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Esperienza ed educazione, Sintesi del corso di Pedagogia

Riassunto del libro J. Dewey per esame Pedagogia Contemporanea 2° modulo

Tipologia: Sintesi del corso

2016/2017

Caricato il 24/11/2017

shalini-lalitha-mo
shalini-lalitha-mo 🇮🇹

4.5

(2)

5 documenti

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Scarica Esperienza ed educazione e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia solo su Docsity! ESPERIENZA E EDUCAZIONE DEWEY: educazione progressiva/attivismo, sottolinea gli scopi sociali in educazione. Pedagogia prima intesa come attività teorica e dogmatica basata su filosofia, etica, teologia, psicologia empirica, poi diventa scienza autonoma con metodologia sperimentale. Legame con evoluzionismo e pragmatismo (Peirce e James): ESPERIENZA concreta è la base della cultura e della conoscenza, essa tende a modificare attivamente l’ambiente naturale e sociale e a proiettarsi progettualmente verso azioni future, non è semplicemente ricezione passiva di impressioni sensibili. Esperienza riduce il dualismo interno/esterno: non c’è soggetto che fa esperienza di un oggetto, i termini sono in interazione, transizione, nessuno dei due sussiste al di là della relazione. Nell’esperienza sono in gioco precarietà e l’individuo attua uno sforzo di adattamento servendosi della ragione/attività intelligente. La scienza dell’educazione si apre verso l’indagine biologica, psicologica, filosofica e sociale e verso le fonti concrete della pratica educativa, che riproduce in modo amplificato la ricchezza e l’immediatezza di esperienze del mondo in cui viviamo, che veicolano il cambiamento. I conservatori affermano il principio di autorità e criticano le “scuole nuove”, Dewey risponde con le teorie dell’interazione, della continuità dell’esperienza e della situazione alla base di una filosofia dell’educazione basata sull’esperienza, chiave di volta per pensare e fare educazione. Educare=accrescere l’ambito di esperienza di educatore ed educando, la relazione tra loro è l’effetto delle interazioni tra le loro storie, i fatti sociali, gli eventi singoli nella trama della situazione. È centrale il discente con la sua esperienza e le sue esigenze vitali. Scuola=comunità di pratica educante. Esperienza è inizio e fine per l’elaborazione di una teoria, la cui validità si trova nella pratica (circolarità). L’esperienza non è conoscenza ma modo di fare e patire. LIBERTA’ generata da fattori esterni (contesto materiale/ simbolico) e interni (psicologici). Non tutte le esperienze sono educative, dipende dalla QUALITA’=se vive fecondamente nelle esperienze successive; esperienze democratiche di qualità superiore. La qualità si lega all’allestimento dell’ambiente educativo, capace di aprire possibilità di accedere a un luogo di intreccio delle relazioni e di ampliamento delle possibilità di esperienza=SPAZIO GENERATIVO e DI DISPONIBILITA’. SETTING PEDAGOGICO=assetto interno di insegnati/ragazzi a partire dalle regole che rendono possibili i ruoli reciproci; è un ponte per accedere ai livelli più profondi, permette di organizzare il gioco relazionale orientandolo in modo educativo e con rimandi all’esperienza formativa sociale. Educazione=DISPOSITIVO=sistema di procedure in atto, congegno che crea pratiche specifiche e discorsi in cui la relazione e i contenuti sono giocati in una strategia pedagogica. L’educazione tradizionale non genera esperienze ma performances, la scuola invece è da intendere come SCENA EDUCATIVA, campo di esperienza materiale e simbolica, relazione e comunicazione, fa sperimentare la profondità della comunicazione e modifica i contenuti, mostra limiti e opportunità. Ciascuno è responsabile di ciò che accade nella scena educativa, creata con la propria azione e con gli effetti che essa genera. Si sperimenta il campo AFFETTIVO non in modo impulsivo ma in base al “significato del proposito”: il desiderio è tradotto in piano e metodo d’azione basato sulla previsione di conseguenze e in base a condizioni specifiche affettivo e cognitivo si intrecciano, riflettere sull’esperienza ed esaminare le fondamenta dei sentimenti e delle convinzioni degli attori. Fondamentale il desiderio di apprendere perché apprendimento sia reale e autentico: esperienza che mostri nella sua materialità la forza di attrazione che l’esperienza stessa di apprendimento può generare nel campo esistenziale. ESPERIENZA come mezzo e fine dell’educazione. Corpi sulla scena educativa mostrano la profondità dell’esperienza, irriducibile alla performance del momento; è irriducibile alla “infuturazione”, vivere la qualità della presenza attuale e non proiettare continuamente le proprie esigenze nel futuro. Principio di continuità educativa e di interazione MEAD: aspetti socioculturali della costruzione degli habiti + prospettiva temporale, attenzione al processo di costruzione e formazione di sé; non si comprende la natura del tempo se non si tematizza il rapporto di esso con l’emergente. Il presente è luogo di emergenza, ma l’emergente eccede rispetto alla situazione da cui proviene, è irriducibile ad essa. Emergente ha le stesse caratteristiche dell’evento educativo, porta sempre discontinuità e squilibrio e una storia osservabile, accade in prospettiva, in una situazione. Bertin e Bertolini: progettare l’esistenza/esistere pedagogico. L’emergente ristruttura l’esperienza educativa quando è praticato da un soggetto e un ambiente relativamente estranei. Il mondo diventa ciò che significa: la storia di formazione e l’orizzonte temporale sono testimoni della profondità dell’esperienza pedagogica (osservazione+memoria). La formazione è RICOSTRUZIONE in collegamento tra sistema educativo e sociale, è un processo che si svolge nel tempo e ogni periodo successivo completa il precedente. Attenzione clinica dell’educatore all’individualità, alla qualità dell’esperienza, per arrivare a comprendere le strutture base dell’esperienza pedagogica di un soggetto non singolo ma trans-individuale. L’educazione trasforma la vita diffusa in esperienza. L’interazione e la transazione sono strumenti etici e politici, nell’esperienza che mette alla prova le teorie pedagogiche, ogni uomo può essere educato alla responsabilità e alla partecipazione. 1. EDUCAZIONE TRADIZIONALE E EDUCAZIONE PROGRESSIVA Tendenza a pensare per opposti, in educazione si contrappongono l’idea di educazione come sviluppo da dentro e quella di formazione da fuori, ovvero tra EDUCAZIONE TRADIZIONALE e EDUCAZIONE PROGRESSIVA. A. Informazioni e abilità elaborati in passato da trasmettere alle nuove generazioni, regole di condotta a cui conformarsi con addestramento morale, docilità, ricettività e obbedienza. La saggezza del passato è trasmessa dagli insegnanti che comunicano conoscenze e abilità e stabiliscono le regole. Imposizione dall’alto di programmi estranei alle capacità effettive degli allievi, che non partecipano propositi, capacità personali a creare l’esperienza). Continuità e interazione non sono separate, c’è continuo passaggio da una situazione all’altra in parti diverse di uno stesso mondo. Una personalità è integrata se le successive esperienze sono integrate le une con le altre. Continuità+Interazione=valore educativo di un’esperienza. La prima preoccupazione dell’educatore è alle condizioni oggettive, la responsabilità di influenzare direttamente l’esperienza degli altri impone il dovere di determinare l’ambiente che interagirà con i loro bisogni e capacità, in modo da offrire un’esperienza di valore. Nell’educazione tradizionale non si consideravano questi fattori, in particolare non si riconoscevano i valori degli educandi e delle loro risposte. La responsabilità di scegliere condizioni oggettive porta on sé la necessità di comprendere le attitudini degli individui specifici con cui ci si relaziona, per calibrare su di essi l’esperienza e perché non ci sono insegnamenti che sono educativi a priori, devono essere adeguati. L’educazione tradizionale imponeva materiali standard, regolava solo quantità e difficoltà, ma non adattare il materiale rende l’esperienza non educativa. La continuità implica che il futuro deve sempre essere tenuto presente, ma far acquisire certe abilità e nozioni solo allo scopo di un’utilità futura, non ha effetti educativi, non le rende utilizzabili in modo costruttivo, poi se gli apprendimenti sono settoriali restano scissi dall’esperienza presente. Grande errore pedagogico: pensare che apprendere contenuti si limiti ad essi, collateralmente invece si formano anche attitudini durature favorevoli o repulsive verso l’apprendimento stesso, l’attitudine ad apprendere, il desiderio. Il vero significato educativo della preparazione sta nel trarre dall’esperienza attuale tutto ciò che può offrire in quel momento. Non è possibile usare continuamente il presente per il futuro, è contraddittorio. La relazione presente futuro comunque non è un aut-aut: si creano le condizioni per esperienze presenti che abbiano poi effetti favorevoli sul futuro. 4. CONTROLLO SOCIALE I piani e i progetti educativi devono ispirarsi ad una teoria intelligente o filosofia dell’esperienza, tentare di fondare una scuola basata sull’idea che l’educazione ha le sue radici nell’esperienza non è realizzabile finché non ci sarà una concezione di ciò che è esperienza, quale è educativa e quale non lo è. Un problema centrale riguarda la LIBERTA’ INDIVIDUALE e il CONTROLLO SOCIALE. Il cittadino medio è sottoposto a controllo sociale, ma non lo percepisce come restrizione alla libertà personale. Esempio di controllo sociale nei giochi, non sussistono senza regole e se tutto va bene nessuno le percepisce come imposizioni esterne, le regole sono assunte a modello e ci si oppone alle violazioni. Il controllo delle azioni individuali è fatto dalla situazione di cui gli individui sono parte e di cui sono partecipi costruttori. Anche nelle attività cooperative non è il desiderio di uno che si impone a ordinare tutto, ma l’intero gruppo, il controllo sociale è frutto della comunità di cui gli individui stessi sono parte. Talvolta un’autorità (es. genitori o insegnante) interviene per esercitare un controllo, ma in % molto limitata rispetto alle occasioni in cui esso è esercitato dall’autorità impersonale. Inoltre quando è necessario agire per il controllo, lo si fa nel nome dell’interesse del gruppo: questo differenzia l’atto arbitrario da quello giusto e leale (differenza non a parole ma percepita nell’esperienza). Nella scuola tradizionale l’ordine è ottenuto dall’obbedienza all’adulto, mancano le condizioni normali di controllo e si supplisce con l’intervento diretto. Nelle scuole nuove il controllo sociale si ottiene dal lavoro inteso come impresa sociale di cui tutti sono responsabili. La vita di comunità non è però spontanea, deve essere organizzata e pensata dall’educatore che deve progettare attività che si prestino al controllo sociale. Certamente non avrà la partecipazione e la collaborazione di tutti (per condizioni esterne o precedenti sfavorevoli), ma sono casi da esaminare a sé e non sono questi i problemi principali che provocano insufficiente disciplina nelle scuole nuove, piuttosto ciò è dovuto alla mancata predisposizione di attività adeguate all’esercizio del controllo sociale. Idea che non si debba pianificare per non contrastare con la libertà individuale: certamente esistono piani troppo rigidi che ledono questa libertà, ma non per questo si deve negare l’importanza della progettazione, che deve essere intelligente, anche se è certamente più difficile, intercettare capacità, bisogni, condizioni, essere flessibile e fermo per indirizzare all’esercizio di potere continuo. L’educazione è un processo sociale, non ha senso escludere l’educatore, è parte del gruppo e essendo il più maturo deve dirigere le interazioni e le comunicazioni; togliergli la parte necessaria di direzione dell’attività è una reazione estrema. Educazione basata sull’esperienza, esperienza educativa come processo sociale, insegnante non è padrone ma direttore di attività associate. Fattore convenzionale standardizzato=problema delle maniere, presenti in ogni gruppo sociale ma sempre variabili e suscettibili di cambiamenti; possono diventare mere formalità, ma sono indispensabili invece affinché si sviluppino tra gli uomini relazioni appropriate alle situazioni sociali. Il venir meno di questi apprendimenti causa il mancato apprendimento del sapersi accordare e adattare reciprocamente, si ostacola il futuro apprendere che nasce dal contatto e dalla comunicazione con altri. 5. LA NATURA DELLA LIBERTA’ La natura più importante della libertà è quella intellettuale, mentre viene comunemente ricondotta alla libertà di movimento, alla componente esterna, fisica, subordinando la capacità di fare progetti, pensare e desiderare. La libertà esterna in realtà è un mezzo non un fine. Tutto comunque dipende da cosa si fa con la maggiore libertà, i benefici riguardano: - possibilità per l’educatore di conoscere l’individuo con cui ha a che fare, senza libertà, con imposizioni rigide dall’esterno la natura del soggetto non può manifestarsi. L’uniformità meccanica di studi e metodi genera un’immobilità uniforme, ma dietro ad essa le tendenze individuali agiscono in forme irregolari/proibite. - natura del processo di apprendimento: gli antichi favoriscono passività e ricettività, nella scuola standardizzata l’unico modo per sottrarsi all’immobilità è l’attività irregolare; il carattere non sociale impone il silenzio come prima virtù. Il ragazzo ha necessità di brevi momenti di riflessione pacata, ma sono autentici solo se seguono a periodi di azione e servono ad organizzare ciò che si è esperito con l’azione e le mani, non solo con il cervello. La libertà di movimento serve a mantenere la salute mentale e fisica; la sua quantità varia, va diminuendo, ma è necessaria anche agli adulti affinché possano procurarsi nuovi materiali per l’esercizio dell’intelligenza. Errore di considerare la libertà un fine in sé. La libertà dal limite ha valore in quanto è un mezzo alla libertà di potere, di fare progetti, di giudicare sensatamente, di scegliere e ordinare i mezzi,… gli impulsi e i desideri devono essere ricostruiti perché ci sia crescita intellettuale, ciò significa che devono essere inibiti nella loro forma prima pensiero arresta l’immediata manifestazione dell’impulso, ne pospone la realizzazione e lo mette in rapporto con altre tendenze attive (osservazione +memoria) a costituire un piano coerente di attività. La meta dell’educazione è l’AUTOCONTROLLO, ma non basta sottrarsi al controllo esterno per sviluppare quello interno, talvolta può essere un danno sottrarsi al controllo altrui perché rimanere in balia degli impulsi è solo un’illusione di libertà. 6. IL SIGNIFICATO DEL PROPOSITO Libertà=potere di CONCEPIRE PROPOSITI e portarli a compimento; l’organizzazione e la formazione di propositi è opera dell’intelligenza. Seguire i propositi altrui o essere schiavi dei propri desideri è condizione di schiavitù. Fondamentale la partecipazione dell’educando alle attività del processo di apprendimento, il maggior difetto sta nella costrizione dei progetti e nell’incapacità a cooperare con l’educando. Un proposito parte sempre da un impulso, in particolare dall’impedimento della sua immediata realizzazione che lo converte in desiderio. Impulso e desiderio non sono proposito, questo è un fine, implica la previsione di conseguenze, la considerazione di circostanze e condizioni obiettive, l’esercizio dell’osservazione, anche se ciò non basta, è necessario dare significato a ciò che si vede questo significato deriva dalle esperienze pregresse, di cui si fa memoria e che vengono messe in relazione con le condizioni presenti per raggiungere una valutazione complessiva e formulare un piano/metodo d’azione. problema cruciale dell’educazione è che l’azione non segua immediatamente il desiderio, ma si frappongano l’osservazione e il giudizio. Non si stimola l’attività in generale, ma l’attività intelligente. Libertà non è poter eseguire immediatamente un desiderio, si confondono impulso e proposito. Non è sufficiente prevedere, devono essere considerati una serie di elementi che non fanno parte del desiderio originale, ma devono essere esaminati per convertirlo in proposito e piano d’azione. L’intensità del desiderio misura l’intensità dello sforzo che si compirà, senza di esso resterà un castello in aria. L’educazione tradizionale ignorava l’importanza del desiderio/impulso come spinta all’azione, ma quella progressiva non deve al contrario identificare desiderio e proposito ignorando l’osservazione. Il compito dell’insegnante è vigilare affinchè si colga l’occasione, l’indirizzo dato all’educando non è limitazione ma aiuto alla libertà. Il suggerimento deve essere tratto da
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