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Esperienza e educazione, John Dewey, Sintesi del corso di Didattica generale e speciale

Riassunto dettagliato capitolo per capitolo

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 06/08/2019

Utente sconosciuto
Utente sconosciuto 🇮🇹

4.2

(19)

8 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Esperienza e educazione, John Dewey e più Sintesi del corso in PDF di Didattica generale e speciale solo su Docsity! In Esperienza ed educazione Dewey contrappone in modo netto il proprio pensiero filosofico a quello dei "conservatori", che pensano ad un ritorno alla tradizione precedente alle scuole nuove, ma non risparmia critiche alla effettiva gestione di queste scuole. Dewey considera le scuole nuove ispirate dalla concezione filosofica dell'esperienza: non parla di pedagogia, ma di filosofia dell'educazione. La dizione è giustificata: tutto lo scritto è filosofico. Esperienza ed educazione è diviso in 8 brevi capitoli (soltanto il terzo, dedicato allo studio filosofico dell'esperienza, è più ampio. 1. Educazione tradizionale ed educazione progressiva La tesi di fondo di questo capitolo è che va respinta la meccanica contrapposizione tra l'educazione tradizionale e l'educazione progressiva (cioè le scuole nuove). Si tratta di una differenza radicale: • Le scuole tradizionali impongono programmi e metodo di apprendimento che "rimangono estranei alle capacità effettive dell'alunno", propongono un sapere statico, codificato una volta per tutte e staccato dall'esperienza, e questo nel contesto di una società in cui "il cambiamento è la regola e non l'eccezione". La vecchia scuola era tutta centrata su una certa idea di organizzazione, gerarchica, centrata sull'autorità; l’educazione era fondata su basi elaborare in passato e tramandate ed imposte agli alunni con regole rigide. L’alunno doveva essere docile e obbediente e imparare dai libri e dai materiali imposti dagli insegnanti, generando passività da parte degli alunni; • Le scuole nuove, al contrario, dedicano grande attenzione alle effettive capacità degli allievi, che non imparano con i libri imposti dai maestri fa facendo esperienze e sviluppando le loro potenzialità. La nuova scuola nasce come rivoluzione contro quella tradizionale e non respinge l'idea di organizzazione, ma pone il problema di come si possa costruire una buona ed efficiente organizzazione scolastica partendo non dal principio di autorità, ma dalla concreta esperienza, perché è attraverso quest'ultima che si impara. Il principio di fondo è infatti che "c'è un'intima e necessaria relazione fra il processo dell'esperienza effettiva e l'educazione". Ma se respingiamo l'idea che l'autorità debba essere imposta dall'esterno sugli allievi, come nella vecchia organizzazione scolastica, "il problema diventa quello di trovare i fattori del controllo nel seno dell'esperienza". Questo primo capitolo pone dunque il problema che sarà affrontato in tutto il saggio: non è sufficiente affermare il principio che l'educazione debba essere legato all'esperienza, respingendo il principio di autorità fine a sé stesso al fine di una vera educazione alla libertà; infatti una educazione che dichiara di essere fondata sull'idea di libertà può essere tanto dogmatica quanto qualsiasi altra. È infatti dogmatica ogni educazione che non sia basata su un esame critico dei propri fondamenti. 2. Bisogno di una teoria dell'esperienza In questo capitolo Dewey precisa perché è indispensabile una teoria dell'esperienza, cioè una riflessione filosofica a monte del principio pedagogico di fondo, l'idea che si apprende in rapporto all'esperienza. Questo approfondimento filosofico è indispensabile perché non tutte le esperienze sono educative. Al contrario, ve ne sono di fortemente diseducative. È solo un certo tipo di esperienza che consente l'educazione. La tesi è che vi sono due tipi di esperienze: · alcune favoriscono l'acquisizione di nuove esperienze in futuro; · altre limitano la possibilità di acquisire nuove esperienze in futuro. Questa differenza dipende dalla qualità dell'esperienza che l'educatore propone. Si tratta dell'effetto nel lungo periodo: è la sua influenza sulle esperienze ulteriori. In sintesi: "Il problema centrale di un'educazione basata sull'esperienza è quello di scegliere il tipo di esperienze presenti che vivranno fecondamente e creativamente nelle esperienze che seguiranno". Dewey si pone domande sull’educazione tradizionale e ne trae due conclusioni: - È sicuro che i ragazzi nelle scuole tradizionali facciano esperienza; - Queste esperienze non sono in relazione con il futuro dell’alunno. La filosofia dell’educazione deve disporre di un piano educativo che abbia chiaro ciò che si vuole perseguire e come. L’errore più comune dell’educazione tradizionale è cadere nella routine e accontentarsi, di accettare un programma scolastico. La nuova filosofia dell’educazione si basa su idee ragionate per fare esperienza dall’esperienza. 3. Criteri dell'esperienza È il capitolo centrale del saggio, che definisce filosoficamente la nozione di esperienza. Serve una nozione di esperienza che fondi una educazione democratica, che consenta lo sviluppo di una società democratica. "Gli ordinamenti sociali della democrazia promuovono una qualità superiore di esperienza umana, un'esperienza più largamente accessibile e possibile che non le forme di vita sociale non democratiche". E' questa qualità superiore l'obiettivo ultimo, ed è un obiettivo politico, su base filosofica (l'idea che la vita dell'uomo possa avere livelli qualitativi diversi in relazione a forme diverse di esperienza) . Per conoscere la visione filosofica dell'esperienza che dobbiamo utilizzare per la costruzione di un corretto concetto di educazione dobbiamo richiamare tre principi. • Principio di continuità (continuità: forza propulsiva). L'uomo attraverso l'esperienza crea abitudini, cioè comportamenti che gli consentono di interagire con il mondo. In questo contesto "ogni esperienza fatta e subita modifica chi agisce e subisce, e al tempo stesso questa modificazione influenza la qualità delle esperienze seguenti". Ne deriva il principio di continuità: "Il principio di continuità dell'esperienza significa che ogni esperienza riceve qualcosa da quelle che l'hanno preceduta e modifica in qualche modo la qualità di quelle che seguiranno". C'è quindi sempre una qualche forma di continuità nell'esperienza: si tratta di fare in modo che l'influenza di ciascuna esperienza sulle successive sia positiva, favorisca cioè l'acquisizione di nuove esperienze qualitativamente di grado più elevato. • Principio di crescita (nel testo: crescenza, secondo una traduzione di quasi cinquant'anni fa). L'educazione è ben riuscita quando la continuità dell'esperienza consente una crescita effettiva dell'uomo, in termini di capacità di acquisizione di nuove esperienze, di una migliore capacità di interagire positivamente col mondo, imparando continuamente dall'esperienza. "Per esempio, un ragazzo che impara a parlare ha una nuova facilità e un nuovo desiderio. Ma egli ha anche ampliato le condizioni esterne dell'imparare ulteriore. Quando impara a leggere, gli s'apre ad un tempo un nuovo ambiente intorno a sé". È possibile che la crescita si blocchi a causa del fatto che la continuità ha determinato abitudini che bloccano, piuttosto che favorire, l'acquisizione di nuove esperienze. Compito dell'educatore è fare in modo che questo non avvenga. È sua responsabilità fare in modo che non avvenga, e Dewey si dichiara quindi contrario ad ogni spontaneismo pedagogico e a favore di una organizzazione del lavoro che dia luogo ad una corretta programmazione delle esperienze. Anche per l'educatore deve imparare dall'esperienza ed è in nome della sua superiore esperienza che è capace di guidare i giovani, senza ledere la loro libertà. All'insegnante "spetta la responsabilità di creare le condizioni per un genere di esperienza presente che abbia un effetto favorevole sul futuro". Non va dimenticato il fatto che l'educazione è sempre una trasmissione di esperienze tra le generazioni. La comprensione dell'esperienza deve dunque tenere conto del fatto che il presente può essere compreso, in funzione dell'azione, e quindi del futuro, soltanto se si comprende il passato che lo ha generato. Dewey si dimostra contrario ad una educazione che dimentichi il passato, ma anche ad un'educazione rivolta a far rivivere il passato; è invece favorevole ad una educazione che, attraverso l'esperienza del presente, permetta di intenderlo attraverso il passato, orientando il giovane verso il futuro. • Principio di interazione. Grazie all’interazione vengono messe sullo stesso piano le condizioni esterne ed interne che insieme danno vita alla situazione. Le condizioni dell’esperienza sono quindi due: una condizione esterna (oggetto), che può essere posta sotto il controllo dell’educatore in una situazione strutturata come quella scolastica, ed una interna (soggetto), di cui l'educatore deve tenere conto e che è molto più difficile non solo da controllare ma anche da conoscere. "Qualsiasi esperienza normale è un gioco reciproco di queste due serie di condizioni. Prese insieme, e nella loro interazione, costituiscono quella che io chiamo situazione". Questi due principi viaggiano insieme si intersecano per costruire un’esperienza di qualità. Se così non fosse il corso dell’esperienza sarebbe disordinato, ci sarebbe un mondo diviso le cui parti e i cui aspetti non si legano l’uno con l’altro e che quindi può generare, secondo Dewey, una personalità scissa e se questa scissione raggiunge un certo livello si affermerà che l’individuo è folle. La responsabilità dell’educatore è quella di creare situazioni di apprendimento che rispettino i principi di continuità e di crescita, legando insieme passato, presente e futuro. Coniugare nell’esperienza il soggetto e l’oggetto. 4. Controllo sociale Nel quarto capitolo Dewey esamina la questione del controllo sociale. Nelle scuole tradizionali è esercitato dall'esterno, attraverso il principio di autorità. Non si può più utilizzare l'autorità in modo tradizionale. Ma questo non significa rinunciare al controllo e accettare il caos nelle scuole. Nella vita normale tutti i cittadini adulti vivono in condizioni di forte controllo sociale e non vedono per questo limitata la loro libertà. Prendiamo come esempio un gruppo di bambini che giorno scontrino: il gioco per essere tale deve avere delle regole, senza regole non c’è gioco. Se nascono dei conflitti ci sarà un arbitro qui appellarsi, altrimenti il gioco non prosegue e termina. Solitamente, i conflitti sorgono quando un individuo tenta di imporre ad altri la tua volontà, questo perché di solito i giochi implicano competizioni. Attraverso il gioco i ragazzi imparano la differenza tra un’azione motivata dal potere personale dal desiderio di imporla e l’azione è giusta perché
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