Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

ESPERIENZA E EDUCAZIONE DEWEY, Dispense di Storia Della Pedagogia

Riassunto dettagliato del libro Esperienza e educazione di Dewey

Tipologia: Dispense

2016/2017

In vendita dal 21/06/2017

LauriD94
LauriD94 🇮🇹

3.8

(9)

4 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica ESPERIENZA E EDUCAZIONE DEWEY e più Dispense in PDF di Storia Della Pedagogia solo su Docsity! Cap 1: Educazione tradizionale e educazione progressiva La storia dell’educazione è caratterizzata dall’opposizione fra l’idea che l’educazione è svolgimento dal di dentro (basata su doti naturali) oppure formazione dal di fuori (soggiogamento delle inclinazioni naturali e sostituzione di abiti acquisiti mediante la pressione esteriore). • EDUCAZIONE TRADIZIONALE: • La materia consta di corpi di notizie e abilità elaborati in passato e il compito della scuola è trasmetterli alle nuove generazioni; in passato sono anche state elaborate regole di condotta e l’addestramento morale consiste nel formare abiti di azione conformi a queste norme. • Piano dell’organizzazione scolastica (orari, sistemi di classificazione, esame, promozione, regole disciplinari) contrapponendosi a quanto accade in famiglia, rende la scuola un tipo di istituzione del tutto diversa dalle altre istituzioni sociali. • Fine e metodi dell’istruzione: preparare il ragazzo alle responsabilità future e al successo nella vita mediante l’acquisizione di un insieme di conoscenze e abilità (materiale dell’istruzione). • Attitudine dei discenti: docilità, ricettività, obbedienza. • Libri: compito di rappresentare sapere e saggezza del passato • Insegnanti: tramite che pone gli alunni a contatto col materiale, i mezzi attraverso cui sono comunicate abilità e conoscenze e rafforzate le regole della condotta. Il sorgere dell’educazione nuova e delle scuole progressiste è un effetto del disagio che suscita l’educazione tradizionale, una critica: il sistema tradizionale consiste in un’imposizione dall’alto, dal di fuori --> impone norme, programmi, metodi da adulti a individui che si avviano solo lentamente alla maturità; il distacco è così grande che il programma, i metodi di apprendere e comportarsi, che si esigono, rimangono estranei alle capacità effettive dell’alunno, andando al di là dell’esperienza che possiede e gli devono quindi essere imposti. Il distacco tra i prodotti dell’adulto e le esperienze/abilità del ragazzo è così profondo che la situazione impedisce una partecipazione attiva degli alunni a ciò che viene loro insegnato, e imparare significa acquisire ciò che è incorporato nei libri o nelle teste degli adulti e ciò che è insegnato è pensato come statico, lo si impartisce come prodotto finito senza curarsi della sua origine e dei cambiamenti che subirà. • EDUCAZIONE NUOVA o PROGRESSISTA: • Espressione e cultura dell’individualità (vs imposizione dall’alto) • Libera attività (vs disciplina esterna) • Apprendere attraverso l’esperienza (vs imparare dai libri, maestri) • Conseguimento di abilità/tecniche come mezzi per ottenere fini che rispondono a esigenze vitali (vs acquisizione di abilità/tecniche isolate) • Massimo sfruttamento delle possibilità della vita presente (vs preparazione per un futuro più o meno remoto) • Familiarizzazione con un mondo in movimento (vs fini e materiali statici) In un nuovo movimento c’è sempre il pericolo che nel respingere fini e metodi di quello che vuole soppiantare, sviluppi i suoi principi negativamente piuttosto che costruttivamente e positivamente, muovendo dunque da ciò che è rigettato anziché dallo svolgimento costruttivo della propria filosofia. L’unità fondamentale sta nell’idea che c’è un’intima e necessaria relazione fra il processo dell’esperienza effettiva e l’educazione. Es. problema della materia di studio organizzata--> per l’educazione progressista il problema è: quale è il posto/significato della materia di studio e dell’organizzazione dentro l’esperienza? C’è nell’esperienza qualcosa che tende alla progressiva organizzazione dei suoi contenuti? Una filosofia che si limita a respingere, alla mera opposizione, trascurerà questi problemi, tenderà a suppore che siccome la vecchia educazione si fondava in un’organizzazione già bella e fatta, basta respingere il principio dell’educazione in toto, invece di sforzarsi di scoprire che cosa significa e come vi si può pervenire muovendo dall’esperienza. Quando è rigettato il controllo esterno, il problema diventa quello di trovare i fattori all’interno dell’esperienza. Il ripudiare ogni autorità esterna non significa ripudiare qualsiasi autorità, ma cercare una più effettiva fonte di autorità. Per il fatto che l’educazione imponeva ai discenti conoscenza, metodi, norme di condotta degli adulti, non ne segue, se non in base alla filosofia dell’opposizione, che la conoscenza e l’abilità degli adulti non possono servire di guida all’esperienza degli alunni; al contrario, col basare l’educazione sull’esperienza personale può darsi che si moltiplichino e si rendano più intimi i contatti fra alunno e insegnante e che così si accresca il valore dell’essere guidati. I principi generali della nuova educazione non possono risolvere di per sé nessuno dei problemi della gestione delle scuole progressive, ma piuttosto pongono nuovi problemi che devono essere affrontati sulla base di una nuova filosofia dell’esperienza. I problemi non sono né risolti né posti, finchè si ammette che basta ripudiare idea e pratiche della vecchia educazione per buttarsi all’estremo opposto. Molte delle scuole nuove tendono a: dare un peso minimo o nullo alla materia di studio organizzata; a comportarsi come se qualsiasi forma di direzione o guida da parte degli adulti fosse un’usurpazione della libertà individuale; come se l’idea che l’educazione deve riguardare il presente implicasse che il passato ha poco o nulla da fare nell’educazione --> indicano teoria e pratica dell’educazione che procedono negativamente o per reazione a ciò che è solito accadere nell’educazione, anziché tendere a uno svolgimento costruttivo di fini, metodi, programmi sulla base di una teoria dell’esperienza e delle sue possibilità educative. Non è troppo dire che una filosofia dell’educazione che professa di essere fondata nell’idea della libertà può diventare dogmatica quanto l’educazione alla quale reagisce. Qualsiasi teoria e sistema partico è dogmatico, quando non è basato in un esame critico dei propri fondamenti. Accento su libertà allievo vs imposizione esteriore della scuola tradizionale --> quale la funzione del maestro e libri nel promuovere lo sviluppo educativo del ragazzo?; educazione tradizionale adopera come materia di studio fatti e idee vincolanti al passato da recare poco aiuto ai problemi del presente e futuro --> scoprire il nesso che esiste attualmente nell’esperienza fra i risultati del passato e i problemi del presente, in che modo la conoscenza del passato può essere trasformata in un potente strumento per agire sul futuro, conoscenza del passato non è fine dell’educazione, ma mezzo --> in che modo il ragazzo deve imparare a conoscere il passato per farne un ausilio per giudicare la vita presente? Cap 2: Bisogno di una teoria dell’esperienza Rifiutare la filosofia e la pratica dell’educazione tradizionale pone un nuovo problema educativo e si continua a operare alla cieca, finchè non si comprenderà che svincolarsi dal passato non risolve nessun problema. Fra tutte le incertezza c’è un punto fermo: nesso fra educazione e esperienza personale, che la nuova filosofia dell’educazione si riattacca a qualche tipo di filosofia empirica e sperimentale. Per conoscere il significato dell’empirismo dobbiamo comprendere che cos’è l’esperienza. Credere che ogni educazione autentica proviene dall’esperienza non significa che tutte le esperienze siano ugualmente educative. Esperienza e educazione non posso equivalersi. Ci sono infatti esperienze diseducative: è diseducativa ogni esperienza che ha l’aspetto di arrestare o fuorviare lo svolgimento dell’esperienza ulteriore; inoltre un’esperienza può provocare diminuire la sensibilità e capacità di reagire; in questi casi sono limitate le possibilità di avere un più ricca esperienza nel futuro; un’esperienza può aumentare l’abilità automatica di una persona in una particolare direzione e tuttavia tendere a restringere la sua libertà di mosse: l’effetto è di nuovo di limitare il campo della Mentre il principio di continuità si applica in ogni caso, la qualità dell’esperienza presente influenza il modo in cui il principio si applica. Es. eccessiva indulgenza promuove nel ragazzo una richiesta automatica di soddisfare i suoi capricci e lo rende incompetente in situazioni che esigono sforzo e perseveranza. --> Principio di continuità può arrestare un individuo su un basso piano di svolgimento, incapace di un’ulteriore crescenza. Se un’esperienza suscita curiosità, rafforza l’iniziativa e fa nascere desideri e propositi sufficientemente intensi per trasportare un individuo al di là dei punti morti nel futuro, e la continuità opera in un modo molto diverso. Ogni esperienza è una forza propulsiva. Il suo valore può essere giudicato in base all’oggetto verso cui si muove. La maggior maturità dell’esperienza che dovrebbe possedere l’adulto lo mette in grado di valutare ogni esperienza del giovane da un punto di vista in cui non può porsi chi ha meno esperienza. Tocca all’educatore rendersi conto in quale direzione si muove l’esperienza. A cosa gli serve essere più maturo se non utilizza il suo maggior discernimento per aiutare il ragazza a organizzare le condizione dell’esperienza, ma lo sciupa? Mancare di cogliere la forza propulsiva di un’esperienza alla scopo di conoscerla e indirizzarla sulla base di ciò a cui muove significa essere infedeli al principio dell’esperienza medesima. Questa infedeltà opera in 2 direzioni: l’educatore è venuto meno alla comprensione che avrebbe dovuto trarre dalla sua esperienza passata ed è infedele al fatto che ogni esperienza umana è sociale e implica contatto e comunicazione. La persona matura non ha il diritto di sottrarre al giovane qualsiasi capacità di comprensione che l’esperienza ha fornito. Ma bisogna sottolineare che c’è anche una tendenza ad agire verso l’altro estremo e prendere questo come un’imposizione da fuori. L’adulto per esercitare l’accorgimento che gli procura la sua più ampia esperienza senza imporre un controllo meramente esterno deve: stare all’erta per vedere quali tendenza abituali/attitudini si stanno creando; quali di queste avviano a un aumento di crescenza e quali lo ostacolano; deve avere una comprensione simpatica dell’individuo che gli dà l’idea di quello che sta accadendo in chi sta imparando. • PRINCIPIO di INTERAZIONE L’esperienza non si compie semplicemente nell’interno della persona: si svolge lì perché influenza la formazione di attitudini, desideri, propositi, ma ogni esperienza autentica ha un aspetto attivo che cambia in qualche modo le condizioni obbiettive sotto qui si compie l’esperienza. Viviamo in un mondo di persone e cose che è ciò che è in virtù di ciò che è stato fatto dall’attività degli uomini che ci hanno preceduto, e se si dimentica questo, l’esperienza si considera come qualcosa che si compie dentro corpo e mente individuali. L’esperienza non si compie nel vuoto, ma ci sono fonti dell’esperienza fuori dall’individuo e l’esperienza è costantemente alimentata da esse. Queste fonti indicano il modo di dirigere l’esperienza degli alunni senza ricorrere all’imposizione. Una della principali responsabilità dell’educatore è, non solo essere attento al principio della formazione dell’esperienza mediante le condizioni circostanti, ma riconoscere in concreto quali sono le condizioni che facilitano le esperienze conducenti alla crescenza. Soprattutto dovrebbe conoscere in che modo utilizzare la situazione circostante, fisica e sociale, per estrarne tutti gli elementi che devono promuovere esperienze di valore. L’educazione tradizionale non doveva affrontare questo problema: l’ambiente scolastico fatto di banchi, piccolo cortile, pareva sufficiente, e non chiedeva che il maestro si informasse delle condizioni della vita circostante per utilizzarle a scopo educativo. Un sistema basato sul nesso educazione-esperienza deve prendere costantemente in considerazione queste cose. Questa partecipazione attiva che l’educazione progressiva esige dall’insegnante è un’altra ragione della difficoltà maggiore di essa rispetto a quella tradizionale. E’ possibile tracciare piani di educazione che in modo sistematico subordinino le condizioni oggettive a quelle che risiedono negli individui da educare (posto/funzione insegnante, libri, prodotti dell’esperienza degli adulti si subordinano alle inclinazioni e sentimenti immediati degli educandi): l’esperienza è vera esperienza solo quando le condizioni oggettive sono subordinate a ciò che si verifica all’interno degli individui che ne fanno esperienza. Non si suppone che le condizioni oggettive si possano eliminare, ma ci devono necessariamente essere, vivendo in un mondo di persone e di cose. Tuttavia, certi insegnanti e genitori agiscono con l’idea che le condizioni oggettive devono essere subordinate a quelle interne, ammettendo che quest’ultime sono le più importanti e che durante la loro durata fissano l’intero processo educativo. • Secondo principio essenziale: interazione assegna eguali diritti ai due fattori dell’esperienza, condizioni obbiettive e condizioni interne. Qualsiasi esperienza è gioco reciproco di queste due serie di condizioni, e prese insieme costituiscono la situazione. Il problema dell’educazione tradizionale non consisteva solo nel porre l’accento sulle condizioni esterne che partecipano al controllo delle esperienze, ma anche nel fare poca attenzione ai fattori interni che fanno sentire il loro peso sull’esperienza, si violava il principio di interazione da una parte, tuttavia l’educazione nuova non deve violarla dall’altra. Dire che gli individui vivono in un mondo significa dire che vivono in una serie di situazioni e in indica che vi è un’interazione fra un individuo e oggetti e altre persone. Situazione e interazione non si possono concepire l’una scissa dall’altra. Una esperienza è quel che è in virtù di una transazione che si stabilisce tra un individuo e l’ambiente (= le condizioni che interagiscono con bisogni, desideri, capacità personali per creare l’esperienza che si compie). I 2 principi (continuità e interazione) non sono separati l’uno dall’altro, ma si collegano (oggetti longitudinale e laterale dell’esperienza). Situazioni differenti si succedono l’una all’altra, ma in virtù del principio di continuità qualcosa passa da quella che precede a quella che segue; via via che un individuo passa da una situazione all’altra, il suo mondo si espande o contrae e si ritrova a vivere non in un altro mondo, ma in una diversa parte del medesimo. Quello che ha acquistato in conoscenza e abilità in una situazione diventa strumento di comprensione e azione nella situazione che segue. Se non è così, il corso dell’esperienza è disordinato, poiché il fattore individuale che è parte dell’esperienza è spezzato, e un mondo diviso, in cui le parti non si legano, è causa di una personalità scissa. Una personalità è pienamente una solo nel caso in cui le successive esperienze si siano integrate l’una nell’altra. Continuità e interazione nella loro attiva unione reciproca, porgono la misura del significato e del valore educativo di un’esperienza. Immediata e diretta preoccupazione di un educatore è la situazione in cui ha luogo l’interazione --> l’individuo che entra a far parte di essa, è quel che è in un determinato momento; le condizioni oggettive (l’altro fattore) possono essere fino a un certo punto regolate dall’educatore; esse sono: quel che è fatto e il mondo in cui è fatto, parole dette, tono della voce, arredamento, libri, giochi (materiali con cui l’individuo interagisce) e più importante di tutti il totale assetto sociale in cui la persona è impegnata. Le condizioni oggettive sono quelle che l’educatore ha il potere di regolare, ovvero la sua abilità di influenzare l’esperienza degli altri e la loro educazione gli impone il dovere di determinare l’ambiente che interagirà con le capacità e i bisogni dei discenti, per creare un’esperienza che abbia valore. Il guaio dell’educazione tradizionale non era che gli educatori non si assumessero la responsabilità di provvedere un ambiente, ma che non consideravano l’altro fattore nel creare un’esperienza, ossia i propositi dei discenti. Si muoveva dal presupposto che in serie di condizioni fosse intrinsecamente desiderabile, ma si estraeva dalla sua capacità di evocare una certa qualità di risposta negli individui; questo difetto rendeva accidentale il processo dell’insegnare e dell’apprendere: coloro per cui le condizioni provviste erano adatte, riuscivano a imparare, gli altri se la cavavano come potevano. La responsabilità di scegliere condizioni oggettive porta con sé la responsabilità di comprendere i bisogni degli individui che imparano. Non basta che altri metodi/materiali si siano mostrati efficaci con altri individui in altri tempi, ma ci deve essere una ragione per pensare che funzioneranno nel provocare un’esperienza che ha qualità educativa con dati individui in un dato tempo. All’abitudine di non considerare la necessità di adattarsi ai bisogni degli individui risale l’idea che certe materie di studio o metodi siano intrinsecamente buoni per la disciplina mentale. A nessuna materia in sé per sé, astraendo dal grado di svolgimento raggiunto da chi impara, si può attribuire un intrinseco valore educativo e proprio questa idea che certe verità possiedono valore educativo in sé e per sé ha portato l’educazione tradizionale a ridursi a una dieta di materiali predigeriti; sulla base di questa idea si credeva che bastasse regolare la quantità e difficoltà del materiale offerto secondo un piano di gradualità quantitativa e si è supposto che l’alunno lo avrebbe appreso secondo le dosi prescritte dall’esterno, e se rifiutava di prenderlo lo si imputava a colpa sua, senza chiedersi se l’inconveniente non risalisse alla materia e al modo in cui veniva offerta. Il principio dell’interazione fa intendere che il mancato adattamento del materiale ai bisogni degli individui può provocare un’esperienza non educativa quanto il mancato adattamento di un individuo al materiale. Il principio di continuità significa che il futuro deve essere tenuto presente in ogni gradino del processo educativo. Educazione tradizionale travista questa idea: ammette che l’acquisto di certe abilità necessarie più tardi, preparano gli alunni ad affrontare le esigenze future: in un certo senso ogni esperienza dovrebbe preparare l’individuo alle esperienze posteriori più profonde e ampie (vero significato di crescenza, continuità, ricostruzione dell’esperienza), ma è erroneo supporre che la mera acquisizione di una quantità di nozioni insegnate allo scopo di essere utili a un certo momento futuro, abbia questo effetto, e non è meno erroneo supporre che l’acquisto di abilità metta automaticamente in grado di usarle in modo corretto, in altre condizioni diverse da quelle in cui sono state acquistate. Uno dei problemi è l’apprendere isolatamente le materie, ognuna in un compartimento stagno, e quando ci si chiede dov’è andata a finire, essa è in quel compartimento in cui è stata messa in origine; e se si ripetessero le medesime condizioni di quando è stata acquisita, riapparirebbe, ma essendo stata segregata, è ora scissa dall’esperienza da essere inservibile nelle condizioni della vita attuale. E’ contrario alle leggi dell’esperienza l’apprendere di questo tipo. Altro errore pedagogico: credere che un individuo impari solo quel dato particolare che studia in quel momento, mentre l’apprendimento collaterale, la formazione di attitudini durature o repulsioni è più importante, e queste attitudini sono quel che conta veramente nel futuro. Quella più importante è il desiderio di apprendere e se l’impulso in queste direzione viene indebolito anziché rafforzato, è un fatto più grave di un difetto di preparazione. L’alunno viene privato della native capacità (buon senso e accorgimento nativi) il cui esercizio nelle condizioni in cui sono chiamati a vivere dà un prezioso dono, ovvero la capacità di apprendere dalle loro esperienze. Il vero significato educativo della preparazione: ogni individuo deve trarre dalla su a esperienza presente tutto quanto essa gli offre in quel momento. Se si considera che il fine che controlla è la preparazione alla vita, le possibilità del presente sono sacrificate a un ipotetico futuro, e ogni volta che questo accade la preparazione per il futuro viene meno o è falsata. L’ideale di adoperare il presente unicamente come preparazione al futuro è contraddittorio. Noi viviamo nel nostro tempo, non in un altro e solo estraendo in ogni momento il pieno significato di ogni esperienza ci prepariamo a fare altrettanto nel futuro, ed è questa l’unica preparazione che a lungo andare concluda qualche cosa. Tutto ciò significa rivolgere attenta cura alle condizioni che danno a ogni esperienza presente un significato degno di considerazione. Non si deve passare da un estremo all’altro, perché le scuole tradizionali tendevano a sacrificare il presente al futuro ignoro. La relazione tra presente e futuro non è aut-aut, ma il presente fa sempre sentire la sua influenza sul futuro, e le persone che dovrebbero avere un’idea di questo nesso sono quelle pervenute alla maturità a cui spetta di creare le condizioni per un genere di esperienza presente che abbia un effetto favorevole sul futuro. L’educazione, in quanto crescenza o maturità, dovrebbe essere un processo sempre presente. 2 principi servono per valutare l’esperienza Cap 4: Controllo sociale Problema centrale: libertà individuale e controllo sociale Quando si prendono in considerazione i problemi dell’educazione, bisogna dimenticare momentaneamente la scuola e pensare a altre istituzioni umane. Il buon cittadino medio è notevolmente soggetto al controllo sociale e una considerevole parte di questo controllo non è sentita da lui come restrizione della libertà personale. Esempio di controllo sociale: i ragazzi medesimi quando giocano, poiché i giochi implicano regole le quali pongono un ordine nella loro condotta; i giochi non si fanno a caso, senza regola non c’è nessun gioco; se c’è un contrasto c’è un arbitro a cui appellarsi e si prende una decisione dopo una discussione, altrimenti il gioco non prosegue. Ci sono tratti che caratterizzano un controllo: 1. Le regole sono parte del gioco: senza regole niente gioco oppure regole diverse gioco diverso; finchè il gioco si svolge in modo tranquillo, i giocatori non avvertono di essere sottomessi a una imposizione esterna, ma soltanto di fare il loro gioco. regime militare degli alunni a cui era concesso muoversi solo a certi segni) poneva una grande restrizione alla libertà intellettuale e morale; se si voleva creare un terreno propizio allo svolgimento dell’individuo, bisognava cambiare metodo. Una maggiore libertà di moto esterno è un mezzo, non un fine. Il problema educativo non è risolto quando si ottiene questa forma di libertà, ma tutto dipende da ciò che si fa con questa maggiore libertà. Benefici nell’accrescimento della libertà esterna: -Senza di essa è impossibile che un insegnante impari a conoscere l’individuo con cui ha a che fare, poiché la calma e l’obbedienza imposte impediscono all’allievo di rivelare la propria natura, e rafforzano l’uniformità artificiale. Premiano le apparenze esterne dell’attenzione, decoro, obbedienza. Dove vige questo sistema, pensieri, desideri continuano ad avere libero corso dietro questa facciata e il maestro se ne accorge quando qualche atto malaccorto lo mette allo scoperto. Basta paragonare questa situazione artificiale con relazioni normali fuori dalla classe per comprendere quanti ostacoli trovi l’insegnante alla conoscenza e alla comprensione degli individui che dovrebbe educare , ma senza questa conoscenza è un mero caso se il materiale di studio si adatterà all’alunno in modo da assicurare lo sviluppo del suo intelletto e carattere. L’uniformità meccanica degli studi e dei metodi genera un’immobilità uniforme che a sua volta contribuisce a perpetuare l’uniformità degli studi e delle ripetizioni, mentre dietro a questa uniformità imposta le tendenze individuali operano in forme irregolari più o meno proibite. -Natura del processo di apprendimento: gli antichi metodi premiano la passività e ricettività e l’immobilità fisica accentua questi tratti. L’unico modo di sottrarsi a essi in una scuola standardizzata è l’attività irregolare o indisciplinata. Non c’è completa quiete in un laboratorio o in un’officina e il carattere non sociale della scuola tradizionale appare in questo, che essa fa del silenzio una delle prime virtù. Può esistere un’intensa attività intellettuale non accompagnata da attività esteriore del corpo, ma questa capacità intellettuale è conquista tarda. Il ragazzo dovrebbe disporre di brevi intervalli di riflessione, soltanto quando seguono a periodi di più esterna azione e sono usati per organizzare quel che è stato guadagnato in periodi di attività in cui oltre al cervello si è adoperato il corpo. La libertà di movimento è importante mezzo per mantenere la normale salute fisica e mentale. La libertà di azione esterna è mezzo alla libertà del giudizio e del poter eseguire fini deliberatamente scelti. La quantità di libertà esterna necessaria varia da individuo a individuo: tende a diminuire col crescere dell’età. La quantità e qualità di libera attività come mezzo di crescenza è un problema che l’educatore deve aver presente in ogni stadio di svolgimento. Errore è considerare tale libertà come un fine in sé: tende così a distruggere le attività che si svolgono a gruppi, che sono la sorgente normale dell’ordine. La libertà dal limite, aspetto negativo, ha valore in quanto mezzo alla libertà che è potere di fare progetti, giudicare con assennatezza, misurare i desideri dalle loro conseguenze, poter scegliere e ordinare i mezzi per realizzare i fini scelti. Gli impulsi e desideri naturali sono il punto di partenza, ma non c’è crescenza intellettuale senza qualche ricostruzione di essi e questo rifacimento implica inibizione dell’impulso nella sua forma prima. C’è alternativa fra l’inibizione imposta dall’esterno e quella conseguita attraverso la riflessione e il giudizio individuale. Il pensare è arresto dell’immediata manifestazione dell’impulso finchè questo sia stato messo in rapporto con le altre possibili tendenze attive, finchè non si è formato un più comprensivo e coerente piano d’attività: qualcuna delle tendenze all’azione conduce all’uso di occhio, orecchio, mano e osserva le condizioni oggettive, altre conducono al richiamo di ciò che è accaduto in passato. Pensare è posporre l’immediata azione e effettuare l’interno controllo dell’impulso mediante un’unione di osservazione e memoria, che costituiscono il cuore della riflessione. La meta dell’educazione è l’AUTOCONTROLLO: la mera rimozione del controllo esterno non basta a far nascere l‘autocontrollo. Impulsi e desideri non sono disciplinati dall’intelligenza, ma sono sotto il controllo di circostanze accidentali, e può essere una perdita sottrarsi al controllo di un’altra persona per abbandonarsi alla mercè di impulsi nella cui formazione non è entrato il giudizio dell’intelletto, e una persona la cui condotta è così controllata, ha solo un’illusione di libertà, essendo diretta da forze che non riesce a dominare. Cap. 6: Il significato del proposito Libertà è potere di concepire propositi, di eseguirli o portarli a compimento, e questa è identica all’autocontrollo, perché la formazione di propositi e l’organizzazione di mezzi per eseguirli sono opera dell’intelligenza, mentre schiavo è colui che esegue i propositi di un altro. Punto più significativo della filosofia dell’educazione progressiva: importanza della partecipazione dell’educando alla formazione dei progetti che dirigono le sue attività nel processo dell’apprendere (maggior difetto educazione tradizionale: incapacità ad assicurarsi l’attiva cooperazione dell’alunno nella costruzione dei progetti impliciti nel suo studio). Un proposito parte sempre da un impulso e l’impedimento all’immediato appagamento di un impulso lo converte in desiderio, ma né impulso né desiderio sono in sé un proposito. Il proposito è la visione di un fine: comprende una previsione delle conseguenze che risulteranno dall’operare in base a un impulso e questa previsione implica attività dell’intelligenza, richiedendo in primis osservazione delle condizioni obbiettive. Impulso e desiderio producono conseguenze non soltanto per se stessi, ma anche attraverso l’interazione/ cooperazione con le condizioni circostanti. L’esercizio di osservazione è una condizione della trasformazione dell’impulso in proposito. Ma da sola non basta. Dobbiamo comprendere il significato di ciò che vediamo, udiamo, e questo risulta dalle conseguenze dell’azione che si intraprende, e possiamo essere avvertiti dalle conseguenze solo in base alle esperienze anteriori. E’ difficile dire con precisione quali potranno essere le conseguenze delle condizioni osservate, a meno di richiamare alla memoria esperienze passate e di riflettere su di esse, intendere che c’è in loro qualcosa di simile alla precedente e formulare un giudizio su ciò che si può attendere dalla situazione presente. La formazione di propositi è un’operazione intellettuale piuttosto complessa che implica: osservazione condizioni circostanti; conoscenza di ciò che è accaduto in passato in situazioni analoghe, ottenuta in parte col ricordo o con l’informazione-notizia; avvertimento di coloro che hanno fatto una più ampia esperienza; giudizio che raccoglie quel che è stato osservato e quel che è stato richiamato per vedere cosa significano. Un proposito differisce da un impulso o da un desiderio per il fatto di venire tradotto in un piano e metodo d’azione basato sulla previsione di conseguenze dell’operare sotto certe condizioni e in un determinato modo. Il desiderio di qualcosa può essere intenso e così forte da impedire un’esatta valutazione delle conseguenze che deriveranno dal suo soddisfacimento. Il problema dell’educazione è ottenere che l’azione non segua immediatamente il desiderio, ma sia preceduta dall’osservazione e dal giudizio, molto importante per le scuole progressive: l’accentuazione dell’attività in generale, anziché dell’attività intelligente come fine dell’educazione, conduce a identificare la libertà con l’esecuzione immediata di impulsi e desideri e questa identificazione conduce a confondere impulso con proposito, mentre non c’è proposito finchè l’azione non è proposta secondo la previsione delle conseguenze che l’esecuzione dell’impulso porta con sé, previsione impossibile senza osservazione, informazione e giudizio. L’anticipazione intellettuale, l’idea delle conseguenze deve mescolarsi al desiderio e all’impulso per acquistare forza propulsiva: l’anticipazione dà direzione a ciò che altrimenti è cieco, il desiderio dà alle idee impeto e intensità. Ognuno di noi ha desideri, che sono le vere spinte all’azione. L’intensità del desiderio misura l’intensità dello sforzo che sarà fatto, ma i desideri sono castelli in aria finchè non vengono trasformati in mezzi con cui possono essere realizzati: il problema del quando o dei mezzi prende il poste del fine progettato nell’immaginazione. L’educazione tradizionale tendeva a ignorare l’importanza dell’impulso e del desiderio come spinta iniziale all’azione, ma non è questa una buona ragione perché l’educazione progressiva identifichi impulsi e desideri con propositi trascurando il bisogno di osservazione, informazione, giudizio. In un piano educativo, l’esistenza di un desiderio o impulso non è lo scopo finale: è un’occasione, la richiesta della formazione di un proposito e di un metodo di attività. Compito dell’insegnante è vigilare perché sia colta l’occasione: poiché c’è libertà nelle operazioni dell’osservazione intelligente e nel giudizio con cui viene sviluppato un proposito, l’indirizzo che dà l’insegnante all’esercizio di intelligenza dell’alunno è un aiuto alla libertà, non una limitazione di essa. Talvolta gli insegnanti temono persino di dare suggerimenti ai membri di un gruppo. E’ possibile abusare del proprio ufficio e costringere i ragazzi a operare secondo direttive imposte dal proposito dell’insegnante che da quello degli scolari, ma il mezzo per evitare questo pericolo non consiste nel ritirarsi dell’adulto. L’insegnante deve: rendersi conto di capacità, bisogni esperienze passate degli alunni e permettere alla suggestione trattane di trasformarsi in un piano e in un proposito mediante gli ulteriori suggerimenti forniti e organizzati in un tutto dai membri del gruppo. Il piano è un’impresa cooperativa, non un’imposizione: la sollecitazione dell’insegnante è un punto da cui prendere le mosse per svilupparlo in un piano attraverso i contribuiti di tutti coloro impegnati nel processo di apprendere; lo svolgimento si compie attraverso un reciproco dare e prendere, l’insegnante prende, ma non teme di dare. Punto essenziale è che il proposito nasca e prenda forma attraverso il processo dell’intelligenza sociale. Cap 7: Organizzazione progressiva della materia di studio Quando l’educazione è concepita come esperienza, la materia di studio deve essere tratta dal materiale che rientra nell’ambito dell’ordinaria esperienza quotidiana: sotto questo aspetto la nuova educazione contrasta coi procedimenti che muovono da fatti e verità fuori dall’ambito dell’esperienza di coloro che vengono istruiti, per poi scoprire vie e mezzi per portarli nell’esperienza. Trovare il materiale per l’insegnamento all’interno dell’esperienza è solo il primo passo. In un secondo momento, ciò che è stato sperimentato deve assumere una forma più piena e meglio organizzata, che si avvicina gradualmente a quella in cui la materia del sapere si presenta a una persona matura. Che questo cambiamento sia possibile senza allontanarsi dal legame tra educazione e esperienza è attesta dal fatto che esso avviene fuori dalla scuola e da quella che si è soliti chiamare educazione (es. bambino all’inizio, il mondo che lo circonda fatto da oggetti molto limitati nello spazio e nel tempo, si estende costantemente con l’estendersi dell’esperienza stessa senza aiuto di istruzione scolastica impara a trascinarsi, parlare) e l’educatore che riceve il ragazzo, deve trovare il modo di fare consapevolmente ciò che la natura compie nei primi anni. Punto focale della nuova scuola è che gli inizi dell’istruzione si riattacchino all’esperienza che gli educandi già possiedono, e questa esperienza e le capacità sviluppate forniscano il punto da cui muovere tutto il sapere posteriore. L’altra condizione, svolgimento ordinato verso l’espansione e organizzazione del sapere attraverso l’esperienza, è più difficile da realizzare. Tuttavia il PRINCIPIO DI CONTINUITA dell’esperienza educativa esige che uguale attenzione sia dedicata alla soluzione di questo aspetto, anche se indubbiamente questa fase è più difficile dell’altra. Per chi ha a che fare con istituti prescolastici o prima elementare, sarà più facile determinare quale è stata l’esperienza del passato o trovare attività che si connettano in modo vitale, mentre con ragazzi di età più avanzata ambedue i fattori creano maggiori difficoltà all’educatore, perché è più difficile rendersi conto dello sfondo dell’esperienza e scoprire precisamente come si potrà dirigere il sapere già ottenuto nell’esperienza verso orizzonti più larghi e in forme meglio organizzate. E’ erroneo supporre che il principio che ogni esperienza avvia a qualcosa di diverso sia soddisfatto col dare agli alunni delle nuove esperienze, ma è essenziale che i nuovi oggetti siano intellettualmente riferiti a quelli delle esperienze precedenti, il che significa che ci deve essere qualche progresso nella consapevole articolazione di fatti e idee. Compito dell’educatore è discernere le cose che contengono la promessa e la possibilità di presentare nuovi problemi, che stimolando nuove vie di osservazione e di giudizio, allargheranno il campo dell’esperienza futura. Deve considerare quello che è già acquisito non come un possesso statico, ma come mezzo e strumento per aprire nuovi campi che esigono nuovi sforzi dai poteri dell’osservazione e dall’uso della memoria (continuità nella crescita). L’educazione esige che si guardi lontano: l’educatore per la stessa natura della sua attività è costretto a considerare il suo compito attuale in funzione di ciò che esso produrrà in un avvenire e il problema per l’educatore progressivo è più arduo di quello per l’insegnante della scuola tradizionale: anche questo doveva guardare innanzi a sé, ma si concentrava a pensare al Questo principio determina l’ultima fondazione per l’utilizzazione delle attività a scuola. E’ assurdo insistere per una varietà di occupazioni attive nella scuola e nello stesso tempo screditare il bisogno di organizzazione delle idee. Attività intelligente è distinta da attività senza meta perché implica una scelta di mezzi (analisi) e loro sistemazione (sintesi) per conseguire uno scopo. Quanto più sarà immaturo il discente, tanto più semplici saranno i fini e rudimentali i mezzi, ma il principio dell’organizzazione dell’attività nei termini di una percezione delle relazione delle conseguenze ai mezzi vale anche per i piccolissimi, altrimenti un’attività cessa di essere educativa, perché cieca. Col crescere il problema della relazione reciproca fra i mezzi diventa più urgente. La giustificazione del laboratorio nella scuola non è il fatto che favorisce questa specie di attività o l’acquisizione di abilità meccaniche, ma che avvia a fare attenzione alle relazioni tra mezzi e fini e alla considerazione del modo in cui le cose interagiscono fra loro per produrre certi effetti. Se non si riesce a risolvere il problema dell’organizzazione intellettuale sulla base dell’esperienza, si verificherà una reazione a favore dei metodi di organizzazione imposti dall’esterno, dicendo che le scuole vecchie e nuove falliscono nel loro compito fondamentale (non sviluppano discernimento critico, capacità di ragionare, attitudine a pensare è soffocata dal cumulo di informazioni mal digerite e dalla pretesa di acquistare perizia da operare immediatamente, affermando che questo è dovuto all’influsso della scienza al peso dato alle esigenze del presente; se ne deduce che la scienza e il suo metodo devono avere un posto subordinato e tornare alla logica dei principi primi). L’educazione deve scegliere tra 2 alternative: 1. Indurre gli educatori a ritornare a metodi/ideali che sorsero secoli prima che apparisse il metodo scientifico: l’esortazione a farlo avrà un successo temporaneo in un periodo in cui l’inquietudine è al colmo e si sente il bisogno di affidarsi a una salda autorità; esso però è estranea alle condizioni della vita moderna. 2. Sistematica utilizzazione del metodo scientifico considerato modello dell’intelligente esplorazione e sfruttamento delle possibilità implicite nell’esperienza. Il problema si pone soprattutto nelle scuole progressive: se non si dedica attenzione costante allo svolgimento del contenuto intellettuale delle esperienze e al conseguimento di un’organizzazione crescente di fatti e idee, si rafforza il ritorno all’autoritarismo intellettuale. Certi tratti del metodo scientifico sono legati all’educazione basata sull’esperienza: -il metodo sperimentale dedica maggiore importanza alle idee di qualsiasi altro metodo: non ci può essere l’esperimento in senso scientifico senza un’idea che diriga l’azione; il fatto che le idee adoprate sono ipotesi e non verità definitive, è la ragione per cui le idee sono più verificate nella scienza che altrove e la ragione di esaminarle scrupolosamente cessa solo nel momento in cui sono accolte come verità definitivamente fissate che devono essere ricevute e non se ne parla più; finchè sono ipotesi, sono soggette alla revisione e verificazione affinchè siano accuratamente formulate. - le idee sono verificate dalle conseguenze che provoca la loro attuazione: bisogna osservare con cura le conseguenze dell’azione. Attività che non è arrestata per osservare le conseguenze intellettualmente non porta nessun frutto, non fornendo conoscenza sulle situazioni su cui si compie l’azione e non conducendo al chiarimento e espansione delle idee. - il metodo esige che si conservino tracce delle idee, attività, conseguenze osservate: conservare tracce significa che la riflessione riconsideri e comprenda operazioni che comprendono tanto il discernimento quanto il ricordo dei tratti significativi di un’esperienza. Riconsiderare significa riesaminare retrospettivamente ciò che è stato fatto in modo da estrarne i significati che sono il capitale di cui si avvale l’intelligenza nelle esperienze future . E’ qui il cuore dell’organizzazione intellettuale. Le esperienze per essere educative devono sfociare in un mondo che si espande in un programma di studio, programma di fatti, notizie, idee. Questa condizione si soddisfa a patto che: l’educatore consideri insegnare e imparare come continuo processo di ricostruzione dell’esperienza (1), condizione soddisfatta a patto che l’educatore guardi lontano davanti a sé e consideri ogni esperienza presente come forza propulsiva per le esperienze future (2). Metodo scientifico: unico mezzo autentico per cogliere il significato delle nostre esperienze quotidiane nel mondo in cui viviamo, modello efficace del modo in cui e delle condizioni sotto le quali sono adoperate le esperienze per ampliare di più il nostro orizzonte. L’adattare il metodo a individui di vari gradi di maturità è problema dell’educatore e i fatti costanti del problema sono la formazione di idee, l’osservazione delle condizioni che ne risultano, e l’organizzazione di fatti e idee per l’uso futuro. In tutti i gradi se l’esperienza è effettivamente educativa, si constata un processo di espansione dell’esperienza. Cap 8: L’esperienza mezzo e fine dell’educazione Principio: l’educazione per conseguire i suoi fine deve essere basta sull’esperienza della vita di qualche individuo. Il sistema educativo deve prendere una via: retrocedere ai principi intellettuali di un’età prescientifica o avanzare verso un’utilizzazione maggiore del metodo scientifico per promuovere le possibilità di un’esperienza in via di espansione. Se l’educazione si pone sulla seconda via: fiducia nelle capacità di un’educazione diretta a sviluppare le possibilità implicite nell’esperienza ordinaria e questo indirizzo può fallire se si concepiscono in modo inadeguato esperienze e metodo sperimentale. Non c’è nel mondo disciplina più severe della disciplina dell’esperienza assoggettata al controllo di uno svolgimento e direzione intelligente; l’unica reazione contro l’educazione nuova sarà causata dall’incapacità degli insegnanti che l’hanno adottata a interpretarla in modo fedele nella pratica. La via della nuova educazione non è più agevole dell’antica, ma più pensosa e difficile. Il maggior pericolo è l’idea che sia una via agevole che la si può improvvisare. Il punto essenziale non è la contrapposizione tra educazione nuova e tradizionale, ma cosa si deve fare perché il nostro fare sia educazione. Quel che occorre è l’educazione pura e semplice, che diventi realtà e per questo si è insistito sulla necessità di una filosofia dell’esperienza.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved