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Esperienza e educazione Dewey, Sintesi del corso di Pedagogia

Riassunto sintetico del libro ‘esperienza e educazione’ di John Dewey

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 15/01/2022

cristinamici
cristinamici 🇮🇹

4.4

(19)

4 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Esperienza e educazione Dewey e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia solo su Docsity! ESPERIENZA E EDUCAZIONE - John Dewey INTRODUZIONE: Dewey, il più importante filosofo dell'educazione del Novecento, influenza con le sue teorie il campo pedagogico, filosofico, sociale e politico. — influenza hegeliana — pragmatismo strumentalistico ( ‘ragionare’ come strumento per elaborare l'esperienza) — fonda la scuola di Chicago — fondatore dell' attivismo pedagogico — valorizza la vocazione democratica della scuola e dell'educazione Dewey sposta l'attenzione verso gli scopi sociali dell'educazione, i problemi di ordine logico e psicologico dell'apprendimento. — la pedagogia inizia ad essere studiata come una scienza autonoma, in quanto adotta la metodologia specifica e sperimentale. Le teorie di Dewey (riprese da evoluzionismo e pragmatismo- Peirce e James) pongono l'ESPERIENZA dell'uomo come base fondamentale della cultura e della conoscenza. L'esperienza deve essere considerata come qualcosa che tende a modificare attivamente l'ambiente naturale e quello sociale e a proiettarsi progettualmente verso azioni future. —esperienza: è l'interazione tra soggetto e oggetto, organismo e ambiente, è una ‘transizione’, ovvero una relazione in cui i termini sussistono solo nei termini della relazione stessa - definisce questo termine Teoria dell'indagine. L'esperienza pone sempre di fronte situazioni di precarietà e problematiche in cui l'uomo è coinvolto e lo strumento fondamentale di cui il soggetto dispone è la ragione, l'attività intelligente, che va considerata come un'attività di ricerca e indagine, attraverso un metodo (fatto di ipotesi e indagini) che orienta il processo educativo. — l'educazione deve essere incentrata su forme di attività pratica, sociale e culturale, e deve rendere in grado l'uomo di affrontare i cambiamenti del mondo. Questo libro viene pubblicato nel 1938 e riassume il pensiero filosofico e pedagogico di Dewey sull'educazione e sulla scuola. D. si contrappone ai conservatori che criticavano le ‘scuole nuove' e che speravano in un ritomo alla tradizione e al principio di autorità. — mette a nudo le differenze tra chi vuole un'educazione e una scuola autoritaria e chi privilegia una scuola democratica e attiva. — critica l'intuizione oggettivistica e autoritaria dell'istruzione e dell'educazione tradizionale. — illustra le teorie dell'interazione, della continuità dell'esperienza, della situazione. L'esperienza è la chiave per pensare e fare educazione , per arrivare a saper criticare i punti deboli della scuola tradizionale e l'applicazione sbagliata dei programmi delle scuole nuove. EDUCARE significa accrescere l'ambito dell'esperienza di OGNI individuo, che è in relazione con un altro. AI centro del campo educativo ci sono le relazioni tra insegnante e alunno e l'accento viene messo sulla centralità dell'esperienza di quest'ultimo, sulle sue esigenze vitali ed è per questo che le scuole vengono considerate come comunità di pratica educanti. Si apprende grazie all'esperienza, per questo l'insegnamento deve essere centrato sulle possibilità dell'alunno, e la scuola deve essere per tutti. L'esperienza deve costituire sia il punto di inizio per l'elaborazione della teorie, sia il punto di arrivo, perché la vera validazione di una teoria o di una filosofia dell'educazione presuppone il confronto critico con l'esperienza. Non tutte le esperienze però sono educative + la diff. è data dalla QUALITA dell'esperienza che l'educatore propone: un' esperienza è educativa se vivrà nelle esperienze che seguiranno. Gli ordinamenti sociali della democrazia promuovono una qualità superiore dell'esperienza umana— l'unica che può avere come effetto la libertà. La LIBERTÀ è generata da fattori estemi e intemi e l’educatore deve coltivare questa libertà, che è prima di tutto una libertà di osservazione e di giudizio. Cosa intendiamo con “qualità dell'esperienza?” C'è un nesso tra la qualità e la scena. — Dewey insiste molto sull'attenzione che l'educatore deve dare all'allestimento dell'ambiente educativo in modo che diventi uno spazio generativo e che favorisca l'esperienza. E' importante quindi il setting pedagogico, ovvero l'assetto interno degli insegnanti e dei ragazzi, a partire da una serie di regole che rendono possibili i ruoli reciproci. A partire dal setting si può entrare in contatto con la qualità dell'esperienza, poiché il setting permette di organizzare il gioco relazionale orientandolo in modo educativo, mentre questo stesso gioco rimanda indirettamente all'esperienza formativa sociale che è lo sfondo in cui essa stessa si gioca. Il setting rinvia a un'idea di educazione che va intesa come un dispositivo (Riccardo Massa - cambiare la scuola). — nella scuola la questione del setting è sostituita dalla disposizione dei banchi e dall'allestimento dei laboratori didattici, con l'uso di nuovi strumenti o dei new media. L'educazione va intesa come un dispositivo, ovvero come un sistema di procedure, che crea pratiche e discorsi in cui i contenuti e la relazione vengono giocati all'interno di una strategia pedagogica. La scuola invece deve essere pensata e praticata come una scena, da osservare e frequentare in tutta la sua profondità. — all'interno della scena si istituisce l'esperienza e avviene l'educazione. — è proprio osservando la scena che Dewey arriva alla critica della scuola tradizionale IMPO: opera di Bruner nel 1960 con la sua opera ‘il processo educativo’. — tutti gli individui che occupano uno spazio educativo sono responsabili della scena creata e degli effetti che il setting può avere sulla scena stessa. — allestire una scena che permetta di sperimentare l'attraversamento del campo affettivo. Quando Dewey parla del ‘significato del proposito' intende un piano e un metodo d'azione basato sulla previsione delle conseguenze dell'operare sotto certe condizioni determinate dalle condizioni generali, storiche, specifiche, del setting pedagogico. Solo se l'affettivo e il cognitivo si intrecciano realmente si può dare esperienza educativa. La riflessione sull'esperienza assume per Dewey una funzione formativa fondamentale. Ogni esperienza educativa deve prevedere una riflessione sulle prospettive di significato che la formano e la guidano. Nella scuola progressiva, invece, avviene che all'opposizione dall'alto si oppongono l'espressione dell'individualità; alla disciplina esterna la libera attività; all'imparare dai libri e dai maestri l'apprendere attraverso l'esperienza; alla preparazione per un futuro si oppone il massimo sfruttamento della possibilità della vita del presente; ai fini e ai materiali statici è opposta la familiarizzazione con un mondo in movimento. Ma il problema vero è un altro: definiti i principi-guida per la scuola del futuro (e non potranno che essere quelli delle scuole nuove, e non quelli delle scuole tradizionali), il problema è tradurli in pratica in modo efficace. Ad esempio: la vecchia scuola era tutta centrata su una certa idea di organizzazione, gerarchica, centrata sull'autorità; la nuova scuola non dovrà respingere l'idea di organizzazione, ma dovrà porre il problema di come si possa costruire una buona ed efficiente organizzazione scolastica partendo non dal principio di autorità, ma dalla concreta esperienza, perché è attraverso quest'ultima che si impara. Il principio di fondo è infatti che "c'è un'intima e necessaria relazione fra il processo dell'esperienza effettiva e l'educazione". Ma se respingiamo l'idea che l'autorità debba essere imposta dall'esterno sugli allievi, come nella vecchia organizzazione scolastica, "il problema diventa quello di trovare i fattori del controllo nel seno dell'esperienza" Questo primo capitolo pone dunque il problema che sarà affrontato in tutto il saggio: non è sufficiente affermare il principio che l'educazione debba essere legata all'esperienza, respingendo il principio di autorità fine a se stesso al fine di una vera educazione alla libertà; infatti una educazione che dichiara di essere fondata sull'idea di libertà può essere tanto dogmatica quanto qualsiasi altra. E' infatti dogmatica ogni educazione che non sia basata su un esame critico dei propri fondamenti. E imporre il principio di libertà senza questo esame critico non è diverso che imporre qualsiasi altro principio. CAPITOLO 2- Bisogno di una teoria dell'esperienza In questo capitolo Dewey precisa perché è indispensabile una teoria dell'esperienza, cioè una riflessione filosofica a monte del principio pedagogico di fondo, l'idea che si apprende in rapporto all'esperienza. Questo approfondimento filosofico è indispensabile perché non tutte le esperienze sono educative. AI contrario, ve ne sono di fortemente diseducative. E' solo un certo tipo di esperienza che consente l'educazione. La tesi è che vi sono due tipi di esperienze: e alcune favoriscono l'acquisizione di nuove esperienze in futuro; e altre limitano la possibilità di acquisire nuove esperienze in futuro. Da che cosa dipende questa differenza? Dalla qualità dell'esperienza che l'educatore propone. Non si tratta tanto del fatto che una esperienza sia nel momento in cui la si fa gradevole o meno; questo è relativamente secondario, perché vale solo per il momento. Il problema è l'effetto nel lungo periodo: è la sua influenza sulle esperienze ulteriori. In sintesi: "Il problema centrale di un'educazione basata sull'esperienza è quello di scegliere il tipo di esperienze presenti che vivranno fecondamente e creativamente nelle esperienze che seguiranno". CAPITOLO 3- | criteri dell'esperienza In questo capitolo Dewey cerca i principi base che dovranno formare la teoria dell'educazione diretta sulla base dell'esperienza. E' il capitolo centrale del saggio, che definisce filosoficamente la nozione di esperienza. Il punto di partenza è dato dal fatto che ciò di cui stiamo parlando è l'educazione per tutti: serve una nozione di esperienza che fondi una educazione democratica, che consenta di favorire lo sviluppo di una società democratica. Tuttavia, perché preferiamo la democrazia e insistiamo tanto su un principio educativo efficace per tutti? La risposta di Dewey è nettissima: la ragione è che "gli ordinamenti sociali della democrazia promuovono una qualità superiore di esperienza umana, un'esperienza più largamente accessibile e possibile che non le forme di vita sociale non democratiche". E' questa qualità superiore l'obiettivo ultimo, ed è un obiettivo politico, su base filosofica (l'idea che la vita dell'uomo possa avere livelli qualitativi diversi in relazione a forme diverse di esperienza) Qual è dunque la visione filosofica dell'esperienza che dobbiamo utilizzare per la costruzione di un corretto concetto di educazione? Dobbiamo richiamare tre principi. ® Principio di continuità. L'uomo attraverso l'esperienza crea abitudini, cioè comportamenti che stabilmente gli consentono di interagire con il mondo. In questo contesto "ogni esperienza fatta e subita modifica chi agisce e subisce, e al tempo stesso questa modificazione influenza la qualità delle esperienze seguenti". Ne deriva il principio di continuità: "// principio di continuità dell'esperienza significa che ogni esperienza riceve qualcosa da quelle che l'hanno preceduta e modifica in qualche modo la qualità di quelle che seguiranno". C'è quindi sempre una qualche forma di continuità nell'esperienza: si tratta di fare in modo che l'influenza di ciascuna esperienza sulle successive sia positiva, favorisca cioè l'acquisizione di nuove esperienze qualitativamente di grado più elevato. ® Principio di crescita. L'educazione è ben riuscita quando la continuità dell'esperienza consente una crescita effettiva dell'uomo, in termini di capacità di acquisizione di nuove esperienze, di una migliore capacità di interagire positivamente col mondo, imparando continuamente dall'esperienza. Naturalmente i due principi possono entrare in rotta di collisione: è perfettamente possibile che la crescita si blocchi a causa del fatto che la continuità ha determinato abitudini che bloccano, piuttosto che favorire, l'acquisizione di nuove esperienze. Compito dell'educatore è fare in modo che questo non avvenga e Dewey si dichiara quindi contrario ad ogni spontaneismo pedagogico ed a favore di una organizzazione del lavoro che dia luogo ad una corretta programmazione delle esperienze. Naturalmente quanto detto sin qui vale anche per l'educatore: egli stesso deve continuamente imparare dall'esperienza ed è in nome della sua superiore esperienza che è capace di guidare i giovani, senza ledere la loro libertà. All'insegnante "spetta la responsabilità di creare le condizioni per un genere di esperienza presente che abbia un effetto favorevole sul futuro". Non va dimenticato il fatto che l'educazione è sempre anche una trasmissione di esperienze tra le generazioni, e che noi viviamo in un mondo che è stato profondamente modificato dagli uomini che ci hanno preceduto. La comprensione dell'esperienza deve dunque tenere conto del fatto che il presente può essere compreso, in funzione dell'azione, e quindi del futuro, soltanto se si comprende il passato che lo ha generato. Dewey si dimostra quindi contrario ad una educazione che dimentichi il passato, ma anche ad un'educazione rivolta a far rivivere il passato (come spesso accade nelle scuole tradizionali); è invece favorevole ad una educazione che, attraverso l'esperienza del presente, permetta di intenderlo attraverso il passato, orientando il giovane verso il futuro. A questo proposito va allora enunciato un terzo principio. ® Principio di interazione. Le condizioni dell'esperienza sono sempre due: una condizione esterna (oggetto), che può essere posta sotto il controllo dell'educatore in una situazione strutturata come quella scolastica, ed una interna (soggetto), di cui l'educatore deve tenere conto e che è molto più difficile non solo da controllare ma anche da conoscere. "Qualsiasi esperienza normale è un gioco reciproco di queste due serie di condizioni. Prese insieme, e nella loro interazione, costituiscono quella che io chiamo situazione". Naturalmente questo significa che se le condizioni del soggetto e quelle dell'oggetto non sono in accordo si produce una esperienza non educativa. Può dipendere tanto dal soggetto quanto dall'oggetto. Non si può quindi definire a priori una didattica che non tenga conto dell'identità dei soggetti e della loro esperienza precedente. La responsabilità dell'educatore è allora quella di creare situazioni di apprendimento che rispettino i principi di continuità e di crescita, legando insieme passato, presente e futuro. Coniugare nell'esperienza il soggetto e l'oggetto. Parti importanti — l'ambiente sono le condizioni che interagiscono con i bisogni, i desideri, i propositi e le capacità personali per creare l'esperienza che si compie. — una personalità è pienamente integrata solo nel caso che le successive esperienze si siano integrate l'un l'altra. — La continuità e l'interazione nella loro attiva unione reciproca offrono la misura del significato e del valore educativo dell'esperienza. — Il principio dell'interazione ci fa intendere che il mancato adattamento del materiale ai bisogni e alle attitudini degli individui può provocare un'esperienza non educativa quanto il mancato adattamento di un individuo al materiale. — Il principio di continuità nella sua applicazione all'educazione significa tuttavia che il futuro deve essere tenuto presente in ogni gradino del processo educativo. — Ogni esperienza dovrebbe preparare l'individuo alle esperienze posteriori più profonde e più ampie; è questo il vero significato di crescita, continuità e ricostruzione dell'esperienza. — Un problema è quello di apprendere le materie separatamente dalle altre: l'apprendere di questo tipo, anche se profondamento radicato è contrario alle leggi dell'esperienza. — 'Che beneficio c'è ad accumulare le prescritte nozioni di geografia, storia, ad apprendere a leggere e a scrivere, se con questo l’individuo perde la sua anima, il discernimento delle cose buone, dei valori cui queste cose si riferiscono; se perde il desiderio di applicare ciò che ha appreso, e soprattutto, se ha perduto la capacità di estrarre il significato dalle esperienze future in cui via via si imbatterà? * — Bisogna ricordare che noi viviamo sempre nel nostro tempo e non in un altro: solo vivendo a pieno ogni esperienza presente ci prepariamo a fare altrettanto in futuro. Possiamo dire quindi che la relazione fra presente e futuro non è aut-aut (ovvero l'una non esclude l'altra), poiché il presente fa sempre sentire la sua influenza sul futuro.
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