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ESPERIENZA E EDUCAZIONE J. DEWEY riassunto, Dispense di Pedagogia

Riassunto completo del libro con elementi fondamentali e necessari.

Tipologia: Dispense

2020/2021

In vendita dal 31/07/2022

cocoiaia
cocoiaia 🇮🇹

4.5

(132)

64 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica ESPERIENZA E EDUCAZIONE J. DEWEY riassunto e più Dispense in PDF di Pedagogia solo su Docsity! Esperienza e Educazione INTRODUZIONE Il pensiero di John Dewey esercitò una grandissima influenza pedagogica, filosofica, sociale e politica > Dewey inizio a costruire le premesse della sua interpretazione del pragmatismo strumentali distico, con chiari riferimenti all’evoluzionismo, fondando la scuola di Chicago. Dewey diede inizio al movimento dell’educazione progressiva, che influenzò sia le politiche educative sia le istituzioni formative portandole una svolta che giungerà fino all’attivismo. La pedagogia inizio a poco a poco a essere pensata e studiata come un avere propria scienza autonoma > è una scienza poiché adotta la metodologia scientifica e sperimentale e mutua dalle altre scienze categorie, metodi, conoscenze, linguaggi, risultati, dati oggettivi. Con Dewey la pedagogia attingerà pienamente dalla psicologia, dalla biologia, dall’antropologia e della sociologia senza timori reverenziali. Le posizioni teoriche e pratiche di Dewey pongono l’esperienza concreta dell’uomo come base fondamentale della cultura e della conoscenza MA l’esperienza deve essere considerata come qualcosa che tende a modificare attivamente l’ambiente naturale e quello sociale e a proiettarsi progettualmente verso azioni future. Per Dewey il concetto di esperienza riduce notevolmente il dualismo tra esterno e interno > l’esperienza è interazione tra soggetto e oggetto, tra organismo e ambiente, o meglio transazione. L’esperienza rinvia sempre a situazioni di precarietà e di problematicità radicali e ha quindi a che fare con bisogni e con interessi vitali anche molto profondi. Rispetto a tali situazioni lo strumento di cui il soggetto dispone è la ragione = l’attività intelligente > va considerata come un’attività simbolica di ricerca e di indagine, secondo un metodo proprio, un metodo che orienta il processo educativo. Il pensiero e l’opera di Dewey hanno determinato un’apertura della scienza dell’educazione agli indirizzi dell’indagine biologica, psicologica, filosofica e sociale, sia verso le fonti concrete di tale scienza rappresentante dai problemi reali della pratica educativa. Per questi motivi, l’educazione deve essere incentrata su forme di attività pratica, sociale e culturale che consentano alle istituzioni di riprodurre quella ricchezza e immediatezza di esperienze foriere di cambiamento > l’educazione diviene l’ambito nel quale la transazione può costruire sempre nuovi spazi di libertà. Lo scritto “ESPERIENZA E EDUCAZIONE” viene pubblicato nel 1938 e rappresenta la sintesi del pensiero filosofico e pedagogico di John Dewey sull’educazione e sulla scuola > Dewey contrappone la sua posizione a quella dei conservatori che criticavano le scuole e auspicavano il ritorno della tradizione. Dewey non parla mai di pedagogia in questo scritto MA di una filosofia dell’educazione basata sull’esperienza = la chiave di volta per pensare e fare educazione > educare significa accrescere l’ambito dell’esperienza del docente e del discente; è in questa specularità dell’esperienza che si trovano i fondamenti di quella rivoluzione pedagogica. L’originalità di questa posizione non può essere ridotta al fatto che al centro del campo educativo ci siano le relazioni tra insegnante e alunno > tali relazioni vanno sempre considerate come effetti. Certo con Dewey l’accento viene sulla centralità dell’esperienza del discente, sulle sue esigenze vitali, generando così una conversione dello sguardo che costringe chiunque a considerarle come comunità educanti → Dewey ci ha permesso di pensare la scuola come una comunità di pratica educante. Si apprende grazie all’esperienza, per questo l’insegnamento deve essere centrato sulle possibilità dell’alunno e la scuola deve essere per tutti > l’esperienza deve costituire sia il punto di inizio per l’elaborazione della teoria sia il punto di arrivo; non è primariamente conoscenza MA modi di fare e di patire; infatti, nell’esperienza si intrecciano elementi di attività e di passività. Non tutte le esperienze però sono educative, la differenza è data dalla qualità dell’esperienza che l’educatore propone. La libertà è generata da fattori esterni e interni > l’educatore deve coltivare questa libertà per sé e per chi chiede di essere educato. È importante stabilire un nesso chiaro tra qualità e la scena educativa > Dewey insiste molto sull’attenzione che l’educatore deve dedicare all’allestimento dell’ambiente educativo che possa generare la possibilità per tutti gli attori di accedere a un luogo, a uno spazio che sia disponibile ad ampliare le possibilità dell’esperienza. Il setting pedagogico è “l’assetto interno degli insegnanti e dei ragazzi, a partire da un insieme di regole che rendono possibili ruoli reciproci” > a partire dal setting si può entrare in contatto con la qualità dell’esperienza. Esso è un ponte per accedere al livello più profondo del dispositivo pedagogico e permette di organizzare il gioco relazionale orientandolo in modo educativo mentre questo stesso gioco rimanda indirettamente all’esperienza formativa sociale chi è lo sfondo in cui essa stessa si gioca + il setting rinvia a un’idea di educazione che va intesa come un dispositivo > l’importanza del setting permette di comprendere perché sia necessario pensare l’educazione come dispositivo → se l’educazione è un dispositivo deve essere pensata e praticata come una scena da osservare e frequentare in tutta la sua profondità = una scena in cui si istituisce un campo di esperienza materiale e simbolica. La scuola intesa come scena educativa invita a sperimentare la profondità della comunicazione che modifica i contenuti > ognuno può sperimentare i limiti e le opportunità di questa conoscenza e di questa comunicazione nello spazio e nel tempo della scena scolastica. La scena rende visibili e percepibili le zone d’ombra dell’esperienza che ognuno vive a scuola. L’immagine che si produce nella scuola attraverso l’interpretazione del proprio ruolo chiama a una responsabilità che ci supera e che riguarda il dispositivo pedagogico dal quale siamo attraversati > si tratta di allestire una scena che permetta anche di sperimentare l’attraversamento del campo affettivo. Ma questo pensa Dewey quando parla di significato del proposito > un proposito viene tradotto in un piano è un metodo di azione, basato sulla previsione delle conseguenze dell’operare sotto certe condizioni determinate. Solo se l’affettivo e cognitivo si intrecciano realmente si può dare esperienza educativa > ogni esperienza educativa deve prevedere una riflessione sulle prospettive di significato che la formano e la guidano. Dewey dà la massima importanza all’acquisizione del desiderio di apprendere > solo dalla sperimentazione di questo desiderio può nascere un reale apprendimento dell’esperienza. L’esperienza può divenire mezzo e fine dell’educazione. È sulla scena educativa che si muovono i corpi degli studenti e dei docenti > la ribalta tende ad appiattire i corpi riducendoli alla loro presenza emozionale, rendendoli autonomi pronti a declamare monologhi. Sulla scena educativa i corpi indicano una profondità dell’esperienza data dall’intreccio di sguardi reciproci, dalla consistenza di ciò che non si vede immediatamente > per vivere il pieno significato di ogni esperienza educativa presente dobbiamo comprenderla a partire da una prospettiva temporale che tematizza la qualità della nostra presenza. Quando Dewey parlava dei rapporti tra pensiero ed esperienza e pensava una formazione come ricostruzione, aveva proprio in mente il nesso transazionale tra il sistema educativo e quello sociale, integrato. Per questo gli strumenti essenziali del lavoro educativo sono l’osservazione e la memoria > solo dall’uso intrecciato di questi strumenti l’educatore può allestire e incarnare la sua funzione di mediatore. La questione cruciale che Dewey segnala riguarda la necessità di scoprire il nesso che esiste dentro l’esperienza fra gli effetti educativi e i risultati del passato e i problemi del presente > questo nesso promuove un’attenzione clinica, promuove una vera e propria scrittura della singolarità dell’esperienza. Questo ascolto, questa attenzione per la singolarità, diventano significativi e orientano la pratica del lavoro educativo perché consentono di comprendere più a È molto più difficile scoprire i tipi di materiali e di metodi appropriati alla nuova educazione rispetto a quelli dell’educazione tradizionale. Le difficoltà non possono non aggravarsi e le critiche aumentare quando si suppone che la nuova educazione debba essere in qualche modo più facile dell’antica. John Dewey ammette: “Ammetto di buon grado che la nuova educazione nel principio è più semplice dell’antica. Essa è in armonia con i principi della crescita [growth]. Ma non bisogna confondere il facile con il semplice”. Una coerente teoria dell’esperienza che fornisca una direzione positiva alla scelta e all’organizzazione di metodi e materiali educativi appropriati, è indispensabile, se si vuole dare un nuovo indirizzo alle scuole > Dewey pensa che una buona parte dell’attuale opposizione derivi dal fatto che è estremamente difficile liberarsi dall’immagine deli studi della scuola antica. I CRITERI DELL’ESPERIENZA Ho già accennato a quella che ho chiamato la categoria della continuità o il continuum sperimentale. Questo principio è implicito in ogni tentativo di distinguere le esperienze che hanno un valore educative da quelle che non lo hanno. Questa scelta è necessaria non solo per criticare il tipo tradizionale di educazione, ma anche per iniziare e attuarne un tipo differente. Una delle ragioni che ha favorito il movimento progressivo è stato il fatto che esso sembra più conforme all’ideale democratico cui si attiene il nostro popolo rispetto ai procedimenti della scuola tradizionale, che hanno un aspetto così autocratico. Vorrei domandarvi ora perché preferiamo i procedimenti democratici e umani a quelli autocratici e duri. Una delle cause può essere che ci è stato insegnato non solo nelle scuole, ma sulla stampa, nelle nostri leggi e nei nostri codici che la democrazia è la migliore istituzione sociale. Siamo stati talmente imbevuti di questa idea che essa è diventata una parte abituale del nostro assetto intellettuale e morale. Il principio del rispetto per la libertà individuale e per la correttezza e la gentilezza nelle relazioni umane non risale in fondo alla convinzione che questi principi sono dovuti a una più alta qualità di esperienza da parte di un maggior numero di persone che non i metodi di repressione o di coazione di forza? - La caratteristica fondamentale dell’abito (abitudine) è che ogni esperienza fatta e subita modifica che agisce e subisce, e al tempo stesso questa modificazione, influisce sulla qualità delle esperienze seguenti > inteso in questo modo, il principio dell’abitudine va più a fondo del concetto ordinario di un abito (vale a dire un modo più o meno stabilito di fare le cose) sebbene lo assuma sotto di sé come uno dei suoi casi particolari. Esso comprende la formazione di attitudini, attitudini che sono emotive e intellettuali; comprende le nostre sensibilità fondamentali e i modi di rispondere a tutte le condizioni in cui ci imbattiamo nella vita. Il principio della continuità dell’esperienza significa che ogni esperienza riceve qualcosa da quelle che l’hanno preceduta e modifica in qualche modo la qualità di quelle che seguiranno > il processo educativo può essere identificato con la crescita a patto che questa sia espressa con il participio presente “crescente” > la crescita = il crescere come svolgimento, inteso non soltanto fisicamente ma anche intellettualmente e moralmente, è un esempio del principio di continuità. Quella crescita può però prendere molte direzioni differenti. Da qui si è tratta la conclusione che la “crescita” non è sufficiente; dobbiamo dunque specificare la direzione in cui cresce, il fine verso cui tende > soltanto quando lo svolgimento in una direzione particolare conduce alla continuazione della crescita, esso risponde al criterio dell’educazione come crescita. Come abbiamo visto, la continuità è il criterio con cui discernere le esperienze che sono educative da quelle che sono diseducative + ogni esperienza influenza le condizioni obbiettive sotto le quali saranno fatte le esperienze future – esempio: se uno decide di diventare insegnate, avvocato o medico, appena si traduce questa intenzione negli atti, si determina l’ambiente nel quale opererà in futuro MA mentre il principio di continuità si applica in qualche modo in ogni caso, la qualità dell’esperienza presente influenza il modo in cui il principio si applica > l’effetto di un’eccessiva indulgenza verso un ragazzo, lo induce a cercare il genere di situazione che lo metta in grado di fare tutto quello che si sente di fare in questo o quel momento. Lo rende ostile in situazioni che esigono sforzo nel superare ostacoli. Il principio della continuità dell’esperienza può operare in modo da arrestare un individuo su un basso livello di sviluppo, incapace di un’ulteriore crescita > d’altra parte, se un’esperienza suscita curiosità, rafforza l’iniziativa e fa nascere desideri per trasportare un individuo al di là dei punti morti nel futuro = la continuità opera in un modo molto diverso. Tocca allora all’educatore rendersi conto in quale direzione si muove un’esperienza > l’adulto può esercitare l’accorgimento che gli procura la sua più ampia esperienza senza imporre un controllo meramente esterno. L’educatore deve essere in grado di giudicare quali attitudini avviano a un aumento di crescita e quali altre l’ostacolano MA c’è un altro aspetto della cosa > l’esperienza non si compie semplicemente nell’interno della persona = ogni esperienza autentica ha un aspetto attivo che cambia in qualche modo le condizioni obbiettive sotto cui si compie l’esperienza > la differenza fra la civiltà e lo stato selvaggio, consiste nel grado in cui le esperienze precedenti hanno cambiato le condizioni oggettive sotto le quali sono state compiute le esperienze posteriori → noi viviamo dalla nascita alla morte in un mondo che è ciò che è stato fatto e trasmesso dall’attività degli uomini che ci hanno preceduto. Una delle principali responsabilità dell’educatore è che egli dovrebbe conoscere in che modo utilizzare la situazione circostante, fisica e sociale, per estrarne tutti gli elementi che debbono contribuire a promuovere esperienze di valore. L’esperienza è vera esperienza solo quando le condizioni oggettive sono subordinate a ciò che si verifica nell’interno degli individui che hanno l’esperienza > queste condizioni sono predisposte in modo che ci possa essere una particolare specie di “interazioni fra esse” > la parola “interazione” permette di interpretare un’esperienza nella sua funzione ed efficacia educativa. Essa assegna eguali diritti ai 2 fattori dell’esperienza: 1. Le condizioni obbiettive 2. Le condizioni interne → Prese insieme costituiscono quella che Dewey chiama situazione. Nell’educazione tradizionale si pone l’accento sulle condizioni esterne MA si fa così poca attenzione ai fattori interni, che pure fanno sentire il loro peso sul genere di esperienza che si avrà. L’esempio tratto dal bisogno di regolare le condizioni obbiettive dello sviluppo di un bimbo indica, in primo luogo, che i genitori hanno la responsabilità di sistemare le condizioni in cui si compie l’esperienza del nutrimento, del sonno…, e, in secondo luogo, che assolvano il proprio dovere con l’utilizzare l’esperienza accumulata del passato, che è rappresentata per esempio dal consiglio di medici competenti. Dire che gli individui vivono in un mondo significa, che essi vivono in una serie di situazioni = significa che è in corso un’interazione fra un individuo e oggetti e altre persone > la situazione e l’interazione non si possono concepire l’una scissa dall’altra. Un’esperienza è sempre quel che è in virtù di una transazione che si stabilisce fra un individuo e il suo ambiente = persone con cui sta parlando di un argomento o di un avvenimento, e in questo caso l’argomento fa parte della situazione. L’ambiente > sono le condizioni che interagiscono con i bisogni, i desideri, i propositi e le capacità personali per creare l’esperienza che si compie. I 2 principi della continuità e dell’interazione non sono separati l’uno dall’altro. Via via che un individuo passa da una situazione a un’altra, il suo mondo, il suo ambiente si espande o si contrae > egli non si trova già a vivere in un altro mondo, ma in una diversa parte o in un diverso aspetto del suo medesimo mondo. Una personalità è pienamente integrata solo nel caso che le successive esperienze si siano integrate l’una nell’altra. L’immediata preoccupazione di un educatore è la situazione in cui ha luogo l’interazione > è il fattore delle condizioni oggettive, che può essere fino a un certo punto regolato dall’educatore. Implica quel che è fatto e il modo in cui è fatto (non soltanto le parole dette, ma il tono della voce con cui sono dette). Quando diciamo che le condizioni oggettive sono quelle che l’educatore ha il potere di regolare, intendiamo che la sua abilità di influenzare direttamente l’esperienza degli altri e quindi la loro educazione, gli impone il dovere di determinare quell’ambiente che interagirà con le capacità e i bisogni che posseggono coloro a cui insegna, per creare un’esperienza che abbia valore > la responsabilità di scegliere condizioni oggettive porta con sè la responsabilità di comprendere i bisogni e le attitudini degli individui che imparano in un dato tempo. Il principio dell’interazione ci fa intendere che il mancato adattamento del materiale ai bisogni e alle attitudini degli individui può provocare un’esperienza non educativa quanto il mancato adattamento di un individuo al materiale ≠ Il principio di continuità nella sua applicazione all’educazione significa tuttavia che il futuro deve essere tenuto presente in ogni gradino del processo educativo. Per progredire, per procedere innanzi con il pensiero, si deve disimparare molto di quello che si è appreso a scuola. Forse il maggiore degli errori pedagogici è quello di credere che un individuo impari soltanto quel dato particolare che studia in quel momento > l’apprendimento collaterale, la formazione di attitudini durature o di repulsioni, può essere e spesso è molto più importante. Queste attitudini sono difatti quel che conta veramente nel futuro > l’attitudine che più importa sia acquisita è il desiderio di apprendere. Che beneficio c’è ad accumulare le prescritte notizie di geografia e di storia, ad apprendere a leggere e scrivere, se con questo l’individuo perde la sua anima; se perde il desiderio di applicare ciò che ha appreso e, soprattutto, se ha perduto la capacità di estrarre il significato dalle esperienze future in cui via via si imbatterà? Qual è, dunque, il vero significato della preparazione sul piano educativo? - In primo luogo, un individuo, deve trarre dalla sua esperienza presente tutto quanto essa gli offre in quel momento > le possibilità del presente sono sacrificate a un ipotetico futuro. L’ideale di adoperare il presente unicamente come preparazione al futuro è in sé contraddittorio = significa omettere le sole condizioni che permetterebbero a un individuo di preparare il proprio avvenire. Solo estraendo in ogni momento il pieno significato di ogni esperienza presente ci prepariamo a fare altrettanto nel futuro. È questa l’unica preparazione che a lungo andare concluda qualche cosa → Tutto questo significa che deve essere rivolta attenta cura alle condizioni che danno a ogni esperienza presente un significato degno di considerazione > il presente fa sempre sentire la sua influenza sul futuro. Agli educatori spetta dunque la responsabilità di creare le condizioni per un genere di esperienza presente che abbia un effetto favorevole sul futuro > l’educazione in quanto crescita o maturità dovrebbe essere un processo sempre presente. CONTROLLO SOCIALE Se si considera l’educazione come un’esperienza di vita, i piani e i progetti educativi devono ispirarsi a una teoria intelligente o, a una filosofia dell’esperienza > Dewey ha tentato di chiarire il bisogno di tale teoria richiamando l’attenzione su 2 principi che sono fondamentali nella costituzione dell’esperienza: 1. PRINCIPI DELL’INTERAZIONE 2. PRINCIPI DELLA CONTINUITÀ → I 2 principi sono così intimamente connessi che non è facile dire con quale problema educativo speciale si debba cominciare > Dewey comincia, con il vecchio problema della libertà individuale e del controllo sociale: ESEMPIO DI CONTROLLO SOCIALE CHE OPERA NELLA VITA QUOTIDIANA → cominciamo dai ragazzi. Essi durante la ricreazione o dopo scuola giocano. I giochi implicano regole, e queste regole pongono un ordine nella loro condotta. I giochi non si fanno a caso. Senza regole non c’è gioco. Se nasce un contrasto c’è un arbitro cui appellarsi, ovvero si prende una decisione dopo una discussione e una specie di arbitrato; altrimenti il gioco è interrotto, non prosegue. In tali situazioni, ci sono certi tratti che caratterizzano un ovvio controllo: 1. Il primo è che le regole sono parte del gioco. Senza regole niente gioco (regole diverse, gioco diverso) > fino a che il gioco si svolge in modo ragionevolmente liscio, i giocatori non avvertono di essere sottomessi a un’imposizione esterna. 2. Ma può accadere che uno di essi senta che la decisione non è giusta e può anche darsi che se ne irriti. Egli però non si oppone alla regola MA a quella che proclama una violazione di essa (atto ingiusto). 3. Le regole e di conseguenza la condotta del gioco sono elevate a modello (si accettano certi modi di scegliere le parti, certe posizioni da prendere, dati movimenti da fare…) > queste regole hanno la sanzione della tradizione. trasformazione dell’impulso in proposito (così al segnale di un passaggio a livello ci dobbiamo fermare, guardare e ascoltare) MA l’osservazione sola non basta > dobbiamo comprendere il significato di ciò che vediamo, udiamo e tocchiamo – esempio: un bambino può vedere lo splendore di una fiamma ed essere attratto ad afferrarla > possiamo essere avvertiti delle conseguenze soltanto in base alle esperienze anteriori. La formazione di propositi è, dunque, un’operazione intellettuale piuttosto complessa. Implica: ▪ Osservazione delle condizioni circostanti ▪ Conoscenza di ciò che è accaduto in passato in situazioni analoghe ▪ Giudizio che raccoglie insieme quel che è stato osservato e quel che è stato richiamato per vedere che cosa significano. Il problema cruciale dell’educazione è quello di ottenere che l’azione non segua immediatamente il desiderio MA sia preceduta dall’osservazione e dal giudizio > l’eccessiva accentuazione dell’attività in generale, anziché dell’attività intelligente come fine dell’educazione conduce a identificare la libertà con l’esecuzione immediata di impulsi e desideri. L’anticipazione intellettuale, l’idea delle conseguenze deve mescolarsi al desiderio e all’impulso per acquistare forza propulsiva > essa dà allora direzione a ciò che altrimenti è cieco. Gli obbiettivi che un individuo si pone devono essere presi in esame e giudicati prima che il desiderio possa essere convertito in proposito e il proposito in piano d’azione. Ognuno di noi ha desideri, sono le vere spinte all’azione > l’intensità del desiderio misura l’intensità dello sforzo che sarà fatto MA i desideri sono vuoti castelli in aria fino a che non vengono trasformati in mezzi con cui possono essere realizzati → In un piano educativo, l’esistenza di un desiderio e di un impulso non è lo scopo finale > è un’occasione, è la richiesta della formulazione di un proposito e di un metodo di attività. Un tale proposito può essere formato soltanto con lo studio delle condizioni > il compito dell’insegnante è quello di vigilare perché sia colta l’occasione. L’indirizzo che da l’insegnante all’esercizio dell’intelligenza dell’alunno è un aiuto alla libertà, non una limitazione di essa. È possibile abusare del proprio ufficio e costringere i ragazzi a operare secondo direttive imposte dal proposito dell’insegnante MA il mezzo per evitare questo pericolo è, per l’insegnante: 1. Rendersi conto delle capacità, dei bisogni e delle esperienze passate degli alunni 2. Permettere alla suggestione di trasformarsi in un piano e in un proposito Il piano = progetto educativo, in altre parole, è un’impresa cooperativa e non un’imposizione > il punto essenziale è che il proposito nasca e prenda forma attraverso il processo dell’intelligenza sociale. ORGANIZZAZIONE PROGRESSIVA DELLA MATERIA DI STUDIO È stato accennato più volte, di sfuggita, alle condizioni oggettive implicite nell’esperienza e alla loro funzione nel promuovere o meno l’accrescimento > queste condizioni oggettive sia di osservazione, di memoria, di informazione procurata dagli altri, sia di immaginazione, sono state implicitamente identificate con la materia dello studio e del sapere (o con la materia del corso degli studi). Tutto ciò che può essere chiamato materia di studio (aritmetica, storia, geografia, scienze naturali) deve essere tratto dal materiale che rientra nell’ambito dell’ordinaria esperienza quotidiana > trovare il materiale per l’insegnamento entro l’esperienza è soltanto il primo passo. La materia del sapere si presenta a una persona competente, matura > questa trasformazione avviene al di fuori della scuola – esempio: il bimbo all’inizio è circondato da oggetti molto limitati nello spazio e nel tempo > questo mondo che lo circonda si estende costantemente con l’estendersi dell’esperienza stessa senza aiuto di istruzione scolastica. Mentre il bimbo impara a gattonare, parlare, camminare, l’intrinseco contenuto della sua esperienza si amplia e si approfondisce > l’esercizio di queste forze allarga il contenuto della sua esperienza. Il mondo circostante, il mondo dell’esperienza si fa sempre più largo. L’educatore, che riceve il ragazzo alla fine di questo periodo, deve trovare il modo di fare consapevolmente quel che la “natura” compie nei primi anni > gli inizi dell’istruzione si devono collegare all’esperienza che gli educandi già posseggono. Lo svolgimento ordinato verso l’espansione e l’organizzazione del sapere attraverso l’esperienza, non riceve altrettanta attenzione. È più difficile rendersi conto dello sfondo dell’esperienza dell’individuo (di età più avanzata) e più gravoso scoprire come si potrà dirigere il sapere già contenuto nell’esperienza presente verso orizzonti più larghi > è, dunque, essenziale che i nuovi oggetti ed eventi siano intellettualmente riferiti a quelli delle esperienze precedenti. In tal modo il compito dell’educatore diventa quello di discernere, nell’ambito dell’esperienza attuale, quelle cose che contengono la promessa e la possibilità di presentare nuovi problemi, i quali allargheranno il campo dell’esperienza futura. Egli deve costantemente considerare quello che è già acquisito, non come un processo statico MA come un mezzo per aprire nuovi campi, i quali esigono nuovi sforzi dai poteri dell’osservazione e dall’intelligente uso della memoria. Continuità nella crescita dev’essere la sua parola d’ordine costante. Più di qualsiasi altra attività, l’educazione esige che si guardi lontano. L’insegnante che congiunge educazione ed esperienza deve conoscere quali possibilità ci sono di introdurre gli allievi in nuovi campi che appartengono a esperienze già fatte, e deve servirsi di questa conoscenza come di un criterio per scegliere di disporre le condizioni che influenzano la loro presente esperienza. Nelle scuole tradizionali il materiale da studiare era stabilito senza tener conto dell’attuale esperienza di vita di chi imparava > questo materiale, aveva a che fare con il passato (era quello che aveva dimostrato di essere utile agli uomini nella età trascorse). Soltanto quel che ha compiuto il passato ci offre i mezzi per intendere il presente. Come l’individuo deve rievocare nella memoria il suo passato, se vuole intendere le condizioni in cui si trova come individuo → In altre parole, il sano principio che gli obbiettivi dell’apprendere sono nel futuro e i suoi immediati materiali sono nell’esperienza presente, può realizzarsi solo nel grado in cui l’esperienza presente si allunghi, per così dire, all’indietro (si può espandere nel futuro solo a patto che essa sia tanto ampia da comprendere il passato) > l’unica via per uscire dai sistemi scolastici che fanno del passato un fine in sé, è quello di imparare a conoscere il passato come un mezzo per intendere il presente. Fino a che non si risolverà questo problema, continuerà l’attuale conflitto fra idee e pratica educativa. Il campo dell’esperienza è molto ampio ed esso varia nel suo contenuto dà luogo a luogo e da tempo a tempo > le scuole progressive sono di nascita recente, era del tutto ovvio quindi che si verificassero incertezza e indeterminatezza nella scelta e nell’organizzazione della materia di studio. Non c’è ragione di far critiche MA sono legittime quando il movimento dell’educazione progressiva non riconosce che il problema della scelta e dell’organizzazione della materia d’insegnamento è fondamentale > i problemi sono lo stimolo a pensare che le condizioni trovate nell’esperienza presente debbano essere adoperate come fonti di problemi è una caratteristica che differenzia l’educazione basata sull’esperienza dall’educazione tradizionale. Tuttavia, la crescita dipende dalla presenza di difficoltà da superare mediante l’esercizio dell’intelligenza. Fa parte della responsabilità dell’educatore di tener presenti 2 cose: 1. Che il problema nasca dalle condizioni dell’esperienza presente e si contenga entro il raggio della capacità degli alunni 2. Che il problema sia di tal natura da suscitare nell’educando una richiesta attiva di informazioni e da stimolarlo a produrre nuove idee = spirale senza fine → Ci dicono che, da un lato, la complessità delle relazioni umane, domestiche e internazionali, e dall’altro il fatto che gli uomini sono per lo più creature emotive ed abitudinarie, rendono impossibile pianificare la società su larga scala e affidare la direzione della nostra condotta all’intelligenza > non c’è nulla nella natura intrinseca dell’abitudine che impedisca al metodo intelligente di diventare esso stesso abituale e non c’è nulla nella natura dell’emozione che impedisca all’emozione di subordinarsi al metodo. Il caso della scienza è adoperato qui come un esempio della progressiva selezione della materia di studio, tratta dall’esperienza presente, verso l’organizzazione = un’organizzazione che è libera, non imposta dall’esterno, perché procede d’accordo con la crescita dell’esperienza stessa > si prende spesso per certo che siccome l’educazione tradizionale si basava su un concetto dell’organizzazione della conoscenza che disprezzava in modo quasi assoluto l’esperienza presente della vita, l’educazione fondata nell’esperienza della vita dovrebbe disprezzare l’organizzazione di fatti e idee > in quanto ideale il processo attivo di organizzazione di fatti e di idee è un processo educativo che non viene mai meno. Un’educazione che non tenda tanto a conoscere un maggior numero di fatti e ad accogliere un maggior numero di idee quanto a meglio ordinarli non è educativa. L’organizzazione non è un principio estraneo all’esperienza > l’esperienza dei ragazzi ha per centro le persone e la casa domestica. Il perturbamento dell’ordine normale delle relazioni familiari, è una fonte feconda, più tardi, di disordini mentali ed emotivi > fatto che attesta quanto sia reale per i ragazzi questa forma di organizzazione. Uno dei problemi più importanti dell’educazione è la modulazione = movimento da un centro sociale e umano verso un piano intellettuale più obbiettivo di organizzazione, tenendo però sempre fermo, che l’organizzazione intellettuale non è fine in sé MA è il mezzo con cui le relazioni sociali, legami e vincoli schiettamente umani, possono essere compresi e più intelligentemente ordinati. È necessario dire che uno dei principi fondamentali dell’organizzazione scientifica della conoscenza è il principio di causa ed effetto > il modo in cui il principio è colto e formulato dallo scienziato specialista è certamente molto diverso da quello in cui lo può accostare nell’esperienza il ragazzo MA né la relazione né il suo significato sono estranei all’esperienza del ragazzo anche piccolo. Nelle prime forme di esperienza la relazione causale si presenta in astratto MA nella forma di relazione fra mezzi impiegati e fini raggiunti (nella forma della relazione di mezzi e conseguenze). Le esperienze più elementari dei ragazzi sono piene di casi di relazione di mezzi e conseguenze → i logici chiamano “analisi e sintesi” le operazioni con cui sono scelti e organizzati i mezzi in relazione a un proposito. L’attività intelligente è distinta dall’attività senza meta per il fatto che implica una scelta di mezzi (analisi) attivi nella varietà di condizioni esistenti, e la loro sistemazione (sintesi) per conseguire uno scopo o un progetto che ha di mira > è ovvio che quanto più sarà immaturo il discente, tanto più semplici saranno i fini da perseguire e più rudimentali i mezzi impiegati. La giustificazione finale del laboratorio, della cucina, e così via nella scuola non è già nel fatto che favoriscono quella specie di attività o l’acquisizione di quelle abilità meccaniche che avviano gli alunni a fare attenzione alle relazioni fra mezzi e fini, e quindi alla considerazione del modo in cui le cose interagiscono fra loro per produrre certi effetti > se non si riuscirà a risolvere il problema dell’organizzazione intellettuale sulla base dell’esperienza, si verificherà certamente una reazione a favore dei metodi di organizzazione imposti dall’esterno. Ci sono già sintomi di questa reazione > si dice che le nostre scuole, vecchie e nuove, falliscono nel loro compito fondamentale = non sviluppano il discernimento critico e la capacità di ragionare. Se ne deduce che dobbiamo tornare alla logica dei principi primi quali sono formulati nella logica di Aristotele e di san Tommaso, perché i giovani possano disporre di un saldo punto di appoggio nella loro vita intellettuale e morale, e non siano alla merce di ogni soffio di brezza passeggera. Dewey non vede che 2 alternative fra cui l’educazione deve scegliere, se non vogliamo andare alla deriva senza meta: 1. Una consiste nel tentativo di indurre gli educatori a ritornare ai metodi e agli ideali intellettuali che sorsero secolo e secoli prima che apparisse il metodo scientifico 2. L’altra alternativa è la sistematica utilizzazione del metodo scientifico considerato come modello e ideale dell’intelligente esplorazione e sfruttamento delle possibilità implicite nell’esperienza. Il problema si pone con una forza particolare per le scuole progressive > se non si dedica un’attenzione costante allo svolgimento del contenuto intellettuale delle esperienze e al conseguimento di un’organizzazione incessantemente crescente di fatti e di idee, in fondo non si fa che rafforzare la tendenza a un ritorno reazionario verso l’autoritarismo intellettuale e morale. Il metodo sperimentale della scienza dedica maggiore importanza alle idee in quanto idee di qualsiasi altro metodo > non ci può essere esperimento in senso scientifico senza un’idea che diriga l’azione. Il fatto che le idee siano ipotesi e non verità definite, è la ragione per cui le idee sono più gelosamente esaminate e verificate nella scienza che altrove > la ragione di esaminarle scrupolosamente cessa soltanto dal momento in cui sono accolte come verità MA sino a che sono ipotesi devono essere costantemente soggette alla verifica e alla revisione. Idee o ipotesi sono verificate dalle conseguenze che provoca la loro attuazione = occorre osservare con cura e discernimento le conseguenze dell’azione. Il metodo dell’intelligenza che si manifesta nelle diverse tappe del procedimento sperimentale, esige che si conservino tracce delle idee, delle attività e delle conseguenze osservate = la riflessione riconsideri operazioni che comprendono tanto il discernimento quanto il ricordo dei tratti significativi di un’esperienza in corso > riconsiderare vuol dire riesaminare retrospettivamente quel che è stato fatto in modo da estrarne i significati netti, che sono il capitale di cui si vale l’intelligenza nelle esperienze future MA quel che è stato detto è che le esperienze per essere educative devono sfociare in un mondo che si espande in un programma di studio, programmi di fatti, di notizie e di idee > questa
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