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La trasformazione dell'educazione: un'analisi storica e critica - Prof. Fedeli, Appunti di Storia Della Pedagogia

La trasformazione dell'educazione nel corso degli ultimi 50 anni, analizzando i presupposti su cui si basa lo studio pedagogico e le conseguenze della sua evoluzione. L'autore discute del passaggio dal sapere generativo a molti territori specifici, della crescita della società e della globalizzazione, del fenomeno del meticciamento della popolazione e di nuovi fenomeni come il cyberbullismo e il femminicidio. Inoltre, l'autore discute dell'impatto del covid-19 sulla società e sulla formazione dell'educatore, del rapporto tra cultura e competenza nella definizione dei curricoli e degli obiettivi della formazione, e della school effectiveness come modello per la formazione. Infine, l'autore discute della capacità delle discipline storico-pedagogiche di formare l'educatore e di creare le migliori condizioni di partenza per rispondere ai compiti di 'cura della memoria', di 'custodia delle relazioni' e di 'fisioterapia dell'io e della libertà'.

Tipologia: Appunti

2023/2024

Caricato il 26/03/2024

virginia-onorati
virginia-onorati 🇮🇹

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Scarica La trasformazione dell'educazione: un'analisi storica e critica - Prof. Fedeli e più Appunti in PDF di Storia Della Pedagogia solo su Docsity! ESTT: nuove traiettorie educative UNA PECULIARE SENSIBILITÀ ESISTENZIALE. IL CONTRIBUTO DELLE DISCIPLINE STORICO-PEDAGOGICHE ALLA FORMAZIONE DELL’ESST 1. LA DOMANDA DI RICERCA: ● L’ipotesi di ricerca che il professore ha voluto mettere alla prova si può formulare con una domanda: il sapere di carattere storico-pedagogico può essere utile o no ad un educatore? Questa domanda viene posta perché la disciplina di “storia della pedagogia” è un sapere storico-umanistico. Il lavoro di chi studia pedagogia si basa su 2 presupposti: - il fatto che l’educazione è un fenomeno indagabile (dobbiamo sempre fare ipotesi di ricerca); - il fatto che lo studio di essa può essere compreso solo se si colloca in una tradizione storica, in uno scorrere del tempo. ● In quale scenario si troveranno a lavorare e a mettersi in gioco i futuri educatori? Se uno studente decidesse di intraprendere il percorso di educatore per lo sviluppo sociale del territorio, a che cosa si dovrà dedicare? La risposta si basa su 2 aspetti specifici o meglio 2 scenari in cui oggi ci troviamo a vivere: - la professionalità dell’educatore riguarda l’ambito e le problematiche connesse alle fragilità umane (salute, età, crescita, relazioni sociali…). Queste problematiche, nel passato, sono state affrontate in modo diverso da oggi, per una ragione di carattere storico e sociale. Una volta, di queste fragilità si facevano carico le famiglie mentre ora, si ritiene che occorra che la società se ne prenda carico, e che quindi diventi un problema politico e sociale. - l'altro scenario è il fatto che oramai da circa 25 anni, l'enciclopedia del sapere universitario (posta alla base della formazione dell'educatore), è di tipo fortemente scientifico. Si è infatti affermato un paradigma scientifico, ovvero che l'unica certezza per rispondere alle fragilità umane è il sapere scientifico (scienza medica, psicologica, sociale…). In questo modo è stato messo da parte il sapere umanistico, producendo per esempio il cambio di denominazione dei corsi universitari, che infatti sono stati intitolati con la parola "scienza". 2. LO SCENARIO PRESENTE: ● Le problematiche connesse alla fragilità della condizione umana (rispetto ad età, salute, disabilità, crescita, socializzazione, relazioni, affetti, corso della vita), man mano che sono entrate in crisi le istituzioni tradizionalmente deputate a farsene carico es. la famiglia, la scuola e gli enti, perlopiù religiosi, di assistenza e che la consapevolezza di tale responsabilità ha cominciato a diffondersi nella società, hanno assunto negli ultimi decenni una sempre più marcata rilevanza sociale. ● Sull'altro versante, l'affermazione a partire dalla metà degli anni 70 del paradigma scientifico, ha aperto, sul piano epistemologico, una duplice problematica, che non va sottovalutata né trascurata: - il PRIMO PROFILO della problematica è generato dal fatto che il passaggio che ha caratterizzato gli ultimi 50 anni potrebbe essere “una mutazione quasi genetica” che ha prodotto (nell’ambito del sapere che si occupa dell’educazione), un cambiamento molto forte da “sapere generativo” (entro cui erano disposte le articolazioni interne del discorso formativo), a frammentarsi in “tanti territori specifici a vocazione autonoma”. Se infatti si tornasse indietro, negli anni 60 la pedagogia veniva concepita come un sapere ampio, che comprendeva al proprio interno tutte le articolazioni del fenomeno educativo (l'istruzione, la formazione e l'educazione, che comprende tutte le forme possibili (scuola, lavoro, famiglia). Ciò significa che la pedagogia non era ancora divisa in settori inclinati verso un’analisi sempre più specialistica. Oggi, invece, il sapere assomiglia sempre di più ad un’enciclopedia di specialismi (=sapere così specialistico e settoriale che rischia di perdere in nesso con gli altri saperi) e tende quindi a rinunciare ad essere "luogo di riflessione, elaborazione e proposta educativa in rapporto ad un'idea di persona e società". La pedagogia dell'ambito umanistico è scomparsa e ha fatto passare in secondo piano quello che faceva capire di per sé il fenomeno educativo. La mentalità del giorno d'oggi ha l'abitudine di configurare i problemi nell'ambito della scienza. (es. mio figlio non va bene a scuola quindi lo mando dallo psicologo, da un medico... ma quel problema potrebbe tranquillamente dipendere da qualcos'altro come da come il professore tratta l'alunno o dalla situazione familiare...). - il SECONDO PROFILO della problematica riguarda il fatto che ogni “sapere particolare” ha scelto come proprio metodo quello scientifico; Edgar Morin l'ha descritto nei termini di un frazionamento e di una separatezza delle conoscenze e dei saperi, che hanno condotto i sistemi di insegnamento, in qualsiasi paese, alla formazione di "spiriti unidimensionali e riduttori, che privilegiano soltanto una dimensione dei problemi occultandone altre". Facendo così si crea quello che Edgar Morin chiama "deficit dell'impianto culturale nell'era planetaria", in cui i problemi hanno una configurazione sempre globale, ma noi continuiamo ad insegnare basandoci su un'enciclopedia in cui i saperi sono autoreferenziali (ovvero non vengono posti in relazione tra di loro). Si sono quindi creati dei paradigmi della disgiunzione (ovvero tutti i saperi sono scollegati e separati dagli altri e sono autoreferenziali) e della riduzione (ogni sapere viene ridotto ai confini stretti del metodo scientifico). La sua prima proposta (per andare oltre questa situazione) è quindi quella di sottoporre a revisione critica l’enciclopedia moderna del sapere e superare questa autoreferenzialità, mettendo quindi in relazione i saperi (ed evitando la disgiunzione e la riduzione). 3. LO SCENARIO DEI PROSSIMI ANNI, QUELLO FUTURO: Quando fra qualche anno i laureati si affacceranno alla condizione adulta e cercheranno di inserirsi nel mondo del lavoro, che cosa troveranno davanti a sé? Qui rispondere in breve è ancora più difficile anche perché sulla situazione odierna si è abbattuto lo tsunami del COVID-19. Ecco i cambiamenti che avvengono al giorno d’oggi: ● la trasformazione dell'economia e dell'organizzazione del lavoro causata dalla "quarta rivoluzione industriale" e accelerata dalla pandemia; Essa coinvolse anche i 3 ambiti costitutivi e fondanti per l'esistenza umana che sono: - la scuola: es. la DAD (didattica a distanza); - il lavoro: il covid ha influito molto → es. lo smart working; Una volta lavorava di più il capo famiglia mentre la donna faceva la domestica, al giorno d'oggi è completamente diverso; Ci sono inoltre continue richieste di aggiornamento (es. i master per insegnare, rispetto al passato in cui non venivano richieste); - le relazioni, le forme di socialità (sia individuale che familiare): il covid ci ha costretti a sospendere le forme normali (anche solo vedere il viso senza mascherina); ● le indagini demografiche e statistiche, tra cui troviamo: - la denatalità e la conseguente crescita percentuale della popolazione anziana (invecchiamento), (ciò comporta molti sforzi perché aumenta la fragilità umana); - il fenomeno della globalizzazione: per cui le economie e i mercati nazionali, grazie allo sviluppo delle tecnologie e delle telecomunicazioni vanno a formare un unico sistema mondiale; - il fenomeno del meticciamento della popolazione (la miscelazione etnica= più etnie diverse messe insieme). ● l’arrivo di nuovi fenomeni (nuove forme di dipendenza dell'universo giovanile), tra cui troviamo: - la diffusione del consumo di sostanze; movimento montessoriano in occasione del centenario dell'istituzione della prima Casa dei bambini. Rispetto alla tentazione di ridurre la tradizione, i saperi storico-pedagogici offrono la possibilità di una conoscenza e comprensione sia delle varie tradizioni e del loro patrimonio, sia dei contesti sociali, culturali e storici in cui esse hanno avuto origine e continuato a dimostrare la loro pertinenza e credibilità. Nello studio della storia, non si può apprendere solo una sezione e poi tralasciare tutto il resto: facessimo così riguarderemo al passato come se fosse un supermercato in cui prendiamo le cose che ci servono e tralasciamo il resto. Nel caso della Montessori, si vede benissimo che coloro che si ispirano a lei, prendono un aspetto della sua teoria (quello che più interessava) e tralasciano il resto. La storia educa a considerare il passato come qualcosa che ha un’alterità rispetto al presente che, se conosciuta, fa meglio di quanto si pensa. ● Anche Hanna Arendt realizza una riflessione sul FENOMENO DELLA TRADIZIONE e sulle conseguenze del suo, sempre possibile, venir meno. Senza la tradizione (che opera una scelta e assegna un nome, tramanda e conserva, indica dove siano i tesori e quale ne sia il valore), il tempo manca di una continuità tramandata con un esplicito atto di volontà, e quindi, in termini umani, non c'è più né passato né futuro, ma soltanto la semplice evoluzione del mondo e il ciclo biologico delle creature viventi. ➔ Con l’espressione “il tempo manca di un’unità tramandata” si intende che, quando una generazione scompare ed il patrimonio viene lasciato alla successiva, essa deve essere consapevole del suo valore. Il fatto che la tradizione montessoriana sia viva ancora oggi, è dovuto al fatto che insegnanti e pedagogisti hanno compreso il patrimonio di quella tradizione e l’hanno portata avanti: se non fosse stato così, la tradizione sarebbe stata esaurita. Le tradizioni nascono, vivono, ma possono anche morire. La tradizione è ciò che fa la differenza tra gli esseri umani e tutti gli altri esseri viventi che obbediscono alle leggi della natura e che governano il loro ciclo vitale, che sono diverse da quelle che governano il ciclo vitale umano. La memoria non è che una sola delle tante forme del pensiero, seppure una delle più importanti, e perde ogni potere se separata da un contesto prestabilito: solo in rarissimi casi la mente umana è capace di ritenere una cosa priva di connessioni con qualunque altra. ● Ogni generazione ci ha messo in mano una ricchezza che deve essere esaminata, per comprendere se ha valore nel periodo in cui si vive. Dopo il vaglio, se ci dice qualcosa di importante, la conservo e la metto alla prova nella situazione di oggi. Questo suggerisce ancora che, oltre alle intelligenze multiple, c’è anche la memoria che ha sempre bisogno di essere contestualizzata. Queste osservazioni contengono un richiamo molto forte: - sia riguardo le responsabilità pedagogiche degli adulti che hanno il compito di istruire e formare i giovani; - sia alla necessità di considerare seriamente la conoscenza storica come l'ambito di esperienza e di sapere più adeguato [sia per tutta l’eredità che arriva (grazie alla tradizione) dal passato, che per lo sviluppo e la maturazione della memoria]. 6. CURA DELLA MEMORIA, CUSTODIA DEI LEGAMI, FISIOTERAPIA DELL’IO E DELLA LIBERTÀ: ● Nel 2007, in un saggio in forma d'intervista nato dai problemi dovuti all'impatto dei nuovi media sulla condizione umana e giovanile, Philippe Meirieu notava: “Quando osservo il modo in cui molti bambini e adolescenti raccontano ciò che vivono, mi rendo conto che sono incapaci di articolare i momenti della propria vita in una storia coerente. La loro storia ha l'aspetto di un videoclip in cui tutto si compenetra e nulla crea un legame o ha un senso. Questa disarticolazione è devastante per lo sviluppo della persona. L'incapacità di trasformare dei fatti in avvenimenti, appiattisce il mondo e mi assoggetta ad esso, impedendomi di affermare il mio «io», di mettermi in gioco rispetto ad esso e di riconoscermi in rapporto agli altri. Spiegazione: il saggio di Meirieu è stato pubblicato qualche anno dopo la creazione di Facebook (2004) e quando Twitter (2006) muoveva i primi passi. Ancora non esistevano Instagram (2010) né TikTok (2016). Prima di allora, la nuova modalità comunicativa più in uso era la messaggistica breve (SMS), creata nei primi anni Novanta. La dimensione iniziale di un SMS era di 160 caratteri. L'osservazione di Meirieu conferma la necessità di studiare a fondo, in un'ottica propriamente storico- pedagogica e non soltanto comunicativa o funzionale, l'impatto dei nuovi e nuovissimi media sull'identità delle generazioni cresciute nel loro format di pensiero e di relazione e sull'incidenza di tali media sulle loro capacità linguistiche, espressive e discorsive. Il tempo trascorso dal 2007 ad oggi offre una amplissima e variegata documentazione a riguardo. ● Sarebbe interessante verificare la pertinenza di questa notazione anche rispetto ai bambini e agli adolescenti di oggi. Ad ogni modo suggerisce in che cosa può consistere il secondo decisivo contributo che le discipline storico-pedagogiche offrono alla formazione dell'educatore. L'educazione e l'incremento della socialità come base dell'ambiente e delle relazioni hanno bisogno che le caratteristiche e le risorse di un territorio non restino solo dei fatti o dei dati di fatto, ma piuttosto che diventino avvenimenti. Ciò può accadere solo se quei dati e quei fatti non restano semplicemente allineati l'uno accanto all'altro, ma passano attraverso quei fenomeni così significativi, come l'esperienza, la conoscenza e la ricerca del senso delle cose. Normalmente, questa esperienza, conoscenza e ricerca avvengono nel periodo evolutivo, sulla base delle leggi della crescita psicofisica e relazionale della persona e degli incontri con cui l'esistenza prende forma. Non sempre però è così. Si può anzi presumere che il nostro educatore avrà anche e più spesso a che fare con percorsi di vita individuali (in età evolutiva o adulta) e con ambiti di relazione variamente "accidentati": cioè segnati, in forme più o meno gravi, da disfunzionalità, ferite, fratture, involuzioni. Le discipline storico-pedagogiche, per la formazione dell’educatore e della sua capacità di incontrare e comprendere le altre persone, aprono e coltivano la dimensione della temporalità, in tutta la sua distensione, non solo individuale, ma anche sociale. Esse propongono la storia e la tradizione come fenomeni con cui diventa possibile ricevere il patrimonio del passato e far maturare, nel singolo come nelle cerchie di relazione, la consapevolezza non solo di sé, ma anche di ciò che è altro da sé. Esse stimolano anche la capacità di superare l'egocentrismo tipico delle prime età della vita e quelle forme di difesa, autoreferenzialità e chiusura che possono sempre insorgere, ad ogni età, nelle più varie situazioni, soprattutto in quelle di scacco e fallimento, personale o collettivo. Ritornando agli scenari sopra delineati, credo non sia errato individuare l'utilità delle discipline storico-pedagogiche nella capacità di formare nella persona una peculiare sensibilità per tutto ciò che ha “valore esistenziale”. In ragione della densità del loro oggetto e dell'intenzionalità conoscitiva con cui lo accostano, l'insegnamento e lo studio critico di queste discipline mi sembrano in grado di alimentare nell'educatore, una disposizione capace di creare le migliori condizioni di partenza per rispondere, in modo umanamente profondo e comprensivo, e con i tempi che si renderanno necessari, ai diversi compiti di "cura della memoria”, di "custodia delle relazioni" e di "fisioterapia dell'io e della libertà", che la realtà gli presenterà man mano nell'esercizio della professione.
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