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Esperienza e educazione di Dewey, Appunti di Pedagogia

Riassunto del libro molto complesso di Dewey

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 03/03/2023

riassuntiuniversità
riassuntiuniversità 🇮🇹

8 documenti

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Scarica Esperienza e educazione di Dewey e più Appunti in PDF di Pedagogia solo su Docsity! RIASSUNTO DEWEY Esperienza e educazione INTRODUZIONE: durante gli anni universitari con Mead fonda la scuola di Chicago (influenza neohegeliana, evoluzionismo) —> educazione progressiva che porterà a una svolta democratica fino all’attivismo = attenzione sugli scopi sociali e sui problemi di ordine logico e psicologico poiché fino a quel momento la pedagogia era considerata un’attività teorica che dipendeva da filosofia, etica, teologia ed era pragmatica —> diviene scienza autonoma, attingendo da altre scienze ma non creando un rapporto di subalternità esperienza= interazione tra soggetto e oggetto, ha a che fare con bisogni e con interessi vitali, chiave di volta per pensare in modo critico ragione= attività intelligente, di ricerca e indagine, ipotesi e sperimentazioni L’educazione deve essere incentrata su attività pratiche, sociali e culturali, così da essere in grado di riprodurre il mondo in cui viviamo. Pubblicato nel 1938, critica i conservatori, non parla di pedagogia ma di una filosofia dell’educazione basata sull’esperienza, pensa la scuola come una comunità di pratica educante che deve essere per tutti. Non tutte le esperienze sono educative, dipende dalla qualità, gli ordinamenti sociali della democrazia promuovono una qualità superiore che ha come effetto la libertà. La qualità dipende da: l’allestimento dell’ambiente educativo = il setting pedagogico permette di orientare i ruoli in modo educativo, permette di pensare pensare la formazione e l’educazione come un dispositivo, come scrisse Riccardo Massa in “Cambiare la scuola”. Il dispositivo è un sistema di procedure in atto, un congegno che crea pratiche e discorsi in cui i contenuti e la relazione vengono giocati all’interno di una strategia pedagogica. Se l’educatore è un dispositivo, la scuola deve essere pensata e praticata come una scena, da osservare nella sua profondità. La scuola intesa come “scena educativa’’ invita a sperimentare la profondità della comunicazione, che modifica i contenuti e costringe ognuno a domandarsi in che modo siamo implicati in ciò che si sta conoscendo e comunicando. Si tratta di allestire una scena che permette di sperimentare l’attraversamento del campo affettivo, Dewey parla del proposito: è diverso da un impulso e da un desiderio per il fatto che viene tradotto in un piano e metodo d’azione, basato sulle conseguenze dell’operare sotto certe condizioni determinate da condizioni generali, storiche e specifiche. Solo se l’affetto e il cognitivo si intrecciano si può dare esperienza educativa, ogni esperienza deve prevedere una riflessione sulle prospettive di significato che la formano e la guidano —> dal desiderio di apprendere nasce un vero apprendimento. L’esperienza può divenire mezzo e fine dell’educazione. Per vivere il significato di ogni esperienza educativa, dobbiamo comprenderla a partire da una prospettiva temporale che tematizza la qualità della nostra ‘’presenza’’. La conoscenza, la libertà, il fine che ognuno si pone agendo, nascono dall’esperienza e si sviluppano su questa scena, che è presa tra un passato da conoscere e un futuro da costruire e vivere. Mead: nelle sue riflessioni viene, da un lato, confermata l’importanza degli aspetti socioculturali nella costruzione degli habiti, e dall’altro viene evidenziata la nozione di “prospettiva temporale’’. Non si può comprendere la natura del tempo se non si tematizza il rapporto che “l’emergente’’ ha con il flusso temporale, modello della costruzione del Sé. L’emergente è il corrispettivo dell’evento educativo di Dewey. Entrambi portano una discontinuità, uno squilibrio, ma allo stesso tempo si dà una “storia’’: una traccia dell’esperienza rimane visibile a partire dal fatto che il presente “accade in una prospettiva’’. Ogni presente riscrive questa prospettiva che viene dal passato, che è sempre individuale e sociale, per aprirsi al futuro che la novità emergente dischiude. Quando Dewey parlava dei rapporti tra pensiero ed esperienza, aveva in mente il nesso tra il sistema educativo e quello sociale, integrato. L’esperienza come processo attivo si svolge nel tempo e ogni periodo successivo completa quello precedente: mettendo in luce nessi impliciti ma finora non osservati, per questo gli strumenti essenziali del lavoro educativo sono l’osservazione e la memoria. La questione che Dewey segnala riguarda la necessità di scoprire il nesso che esiste “dentro l’esperienza” fra gli effetti educativi e i risultati del passato e i problemi del presente. Questo nesso promuove nella pratica dell’educatore un’attenzione che possiamo definire “clinica”, attenta alla singolarità. Questa attenzione rivolta alla “qualità dell’esperienza”, indicata da Dewey, diventa significativa, e orienta la pratica del lavoro educativo perché consentono di comprendere quali siano le strutture dell’esperienza pedagogica, non sono del singolo individuo, ma di un soggetto che diviene “transindividuale”. Possiamo dire, che con Dewey, l’educazione trasforma la vita diffusa in esperienza. L’esperienza è il banco di prova di ogni teoria pedagogica, ed è ciò che permette di educare ogni uomo alla responsabilità, alla soluzione di problemi di tutti, in una società basata sull’inclusione. La filosofia dell’educazione di Dewey, trova il suo fondamento nella filosofia dell’esperienza, e diventa un’etica della pratica educativa ancora attuale. PREFAZIONE: tutti i movimenti sociali danno luogo a conflitti che si riflettono in controversie intellettuali. Non sarebbe un buon segno se un rilevante interesse sociale come l’educazione, non fosse un campo di battaglia, pratica e teorica. Compito di una teoria dell’educazione, è quello di trovare le cause dei conflitti esistenti, e poi di non schierarsi da una parte o dall’altra, ma indicare un piano di operazioni. Assegnare questo compito alla filosofia dell’educazione non significa che essa debba trovare un compromesso fra opposte scuole di pensiero, significa che è necessario introdurre un nuovo fosse un luogo dove gli alunni facessero esperienze, il problema è che erano in gran parte negative. Nell’educazione progressista non basta insistere sulle necessità dell’esperienza; tutto dipende dalla qualità dell’esperienza che si fa. La qualità di ogni esperienza ha due aspetti: può essere gradevole o sgradevole, esercita la sua influenza sulle esperienze ulteriori: l’effetto di un’esperienza non si può conoscere subito. Pone un problema all’educatore. È suo compito disporre le cose in modo che le esperienze non si limitino ad essere immediatamente gradevoli e promuovano nel futuro esperienze che si desiderano —> nessuna esperienza vive e muore per se stessa. Il problema centrale di un’educazione basata sull’esperienza è quello di scegliere il tipo di esperienze presenti che vivranno nelle esperienze che seguiranno. Una filosofia dell’educazione deve essere espressa in parole, simboli. Come ogni piano, non può costruirsi senza un riferimento a ciò che si persegue e come perseguirlo. Più rimane fermo, che l’educazione è svolgimento dentro, mediante l’esperienza, più è importante capire che cos’è l’esperienza. Pensando che l’educazione tradizionale fosse una “routine” in cui i piani e programmi erano trasmessi dal passato, non implica il fatto che l’educazione progressiva debba essere un’improvvisazione. Le scuole progressive non possono affidarsi a tradizioni ed abiti istituzionali, ma l’educazione progressiva ha più urgenza di avere una filosofia dell’educazione fondata su una filosofia dell’esperienza. Questa filosofia, è una filosofia educativa dell’esperienza, mediante l’esperienza per l’esperienza. È molto più difficile quindi trovare materiali, metodi appropriati alla nuova educazione rispetto a quelli dell’educazione tradizionale. Vengono riscontrate molte difficoltà nelle scuole progressive. Le difficoltà non possono non aggravarsi quando si suppone che la nuova educazione è più facile dell’antica. È forse una nuova conferma di quella filosofia dell’opposizione nata dall’idea che, quello che conta è di non fare ciò che si faceva nella scuola tradizionale. L’educazione progressiva è più semplice, ma non più facile. La nuova educazione è in armonia con la crescita. Una coerente teoria dell’esperienza che fornisca una direzione positiva, è indispensabile se si vuole dare un nuovo indirizzo alle scuole. Una parte dell’attuale opposizione deriva dal fatto che è estremamente difficile liberarsi dall’immagine degli studi della scuola antica. Appena parliamo di “organizzazione”, l’immaginazione corre al genere di organizzazione che ci è familiare. CAPITOLO 3: una delle ragioni che ha favorito il movimento progressivo è stato il fatto che esso è molto più democratico rispetto alla scuola tradizionale che ha un aspetto autocratico (autocrazia). Un’altra ragione è che i suoi metodi sono umani, mentre la scuola tradizionale era dura. Ogni esperienza fatta e subita, influisce sulla qualità delle esperienze seguenti; ogni esperienza riceve qualcosa da quelle precedenti, e modifica in qualche modo la qualità di quelle che verranno = principio della qualità dell’esperienza. Per ora, non abbiamo alcun mezzo per discernere le esperienze, in quanto il principio è di applicazione universale. Il processo educativo può essere identificato con la crescita a patto che questa sia espressa con il participio presente ‘’crescente’’. CRESCITA: intesa come maturazione del corpo, e intellettuale. È un esempio di principio della continuità: ogni esperienza riceve qualcosa da quelle precedenti e in qualche modo modifica quelle che seguiranno, perché modifica il soggetto (nella formazione di attitudini, emotive ed intellettuali). La crescita può prendere direzioni differenti: se una persona prende la strada del banditismo, può diventare un esperto bandito. Dobbiamo dunque specificare la direzione in cui cresce, il fine verso cui tende (crescita). Il principio di continuità viene applicato in ogni caso in quanto ogni esperienza influisce sulle esperienze future, ma la qualità dell’esperienza influenza il modo in cui il principio si applica. Se si persevera in un’eccessiva indulgenza nei confronti del ragazzo, le esperienze saranno continue, ma lo si rende ostile di fronte a situazioni che richiedono uno sforzo, o si incontrano ostacoli. Se invece si propongono esperienze che destano la curiosità, fanno nascere desideri e propositi, di crea un individuo in grado di superare ostacoli e limiti. Ogni esperienza è una forza propulsiva: se un’esperienza suscita curiosità, rafforza l’iniziativa e fa nascere desideri che trasportano un individuo al di là dei punti morti del futuro. Tocca all’educatore rendersi conto in quale direzione si muove un’esperienza. Un educatore deve: • Valutare, comprendere e proporre esperienze adeguate, sfruttando la sua maturità. • Deve giudicare quali attitudini si stanno formando, ed essere in grado di riconoscere quelle che causano un aumento di crescita e quelle che la ostacolano. • Deve avere una comprensione simpatica (affezione, sentimento) dell’individuo per capire cosa accadde negli spiriti di chi impara (differenza con sistema tradizionale). • Deve riconoscere nel contesto esterno all’individuo le condizioni che facilitano le esperienze che portano alla crescita; capire come sfruttare l’ambiente fisico e sociale, i materiali, le parole… per promuovere esperienze qualitative. Il maestro del sistema tradizionale non aveva problemi e l’apprendimento era casuale: coloro che avevano condizioni esterne desiderabili apprendevano, gli altri no. Il maestro non si poneva la domanda di quali fossero le condizioni da loro desiderate. L’esperienza non si compie solo all’interno della persona. Noi viviamo in un mondo di persone e di cose, e ciò è stato fatto e creato dagli uomini che ci hanno preceduto. Quando viene dimenticato, l’esperienza viene considerata come qualcosa che si compie dentro un corpo e una mente individuali. L’esperienza non si compie nel vuoto. I bisogni che ha un piccolo sono di primaria importanza. Ciò non significa che il genitore nutrirà il bambino ogni volta che egli mostra malumore. La madre tiene conto dei bisogni del bambino senza sottrarsi alle sue responsabilità per regolare le condizioni oggettive sotto le quali i bisogni sono soddisfatti. Le condizioni esterne sono ineliminabili, e non si possono assoggettare del tutto a ciò che succede all’interno degli individui. Tra le due ci deve essere un’interazione continua: • INTERAZIONE> permette d’interpretare un’esperienza nella sua funzione educativa. Assegna eguali diritti ai due fattori dell’esperienza: le condizioni obbiettive ed interne. L’interazione tra le due crea una “situazione”: ovvero che gli individui vivono in un mondo, ovvero che essi vivono in una serie di situazioni. Ciò significa che è in corso un’interazione tra individuo e ambiente esterno. L’ambiente sono le condizioni che interagiscono con i bisogni, i desideri, le capacità personali per creare l’esperienza che si compie. Ma la scuola tradizionale violava l’interazione, trascurando del tutto le condizioni interne dei soggetti (la scuola progressista deve fare attenzione a non violarla). • IL PRINCIPIO DELLA CONTINUITÀ E DELL’INTERAZIONE SONO COLLEGATI> sono la longitudine e latitudine dell’esperienza. Via via che un individuo passa da una situazione ad un’altra, il suo mondo si espande. Quello che ha acquistato in una situazione, diventa strumento di comprensione e di effettiva azione nella situazione che segue. Il processo continua quanto la vita. Se non è così, il corso dell’esperienza è disordinato, poiché il fattore individuale è spezzato. Un mondo in cui le parti non si legano, è causa di una personalità scissa. In questo caso, si dice che l’individuo è folle. Il futuro deve essere tenuto in conto in ogni fase del processo educativo. La continuità e l’interazione offrono il significato e il valore educativo di un’esperienza. L’immediata preoccupazione di un educatore è la situazione in cui ha luogo l’interazione. Anche il fattore delle condizioni oggettive può essere regolato fino ad un certo punto dall’educatore. CONDIZIONI OGGETTIVE> implica quel che è fatto, e il modo in cui è fatto, non soltanto le parole dette, ma anche il tono della voce con cui sono dette. Implica arredamento, libri, giochi, ovvero materiali con cui l’individuo interagisce. Quando diciamo che le condizioni oggettive sono quelle che l’educatore ha il potere di regolare, intendiamo che la sua abilità di influenzare l’esperienza degli altri e quindi la loro educazione, gli impone il dovere di determinare l’ambiente che interagirà con coloro a cui insegna, per creare un’esperienza che abbia valore. Nell’educazione tradizionale gli educatori non si interessavano nel creare un’esperienza. Coloro per i quali le condizioni erano adatte, - abbastanza flessibile: per permettere il libero gioco dell’esperienza individuale - fermo: per indirizzare verso un continuo esercizio del potere. Il principio che lo sviluppo dell’esperienza si compie attraverso l’interazione indica che l’educazione è un processo sociale. Lo diventa tanto meglio quanto più gli individui formano un gruppo più comunitario. L’insegnante fa parte del gruppo: non può perdere ogni autorità; è il più anziano del gruppo e agisce dal suo interno, deve dirigere le interazioni e le intercomunicazioni fra i membri, che costituiscono la vera vita del gruppo in quanto comunità. Quando gli alunni erano una classe piuttosto che un gruppo sociale, l’insegnante era costretto ad agire dal di fuori, e non in veste di direttore delle attività associate. Se l’educazione è basata sull’esperienza, l’esperienza educativa viene concepita come processo sociale, la situazione cambia radicalmente. L’insegnante perde la sua posizione esterna di padrone, per assumere quella di direttore di attività associate. Nella scuola si ha il problema delle maniere, specialmente delle buone maniere. Non c’è gruppo che non abbia il suo codice delle maniere. Le scuole nuove sono criticate per l’indisciplina che si riscontra. I ragazzi sono totalmente immersi nelle attività loro proposte, con fervore, che può apparire come mancanza di disciplina (tradizionalmente intesa). Si trascura però l’insegnamento di doversi adattare reciprocamente. L’educazione è essenzialmente un processo sociale: esso lo diventa tanto meglio quanto più gli individui formano un gruppo comunitario. Per le scuole nuove la fonte principale del controllo sociale è risposta della natura stessa, del lavoro inteso come un’impresa sociale a cui tutti gli individui hanno modo di prender parte. CAPITOLO 5: la sola libertà che ha durevole importanza è la libertà dell’intelligenza, ovvero la libertà di osservare e di giudicare. Va distinta tra libertà esterna (fisica, di movimento) —> benefici: senza di essa è impossibile che un insegnante impari a conoscere l’individuo che ha di fronte, libertà di movimento: utile per mantenere la normale saluta fisica e mentale e interna: intellettuale, di giudizio, di desiderare e progettare. Nelle scuole tradizionali la mancanza della libertà esterna limitava anche la libertà interna. I ragazzi erano tenuti all’ordine e alla disciplina, che premiava l’apparenza sacrificando l'essere. L’insegnante non poteva conoscere la vera natura dei ragazzi. Questa scuola fa del silenzio la sua virtù, ma nelle officine e laboratori non c’è silenzio. Gli antichi greci aveva colto la relazione tra una mente sana e un corpo sano. I momenti di silenzio e pacatezza servono, ma se seguono ad attività in cui si utilizzano corpo e mani, come riflessione su ciò di cui si è fatto esperienza. La qualità di libertà esterna necessaria varia da individuo a individuo. Ovviamente tende a diminuirsi con la crescita. La qualità e quantità della libertà esterna come mezzo di crescita, è un problema che l’educatore deve svolgere in stadio. Libertà esterna come mezzo: viene usata per raggiungere quella intellettuale, non solo come fine. La crescita intellettuale parte dagli impulsi e desideri, ma questi devono essere fermati e rielaborati, e per fare ciò serve una riflessione individuale. L’educazione deve avere come meta ideale perciò l’autocontrollo: non basta la sola rimozione del controllo esterno per raggiungerlo. Si rischia di crescere una persona che è diretta da forze, impulsi, che non riesce a dominare, avendo solo un’illusione di libertà. CAPITOLO 6: libertà: potere di concepire propositi e di eseguirli, o di portarli a compimento. È identica all’autocontrollo, poiché la formazione di propositi e l’organizzazione di mezzi per eseguirli sono opera dell’intelligenza. Platone disse che lo schiavo è colui che esegue i propositi, ed è tiranneggiata dai propri desideri. Progettare e creare propositi è sinonimo di libertà e autocontrollo, che si trova nelle scuole nuove e non in quelle tradizionali. È importante dire cos’è un proposito e come funziona nell’esperienza. Un proposito trova sempre il suo punto di partenza in un impulso, la cui mancata realizzazione lo converte in un desiderio. È la visione di un fine. Esso opera in base ad un impulso, dando luogo a delle conseguenze. La previsione delle conseguenze implica l’attività dell’intelligenza. Serve osservare le condizioni circostanti, e la presa in considerazione delle conseguenze delle azioni precedenti, delle esperienze altrui, giudizio. Impulso e desiderio producono conseguenze non solo per se stessi, ma anche attraverso l’interazione o la cooperazione con le condizioni circostanti. L’esercizio dell’osservazione è una condizione della trasformazione dell’impulso in proposito. Ma l’osservazione non basta. Dobbiamo comprendere il significato di ciò che vediamo, tocchiamo, udiamo. La formazione di propositi è un’operazione intellettuale complessa. Implica osservazione delle condizioni circostanti; conoscenza di ciò che è accaduto in passato. Un proposito differisce da un impulso e da un desiderio originale per il fatto di venire tradotto in un metodo d’azione basato sulla previsione delle conseguenze dell’operare sotto certe condizioni date in un certo modo. Il desiderio di qualcosa può essere intenso. Può essere così forte da impedire un’esatta valutazione delle conseguenze. Il problema cruciale dell’educazione è quello di ottenere che l’azione non segua immediatamente il desiderio, ma sia preceduta dall’osservazione e dal giudizio. Il proposito è la traduzione di un impulso e desiderio in un piano preciso e il metodo d’azione basato sulla previsione delle conseguenze dell’operare sotto certe condizioni date in un certo momento. Es: l’uomo che desidera una casa, deve prendere in considerazione tutta una serie di fattori prima di poterla realizzare, che non rientravano nel desiderio originale. Ognuno di noi ha dei desideri. Questi desideri sono le vere spinte all’azione. L’intensità del desiderio misura l’intensità dello sforzo che sarà fatto. L’educazione tradizionale tendeva a ignorare l’importanza dell’impulso e del desiderio personale come spinta iniziale all’azione. Le scuole progressiste confondono a volte l’attività (il fare, guidato dagli impulsi), con i propositi, non spingendo alla ragionata osservazione. L’impulso è un’occasione, la spinta propulsiva alla formazione di un proposito. L’insegnante deve saper cogliere questa occasione e sfruttare la sua esperienza per dare suggerimenti ai membri del gruppo, che verrà poi arricchito dall’esperienza di tutti quanti. La via per l’insegnante è di rendersi conto delle capacità, dei bisogni e delle esperienze passate dagli alunni. Il piano, ovvero il progetto educativo, è un’impresa cooperativa e non un’imposizione. Lo svolgimento si compie attraverso un reciproco “dare e prendere”; l’insegnante prende, ma non teme anche il dare. Il punto essenziale è che il proposito nasca e prenda forma attraverso il processo dell’intelligenza sociale. CAPITOLO 7: tutto ciò che può essere chiamato materia di studio (aritmetica, storia, geografia..) deve essere tratto dall’esperienza quotidiana, e deve essere in un secondo momento organizzato in una forma più piena e ricca, come si presenta ad una persona più matura. La nuova educazione contrasta con i procedimenti che muovono da fatti che sono fuori dall’ambito dell’esperienza. Es: il bimbo all’inizio è circondato da oggetti molto limitati. Questo mondo che lo circonda si espande con l’estendersi dell’esperienza stessa senza aiuto dell’istruzione scolastica. Entra in contatto con nuovi oggetti ed eventi che suscitano nuove forze. Il mondo dell’esperienza si fa sempre più largo. L’educatore deve: - riconoscere la tipologia di esperienze pregresse all’istruzione in modo da proporre materiale di studio che sia in accordo e continuità con queste stesse esperienze. - (È più difficile per i grandi e più facile per i bambini in età prescolare e nei primi anni di elementari), l’educatore deve considerare le esperienze già acquisite non come qualcosa di statico, ma come punto di partenza per allargare il campo d’esperienza, scegliendo quei problemi che possano generare nuovi interrogativi e ricerca di soluzioni= continuità nella crescita. Il maestro progressivo deve guardare avanti. Nelle scuole tradizionali il materiale di studio era scelto secondo il giudizio degli adulti, senza tener conto dell’attuale esperienza di vita dei ragazzi. Aveva a che fare con il passato: era quello che aveva dimostrato di essere utile agli uomini nelle età trascorse. Questo non vuol dire che le scuole nuove - indurre gli educatori a ritornare a metodi e agli ideali intellettuali che sorsero secoli prima che apparisse il metodo scientifico. - Utilizzare il metodo scientifico, considerato come modello dell’esplorazione e sfruttamento delle possibilità implicite nell’esperienza. Il problema si pone con una forza particolare nelle scuole progressive. Se non si dedica un’attenzione costante allo svolgimento del contenuto intellettuale dell’esperienze, e al conseguimento di un’organizzazione crescente di fatti e idee, in fondo non si fa che rafforzare un ritorno verso l’autoritarismo intellettuale e morale. Alcuni tratti del metodo scientifico, sono tanto legati con qualsiasi progetto educativo basato sull’esperienza, che non possono non essere noti. Il metodo sperimentale della scienza dedica maggiore importanza alle idee in quanto idee di qualsiasi altro metodo. Il fatto che le idee adoperate siano ipotesi e non verità definitive, è la ragione per cui le idee sono più verificate ed esaminate nella scienza, che altrove. La ragione di esaminarle cessa dal momento in cui sono accolte come verità. Ma fino a che sono ipotesi, devono essere soggette alla verifica e alla revisione. In secondo luogo, le idee o ipotesi sono verificate dalle conseguenze che provoca la loro attuazione. Ciò significa, che occorre osservare le conseguenze dell’azione. In terzo luogo, il metodo dell’intelligenza che si manifesta nel procedimento sperimentale, esige che si conservino tracce delle idee, delle attività, e delle conseguenze osservate. Conservare tracce, significa che la riflessione comprende operazioni, che comprendono tanto il giudizio, quanto il ricordo dei tratti significativi di un’esperienza in corso. Le esperienze, per essere educative, devono sfociare in un mondo che si espande in un programma di studio, di notizie e di idee. Questa condizione si soddisfa solo se l’educatore considera insegnare e imparare come un continuo processo di ricostruzione dell’esperienza. Questa condizione a sua volta può essere soddisfatta solo a patto che l’educatore guardi lontano, e consideri ogni esperienza presente come una forza propulsiva per le esperienze future. Il metodo scientifico è l’unico mezzo a nostra disposizione per cogliere il significato delle nostre esperienze quotidiane. Il metodo scientifico offre un modello efficace del modo in cui sono adoperate le esperienze per ampliare sempre di più il nostro orizzonte. L’adattare il metodo agli individui è un problema dell’educatore, e i fattori costanti del problema sono la formazione delle idee, l’organizzazione di fatti e idee per il futuro. Né le idee, né le attività sono le stesse per individui di diverse età. Ma in tutti i gradi, se l’esperienza è educativa, si constata un processo d’espansione dell’esperienza. CAPITOLO 8: l’educazione per conseguire i suoi fini, deve essere basata sull’esperienza della vita di qualche individuo. Il sistema educativo deve o retrocedere ai principi intellettuali e morali di un’età prescientifica, o avanzare verso un’utilizzazione sempre maggiore del metodo scientifico, per promuovere le possibilità di un’esperienza in via di accrescimento e di espansione. La via della nuova educazione non è più agevole dell’antica; essa è più penosa e difficile. Il maggior pericolo, per il suo futuro, Dewey crede che sia l’idea che essa è una via agevole, così agevole che la si può improvvisare. Il punto essenziale non è la contrapposizione di educazione nuova e vecchia, di educazione progressiva o tradizionale, ma sta nel porre il problema di che cosa si deve fare perché il nostro fare meriti il nome di educazione.
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