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ESPERIENZA ED EDUCAZIONE - DEWEY, Sintesi del corso di Pedagogia

Sintesi completa del testo Esperienza ed Educazione, di Dewey. Università degli Studi di Torino, Scienze dell'Educazione.

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

Caricato il 01/05/2018

Ilaria.B94
Ilaria.B94 🇮🇹

4.3

(3)

4 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica ESPERIENZA ED EDUCAZIONE - DEWEY e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia solo su Docsity! Esperienza ed educazione - Dewey Introduzione. Dewey esercitò fin dal 20° secolo una grande influenza pedagogica, filosofica e sociale sulla cultura statunitense. Diede inizio al MOVIMENTO DELL’EDUCAZIONE PROGRESSIVA che influenzò l’educazione e le istituzioni formative dell’epoca, fino a prendere il nome di ATTIVISMO. Si concentrò intorno agli scopi SOCIALI dell’educazione e verso l’APPRENDIMENTO. La pedagogia iniziò ad essere pensata come una scienza autonoma, e D. adotterà la metodologia scientifica e sperimentale per conoscere. L’ESPERIENZA viene considerata non come una ricezione passiva di impressioni sensibili provenienti dall’ambiente, ma come qualcosa che tende a modificare attivamente l’ambiente naturale e sociale, proiettandosi verso azioni future. L’esperienza non è mai semplicemente l’impressione di un oggetto da parte di un soggetto, ma INTERAZIONE e RELAZIONE fra soggetto e oggetto, fra organismo e ambiente. D. definisce la sua pedagogia come una FILOSOFIA DELL’EDUCAZIONE basata sulla logica e sull’indagine. Lo strumento fondamentale di cui l’uomo dispone è la RAGIONE o attività intelligente, considerata come un’attività di ricerca e di indagine, secondo un metodo proprio fatto di ipotesi e sperimentazioni, che orienta il processo educativo. Il pensiero di D. ha determinato un’apertura della scienza dell’educazione verso problemi reali. Per tali motivi l’educazione deve incentrarsi su attività e PRATICA che consentano alla scuola di riprodurre la REALTA’ in cui viviamo. LO SCRITTO: pubblicato nel 1938, rappresenta la sintesi del pensiero di D. sul tema dell'educazione e delle "SCUOLE NUOVE", di cui lui era attivo sostenitore, al contrario dei conservatori o tradizionalisti che auspicavano un ritorno alla tradizione e al principio di autorità. Da una parte vi è pratica, democrazia e innovazione, dall’altra autorità e tradizione. Tale scritto nasce dall'esigenza di rispondere alle CRITICHE contro le scuole nuove e riguardo le idee politiche (democrazia, scuola per tutti e formatrice di una società equa). La tesi di fondo è che le linee teoriche delle scuole nuove siano corrette, ma sono necessarie modifiche nella realizzazione pratica. D. non parla di pedagogia ma di FILOSOFIA dell’educazione basata sull’esperienza, di cui le scuole nuove sono promotrici. L’esperienza è la chiave per pensare e fare educazione. EDUCARE significa accrescere l’esperienza sia del docente che del discente. Questa esperienza si basa sulla RELAZIONE instaurata tra i due soggetti, nata dalle interazioni tra le storie dei soggetti, tra il fatto sociale e l’evento del singolo nella trama della situazione in cui si muovono. L’esperienza del discente è il vero cuore dell’attività didattica, e la scuola è considerata da D. come una COMUNITA’. Unisce quindi al fare educazione una TEORIA DELL’ESPERIENZA che possa orientare il processo educativo, l’organizzazione della comunità scolastica e della scuola nei suoi spazi e tempi per renderla realmente educativa. Si APPRENDE dall’esperienza e la scuola deve essere per tutti. L’esperienza non è solo conoscenza, ma sviluppo di modi di fare e da cui partire. Non tutte le esperienze però sono educative, la differenza risiede nella QUALITA’ dell’esperienza che l’educatore propone: è educativa se VIVRA’ creativamente nelle esperienze che seguiranno da cui si giungerà alla LIBERTA’. Essa è generata da FATTORI ESTERNI che riguardano i contesti, e INTERNI che riguardano gli elementi psicologici dei soggetti in formazione. L’educatore deve coltivare tale libertà, partendo dalla libertà di OSSERVAZIONE fino alla libertà di GIUDIZIO. Per qualità dell’esperienza si intende l’ATTENZIONE che l’educatore deve dedicare all’allestimento dell’ambiente, che possa generare la possibilità per tutti i soggetti di parteciparvi e sviluppare relazioni, utili per ampliare le possibilità dell’esperienza (uno spazio GENERATIVO e disponibile dei soggetti e oggetti che lo animano). Il SETTING PEDAGOGICO, ovvero l’assetto interno degli insegnanti e dei discenti a partire da regole che rendono possibile la reciprocità dei ruoli, è il punto massimo dell’esperienza educativa. A partire dal setting si può entrare in contatto con un’esperienza di QUALITA’. Il setting permette di organizzare le attività orientandole in modo educativo, rimanda all’idea di educazione come DISPOSITIVO, ossia un sistema di procedure che comprendono pratiche specifiche in cui le relazioni avvengono all’interno di una strategia educativa pensata. Se l’educazione è un dispositivo, la scuola deve essere pensata come una SCENA, da osservare e frequentare in tutta la sua profondità. Una scena in cui si allestisce un campo di esperienza materiale e simbolica, in cui vi sia una relazione e comunicazione orientata educativamente. Scuola è SPERIMENTARE la profondità della comunicazione, in cui ognuno può affrontare i limiti e le opportunità di questa comunicazione. Tutti coloro che occupano lo spazio educativo sono responsabili della scena creata, sia attraverso le azioni che dagli effetti stessi del setting. In questa scena si sperimenta anche il campo AFFETTIVO. D. parla dell’importanza del PROPOSITO: è diverso sia dall’impulso che dal desiderio per il fatto che viene tradotto in un piano e in un metodo d'azione basato sulla PREVISIONE delle conseguenze. Solo se l’azione è seguita dalla cognizione si può avere un'esperienza che sia educativa. L'ANTICIPAZIONE (previsione degli effetti), deve mescolarsi all'impulso e al desiderio, in quanto il DESIDERIO dà intensità alle idee, e la RIFLESSIONE sull'esperienza diventa un’operazione formativa in quanto assegna SIGNIFICATO all’esperienza. L'esperienza per essere educativa deve offrire un'elaborazione affettiva e cognitiva di tutte le REALTA’ SOCIALI che i soggetti attraversano e da cui vengono formati. L'esperienza quindi è sia mezzo che fine dell'educazione. Sulla scena educativa, i soggetti durante un’esperienza, creano una PROFONDITA’ dell'esperienza grazie alla loro presenza, che non è riducibile alla performance del momento, ma è data dall’intreccio di sguardi reciproci che produce significati. Per comprendere il pieno significato di un'esperienza presente dobbiamo partire da una prospettiva temporale. Il principio della CONTINUITA’ dell'esperienza va compreso alla luce della nozione di PROSPETTIVA TEMPORALE elaborata da MEAD. Egli afferma l'importanza degli aspetti socio-culturali nella costruzione degli HABITAT ed evidenzia nella nozione di prospettiva temporale una costruzione e formazione del SE’. L'evento educativo porta con sé una storia OSSERVABILE: una traccia della continuità dell'esperienza rimane visibile a partire dal fatto che il presente vive all’interno di una prospettiva. Ogni presente riscrive e ampia questa prospettiva che viene dal PASSATO, per aprirsi al FUTURO secondo le condizioni attuali. La situazione unisce oggetti ed eventi connessi in un CONTESTO più ampio. L'esperienza è un processo ATTIVO che si svolge nel tempo e ogni periodo è collegato a quello precedente. Per tale motivo gli STRUMENTI del lavoro educativo sono essenzialmente OSSERVAZIONE e MEMORIA: solo dall'uso intrecciato di essi l'educatore può incarnare la sua funzione di MEDIATORE. L'educatore deve unire agli aspetti educativi i risultati del passato e i problemi del presente. Questa attenzione per la QUALITA’ dell'esperienza diventa significativa e orienta la pratica del lavoro educativo. La qualità ha due aspetti: - può essere immediatamente gradevole o sgradevole; - esercita la sua influenza sulle esperienze successive. L'EFFETTO di un'esperienza non si può conoscere subito, ma tutto è nelle mani dell’educatore che deve disporre l’AMBIENTE in modo che le esperienze non si limitino ad essere semplicemente gradevoli ma promuovano altre esperienze di qualità, in quanto ogni esperienza passata continua a vivere nelle esperienze future. Ne consegue che il problema è quello di SCEGLIERE accuratamente il tipo di esperienze presenti. L'esperienza permette di educare ogni uomo alla responsabilità, alla partecipazione, alla soluzione dei problemi in una società fondata sull'INTEGRAZIONE e non sull'esclusione. In questa prospettiva la filosofia dell'educazione di D. non trova fondamento solo in una filosofia dell'esperienza ma diviene un'ETICA della pratica educativa. Prefazione di Dewey. La FILOSOFIA DELL’EDUCAZIONE non deve trovare un compromesso fra proposte di pensiero pedagogiche diverse, ma deve introdurre un nuovo ordine di idee che porti a nuove PRATICHE. Dirigere una scuola ispirandosi ad un nuovo ordine di idee è molto più difficile che indirizzarla per il sentiero già abbattuto. Il valore di questo saggio consiste nel richiamare l'attenzione sui PROBLEMI dell'educazione e suggerire la giusta cornice di riferimento. Cap. 1 - Educazione tradizionale ed educazione progressiva La storia della TEORIA DELL’EDUCAZIONE è caratterizzata dall'opposizione tra l'idea che l'educazione si basi sulle DOTI NATURALI, e l'idea che tali doti naturali vengano indirizzate da una pressione ESTERIORE. Attualmente vi è l'opposizione tra l'educazione TRADIZIONALE e quella PROGRESSIVA. Le idee che stanno alla base della TRADIZIONALE sono: 1. il compito della scuola è trasmettere alla nuova generazione le regole e norme di condotta elaborate nel PASSATO, e le materie e progettazioni scolastiche devono rifarsi ad esse. PRESENTI, di QUALITA’ che abbiano effetto favorevole sul FUTURO. Questo insegnante dell’educazione progressiva basata sulle esperienze è un soggetto ATTIVO. La sua responsabilità comprende: - GUIDARE i giovani, senza ledere la loro libertà e senza esercitare controllo e imposizione. - GIUDICARE le attitudini e condizioni oggettive esterne per aumentare la crescita degli educandi. - COMPRENDERE l’educando a livello profondo, e quello che sta imparando. - CREARE esperienze, sapendo usare la situazione attuale circostante (fisica, sociale, economica, politica), a scopo educativo, e promuovere esperienze di valore. Tali condizioni oggettive non devono imporre un controllo esterno e limitare la libertà individuale, ma ci deve essere un’INTERAZIONE tra condizioni esterne e condizioni interne. Questo ci porta ad enunciare il terzo principio per un’esperienza qualitativamente ed efficacemente educativa: • PRINCIPIO DI INTERAZIONE: le condizioni dell'esperienza sono sempre 2: una ESTERNA (oggettiva) che può essere posta sotto il controllo dell'educatore in una situazione strutturata come quella scolastica, ed una INTERNA (soggetto) di cui l'educatore deve tenere conto e che è molto più difficile non solo da controllare ma anche da conoscere. Ogni esperienza si basa sull’INTERAZIONE tra queste 2 condizioni. Prese insieme nella loro interazione, costituiscono quella che D. chiama “SITUAZIONE". La scuola tradizionale non poneva attenzione e importanza alle condizioni interne degli individui. Gli individui vivono in un MONDO, questo significa che attraversano una serie di situazioni che comprendono un’interazione continua tra individuo, oggetti e altre persone. La situazione e l’interazione non si possono scindere, un’esperienza è sempre UNIONE di individuo e ambiente. L’AMBIENTE comprende le condizioni che interagiscono con i bisogni, desideri, propositi, per creare l’esperienza. I 2 principi della CONTINUITA’ e dell’INTERAZIONE non sono separati. Le situazioni si succedono l’una all’altra ma grazie al principio della CONTINUITA’ qualcosa passa da quella precedente a quella che segue, e l’ambiente si espande o si contrae. Quello che ha acquisito in una situazione diventa strumento di comprensione e di azione della situazione che segue. Se così non fosse, allora si creerebbe una personalità SCISSA. Quando questa scissione raggiunge un certo livello, l’individuo diventa FOLLE. Una personalità è pienamente integrata solo se le successive esperienze sono INTEGRATE le une alle altre. L’EDUCATORE deve comprendere immediatamente la situazione in cui ha luogo l’esperienza, e può regolarne le condizioni OGGETTIVE. Ciò implica: parole, tono della voce, spazi, arredamento, libri, materiali, giochi, fattore sociale. E’ all’educatore che spetta il compito di allestire l’AMBIENTE che interagirà con i fattori INTERNI degli educandi, per creare un’esperienza che abbia VALORE. La responsabilità di scegliere le condizioni oggettive implica anche la responsabilità di comprendere i bisogni e le attitudini degli individui. Il principio della CONTINUITA’ ci fa capire che il FUTURO dev’essere sempre tenuto presente in ogni grado del processo educativo. Il più grande degli errori pedagogici è il credere che un individuo impari soltanto quel dato particolare in quella certa situazione. L’ATTITUDINE che deve sviluppare un educando è il desiderio di apprendere. Solo estraendo in ogni momento il pieno significato di ogni esperienza presente ci prepariamo per il futuro. Le scuole tradizionali tendevano a sacrificare il presente per un futuro remoto. Cap. 4 - Controllo sociale Dopo aver enunciato i principi alla base di un’esperienza di valore, bisogna affrontare la questione della LIBERTA’ INDIVIDUALE e del CONTROLLO SOCIALE. Il cittadino è soggetto IMPLICITAMENTE al controllo sociale, ma parte di questo controllo non è percepito come una restrizione della libertà individuale. Questo perché alcuni modelli e condotte si accettano in quanto hanno rappresentano la TRADIZIONE. Un elemento CONVENZIONALE viene accettato perché ha una certa forza. Il controllo delle azioni individuali, non è percepito come un’imposizione esterna o dall’alto, ma risiede nell’intera SITUAZIONE di cui gli individui fanno parte e di cui sono cooperatori. Coloro che partecipano alla stessa situazione, non avvertono di essere soggetti alla volontà di una persona che sovrasta. Attività COOPERATIVE, come la famiglia, si basano sullo spirito dell’intero GRUPPO che crea l’ordine stesso; il controllo è SOCIALE in quanto gli individui sono parte di una COMUNITA’. L’autorità rappresenta degli interessi del gruppo. In una SCUOLA, il controllo è riposto nelle ATTIVITA’ e nelle SITUAZIONI in cui gli alunni prendono parte. L’insegnante riduce al minimo le occasioni in cui deve esercitare un’autorità personale dall’altro. La scuola tradizionale poneva nelle mani dell’insegnante tutto il controllo; non vi era un gruppo o una comunità tenuta insieme dalla PARTECIPAZIONE alle attività comuni, vi era il diretto intervento dell’insegnante. Nelle scuole nuove, la fonte principale del controllo sociale è riposta nella natura stessa dell’attività come IMPRESA SOCIALE, a cui tutti gli individui prendono parte e di cui si sentono responsabili. La vita di comunità non si organizza in modo spontaneo, esige riflessione e progettazione. L’educatore deve conoscere gli individui e la materia di studio, che gli permettono di progettare le attività e in cui ogni individuo può portare il suo contributo, senza un controllo esterno. L’ESCLUSIONE di un individuo è l’unica precauzione in casi di ANTISOCIALITA’, ma non è una soluzione. Questo comportamento può nascere da un’insufficiente riflessione del piano di lavoro, forse a causa dell’idea che un piano possa contrastare con la liberà individuale. Ma un insegnante deve progettare un PIANO DI LAVORO basato sulle capacità e interessi del gruppo, disporre le condizioni che favoriscano l’apprendimento della materia di studio e sviluppino esperienze di valore. Il piano deve quindi essere FLESSIBILE per permettere la LIBERA esperienza individuale, e allo stesso tempo dev’essere FERMO per portare ad un ordine. L’insegnante non dev’essere escluso dal gruppo, ma ha la responsabilità di DIRIGERE le interazioni e comunicazioni della vita del gruppo come comunità. La classe deve quindi trasformarsi in un GRUPPO SOCIALE. Se l’educazione è basata sull’esperienza, e l’esperienza educativa viene concepita come un PROCESSO SOCIALE, l’insegnante perde la sua posizione di autorità per assumere quella di CONDUTTORE di attività. Cap. 5 - La natura della libertà L’altro lato del problema del controllo sociale è la LIBERTA’. L’unica libertà che ha importanza è quella dell’INTELLIGENZA, ossia libertà di osservare, giudicare, creare piani, risolvere problemi. Il più comune errore è identificare la libertà con il MOVIMENTO. La libertà esterna è comunque importante, ma non può essere l’unica libertà. Anche l’aspetto INTERNO di un individuo deve essere libero. Si parla di libertà di pensare, desiderare, fare progetti, insomma di usare l’intelligenza. La scuola tradizionale poneva grande restrizione alla libertà intellettuale e morale. I benefici di della libertà sono: a) senza di essa è impossibile che un insegnante impari a CONOSCERE l’individuo nella sua interiorità; la calma e l’obbedienza imposte impediscono agli allievi di rivelare la loro vera NATURA; vengono premiate le APPARENZE di attenzione, decoro e obbedienza (si sacrifica l’essere per l’apparire). Senza questa conoscenza il materiale di studio, i metodi didattici e le esperienze non si ADATTERANNO all’alunno e ai suoi interessi/capacità. b) le scuole tradizionali premiano la passività e l’immobilità fisica. I ragazzi dovrebbero disporre di brevi intervalli di tempo da dedicare alla RIFLESSIONE, per elaborare quello che è stato appreso, e alla libertà di MOVIMENTO, per mantenere una buona salute fisica e mentale (corpo sano, mente sana). La libertà ESTERNA porta anche alla libertà INTERNA di giudizio e il perseguimento di fini liberamente scelti. La quantità e qualità di questa LIBERTA’ come mezzo di crescita è un elemento che dev’essere presente nel pensiero dell’educatore. La libertà è potere, progettazione, giudizio, scelta, desiderio, realizzazione di fini. Gli impulsi e i desideri naturali costituiscono sì il punto di PARTENZA, ma solo con essi non vi è CRESCITA intellettuale. L’impulso dev’essere inibito, non da un’imposizione esterna, ma grazie all’attività INTELLIGENTE di riflessione e giudizio. Il PENSARE vuol dire proprio arresto dell’impulso, per PROGETTARE un coerente piano d’attività. Pensare vuol dire spostare l’azione immediata per effettuare osservazione e memoria, che sono il cuore della riflessione intelligente. Il fine dell’educazione è lo sviluppo di AUTOCONTROLLO nell’educando. Impulsi e desideri che non sono controllati dall’intelligenza individuale, sono sotto il controllo di circostanze casuali e accidentali. Cap. 6 - Il significato del proposito La LIBERTA’ è il potere di riflette, concepire PROPOSITI e conseguirli. Questa libertà porta all’AUTOCONTROLLO poiché la formazione di propositi e l’organizzazione di mezzi per eseguirli sono opera dell’INTELLIGENZA. E’ quindi assegnata molta importanza alla PARTECIPAZIONE ATTIVA dell’educando alla propria formazione di progetti e propositi di vita. Un autentico proposito, trova sempre il punto di partenza in un IMPULSO. L’impedimento all’immediato appagamento lo converte in un DESIDERIO. Tuttavia, né impulso né desiderio sono un proposito. Il PROPOSITO è la visione di un FINE, dà luogo ad una PREVISIONE delle conseguenze, e la previsione implica l’attività dell’INTELLIGENZA. Essa richiede 2 elementi: • OSSERVAZIONE: delle circostanze e delle condizioni della situazione presente. • MEMORIA: è importante comprendere il SIGNIFICATO di tale situazione presente; ciò è possibile grazie alla PREVISIONE delle conseguenze dell’azione che si sta per intraprende. Questa previsione è data dalle ESPERIENZE ANTERIORI: richiamare alla memoria le esperienze passate, riflettere su di esse, intendere che il significato sotteso è simile a quelle presenti e formulare un giudizio su ciò che ci si può attendere dalla situazione attuale. Il DESIDERIO si trasforma in PROPOSITO quando viene tradotto in un PIANO D’AZIONE basato sulla PREVISIONE delle conseguenze. Può però capitare che il desiderio sia così INTENSO da impedire un’esatta valutazione delle conseguenze date dal soddisfacimento di esso. Lo scopo dell’educazione è ottenere che l’azione non segua immediatamente il desiderio, ma sia PRECEDUTA dall’osservazione e dal giudizio. La sola però previsione non è sufficiente. L’anticipazione mentale deve INTERAGIRE con il desiderio e l’impulso, per acquisire FORZA propulsiva. La previsione infatti dà DIREZIONE alle intenzioni, mentre il desiderio dà INTENSITA’. I desideri sono quindi le vere SPINTE all’azione. L’intensità del desiderio equivale all’intensità dello sforzo che sarà fatto per realizzarlo. In educazione, l’esistenza di un desiderio e di un impulso, non è lo scopo finale. Lo SCOPO è giungere al PROPOSITO, studiando le condizioni attuali e procurandosi tutte le informazioni che occorrono. Il compito dell’educatore è vigilare perché venga COLTA l’occasione, e il suo ruolo è esercitare l’INTELLIGENZA dell’alunno al fine di giungere alla LIBERTA’. L’insegnante deve rendersi intelligentemente conto della capacità, dei bisogni e delle esperienze passate degli alunni, e permettere di trasformarsi in un piano e in un proposito. Il progetto educativo è un’impresa COOPERATIVA e non un’imposizione: la SOLLECITAZIONE dell’insegnante è un punto di partenza da cui prendere le mosse. Cap. 7 - Organizzazione progressiva della materia di studio Le condizioni IMPLICITE nell’esperienza, promuovono l’accrescimento delle esperienze POSTERIORI e SUCCESSIVE. Queste condizioni oggettive rappresentano la materia di studio e del sapere. Tutto ciò che è materia di studio è tratto dal materiale che rientra nell’ordinaria esperienza quotidiana. In tal senso, la nuova educazione contrasta con i procedimenti che muovono da fatti e da verità che sono fuori dall’ambito dell’esperienza degli alunni. Trovare il materiale per l’insegnamento entro l’esperienza è il primo passo. In un secondo momento ciò che è stato sperimentato deve assumere una forma più organizzata, che gradualmente si avvicini a quella in cui la materia del sapere si presenta a una persona competente. Questa trasformazione si compie fuori dalla scuola. Il mondo si estende con l’estendersi dell’esperienza stessa senza aiuto di istruzione scolastica. Il bambino entra in contatto con nuovi oggetti ed eventi che suscitano nuove forze, ed il loro esercizio raffina ed allarga il contenuto della sua esperienza. L’educatore dovrà trovare il modo di fare consapevolmente quel che la natura compie nei primi anni. E’ nella scuola nuova che gli inizi dell’istruzione si collegano all’esperienza che gli educandi già possiedono. Con i ragazzi più grandi è difficile rendersi conto dello sforzo dell’esperienza dell’individuo e scoprire come si potrà dirigere il sapere già contenuto nell’esperienza presente verso orizzonti più larghi e forme più organizzate. E’ essenziale che gli oggetti ed eventi siano intellettualmente riferiti a quelli delle esperienze precedenti. Il compito dell’educatore diventa quello di discernere quegli elementi che contengono nuovi problemi, i quali stimolano nuove vie d’osservazione che allargheranno il campo dell’esperienza futura. Egli deve costantemente considerare quello che è già acquisito come un mezzo per aprire nuovi campi. La continuità della crescita dev’essere la parola d’ordine dell’educatore. Deve considerare il suo compito attuale in funzione di ciò che esso produrrà o meno in un avvenire. Il compito di un educatore progressivo è più arduo che per un insegnante tradizionale. Quest’ultimo poteva prospettarsi il futuro nei termini dei fattori che rispondono alle esigenze del sistema scolastico convenzionale. L’insegnante che congiunge educazione ed esperienza deve conoscere quali possibilità ci sono di introdurre gli allievi in nuovi campi che appartengono ad esperienze già fatte, e deve servirsi di questa conoscenza come un criterio per disporre le condizioni che influenzano l’esperienza presente. La scuola tradizionale consisteva in argomenti che venivano scelti e ordinati sulla base del giudizio degli adulti.
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