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Esperienza e educazione, John Dewey, Sintesi del corso di Pedagogia

Riassunto dettagliato del saggio di John Dewey, "Esperienza e educazione".

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 30/04/2021

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mati_01 🇮🇹

4.6

(46)

45 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Esperienza e educazione, John Dewey e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia solo su Docsity! ESPERIENZA E EDUCAZIONE John Dewey INTRODUZIONE - Il pensiero di Dewey esercitò fin dai primi del XX secolo, una grandissima influenza pedagogica, filosofica, sociale e politica, sulla cultura non solo statunitense. - Dewey diede inizio al movimento dell’educazione progressiva, che prenderà poi il nome di attivismo. - La pedagogia, considerata fino a quel tempo un’attività teorica basata su filosofia e teologia, comincia ad essere pensata e studiata come scienza autonoma. - Alla base del pensiero di Dewey -> esperienza come base fondamentale della cultura e della conoscenza. MA è un’esperienza considerata come interazione tra soggetto e oggetto, fra organismo e ambiente (“TRANSAZIONE”) “Esperienza e educazione” -> pubblicato nel 1938, rappresenta la sintesi del suo pensiero sull’educazione e sulla scuola. Egli contrappone qua la sua posizione a quella dei conservatori che criticavano le scuole nuove e auspicavano un ritorno alla tradizione e al principio di autorità come fondamento pedagogico -> mette a nudo le differenze tra chi vuole una scuola e un’educazione autoritaria, e chi invece vuole mettere in pratica una scuola democratica e innovativa. Dewey non parla mai di pedagogia in questo scritto ma di una filosofia dell’educazione basata sull’esperienza, intesa come chiave di svolta per pensare e fare educazione. Quindi se si apprende grazie all’esperienza, allora l’insegnamento deve essere centrato sulle possibilità dell’alunno e la scuola deve essere PER TUTTI! Non tutte le esperienze sono però EDUCATIVE-> tutto dipende dalla qualità dell’esperienza. Se c’è la qualità, allora questa porterà alla libertà. Concetto di SETTING PEDAGOGICO-> insieme di regole che rendono reciproci i ruoli di insegnante e discente PREFAZIONE Anche nell’educazione vi sono delle idee contrastanti. Compito della filosofia dell’educazione non è trovare un compromesso tra le due parti, ma introdurre un nuovo ordine di idee che avvii nuove pratiche. Chi pensa al passato, anche se cercando di modificarlo, è sempre influenzato da esso! CAPITOLO 1 - EDUCAZIONE TRADIZIONALE E EDUCAZIONE PROGRESSIVA In ogni ambito della vita ci sono sempre delle teorie opposte. Anche all’interno della filosofia dell’educazione è così: si contrappongono (in termini di aut aut-> Kierkegaard) educazione tradizionale e educazione progressiva. EDUCAZIONE TRADIZIONALE: basata sull’idea che la materia dell’educazione sia formata da corpi di informazioni e di abilità che sono stati elaborati in passato, e quindi, il compito della scuola è trasmetterli alle generazioni future (ricorda molto il principio di autorità) Per quanto riguarda i metodi, ci viene in mente subito l’idea classica di scuola: aula scolastica consueta, i suoi orari, i suoi sistemi di classificazione, di esame, di promozione e le regole disciplinari. Lo scopo-> preparare il ragazzo alle responsabilità future e al successo nella vita. Dal momento in cui la materia è trasmessa dal passato, l’attitudine del discente deve essere quella della docilità, ricettività, obbedienza. I libri e i manuali rappresentano la saggezza e il sapere, mentre gli insegnanti sono meramente il tramite tra essi e i discenti.  è UN’IMPOSIZIONE DALL’ALTO! (imparare significa semplicemente acquisire ciò che è incorporato nei libri, inoltre è tutto molto statico-> in una società che al contrario, è in continuo cambiamento-> siamo nel ‘900!!) Secondo l’autore l’educazione progressiva nasce dal disagio provocato da quella tradizionale. EDUCAZIONE TRADIZIONALE Imposizioni dall’alto Disciplina esterna Imparare dai libri e dai maestri Preparazione per un futuro più o meno remoto Fini e materiali statici EDUCAZIONE PROGRESSIVA Espressione e cultura dell’individualità Libera attività Apprendere attraverso l’esperienza Massimo sfruttamento delle possibilità di vita del presente Familiarizzazione con un mondo in movimento È necessario però stare molto attenti: quando si cerca di far nascere un movimento, c’è sempre il pericolo che, nel soppiantare i fini e metodi di quello vecchio, quello nuovo, sviluppi i suoi principi negativamente. La costruzione deve avvenire a partire da una propria filosofia, e non dal rigetto dei principi vecchi! (es. il ripudiare ogni autorità esterna non significa ripudiare qualsiasi autorità, ma cercare piuttosto una più effettiva fonte di autorità!) CAPITOLO 3 – I CRITERI DELL’ESPERIENZA ESPORRE I PRINCIPI CHE SONO PIU’ SIGNIFICATIVI PER COSTRUIRE QUESTA TEORIA. 1- CATEGORIA DELLA CONTINUITA’/ CONTINUUM SPERIMENTALE-> principio implicito in ogni tentativo di distinguere le esperienze che hanno un valore educativo da quelle che non lo hanno. Una delle ragioni che ha favorito il movimento progressivo-> il fatto che esso sembrava più conforme all’ideale democratico (rispetto ai procedimenti della scuola tradizionale-> autocratici) + un’altra ragione-> il fatto che i suoi metodi sono umani (non rudi come quelli della scuola tradizionale)!! Ma perché noi preferiamo più i procedimenti democratici e umani, a quelli autocratici e duri? una delle cause forse-> ci è stato insegnato dappertutto (scuole, stampa, tribuna, leggi, codici...) che la democrazia è la migliore istituzione sociale. Ritorniamo ora al principio di continuum sperimentale-> la caratteristica fondamentale è che ogni esperienza fatta e subita modifica chi agisce e subisce, e al tempo stesso questa modificazione influisce sulla qualità dell’esperienze future. (è come se il soggetto fosse un po’ modificato) Quindi, in un certo senso, il principio della continuità dell’esperienza significa che ogni esperienza riceve qualcosa da quelle che l’hanno preceduta e modifica la qualità di quelle che seguiranno.  Il crescere, come svolgimento d.p.d.v. fisico, intellettuale e morale, è un esempio di continuità. Il problema della continuità è usato come criterio con cui discernere le esperienze che sono educative, da quelle che sono diseducative. Un’esperienza autentica non si compie solo all’interno di una persona ma ha un aspetto attivo, che cambia in qualche modo le condizioni obbiettive sotto cui si compie l’esperienza es. la differenza tra civiltà e stato selvaggio= consiste nel grado in cui le esperienze precedenti hanno cambiato le condizioni oggettive sotto le quali sono state compiute le esperienze posteriori (se noi distruggessimo strade, ponti ecc... -> quindi le condizioni esterne dei popoli civili), la civiltà retrocederebbe allo stato dei popoli barbari!  in breve, siamo ciò che siamo in base a ciò che è stato fatto e trasmesso dall’attività degli uomini che ci hanno preceduti. Compito dell’educatore-> riconoscere le esperienze che conducono alla crescita + utilizzare la situazione circostante, fisica e sociale, per estrarre gli elementi che contribuiscono a promuovere esperienze di valore. L’educazione tradizionale-> non se ne occupava minimamente. ≠ L’educazione progressiva esige questa partecipazione attiva dall’insegnate-> questa è un’altra > difficoltà rispetto all’educazione tradizionale! 2- INTERAZIONE essa assegna eguali diritti ai due fattori dell’esperienza, le condizioni obbiettive e le interne. -> qualsiasi esperienza è un gioco reciproco tra queste due condizioni. L’educazione tradizionale violava il principio da una parte (solo attenzione alle condizioni obbiettive) Un’esperienza è sempre quel che è in virtù di una TRANSAZIONE tra individuo e ambiente (inteso sia come persone, che come giochi, oggetti..)  l’ambiente sono le condizioni che interagiscono con bisogni, desideri, propositi e capacità personali per creare l’esperienza che si compie. I 2 principi: CONTINUITA’ E INTERAZIONE si collegano e si uniscono -> in caso contrario, quando la scissione raggiunge un certo punto, diciamo che l’individuo è folle. CAPITOLO 4 – CONTROLLO SOCIALE Se si considera l’educazione come esperienza di vita-> i pani e i progetti devono ispirarsi ad una teoria intelligente, una “filosofia dell’esperienza” basata sui 2 principi di interazione e continuità. L’autore poi esamina qualche esempio di controllo sociale che opera nella vita quotidiana e indaga su quali principi si regga: es. ragazzi che giocano a ricreazione o dopo scuola. I giochi implicano regole-> senza regole non c’è gioco, ma fin quando il gioco si svolge in modo lineare, liscio, i ragazzi non avvertono di essere sottomessi ad un’imposizione esterna. Poi però, può darsi che uno di loro senta che la decisione non è giusta e ciò lo irrita anche-> a quel punto, egli non si oppone alla regola ma alla violazione di essa. -> quindi, alla fine, le regole e la condotta del gioco sono elevate a modello.  Quindi, il controllo delle azioni individuali è fatto dall’intera situazione in cui gli individui sono compresi, e non sorgono dispute violente se non nel caso in cui x es. l’arbitro compia un’ingiustizia, e quindi nel caso in cui un individuo tenti di imporre ad altri la sua volontà personale. Tale esempio, mette in chiaro IL PRINCIPIO GENERALE DEL CONTROLLO SOCIALE SOPRA L’INDIVIDUO SENZA VIOLAZIONE DELLA SUA LIBERTA’. Con questo ovviamente Dewey non intende dire che non ci siano occasioni in cui l’autorità (es. genitore) non debba intervenire ed esercitare un controllo, ma il n^ di queste occasioni è limitato rispetto a quelle in cui il controllo si trova esercitato da situazioni di cui tutti prendono parte (e non da un’autorità!!) Nelle scuole nuove invece, la fonte principale del controllo sociale è riposta nella natura stessa del lavoro, inteso come un’impresa sociale, a cui tutti gli individui hanno modo di prendere parte e di cui si sentono responsabili. I ragazzi sono “SOCIEVOLI” CAPITOLO 7 – ORGANIZZAZIONE PROGRESSIVA DELLA MATERIA DI STUDIO Le condizioni oggettive implicite nell’esperienza, quali osservazione, memoria, informazione e immaginazione sono state identificate con “la materia del corso di studi”. Quando l’educazione è concepita in termini di esperienza-> tutte le materie di studio (aritmetica, scienze, storia, geografia…) devono essere tratte dal materiale che rientra nell’ambito dell’esperienza quotidiana. Inizialmente è facile è abbastanza facile, ma in un secondo momento, ciò che è stato sperimentato deve assumere una forma + piena, che gradualmente si avvicina quella in cui la materia si presenta a una persona competente e matura proprio questa trasformazione si compie fuori dalla scuola, ed è proprio questa che si è soliti chiamare “educazione”. Es. il bimbo inizialmente è circondato da oggetti molto limitati nello spazio e nel tempo-> poi entra in contatto, lo spazio e la durata della sua vita si dilatano e il mondo dell’esperienza si fa sempre più largo e fitto!  di per sé quindi abbiamo una prima fase, dove l’istruzione si collega all’esperienza che l’allievo già ha (dobbiamo dare molta attenzione ad essa), e una seconda, dove abbiamo lo svolgimento ordinato verso l’espansione e l’organizzazione del sapere verso l’esperienza. Ovviamente ad entrambe le fasi va data importanza (il continuum dell’esperienza educativa esige eguale attenzione), ma nella prima fase è sicuramente più difficile individuare esperienze che si connettano a quelle del passato in modo vitale. L’educatore insomma deve costantemente considerare quello che è già stato acquisito non già come un possesso statico, ma come un mezzo e uno strumento per aprire nuovi campi.  continuità nella crescita deve essere la parola d’ordine costante! Più di ogni altra attività (pensiamo x es. a medico o avvocato) l’educatore deve guardare lontano, è costretto a considerare il suo compito attuale in funzione del futuro. Ecco che di nuovo, il compito dell’educatore in una scuola progressista + più complesso di quello in una scuola tradizionale. -> quest’ultimo doveva semplicemente proiettarsi nel futuro in vista di fattori che rispondevano alle esigenze del sistema scolastico convenzionale (es. esami o promozione alla classe superiore). ≠ nel sistema progressivo-> non c’è un singolo corso di studi e un programma. L’unica via per uscire da sistemi scolastici che fanno del passato un fine di per sé è quello di imparare a conoscere il passato come un mezzo per intendere il presente. Ma ancora, l’educatore deve tener presenti due cose: 1- Il problema deve nascere dalle condizioni dell’esperienza presente e si deve contenere nel raggio delle capacità degli alunni 2- Il problema deve suscitare nell’educando una richiesta attiva di informazioni e da stimolarlo a promuovere nuove idee. Il processo di apprendimento è una spirale senza fine -> il vincolo del presente con il passato è un principio la cui applicazione non si limita allo studio della storia. CAPITOLO 8 – L’ESPERIENZA COME MEZZO E FINE DELL’EDUCAZIONE Riassunto di quanto detto finora e conclusioni. Premessa Questo breve saggio è stato pubblicato nel 1938 e appartiene quindi all'ultima fase della produzione di Dewey. Non contiene idee nuove, né dal punto di vista filosofico che pedagogico. E' piuttosto la sintesi matura del pensiero dell'autore sul tema generale dell'educazione e delle "scuole nuove", di cui Dewey era stato attivo sostenitore nei decenni precedenti. Lo scritto nasce dall'esigenza di rispondere alle critiche sempre più severe che contro le scuole nuove, e in generale le idee filosofiche e pedagogiche (e politiche: l'idea stessa di democrazia realizzata, di una scuola per tutti, formatrice di una società di eguali) che le sorreggevano erano state fatte a partire dalla crisi del 1929. La tesi di fondo è che le linee ispiratrici delle scuole nuove sono corrette, ma sono necessarie modifiche nella realizzazione del programma. In Esperienza ed educazione Dewey contrappone in modo netto il proprio pensiero filosofico a quello dei "conservatori", che pensano ad un ritorno alla tradizione precedente alle scuole nuove, ma non risparmia critiche alla effettiva gestione di queste scuole. E' poi significativo il fatto che Dewey consideri, in tutto lo scritto, le scuole nuove direttamente ispirate dalla concezione filosofica dell'esperienza: non parla di pedagogia, ma di filosofia dell'educazione. La dizione è senz'altro giustificata: tutto lo scritto (come del resto tutta l'opera di Dewey) è filosofica. Forse Dewey è davvero l'ultimo dei filosofi moderni in cui la pedagogia sia, in modo pieno, una disciplina filosofica. Sintesi Esperienza ed educazione è diviso in 8 brevi capitoli (soltanto il terzo, dedicato allo studio filosofico dell'esperienza, è più ampio). Vediamo quindi capitolo per capitolo. 1. Educazione tradizionale ed educazione progressiva La tesi di fondo di questo capitolo è che va respinta la meccanica contrapposizione tra l'educazione tradizionale e l'educazione progressiva (cioè le scuole nuove). Si tratta sì di una differenza radicale: le scuole tradizionali impongono programmi e metodo di apprendimenti che "rimangono estranei alle capacità effettive dell'alunno", propongono un sapere statico, codificato una volta per tutte e staccato dall'esperienza, e questo nel contesto di una società in cui "il cambiamento è la regola e non l'eccezione"; le scuole nuove, al contrario, dedicano grande attenzione alle effettive capacità degli allievi, tentando di svilupparne le potenzialità, e propongono un sapere legato all'esperienza e da questa risalgono dinamicamente alle teorie. Ma il problema vero è un altro: definiti i princìpi-guida per la scuola del futuro (e non potranno che essere quelli delle scuole nuove, e non quelli delle scuole tradizionali), il problema è tradurli in pratica in modo efficace. Ad esempio: la vecchia scuola era tutta centrata su una certa idea di organizzazione, gerarchica, centrata sull'autorità; la nuova scuola non dovrà respingere l'idea di organizzazione, ma dovrà porre il problema di come si possa costruire una buona ed efficiente organizzazione scolastica partendo non dal principio di autorità, ma dalla concreta esperienza, perché è attraverso quest'ultima che si impara. Il principio di fondo è infatti che "c'è un'intima e necessaria relazione fra il processo dell'esperienza effettiva e l'educazione". Ma se respingiamo l'idea che l'autorità debba essere imposta dall'esterno sugli allievi, come nella vecchia organizzazione scolastica, "il problema diventa quello di trovare i fattori del controllo nel seno dell'esperienza" [1]. Questo primo capitolo pone dunque il problema che sarà affrontato in tutto il saggio: non è sufficiente affermare il principio che l'educazione debba essere legata all'esperienza, respingendo il principio di autorità fine a se stesso al fine di una vera educazione alla libertà; infatti una educazione che dichiara di essere fondata sull'idea di libertà può essere tanto dogmatica quanto qualsiasi altra. E' infatti dogmatica ogni educazione che non sia basata su un esame critico dei propri fondamenti. E imporre il principio di libertà senza questo esame critico non è diverso che imporre qualsiasi altro principio. 2. Bisogno di una teoria dell'esperienza In questo capitolo Dewey precisa perché è indispensabile una teoria dell'esperienza, cioè una riflessione filosofica a monte del principio pedagogico di fondo, l'idea che si apprende in rapporto all'esperienza. Questo approfondimento filosofico è indispensabile perché non tutte le esperienze sono educative. Al contrario, ve ne sono di fortemente diseducative. E' solo un certo tipo di esperienza che consente l'educazione. La tesi è che vi sono due tipi di esperienze: alcune favoriscono l'acquisizione di nuove esperienze in futuro; altre limitano la possibilità di acquisire nuove esperienze in futuro. Da che cosa dipende questa differenza? Dalla qualità dell'esperienza che l'educatore propone. Non si tratta tanto del fatto che una esperienza sia nel momento in cui la si fa gradevole o meno; questo è relativamente secondario, perché vale solo per il momento. Il problema è l'effetto nel lungo periodo: è la sua influenza sulle esperienze ulteriori. In sintesi: "Il problema centrale di un'educazione basata sull'esperienza è quello di scegliere il tipo di esperienze presenti che vivranno fecondamente e creativamente nelle esperienze che seguiranno". 3. Criteri dell'esperienza E' il capitolo centrale del saggio, che definisce filosoficamente la nozione di esperienza. Il punto di partenza è dato dal fatto che ciò di cui stiamo parlando è l'educazione per tutti: serve una nozione di esperienza che fondi una educazione democratica, che consenta davvero, operativamente, di favorire lo sviluppo di una società democratica. Tuttavia, perché preferiamo la democrazia e insistiamo tanto su un principio educativo efficace per tutti? La risposta di Dewey è nettissima: la ragione è che "gli ordinamenti sociali della democrazia promuovono una qualità superiore di esperienza umana, un'esperienza più largamente accessibile e possibile che non le forme di vita sociale non democratiche". E' questa qualità superiore l'obiettivo ultimo, ed è un obiettivo politico, su base filosofica (l'idea che la vita dell'uomo possa avere livelli qualitativi diversi in relazione a forme diverse di esperienza) [2]. Qual è dunque la visione filosofica dell'esperienza che dobbiamo utilizzare per la costruzione di un corretto concetto di educazione? Dobbiamo richiamare tre principi.
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