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"Esperienza e Educazione", John Dewey (recensione), Prove d'esame di Pedagogia

Recensione relativa al testo "Esperienza e Educazione" di John Dewey per esame di Pedagogia Generale

Tipologia: Prove d'esame

2017/2018
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Caricato il 22/06/2018

Ale0017
Ale0017 🇮🇹

4.3

(9)

5 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica "Esperienza e Educazione", John Dewey (recensione) e più Prove d'esame in PDF di Pedagogia solo su Docsity! “Esperienza e educazione” John Dewey Relatore Vanna Boffo Candidato Alessia Cipolla Noemi Bernardini Giada Bozzuto Giada Cavallini Sara Castellacci Anno Accademico 2016/2017 Scuola di Studi Umanistici e della Formazione Corso di Laurea in Scienze dell’Educazione e della Formazione METODO DI GRUPPO DEL LAVORO: Prima di iniziare il progetto, l’intero gruppo si è riunito al fine di decidere in maniera condivisa su quali testi redigere la recensione e su quale invece realizzare unicamente la scheda. Successivamente, ogni membro si è impegnato nella lettura dei libri scelti, soffermandosi ad analizzare in maniera attenta e precisa i concetti principali in relazione al contesto di riferimento. Partendo da questo lavoro di lettura e analisi è stata poi redatta una scaletta, all’interno della quale è stato stabilito quali realmente fossero le tematiche più importanti sulle quali sarebbe poi stato svolto l’intero progetto. Dopodiché abbiamo preferito assegnare diverse sezioni dell’elaborato a ciascuno di noi per ricavarne una prima stesura che in un primo momento sembrava essere priva di collegamenti tra le singole parti, ma grazie a quanto emerso dalla lettura personale dei volumi è stato poi possibile ripartire tutti insieme attraverso un’accurata revisione. Questa ci ha consentito di realizzare la scrittura corretta del progetto mediante un metodo di lavoro mirato al raggiungimento di uno scambio di conoscenze e apprendimenti relativi all’argomento trattato. Infatti, fin dall’inizio, è stato per noi estremamente importante creare un tipo di lavoro in cui ogni argomento o tema trattato fosse condiviso e lavorato insieme, ma soprattutto compreso in modo tale che ciascuno potesse dare il proprio contributo in maniera consapevole, senza rimanerne escluso. Attraverso questa particolare metodologia di lavoro è stato possibile sviluppare il progetto in un clima di serenità e collaborazione, sempre favorevole allo scambio di idee ed opinioni, fondamentali per la creazione di una recensione originale e ricca di contenuti. Difatti, come la stessa sociologia afferma, il gruppo è dato da due o più individui che hanno uno scopo comune da raggiungere e che è caratterizzato da un rapporto di interdipendenza tra i membri del gruppo; dunque proprio per questo ci siamo da subito impegnate nel cercare di mantenere sempre chiaro l’obiettivo da raggiungere e allo stesso tempo ad offrire aiuto e sostegno reciproco con la capacità di mettere in discussione le proprie opinioni a riguardo e, di conseguenza accettare le idee che emergono dal confronto di gruppo. ambiente sociale ideale e costruttivo per lo sviluppo delle energie individuali. Questa teoria, viene applicata da Dewey all’insegnamento scolastico, per cui ne deriva che le esperienze non devono essere imposte dall’insegnante, ma nascono da impulsi naturali degli alunni: il ruolo dell’educatore consiste nell’assecondare tali impulsi in modo da garantire lo sviluppo di un’esperienza ulteriore. “L’esperienza non è primariamente “conoscenza”, ma “modi di fare e di patire”. Con questa affermazione, John Dewey cerca di definire il concetto di esperienza intesa come un rapporto tra ambiente e uomo, dove si presuppone che quest’ultimo agisca e reagisca con ciò che lo circonda, senza essere uno spettatore passivo. Questa si può definire realmente educativa solo nel momento in cui parte dalla quotidianità del soggetto, da ciò che si è sperimentato, per dargli una forma più piena e organizzata. I criteri per definire un’esperienza educativa sono quattro: 1.Continuità; 2.Crescita;3.Libertà/Democrazia; 4.Interazione.Tuttavia, non tutte le esperienze sono positive e diviene quindi fondamentale il ruolo dell’educatore: “La differenza è data dalla qualità dell’esperienza che l’educatore propone.” Al contrario ve ne sono di fortemente diseducative, ossia quelle esperienze che limitano la possibilità di acquisire nuove esperienze in futuro. Prestando attenzione a questo tipo di esperienze e attraverso la creazione di una scena educativa adatta in cui si intrecciano l’aspetto affettivo e quello cognitivo(setting), sarà possibile permettere lo sviluppo di quello che Dewey definisce proposito, ossia un impulso, un desiderio riflettuto che conduce al reale apprendimento e ad uno sviluppo progressivo. Quest’ultimo è il primo obiettivo di una scuola attiva che si opponeva all’educazione tradizionale i cui “…effetti erano tutti volti a generare performance anziché esperienze.” Dewey affronta anche la questione del controllo sociale, facendo riferimento alle scuole tradizionali, in quanto in quest’ultime era esercitato un principio di autorità che limitava la libertà. Al contrario, nella scuola idealizzata dall’autore il controllo sociale deve portare al rispetto della libertà soggettiva senza però accettare caos e/o disordine. Con il passare degli anni, l’opera, di natura polemica, si è dimostrata in grado di esprimere al meglio l’importanza di un rinnovamento in ambito educativo, esponendo con chiarezza e profondità il nesso indissolubile e organico che congiunge educazione ed esperienza. Quest’ultima, infatti, ancora oggi troppo spesso non viene considerata con la giusta importanza, dimostrando quanto il testo sia ancora di grande attualità nel dibattito tra “tradizionalisti” ed “innovatori”, che proprio come fece il grande filosofo John Dewey, continuano a battersi con passione per sostenere l’istituzione scolastica che si trova, così come allora, in una delle sue crisi più profonde. “Io non so a che servirebbe la maggior maturità dell’insegnante e la sua più estesa conoscenza del mondo, delle materie di studio e degli individui, se egli non fosse in grado di disporre le condizioni che promuovono l’attività della comunità..” CONTESTO DI RIFERIMENTO E TEMA DEL SECONDO TESTO: Don Lorenzo Milani ha vissuto in un periodo storico non particolarmente roseo: la seconda guerra mondiale e gli anni del dopo guerra. In questi anni così difficili, l’istruzione passava in secondo piano, nonostante ciò nel corso del Novecento ci sono state varie leggi e riforme riguardanti tale tema. Una legge importante da citare è la riforma Gentile, entrata in vigore nel 1923. La nuova riforma prevedeva una scuola preparatoria, che corrispondeva all’odierna scuola dell’infanzia e una scuola elementare, della durata di cinque anni, al termine della quale vi era l’istruzione media di primo grado. Si sceglieva se frequentare il ginnasio, il quale dava acceso al liceo, scientifico e femminile, oppure se frequentare l’istituto tecnico, l'istituto magistrale o la scuola complementare, destinata a coloro che non erano interessati a continuare gli studi. Questa riforma privilegiava, principalmente, l’istruzione classica e le discipline umanistiche, lasciando in una posizione inferiore l’istruzione scientifica e soprattutto l’istruzione tecnica e professionale. Questo impianto classista e la valorizzazione di determinati indirizzi di studio piuttosto che altri produsse automaticamente un primo dislivello culturale e sociale tra le varie classi sociali. Successivamente, dopo molte resistenze, con la fine della Seconda guerra Mondiale e la nascita della Repubblica, entrò in vigore l'articolo 34 della Costituzione italiana, il quale prevedeva l'obbligatorietà e la gratuità scolastica per almeno 8 anni. Nel 1962 nasce poi la scuola media unificata e l'obbligo scolastico fino a 13 anni. Tuttavia, nonostante venne abolito il sistema per cui i ragazzi e le loro famiglie erano costretti a scegliere alla fine delle elementari se continuare a studiare o meno per proseguire alla scuola media superiore o all'avviamento professionale, la dispersione scolastica rimase comunque altissima. A tal proposito in modo accusatorio i ragazzi di Barbiana, sotto la guida del priore Don Milani Comparetti, denunciano con fermezza e determinazione: “La vostra scuola dell’obbligo ne perde per strada 462.000 l’anno". “A questo punto gli unici incompetenti di scuola siete voi che li perdete e non tornate a cercarli”. Non noi che li troviamo nei campi e nelle fabbriche e li conosciamo da vicino. I problemi della scuola li vede la mamma di Gianni, lei che non sa leggere. Li capisce chi ha un cuore, come un ragazzo bocciato che ha la pazienza di metter gli occhi sulle statistiche”. Infatti continuavano a studiare in pochissimi, ovvero coloro che provenivano da una famiglia agiata, che possedeva i mezzi economici per poterlo fare, mentre le famiglie più povere , come i contadini e i cosiddetti "montanari" di Barbiana, molto spesso, rinunciavano in partenza a ad avvicinarsi agli studi: i pochi che tentarono di accedere alla scuola, " tagliata su misura dei ricchi", vennero ben presto bocciati, ritornando così a lavorare nelle campagne, così come avevano fatto i propri genitori. Dunque é chiaro che l'Italia fosse un paese caratterizzato da grande povertà e arretratezza sia culturale che sociale, con un sistema scolastico che tendeva a riprodurre le disuguaglianze di partenza, favorendo solo coloro che rientravano in certa cerchia di individui, non assolvendo, perciò, il suo compito di luogo di riscatto sociale, culturale e professionale per i più svantaggiati. Il libro “Lettera a una professoressa” è stato pubblicato nel 1967 dagli studenti della scuola di Barbiana con la supervisione del loro maestro Don Lorenzo Milani. Quest’ultimo, dopo essere diventato sacerdote nel 1947, fu inviato a San Donato di Calenzano(FI), dove lavorò per una scuola popolare di operai e poi nel 1954 a Barbiana, nel comune di Vicchio (Mugello) dove si impegnò per offrire ai ragazzi di questo minuscolo e sperduto paese la possibilità di accedere alla cultura e ad un futuro migliore.Da qui parte la stesura della seguente opera che fu scritta con l’intento di denunciare il divario che il sistema scolastico aveva creato tra le persone più ricche e quelle più povere, lasciando cosi la maggior parte della popolazione nel più totale analfabetismo . Il concetto di diseguaglianza trattato dal testo è un punto cardine del pensiero di Don Milani Comparetti il quale era un sostenitore delle pari opportunità e per questo si batteva per esse. “Lettera a una professoressa” venne pubblicato solo dopo la morte del Sacerdote e fu un elemento fondamentale durante i moti studenteschi del 1968. Negli anni ’50 e ’60 del Novecento, ossia gli anni del dopo guerra, la scuola risultava essere classista e di differenziazione sempre più irrimediabile, invece che un luogo di formazione e di educazione. Infatti il sistema scolastico era regolato dal 1923 dalla legge Gentile, definita la più fascista delle riforme poiché prevedeva una rigida divisione dei vari ordini scolastici sulla base della propria estrazione sociale e culturale. Dunque, mediante tale organizzazione selettiva, gli studenti più poveri venivano spinti ad abbandonare la scuola e il proprio percorso formativo, facendo, di conseguenza, aumentare il livello di dispersione scolastica e favorendo, invece, coloro che avevano alle spalle una famiglia già istruita e dotata dei giusti mezzi economici. All’interno dell’opera è possibile individuare alcune metodologie di insegnamento e alcuni riferimenti teorici che Don Milani ha ripreso da alcuni suoi predecessori. Fra queste troviamo il mutuo insegnamento, ossia insegnamento reciproco tra studenti, la pratica dell’inclusione e dell’accoglienza, dell’insegnamento individualizzato e personalizzato per il quale diviene fondamentale prestare attenzione alle inclinazioni e competenze di ciascuno attraverso l’utilizzo di un materiale didattico che consenta lo sviluppo corretto del soggetto, oltre che un ambiente scolastico caratterizzato da maggiore democrazia, rispetto e senso di responsabilità l’uno verso l’altro. Tutti questi sono aspetti fondamentali su cui la scuola del passato e anche quella del presente deve riflettere affinché venga garantito il “diritto allo studio” che ancora oggi in molte occasioni e situazioni non viene del tutto applicato, come dimostrano i frequenti fenomeni di disagio ed emarginazione sociale e scolastica. Nel testo “Lettera ad una professoressa”, elaborato dalla scuola di Barbiana, sono diverse le tematiche poste all’attenzione del lettore. Una delle principali, è sicuramente data dal concetto di disuguaglianza, termine che in questo caso DIARIO DI BORDO: Nella realizzazione di questo particolare progetto le difficoltà incontrate non sono state molte, tuttavia, quelle poche che si sono presentate non sono state così semplici da risolvere. Difatti, il problema principale è stato rappresentato dall’esigenza di incontrarsi per svolgere l’elaborato, in quanto ognuno di noi aveva delle esigenze, dei programmi, degli orari e degli impegni diversi, che sono stati difficili da abbinare insieme rendendo dunque difficoltosa la decisione dei giorni in cui incontrarsi per lavorare al compito assegnatoci. Ovviamente, affinché questo aspetto non divenisse un impedimento per il corretto svolgimento del compito, è stato necessario un maggiore impegno da parte di ogni membro del gruppo. Inoltre, non sempre è stato facile decifrare e comprendere alcuni concetti esplicati all’interno dei volumi scelti, in quanto scritti in un linguaggio spesso poco accessibile. In ogni caso, successivamente, grazie a delle specifiche lezioni tenute dalla professoressa Boffo e dalla Dottoressa Gaia Gioli, è stato possibile orientarci in maniera discreta nello studio delle due opere “Esperienza e educazione” di John Dewey e “Lettera ad una professoressa” della scuola di Barbiana. Grazie allo svolgimento di questo elaborato non solo sono state apprese molteplici conoscenze riguardanti l’aspetto pedagogico dei testi scelti, come ad esempio l’importanza dell’esperienza nell’educazione o di offrire a tutti, indipendentemente dalle condizioni sociali o economiche, le stesse opportunità, con la consapevolezza che la forza di un gruppo sono le persone con le proprie difficoltà, ma anche lo sviluppo di competenze comunicative e socio-relazionali, oltre alla capacità di collaborazione. Quest’ultime, risultano essere fondamentali per adempiere al meglio il ruolo di educatore/trice, che lavorando in equipe si trova quotidianamente a confrontarsi e a dover collaborare con altre figure professionali , dunque siamo contente del fatto che tale lavoro sia stato utile a prepararci al nostro futuro professionale e siamo estremamente soddisfatte del lavoro realizzato e del metodo utilizzato.
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