di cambiamento. Esperienza e educazione viene pubblicato nel 1938 e rappresenta la sintesi del pensiero filosofico pedagogico di John Dewey sull'educazione e sulla scuola. In questo testo contrappone senza timori la sua posizione a quella dei conservatori che criticavano le scuole nuove e auspicavano il ritorno alla tradizione e al principio di autorità come fondamento pedagogico. Mette a nudo le differenze fondamentali tra chi vuole una scuola e un’educazione autoritaria e chi immagina e vuole metterne in pratica una democratica e innovativa. Riassume i temi e i principi essenziali del più importante filosofo dell'educazione del Novecento. Dewey non parla mai di pedagogia in questo scritto, ma di una filosofia dell'educazione basata sull’esperienza. L'esperienza è la chiave di volta per pensare e fare educazione, per criticare sia i punti deboli delle scuole tradizionali che l'applicazione sbagliata dei programmi delle scuole nuove. Educare significa accrescere l'ambito dell'esperienza del docente e del discente, del ragazzo, dell'alunno e dell'insegnante. Pensa la scuola come una comunità di pratica educante. Si apprende grazie all' esperienza che costituisce sia il punto d'inizio per l'elaborazione della teoria sia il punto di arrivo. L'esperienza non è primariamente conoscenza, ma modi di fare e di patire, nell’esperienza si intrecciano elementi di attività e di passività. Non tutte sono educative, la differenza è data dalla qualità dell’esperienza che l'educatore propone: un'esperienza è educativa se vivrà fecondamente e attivamente nelle esperienze che seguiranno. È importante stabilire un nesso chiaro tra qualità e scena educativa. L'educatore deve dedicare all’allestimento dell’ambiente educativo molta attenzione affinché possa generare la possibilità per tutti gli attori di accedere al luogo, uno spazio di gioco dell’intreccio delle relazioni che sia disponibile ad ampliare le possibilità dell'esperienza: uno spazio generativo e di disponibilità degli elementi soggettivi e oggettivi che lo animano. Sono molto chiare le indicazioni che collocano la specificità del setting pedagogico nel punto di massima intensità dell'esperienza educativa, soprattutto se si pensa alla scuola. Il setting pedagogico è l'assetto interno degli insegnanti e dei ragazzi, a partire da un insieme di regole che rendono possibili i ruoli reciproci. A partire dal setting si può entrare in contatto con la qualità dell'esperienza; è un ponte per accedere al livello più profondo del dispositivo pedagogico, permette di organizzare il gioco relazionale orientandolo in modo educativo mentre questo stesso gioco rimanda direttamente all'esperienza formativa sociale che è lo sfondo in cui essa stessa si gioca. Riflettere sul setting scolastico aiuta a pensare la formazione e l'educazione come un dispositivo. Se l'educazione è un dispositivo, la scuola deve essere pensata e praticata come una scena da osservare e frequentare in tutta la sua profondità. È l'autentica frequentazione di questa scena che permette a Dewey di condurre la sua critica alle vecchie posizioni sulle materie di studio. La conoscenza, il principio di autorità, la libertà, il fine che ognuno si pone agendo nascono dall’esperienza e si sviluppano su questa scena che è sempre presa tra il dato naturale il suo squilibrio verso il cambiamento, tra il passato da conoscere e un futuro differente da costruire e da vivere. Gli strumenti essenziali del lavoro educativo sono l'osservazione e la memoria. Questione cruciale è la necessità di scoprire il nesso che esiste “dentro l'esperienza” fra gli effetti educativi e i risultati del passato e i problemi del presente. L'interazione, la “transazione”, diventano direttamente uno strumento etico e politico. L'esperienza è il banco di prova di ogni teoria pedagogica e, allo stesso tempo, è ciò che permette di educare ogni uomo alla responsabilità, alla partecipazione, alla soluzione dei problemi di tutti in una società fondata sull'integrazione e non sull’esclusione, sulla comprensione di quell’evento che noi siamo e che soprattutto possiamo ancora divenire, nella complessità e nella molteplicità in cui i nostri pensieri, i nostri desideri e le nostre azioni si muovono. La filosofia dell'educazione di Dewey non solo trova il suo fondamento in una filosofia dell'esperienza, ma diviene un'etica della pratica educativa profondamente attuale. Prefazione Tutti i movimenti sociali danno luogo a conflitti che si riflettono in controversie intellettuali. Per la teoria che costituisce una filosofia dell’educazione, i conflitti pratici e le controversie sollevate sulla base di questi conflitti pongono unicamente un problema. Il compito di una intelligente teoria dell’educazione è quello di discernere le cause dei conflitti esistenti e poi indicare un piano di operazione che provenga da un livello più profondo e più comprensivo di quello rappresentato dalle pratiche e dalle parti che si contendono la vittoria. Assegnare questo compito alla filosofia dell’educazione significa che è necessario introdurre un nuovo ordine di idee che avvii nuove pratiche. Preoccuparsi dell’educazione in sé, no di qualche “-ismo”, altrimenti si formulano i suoi principi per reazione a essi invece di muovere da una comprensiva visione costruttiva dei bisogni, dei problemi e delle possibilità effettive. Valore di questo saggio: tentativo di richiamare l’attenzione su problemi dell’educazione di più ampio respiro e più profondi, tali da suggerire la giusta cornice di riferimento. Capitolo 1 – Educazione tradizionale e educazione progressiva L’uomo pensa per estremi opposti, senza possibilità intermedie, nell’atto pratico cede a compromessi. Opposizione fra l’idea che l’educazione sia sviluppo dal di dentro (doti naturali) e l’idea che sia formazione dal di fuori (processo di soggiogamento delle inclinazioni naturali e di sostituzione al loro posto di abiti acquisiti mediante la pressione esteriore). La materia dell’educazione consiste in “corpi” di informazioni e di abilità elaborati in passato, compito della società è trasmetterli alla nuova generazione. L’addestramento morale consiste nel formare abiti di azione conformi a norme e regole di condotta elaborate dal passato. L’organizzazione scolastica rende la scuola diversa da tutte le altre istituzioni sociali. L’esperienza è veritiera solo quando le condizioni oggettive sono subordinate a ciò che si verifica nell’interno degli individui che hanno esperienza. Le condizioni interne sono le più importanti e nella loro durata fissano l’intero processo educativo. • Principio di interazione: permette di interpretare un'esperienza nella sua funzione ed efficacia educativa. Assegna eguali diritti ai due fattori dell'esperienza, le condizioni obiettive e le condizioni interne. Prese insieme, nella loro interazione, costituiscono quella chi si chiama situazione. Gli individui vivono in un mondo, ovvero vivono in una serie di situazioni: significa che è in corso un'interazione fra un individuo, oggetti e altre persone, la situazione e l'interazione non si possono concepire l’una scissa dall’altra. Un'esperienza è sempre quel che in virtù di una transazione si stabilisce fra un individuo il suo ambiente. L’ambiente è l’insieme delle condizioni che interagiscono con i bisogni, i desideri, i propositi e le capacità personali per creare l’esperienza che si compie. Questi due principi non sono separati. Se lo fossero il corso dell’esperienza sarebbe disordinato e ci sarebbe un mondo diviso le cui parti e i cui aspetti non si legano l’un l’altro → sintomo e causa di una personalità scissa fino a definire l’individuo un folle. La continuità e l'interazione nella loro attiva unione reciproca offrono la misura del significato e del valore educativo di un'esperienza. L'immediata e diretta preoccupazione di un educatore è la situazione in cui ha luogo un'interazione. Le condizioni oggettive sono un fattore che può essere regolato fino a un certo punto dall’educatore. La responsabilità di scegliere condizioni oggettive porta allora con sé la responsabilità di comprendere i bisogni e le attitudini degli individui che imparano in un dato tempo. Il principio di continuità nella sua applicazione all'educazione significa che il futuro deve essere tenuto in considerazione. L’attitudine che più importa sia acquisita è il desiderio di apprendere, se l'impulso in questa direzione viene indebolito invece che rafforzato, l'alunno viene effettivamente privato delle native capacità, che altrimenti lo avrebbero messo in grado di cavarsela nelle circostanze nella vita. Qual è il vero significato della preparazione sul piano educativo? Un individuo deve trarre dalla sua esperienza presente tutto quanto questa gli offre in quel momento. Noi viviamo nel nostro tempo solo estraendo in ogni momento il pieno significato di ogni esperienza presente e ci prepariamo a fare altrettanto nel futuro. La relazione fra presente e futuro non è aut aut. Il presente fa sempre sentire la sua influenza sul futuro. L'educazione in quanto crescita e maturità dovrebbe essere un processo sempre presente. Capitolo 4 – Controllo sociale Come risolvere i problemi educativi? Due problemi principali: libertà individuale e controllo sociale, per passare poi ai problemi che da essi derivano. Spesso giova, quando si prendono in esame i problemi dell'educazione, cominciare dimenticando momentaneamente la scuola e pensando ad altre situazioni umane. Il buon cittadino medio è soggetto al controllo sociale e buona parte di questo controllo non è sentita da lui come una limitazione della libertà personale. Indaghiamo su quali principi si regga il controllo sociale che opera in esempi di vita quotidiana. Cominciamo dai ragazzi che durante la ricreazione o dopo scuola giocano. I giochi implicano regole e queste regole pongono un ordine nella loro condotta. Senza regola non c’è gioco. In queste situazioni ci sono certi tratti che caratterizzano un ovvio controllo. 1. Le regole sono parte del gioco; 2. Può accadere che uno di essi senta che la decisione non sia giusta e può anche darsi che se ne irriti. Egli però non si oppone alla regola, ma quella che proclama una violazione di essa, un atto parziale e ingiusto; 3. Le regole e di conseguenza la condotta del gioco sono per così dire elevate a modello. Si accettano certi modi di calcolare, di scegliere le parti, dati movimenti, ecc. Queste regole hanno la sanzione della tradizione. Un elemento che è convenzionale ed ha una certa forza. → Il controllo delle azioni individuali è fatto dall’intera situazione in cui gli individui sono compresi, di cui sono parte e di cui sono cooperatori e interattori. Coloro che vi partecipano non avvertono di sottostare a un individuo o di essere soggetti alla volontà di una persona che sovrasta dal di fuori (es arbitro). Sorgono dispute nel momento in cui un individuo cerca di imporre la sua volontà personale. → Controllo sociale dell’individuo senza violazione della sua libertà La stessa cosa avviene in attività cooperative come una famiglia ben ordinata. L’individuo fa parte di una comunità, il bene ricercato è quello della comunità. In una scuola ben ordinata, l’insegnante riduce al minimo le occasioni in cui deve esercitare un’autorità personale. Quando è necessario parlare e agire fermamente, lo fa in nome dell’interesse del gruppo. Piccolo è il numero di ragazzi che non avvertono la differenza fra un’azione motivata dal potere personale e dal desiderio di imporla e l’azione che è giusta perché suggerita dall’interesse di tutti. Nelle scuole nuove la fonte principale di controllo sociale è imposta dalla natura stessa del lavoro inteso come un’impresa sociale, a cui tutti gli individui hanno modo di prendere parte e di cui si sentono responsabili. La maggior parte dei ragazzi è naturalmente “socievole”. Ma la vita di comunità deve essere organizzata, l’educatore deve conoscere tanto gli individui quanto la materia di studio in modo da trattare le attività che si prestano all’organizzazione sociale. L’insegnante deve regolarsi nei confronti dei ragazzi caso per caso. Essi rientrano in classi generali, ma non ce ne sono due identici. L’insufficiente disciplina in certe scuole progressive deriva dalla mancata predisposizione del genere di lavoro suscettibile di creare situazioni che tendono automaticamente a esercitare controllo su ciò che fa l’alunno e in che modo. Tutto è riconducibile a un piano educativo poco meditato. Le cause di questa mancanza sono varie, la più rilevante sta nel pensare che non sia necessario predisporre un piano. Il piano deve essere abbastanza flessibile per permettere il libero gioco dell’esperienza individuale e abbastanza fermo per indirizzare verso un continuo esercizio del potere. L’educazione è essenzialmente un processo sociale, lo diventa soprattutto quando gli individui formano un gruppo comunitario. In questi membri deve essere compreso anche l’insegnante, sarebbe assurdo escluderlo. Egli ha la specifica responsabilità di dirigere le interazioni e le intercomunicazioni che costituiscono la vera vita del gruppo in quanto comunità. L’insegnante abbandona la sua posizione esterna di padrone o di dittatore per assumere quella di direttore di attività associate. Nella vita della scuola al fattore convenzionale fa riscontro il problema delle buone maniere (garbatezza e cortesia). Una forma particolare di convenzione non ha nulla di fisso o di assoluto. È possibile che queste diventino “mere formalità” e pura apparenza esteriore senza alcun intrinseco significato. Facendo ciò diventa anche più importante ricordare sempre e comunque il rispetto reciproco e l’educazione nei confronti di tutti i componenti. Meglio mantenere l’interesse dei ragazzi vivo per quello che stanno facendo piuttosto che richiedere queste buone maniere. Capitolo 5 – La natura della libertà L’altro lato del problema del controllo sociale è la natura della libertà. La sola libertà che ha durevole importanza è la libertà dell’intelligenza vale a dire la libertà di osservare e di giudicare esercitata nei riguardi di piani che hanno un valore intrinseco. Il più comune errore consiste nell’identificare la libertà con la libertà di movimento o con il lato esterno o fisico dell’attività. Questo lato esterno non può essere separato dal lato interno di essa, dalla libertà di pensare, di desiderare, di fare progetti. Nella scuola tradizionale: restrizione alla libertà di movimento → conseguente restrizione anche alla libertà intellettuale e morale Il problema educativo non è risolto quando si è ottenuta questa forma di libertà, tutto dipende da ciò che si fa con questa maggiore libertà. Benefici nell’accrescimento della libertà esterna: • Senza di essa è praticamente impossibile che un insegnante impari a conoscere l'individuo con cui ha a che fare (bambino sempre calmo e immobile non è se stesso) • Processo di apprendimento. Momenti di schietta riflessione soltanto quando seguono a periodi di più esternazione e sono usati per organizzare quel che è stato guadagnato in periodi di attività in cui, oltre al cervello, si sono adoperate le mani e altre parti del corpo. La libertà di movimento, inoltre, è importante per mantenere la normale salute fisica e mentale. La quantità di libertà esterna necessaria varia da individuo a individuo e tende a diminuire con il crescere dell'età. La quantità e la qualità di questo genere di libera attività come mezzo di crescita è un problema che deve essere tenuto presente dall’educatore in ogni stadio di svolgimento; non ci può essere più grande errore che quello di considerare questa libertà come un fine in sé. Gli impulsi e desideri naturali costituiscono in ogni caso il punto di partenza. Non c'è crescita intellettuale senza ricostruzione, rifacimento degli impulsi dei desideri, nella forma in cui si manifestarono la prima volta. C'è alternativa fra l'inibizione imposta dall'esterno e l'inibizione conseguite attraverso la riflessione e il giudizio individuale. Pensare significa posporre l'immediata azione ed effettuare nel frattempo l'interno controllo dell'impulso mediante l’unione di osservazione e memoria, unione che è il cuore della riflessione. La meta ideale dell’educazione è la creazione del potere di autocontrollo. Capitolo 6 – Il significato del proposito La libertà si identifica con il potere di concepire propositi e di eseguirli. Questa libertà è identica all’autocontrollo, poiché la formazione di proposti e l’organizzazione di mezzi per eseguirli sono opera dell’intelligenza. Nella filosofia dell'educazione progressiva ciò che di più è significativo consiste nella partecipazione dell'educando alla formazione nei progetti che dirigono le sue attività nel processo dell'apprendere, non c'è maggior difetto nell’educazione tradizionale che la sua incapacità ad assicurarsi l'attiva cooperazione dell’alunno nella costruzione dei progetti che sono implicite nel suo studio. Il significato dei propositi e dei fini non è di evidenza immediata e non si coglie da sé. Più si accentua la loro importanza educativa, più importante e intendere che cosa è un proposito, come sorge e come funziona nell’esperienza. Un autentico proposito trova il suo punto di partenza in un impulso. L'impedimento all'immediato appagamento di un impulso lo converte in un desiderio. Né l’impulso né il desiderio sono in sé un proposito. Il proposito è la visione di un fine, dà luogo a una previsione delle conseguenze che risulteranno dall'operare in base a un impulso richiedendo osservazione delle condizioni e delle circostanze obiettive. L’esercizio all’osservazione è una condizione della trasformazione dell’impulso in proposito. Ma la sola osservazione non basta, bisogna comprendere il significato di ciò che vediamo, udiamo e tocchiamo. Possiamo essere avvertiti delle conseguenze soltanto in base alle esperienze anteriori. Quindi la formazione
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