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Esperienza ed educazione - John Dewey, Appunti di Pedagogia

Riassunto del libro di John Dewey.

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 30/04/2019

ChiaraGu98
ChiaraGu98 🇮🇹

4.4

(19)

14 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Esperienza ed educazione - John Dewey e più Appunti in PDF di Pedagogia solo su Docsity! ESPERIENZA ED EDUCAZIONE John Dewey Capitolo 1 – Educazione tradizionale vs educazione progressiva La storia della teoria dell’educazione è caratterizzata da questa opposizione: modello tradizionale, si fonda sulla trasmissione di informazioni e abilità elaborate in passato alla nuova generazione. Si tratta quindi di norme e regole di condotta, addestramento morale, ecc. Lo scopo è quindi preparare l’alunno alle responsabilità future soprattutto imbastire nella nuova generazione le tre principali caratteristiche ovvero la docilità, la ricettività e l’obbedienza. I libri e i manuali rappresentano il sapere e la saggezza del passato e gli insegnanti sono il tramite che pone gli studenti a contatto con il materiale. Questo sistema è un’imposizione dall’alto e dal di fuori; impone norme, programmi e metodi di adulti ad individui che non lo sono. C’è troppo distacco tanto che le modalità di apprendimento sono lontane dalle capacità del ragazzo e tanto che impedisce una partecipazione attiva da parte degli alunni. Per cui ciò che è insegnato e pensato è statico, un prodotto finito. Modello progressista, nasce come una forma di rivoluzione contro l’educazione tradizionale. Infatti, lo scopo di questo nuovo modello è l’espressione e la cultura dell’individualità. Si impara non più tanto dai libri quanto più facendo esperienza; le attività sono più libere e portano all’acquisizione di abilità e tecniche come mezzi per soddisfare le esigenze vitali. L’educazione progressiva, dunque, è fondata sulla libertà dell’allievo. Mentre l’educazione tradizionale ricorda i tratti di un’autocrazia, quella progressiva mette in atto quelli della democrazia. Il problema che si pone Dewey è scoprire il nesso che esiste tra i risultati del passato e i problemi del presente, accertando in che modo la conoscenza del passato possa essere trasformata in uno strumento per agire sul futuro. Capitolo 2 – Bisogno di una teoria dell’esperienza Notando che il semplice svincolarsi dal passato fosse inutile, Dewey decide di analizzare alcuni problemi educativi e di indicare le vie migliori per la loro risoluzione, partendo dal presupposto che ci sia un nesso tra educazione ed esperienza personale, cioè che la nuova filosofia dell’educazione si colleghi a qualche tipo di filosofia empirica e sperimentale. Dire che ogni educazione provenga dall’esperienza non è corretto poiché ci sono delle esperienze che possono essere diseducative, per questo esperienza ed educazione non si equivalgono. Per diseducative, s’intendono quelle negative, che portino all’incapacità di agire e alla negligenza, al restringersi della libertà. Le esperienze che si facevano con l’educazione tradizionale erano in gran parte negative e le specialità venivano apprese in modo del tutto automatico. Tutto dipende dalla qualità dell’esperienza che si compie, che ha due aspetti principali: essere immediatamente gradevole o no; esercitare la sua influenza sulle esperienze future. Il primo è facile da cogliere, anche se il suo effetto non si può vedere subito; il secondo pone un problema all’educatore che deve disporre le cose in modo tale che le esperienze ne promuovano delle altre in futuro. Il problema centrale dell’educazione basata sull’esperienza è quello di scegliere accuratamente il tipo di esperienze presenti che vivranno nelle esperienze che seguiranno, assicurando la continuità dell’esperienza. Che l’educazione tradizionale fosse una routine, non implica che l’educazione progressiva debba essere un’improvvisazione. Dewey infatti sostiene che la nuova educazione sia più semplice di quella antica in quanto è in armonia con i principi della crescita mentre in quella antica c’era molto artificio nella scelta delle materie di studio e l’artificio conduce sempre ad una complessità non necessaria. Capitolo 3 – I criteri dell’esperienza Una delle ragioni che ha favorito il movimento progressivo è il fatto che esso sembra più conforme all’ideale democratico, rispetto alla scuola tradizionale; un’altra ragione è che i suoi metodi sono umani e non rudi come quelli della scuola tradizionale. Dewey, così, si domanda come mai preferiamo i procedimenti democratici e umani a quelli autocratici e duri. Le ragioni potrebbero essere che gli ordinamenti sociali della democrazia e il principio del rispetto per la libertà individuale e per la correttezza/gentilezza porta ad una più alta qualità dell’esperienza. Affinché l’educazione possa essere diretta sulla base dell’esperienza è opportuno enunciare i principi più importanti di questa teoria: il principio della continuità e il principio dell’interazione. Il principio di continuità ci permette di capire se l’esperienza ha o meno valore educativo. In particolare, per dire che un’esperienza è di qualità superiore rispetto alle altre deve possedere alcuni requisiti, come la libertà individuale, la correttezza e la gentilezza nelle relazioni umane. Questo principio si basa su quello dell’abitudine, secondo cui ogni esperienza fatta e subita modifica chi agisce e subisce e questa modificazione influisce sulla qualità delle esperienze successive. Questo principio comprende la formazione di attitudini emotive e intellettuali, cioè quel modo più o meno stabilito di fare le cose, come ad esempio gli schemi motori, azioni simboliche e le operazioni cognitive. Un esempio del principio di continuità è la crescita che in base alle esperienze può prendere molte direzioni. Compito dell’educatore è di vedere se la crescita promuove o ritarda lo sviluppo del soggetto e in caso negativo modificarne le condizioni per una crescita vera e propria. Inoltre determinate esperienze educative portano il soggetto ad essere immune di fronte a situazioni che prima gli avrebbero costituito degli ostacoli; l’educatore non può decidere se un’esperienza avrà continuità o meno ma può di certo porre delle buone basi perché essa sia di qualità. Il beneficio più importante di questo principio è che può operare in modo prendere un individuo incapace di un’ulteriore crescita, suscitando in lui curiosità e facendo nascere desideri e propositi positivi per rialzarsi; è per questo che Dewey dice che la continuità abbia una forza propulsiva. Ed è per questo che se l’educatore manca di forza propulsiva è infedele al principio dell’esperienza; esso deve quindi tramandare la sua esperienza senza imporsi sull’educando ma facendo solo attenzione alle relazioni che si stanno creando e capire i suoi stati d’animo, ovvero quella che si chiama comprensione simpatica dell’individuo. Per questo è molto difficile educare un soggetto secondo il modello di Dewey piuttosto che al modello tradizionale. Inoltre, è vero che ogni esperienza deve seguire il principio di continuità ma deve anche tenere presenti le esperienze precedenti e quindi seguire le condizioni esterne della presente esperienza; ad esempio se dei popoli già evoluti alle innovazioni tecnologiche abolissero le condizioni esterne di questa situazione presente per un determinato tempo, il popolo retrocederebbe allo stato primitivo. Per questo sono importanti le relazioni interne, ovvero sentimenti, emozioni, ecc. ma anche le condizioni esterne, ovvero il mondo attorno a ciò che ci ha preceduto. Il principio di interazione è il secondo principio che permette di capire se un’esperienza sia o meno educativa. Grazie all’interazione vengono posti sullo stesso piano i due fattori dell’esperienza, ovvero le condizioni obbiettive e le condizioni interne, e la loro interazione dà vita alla situazione. Mentre l’educazione tradizionale poneva poca attenzione ai fattori interni, l’educazione progressista ragionava nel modo opposto e quindi poneva maggiore importanza nei fattori obbiettivi, rischiando però la non curanza degli altri. Questo principio, quindi, ci fa intendere che il mancato adattamento del materiale ai bisogni e alle attitudini dell’individuo può provocare un’esperienza diseducativa o viceversa. Ogni esperienza dovrebbe preparare l’individuo alle esperienze future più profonde e più ampie. L’attitudine che più importa sia acquisita è il desiderio di apprendere, infatti se l’impulso viene indebolito anziché rafforzato si è di fronte ad un fatto grave, in quanto l’alunno viene privato delle proprie capacità. Nelle scuole non vanno solo insegnate nozioni teoriche fini a sé stesse ma vanno impartiti insegnamenti di vita, quali valori, rispetto e deve essere alimentato il desiderio di conoscenza. Infine, un individuo deve trarre dalla sua esperienza presente tutto quello che essa gli offre al momento; estraendo in ogni momento il significato di ogni esperienza ci prepariamo a fare altrettanto anche in futuro. Sussiste perciò una relazione tra il presente e il futuro, che non è un “aut-aut”, cioè non si escludono a vicenda in quando il presente fa sempre sentire la sua influenza sul futuro. Capitolo 4 – Il controllo sociale Dewey sostiene che ogni cittadino medio debba essere soggetto al controllo sociale e che parte di questo controllo non sia percepito come una restrizione della libertà personale. A questo proposito, Dewey fa l’esempio della logica del gioco: deve avere delle regole base perché senza di esse il gioco non può esistere. Se nascono dei conflitti ci sarà un arbitro a cui rivolgersi altrimenti il gioco termina. Le regole sono quindi parte del gioco e non sono fuori da esso. Il controllo delle azioni individuali è fatto dall’intera situazione in cui gli individui sono compresi, di cui sono parte e di cui sono cooperatori e interattori. Coloro che partecipano non sentono di dover sottostare a qualcuno. Ad esempio, nella famiglia non è la volontà di una singola persona a prevalere sugli altri, ma lo spirito di gruppo. C’è quindi collaborazione/cooperazione tra gli individui. L’insegnante o il genitore non esercitano volontà individuali, in quanto rappresentano gli esecutori degli interessi del gruppo come un tutto. Questo elemento comunitario mancava alla scuola tradizionale e, di conseguenza, mancavano anche le condizioni di controllo; infatti, l’insegnante manteneva l’ordine perché era nelle sue mani e non nella partecipazione collettiva al lavoro. Nelle scuole nuove, la fonte principale del controllo sociale è la natura stessa del lavoro, inteso come un’impresa sociale a cui tutti gli individui prendono parte.
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