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Eugenio Montale: La Poesia degli Oggetti e la Vita del Poeta, Appunti di Italiano

La vita e la carriera poetica di Eugenio Montale, uno dei maggiori poeti italiani del Novecento. Dal suo appassionamento per la poesia in gioventù, alle sue relazioni amorose, alle sue opere più famose, il testo offre una ricca analisi della poetica di Montale, che si caratterizza per la sua attenzione agli oggetti quotidiani e la ricerca di una realtà autentica. Il documento include anche un'analisi di alcuni componimenti, come 'I Limoni' e 'La Casa dei Doganieri', che illustra la tecnica poetica di Montale e la sua tematica preferita.

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 20/09/2022

anita-novaresi
anita-novaresi 🇮🇹

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Scarica Eugenio Montale: La Poesia degli Oggetti e la Vita del Poeta e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! EUGENIO MONTALE I MONTALE> Eugenio Montale è il maggior poeta in Italia del Novecento. Nasce nel 1896, a Genova, da una famiglia borghese. Grazie all’influenza della sorella, si appassiona alla poesia ed inizia a leggere moltissimo frequentando la biblioteca comunale di Genova; in questo periodo (1917) si avvicina ai poeti simbolisti francesi e ostenta atteggiamenti provocatori ed anti borghesi che si alternano a fasi di frustrazione. È costretto a interrompere gli studi a causa di problemi di salute, continuando però a studiare da autodidatta. Dall’autunno 1917, dopo un corso per ufficiali alla scuola militare di Parma, partì volontario per il fronte durante la prima guerra mondiale. Nel 1919 viene congedato e ritorna a Genova, dove frequenta molti intellettuali liguri dell’epoca. Nel 1920 aveva conosciuto a Monterosso Anna degli Uberti, con il nome di annetta, destinata a restare una delle costanti ispiratrici della poesia di Montale. Nel 1924 si innamora di Paola Nicoli, una donna sposata. Nel 1925 avviene l’esordio poetico, pubblicando la sua prima raccolta di versi a Torino, Ossi di seppia e nello stesso anno firma il Manifesto degli intellettuali antifascisti e conosce Svevo. Durante la Seconda guerra mondiale ospita e protegge gli scrittori ebrei Carlo Levi e Umberto Saba. II MONTALE> Nel 1927 Montale si trasferisce a Firenze dove vivrà fino al 1948. III MONTALE> Dopo la Seconda guerra mondiale si trasferisce a Milano e nel 1961 l’Università di Milano gli conferisce la laurea honoris causa in Letteratura. IV MONTALE> Nel 1967 viene nominato senatore a vita per i suoi meriti in campo letterario e artistico. V MONTALE> Nel 1975 gli viene conferito il Premio Nobel per la letteratura. Muore nel 1981 a Milano. I GRANDI AMORI DI MONTALE In questi anni a Firenze conosce Irma Brandeis, una giovane studiosa americana, la quale contribuirà ad avvicinare Montale a Dante. Il loro amore durerà per qualche anno, finché la donna non tornerà negli Stati Uniti, a causa delle leggi razziali poiché ebrea. Irma Brandeis, veniva rappresentata come un girasole e veniva chiamata in poesia con il nome di Clizia, un senhal. Nel 1939 va a vivere con Drusilla Tanzi. Moglie di un critico d’arte, che lascerà il marito per sposare Montale. Montale parla di Drusilla, nelle sue poesie, con il soprannome di mosca (per gli occhiali che indossava a causa della miopia). Montale e Drusilla avranno un legame molto forte, dal quale non riusciranno mai a staccarsi. Nonostante ciò il 1950 è segnato dall’amore per la giovane poetessa Maria Luisa Spaziani, cantata con il nome di volpe. Maria luisa viene messa in opposizione a Irma Brandeis: l’amore per la volpe (Maria Luisa) è un amore concreto e sensuale, al contrario dell’amore per Clizia (Irma) che è idealizzato e platonico. Nel 1962 sposa Drusilla Tanzi (Mosca) con cui conviveva da vari anni e che morì l’anno successivo. È proprio la rielaborazione del lutto della moglie che lo induce a ricominciare a scrivere versi nel 1964. Montale amava molto le donne ed alcune erano assimilate proprio ad animali che, con il loro istinto e la loro forza vitale, rispondono al male che assedia i viventi. ESTATI A MONTEROSSO Montale trascorre le sue estati a Monterosso. Un paese nelle Cinque Terre in Liguria. Il paesaggio ligure, aspro e soleggiato, è protagonista di molte delle sue opere. Si ispira soprattutto alla casa delle palme per le sue poesie perché indicavano la solitudine e la desolazione dell’uomo, quindi il mal di vivere. STILE DELLE POESIE Ricerca della parola essenziale e carica di suggestioni, recupera le forme metriche tradizionali, il linguaggio è colloquiale, le poesie hanno una musicalità diffusa con un ritmo lento e cadenzato. La poesia deve essere più reale possibile->antitetico a D’Annunzio perché Montale non crede alla parola curata ed al bello per il bello. Montale per definire la sua poesia parte dagli oggetti quotidiani, le cose più reali della vita umana. Montale lascia parlare le cose. Nella poesia di Montale infatti si parla di POETICA DEGLI OGGETTI o CORRELATIVO OGGETTIVO: Gli oggetti sono nello stesso tempo cose ed emblemi della condizione umana, infatti gli aggettivi dati agli oggetti sono sempre negativi. Il disagio esistenziale, secondo Montale, basa la sua definizione sugli oggetti quotidiani. Il titolo è semplice, ma non banale; infatti la figura di un frutto è utilizzata per raccontare le difficoltà dell’epoca vissute in prima persona, anche dallo stesso autore. Non è altro che un correlativo oggettivo. Un filo comune che unisce molte poesie di Montale è l’ambientazione: la riviera ligure. Ecco il riassunto, analisi, commento e la ricerca delle figure retoriche del componimento “I Limoni” di Eugenio Montale. Riassunto e Analisi Questo componimento rappresenta (ancora di più rispetto a Meriggiare Pallido e Assorto) la poetica di Eugenio Montale. Rifiuta le idee dannunziane (a cui fa esplicito riferimento) e ciò si manifesta attraverso la contrapposizione tra piante comuni e concrete, rispetto a quelle rare e tropicali di D’Annunzio . Riassunto. Montale si trova immerso in un paesaggio ligure asciutto dove ci sono piante comuni e semplici, diverse da quelle celebrate dai poeti laureati. In condizione miracolosa,di silenzio, di sospensione si ha l’impressione che sta per avvenire la rivelazione sul senso della vita da parte della natura, grazie all’uso dei sensi e ai limoni. Si è vicini alla rivelazione, manca pochissimo, ma il momento magico si spezza: Montale viene riportato alla realtà grazie alla pioggia, la luce offuscata, le “cimase” (cioè i cornicioni dei palazzi) e capisce che ha perso definitivamente l’occasione. Però un giorno la comprensione sarà possibile grazie ad uno spiraglio, ma senza garantire che avverrà la rivelazione. Analisi Si tratta di versi senari ed endecasillabi. Il linguaggio non è troppo ricercato, tanto che sono presenti anche modi tipici del parlato. Lo stile è prosastico e molto descrittivo, richiama i sensi. Gli ambienti e le cose celebrate sono semplici, comuni (per questo assomiglia a Pascoli). Anche in questa poesia (come Meriggiare Pallido e Assorto) è presente il correlativo oggettivo cioè il limone. Allo stesso tempo è possibile riconoscere un personaggio ragionatore (come in Pirandello) e ciò caratterizza tutta la poetica del Novecento. A differenza del passato Montale non si ferma davanti a nulla e continua a cercare. Una curiosità riguarda l’incipit della poesia: “Ascoltami”; allo stesso modo d’Annunzio esordiva nel suo componimento “La Pioggia nel Pineto”: “Taci”. Figure Retoriche Sono presenti figure retoriche che rendono la sintassi complicata e ricercato l’aspetto fonico del componimento. - Al verso 11-12 “le gazzarre degli uccelli si spengono inghiottite dall’azzurro” è una metafora - Al verso 19 “tace la guerra” c’è una metafora - Al verso 30 “Lo sguardo fruga” è una metafora - Al verso seguente inoltre (“la mente indaga accorda disunisce”) c’è un’altra metafora; proprio in questo punto possiamo riconoscere il personaggio ragionatore che accennavamo poco sopra. SPESSO IL MALE DI VIVERE HO INCONTRATO T4 Analogo al canto notturno di Leopardi. Due quartine di endecasillabi, ad eccezione dell’ultimo verso doppio settenario. FIGURE RETORICHE Anafora: “era” Climax ascendente: “statua”, “nuvola” e “falco” sono disposti in modo che il distacco dalla terra sia sempre maggiore (la statua vi si poggia, le nuvole sono inconsistenti e statiche, il falco può volare libero) Anastrofe: “bene non seppi” Metafora: “divina Indifferenza” Allitterazioni e richiami sonori: la prima strofa, incentrata sulla sofferenza, è percorsa da lettere e nessi aspri (es. s, r, rg, tr, str, rt, rs...); la seconda, invece, è caratterizzata da una maggiore apertura e insiste sempre più sulle vocali (specie nella chiusa: “falco alto levato”). Questa poesia esprime il male di vivere che costituisce il tema centrale di tutta la poetica di Montale. In questo testo a tre emblemi del male di vivere-> il rivo strozzato, la foglia riarsa e il cavallo stramazzato Ne vengono contrapposti altri di indifferenza-> la statua, la nuvola, il falco. La divina indifferenza come unico rimedio al male. Il testo a una struttura binaria, che contrappone il bene al male. La disposizione dei 6 emblemi è sottoposta alla legge del climax ascendente. La natura dei 3 emblemi del male vede l’innalzarsi dal grado minerale e inorganico del ruscello, al grado inanimato del vegetale della foglia, al grado animato del cavallo. Il bene è rappresentato dal distacco e quindi i tre emblemi del bene vedono la nuvola più in alto della statua quanto il falco può esserlo più della nuvola. La statua di marmo è impassibile alla sofferenza. Questa poesia esprime perfettamente il correlativo oggettivo montaliano, cioè quel rapporto che la parola ha con gli oggetti che nomina. La sofferenza di vivere è rappresentata in maniera emblematica dal ruscello che fluisce faticosamente, dalle foglie che si accartocciano perché riarse dal sole, dal cavallo che, esausto, stramazza. Il rivo strozzato metafora per l’uomo e il cavallo immagine di morte. Tutte queste vivide immagini vengono riproposte come aspetti della realtà e di un quotidiano segnato dalla sofferenza degli uomini. (Il male di vivere è tipico dell’uomo contemporaneo.) Il fatto che ci siano parole in cui le lettere s e r si ripetono costantemente non fa altro che accentuare ancor di più l’asprezza. Es. Stramazzato. LA CASA DEI DOGANIERI T7 COMMENTO Questa è un'altra delle poesie più note di Montale, in cui è possibile trovare alcuni elementi ricorrenti della sua poetica. Da un lato il tema centrale della memoria e del disperdersi dei ricordi personali, e quindi dell'identità personale, al passare del tempo; secondariamente il riferirsi di Montale, come già in altri componimenti delle Occasioni, ad un “tu” femminile («ma tu resti sola»); infine, alcune interessanti somiglianze con un'altra poesia, già analizzata in precedenza e appartenente alla stessa raccolta: Vecchi versi. I TEMI DELLA POESIA A livello tematico, come si diceva, è centrale il tema della memoria, come s'intuisce già dall'incipit «Tu non ricordi.» Ripetuto per tre volte nel corso del componimento. La memoria è attaccata dal tempo, che infligge duri colpi alla vita dell'uomo («Libeccio sferza da anni le vecchie mura»); il poeta sente di non avere più la leggerezza di un tempo dinnanzi agli eventi della vita, sente probabilmente di aver perso anche l'innocenza tipica dell'infanzia («il suono del tuo riso non è più lieto»). Dinnanzi al passare del tempo Montale fatica a tenere la bussola, ad orientarsi e trovare un senso, condizione icasticamente simboleggiata dalle immagini della bussola impazzita, del calcolo dei dadi che non torna, della banderuola affumicata che gira «senza pietà» (Montale ritiene la vita spietata); un disorientamento che non poteva meglio esprimere l'ultimo verso: «Ed io non so chi va e chi resta». I SIMBOLI Secondo questa interpretazione del testo, la casa dei doganieri assurge a simbolo della persona del poeta, e i venti quindi sferzano sì la casa reale nel ricordo, ma anche la sua persona, la sua vita. Tutta la poesia è quindi simbolo di qualcosa che succede nella vita del poeta. Seguendo questa linea, anche quel “tu” usato così spesso da Montale, divenuto secondo quanto da lui stesso affermato in un'altra poesia “un'istituzione”, non si rivolge solo a una donna, via via rinvenibile in una tra le tante amate o ammirate dal poeta nei diversi periodi della sua vita, ma si rivolge alla sua stessa persona, diventando quindi un espediente linguistico per celare la propria presenza dietro la descrizione della scena, oppure per attenuare l'esposizione personale mentre vengono affrontati temi particolarmente coinvolgenti da un punto di vista emotivo. In questa poesia, quel «Tu non ricordi» Montale potrebbe quindi ben rivolto a se stesso, che in quel momento non ricorda più cosa era la vita una volta, quando era un individuo diverso e più spensierato di quello che era diventato. Questo pessimismo trova agganci anche nell'immagine della «sera» e dell'«oscurità», che rimandano alla morte, alla fine di un'epoca (quella felice per antonomasia: l'infanzia). ANALOGIE CON ALTRI COMPONIMENTI Per quanto riguarda le somiglianze con un altro componimento delle occasioni (Vecchi versi) possiamo notare alcuni elementi in particolare, indicativi però di una somiglianza più profonda, di significato.
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