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Esserci. Come la presenza dei genitori influisce sullo sviluppo dei bambini RIASSUNTO, Sintesi del corso di Psicologia Generale

Esserci. Come la presenza dei genitori influisce sullo sviluppo dei bambini. RIASSUNTO completo del libro.

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

In vendita dal 25/10/2022

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Scarica Esserci. Come la presenza dei genitori influisce sullo sviluppo dei bambini RIASSUNTO e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! ESSERCI: come la presenza dei genitori influisce sullo sviluppo dei bambini 1. Cosa significa esserci Esserci vuol dire stare vicino ai bambini. Significa essere fisicamente presenti, ma anche assicurare una presenza di qualità. Esserci significa portare tutti noi stessi nel momento in cui siamo con nostro figlio, essere presenti mentalmente ed emotivamente per il bambino quando siamo insieme a lui. Gli studi longitudinali sullo sviluppo infantile dimostrano come uno degli elementi che in assoluto consente l’esito positivo dello sviluppo (felicità, sociale ed emotivo, relazioni) sia l’acquisizione da parte del bambino, di un senso di sicurezza derivante dal fatto di aver avuto almeno una persona che sia stata presente per lui. Un accudimento affidabile, il poker dell’attaccamento, consiste nell’aiutare il bambino a sentirsi: 1. Protetto: il bambino si sente al sicuro, al riparo dal male. 2. Compreso: il bambino sa che teniamo a lui e che gli dedichiamo attenzione. 3. Conforto: nostro figlio sa che ci saremo per lui quando starà male. 4. Sicuro: basandosi sui primi tre elementi, il bambino ha fiducia nel fatto che lo aiuteremo costantemente a sentirsi a casa nel mondo, e col tempo imparerà ad aiutare sé stesso a sviluppare un senso di protezione, comprensione e conforto interiore. Il cervello si modifica in base all’esperienza, un processo noto come neuroplasticità. Ebbene, una presenza affidabile nella vita dei nostri bambini può avere un effetto rilevante sull’architettura fisica e sulla connettività del loro cervello, portando alla creazione di modelli mentali e aspettative riguardo al modo in cui va il mondo. Quando i genitori sono presenti con continuità, si forma nella mente del bambino l’aspettativa che il mondo sia un luogo che può essere compreso e in cui si possono avere interazioni profonde, persino in momenti di difficoltà e di sofferenza, poiché le esperienze che gli offriamo plasmano il modo in cui il suo cervello elabora diversi tipi di informazione. Il cervello impara ad aspettarsi determinate realtà sulla base di ciò che è accaduto in precedenza. Quando siamo presenti per loro, i bambini si aspettano interazioni positive, da parte degli altri e di sé stessi. La capacità dei genitori di esserci, quindi, favorisce nel bambino la formazione di vie neurali che promuovono lo sviluppo della consapevolezza e della propria individualità, e di qualità come grinta, forza e resilienza. Il fine della cura e dell’educazione del bambino non è la presenza, questa è il mezzo attraverso cui possiamo raggiungere la meta desiderata. L’obbiettivo reale è l’attaccamento sicuro i cui benefici sono: - maggiore autostima - capacità più elevata di regolazione emotiva - maggiore successo scolastico - capacità più elevata di far fronte ai momenti di stress - rapporti più positivi con i coetanei in età prescolare - legami più stretti di amicizia in età scolare - interazioni sociali più positive nel corso dell’adolescenza - rapporti più positivi con genitori e fratelli - maggiori capacità di leadership - relazioni d’amore non conflittuali, basate sulla fiducia, in età adulta - maggiore competenza sociale in generale - maggiore fiducia nella vita Il compito di genitori non è impedire che i bambini facciano esperienza di battute d’arresto e insuccessi, bensì di fornire loro strumenti e la resilienza emotiva necessari ad uscire indenni dalle tempeste della vita, stando al loro fianco mentre le attraversano. L’attaccamento sicuro da ai bambini una base sicura da cui partire per esplorare il mondo, che consente al bambino di sentirsi libero di andare a vedere cosa c’è oltre l’orizzonte. Per avere le maggiori possibilità di riuscire a fornire ai bambini una base sicura è importante che i genitori sappiano chi sono, che sviluppino un “autoconsapevolezza” basata sulla conoscenza della loro storia e dell’influsso che le esperienze infantili hanno esercitato sul loro processo di crescita. Persino se i genitori non hanno avuto un attaccamento sicuro con i loro corrispettivi genitori, possono comunque fornire questo tipo di attaccamento ai loro bambini, a patto di riflettere sulla loro storia di attaccamento e dargli un senso. 2. Perché alcuni genitori sono presenti per i figli e altri no Affinché i genitori siano in grado di esserci per il bambino vi è indispensabile che abbiano dato un senso alle proprie esperienze di vita, elaborando una narrazione coerente che consenta loro di essere presenti all'interno e all'esterno, di esserci sia verso il proprio vissuto sia verso quello dei bambini. Interiormente, giungiamo a comprendere l'influsso del passato sulla persona che siamo nel presente, affinché possiamo essere liberi di essere chi vogliamo, ora e nel futuro. Quando si prende coraggio e si ha la capacità di riflettere sul passato con lucidità e coerenza si può guarire dalle ferite dell'infanzia e in tal modo, rimodellare le connessioni del nostro cervello così da poter consentire ai figli di formare un attaccamento sicuro. Dare senso ed essere presenti, ossia aperti e ricettivi: è così che possiamo davvero esserci per i nostri figli. Il fatto di avere avuto dei genitori che non ci sono stati per noi oppure ci sono stati in modo discontinuo non implica che neppure noi riusciremo a esserci per i nostri figli in modo sano e costruttivo. Implica, però, che bisognerà fare un lavoro di riflessione sulla nostra storia di attaccamento e del tipo di attaccamento che desideriamo fornire ai nostri figli per scegliere in che misura vogliamo esserci. Per alcuni, questo può essere un processo semplice, in cui ripensando al passato, viene dato un senso al comportamento dei nostri genitori; per altri il processo può essere complesso e doloroso. In questo caso la psicoterapia diventa utile perché può riprodurre un attaccamento sicuro, consentendoci di compiere l’esperienza di sentirci protetti, confortati, compresi e sicuri a mano a mano che tiriamo fuori la storia dei nostri genitori, riuscendo anche a capire perché non sono riusciti ad essere i genitori di cui avevamo bisogno. Inoltre, la terapia può favorire l’integrazione cerebrale tra passato e presente. Il perdono Perdonare significa rinunciare a ogni speranza di un passato migliore. Perdoniamo, non per giustificare, non per dire che tutto andava bene, ma per abbandonare l’illusione di poter cambiare il passato. L’accettazione e il perdono resi possibili dal processo di dare un senso alla nostra vita hanno un effetto profondamente liberatorio. Arriviamo a perdonare noi stessi per gli adattamenti che siamo stati costretti a compiere, e ad accettare non solo chi siamo stati, ma anche chi ci stiamo impegnando a diventare. Strange Situation Negli anni ’60, gli studiosi dell’attaccamento idearono un esperimento affascinante da realizzare con madri e figli al compimento del primo anno. La procedura prevedeva che, prima dell’esperimento vero e proprio, venissero condotte, da ricercatori formati, delle osservazioni delle interazioni madre-figlio nell’ambiente domestico. La procedura è conosciuta con il nome di Strange Situation, poiché si concentra su ciò che accade quando i bambini vengono separati dalla madre e lasciati in una situazione insolita, come un luogo sconosciuto da soli o con una persona estranea. Si è appreso che per la valutazione della relazione è necessario osservare i seguenti aspetti: il modo in cui il bambino saluta la mamma al suo ritorno, se si tranquillizza facilmente quando viene confortato e dopo quanto tempo si rimette a giocare.  I bambini con attaccamento sicuro hanno mostrato chiaramente di sentire la mancanza della madre quando lei usciva dalla stanza, salutandola vivacemente al suo ritorno, calmandosi rapidamente e tornando a giocare quando era di nuovo li con loro. Questi bambini erano coloro i cui genitori, nel corso delle osservazioni nell’ambiente domestico, avevano dimostrato sensibilità e capacità di Esperienze negative ostacolano lo sviluppo neurale e avere effetti sulla salute generale, sulle abilità relazionali, sulla capacità di gestire le avversità, sulla speranza di vita. Infatti, il meccanismo alla base del problema fa sì che: il sistema di attaccamento presente nei mammiferi, spinga il bambino ad avvicinarsi alla figura di attaccamento, mentre un altro circuito cerebrale legato alla sopravvivenza, lo spinga ad allontanarsi. Un unico corpo, due istruzioni in conflitto tra loro per cui si verifica una frammentazione della mente. Ecco come la disorganizzazione colpisce il funzionamento del cervello, che non sa come elaborare questa paura senza soluzione. Strategie per favorire un senso di protezione 1. Non diventare iperprotettivi. I bambini sono in grado di gestire le sfide adeguate al loro livello di sviluppo, il fatto di doversi sforzare un po’ per risolvere il problema aiuta il bambino a imparare di poter superare le difficoltà. Per aiutare i bambini a sentirsi a loro agio nell’esplorare il mondo è essenziale che incontrino qualche difficolta e anche che falliscano. È importante stargli emotivamente vicino e fornire loro un sostegno così che sappiano che ci siamo per loro. 2. Impegnarsi per non essere fonte di paura in famiglia. Quando si perde il controllo delle emozioni bisogna prestare attenzione al proprio modo di agire e impegnarsi per riportare il piano di sopra del cervello in uno stato di equilibrio, così da non venire percepiti come una minaccia da nostro figlio. 3. Ogni volta che entriamo in uno stato reattivo, soprattutto se spaventiamo il bambino, dobbiamo ricucire il rapporto appena possibile. Questo da l’opportunità al bambino di affrontare situazioni difficili e sviluppare nuove abilità, come imparare a controllarsi anche quando il genitore non sfoggia le migliori capacità di autocontrollo. Inoltre, imparano che in una relazione possono esserci rotture a cui seguono riconciliazioni. 4. Creare un ambiente che trasmetta benessere e protezione: vicinanza emotiva e comunicazione attraverso dialoghi riflessivi. 4. Comprensione Comprendere davvero un bambino significa soprattutto 3 cose: 1. Sintonizzarsi sul suo stato mentale interiore in modo da fargli sapere che lo capiamo. 2. Giungere a una comprensione della sua vita interiore. 3. Rispondere in modo contingente a ciò che vediamo con tempestività ed efficacia. Queste formano il trio della sintonia: percepire, dare senso, rispondere.  Comprendere significa “vedere” ossia concentrarsi meno su comportamenti osservabili dall’esterno e più su ciò che sta dietro a quel comportamento, quindi su ciò che avviene dentro al bambino. Quando ci siamo per i nostri figli e li facciamo sentire compresi, i bambini hanno la possibilità di imparare a comprendere sé stessi con chiarezza e onestà. La mindsight è la capacità di “vedere” dentro la nostra mente e quella degli altri. Un aspetto fondamentale è l’autoconsapevolezza che ci consente di prestare attenzione non solo alle nostre opinioni e ai nostri desideri, ma anche ai nostri sentimenti di frustrazione e rabbia. In questo modo possiamo scegliere come rispondere in una situazione problematica, invece di limitarci a reagire sulla scia di propensioni non consce e possiamo comportarci in modo da dare ai bambini ciò di cui loro hanno realmente bisogno in quel momento. Quando utilizziamo la mindsight insegniamo ai nostri figli come funzionano le relazioni basate sull’amore, sintonizzarsi è infatti la base di una relazione sana. I nostri figli, inoltre, impareranno ad esserci per gli altri e scegliere amici e partner che sappiano esserci per loro. Vedere un bambino significa esserci con un atteggiamento di presenza, di apertura e ricettività, con l’intenzione di fargli sentire che staremo al suo fianco.  Comprendere i bambini significa accettare ogni dimensione della loro individualità e farli sentire liberi di esprimere le proprie emozioni, anche quelle intense o che fanno paura. Se diamo al bambino l’impressione di “non volere sentire” questo diventerà parte di ciò che saprà del rapporto tra noi e lui, in quanto interiorizza ciò che gli inviamo). Quando diamo poca importanza alle emozioni del bambino o lo facciamo vergognare di provarle, gli stiamo impedendo di mostrarci chi è. Il senso di vergogna è un potente ostacolo all’atto di comprensione (esempio: se una madre fa vergognare il figlio per la paura che prova, il bambino non le farà più sapere quando proverà ansia. Per questa madre sarà molto più difficile capire il figlio e il bambino si ritroverà a dover gestire da solo le proprie emozioni). Una ripetuta mancanza del trio della sintonia da parte del genitore genera uno stato emotivo di vergogna, cui si accompagna la sensazione interiore di inadeguatezza e di manchevolezza della propria persona. Il bambino sarà portato a credere che in lui c’è qualcosa che non va, piuttosto che credere che i suoi genitori non siano affidabili. Un’esperienza frequente di vergogna porta a elevati stati d’ansia, depressione e altri problemi di salute mentale.  Comprendere un bambino significa essere consapevole dei suoi punti di forza, ma anche di debolezza, incoraggiandolo ad uscire dalla sua “confort zone” e lavorare insieme sulle sue abilità sociali o emotive. L’obbiettivo è dare loro la possibilità di mostrarci cosa provano davvero, affinché possiamo avere un atteggiamento di presenza, apertura e ricettività verso il loro vissuto e a gestire le emozioni forti. Strategie per aiutare un bambino a sentirsi compreso 1. Osservare, andare più in profondità per vedere cosa sta accadendo dietro. Ciò significa andare oltre le supposizioni, avere un atteggiamento di curiosità e sospensione del giudizio. I bambini hanno bisogno di limiti ed è nostro compito insegnare loro cosa è ammesso e cosa non. Tuttavia, in altri momenti il comportamento del bambino potrebbe essere riconducibile alla fase di sviluppo in cui si trova. Come genitori, dobbiamo aiutare i figli a esprimere le loro potenzialità ma non dovremmo chiedere loro di fare qualcosa che è davvero al di fuori della loro portata. Se il bambino non può comportarsi in modo diverso, come ci sentiremmo a punirlo per qualcosa che non riesce a controllare? 2. Vedere i bambini significa prestare loro attenzione nel corso della giornata. Si possono, per cui, creare occasioni che consentano di mostrare chi sono, trovando spazio e tempo per imparare a conoscerli meglio così da poterli aiutare ad esprimere la propria individualità. 5. Conforto Se il bambino è sopraffatto dalle emozioni e non riesce a controllarle, la spirale di feedback negativi è ciò che può avvenire nella sua mente quando il genitore messaggi di punizione. In situazioni del genere, il bambino ha invece bisogno di calmarsi, affinché il suo cervello passi da uno stato reattivo a uno stato ricettivo così da poter ascoltare gli insegnamenti necessari per imparare a comportarsi meglio. In una condizione di malessere, lo stato negativo può essere modificato dall’interazione con un genitore che dimostri di esserci per lui, può darsi che il bambino non avrà quello che desidera ma perlomeno non sarà solo. Il conforto scaturisce dal senso di unione. Il senso di unione scaturisce dalla nostra capacità di essere presenti. Il senso di unione sperimentato in presenza di dolore o stress modifica l’esperienza del bambino, che non è solo nella sua sofferenza, ma sente di essere parte di una totalità più grande. Questo tipo di unione, il conforto interattivo (poter contare su qualcuno che ci conforti) crea un senso di fiducia che porta ad interiorizzare la capacità di confortarsi da solo, sviluppare resilienza e regolare le proprie emozioni. Confortando il bambino si favorisce lo sviluppo del cervello e delle sue funzioni più complesse: la capacità di decidere e pianificare con giudizio, la capacità di regolare le proprie emozioni, la flessibilità e adattabilità, l’empatia, la conoscenza di sé, la moralità. L’obbiettivo è quello di raggiungere la cosiddetta autoregolazione, processo che richiede tempo. Per lo sviluppo è necessario attuare una co-regolazione finché i bambini non saranno in grado di regolare le proprie emozioni da soli. Meccanismo d’azione del conforto ZONA ROSSA: iperattivazione del sistema nervoso. ZONA VERDE: controllo. ZONA BLU: ipoattivazione del sistema nervoso. L’idea di fondo è che i bambini si trovino nella zona verde, al sicuro e in controllo. Tuttavia, quando l’intensità emotiva aumenta troppo genera un caos interiore che fa perdere il controllo entrando nella zona rossa. Se, invece, le emozioni intense portano il bambino a chiudersi in sé stesso, entra nella zona blu. Quando i bambini escono dalla zona verde hanno bisogno di qualcuno che intervenga e attui una co- regolazione, affinché riacquisiscano il controllo perché non sempre, ma spesso, il bambino non si controlla perché non riesce a farlo non perché non ha voglia. I modi verbali sono assolutamente efficaci ma in larga parte, il processo di conforto ha luogo a livello non verbale: l’espressione del viso, il contatto visivo, il tono di voce, la postura, l’intensità della risposta. Cosa accade quando un bambino non si sente confortato La reazione naturale a una risposta non contingente può essere quella di entrare nella zona rossa della rabbia o nella zona blu dello sconforto. Due possibili modi di reagire possono essere: - continuare a stare male e gestire da solo le emozioni con la conseguenza di stare ancora peggio (attaccamento ambivalente). - disconnettersi dalle emozioni (attaccamento evitante). Queste persone possono avere difficoltà a comprendere le proprie emozioni e quindi a darsi conforto autonomamente. Strategie per aiutare un bambino a sentirsi confortato/confortarsi da solo 1. Confortare non significa viziare, porre limiti al bambino è corretto. Un mondo senza regole e confini sarebbe dominato dal caos e dalla paura. I bambini hanno bisogno di sapere cosa ci aspettiamo da loro, cosa è accettabile fare e cosa non lo è per sviluppare la convinzione che il mondo sia prevedibile e sicuro. Inoltre hanno bisogno di sentire la parola “no” per interiorizzarla. In tal modo, faranno pratica nel premere il freno e fermarsi, perché il mondo non gli dirà sempre di sì. Amare significa porre limiti al loro comportamento, ma farlo in modo da comunicare amore e accettazione, si può essere presenti emotivamente anche senza cedere al suo volere. 2. Utilizzare un conforto “proattivo”: porre attenzione alle prime avvisaglie e porre un freno prima che la reattività si intensifichi. Creare una grotta della calma può essere utile al bambino per avere a disposizione un luogo in cui appartarsi e riprendersi quando sente che le emozioni sono troppo forti. Oppure si può incoraggiare il bambino a scegliere della musica rilassante o compilare un elenco di movimenti per scaricare energia. Possiamo insegnare ai bambini che non devono sempre ricorrere a strategie interiori per confortarsi da soli, perché soli non sono. Uno dei migliori modi per aiutare sé stessi è chiedere aiuto quando se ne ha bisogno. 3. Ci sono molte tecniche che si possono provare, ma non esiste un rimedio prodigioso che possa funzionare ogni volta. C’è però una risposta generale alla sofferenza dei bambini che è sempre corretta, ed è PEACE: - Presenza: esserci con atteggiamento aperto e ricettivo. - Engagement: ascolto attivo e comunicazione non verbale. - Affetto: aiutarlo a sentirsi incondizionatamente amato. - Calma: non perdere il controllo per essere di esempio. - Empatia: consente al bambino di sentirsi sentito.
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