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IL DIALOGO DELLE PIANTE F DEL TERMINALE
I ficus! rabbrividiscono sotto il neon accanito? di tutte le luci delle
prime ore, quando passano le squadre dei controlli di sicurezza e
della pulizia; e un poco di più ai primi squilli del telefono che prece-
dono l’arrivo del dirigente. I ficus si rilassano nelle assenze semiillu-
minate, soffuse di deodorante?, e si appoggiano sugli spessori bianca-
stri delle finestre. Essi si ravvivano via via nelle attese, concentrando
il colore verso lo spazio che sarà mosso e occupato dalla dirigenza!.
Impallidiscono nei duri colloqui. Frusciano di emozione mentale du-
rante le stesure dei piani e delle strategie aziendali. Si inteneriscono
per ciascuna nervatura e per tutte le radici nci momenti di promozio-
ne, nei trasferimenti ascensionali5; e così quando si espande l’am-
biente dirigenziale e la loro compita” rassicurante presenza.
Nei vuoti semispenti” e ronzanti di elettricità automa he, i ficus
patiscono fino a inorgoglirsi anche troppo di se stessi, soprattutto per
1. ficus: piante sempreverdi dalle grandi foglie oblunghe a lemina coriacea, coltivate a scopo or
mentale.
2. neon accanito: l'aggettivo accanita, frequente in Volponi sia nel senso ostile di rabbiosa, inferocito,
che in queilo non ostile dî ostirato, inveteiata, qui è riferito, in senso figurato, ala Juce generata dai neon,
i gas delle lampace a eletirolunvinescerza. Impliza dunque la personificazione di un elemento artificiale, i
ubi luminosi degli intere i, partecipi anch'essi della penerale animazione che riguarda tutti gli
oggetti del dialogo.
3. assenze...deodorante: il narratore fa riferimento alla spazio aziendale nelle ore in cui gli uffiti
mangore vuoti e in penombra. L'intera descrizione è ricca tuttavia di significazioni traslate e di accosta.
monti arditi (ra termini letterari e termini tratti dal'a corsuctudine lavorativa. L'uso del sostantivo as
notturne, c dell'aggettivo soffuse (cosporse leggcrmone) per indi»
fato dagii addetti aile pulizie, carica liricamente l'immagine e de-
icità della realtà industriale.
A. concentrando...diripenza: verso lalba i ficus passano dallo stato di quiete a quello di febbrile at
tesa. Per l'intensa emozione "spostano" # serile (il colore) e lo concentrano nelie foglie più vicine agli
spazi che verranno occupati dai dirigenti (dirigenza). Si istituisce così un vero e proprio "cortocirsuito”
Îra stali psichici e interiori ed elementi fisici dello spazio esterno.
termina un contrasto con li pros
5. trasferimenti ascensionali: wrasferimenti ad clire filia
tavia, nel linguaggio mescorologico, si riferi
leso, all'etevazione al cielo di Cristo. Impiegato a proposito della carriera ii dirigenti,
po semantico industizle a queliv atmosferico 0 a quello religioso, im-
del mondo dell'industria c; per contrasto, una demistificazione
per avanzamento di carriera. L'aggettivo
c al moto di innalzamento di masse d'aria
mento dal ca;
ironica delle sue ge
6. compita: inpercabile negli anti e net comportamento.
cedente assenze (cfr. nota 2), vuoti sta a designare gli ditemi
7. Nei vuoti semispenti: come il p
dell'industria nelle ore in cui continuena a "ronzare” solo Je macchine elettroniche. L'a
Spenti, tuttavia, rinvia in Volponi a sovrasensi cosmici. Induce a pensare cioè, analogamente a |
viene in Leopardi, alle combustioni vulcaniche o stellari (cfr. ji Cantico dei gallo silvestre nelle €
Tempo verrà che esso universo, c la
«Altro universo non c'è nem
spenti degli sp:
23 GEN, od
Paolo Volponi: Il dialogo dell
del icrminaie (da Le mosche del capitaie)
il timore di essere trascurati. Sanno benissimo che non c'è di peggio
nella cultura è nella società industriale e dell'impresa che l'essere tra-
scurati, non convocati, ignorati anche solo per un annuncio. Allora
insorgono contro la moqueite e contro le tende: le disprezzano da
sempre, ma adesso le attaccano cospargendole di ombre e anche di
sputi e di seguito ancora con qualche bava attaccano la scrivania, il
telefono, la poltrona, la porta. Tralasciano consapevolmente il termi-
nale8, conoscendo come esso sia potente, il nuovo favorito, c insieme
indifferente, ma anche perché sperano che possa allearsi con loro.
Almeno tacendo. Mz intanto strillano con chiarezza efferata?:
- Non siete altro che dei supporti. Nient'altro che materiale ap-
pena acconciato. Ma messo proprio e solo nel senso e modo di ser-
vire. Non avete idee: vi prestate all'uso. Alle natiche ai gomiti alla
schiena ai comandi di ogni tipo: manuali, orali, e anche a quelli au-
tomatici!®. Non avete distinzione, così come non avete specie. Non
comunicate, non progettate, non ispirate, non trasformate, Non diri-
gete nulla. Noi siamo i veri elementi delia direzione. Singolarmente e
in équipe. Line e staff, research and development, marketing e work
in progress!!, Noi siamo la creativa coltura industriale; Non abbiamo
più legami con natura e climi ancestrali”; niente ci inibisce e ci con-
diziona. Abbiamo lo spirito e il metabolismo!? dell'impresa. Noi
pompiamo, trasformiamo, moltiplichiamo e diffondiamo!* risorse e
& terminale: unità periferica, collegata in sete con l'efaboratore centrale, espace di inviare dati e ri-
cevere risposte.
9. offer:
feroce; inumana
10. Alle natiche,.sutomatiei:
tratta di un'accumialazione, în cui le parti cel corpo si
segni di interpunzione. 1 ficus accusano la scrivania, il slcforo e la pattrora di essere sesnplic
servili. Per deridere gii avversari, con evidente elusione sessuale, sattolinca Ja passività con cui ade-
riscono alle diverse parti del corpo dei dirigent gomiti schiena) e co1 cui si prestano ai diversi
comandi (manvali, orali, automatici).
11, Line. progress: è una iemna ci bi associano, in forma di accumuîo, temini îngiesi
tipici del gergo specialistico dell'organizzazione aziendale. Line e stalf, propriamente finca e tasione,
sono sostantivi che indicano rispettivamente il rapporto cperativo entro una certo organigramma fline) è
il ristretto gruppo, non inserito nella gerarchia operativa direlta, avente fenzioni ausiliario di alto livello
af!) Research and development: ricerca e sviltnpo, analogamente al successivo marketing
‘ato di ta market, vendere, con cui nel lessico del'’economia aziendale si derumina Farmatisi
cate), designano il complesso di tecniche £ di studi direlti a sfruttare al meglio le
porre le merci sl mercato. Work in progress, letteralmente lavoro in progressione, indica un'attività che
si sviluppa mediante un continuo apporta di dati e di nuove esperienze °
In questo contesto si riferisce alle iuntane origini
12. ancestrali: riconducibili al niendo dexli an
naturali delle piante.
13. metabolismo: complesso di reazioni chintiche che si svolgono in ogni organismo e che ne condi-
umano Ja crescila e la vita.
14. pe Fondiamo: evidenti in questa seguenza verbale l'iterazione fonica e Peffetto di-
TA
E. Zinato Letteratura e scuola
sbeni, scienza e mercato, tecnologia c politica. I dirigenti guardano a
néi per pensare e decidere; seguono il nostro verde e i rapporti del
nostro ordine. Nessuno di loro ci ha mai colpiti o scalciati 0 addirit-
tura scagliato via.
- Sì, ma qualcuno vi ha orinato addosso, o sputacchia,
vomitato.
- SÌ, sì, ma qualcuno che non era più dirigente; che si buttava con-
tro di noi appunto per colpire la direzione.
- Ma sono gli inferiori della pulizia che vi trasportano, vi depon-
gono e vi spo verano; irandovi proprio verso di noi, a guardare, a ri-
verire e a consentire. Siete poco più di uno specchietto apprendista
con scarsi titoli e pochissime doti. Tanto che nel nuovo progetto di
arredamento è prevista la vostra rimozione. E? ormai certo che la
presidenza, l’amministrazione delegata e la direzione gererale del
nuovo palazzo uffici non saranno toccate dalla vostra presenza as-
surda e ingombrante.
- Sì, nel progetto probabilmerte di un'impresa non più industriale,
mutatasi in pura finanza, in esclusiva procacciatrice d’affari. Ma non
in questa. Finché ci sarà ferro, gomma, rame, soda, carbone da tra-
sformare; finché ci saranno macchine, forni, montaggi, bagni e ma-
gazzini e manodopera... vomini dipendenti... finché ci sarà tutto
questo, ci sarà la vera industria e ci saremo noi. Noi siamo indispen-
sabili non solo come una delle immagini più emblematiche, ma come
uno dei fattori trainanti. Sicura fonte di risorse mentali, recupero,
progetto, canale di energia. In questa vera industria. FE badate che
questo paese non può diventare - come possono immaginare gli arre-
datori esibizionisti e succubi di altri modelli... - non può diventare
postindustriale se prima non è stato industriale. E questo roi lo com-
prendiamo e lo affermiamo in pieno. Voi fate solo dei salti, dei tra-
sformismi!?, delle pseudoavanguardie; perché voi in realtà non con-
to e anche
15. ferro...dtipendenti: i [icus Cifendeno l'industra tradizionale e ne envmerano in moda ordinati
nli: materie prime (ferro, gomma, rame, seda, carbone) macchinari (forni, montaggi, bagn
forza-lavoro (nomini dipendenti).
16. arredatori...mode
nell'industeia. i
ficus irridano î litori, il cui progetta minaccia la loro presenza
fale, ossia di un'ecostemia fondata sulle rjpro
duzione e circolazione di segni, onumagini e denaro e non copi ulla produzione di beni. La rimozione
delle piante, dunque, allude a‘legoricamente alla eliminazione, ben più radicale, della concretezza stessa
del lavoro umaro.
17. non può...Irasformismi: l'argomentazione dei ficus ricostruisce e interpreta la storia dell'industria
italiana. Intorno al 1955 l'Italia è un Paese "in ritardo", in cui l'agricoltura rappresenta ancora Îl più vasto
settore dell'occupazione. In modo estremamente rapido, con il boom del 1958-63, il Pacse si
industrializza a prezzo di squilibri sociali e culturali profondi. L'industria italiana tuttavia - ecco la tesi
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296%
5 6E
Paolo Velponi; Il dialogo delle piante e del terminate (da Le mosthe del capitale)
tate e non sapete fare niente e allora volete inserirvi nella stabilità e
nella incertezza dei trapassi, dove tutto è labile e quindi possibile. Ma
sappiate che anche il più renitente dei burocrati di Stato, di partito o
di chiesa possiede una poltrona, una scrivania, un telefono, una porta
d'accesso.
- Ma come? Se nessuno mai vi rivolge la parola, un gesto, un im-
pulso. Nessuno mei chiede il vostro concorso, la vostra competenza.
Noi telefoni dittafoni!® registratori, noi sì che impartiamo ordini, so-
luzioni, dati a tutti, dentro e fuori l'azienda, dentro c fuori l'industria,
dentro e fuori il paese. Noi siamo la vera direzione, la sua volontà e il
suo linguaggio; la scienza, la filosofia, la letteratura dell'industria e
anche la politica.
- Cosa dovrei dire io, poltrona? Dov'è che il dirigente, ci
scuno €
tutti, pensa lavora e decide? Lisciando la mia pelle, insistendo © cer-
cando tra le mie pieghe, lungo i miei bracci, affondando la sua testa
captante al calore della mia intima imbottitura.
- E io porta? Non è proprio la porta il primo segno della dirc-
zione, nella sua grandezza, posizione, selettività... limite, fermezza,
Ogni ‘comando e influenza si è sempre misurato con le porte: le porte
di Ilio!9, di Roma, di Mosca, di Berlino e anche quelle dei continenti,
geografiche e militari; dei templi, delle botteghe, dei comuni, dei
quartieri, dei ghetti, dei carceri, dei teatri, delle università, dei tri
nali, dei prefetti, dei padroni, dell’erario, le porte dei porti e delle
strade?0... Cosa cercava Ulisse se non una porta? E così Dante e così
tutti i veri ricercatori? E cosa cerca oggi l'avvocato G. A. 0 l'ingegner
C. D. B.2! se non una porta sempre più alta, ferma esclusiva domi-
dti licus - non È mai diventata veramente moderna, capace di progetti, dinamismo, alta produttività, In
dala si gni tentativo di passare alla successiva tappa postindustriale in assenza di una piera
industriafizzazione, è illusoria, insensata e ezzardata
29. Iîo: antico nome della ciità di Troia, che sorgeva nell'estremità no-d-occidentaîe dell'Anatolia, in
prossimità dello stretto dei Darcanelli. Fu resa celebre dall'Hiade, il poema di Omero ia cui redazione ri-
sale all' VII secolo a.C
20. tempi enumerazione caotica, figura sintattica tipica dello st
Vi si accumulano disordinatamente i più diversi centri ci polere delle città antiche 6 moderne.
18, dittafonî: apparecchi por la produzione immesinta dela voci
di Volponi,
21. Cosa cercava...C..D. D.: la porta è, fra gli oggetti parlant, il più ingenuo e grossolano. Le sue
domande retoriche sono ridondanti, segnate da una vistosa ricerca cell'effezio. In esse si pongono sullo
stesso piaro, senza r'guardo né ala distanza storica né al valore, Odisseo (Ulisse), il gran
cui Omero Fa raccontato Je imprese neli'Odissea, Dante Alighieri (1265 .) padre della
Ateratura italiana e autore dela Conunadia, e l'avvocato Gianni Agnelli (U. A.), imprenditore c proprie»
Tiat, 0 l'ingegner Carlo De Benedetti lelegato cell'Olivetti. La fi
ne in queste parte del dialogo s to di sme-
scherare, mediante la sovrapposizione di antichità e sta tè, l'appinttimento sul presente ci tutti i valori
e di tutte le epoche dell'umanità compieto dalla cultura postmoderna.
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E, Zinato Letteratura e scuola
Paolo Voiponi: Il diclogo delle piante e de! terminale (da Le mosche del capitale)
scsi ci (2
n» agli anni Sessanta, quando l'impresa doveva mantenere aperto un dialogo con
INavafatori e cor le forze sociali del territorio.
ficus si difendono tenacemente. Il [oro discorso, accuratamente meditato («ri-
mascro seriamente a riflettere»), non è più urlato o scomposto. Le loro parole
delineano uno scoutro epocale in atto nelle aziende fra simulazione è realtà. Nella
loro eloquenza, i ficus assumono infatti il medesimo punto di vista del dirigente de-
mocratico Saraccini, contrario al «cinismo ossessivo, totale, onnipoicnte, e ormai im-
periale, che domina l'industria come una corona» e favorevole alla capacità di media-
zione e di pianificazione dei dirigenti, e con ciò sembrano destinati a ottenere il con-
senso del narratore. L'ultima parola però spetta al terminale, che smaniclla impieto-
samente le illusioni delle piante: ciò che le rende ormai inservibili alla «velocità del
capitalismo odicrno» è proprio il loro carattere concreto e corporeo («Siete ancora
veri, perfino vivi») entro un universo produttivo dominato dall’«assolula astrazione»
del denaro e dalla smaterializzazione del lavoro. La conclusione è fallimentare per
ogni progetto di direzione "il'uminata' delle aziende. I manager non possono più
"dirigere" alcunché: «Un dirigente? - rispose il terminale - Cosa conta più un dirigen
tc? Ormai è soîo Îl suo sostantivo che corre tra î miei flussi, codificato con un rilievo
e un carico non molto rilevanti». I ficus vengono derisi e paternalisticamente blanditi
dal terminale, vero emblema del trionfante linguaggio del potere: «Ma su, non
scoraggiutevi», «Siete tutti dirigenti se vi dirigete verso di me». Dictro il sarcastico
gioco di parole del terminale fa capolino l'intento salirico e pedagogico del natratore,
il proposito, cioè, di svelare ai lettori l'esito ultimo di un processo di reificazione.
Mediante il dialogo fra îl computer e lu pianta, come attraverso gli altri cori,
dialoghi e monologhi del romanzo, Volponi preseota dunque la vita aziendale dal pa-
radossale piinto di vista degli oggetti. I! capovolgimento dell'angolo di visuale con-
duce alla scoperta di un universo in cui la concretezza e la materialità delle cose deve
cedere il passo all’astrazione del denaro. Le mosche del capitale con un tale espe-
diente raffigura, oltre ogni ingannevole apparenza, l'illimitata "naturalità' con cui si
configura l'odierno capitalismo, il suo riprodursi, cioè, su scala mondiale sotto forma
di cieca c automatica legge di natura,
a ricezione e il conflitto delle interpretazioni
Quando, nel 1989, nscirono Le mosche del capitale divampò una polemica che
coinvolse alcuni intellettuali x-olivettiani. E' significativo che, pur con toni diversi,
sia Renzo Zorzi che Geno Pampaloni, pei dissentire dall'ideologia volponiana, ab-
biano rifiutato nel romanzo proprio le «intrusioni dialoganti» degli oggetti
Zorzi, preoccupato di difendere il mondo manageriale olivettiano su
mo:te di Adriano Olivetti, finì per svalutare, con le Mosche, l'intero lavoro letterario
di Volponi. Pampalani, più canto, preferì distinguero fra idee c loro trasfigurazione
fantastica. Entrambi comungue uvverlirono con fastidio le voci degli animali e delle
cose, come «caduta» 0 «tonfo» dell'opera nei più modesti confini di uno sterile e ri-
sentito pamphlet. Franco Fortini, viceversa, intervenne in difesa del testo, sottoli
cessivo alla
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IR
ncando con forza come il romanzo non debba essere giudicato dalle intenzioni de;
Pautore ma dalla sua «qualità di scrittura». ,
Negli anni successivi gli interpreti hanno cercato di collocare il testo nel pano-
rama della letteratura italiana contemporanea. I giudizi convergono nel sottolineare
la grandezza del realismo allegorico del romanzo volponiano: «uno fra i tre 0 quattro
migliori di questa seconda metà del nostro secolo», «la prima grande rappresentazio
ne dell'urbanistica, dell’architettura, e più in generale dell'orgarizzazione dello spa-
zio, nella civiltà cosiddetta postmoderna» (Luperini); «forse le immagini più forti cd
essenziali che la letteratura abbia saputo dare della situazione dell’Italia di questi
vent'anni» (Ferroni).
Nel complesso, come ha notato Pier Vincenzo Mengaldo, la bibliografia critica, c
soprattutto quella relativa a ricerche sulla lingua e sullo stile di Valponi, è «desolata-
mente povera». Dapo la morte dello scrittore, sembra in atto tuttavia una inversione
di tendenza, con un incremento degli studi c dei convegni diretti da una parte a evi-
denziare la quaîità lirica della prosa volponiana, dall'altro ad esalterne l'allegorismo,
l'utopismo e il matcrialismo. Mengaldo ha recentemente abbozzato un'analisi lingui-
stica delle Afosche, evidenziandone «il linguaggio strutturalmente lirico», la presenza
di accumulazioni, iterazioni, parallelismi e rime. Del resto, fin da Memoriale, alcuni
interpreti (Pasolini, Giudici, Santato) hanno sottolineato la specificità analogica e
poctica della prosa di Volponi, a cui si adatta perfettamente la definizione di Calvino
della prosa come «caso particolare della pocsia». Due recenti volimi collettanei, Pu-
no del gruppo dei Quademi di critica, V'altro curato dal Gruppo laboratorio, banno è-
videnziato viceversa sopratiuito il materialismo volponiana come fondamento ideolo-
gico della sua scrittura.
Come si è visto, nella prosa di Volponi îl lirismo più accsso trascorre nella batti-
ta cpigrammatica, il racconto si trasforma in poema, dialogo didattico, saggio, în un
movimento di contaminazione dei generi che non ha epuzli nella letteratura italiana
contemporanca. Un problema interpretativo aperto, su cui pare destinata a cimentar-
si la critica, è dunque quello inerente la valutazione del rapporto fra "lirismo" del lin-
guaggio volponiano e sua valenza allegorica e rcalistica, ne cioè (ra stile c
ideologia
Riferimenti bibliografici
II dialogo, successivamente compreso re Le masche del capitale (Einaudi, Tori-
no, 1989), uscì sul Corriere della sera del 10 gennaio 1984 col titolo di «Dialogo sul
l'industria fra pianta e macchina». Volponi non lo pubblicò sul quotidiano come anti-
cipazione del futuro romanzo ma come vero e proprio intervento saggistico sul tema
«come si trasforma il mondo della produzione»: ciò attesta l'autonomia argomentati
va e persuasiva di questo testo e la modalità di composizione per blocchi giustapposti
delle A i
I testi citati della polemica successiva alla pubblicazione del romanzo sono i se-
guenti: R. Zorzi, «Un vellcitario censore del potere», in Sote 24 ore, 30 aprilo 1989;
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Sd
Letteratura e scuola
i |
G. Pamìpaloni, «Alta finanza basse speculazioni», in I? Giornale, 30 aprile 1989; F.
Fortini, «E il Sole-24-ore diventò Novj Mir», in ZFspresso, 28 maggio 1989.
I giudizi di R. Luperini e di G. Ferroni sono tratti rispettivamente da L'a/legoria
del modemo, Fditori Riuniti, Roma, 1990, e da Storia della letteratura italiana. Il No-
vecento, Einaudi scuola, Torino, 1991. L'analisi di Mengaldo si trova in Storia della
lingua italiana. Il Novecento, Il Mulino, Bologna, 1994. Gli interventi menzionati sul
linguaggio lirico di Volponi sono: P. P. Pasolini, J7 niostro e la fabbrica in Paese sera,
13 aprile 1962, ora in I/ portico delia morte, Garzanti, Roma, 1988, pp. 229-33; G.
Giudici, «Note su Memoriale», in Comunità, maggio 1962, n. 99, e G. Santato, «Il lin-
guaggio di Volponi tra pocsia e romanzo», in Paragone, dicembre 1986, n. 442
Le due recenti raccolte di saggi collettanei sono: Volponi e la scrittura materiali
stica, a cura di Quademi di critica, Lithos, Roma, 1995 © Paolo Volponi: scrittura co-
me contraddizione, a cura del Grippo laboratorio, Angeli, Milano, 1995.
106
NARRATIVA ITALIANA DEL NOVECENTO!
E ANTOLOGIZZAZIONE SCOLASTICA
di Zippo*
1. Premessa
Ci proponiamo di ripetere, per la narrativa (1) italiana del Novecento, quanto già
furto a proposito della poesia (2)..1 criteri dell'analisi sono rimasti immutati; per quel
che riguarda i manuali esaminati, c'è stato un solo cambiamento: il Marchese-Grillini
è stato sostituito con il De Caprio-Giovanardi (3).
In una lunga fase preparatoria abbiamo ricavato dagli otto manuali una serie di
dati numerici, che poi sono stati riportati nelle tavole che si trovano alla fine di que-
sto articolo: la Tavola I, presto ribattezzata "la madre di tutte le tavole", dà conto del
numero di brani e di pagine per ogni autore nelle Letteratare/Antologie, nonché dei
* I membri di Zippo sono: Assunta De Cesare, Liceo sc, «Ugo Mursia» di Carini, PA; Giuseppina
Dieli, ITC «Libero Grassi», PA; Paola Fertitta, ITT «Marco Palon, PA; Antonella Lampone, Licco sc.
«Benedetto Croce», PA; Francesca Luzzio, Liceo sc. «Benedetto Croce», PA; Franca Marchese, Liceo sc
«Stanisizo Cannizzaro», PA; Susi Siino, IT eVittorio Emanuele Dl», PA; Daniela Vi
«Benedetto Croce», PA.
1. Abbiamo considerato "narrativa" anche j nen moiti bra
2. Cîr. Zippo, «Poesia italiana del Novecento 2 antologizzazione scolastica», in A/fegoria, 1995, n. 19,
a. VII, pp. 111-128,
3. L'elenco dei manuali è dunque il seguente:
1. G. Baldi-S. Giusso-M. Razetti-G. Zaccacia, Da! testo alla storia dalla storia al testo, Pa
1996, vol. III, tomo IL. [Raldi}
2. G. Bellini-G. Mazzoni, Lerteraura italiana. Storia, forme, isti, Laterza, Roma-Bari, 1990-1991,
vol. ÎV. [Bellini]
3. R Ceserani-L. De Federicis, I materiale e l'immaginario. Labartoria di analisi di testi e di lavoro cri-
tico (edizione rassu), Loescher, Torino, 1986, vol. V. [Ceserani]
4. V. De Caprio-S. Giovanardi, / testi delia letteratura italiana, li Novecento, Pinaudi Scuola, Milano,
1994. [De Caprio]
5. S. Guglie{mino-II. Grosser, Il sistema ietter
pato; Milano, 1954, vol. V. [Guglielmino]
6. M. Pazzagiia, Scuistori è entici della ieterauura italiara. li Novecento. Antologia con pagine critiche e un
profilo di storia Isueraridi, Zanichelli, Bologna, 1992, vol. III, parte MI. [Pazzog!ia]
7. G. Petronio-V. Masiello, La produzione letteraria în Italia. Storia testi e contesti, Palumbo, Palermo,
1993, vol. IV, [Petronio]
8. C. Segre-C. Martignoni, Testi nella storia. La lenteranura italiana dalle origini al Novecento, Bruno
Mondadori, Milano, 1692, vol. IV. [Segre]
nemorialistici.
Torino,
Guida qila storia ictteraria e all'analisi resurale, Princi-
Ss
ù