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La nascita della Guerra Fredda in Europa: cooperazione economica, crisi di Berlino e divis, Appunti di Storia

Storia della GermaniaStoria dell'Europa modernaStoria della guerra fredda

La fase iniziale della cooperazione economica in Europa, con la formazione dell'Organizzazione europea di cooperazione economica (OECE), e la successiva crisi di Berlino, che portò alla divisione ideologica tra Est e Ovest. Si tratta di un periodo caratterizzato da posizioni diverse sulla collaborazione economica, la formazione di istituzioni sovranazionali e la collocazione politica di una Europa unita nel contesto internazionale.

Cosa imparerai

  • Quali furono le conseguenze della crisi di Berlino per l'alleanza militare occidentale?
  • Quali posizioni diverse si sono emerse tra le nazioni europee nella formazione dell'Europa Unita?

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 20/09/2018

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Scarica La nascita della Guerra Fredda in Europa: cooperazione economica, crisi di Berlino e divis e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! Europa posguerra [Curiosità: l'ingegnere tedesco Wernher von Braun breverrò nel 1943 i primi missili (con Hitler inizia la missilistica mondiale). Egli si consegnò agli americani con il suo gruppo di ingegneri. Non venne mai condannato (si diceva che non sapesse nulla dell'olocausto; in realtà in era così infatti, dopo la sua morte, si seppe che dei prigionieri avevano lavorato ai missili con lui in Germania) ma fu portato a lavorare negli USA (prima per la marina poi per la NASA). Grazie al suo aiuto gli americani riuscirono a battere i sovietici nella "corsa verso la luna".] Dopo il conflitto, per primi, i francesi Jean Monnet e Robert Schuman, l''italiano Alcide De Gasperi e il tedesco Konrad Adenauer avevano compreso che occorreva procedere a una sostanziale trasformazione delle relazioni fra gli stati europei, anche per ridare un ruolo da protagonista al Vecchio Continente ed evitare che risultasse schiacciato dal confronto fra le due superpotenze. Esistevano tuttavia tesi e opinioni differenti in merito a modalità, scopi e forme dell'integrazione tra i diversi stati. Per alcuni si trattava di intensificare i rapporti multilaterali e la collaborazione economica tra le nazioni; per altri, invece, si doveva procedere fin da subito a un vero e proprio processo costituente, che coinvolgesse tutti i cittadini dei paesi europei, in vista della formazione di un parlamento e di istituzioni sovranazionali. Erano emerse posizioni diverse anche sulla collocazione politica che un'Europa unita avrebbe dovuto assumere nel consesso internazionale: secondo Churchill, per esempio, avrebbe dovuto costituire soprattutto un bastione antisovietico al fianco degli Stati Uniti; per altri avrebbe invece dovuto dar vita a una "terza forza" tra i due blocchi. Nella fase iniziale di formazione dell'Organizzazione europea di cooperazione economica (OECE), si puntò su un'integrazione progressiva per settori chiave, rinviando a tempi successivi quella politica – istituzionale. Il primo ambito preso in considerazione fu quel del carbone e dell'acciaio. La rinata Germania Ovest, potendo avvalersi di ricchi giacimenti carboniferi della Ruhr, avrebbe assunto una netta preminenza rispetto alle altre nazioni europee, in quanto sarebbe stata di nuovo in grado di produrre acciaio a prezzi vantaggiosi. La Francia non era però disposta a concedere una simile opportunità. Per questo motivo l'economista francese Jean Monnet propose di sottrarre al controllo nazionale la produzione di carbone e acciaio di tutti i paesi continentali, affidandola a un'agenzia sovranazionale. Il ministero degli esteri francese, Robert Schuman, trasformò quest'intuizione in una proposta politica: il cosiddetto "piano Schuman", documento base delle trattative che portarono alla firma del trattato della CECA (Comunità europea del carbone e dell'acciaio). I sottoscritti, tra cui Francia, Italia e Germania Ovest, diedero quindi vita alla prima delle comunità economiche europee. Fin dai primi anni la CECA ottenne risultati importanti nella distribuzione delle materie prime, dando modo ai paesi più poveri di risorse, come l'Italia, di rifornirsi a prezzi accessibili. La situazione tedesca giocò un ruole determinante nella rottura dei rapporti tra USA e URSS. Era lo stato maggiormente distrutto dalla guerra: la popolazione soffriva la fame, i trasporti e le infrastrutture erano state spazzate via. La Germania si trovava in una condizione di assoluta subalternità rispetto alle quattro potenze vincitrici. Il primo obbiettivo degli alleati era la denazificazione degli apparati pubblici e della società. La conferenza di Mosca del marzo-aprile 1947 era fallita, dimostrando l'inconciliabilità delle rispettive posizioni. Da una parte gli anglo-americani ipotizzavano la costituzione di uno unico stato ma diviso in regioni fortemente autonome e coordinate da un governo centrale dai poteri delimitati; dall'altra i sovietici proponevano la creazione di uno Stato centralizzato e governato sulla base di elezioni "democratiche". Un contesto analogo esisteva in merito alla ripresa economica della Germania, fortemente auspicata dagli occidentali, ma di fatto ostacolata dall'URSS. In mancanza di un accordo, le potenze occupanti ripiegarono nelle rispettive zone: gli occidentali procedettero all'unificazione delle strutture amministrative nelle loro aree di competenza, e fin dai primi mesi del 1947 avviarono un processo di risanamento economico che nel corso dell'anno successivo avrebbe beneficiato degli aiuti del piano Marshall. Nel giugno del 1948 la parte occidentale della Germania a seguito di una riforma monetaria varò l'emissione di un nuovo marco. Era ormai evidente che gli occidentali si apprestavano a trasformare le loro zone di occupazione in un nuovo Stato tedesco. I sovietici risposero alla politica occidentale il 24 giugno 1948, bloccando ogni via d'accesso ai tre settori di Berlino controllati dagli Alleati. Per Mosca questa prova di forza avrebbe dovuto convincerli ad abbandonare la capitale, ma la risposta degli Alleati fu immediata ed efficace: un imponente ponte aereo garantì il costante rifornimento di viveri e di attrezzature alla popolazione della parte occidentale di Berlino per tutta la durata della crisi, prolungatasi per quasi un anno. Dinanzi al fallimento del piano, il 12 maggio 1949 i sovietici tolsero il blocco. La crisi di Berlino ebbe soprattutto due effetti: da un lato accelerò la creazione d un'organica alleanza militare all'interno del blocco occidentale: dall'altro portò a una drastica soluzione al problema tedesco, con la nascita di due distinti stati. Iniziò così, con l'intervento anche degli Stati Uniti, a formarsi un'alleanza anti-sovietica. Il 4 aprile 1949, dopo un anno circa di trattative, venne stipulato a Washington il Patto atlantico, un'alleanza per la mutua sicurezza e la cooperazione militare sottoscritta da dodici paesi. Alla fine degli anni Cinquanta Chruščëv aveva iniziato ad accusare gli Stati Uniti di utilizzare Berlino Ovest come una centrale spionistica e, per questo, chiese lo smantellamento dei presidi militari occidentali e la proclamazione a "città libera" del settore ovest. Kennedy (vinse le elezioni nel 1960 contro Nixon), però, non intendeva fare questo tipo di concessioni all'URSS. Annunciò, anzi, che avrebbe aumentato le forze di terra della NATO. La contromossa del Patto di Varsavia giunse nella notte tra il 12 e il 13 agosto 1961, quando il governo della Repubblica democratica tedesca, per impedire altre fughe verso Ovest, chiuse il confine tra le due città con una barriera di filo spinato, per poi ergere un muro tutto intorno a Berlino Ovest e lungo tutta la frontiera. Il muro di Berlino divenne quindi una frontiera simbolica e il segno di un regime dispotico nei paesi dell'Est. Mosca, nel frattempo, puntava a costruire uno spazio strategico, ovvero un'area di paesi nell'Europa orientale, su cui poter esercitare la propria influenza. In Polonia, Romania, Ungheria, Bulgaria e Germania orientale nacquero regimi ispirati al modello sovietico: le cosiddette "democrazie popolari", secondo il risultato delle prime elezioni postbelliche. Con l'aiuto delle truppe sovietiche di occupazione i comunisti locali acquisirono alcuni ministeri chiave (come Interno e Giustizia) nei governi di coalizione. Le opposizioni poi vennero gradualmente messe a tacere o eliminate. Il passo successivo fu l'avviamento di una serie di riforme strutturali come la nazionalizzazione delle banche e delle industrie più importanti e una progressiva collettivizzazione delle terre. Di fronte all'offensiva comunista le opposizioni democratiche e socialiste si rivelarono fragili, divise o incerte sul da farsi. I comunisti riuscirono quindi ad assumere la rappresentanza del mondo del lavoro, mascherando la sovietizzazione dello stato sotto come una "rivoluzione pacifica" che rendeva concrete le aspirazioni di eguaglianza e di giustizia sociale dei ceti popolari. La vicenda della Polonia fu emblematica della trapposizione tra aspettative e realtà. Nel 1944, dopo la liberazione dai nazisti, si era costituito a Varsavia un governo filosovietico, contrapposto a quello filoccidentale formatosi in esilio a Londra dal 1939. Da parte sua, Stalin considerava il futuro politico della Polonia decisivo per l'URSS non meno di quello della Germania orientale. I territori dei due paesi costituivano delle possibili aree di passaggio per eserciti che volessero invadere la Russia, come era avvenuto nel 1914 e nel 1941. Nel corso delle conferenze interalleate il dittatore sovietico si era perciò mostrato irremovibile nel suo intento di porre quelle regioni sotto diretta influenza di Mosca. Nel giugno 1945 era stato costituito a Varsavia un governo di coalizione a guida socialista. Nel 1946 si tenne, al posto delle libere elezioni il referendum dei 3 sì (o referendum di Gomulka), che proponeva: – Abolizione del Senato; – Nazionalizzazione delle industrie; – Riforma agraria. Il referendum vide solo 1/3 delle popolazione favorevole e, di conseguenza, l'esercito iniziò con le con i nordcoreani. I negoziati, prolungatisi sino al 1953, si conclusero con la firma di un armistizio che ripristino della linea di separazione originaria del 38° parallelo, nel mezzo di una zona demilitarizzata. Nel frattempo il conflitto era costato oltre 4 milioni di vittime, fra morti e feriti. Il blocco sovietico e la destalinizzazione Dopo la morte di Stalin, nel 1955 prese il potere del partito e dello Stato Chruščëv. Egli voleva dimostrare che il modello socialista era in grado di competere con quello capitalistico in fatto di sviluppo economico e di tenore di vita. Per reggere il confronto con l'occidente, l'URSS aveva bisogno di una riforma economica in grado di ammodernare l'industria e di promuovere lo sviluppo dei consumi. Chruščëv poteva avvalersi di spazi di manovra piuttosto ristretti, in quanto aveva a che fare con un regime politico rigidamente ingessato e con una società che andava maturando un silenzioso dissenso. Si trattava dunque di promuovere una graduale apertura sia nei riguardi dei paesi occidentali sia all'interno del mondo comunista, badando ovviamente a non superare certi limiti e vincoli. Tra URSS e paesi dell'Europa orientale (esclusa la Iugoslavia) venne stipulato un accordo di alleanza militare, il Patto di Varsavia. Si tratta della risposta di Mosca alla decisione alleata di aprire alla Germania occidentale le porte della NATO. Verso la fine degli anni Cinquanta iniziò una nuova fase di tensione. Chruščëv, sfrattando la risonanza dell'URSS dovuta al lancio dello Sputnik (il primo satellite artificiale orbitante intorno alla Terra), intimò agli alleati occidentali di ritirarsi dalle loro zone di occupazione nella metropoli tedesca. Nel 1958, il leader sovietico auspicò, inaspettatamente, una soluzione negoziata per il futuro della Germania. Di fatto Chruščëv alternava offerte di coesistenza pacifica tra i due blocchi con violenti attacchi al "colonialismo occidentale" (per ringraziarsi i paesi di nuova indipendenza o i movimenti di liberazione nazionale). Chruščëv inoltre iniziò un processo di destalinizzazione dello Stato (modifiche organizzazione poteri e sistema economico centralizzato. No nuove "grandi purghe"). Gli uomini che erano stati legati più strettamente al dittatore, inoltre, vennero allontanati dai diversi luoghi del potere; i prigionieri politici, soprattutto quelli detenuti nei gulag, furono liberati; vennero allentati i vincoli che gravavano sulla vita sociale e sul mondo della cultura. Per fare in modo che i cambiamenti fossero duraturi, il nuovo gruppo dirigente comprese che occorreva prendere le distanze in modo netto dal passato stalinista. Nel febbraio 1956, al termine del XX congresso del PCUS (il Partito comunista sovietico), in un rapporto letto dallo stesso Chruščëv nel corso di una seduta segreta durata ben cinque ore, vennero perciò denunciati gli errori e i crimini commessi da Stalin. Si trattò di un duro quanto circostanziato atto d'accusa contro il dittatore, al quale venne addebitata la responsabilità di avere profondamente deviato dalla strada maestra della "legalità socialista". [In ordine, dopo la morte di Stalin e prima della caduta dell'USS, si susseguirono come presidente figure come Chruščëv, Brèžnev e Gorbačëv]. Cuba L'unico paese in cui gli Stati Uniti non riuscirono ad imporsi fu Cuba. Nel 1952, con un colpo di stato assecondato da Washington era salito al potere il generale Fulgencio Batista, rozzo dittatore legato agli interesse degli USA. Contro Batista si mobilitarono giovani studenti di estrazione borghese, tra cui Fidel Castro Ruiz. Egli, insieme a un gruppo di compagni, tra cui "Che" Guevara de la Serna, riuscì a tener testa alle forze governative. Passato all'offensiva nel 1959, costrinse Batista all'esilio. I primi passi del nuovo governo non mostravano ancora la tendenza filocomunista. In poco tempo i rapporti con gli Stati Uniti, però, si guastarono (una causa fu la riforma agraria, che ledeva interessi americani legati alla produzione della canna da zucchero). Gli USA temevano inoltre il possibile influsso rivoluzionario che avrebbe potuto esercitare Cuba sui paesi dell'America Latina. Il presidente Eisenhower iniziò una politica economica volta al boicottaggio dell'isola, che spinse Castro a chiedere aiuto all'URSS (alla rottura con gli Stati Uniti fece seguito una radicalizzazione del regime). Le aziende vennero nazionalizzate e l'economia statalizzata in buona parte (inizio intesa diretta Avana – Mosca). Il "castrismo" divenne una variabile del marxismo e grazie ai suoi protagonisti riscosse grande popolarità tra la sinistra occidentale. Castro, malgrado l'assenza di libertà d'espressione, rinnovò positivamente, per molti aspetti, il paese. Il governo riuscì a portare a livelli mai visti l'educazione (1° paese per numero di medici in Sud America; più alto numero percentuale di laureati rispetto alla popolazione). L'esecutivo vietò, inoltre, il gioco d'azzardo e la prostituzione (fine del "bordello americano"). Un anno dopo la costruzione del muro di Berlino, Kennedy dovette affrontare una nuova crisi internazionale a Cuba. Gli Stati Uniti avevano supportato il tentativo di sbarco nella Baia dei Porci (17 aprile 1961) da parte di alcuni esuli anticastristi, nella speranza di provocare una sollevazione generale contro il regime. L'operazione si tradusse, però, in un enorme smacco per la politica estera statunitense in quanto gli esuli furono subito catturati e neutralizzati dall'esercito castrista. Di fronte alla minaccia statunitense Castro strinse maggiormente i rapporti con il Cremlino. La situazione precipitò nell'ottobre del 1962 quando aerei spia americani individuarono le rampe di lancio sovietiche. Si era ad un passo dal conflitto nucleare e molte figure autorevoli, tra cui papa Giovanni XXIII, invocarono una soluzione pacifica della controversia. Kennedy, sapendo che le rampe di lancio erano ancora sprovviste di missili, il 22 ottobre ordinò il blocco navale di Cuba, per impedire alle navi sovietiche, che avevano a bordo gli ordigni nucleari, di poter raggiungere l'isola. Lo stallo si protrasse fino al 28 ottobre, quando Chruščëv acconsentì a smantellare le basi missilistiche, ottenendo in cambio l'impegno degli Stati Uniti a rispettare l'indipendenza di Cuba e a ritirare i missili americani dalla Turchia e dall'Italia. Il dialogo tra le due superpotenze fu interrotto bruscamente con la morte di Kennedy, vittima di un attentato a Dallas (Texas), durante la campgana elettorale per aggiudicarsi il secondo mandato. Poche ore dopo la morte di Kennedy assunse la presidenza degli Stati Uniti il vice – presidente Lyndon Baines Johnson. Egli diede corso ad un programma per lo sviluppo di un Welfare State di tipo europeo per contrastare la povertà. Varò, inoltre, il Civil Rights Act, per contrastare la segregazione razziale. Durante la sua presidenza l'America fu sconvolta da due omicidi: quello del pastore battista Martin Luther King (leader moderato del movimento per i diritti civile dei neri) e quello di Robert Kennedy (fratello di John e aspirante candidato democratico alle presidenziali democratiche).
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