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L'età giolittiana e il contesto storico-sociale dell'Italia tra XIX e XX secolo, Appunti di Storia

Storia del XX secoloStoria d'ItaliaStoria europea

Il periodo giolittiano in Italia, caratterizzato da un'Italia divisa in Nord e Sud, con un'economia avanzata al Nord e arretrata al Sud. Viene descritta la politica di Giolitti di favorire lo sviluppo del Nord e poi del Centro e Sud, nonché la sua apertura ai cattolici e il problema dell'emigrazione. Viene inoltre descritto il contesto storico europeo, con la Belle Époque, le guerre coloniali e la rivoluzione russa.

Cosa imparerai

  • Qual era la situazione economica e sociale dell'Italia durante il periodo giolittiano?
  • Come si inserisce il periodo giolittiano nel contesto storico-sociale europeo tra XIX e XX secolo?
  • Quali erano le cause e le conseguenze della rivoluzione russa del 1905?

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 06/11/2022

Laratoffoli
Laratoffoli 🇮🇹

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Scarica L'età giolittiana e il contesto storico-sociale dell'Italia tra XIX e XX secolo e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! L’ETÀ GIOLITTIANA A cavallo tra il XIX e XX secolo, l’Italia era sostanzialmente lacerata in due: il Nord era più avanzato, alfabetizzato e produttivo (specialmente il cosiddetto “triangolo industriale”, costituito da Torino, Milano e Genova), mentre il Sud era parafeudale – e quindi poco produttivo – e quasi totalmente analfabeta. Il potere legislativo era in mano ad un parlamento elettivo in base al censo e solamente da alfabetizzati. Il potere esecutivo era invece in mano ad un governo di nomina regia. Dei pochi che potevano votare (il 3-4% della popolazione totale), neanche tutti votavano per il non expedit di Pio IX (1874). Dopo la presa di Roma del 1870, infatti, i cattolici non potevano partecipare alla vita politica (non potevano né votare né essere votati) fino al 1911. Nel 1900, l’anarchico Gaetano Bresci assassinò il re Umberto I. Bresci voleva rivendicare i morti della strage del 1898, quando il generale Bava Beccaris sparò colpi di cannonate sugli scioperanti di Milano che manifestavano contro il rincaro del prezzo del pane. Nel 1901, il nuovo re Vittorio Emanuele III affida a Zanardelli il compito di costruire il governo. Tra il 1903 e il 1914 Giuseppe Giolitti era primo ministro, salvo alcuni insignificanti intervalli. Giolitti aveva già dimostrato il suo programma quando era diventato ministro dell’interno tra il 1892 e il 1893. Egli era un liberale riformista appartenente all’alta borghesia italiana settentrionale. Apparteneva alla Sinistra del partito liberale; la Destra invece, quella dei liberali conservatori, era rappresentata da Sidney Sonnino. Mentre Sonnino sosteneva la necessità di rafforzare il potere esecutivo (il governo e la monarchia), Giolitti sosteneva la necessità di rafforzare il potere legislativo (il parlamento) e integrare nelle istituzioni il Partito Socialista Italiano (PSI), di cui il presidente era Filippo Turati. IL SOCIALISMO E LE RIFORME Il Partito Socialista Italiano (PSI) era nato nel 1892 a Genova. Il PSI era un partito moderno per l’epoca, ben organizzato. Il PSI aveva un programma di impronta Marxista, nel senso che voleva costruire una società senza differenze sociali, dove lo stato è il centro motore. Lo strumento è la rivoluzione per creare una nuova società. Il partito si componeva di due anime:  l’ala massimalista, che non era disponibile a nessuna collaborazione con il governo liberale e borghese e vuole sovvertire allo stato con una lotta di classe;  l’ala riformista, che voleva organizzare degli scioperi per convincere il parlamento a rilasciare una legislazione sul lavoro. Queste due anime si distinsero nel 1848, quando Karl Marx istituì la Prima Internazionale a Londra, il convegno di tutti i partiti socialisti europei, il cui slogan era “Proletari di tutto il mondo, unitevi!”. Mussolini era un socialista massimalista. Il fascismo nasce come una forma rivoluzionaria. L’obiettivo delle due anime era lo stesso, ma cambiava la strategia. Turati, appartenendo allo schieramento riformista, era disponibile ad una collaborazione con Giolitti. Ottenuta la carica di Primo ministro nel 1903, egli lasciò che si svolgessero liberamente i primi scioperi di operai e contadini, nei confronti dei quali preferiva assumere una posizione neutrale. Nel 1906 i sindacati dei lavoratori di unirono nel Cgdl (Confederazione generale del lavoro), di orientamento socialista riformista. Attraverso gli scioperi e le lotte sindacali – che Giolitti riteneva, oltre che legittimi, addirittura necessari per gestire i conflitti sociali – gli operai e i contadini ottennero significanti aumenti salariali. Giolitti attuò la riforma sul lavoro insieme a Turati, che prevedeva:  che i bambini di età inferiore ai 12 anni non potessero lavorare;  l’introduzione di un mese di congedo non retribuito per maternità;  miglioramenti dell’assistenza infortunistica;  l’introduzione pensione;  l’obbligatorietà del riposo settimanale;  il massimo di 8 ore di lavoro al giorno. Giolitti attuò anche delle riforme sociali ed economiche, come:  la statalizzazione delle ferrovie;  la nuova legislazione scolastica, che elevava a 12 anni di età l’obbligo di istruzione;  la legge Daneo-Credaro, che avocava allo stato l’istruzione elementare, sottraendola ai comuni;  la municipalizzazione dei servizi pubblici (acqua, gas, elettricità, trasporti);  la nazionalizzazione delle assicurazioni sulla vita e l’istituzione dell’Ina (Istituto nazionale assicurazioni) Nel 1912 Giolitti creò l’Ina (Istituto nazionale assicurazioni), a cui tutti i lavoratori erano iscritti in cambio di una piccola cifra del loro salario. I soldi raccolti dall’Ina venivano usati per le assicurazioni e riforme a favore dei lavoratori. Alcune riforme furono attuate esclusivamente nel Mezzogiorno:  la diminuzione delle imposte indirette e l’aumento delle imposte progressive sul reddito;  lo stanziamento di fondi per infrastrutture (strade, ponti, acquedotti);  la promozione di investimenti privati (ad esempio l’acquedotto pugliese e l’Ilva di Taranto). Per descrivere la situazione italiana, Giolitti fece l’esempio della locomotiva: il Nord Italia costituiva allora la locomotiva, mentre il Centro e il Sud ne costituivano i vagoni; ergo, se il Nord Italia progrediva, allora lo avrebbe fatto anche il resto d’Italia. Ecco perché Giolitti interveniva prima al Nord, dove c’era il triangolo industriale (Torino, Milano, Genova) e poi al Centro e al Sud, dove c’era ancora il baratto, il latifondo, l’analfabetismo, ma soprattutto l’emigrazione. Molti contadini in cerca di fortuna salpano su navi e sbarcano in America Settentrionale. L’emigrazione aveva anche risvolti positivi, come le “rimesse degli emigrati”, cioè i soldi che venivano spediti dagli emigrati in Italia e che servivano per elevare i consumi. Questo fenomeno dell’emigrazione riguardava soprattutto il Sud, che non ha conosciuto lo sviluppo del Nord. Giolitti, non riesce (e non vuole) a cambiare la struttura economica e sociale del Sud che rimane arretrata e dominata dai grandi proprietari terrieri. Questa era essenzialmente la ragione perché il socialista Gaetano Salvemini giudicò Giolitti il “ministro della malavita”, in quanto sembrava non intervenire direttamente al Sud perché aveva bisogno del sostegno politico dei latifondisti. LE TENSIONI DELLA BELLE ÉPOQUE La Belle Époque è un periodo storico, socio-culturale e artistico europeo che va dall'ultimo ventennio dell'Ottocento all'inizio della prima guerra mondiale. Le invenzioni e i progressi della tecnica e della scienza durante la Belle Époque furono senza paragoni con le epoche passate. Vi erano standard di vita notevoli e miglioramenti sociali. L'illuminazione elettrica, la radio, l'automobile, il cinema, la pastorizzazione, e altre comodità, tutte contribuirono ad un miglioramento delle condizioni di vita e al diffondersi di un senso di ottimismo Nell’Europa di inizio Novecento correvano tuttavia tensioni profonde, soprattutto per la convinzione della Germani di non avere un ruolo adeguato alla sua potenza economica. In un mondo ormai quasi completamente caratterizzato dal dominio coloniale europeo, si scatenarono sanguinosi conflitti con le popolazioni locali – come il massacro degli herero a opera dei tedeschi (1904-11) – ma anche sul tra le grandi potenze, lo testimoniano le crisi marocchine contro la Francia e la Prussia (1906-11), la guerra anglo-boera (1899-1902), la guerra russo-giapponese (1904-05) (e la conseguente rivoluzione russa del 1905), le guerre balcaniche (1912-13). LA RIVOLUZIONE RUSSA La realtà più instabile e conflittuale era l’Impero russo. Le cause della rivoluzione russa del 1905 furono essenzialmente la vastità dell’impero, il quale confinava a Oriente con la Cina e a Occidente con l’Europa, ma anche la sua forma imperiale autarchica, l’assenza di una costituzione e di diritti, di cui godeva solo l’imperatore Lo zar, il sovrano dell’Impero russo era a capo dell’impero della Chiesa cristiana ortodossa. In Russia vi era una minoranza di latifondisti e maggioranza di contadini. La servitù della gleba era ancora presente dal Medioevo e fu eliminata solo a fine Ottocento. Mentre le grandi città russe erano più avanzate e avevano un’impronta Occidentale e soprattutto inglese (in quanto i sovrani europei erano imparentati tra di loro; inoltre il territorio russo era troppo vasto per essere messo da parte dagli altri sovrani europei), la Russia orientale, ignorata dalla parte occidentale, era povera e prevalentemente contadina. Il clima in Russia è inoltre rigidissimo. I contadini, già deboli per il poco cibo, dovevamo sopravvivere anche al freddo. Così i contadini si riunirono nei Mir, delle assemblee in cui i contadini mettevano a disposizione tutto ciò che ognuno aveva per sopravvivere a quelle condizioni Intanto il Giappone si stava pian piano affermando come potenza industriale. Quando occupò la Manciuria, la Russia ne rifiutò il riconoscimento. Così, il Giappone dichiarò guerra alla Russia. La guerra russo-giapponese del 1905 fu vinta dal Giappone. Le spese ingenti impiegate nella guerra contro il Giappone, avevano aggravato l’economia russa e i contadini e gli operai ne risentirono e si rivoltarono Il 22 gennaio 1905 a San Pietroburgo, nella cosiddetta “domenica di sangue”, un enorme corteo, capeggiato dal pope Gapon, si diresse verso il palazzo d’Inverno, residenza dello zar, a protestare per le pessime condizioni dei sudditi. Lo zar ordinò alle truppe di aprire il fuoco, provocando centinaia di morti. Gli scioperi e le agitazioni in seguito alla “domenica di sangue” dilagarono in tutto l’Impero. Diverse unità dell’esercito e della marina si ammutinarono e gli operai elaborarono una forma di organizzazione di lotta destinata in seguito a un grande successo, i soviet, termine russo che significa “consiglio” di delegati eletti dai lavoratori, dai contadini, dai cittadini di un quartiere. Per riprendere il controllo della situazione, il governo ricorse a sanguinose repressioni, ma anche a concessioni di carattere costituzionale: la più importante di queste fu l’istituzione della Duma, un parlamento eletto dal popolo (su base censitaria), del quale il sovrano si impegnava a rispettare le decisioni in maniera legislativa. Sul piano politico, la Duma ebbe scarsa autorità, e quando si dimostrò poco docile alla volontà del sovrano, questi non esitò a scioglierla. L’unica riforma che la Duma fu in grado di realizzare prima dello scioglimento fu la riforma agraria di Stolypin (primo ministro dal 1906 al 1911), che permise la formazione dei kulaki, nome con cui erano designati i contadini benestanti, proprietari di una certa estensione di terra, che coltivavano avendo alle loro dipendenze altri contadini. Dato che i kulaki, in realtà, impoverivano i contadini e volevano eliminare il Mir, Stalin li sterminerà. LE GUERRE BALCANICHE Al tempo, i Balcani erano occupati dall’Impero ottomano, ma la crisi sempre più grave dell’Impero alimentava le aspirazioni nazionali e indipendentistiche delle popolazioni e accentuava la competizione tra le grandi potenze per imporvi il proprio controllo. L’Austria, la Germania la Russia e l’Italia puntavano alla conquista dei Balcani per la loro posizione strategica. Prima guerra balcanica (1912) → Serbia, Bulgaria, Montenegro e Grecia si liberarono dagli Ottomani, impegnati nella guerra con l’Italia. I turchi, sconfitti, dovettero rinunciare a tutti i territori europei, tranne Istanbul e gli Stretti. Le potenze europee imposero la nascita di uno stato indipendente in Albania, che era stata invasa da serbi e greci. Seconda guerra balcanica (1913) → Guerra per stabilire i confini dei Balcani tra i vincitori → Sconfitta della Bulgaria e spartizione della Macedonia tra serbi e greci. In seguito alle guerre balcaniche, l’Impero ottomano conservava in Europa solo parte della Tracia e Istanbul. Ma il suo ritiro dai Balcani non portò stabilità nella regione. La Serbia, la maggiore potenza regionale, era insoddisfatta a causa del dominio austriaco in Bosnia-Erzegovina e per la mancanza di un accesso al mare, impedito dall’Albania, abitata da popolazioni non salve. L’Austria, dal canto suo, mal sopportava l’atteggiamento della Serbia, che fomentava in funzione antiaustriaca il nazionalismo degli slavi del sud, o iugoslavi. Quando il conflitto tra Austria e Serbia si accenderà, dopo neppure un anno, trascinerà nella guerra l’intera Europa. LE CAUSE DELLA GRANDE GUERRA I cento anni che vanno dal congresso di Vienna (1814-15) all’inizio della Prima guerra mondiale (1914) costituiscono una sorta di periodo di pace, interrotto solo da conflitti di dimensioni e durata circoscritte. La Grande Guerra finì per coinvolgere tutto il mondo, ma il conflitto fu profondamento europeo nelle sue origini e nel suo svolgimento, tanto da rappresentare una “guerra civile europea”. Quella delle cause della Prima guerra mondiale è una delle questioni più controverse della storiografia contemporanea, ma una cosa è certa: non c’è una causa univoca. Un primo fattore di tensione era la sempre più accesa competizione tra le grandi potenze in campo economico, politico e coloniale. Competizione che aveva come epicentro la Germania. La Germania giudicava il proprio ruolo internazionale inadeguato in seguito alle crisi marocchine del 1906 e 1911, per cui la Francia conquistò il Marocco. La Germania era inoltre preoccupata di rimanere schiacciata, in caso di conflitto, tra la Gran Bretagna e la Francia da un lato, e dalla Russia dall’altro. Ragion per cui, già nel 1905, era stato elaborato il “piano Schlieffen”, dal nome dell’allora capo di stato maggiore del secondo Reich, il quale prevedeva, in caso di necessità, di attaccare la Francia a occidente passando per il Belgio, che era neutrale. Al contempo, la Germania lavorava al rafforzamento della flotta militare attraverso il “piano Tirpitz”, il quale portò la Germania a possedere una grande flotta da guerra, in grado di competere con quella britannica (sin dai tempi di Elisabetta I, ma anche durante il regno della regina Vittoria, la flotta inglese fu sempre la più forte). Inglesi, francesi e russi, tutti erano preoccupati della crescita della forza tedesca e alla sua “Weltpolitik” (la politica di potenza in campo internazionale). In Francia il revanscismo era molto sentito in seguito alla sconfitta di Sedan subita nella guerra con la Prussia del 1870 e la perdita dell’Alsazia Lorena. La Gran Bretagna temeva che la Germania potesse insidiare il suo primato economico e politico attraverso la sua flotta militare e mercantile sempre più potente. La Russia vedeva nel Reich tedesco, alleato con l’Austria-Ungheria, un competitore nei Balcani in Medio Orienti, obiettivi della politica estera russa. La Russia, oltre a volere i Balcani per la loro posizione strategica per il commercio, sosteneva il panslavismo, per cui tutti i popoli che parlavano la lingua slava e avevano la medesima religione dovevano vivere sotto lo stesso potere (equivalente del pangermanesimo). Nel 1907 Gran Bretagna, Francia e Russia si erano unite nella Triplice intesa, simmetricamente opposta alla già esistente Triplice alleanza tra Germania, Austria-Ungheria e Italia. Queste erano alleanza difensive e pensate come strumenti di deterrenza, cioè di dissuasione reciproca dal compiere azioni di forza. Queste tensioni tra le grandi potenze innescarono una vera e propria “corsa gli armamenti”, che costituisce un’altra delle cause del conflitto. La corsa agli armamenti riguardò sia le armi da terra che la marina militare. Nel 1905 il parlamento inglese, in risposta al “piano Tirpitz”, fece costruire le dreadnought (dall’inglese “which dreads nought”), le prime grandi navi corazzate moderne. Guerra e industria costituivano ormai un binomio inscindibile, il quale portava con sé una convergenza di interessi e finalità tra gli alti comandi militari, i governi e le grandi industrie pesanti.
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