Scarica Età Giolittiana: appunti personali+libro e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! Storia ~ 1 ~ L’Età Giolittiana Fine dell’800 vi è una crisi istituzionale che culmina con l’assassinio di re Umberto I nell’anno 1900. Il fallimento della politica autoritaria di Francesco Crispi determina un passaggio alla destra liberale. Gravi tensioni sociali che esplodono nel 1898, quando -a causa di un aumento dei prezzi dei generi alimentari primari- la popolazione si rivolta. A Milano (le “quattro giornate”) e in altre citta l’esercito reprime le manifestazioni sparando sulla folla. Il governo tenta di far approvare al Paramento una legge che limita le libertà politiche, ma l’opposizione dei progressisti fa fallire il progetto. Le elezioni successive vengono vinte dalla sinistra liberale. Il 29 luglio 1900, l’anarchico Gaetano Bresci assassinò il re Umberto I a Monza, per vendicare le vittime del ’98. Il nuovo sovrano Vittorio Emanuele III affidò il nuovo governo a Giuseppe Zanardelli, esponente di sinistra. Il ministro degli Interni, Giovanni Giolitti assunse fin da subito un atteggiamento nuovo in confronto alle questioni sociali. Il governo per Giolitti doveva essere: Arbitro nelle lotte sindacali, in modo da garantire uno svolgimento pacifico del confronto sociale, perciò vennero consentiti gli scioperi. Era convinto che migliorando le condizioni di vita dei lavoratori, il mercato e la produzione sarebbero sati favoriti. • Meriti: idea pragmatica della funzione del governo Demeriti: opportunismo Giovanni Giolitti Giovanni Giolitti è nato in Piemonte da famiglia della borghesia impiegatizia. Non ha fatto il Risorgimento, ma ha grande esperienza amministrativa ed è stato eletto deputato nelle fila della Sinistra. Il suo è un programma politico LIBERAL-DEMOCRATICO basato sul tentativo di conciliare gli interessi dei ceti popolari e della borghesia industriale da una parte, le spinte del movimento socialista e la vecchia classe politica liberale dall’altra. Spinge i socialisti ad abbandonare le velleità rivoluzionarie e la borghesia imprenditoriale ad accogliere una linea riformista. Per guadagnare consensi tra i ceti popolari e inserire il movimento socialista nel sistema politico liberale Giolitti: 1. Sostiene il principio della neutralità dello Stato nei conflitti di lavoro (lo Stato non interviene nelle vertenze tra lavoratori e datore di lavoro) e attua una politica favorevole al movimento sindacale, in modo da non esacerbare le tensioni sociali; 2. Promuove riforme sociali (le leggi a tutela del lavoro delle donne e dei fanciulli, quelle sugli infortuni e sulle pensioni di vecchiaia) nella convinzione che migliorando le condizioni dei lavoratori il mercato ne avrebbe tratto vantaggio. Storia ~ 2 ~ In questo modo rafforza l’ala riformista del Partito socialista, contro quella rivoluzionaria o massimalista, ma non riesce a portare al governo Filippo Turati, capo dei riformisti. Limiti del suo governo. Per alcuni storici Giolitti fu un grande statista, modernizzò l’Italia grazie a una sapiente opera di mediazione tra padronato, classe operaia e movimento socialista. Per altri invece il suo programma di modernizzazione fallì a causa di: il trasformismo (la ricerca del compromesso per ottenere ampie maggioranze parlamentari, pratica che favorisce la corruzione); La questione del mezzogiorno: l’incapacità di attuare al Sud riforme strutturali (Giolitti rinuncia ad attaccare la grande proprietà fondiaria e scende spesso a patti con la vecchia classe dirigente: preferisce interventi locali e leggi speciali che non risolvono la questione meridionale). o Il fenomeno migratorio crebbe in modo evidente dalla fine dell’800, a causa della crisi economica internazionale e all’arretratezza dell’economia italiana. Essi si dirigevano principalmente verso i Paesi europei, l’Australia, ma soprattutto il continente americano. o La “questione meridionale”: Giolitti intervenne per rilanciare l’economia del Meridione attraverso sgravi fiscali per i ceti agricoli; favorì l’industrializzazione nell’area partenopea e la costituzione dell’Acquedotto pigliese. Il Governo non era però intenzionato ad affrontare la riforma agraria del Mezzogiorno, che avrebbe intralciato i privilegi dei latifondisti. La politica estera giolittiana Linee generali: Riconferma della Triplice Alleanza; L’avvicinamento alla Francia; L’attenzione alla situazione balcanica, in vista di una possibile espansione nell’area. Parecchie contraddizioni: l’Alleanza comporta l’impegno al fianco di Austria e Germania; ma contemporaneamente, per favorire una possibile espansione nel Mediterraneo, Giolitti aveva intensificato le relazioni diplomatiche con la Francia e l’Inghilterra; comportamento definito dal cancelliere tedesco von Bülow “giri di valzer”. Nel 1902 la Francia, in cambio alla rinuncia ad interferire in eventuali azioni francesi in Marocco, avrebbe fatto altrettanto in caso di intervento italiano in Libia. Dal 1908 la relazione fra Austria e Italia andò degenerando a causa dell’espansionismo austriaco nei Balcani. Nel 1911 l’Italia ebbe l’occasione di invadere la Libia grazie al conflitto fra l’impero ottomano e le neonate nazioni balcaniche. L’Italia inviò un ultimatum alla Turchia, ma fu rispinto e dichiarò guerra alla Turchia. Giolitti non era completamente convinto dell’intervento in guerra (contro la quale erano schierati i socialisti e l’opinione pubblica) ma si lasciò convincere dall’ampio fronte favorevole al conflitto (nazionalisti, cattolici, molti liberali e grandi nomi dell’industria). Ma la