Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

European Union Politics, Sintesi del corso di Politiche dell'Unione Europea

Riassunto dettagliato, 5a edizione PARTE 1, 2, 3 e 4

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 25/05/2019

elio_sa
elio_sa 🇮🇹

2 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica European Union Politics e più Sintesi del corso in PDF di Politiche dell'Unione Europea solo su Docsity! 1 EUROPEAN UNION POLITICS INTRODUCTION Budget dell’UE: provenienti da dazi doganali, dai contributi alla produzione dello zucchero, l’imposta sul valore aggiunto VAT (in Italia IVA) divisa per Stati membri, e con l’1% del Gross National Income (GNI). Nel 2015 il budget europeo ammontava a 145 bilioni di euro, corrispondente a quasi l’1% del benessere collettivo. Il budget che viene prelevato singolarmente da ogni stato viene deciso dalla Multiannual Financial Framework ogni 7 anni. Nel 2012 e 2013 c’è stato il primo caso in cui il budget è stato ridotto a causa della richiesta di diversi governi per affrontare la crisi economica. THE HISTORICAL CONTEXT – Parte 1 1920 – 1930: Alcuni pensatori e studiosi come Altiero Spinelli nel 1941 che scrive il “manifesto di Ventotene” per una libera e Unita Europa. 1945 - 1959 La pace in Europa – gli albori della cooperazione + 1945: creazione BENELUX (Belgio, Lussemburgo e Olanda) ++ la paura di una riorganizzazione politica tedesca ha spinto UK e FRANCIA al Treaty of Dunkirk che stabiliva una alleanza difensiva e una trattato di mutuo soccorso tra le nazioni. +++ 1949 creazione NATO e del Patto Atlantico. L’Unione europea viene realizzata allo scopo di mettere fine alle guerre frequenti e sanguinose tra paesi vicini, culminate nella Seconda guerra mondiale. Negli anni Cinquanta la Comunità europea del carbone e dell’acciaio comincia ad unire i paesi europei sul piano economico e politico al fine di garantire una pace duratura. I sei membri fondatori sono il Belgio, la Francia, la Germania, l’Italia, il Lussemburgo e i Paesi Bassi. Gli anni Cinquanta sono caratterizzati dalla guerra fredda tra Est ed Ovest. Le proteste in Ungheria contro il regime comunista sono represse dai carri armati sovietici nel 1956. Nel 1957, il trattato di Roma istituisce la Comunità economica europea (CEE), o "Mercato comune". → Aprile 1948: creazione dell’OEEC Organization for European Economic Cooperation – creata su insistenza degli USA per amministrare l’assistenza finanziaria del Piano Marshall. Fu utilizzata per promuovere la liberalizzazione tra i 17 paesi partecipanti dell’Europa occidentale. → Maggio 1950: Ministro agli affari esteri francese Robert Schuman propose il raggruppamento sotto un’unica autorità sovranazionale delle riserve di carbone e acciaio tedesche e francesi. Una iniziativa di integrazione settoriale ma è stata spiegata anche come “la prima concreta creazione di una europa federata indispensabile alla preservazione della pace”. Compreso il Regno Unito. Subito dopo aderiscono: Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi = prima autorità sovranazionale con una Common Assembly, Special Council of Ministers e una Corte di Giustizia. → Indispensabile il riarmo tedesco per far fronte alla minaccia all’espansione sovietica. La soluzione fu di incorporare le forze militari tedesche in un organismo di European Defence Community (EDC) sul modello della CECA = nulla più a causa della mancata ratifica del Parlamento francese. Intenzioni sostituite su un trattato di riarmo attraverso la vigilanza NATO con il WEU Western European Union tra i the six e UK. → 1955, un relance europeenne: rilancio dell’integrazione attraverso una UNIONE DOGANALE: 1) European Economic Community (EEC) e European Atomi Energy Community (EAEC) costituite con il Trattato di Roma 1957. - Adozione di policies comuni su agricoltura, commercio e concorrenza. - Free movement di lavoratori e capitale, - Attività di politica sociale e banche di investimento. → European Free Trade Association (EFTA): 'accordo per la sua istituzione è stato stipulato il 3 maggio 1960, comprendendo vari di quegli stati europei che non desideravano o non potevano ancora entrare nella Comunità Economica Europea (poi divenuta Unione europea). Lo scopo dell'associazione è la soppressione delle imposte doganali sull'import-export e la promozione degli scambi commerciali fra gli stati membri.[1] La sede dell'AELS è a Ginevra, ma l'associazione ha uffici a Bruxelles e nel Lussemburgo. 2 1960 - 1969 Un periodo di crescita economica Gli anni '60 sono un buon periodo per l’economia, grazie anche al fatto che i paesi dell’UE non applicano più dazi doganali agli scambi reciproci. Essi convengono inoltre il controllo comune della produzione alimentare, garantendo così il sufficiente approvvigionamento di tutta la popolazione, e ben presto si comincia addirittura a registrare un surplus di produzione agricola. Il maggio 1968 è famoso in tutto il mondo per i moti studenteschi di Parigi, molti cambiamenti nella società e nel costume sono associati alla cosiddetta "generazione del ‘68". + crisi della sedia vuota, A seguito della liberalizzazione del mercato del carbone così come previsto dal trattato della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA), il 23 febbraio 1953 i Capi di Stato dell’allora Comunità Europea si riunirono per decidere di sperimentare una riduzione congiunta delle tariffe doganali e l’adozione di una moneta comune. Già in questo contesto, Charles de Gaulle, futuro presidente della Repubblica francese, evidenzia la necessità di operare congiuntamente come una Confederazione basata su alcuni punti strategici: “Il faut bâtir une Confédération, c’est-à-dire un organisme commun auquel les divers États […] délèguent une part de leur souveraineté en matière stratégique, économique, culturelle”. Dal luglio 1965 a gennaio 1966 si realizzò la cosiddetta crisi della “sedia vuota”, attraverso il ritiro di tutti i rappresentanti francesi in seno alle principali Istituzioni Europee per contrastare la decisione sul rafforzamento di poteri di tali Istituzioni e la modifica della modalità di voto all’interno del Consiglio dei Ministri, la quale sarebbe passata dall’unanimità alla maggioranza qualificata. Ciò che infastidiva di più il Generale, infatti, era in relazione a questo nuovo tipo di votazione, che “pesava” il voto degli stati su determinati criteri, quali ad esempio la popolazione. La crisi si arresterà solo nel 1966 con il compromesso di Lussemburgo che prevedeva, de facto, un rinvio del voto a maggioranza qualificata ed un rallentamento di conseguenza il processo di un’Europa sovranazionale e federale favorendo, invece, il progetto di De Gaulle: far prevalere cioè gli interessi nazionali a discapito dell’intero sistema comunitario. In relazione a questi accadimenti storici e in occasione di un comizio elettorale, il Presidente francese rilanciò il suo progetto di Confederazione: “Cette Europe-là ne sera pas comme on dit supranationale. Elle sera comme elle est. Elle commencera par être une coopération, peut-être qu’après, à force de vivre ensemble, elle deviendra une confédération” La Politica Comune Agricola fu redatta, la riduzione delle tariffe venne accelerata e le isituzioni di ECSC, EEC e EAEC si concretizzarono. → La Corte di Giustizia iniziò col dare un effetto diretto alle norme dell’EEC. → 1967: proposta per European Political Cooperation (EPC) il principio della politica estera comune europea. 1970 - 1979 Una comunità in crescita – il primo allargamento Con l’adesione della Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito il 1° gennaio 1973, il numero degli Stati membri dell’Unione europea sale a nove. Il breve ma cruento conflitto arabo-israeliano dell’ottobre 1973 scatena una crisi energetica e problemi economici in Europa. La caduta del regime di Salazar in Portogallo nel 1974 e la morte del generale Franco in Spagna nel 1975 decretano la fine delle ultime dittature di destra al potere in Europa. La politica regionale comunitaria comincia a destinare ingenti somme di denaro alla creazione di nuovi posti di lavoro e di infrastrutture nelle aree più povere. Il Parlamento europeo accresce la propria influenza nelle attività dell’UE e, nel 1979, viene eletto per la prima volta a suffragio universale (l’affluenza è stata del 63%). Negli anni ’70 si intensifica la lotta contro l’inquinamento. L’UE adotta le leggi a tutela dell’ambiente, introducendo per la prima volta il concetto "chi inquina paga". → European Regional Development Found ERDF → European Social Fund ESF → Bloccata la crescita economica a causa della crescente inflazione. → Eurosclerosis, con una integrazione in stop. → Leo Tindemans: Primo Ministro belga ha prodotto un report sull’Unione Europea inserendo proposte di riforma. Nelle proposte ci fu anche la prima idea, poi rielaborata dell’European Monetary System EMS creato nel 1979. . 1980 - 1989 5 La presidenza di turno del Lussemburgo, nelle vesti del premier Jacques Santer, presentò un progetto di Trattato di compromesso. Esso proponeva che la futura Unione europea fosse composta di “tre pilastri”[1]: Comunità europea: avrebbe inglobato CECA, CEE e CEEA. Politica estera e sicurezza comune (il progetto sposava più le idee anglo-olandesi che quelle franco- tedesche in materia di difesa). Affari interni e giustizia. Il compromesso di Santer non rinunciava all'idea di una futura Europa federale, parola che ritornava in un testo ufficiale per la prima volta dagli anni Cinquanta. Fu proprio questo elemento, probabilmente, a portare la successiva presidenza di turno olandese a presentare a sorpresa un secondo progetto di Trattato, quando quello di Santer era stato considerato il punto di partenza imprescindibile per la discussione. La struttura a tre pilastri veniva sostituita da un totale incorporamento delle nuove politiche nella CEE, mentre veniva esclusa qualsiasi autonomia federalista in campo difensivo in quanto la sicurezza europea sarebbe rimasta parte delle strategie della NATO. Il progetto non ottenne l'appoggio dei principali Paesi europei – tra cui l'Italia – ed ebbe vita breve: il disegno di tre pilastri veniva così fissato. Il Consiglio europeo di Maastricht e il Trattato sull'Unione europea Conclusi i lavori della Conferenza intergovernativa, a Maastricht si apriva il 9 dicembre 1991 lo storico Consiglio europeo che avrebbe dato vita al nuovo Trattato. Nella prima giornata furono sciolti gli ultimi nodi sull'Unione economica e monetaria: entro il 1º gennaio 1999 si sarebbe avviata la terza tappa del calendario, con l'introduzione della moneta unica. Più difficile fu superare l'opposizione britannica a questa soluzione e sulle questioni sociali.[2] Venne sancita così la clausola di opting-out attraverso la quale la Gran Bretagna avrebbe potuto rimanere nella futura Unione europea pur senza accogliere le innovazioni che il suo governo avesse rifiutato. Nasceva così per la prima volta l'idea di un'Europa a due velocità. Sul piano della PESC (politica estera e di sicurezza comune), veniva accolta la volontà futura di costituire una difesa comune e si stabiliva che sulle decisioni di politica estera generale sarebbe rimasta l'unanimità, salvo adottare la maggioranza per le “decisioni di applicazione”. Chiusi in tal modo i negoziati, il 7 febbraio 1992 veniva firmata sempre nella cittadina olandese il Trattato sull'Unione europea che da allora sarebbe stato noto come Trattato di Maastricht. Esso comprendeva 252 articoli nuovi, 17 protocolli e 31 dichiarazioni. L'Unione europea così creata veniva edificata sui tre pilastri del progetto Santer, il cui principale sarebbe stato quello noto come "Comunità europea" (CE, in sostituzione della CEE), l'unico a carattere federale rispetto agli altri due – sulla PESC e sugli affari interni – di carattere intergovernativo.[3] L'Unione dispone di un quadro istituzionale unico in quanto le sue istituzioni sono comuni a tutti e tre i pilastri; oltre a quelle canoniche, viene ufficialmente riconosciuto il Consiglio europeo come organo di sviluppo politico. L'Unione europea restava tuttavia una struttura anomala in quanto priva di personalità giuridica e di risorse proprie, a parte quelle della CEE di cui tuttavia non avrebbe potuto disporre. Nascita dell'unione monetaria e parametri di convergenza Dopo la creazione dell'Istituto monetario europeo (IME), entro il 1º gennaio 1999 sarebbe nata da esso la Banca centrale europea (BCE) e il Sistema europeo delle banche centrali (SEBC) che avrebbe coordinato la politica monetaria unica. Venivano distinte due ulteriori tappe: nella prima le monete nazionali sarebbero continuate a circolare pur se legate irrevocabilmente a tassi fissi con il futuro Euro; nella seconda le monete nazionali sarebbero state sostituite dalla moneta unica. Per passare alla fase finale ciascun Paese avrebbe dovuto rispettare cinque parametri di convergenza: 1. Rapporto tra deficit pubblico e PIL non superiore al 3%. 2. Rapporto tra debito pubblico e PIL non superiore al 60% (Belgio e Italia furono esentati). 6 3. Tasso d'inflazione non superiore dell'1,5% rispetto a quello dei tre Paesi più virtuosi. 4. Tasso d'interesse a lungo termine non superiore al 2% del tasso medio degli stessi tre Paesi. 5. Permanenza negli ultimi 2 anni nello SME senza fluttuazioni della moneta nazionale. Nuove competenze comunitarie e principio di sussidiarietà Diverse competenze comunitarie venivano ampliate, come la politica di coesione economica e sociale che si arricchiva di un fondo ad hoc per finanziare progetti di sviluppo economico nelle regioni più arretrate; nel campo della legislazione sociale veniva adottata la regola della maggioranza qualificata nel processo decisionale, salvo per le questioni più spinose. Stessa cosa nell'ambito della ricerca, sviluppo e ambiente. Veniva riconosciuta come politica comunitaria anche la protezione dei consumatori e lo sviluppo delle reti transeuropee (trasporti, comunicazioni, energia). L'innovazione principale è però la definizione del principio di sussidiarietà. Tale concetto viene recepito nell'art. 3B e sostiene che, nei settori che non sono di sua esclusiva competenza, l'Unione interviene solo laddove l'azione dei singoli Stati non sia sufficiente al raggiungimento dell'obiettivo. Restava tuttavia confusione riguardo alle materie a competenza concorrente che non erano state elencate con chiarezza. PESC e cooperazione negli affari interni e giudiziari Nel campo della politica estera, i risultati erano chiaramente inferiori alle aspettative. Le decisioni all'unanimità permanevano, anche se teoricamente diluite attraverso un complesso meccanismo per cui in determinati argomenti si poteva decidere a maggioranza qualificata, ma solo previa decisione unanime in tal senso. Veniva stabilito un legame organico tra UEO e Unione europea nell'ambito della sicurezza comune e della difesa. L'art. 11 afferma gli obiettivi della PESC: sviluppo della democrazia e dei diritti dell'uomo attraverso un ampliamento dello spazio in cui ciò avviene. In campo giudiziario e di affari interni venivano realizzate importanti innovazioni: Nuove procedura riguardo all'accesso di cittadini di Stati terzi nell'Unione e maggiore cooperazione doganale verso l'esterno. Creazione dell'Europol (Ufficio europeo di polizia). Rafforzamento della lotta contro terrorismo, traffico di droga, grande criminalità. Insieme all'Unione economica e monetaria dell'Unione europea (UEM), l'innovazione più importante di Maastricht era l'introduzione della Cittadinanza dell'Unione europea: è cittadino dell'Unione chiunque possieda la cittadinanza di uno Stato membro. Veniva rafforzato il diritto di stabilimento, circolazione e soggiorno nel territorio dell'Unione e riconosciute diverse novità: Diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni municipali del comune di residenza e a quelle del Parlamento europeo dello Stato di residenza. Diritto alla protezione consolare attraverso cui un cittadino europeo può chiedere assistenza all'estero alle autorità diplomatiche di un qualsiasi Paese dell'UE in assenza di istituzioni di rappresentanza del proprio. Diritto di presentare una petizione al Parlamento europeo su temi di competenza comunitari che coinvolgano direttamente gli interessi del cittadino. Istituzione di un mediatore comunitario incaricato di tutelare persone fisiche e giuridiche in caso di cattiva amministrazione delle istituzioni comunitarie. Riforme istituzionali Il Trattato garantiva un aumento dei poteri del Parlamento europeo, attraverso l'aggiunta della procedura di codecisione; il Parlamento otteneva il potere di approvare gli atti legislativi comunitari insieme al Consiglio. La procedura prevedeva tre letture parlamentari e un apposito Comitato di conciliazione tra Parlamento e Consiglio. Otteneva altresì il potere di investitura della Commissione dovendo votare la 7 fiducia di ogni nuovo collegio. Veniva poi creato un Comitato delle regioni composto dai rappresentanti delle entità regionali e locali con poteri consultivi al fianco di Commissione e Consiglio nelle materie di interesse regionale. I problemi della ratifica La Danimarca aveva indetto un referendum per l'approvazione del Trattato di Maastricht. Il 2 giugno 1992, a sorpresa, un'esigua maggioranza (lo 0,7% in più) votava contro la ratifica. La Danimarca era sempre stata molto scettica verso il processo d'integrazione, gelosa dei suoi rapporti “storici” privilegiati con l'area scandinava e con quelli economici privilegiati con la Gran Bretagna. La bocciatura mise in dubbio l'intero processo d'integrazione, specie dopo che Mitterrand ne indiceva uno analogo (ma non necessario) in Francia e la Gran Bretagna - che aveva deciso di aspettare che tutti gli altri si pronunciassero prima di dire la propria - sembrava puntare a far lo stesso. Il principio di sussidiarietà fu al centro delle critiche per la sua vaghezza. L'ipotesi di conferire alla Corte di giustizia l'incarico di dirimere i conflitti in tema di sussidiarietà veniva percepita come troppo federalista. Nel giugno 1992 il Consiglio europeo di Lisbona si riuniva per cercare una soluzione. La volontà generale era di non considerare il Trattato di Maastricht come sepolto ma di continuare comunque con l'iter di ratifica. Venne sollecitata la Commissione affinché chiarisse meglio i contenuti della sussidiarietà per avvicinare maggiormente l'Europa ai cittadini. L'attenzione dei Paesi europei si concentrò sull'esito del referendum francese. L'eventuale bocciatura, era implicito, avrebbe affossato definitivamente Maastricht. Il 20 settembre 1992 la Francia votava a maggioranza (51.04%) per il sì. Per tutto il mese i sondaggi negativi avevano drammaticamente peggiorato la situazione finanziaria dell'Unione, portando gli operatori europei – preoccupati per la credibilità dello SME (Sistema monetario europeo) – ad “attaccare” le monete più deboli. Il risultato fu la svalutazione della lira, della sterlina britannica e della peseta spagnola. Le prime due furono addirittura costrette ad uscire dallo SME, mentre il franco francese messo sotto pressione dalla speculazione si salvò grazie al sostegno della Deutsche Bundesbank. La presidenza di turno britannica vide John Major in prima linea nel mettere sotto accusa la CEE e la sua scarsa trasparenza in tema monetario a causa delle ambiguità della Bundesbank. Dopo aver minacciato di non sottoporre a ratifica parlamentare il Trattato di Maastricht, Major optò per la convocazione di un Consiglio europeo straordinario a Birmingham con all'ordine del giorno il tema della sussidiarietà e della trasparenza dell'Unione. La Dichiarazione di Birmingham fu il risultato della discussione, un atto solenne che sottolineava i vantaggi dell'Unione per tutti i cittadini europei. Nel frattempo i partiti politici danesi avevano approvato un documento dal titolo "La Danimarca in Europa" che rifletteva la posizione ufficiale danese e, pur riconoscendo la bontà del processo d'integrazione, chiedeva – in linea con la Dichiarazione di Birmingham – una maggiore trasparenza delle procedure anche attraverso una cooperazione tra i Parlamenti nazionali e il Parlamento europeo. Al Consiglio europeo di Edimburgo vennero accolte le richieste danesi e stabilito ufficiosamente che, in caso di nuovo esito negativo al referendum successivo, la Danimarca sarebbe uscita dalla CEE. Il 18 maggio 1993 il 56,8% dei danesi si espresse a favore. Tre giorni dopo, ad ampia maggioranza, la Camera dei Comuni inglese ratificava il Trattato. 3 PILASTRI: Pillar 2 Common foreign and security Policy CFSP Pillar 1 The European communities EC, ECSC, EAEC Pillar 3 Justice and Home Affairs (JHA) 10 In response to the failed sanctions against Austria following a coalition including Jörg Haider's party having come to power, and fears about possible future threats to the stability of the new member states to be admitted in enlargement, the Treaty of Nice added a preventive mechanism to sanctions against a Member State that was created by the Amsterdam Treaty.[6] The Treaty also contained provisions to deal with the financial consequences of the expiry of the European Coal and Steel Community (ECSC) treaty (Treaty of Paris (1951)). THE IRISH REFERENDUM Under the current rules for the amendment of the Treaties, the Treaties can only be amended by a new Treaty, which must be ratified by each of the Member States to enter into force. In all the EU member states the Treaty of Nice was ratified by parliamentary procedure, except in Ireland where, following the decision of the Irish supreme court in Crotty v. An Taoiseach, any amendments that result in a transfer of sovereignty to the European Union require a constitutional amendment. Ireland's Constitution can only be amended by a referendum. First referendum Main article: Twenty-fourth Amendment of the Constitution Bill, 2001 (Ireland) To the surprise of the Irish government and the other EU member states, Irish voters rejected the Treaty of Nice in June 2001. The turnout itself was low (34%), partly a result of the failure of the major Irish political parties to mount a strong campaign on the issue, presuming that the Irish electorate would pass the Treaty as all previous such Treaties had been passed by big majorities. However, many Irish voters were critical of the Treaty contents, believing that it marginalised smaller states. Others questioned the impact of the Treaty on Irish neutrality. Other sections viewed the leadership of the Union as out of touch and arrogant, with the Treaty offering a perceived chance to 'shock' the European leadership into a greater willingness to listen to its critics. (A similar argument was made when Denmark initially voted down the Treaty of Maastricht.) Second referendum Main article: Twenty-sixth Amendment of the Constitution of Ireland The Irish government, having obtained the Seville Declaration on Ireland's policy of military neutrality from the European Council, decided to have another referendum on the Treaty of Nice on Saturday, 19 October 2002. Two significant qualifications were included in the second proposed amendment, one requiring the consent of the Dáil for enhanced cooperation under the treaty, and another preventing Ireland from joining any EU common defence policy. A 'Yes' vote was urged by a massive campaign by the main parties and by civil society and the social partners, including campaigning through canvassing and all forms of media by respected pro-European figures like then EP president Pat Cox, former Czech president Václav Havel, former President of Ireland Patrick Hillery and former Taoiseach (prime minister) Dr. Garret FitzGerald. Prominent civil society campaigns on the Yes side included Fianna Fáil, Fine Gael, the Labour Party, the Progressive Democrats, the Irish Alliance for Europe led by Professor Brigid Laffan and Adrian Langan, and Ireland for Europe led by Ciarán Toland. On the No Side, the principal campaigns were those of the Green Party, Sinn Féin, Anthony Coughlan's National Platform, Justin Barrett's No to Nice campaign, and Roger Cole's Peace and Neutrality Alliance. The result was a 60% "Yes" vote on a near-50% turn-out. By then all other EU member states had ratified the Treaty. Ratification by all parties was required by the end of the year, or else the Treaty would have expired. ++ YELLOW CARD: Ogni parlamento ha due voti, o uno per camera per i 13 Stati membri che hanno sistemi bicamerali. Ogni camera che vota per un cartellino giallo fornisce un "parere motivato" sul perché la normativa UE in questione sia una violazione ingiustificata della propria sovranità. Un cartellino giallo richiede 19 pareri motivati (14 per una legge sulla giustizia). La Commissione può aggirare un cartellino giallo dando giustificazioni più chiare per le sue azioni e proponendo nuovamente la legge, magari con alcune modifiche o avvertimenti aggiunti. Ma se lo fa, metà dei parlamenti nazionali può ancora bloccare il secondo tentativo, piuttosto che solo un terzo la prima volta. Questa è 11 l'ingombrante 'carta arancione' (29 pareri motivati). A questo punto, se la maggioranza dei governi o dei membri del Parlamento Europeo concorda che la carta arancione è giustificata, allora la legislazione è completamente vinta. I parlamenti nazionali hanno una nuova legislazione con cartellini gialli solo due volte. La prima occasione è stata l'anno scorso quando hanno respinto l'adozione di norme comuni dell'UE sul diritto di sciopero (noto come "Monti II"). Ma il mese scorso, i parlamenti di Gran Bretagna, Cipro, Ungheria, Irlanda, Malta, Paesi Bassi, Slovenia, Svezia, Romania, nonché i senati francesi e cechi, hanno respinto una proposta della Commissione europea di creare un ufficio di perseguimento penale dell'UE. (Vedi qui per un'analisi più approfondita della posta in gioco nel dibattito della pubblica accusa europea). Il blocco deliberato di un progetto che ha un sapore nettamente federalista da parte dei parlamentari nazionali segna il loro arrivo come attori seri nel modo in cui l'Unione è governata. Perché? Primo, perché finora la Commissione ha trattato un cartellino giallo come un veto virtuale. Nel 2012, i funzionari dell'UE hanno ritirato Monti II, anche se insistendo sul fatto che la legislazione non è caduta nel principio di sussidiarietà. I Commissari europei hanno addirittura modificato i progetti di legge in modo preventivo, come la direttiva del 2012 sugli appalti pubblici e un'altra (la direttiva IORP) sulle pensioni, proprio per scongiurare un probabile cartellino giallo dai parlamenti nazionali. In secondo luogo, la maggior parte dei parlamenti nazionali ha avuto a lungo un proprio ufficio a Bruxelles. Ma l'esistenza del regime del cartellino giallo dal 2009 ha reso questa rete di uffici - rinchiusa nel loro corridoio condiviso - più coerente dando un obiettivo comune. Questi funzionari stanno migliorando l'uso del breve periodo di due mesi consentito per valutare i progetti di legge per collegare i dibattiti nei rispettivi parlamenti nazionali e al processo legislativo dell'UE. Quindi è probabile che i cartellini gialli diventeranno più frequenti in futuro. CONSTITUTIONAL TREATY: The Treaty establishing a Constitution for Europe (TCE; commonly referred to as the European Constitution or as the Constitutional Treaty) was an unratified international treaty intended to create a consolidated constitution for the European Union (EU). It would have replaced the existing European Union treaties with a single text, given legal force to the Charter of Fundamental Rights, and expanded Qualified Majority Voting into policy areas which had previously been decided by unanimity among member states. The Treaty was signed on 29 October 2004 by representatives of the then 25 member states of the European Union. It was later ratified by 18 member states, which included referendums endorsing it in Spain and Luxembourg. However the rejection of the document by French and Dutch voters in May and June 2005 brought the ratification process to an end. Following a period of reflection, the Treaty of Lisbon was created to replace the Constitutional Treaty. This contained many of the changes that were originally placed in the Constitutional Treaty but was formulated as amendments to the existing treaties. Signed on 13 December 2007, the Lisbon Treaty entered into force on 1 December 2009. La stesura della Costituzione europea è iniziata con un appello per un nuovo dibattito sul futuro dell'Europa al Consiglio europeo di Laeken del dicembre 2001. Poco dopo è stata istituita una Convenzione europea presieduta dall'ex presidente francese Valéry Giscard d'Estaing e composta da due Membri del Parlamento (generalmente uno della maggioranza di governo e uno dell'opposizione) di ciascuno Stato membro e Stato candidato, 16 deputati, 2 membri della Commissione europea [1] e un rappresentante di ciascun governo. Si è incontrato in pubblico. Giscard d'Estaing propose di redigere una Costituzione. Romano Prodi, il presidente della Commissione europea ha sostenuto un progetto di testo, denominato "Progetto Penelope", che conteneva una più profonda integrazione dei paesi e un modello istituzionale più chiaro [2]. Dopo lunghi negoziati in seno alla Conferenza intergovernativa (CIG) durante la presidenza italiana, sono sorte controversie sul quadro proposto per il voto a maggioranza qualificata: il testo finale del TCE è stato risolto nel giugno 2004 sotto la presidenza irlandese. Il 12 gennaio 2005 il Parlamento europeo ha votato una risoluzione giuridicamente non vincolante a sostegno della Costituzione con 500 voti favorevoli a 137 voti contrari e 40 astenuti [3]. 12 Prima che un trattato UE possa entrare in vigore, deve essere ratificato da tutti gli stati membri. La ratifica assume forme diverse in ogni paese, a seconda delle sue tradizioni, delle disposizioni costituzionali e dei processi politici. La maggior parte degli stati membri ratifica i trattati dell'UE dopo i voti parlamentari, mentre alcuni - in particolare Irlanda e Danimarca - a volte tengono referendum. Come reazione a ciò che è stato visto come la nuova natura della Costituzione, molti sostenitori e oppositori della Costituzione hanno sostenuto che dovrebbe essere sottoposto a referendum in tutta l'Unione europea. [4] Il 20 aprile 2004, il primo ministro britannico Tony Blair annunciò inaspettatamente l'intenzione di indire un referendum, una proposta che aveva precedentemente respinto. Altri sette stati membri hanno annunciato o avevano già annunciato che avrebbero tenuto referendum sulla Costituzione, tra cui Danimarca, Francia, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna e Portogallo. La Spagna è stato il primo paese a tenere un referendum sulla Costituzione. Il 20 febbraio 2005, gli elettori spagnoli hanno appoggiato il trattato con il 76% di voti favorevoli al 24% contro, con un'affluenza del 43% [5]. Il 29 maggio 2005 i francesi hanno respinto la Costituzione con un margine dal 55% al 45% su un'affluenza del 69%. Il 1 ° giugno, gli olandesi hanno respinto la costituzione con un margine dal 61% al 39% su un'affluenza del 62%. Nonostante il rifiuto in Francia e nei Paesi Bassi, il Lussemburgo ha tenuto un referendum il 10 luglio 2005, approvando la Costituzione dal 57% al 43%. Si è trattato dell'ultimo referendum sulla Costituzione in quanto tutti gli altri stati membri che avevano proposto di indire referendum li hanno annullati. Post-rifiuto Dopo i referendum francese e olandese, i leader europei hanno deciso di organizzare un "periodo di riflessione" su cosa fare dopo [6]. Nell'ambito di questo periodo di riflessione è stato istituito un "gruppo di saggi" per prendere in considerazione possibili linee di azione [7]. Questo gruppo di politici europei di alto livello - ex primi ministri, ministri e membri della Commissione europea - si è riunito per la prima volta il 30 settembre 2006 a Roma [8]. Il 4 giugno 2007, questo gruppo, noto come Gruppo Amato, ha presentato la sua relazione. Hanno proposto di istituire una nuova conferenza intergovernativa al fine di redigere un nuovo trattato che possa riscrivere il trattato di Maastricht, modificare il trattato di Roma e conferire alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea uno status giuridicamente vincolante. Il nuovo trattato si baserebbe sulla prima e sulla quarta parte della Costituzione, mentre il resto dei cambiamenti della Costituzione sarebbero stati raggiunti attraverso emendamenti al trattato di Roma [9]. Nel vertice europeo del giugno 2007, gli Stati membri hanno convenuto di abbandonare la costituzione e di modificare i trattati esistenti, che resterebbero in vigore. Hanno anche concordato un mandato dettagliato per una nuova conferenza intergovernativa per negoziare un nuovo trattato contenente tali modifiche ai trattati esistenti (in primo luogo il trattato di Roma e il trattato di Maastricht). Queste trattative furono completate entro la fine dell'anno. Il nuovo trattato, che in precedenza era stato definito il trattato di riforma, è diventato il trattato di Lisbona alla sua firma a Lisbona il 13 dicembre 2007. INNOVAZIONI Institutional structure Under the TCE, the Council of the European Union would have been formally renamed the "Council of Ministers", which is already its informal title. The "General Affairs Council" would have been formally split from the "Foreign Affairs Council", which had informally held meetings separately since June 2002. The TCE proposed the formal recognition of a flag, an anthem and a motto for the Union, although none of them were new. Conferral, subsidiarity, proportionality The TCE would have reiterated several key principles of how the Union functions: 15 personality, but remained silent over whether the European Union itself had one. They did mandate the EU "to assert its identity on the international scene",[50] and permitted the European Union to enter into treaties. Brsakoska- Bazerkoska,[51] and Choutheete and Ndoura[52] argue that the EU had an implicit legal personality prior to the Treaty of Lisbon; the latter treaty also contained an express statement that the EU had a legal personality. New competences The TCE would have conferred upon the EU as new 'shared competences' the areas of territorial cohesion, energy, and space. These are areas where the EU may act alongside its individual member states. The EU has conferred upon it as new areas of 'supporting, coordinating or complementary action' the areas of tourism, sport, and administrative co-operation. Criminal justice proceedings Member states would have continued to co-operate in some areas of criminal judicial proceedings where they agree to do so, as at present. Under the TCE, seven new areas of co-operation would have been added: Child abuse Drug trafficking Fraud Human trafficking Political corruption Terrorism Trafficking of arms Solidarity clause The new solidarity clause of the TCE specifies that any member state which falls victim to a terrorist attack or other disaster will receive assistance from other member states, if it requests it. The type of assistance to be offered is not specified. Instead, the arrangements will be decided by the Council of Ministers should the situation arise.[53] European Public Prosecutor Provision exists for the creation of a European Public Prosecutor's Office, if all member states agree to it and if the European Parliament gives its consent. Charter of Fundamental Rights of the European Union Main article: Charter of Fundamental Rights of the European Union The TCE includes a copy of the Charter already agreed to by all EU member states. This is included in the Constitution so that EU institutions themselves are obliged to conform to the same standards of fundamental rights. At the time of the Charter's original agreement, the British Government said that it did not have binding effect. Incorporation into TCE would have put its importance beyond doubt. Simplification Simplified jargon and legal instruments The TCE made an effort to simplify jargon (gergo) and reduce the number of EU legal instruments. However, it is a long document couched in technical terms, which proved unpopular when presented (for example) to French voters in their referendum on the TCE. The TCE unifies legal instruments across areas of policy (referred to as pillars of the European Union in previous treaties). Specifically: 'Regulations' (of the Community pillar) and 'Decisions' (of the Police and Judicial Co-operation in Criminal Matters (PJC) pillar) both become referred to as European laws. 'Directives' (of the Community pillar) and 'Framework Decisions' (of the PJC pillar) both become referred to as European framework laws. 16 'Conventions' (of the PJC pillar) are done away with, replaced in every case by either European laws or European framework laws. 'Joint actions' and 'Common positions' (of what is now the Common Foreign and Security Policy Pillar) are both replaced by Decisions. Position of Union Minister for Foreign Affairs Under the TCE, the role of High Representative for the Common Foreign and Security Policy would be amalgamated with the role of the Commissioner for External Relations. This would create a new Union Minister for Foreign Affairs who would also be a Vice President of the Commission. This individual would be responsible for co-ordinating foreign policy across the Union, representing the EU abroad in areas where member states agree to speak with one voice. Functioning of the institutions Qualified majority voting More day-to-day decisions in the Council of Ministers would be to be taken by qualified majority voting, requiring a 55% majority of members of the Council representing a 65% majority of citizens. (The 55% is raised to 72% when the Council acts on its own initiative rather than on a legislative proposal from the Commission or the Union Minister for Foreign Affairs.) The unanimous agreement of all member states would only be required for decisions on more sensitive issues, such as tax, social security, foreign policy and defence. President of the European Council The six-month rotating Presidency of the European Council would switch to a chair chosen by the heads of government, in office for 2½ years and renewable once. The role itself would remain administrative and non- executive, but rather than the Presidency being held by a member state as at present, it would be held by an individual elected by and accountable to the Council. President of the Council of Ministers The six-month rotating Presidency of the Council of Ministers, which currently coincides with the Presidency of the European Council, would be changed to an 18-month rotating Presidency shared by a trio of member countries, in an attempt to provide more continuity. The exception would be the Council's Foreign Affairs configuration, which would be chaired by the newly created Union Minister for Foreign Affairs. Smaller Commission The Commission would be reduced in size from 27 to 18 by the year 2014. There would be fewer Commissioners, with member states taking it in turn to nominate Commissioners two times out of three. Parliamentary power and transparency President of the Commission: The candidate for President of the European Commission would be proposed by the European Council, after consultation with the European Parliament, and would be elected by the European Parliament. Parliament would have the final say. Parliament as co-legislature: The European Parliament would acquire equal legislative power under the codecision procedure with the Council in virtually all areas of policy. Previously, it had this power in most cases but not all. Meeting in public: The Council of Ministers would be required to meet in public when debating all new laws. Currently, it meets in public only for texts covered under the codecision procedure. Budget: The final say over the EU's annual budget would be given to the European Parliament. Agricultural spending would no longer be ring-fenced, and would be brought under the Parliament's control. Role of national parliaments: Member states' national parliaments would be given a new role in scrutinising proposed EU laws, and would be entitled to object if they feel a proposal oversteps the boundary of the Union's agreed areas of responsibility. If the Commission wishes to ignore such an objection, it would be forced to submit an explanation to the parliament concerned and to the Council of Ministers. 17 Popular initiative: The Commission would be invited to consider any proposal "on matters where citizens consider that a legal act of the Union is required for the purpose of implementing the Constitution" which has the support of one million citizens. The mechanism by which this would be put into practice has yet to be agreed. (See Article I-46(4) for details.) Further integration, amendment and withdrawal Enhanced co-operation There would have been a tightening of existing rules for 'enhanced cooperation', where some member states would have chosen to act together more closely and others not. A minimum of one third of member states would now be forced to participate in any enhanced cooperation, and the agreement of the European Parliament is needed. The option for enhanced cooperation would also be widened to all areas of agreed EU policy. Treaty revisions Traditionally amendments to the EU treaties were considered in inter-governmental conferences in which the European Council would meet in long private sessions in order to reach unanimous agreement on the proposed changes. The Convention which wrote the draft constitutional treaty was quite different in this regard. It met in public and was composed of a mix of national and European politicians. The Constitution proposed that amendments to the Constitution would be drafted by a convention unless both the Council of Minister and the European Parliament agreed otherwise. A simplified revision was created for changes which might be proposed to be made to Title III of Part III of the TCE on the internal policies and action of the Union. Changes to this Title could be made by a decision of the European Council subject to it being ratified by all member states. The Constitution also proposed a general 'passerelle clause' (Article IV-444) with which the European Council could agree to: move from unanimity voting to qualified majority voting, or move from a special legislative procedure to the ordinary legislative procedure in a specific policy area. Although the Lisbon Treaty, was itself drafted behind closed doors, it adopted the amendment procedures proposed by the Constitution. Withdrawal clause A new clause in the TCE provided for the unilateral withdrawal of any member state from the Union (clause I-60). Under this clause, when a country notifies the Council of its intent to withdraw, a settlement is agreed in the Council with the consent of Parliament. If negotiations are not agreed within two years, the country leaves anyway. An identical provision was subsequently inserted into the treaties by the Lisbon Treaty. Il no al referendum in Francia e Olanda non fu principalmente per i contenuti del Trattato Costituzionale, ma anche per ragioni collegate ai governi nazionali che hanno posto poco entusiasmo verso il Trattato. La paura francese era nazionale e sociale vedendo la UE diventare troppo liberale. Paradossalmente la parte del Trattato in questione era la Parte 3 che riprendeva già trattati esistenti. Eventi come la Direttiva Bolkestein, la potenziale entrate in UE della Turchia, gli orientamenti della Commissione di Barroso hanno accresciuto l’incertezza → constitutional crisis. Le negoziazioni verso il Trattato di Lisbona: durante l’autunno 2006 il premier francese Sarkozy propose l’idea di un “mini-traite”, allo stesso modo Spagna e Lussomburgo hanno iniziato un movimento chiamato “Amici della Costituzione”. Anche la Germania con la cancelliera Merkel ha dichiarato che una riforma sia indispensabile e necessaria per l’Ue contando sul turno di presidenza per la produzione di una “road map” di azione per giugno 2007. 20 In the few remaining areas, called "special legislative procedures", Parliament now has either the right of consent to a Council of the EU measure, or vice versa, except in the few cases where the old Consultation procedure still applies, wherein the Council of the EU will only need to consult the European Parliament before voting on the Commission proposal. Council is then not bound by the Parliament's position but only by the obligation to consult it. Parliament would need to be consulted again if the Council of ministers deviated too far from the initial proposal. The Commission will have to submit each proposed budget of the European Union directly to Parliament, which must approve the budget in its entirety. The Treaty changes the way in which MEP seats are apportioned among member states. Rather than setting out a precise number (as it was the case in every previous treaty), the Treaty of Lisbon gives the power to the Council of the EU, acting unanimously on the initiative of the Parliament and with its consent, to adopt a decision fixing the number of MEPs for each member state. Moreover, the treaty provides for the number of MEPs to be degressively proportional to the number of citizens of each member state. A draft decision fixing the apportionment of MEPs was annexed to the treaty itself and had Lisbon been in force at the time of 2009 European Parliament elections the apportionment would have been:[46] In the meantime, Croatia's seats, when it joins, will be supernumerary. The number of MEPs will be limited to 750, in addition to the President of the Parliament. Additionally, the Treaty of Lisbon will reduce the maximum number of MEPs from a member state from 99 to 96 (affects Germany) and increases the minimal number from 5 to 6 (affects Malta). Foreign relations and security High Representative In an effort to ensure greater coordination and consistency in EU foreign policy, the Treaty of Lisbon created a High Representative of the Union for Foreign Affairs and Security Policy, de facto merging the post of High Representative for the Common Foreign and Security Policy and the European Commissioner for External Relations and European Neighbourhood Policy. The High Representative is Vice-President of the Commission, the administrator of the European Defence Agency but not the Secretary-General of the Council of Ministers, which becomes a separate post. He or she has a right to propose defence or security missions. In the proposed constitution this post was called the Union Minister of Foreign Affairs.[14][49] The High Representative for Foreign Affairs and Security Policy is in charge of an External Action Service also created by the Treaty of Lisbon. This is essentially a common Foreign Office or Diplomatic Corps for the Union. Mutual solidarity Under the Treaty of Lisbon, Member States should assist if a member state is subject to a terrorist attack or the victim of a natural or man-made disaster[50] (but any joint military action is subject to the provisions of Article 31 of the consolidated Treaty of European Union, which recognises various national concerns). In addition, several provisions of the treaties have been amended to include solidarity in matters of energy supply and changes to the energy policy within the EU. Defence prospects The treaty foresees that the European Security and Defence Policy will lead to a common defence for the EU when the European Council resolves unanimously to do so, and provided that all member states give their approval through their usual constitutional procedures.[51] Additionally, the area of defence has become available to enhanced co-operation, potentially allowing for a defence integration that excludes member states with policies of neutrality. Countries with significant military capabilities are envisioned to form a Permanent Structured Cooperation in Defence. 21 Revision procedures The Lisbon Treaty creates two different ways for further amendments of the European Union treaties: an ordinary revision procedure which is broadly similar to the present process in that it involves convening an intergovernmental conference, and a simplified revision procedure whereby Part three of the Treaty on the Functioning of the European Union, which deals with Union policies and internal actions, could be amended by a unanimous decision of the European Council subject to ratification by all member states in the usual manner. The Treaty also provides for the Passerelle Clause which allows the European Council to unanimously decide to move from unanimous voting to qualified majority voting, and move from a special legislative procedure to the ordinary legislative procedure. Procedura di revisione ordinaria 1. Le proposte di modifica dei trattati sono presentate da uno Stato membro, dal Parlamento europeo o dalla Commissione europea al Consiglio dei ministri che, a loro volta, li sottopongono al Consiglio europeo e ne informano gli Stati membri. Non ci sono limiti su quale tipo di emendamenti possono essere proposti. 2. Il Consiglio europeo, previa consultazione del Parlamento europeo e della Commissione, vota per esaminare le proposte sulla base di una maggioranza semplice e poi: • Il Presidente del Consiglio europeo convoca una convenzione contenente rappresentanti dei parlamenti nazionali, dei governi, del Parlamento europeo e della Commissione europea, per esaminare ulteriormente le proposte. A tempo debito, la convenzione sottopone la sua raccomandazione finale al Consiglio europeo. • Oppure il Consiglio europeo decide, con il consenso del Parlamento europeo, di non convocare una convenzione e di stabilire i termini di riferimento per la stessa conferenza intergovernativa. 3. Il presidente del Consiglio europeo convoca una conferenza intergovernativa composta da rappresentanti del governo di ciascuno Stato membro. La conferenza redige e conclude un trattato basato sulla raccomandazione della convenzione o sul mandato del Consiglio europeo. 4. I leader dell'UE firmano il trattato. 5. Tutti gli stati membri devono quindi ratificare il trattato "in conformità con i rispettivi requisiti costituzionali", se deve entrare in vigore. Procedura di revisione semplificata 1. Le proposte di modifica della parte terza del trattato sul funzionamento dell'Unione europea sono presentate da uno Stato membro, dal Parlamento europeo o dalla Commissione europea al Consiglio dei ministri che, a loro volta, le sottopongono al Consiglio europeo e ne informano i membri stati. Gli emendamenti proposti non possono aumentare le competenze dell'Unione. 2. Il Consiglio europeo, previa consultazione del Parlamento europeo e della Commissione, vota per adottare una decisione che modifica la parte tre sulla base delle proposte all'unanimità. 3. Tutti gli Stati membri devono approvare la decisione "conformemente ai rispettivi requisiti costituzionali", se deve entrare in vigore. La clausola delle passerelle Il trattato consente inoltre di modificare le procedure di voto senza emendare i trattati dell'UE. In base a tale clausola, il Consiglio europeo, dopo aver ricevuto il consenso del Parlamento europeo, può votare all'unanimità: • consentire al Consiglio dei ministri di agire sulla base della maggioranza qualificata nei settori in cui in precedenza hanno dovuto agire sulla base dell'unanimità. (Questo non è disponibile per le decisioni con implicazioni militari o di difesa). 22 • consentire l'adozione di una legislazione sulla base della procedura legislativa ordinaria laddove precedentemente doveva essere adottata sulla base di una procedura legislativa speciale. A decision of the European Council to use either of these provisions can only come into effect if, six months after all national parliaments had been given notice of the decision, none object to it. Rispetto alle dicerie sulla possibile formazione di un “superstate” il Trattato di Lisbona fa capire abbondantemente che la UE è pienamente sostenuta dai singoli poteri degli stati membri conferiti nei trattati attraverso la sussidiarietà e la proporzionalità. Gli stati membri hanno diritti di azione, consultazione, “recognition”, supporto e ora “secession”. I poteri dell’Unione sono circoscritti rigidamente: l’unico cambiamento sostanziale è sulla creazione di regolamenti in materia di giustizia e affari interni – governate ora da procedure intergovernamentali e non soggette a legislazione speciale europea. Novità: specifica referenza sulla battaglia al cambiamento climatico provvedendo nuove politiche energetiche di solidarietà. Novità 2: in termini di processo di decision making il Trattato di Lisbona ha rinominato la co-decisione con la procedura legislativa ordinaria OLP facendola diventare il procedimento legislativo basico. Questa procedura è stata inoltre estesa ad altre 50 materie. Gli stati membri hanno anche mantenuto l’unanimità o gli “emergency brakes” in aree come l’armonizzazione della tassazione, politica comune di sicurezza ed estera, materia penale e sicurezza sociale. Mentre il Qualified Majority Voting – per soddisfare i polacchi – poteva essere invocato fino al 2017 dopo di chè verrà presentato un modulo proprio del Ioannina Compromise (consentiva a una potenziale minoranza di bloccare la discussione su una questione prima che potesse essere sottoposta al voto a maggioranza qualificata). Il Ventottesimo Emendamento Della Costituzione Bill 2008 (proposta di legge n. 14 del 2008) è stato un emendamento proposto alla Costituzione irlandese che è stato sottoposto a referendum nel 2008 (il primo referendum di Lisbona). Lo scopo dell'emendamento proposto era di consentire allo stato di ratificare il trattato di Lisbona dell'Unione europea. L'emendamento è stato respinto dagli elettori il 12 giugno 2008 con un margine del 53,4% al 46,6%, con un'affluenza del 53,1% [1]. Il trattato doveva entrare in vigore il 1 ° gennaio 2009, ma doveva essere rinviato in seguito al rifiuto irlandese. Tuttavia, il trattato di Lisbona è stato approvato dagli elettori irlandesi quando il ventottesimo emendamento della Costituzione è stato approvato nel secondo referendum di Lisbona, tenutosi nell'ottobre 2009. Lo slogan durante il primo referendum era “if you don’t know, vote no” Nell'incontro del Consiglio europeo (riunione dei capi di governo di tutti i ventisette Stati membri dell'Unione europea) a Bruxelles l'11-12 dicembre 2008, il Taoiseach Brian Cowen ha presentato le preoccupazioni degli irlandesi in materia di politica fiscale, famiglia , questioni sociali ed etiche e politica di neutralità dell'Irlanda [75]. In effetti, la posizione dell'Irlanda è stata rinegoziata e il pacchetto rivisto è stato approvato dall'elettorato nel 2009. A causa della crisi finanziaria irlandese, è stato anche evidente che l'Irlanda avrebbe bisogno di un maggiore sostegno finanziario da parte dell'Unione europea. Il Consiglio europeo ha convenuto che: - le necessarie garanzie giuridiche sarebbero fornite dal fatto che nulla nel trattato di Lisbona ha apportato alcun tipo di cambiamento alle competenze dell'Unione in materia di tassazione per qualsiasi Stato membro [75]; - le necessarie garanzie giuridiche sarebbero fornite dal fatto che il trattato di Lisbona non pregiudica la politica di sicurezza e di difesa di nessuno Stato membro, compresa la tradizionale politica di neutralità dell'Irlanda [75]; - le garanzie giuridiche necessarie sarebbero fornite dal fatto che né il trattato di Lisbona (comprese le disposizioni in materia di giustizia e affari interni), né la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea hanno inciso sulle disposizioni della costituzione irlandese in relazione al diritto alla vita, all'istruzione e alla famiglia in alcun modo; [75] 25 European Business BUSINESSEUROPE in 1958 per influenzare le future politiche comunitarie, allo stesso modo potrebbero organizzarsi i partiti politici. Casi simili accadono in aree di policy come il clima, in cui organizzazioni come Greenpeace spesso cercano di influenzare le politiche attraverso una partecipazione collettiva e non di singoli stati membri, agendo in modo trans-nazionale attraendo interessi diversi soprattutto nel caso di rinforzo delle competenze europee in relazione alle problematiche climatiche.  APPROCCIO ELITISTA ALL’INTEGRAZIONE EUROPEA: sebbene Haas veda il ruolo dei gruppi per l’inserimento nel processo di integrazione, questa è sempre guidata da bisogni tecnici e funzionali. Individuando un piccolo ruolo per la democrazia rispetto ad una governance a livello regionale. Il BENIGN ELITISM dei neofunzionalisti tende ad assumere il loro tacito supporto del PERMISSIVE CONSENSUS della popolazione europea su cui esperti ed esecutivi fanno affidamento per l’integrazione.  Dopo i primi anni ’90 il neofunzionalismo ebbe una rinascita con le nuove dinamiche di EC e EU e come la conseguenza del programma di Mercato Unico rendendo le teorie ispirate ai processi di integrazione politica rilevanti di nuovo.  REALISTI VS NEOFUNZ. R: si concentrano sul gioco di potere che avviene fra stati. N: credono che l’integrazione economica rafforzerebbe tutti gli stati coinvolti e questo porterebbe ad una più approfondita integrazione. L’idea fondamentale è che le relazioni internazionali non dovrebbero essere viste come una gioco a somma zero, perché ognuno vince quando i paesi sono inseriti nell’integrazione politica ed economica.  ISTITUZIONI E ORGANIZZAZIONI SOVRANAZIONALI: nella formazione delle loro agende i neofunzionalisti hanno predetto come queste tenderanno a trionfare sugli interessi formulati dagli stati membri. Ese. Parlamento europeo composto da deputati eletti nei paesi membri direttamente e quindi si potrebbe pensare che questo sia invaso dagli interessi nazionali portati dagli eurodeputati, in realtà ciò non accade. Gli europarlamentari non sono divisi in gruppi nazionali ma attraverso partiti politici e linee ideologiche. (Socialisti dem. Tedeschi lavorano con i Labour inglesi). Questo si riferisce anche alla tesi della “socializzazione delle elitè” = il fatto i membri del Parlamento lavorano insieme oltre i propri confini nazionali rende difficile a loro di concentrarsi sugli interessi nazionali. Ciò rende il Parlamento eu un alleato naturale alla Commissione nelle sue discussioni con il Consiglio Eu.  ELITE SOCIALIZATION: lo sviluppo di alleanze sovranazionali dei partecipanti di tipo ufficiale e politico nel decision-making process. Il neofunzionalismo sostiene il processo di trasferimento della loyalty. Le elite che iniziano il processo di alleanze sovranazionali tendono a convincere le restanti elite nazionali dei vantaggi che potrebbero ottenere attraverso la cooperazione internazionale. Ma allo stesso tempo i neofunzionalisti hanno predetto come le negoziazioni internazionali diventerebbero meno politicizzate e più tecnocratiche; conseguenza di ciò sarà lo spostamento delle agende internazionali verso problemi tecnici su cui è più facile raggiungere accordi.  CRITICHE: a livello empirico: si focalizzano sull’assenza (o lentezza) dell’integrazione politica nell’Europa occidentale durante gli anni 70 e 80. Ipotizzando che ci potesse essere un uguale spillover ma di segno opposto “spillback”. Altre critiche invece sono state costruite dallo stesso Haas che si dice fallito nell’incapsulare la realtà della cooperazione europea. Ha raccomandato un diverso approccio all’integrazione regionale basato sulle teorie dell’interdipendenza sviluppate da Keohane e Nye. Questo approccio assume che le istituzioni come EC/EU dovrebbero essere analizzate contro il background della crescita dell’interdipendenza internazionale, raramente come organizzazioni politiche regionali. Successivamente Haas ha poi ritrovato una base comune tra neofunzionalismo e pensiero costruttivista. I costruttivisti affermano che le istituzioni, discorsi, e intersoggettività sono fattori 26 importanti quando le relazioni internazionali sono analizzate e che queste sono anche aree che attraggono maggior attenzione sui neo-funzionalisti specialmente con riguardo a come le élite sono socializzate. Nel terzo gruppo delle obiezioni alla teoria, si dice che il neo-funzionalismo ha posto indebita enfasi sulle componenti sovranazionali per l’integrazione regionale. Le critiche credono invece che sia importante dare importanza agli stati nazionali e che le forme di collaborazione regionale dovrebbero essere analizzate come organizzazioni intergovernamentali. “il neofunzionalismo pone l’accento sull’autonomia dei funzionari sovranazionali, mentre il liberalismo intergovernamentale pone accento sull’autonomia del leader nazionali”. In particolare sorprende come le elites non siano riuscite a cooperare tanto da portare i referendum nazionali ad un esito positivo, e ciò rappresenta un punto debole di tutta la teoria.  The revival del neofunzionalismo: agli inizi degli anni ’90, prima per progressi compiuti dalla comunità europea e dopo con l’Atto Unico SEA e la creazione del mercato unico che hanno segnato una nuova epoca di cooperazione per l’Europa occidentale. Ma chi ha riscoperto la teoria ne ha adottata solo in parte costruendo un nuovo approccio: ese. Stone Sweet e Sandholtz che hanno affermato come le loro conclusioni teoretiche siano affini a quelle dei neofunzionalisti = hanno sviluppato la “transaction based” theory della integrazione che pone attenzione sul continuo aumento di transizioni nel campo del commercio, telecomunicazioni e viaggi, tra i confini europei che a turno richiedono un nuovo livello di regolazione europea. Nel tempo questo genera un processo di istituzionalizzazione legato allo stabilimento di ciò che gli autori chiamano la “supranational governance” ese. Il caso della Corte di Giustizia della UE. Facendo ciò hanno confermato le ipotesi sull’autonomia delle istituzioni sovranazionali europee in tema di governance e nel modo in cui queste si legano alla teoria. Oppure nuovi studiosi hanno individuato una nuova forma di spillover: il social spillover, questo spiega i processi che portano anche ad un basso livello di integrazione. INTERGOVERNAMENTALISMO:  Muove dal neorealismo e dal pensiero realista riguardo la contrattazione fra stati. Stati razionali, unitari, attori che perseguono i loro interessi basati su una valutazione della loro posizione nel sistema anarchico internazionale. E come i neorealisti i “regimes” sono delle arene per la negoziazione di decisioni a somma zero influenzate dalla distribuzione del potere nel regime.  Nasce nel 1960 come critica alla teoria neo-funzionalista e all’assunto che la Comunità Eu si potrà in futuro trasformare in uno stato federale. Soprattutto dopo la crisi della “empty chair” e l’introduzione del veto nazionale, l’instabilità economica, i cambiamenti nelle istituzioni che hanno privilegiato il Consiglio Europeo, l’istituzionalizzato consiglio come attore chiave nel processo decisione hanno suggeriti limiti al sovranazionalismo e la persistente priorità degli attori statali nella politica europea. Così la Commissione ha deciso di agire in modo più cauto e ciò ha confermato ancora di più le ragioni della teoria.  Hoffmann: teorico dell’intergovernamentalismo classico = i neofunzionalisti hanno dimenticato il contesto entro il quale sono immersi. Più specificatamente gli INT rigettano l’assunto neofunz. Che l’integrazione europea sia guidata dallo spillover discutendo che si tratti più di un atto di fede che un fatto provato. La logica della integrazione sostituita dalla logica delle diversità.  Assunto principale: ci sono costi e benefici legati allo sviluppo dell’integrazione europea. Loro preferiscono parlare di cooperazione e non integrazione. La cooperazione deve essere soppesata con i pro e i contro dell’essere membri, e sull’assunto che essere europei migliori l’efficienza della contrattazione degli stati membri. Il vantaggio nell’affrontare un pensiero di conteggio dei pro e contro permette di proteggere gli interessi nazionali. 27  COOPERAZIONE: non ha nulla a che fare con l’ideologia o l’idealismo ma è fondata su ragionamenti razionali fatti dai governi e affrontare le problematiche di policy contemporanee. Per gli intergovernamentalisti l’integeazione europea è normale e talvolta un comportamento “mundane” (banale) parte dell’azione dello Stato come attore. Inoltre la integrazione è servita per il salvataggio degli Stati europei occidentali durante la Guerra Fredda.  SOVRANITA’: come la capacità legale dei decision makers nazionali di prendere decisioni senza essere soggetti a pressioni esterne, oppure come l’esercizio di detenere ed esercitare la propria autorità. Così secondo gli INT. Gli stati membri eu dovrebbero partecipare senza cedere sovranità e ciò significherebbe che gli stati rimarrebbero in controllo di buona parte del processo di decisione. Di seguito l’integrazione rappresenterebbe un raggruppamento o una condivisione di autorità. La cooperazione intergovernamentale potrebbe inoltre comportare una delegazione di sovranità. Gli INT accettano che l’integrazione implichi un trasferimento delle funzioni dallo stato esecutivo o – in minor grado – dai parlamenti degli stati membri alle istituzioni europee, in particolare alla Commissione e alla Corte di Giustizia EU. I governi nazionali ritengono che sia nel loro interesse cedere alcune funzioni (normative) al fine di rendere la cooperazione più efficace. Gli INT tendono a porre l’attenzione sugli attori sovranazionali, la Commissione in particolare che rappresentano più di “servants” (servitori) dei singoli membri. E le istituzioni che sono, in questa analisi realmente considerate sono: Consiglio dei Ministri eu, Consiglio Europeo, mentre le altre hanno compiti più periferici. La sovranità è stata alterata e domata ma non soppiantata! E mentre la dimensione nazionale sembrava bene essere meno importante nel post 1945 che durante i nostri tempi non ci ha messo tanto per essere riaffermata.  Demarcazione stringente fra HIGH e LOW politics = mentre l’integrazione funzionale può essere possibile in aree meno controversi (come la sfera economica) gli stati dovranno resistere da qualsiasi incursione in aree di HIGH POLITICS (sfera politica).  VARIANTI DAL INTERGOVERNAMENTALISMO CLASSICO: • Confederalismo: un modello di integrazione con l’idea di confederazione che sembra forte alleata degli INTgov. La confederazione è un tipo di arrangiamento intergovernamentale nel quale la sovranità nazionale rimane intatta a dispetto delle decisioni comuni e del framework istituzionale. Prevede la presenza di leggi internazionali o sovranazionali immaginando quindi quello confederale come un approccio da applicare quando lo scopo dell’integrazione è estensivo ma il livello dell’integrazione è basso. • Approccio alla politica interna (DOMESTIC POLICY APPROACH): l’origine della letteratura sulla europeizzazione. Un approccio che collega intergovernamentalismo classico con approcci stato-centrici più tardi e particolarmente all’intergovernamentalismo liberale. Pretende che la Comunità Eu sia indispensabile che tenga in considerazione la politica domestica questo permetterebbe ai ricercatori di identificare variazioni nella costruzione legislativa enfatizzando i legami fra la dimensione nazionale e sovranazionale europea. Due dimensioni della politica domestica sono osservate: 1) struttura del policy-making e 2) atteggiamenti verso la comunità eu. 1. la politica domestica nazionale è considerata la unità alla base dell’EC/EU. 2. Ogni politica nazionale è delle unicità socio-economiche e queste rappresentano gli interessi nazionali, 3. La politica europea è una sfaccettatura dell’attività nazionale, 4. Analisi delle politiche attraverso il “policy style” nazionale. • The locking-in of states: un approccio tedesco allo studio del federalismo nel quale la “politica interconnessa” caratterizza le interazioni fra diversi livelli di governo. Mentre questi rimangono su delle premesse stato-centriche, loro muovo lontano 30 - MI: femminismo, sviluppo della politica economica neo-gramsciana, teoria post strutturalista Habermasiana. 1) NEOISTITUZIONALISMO: dovuto a… 1) Fondatori della UE hanno voluto inserire in un attento disegno istituzionale il bilanciamento di forze nazionali e sovranazionali, 2) Crescita di differenti culture all’interno delle varie istituzioni, non solo su un particolare modus operandi della Commissione europea ma anche nelle singole Direzioni Generali (DGs). 3) Esistenza di varie informalità nello schema istituzionale come conseguenza di regolarizzazione di pratiche che non hanno uno status formale, 4) Sono stati condotti studi sugli attori multilivello delle istituzioni eu. ≠ da ISTITUZIONALISMO: che crea troppa enfasi sullo studio delle componenti formali e codificate della politica alle spese del succo della politica ovvero l’interazione fra gruppi che sviluppano i loro interessi secondo un determinata forma di comportamento. Il neoistituzionalismo assume che “institutions matter” come plasmatrici e influenti sull’azione degli attori. Questo assunto è accompagnato da una più generale definizione di istituzione in cui rientrano ora, non solo le regole formali, ma anche le forme di interazione sociale che insieme creano procedure e standard di pratiche comuni (= istituzioni). Spesso si potrebbe parlare delle regole scritte costituzionali attraverso sia le norme ma anche attraverso i simboli largamente riconosciuti. 3 varianti di istituzionalismo: 1. RATIONAL CHOICE INSTITUTIONALISM: teoria basata sull’idea che gli esseri umani sono egoisti e si comportano in modo razionale e strategico. L’obiettivo di questi è organizzarsi gerarchicamente, formano le loro preferenze sulla base dei loro interessi. Le istituzioni sono importanti perché agiscono come delle variabili intervenienti = istituzioni non alterano le preferenze ma hanno un impatto sul modo in cui gli attori propongono le preferenze. Conseguentemente i cambiamenti nelle regole istituzionali indurranno gli attori a modificare il modo in cui poter agire per realizzare le proprie preferenze; ELEMENTI IN Eu: il potere di incidere sull’agenda-setting, e attraverso il ricorso alla delega di certi compiti autoritativi a delle comuni istituzioni. Critiche: ignorano i vari processi informali che crescono accanto alle pratiche codificate, e che queste informalità rappresentano al meglio come le decisioni vengono prese. 2. HISTORICAL INSTITUTIONALIST: interessati a come i cambiamenti istituzionali abbiano degli effetti a lungo termine. Le istituzioni sono designate a particolari obiettivi per un particolare periodo e in determinate circostanze. Se le istituzioni interagiscono nel decision-making process, allora i pattern costituzionali possono evolvere o possono essere bloccate (lock-in = una logica “path-dependent). 3. SOCIOLOGICAL INSTITUTIONALISM: importanza della “culture” delle istituzioni, e del ruolo di persuasione e comunicatività all’interno dell’assetto politico. Cultura è intesa come l’insieme di strutture, referenze, norme che governano il comportamento e i filtri cognitivi che questa pone. Queste istituzioni contribuiscono a spiegare chi sono gli attori, quali sono i loro contenuti e le loro motivazione, un’idea che si ripercuote sulle Direzioni Generale DGs della Commissione e sulle loro funzioni. 2) SOCIAL CONSTRUCTIVIST APPROACH: non è una teoria dell’integrazione ma una posizione sulla natura della realtà sociale (che è ontologia = dottrina filosofica rispetto ai caratteri dell’ente). I Costruttivisti sono interessati all’integrazione come processo. Risse: spiega come gli agenti umani interagiscono in modo da produrre struttura (norme, istituzioni, senso comune, discorsi) che simultaneamente influiscono le interazioni sociali e diverse possibilità di azione da seguire. Il tentativo di comprendere la costituzione degli interessi e delle identità! 31 In più sono interessati al modo in cui le istituzioni agiscono nelle arene per comunicare, deliberare, argomentare, persuadere e socializzare. Inoltre enfatizzano in modo analitico il potere che risiede nella capacità di creare interpretazioni e quindi influire sulle scelte di politiche pubbliche. 4) LA UE NELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI Il “nuovo regionalismo”: l’integrazione regionale soprattutto di tipo economico sottoforma di Free Trade Areas e unioni doganali non è un fenomeno nuovo infatti dal 1980 sono cresciute le forme di cooperazione regionale nella politica economica globale (NAFTA, Asian Pacific Economic Co-operation APEC, Mercado Comun del sur o Mercosur). La spiegazione alla nascita di queste forme di collaborazione è la globalizzazione, e il regionalismo è la prima forma organizzativa di risposta. La UE viene spesso considerata un caso deviante di regionalismo: considerabilmente più istituzionalizzata e molto più integrata. Considerare l’ue come un attore: infatti essa possiede un ruolo nella politica mondiale e influenza nell’economia globale, non è uno stato unitario ma in alcune materie agisce come se lo fosse. Questo ci permette di definire la UE come una parte o unità del sistema internazionale potendo riprende le teorie di IR e in particolare quelle realiste = secondo cui persegue i suoi interessi per rendere se stessa sicura dalle minacce esterne. L’UE NELLA POLITICA ECONOMICA INTERNAZIONALE: la logica della liberalizzazione è sostenuta da analisi su stati nazionali rendedosi possibile solo quando è sostenuta e sottoscritta da uno stato egemonico. Ma spesso viene riconosciuto anche un ruolo importante alle istituzioni internazionali per la creazione di regole e la formazione di ordinamenti comuni di mercato. Alcuni stati in questo sistema accumuleranno maggior potere mentre altri, conseguentemente lo perderanno, ciò riporta ai “vantaggi relativi”. I neoliberali d’altronde credono che il gioco delle istituzioni internazionali possa favorire anche vantaggi assoluti, e ciò significa che la cooperazione istituzionalizzata non approfondirà le già presenti differenze economiche o le cd. asimmetrie. E mentre i neorealisti non vedono alcuna via d’uscita all’anarchia internazionale, i neoliberali immaginano possibile una graduale sostituzione dell’anarchia da un mercato comune (pacifico) regolato da istituzioni. Una terza spiegazione alla diffusione della politica liberale è la diffusione delle idee, infatti la narrativa liberale è diffusa e comunemente accettata di modo da riuscire ad organizzare la società e il mercato sia interno che internazionale. Fu proprio la vittoria di idee diverse dal liberalismo che ha portato poi all’affermarsi dei regimi totalitari nazi fascisti e del comunismo che solo con la fine della guerra lasciano spazione all’”embedded liberalism” e alla economia keynesiana. Queste teorie sulla politica eco. Internazionale possono essere applicate al processo europeo perché: 1. Si cerca di comprendere l’origine e la sostenibilità economica del mercato liberale pan- europeo che influenza tutti i mercati degli Stati membri, 2. Si studia la relazione fra la creazione di un distinto ordine economico, da una parte, e un progetto di liberalizzazione del mercato globale (“globalizzazione”) dall’altra. ➢ Questione egemonica: se è vero allora il mercato europeo è sostenuto da uno stato egemone internamente ed internazionalmente = come la Germania internamente e gli USA esternamente. ➢ Riconosciuta una dimensione sociale all’integrazione economica, che permette alla UE, internamente ed esternamente, di poter gestire la globalizzazione. 5) Teorie critiche: le teorie critiche provengono dagli studi neo-marxisti della scuola di Francoforte della teoria sociale. Robert Cox: ogni teoria è sempre per qualcuno o per spiegare qualcosa, nessuna teoria è per se stessa ed è distaccata da tempo e spazio. Cox distingue due tipi di teorie: quelle “problem-solving” da quelle “critiche”. Secondo lui tutte le teorie viste in precedenza sono di 32 tipo “problem-solving” e la teoria critica parte dalla domanda: perché gli studi sulla UE hanno fallito nel prevedere la crisi finanziaria? La risposta data mente nel considerare i codici ortodossi della teoria dell’integrazione, la chiave dell’integrazione è una presunzione. E ciò limita lo studio della UE che non la analizza in relazione alle più grandi traiettorie del capitalismo, delle forze sociali che costituiscono e contestano le strutture di potere nella politica economica europea. Quindi il presupposto della teoria economica è la possibilità di cambiamento! • Il movimento femminista ha spostato l’attenzione alle teorie sul gender e parità di genere, riuscendo a creare delle teorie sugli studi europei orientati. • Studi marxisti hanno insistito sulle caratteristiche del capitalismo. Studiano l’evoluzione delle istituzioni sovranazionali come una ricreazione delle strutture capitalistiche. • Studi della scuola Gramsciana sono interessati al modo in cui l’EU ha accumulato regimi politici incorporando governance e politiche competitive nelle quali prevale l’assetto liberale e nel quale il principio di responsabilità è debole. • Studi di Gill vedono l’UE come una parte del trend globale di bloccare e costituzionalizzare la concezioni neoliberale e del mercato inteso. • Studiosi ispirati a Foucault pensano alla UE come una particolare espressione del raziocinio liberale dei governi che cercano di definire gli obiettivi umani in diversi modi. Loro sono anche interessati a come siano governati gli attori, come siano part di un processo di governance, come contribuiscono nello spazio in cui esercitano la loro autorità. Aiutano ad ese. I dati di EUROBAROMETRO ed EUROSTAT che non diventano dati neutrali. • Post-strutturalisti si concentrano sull’importanza della costruzione linguistica dell’Europa. GOVERNANCE IN UE L’approccio alla Governance come studio in sostituzione a quella della teoria classica dell’integrazione. Questo è molto diverso perché tratta la politica europea come indipendente e non come una variabile dipendente. In altre parole chi studia questo approccio è più interessato a cosa fa la UE rispetto a come la UE si è formata. La letteratura collegata è quella del: network governance, regulatory politics, europeizzazione. Rhodes definisce la governance come un network autorganizzato, inter-organizzato composto di mercati e gerarchie che governano le strutture di allocazione delle risorse e per l’esercizio del controllo e coordinazione. I nuovi studi di governance enfatizzano la natura informale dei processi di formazione delle politiche pubbliche, le strutture non gerarchiche delle istituzioni e la natura non redistributiva degli outputs politici. È importante identificare 3 approcci: 1) L’approccio di governance multilivello: che enfatizza la natura del policy making europeo come l’evolversi di una molteplicità di attori e una varietà di livelli territoriali all’interno dello Stato nazionale, 2) Il nuovo approccio di governance: vede l’UE come uno stato regolatore che usa un processo decisione non maggioritario nel problem-solving. 3) Gli studi dei nuovi modelli di governance, che costruiscono l’uso di strumenti non vincolanti per le politiche. Una caratteristica comune a questi approcci di governance è la loro enfasi sulla struttura non gerarchica come un aspetto chiave per comprendere il processo di decisione politica e l’UE per intero. Perché il network che si forma taglia le barriere formali che esistono tra le istituzioni, tra i territori e tra le sfere del pubblico e del privato. Può costituire quindi una terza via allo studio della EU con l’intergovernamentalismo liberale e le prospettive di integrazione europea. 35 attività di prestazione temporanea di servizi, che nella versione originale era riservata allo stato di origine; è ora lo stato di destinazione a garantire il rispetto del proprio diritto nazionale. Il compromesso ha ottenuto l'approvazione della Confederazione europea dei sindacati, oltre che della maggioranza del Parlamento Europeo. Modalità con cui i sistemi politici nazionali vengono colpiti dal procedimento di europeizzazione: - Ha colpito istituzioni fondamentale e processi politici degli stati membri e degli stati in attesa di accesso, ad esempio diminuendo la forza dei parlamenti nazionali, - Ha effetti su stati terzi, poiché i suoi modelli di governance vengono esportati attraverso il processo di “europeizzazione esterna” che sono degli allargamenti di policies europee con il Criterio di Copenaghen che prescrivono il possedimento di una democrazia liberale, una economia di mercato se si vuole accede alle UE. Ciò stimola gli stati esteri a implementare parti dell’acquis communautaire richiesto. - EU ha dei meccanismi incompresi di influenza: ese cittadini polacchi hanno usato la UE per spingere verso l’ottenimento dei diritti sulle minoranze sessuali, diritti civili. Allo stesso tempo i governi appena insediati nei paesi esteri ma vicini alla UE hanno strumentalizzato la richiesta della Comunità alla lotta contro la corruzione attraverso la richiesta di accesso al mercato unico e facilitazioni VISA nel diritto di migrazione per minare l’opposizione politica. Yulija Timoshenko Primo Ministro Ucraino dal 2007 al 2010 era stata condannata a 7 anni dai tribunali ucraini per appropriazione indebita e abuso di potere ma facendo ricordo alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è riuscita ad ottenere il riconoscimento di illegalità della detenzione preventiva ucraina. L’europeizzazione top-down: spiega le condizioni e i meccanismi causali attraverso cui la UE influisce sui cambiamenti domestici, sia negli stati membri che nei paesi esteri. Approccio razionalista e costruttivista alla europeizzazione top-down: 1) Istituzionalismo basato sulla Scelta Razionale, sostiene che la UE facilità l’adattamento domestico attraverso il cambiamento di strutture di opportunità per gli attori domestici. In un primo step le diseguaglianza fra le norme europee e norme interne creano la domanda di adattamenti sul livello domestico. In un secondo step l’assimilazione delle policies europee da parte degli stati membri è influenzata da un calcolo cost-benefici da parte degli attori strategicamente interessati alle materie in discussione. Quindi l’europeizzazione è vista come una struttura che crea opportunità politiche e offre ad alcuni attori delle risorse aggiuntive per estendere la loro influenza. 2) Istituzionalismo sociologico, specifica cambiamenti di meccanismi basati su processi ideazionali e normativi provenienti dalla europeizzazione top-down. Questo tipo di approccio assume che gli attori sono guidati da logiche di sapere condivise su cosa si costituisce un comportamento appropriato e accettato socialmente. Queste norme influenzano le modalità con cui gli attori definiscono i loro obiettivi e il modo in cui viene percepita l’azione razionale. E piuttosto che massimizzare gli interessi personali tendono a concepire le aspettative sociali. Da questa prospettiva la europeizzazione è concepita come la nascita di nuova regolamentazione, norme, pratiche e strutture di significato secondo le quali gli stati membri sono esposti e che tendono a incorporare le strutture domestiche. Il modo in cui la logica di sapere collettivo si distingue differisce il modo in cui vengono assimilate le richieste europee: 1) una modalità consensuale o un procedimento decisionale cooperativo aiuta il superamento di ostacoli di veto. Inoltre una politica consensuale permette una redistribuzione dei costi di adattamento anche sulle minoranze politiche e sociali, i vincitori del cambiamento potranno infatti compensare i perdenti. Tutto il processo top-down ha per ora diversi gradi di successo, in base alla materia in cui è inserito. 36 EUROPEIZZAZIONE ESTERNA: ha effetti simili su “stati candidati” e “vicini” a volte più forti rispetto a quelli avuti dagli stati membri ad esempio nelle modifiche negli esecutivi o nell’accrescimento della loro autonomia dalla politica domestica e pressioni sociali. Ciò indica come l’impatto della europeizzazione è differente e tutti i cambiamenti non sono assimilati uniformemente. Convergenza quindi non è sinonimo di europeizzazione. Nell’approccio bottom-up ci sono gli studiosi che si focalizzano maggiormente sulle CIG Conferenze Intergovernative e studiosi che si focalizzano sui processi decisionali giorno per giorno. Anche qui ci sono l’approccio razionalista e costruttivista: 1) Razionalista. Assume che gli attori hanno degli interessi fissi e predefiniti, gli perseguono attraverso le proprie risorse di potere calcolando strategicamente i costi e i benefici delle differenti opzioni. 2) L’approccio costruttivista invece assume che gli attori sono comunque aperti alla persuasione e ai cambiamenti, quindi hanno degli interessi flessibili. Il maggiore approccio di decision-making razionalista è quello intergovernamentale nella sua visione più moderna: l’intergovernamentalismo liberale. Questo assume infatti che la maggior parte degli stati votano nel Consiglio e nelle contrattazioni chi ha più potere riesce maggiormente ad influire sugli stati che ne hanno di meno. Inoltre gli stati con più potere possono influire sui contenuti delle norme europee se queste toccano aspetti importanti per loro. L’approccio costruttivista assume che le preferenze dello stato e dell’attore non statale non sono totalmente fisse durante l’integrazione ma possono cambiare se sostenute da ottime argomentazioni. Gli attori sanno cosa desiderare ma durante le contrattazioni possono cambiare le loro preferenze se un secondo attore riesce a convincerli. Spesso chi influisce sugli interessi sono le istituzioni sovranazionali come la Commissione o esperti politici o comunità epistemiche. Ad esempio: il ruolo del Lussemburgo nell’influire sulla Politica comune agricola: questi hanno sviluppato una expertise avanzata sulla problematica tanto da poter agire come potenti lobbisti sulle contrattazioni con la Commissione e il Consiglio riuscendo a modificare a proprio vantaggio l’esito della CAP. I GRUPPI DI INTERESSE E L’UNIONE EUROPEA: modello pluralistico, comitati e organi si consultano regolarmente con i gruppi, delegano le decisioni sulle politiche e di implementazione a loro, supportano una varietà di gruppi di interesse provvedendo talvolta ad aiuti finanziari, aiuti di tipo logistico o garantendo accesso privilegiato al decision making affinché possano proporre le loro preferenze condivise alleandosi e supportandosi. 4 caratteristiche del sistema di governance della UE influenzano il modo in cui le istituzioni si rapportano ai gruppi di interesse: 1) La UE è un sistema altamente dinamico, 2) Il sistema UE è differenziato sia a livello verticale che orizzontale, 3) Il sistema UE è teso alla costruzione del consenso, 4) Il sistema UE sta incrementando la regolazione per le attività di lobbying. 1) A partire dalla metà degli anni ’80 la UE ha incrementato notevolmente le sue competenze e ciò ha avuto conseguenze sul coinvolgimento dei gruppi di interesse. Da un punto di vista a breve termine è difficile che i gruppi di interesse GI possano creare sviluppi nell’agenda politica poiché sono incerti delle opzioni politiche migliori da seguire soprattutto nella fase iniziale del processo decisionale. Questo li forza a monitorare gli sviluppi europei. Mentre da una visione a lungo termine i GI sono aumentati proprio grazie alla possibilità di poter incidere nel processo di regolazione. 37 Inizialmente coinvolti come GI di business, mentre oggi includono GI da tutti gli stati membri e anche da quelli candidati. 2) Orizzontalmente le responsabilità politiche sono distribuite tra le istituzioni europee e all’interno degli stati. La Commissione Europea è il più importante punto di contatto per i GI a livello europeo. Quando le decisioni pubbliche vengono create è importante che i GI siano presenti sia nella consultazione pubblica che nei comitati tecnici che suggeriscono alla Commissione. Ciò che viene apprezzato maggiormente sono le relazioni informali tra i Commissari, gli officiali di Commissione e gli “policy officer”. La commissione ha il monopolio nell’iniziare le politiche e ciò le garantisce un ruolo cruciale nella formulazione dell’agenda politica e nelle politiche pubbliche. I GI raramente si approcciano alla Commissione come corpo collegiale ma tendono a mantenere le relazioni con i vari Dipartimenti Generali DGs responsabili per le specifiche aree di decisione politica. DGs hanno ampi margini di autonomia il che risulta in differenti pratiche di mediazione degli interessi. Al secondo livello di legislazione il Consiglio è altamente coinvolto nel contatto con i GI specialmente se le proposte politiche coinvolgono in modo importante gli attori nazionali. Questo perché composto dalla sua macchina amministrativa, il COREPER (comitato dei rappresentanti permanenti) e i working-groups del Consiglio. Raramente però i GI tendono a destinare le proprie pressioni ai politici e burocrati dei governi nazionali, il Consiglio è stato decisamente rimosso dalle pressioni dei GI. Mentre nel Parlamento coloro che hanno maggiori pressioni con i GI sono i rapporteurs responsabili per i dossier e per dirigere le Standing Committees. Da quando però i membri del Parlamento sono eletti dai cittadini nazionali loro sono più sensibili alle domande proposte dai GI nazionali e ciò li renderebbe più protezionisti alle richieste della Commissione e del Consiglio Europeo. Presenza dell’European Economic and Social Committee EESC è un organo tripartito di individuo nominati dagli stati membri e che rappresentano datori di lavoro, lavoratori e altri interessi. I GI considerano l’ESCC come meno importante per la rappresentanza degli interessi all’interno della Unione rispetto al diretto contatto con le istituzioni europee. L’Unione ha provato a migliorare la partecipazione dei GI nel processo politico come un principio di “good governance”. Come cita l’art 11(2) le istituzioni europee dovrebbero tenere aperto un dialogo trasparente e regolare con i rappresentanti delle associazioni della società civile”. In più l’articolo 11(3) stipula che la Commissione europea dovrebbe costruire ulteriore consultazione con le parti coinvolte affinché venga assicurato che le azioni comunitaria siano coerenti e trasparenti”. A livello verticale, le istituzioni europee condividono i poteri con gli stati membri in base all’area di policy e allo step del procedimento decisionale. La costruzione dell’agenda politica e la formulazione delle politiche sono concentrate a livello europeo mentre l’implementazione è riservata in modo estensivo agli stati membri. Ciò configura il sistema multilivello europeo e ciò implica che ci sono diversi punti di accesso alle organizzazioni di interesse. I gruppi devono badare agli sviluppi politici ad un livello europeo e nazionale, e serve che siano presenti ad entrambi i livelli se sperano di poter rappresentare al meglio i loro interessi. 3) La preferenza nella creazione del consensus. Per gli stati membri il processo decisionale basato sul consenso garantisce protezione dalla formazione di gruppi che preventivamente si oppongono alla decisione e che potrebbero in ultima istanza bloccarla. Il contatti fra le istituzioni europee e i GI potendo essere informali e formali al tempo stesso permettono un Dialogo Sociale. Per questo la Commissione ha sempre preferito non istituzionalizzare le consultazioni con i GI ma ha semplicemente applicato alcune regole amministrative in modo che il Dialogo possa autoregolarsi. Durante gli anni ’90 fu proprio la partecipazione dei GI nella governance europea a ridurre il meccanismo percepito del deficit democratico. Solo più tardi la Commissione ha elaborato protocollo con la EESC e il Comitato delle regioni per coinvolgere i GI prima nei processi di policy e 40 statali come sindacati, gruppi di interesse, organizzazioni non governative cercano di influenzare le decisioni politiche. La delega di funzioni alle agenzie permette di facilitare il coinvolgimento di esperti in diverse aree specialistiche. Ciò viene analizzato prima di tutto identificando una separazione di poteri di tipo orizzontale e verticale all’interno dell’Unione. EVOLUZIONE DEL METODO COMUNITARIO: John Peterson 1995 divide il procedimento decisionale europeo in due tipi: quello riguardante l’evoluzione storica e quello di legislazione quotidiana. La prima categoria si occupa di materie fondamentali e negli accordi gli stati membri hanno pieno potere ad esempio in Consiglio europeo attraverso l’uso dell’unanimità (e del veto apposto). I round recenti sui trattati sono stati preparati da una Convenzione a cui partecipano i rappresentanti delle istituzioni europee, stati membri e società civile e che hanno proposto una bozza di nuovo trattato. Queste convenzioni sono state influenti sull’elaborazione dei recenti trattati. Mentre nel processo decisionale quotidiano Helen Wallace e Cristine Reh hanno identificato 5 pattern di policy-making come un modello euristico di descrivere la diversità che caratterizza l’UE. Rappresentano la sperimentazione e l’evoluzione nel tempo, i diversi gradi di istituzionalizzazione, differenti basi di trattati, cambiamenti nel processo decisionale. Queste sono: 1) Il metodo comunitario, 2) Le modalità di regolazione dell’UE, 3) Il modello di distribuzione all’interno dell’UE, 4) L’intenso trans-governamentalismo, 5) Coordinazione di policies. OLP Ordinary Legislative Procedure o CO-DECISION ha avuto un impatto fondamentale sulla vita e rilevanza del Parlamento europeo in particolare incrementando il suo ruolo legislativo da marginale a co- legislatore insieme al Consiglio. Questa novità è accompagnata dall’uso incrementale degli strumenti di cd. “new” o “soft” governance come l’OMC (open method of cooperation). Questi strumenti assegnano essenzialmente un ruolo alla Corte di Giustizia o al parlamento, sebbene possano coinvolgere una serie di attori e produrre decisioni di diverso tipo, non aventi valore legislativo ma raccomandazioni, consigli sulle migliori pratiche e linee guida. L’evoluzione del metodo comunitario è iniziata agli inizi del 1980 come parte per guidare e completare il mercato unico adottando il Single European Act Act SEA. Con l’obiettivo di assicurarsi questo obiettivo importante gli stati membri sono stati d’accordo ad abbandonare i loro poteri di veto su uno specifico campo riconoscendo l’obiettivo maggiore dell’integrazione dei mercati come un sacrificio della sovranità nazionale. Questo ha introdotto il QMV Qualified Majority Voting significando che solo una parte dei rappresentanti degli Stati membri servono per accettare una misura o per ottenere il supporto del Consiglio europeo per intero. Il sistema alloca un numero certo di “voti pesati” per ogni stato membro in proporzione alla popolazione residente. Dal 2014 la maggioranza qualificata richiede il 55% dei voti in Consiglio di modo che il gruppo di maggioranza rappresenti almeno il 65% della popolazione europea (238 TFUE). La maggioranza qualificata però non si applica su tutti i campi di decisione. La procedura di Assenso, ora ridenominata di Consenso, fu introdotta su certe aree politiche in modo da conferire al Parlamento l’abilità di rigettare ma non emendare certe proposte. Il trattato di Lisbona inoltre garantisce ai cittadini eu di chiede alla Commissione di iniziare una proposta legislativa attraverso la cd. Iniziativa cittadina (11 TUE). 41 4 tipi di atti legali risultano dal processo legislativo: • Regolamenti, vincolanti; a specifici gruppi o persone giuridiche. • Direttive, vincolanti; per tutti gli stati membri sia nella sostanza che nel modo di implementazione. • Decisioni, vincolanti; a tutti gli stati membri sulla sostanza ma lasciando l’implementazione allo stato ricevente. • Raccomandazioni e opinioni, non vincolanti; su stati membri e specifici gruppi. Queste differiscono nel grado di vincolatività per gli stati membri o per le persone giuridiche a cui sono indirizzate ma non c’è una gerarchia formale tra loro. Molte policy europee sono regolate da direttive che danno agli stati membri il massimo margine sull’implementazione degli oggetti. Questo è importante perché permette ai diversi sistemi nazionali di trovare il proprio metodo per raggiungere un obiettivo comune e condiviso. Addizionalmente il Trattato di Lisbona stabilisce due nuove categorie di atti: quelli delegati e quelli di implementazione. Gli atti delegati permettono alla Commissione di adottare misure secondarie di tipo non legislativo come supplemento o emendamento degli elementi non essenziali dell’atto. Mentre gli atti di implementazione conferiscono poteri alla Commissione in modo da costruire il miglior modo di implementazione. Ma questi poteri di implementazione sono definiti dal Parlamento e dal Consiglio secondo il voto OLP. Queste categorie sono introdotte per distinguere fra misure secondarie che sono quasi-legislative (atti delegati) e misure secondarie che sono esecutive per natura (atti di implementazione). LA PROCEDURA LEGISLATIVA ORDINARIA: con il Trattato di Lisbona la procedura di co-decisione diventa la procedura legislativa ordinaria OLP. Questa è un procedimento che rispecchia la figura di una catena di politiche, una metafora per spiegare l’importanza degli step nel processo. In ogni step sono presenti tentativi di pressione o hustling prima che l’atto sia pubblicato. La commissione ha il diritto di iniziare la legislazione aperta ad input dal EP e dal Consiglio potendo consultare gruppi di interesse e società civile. La commissione dovrà raggiungere un accordo interno fra i direttori generali DGs su cosa dovrà contenere la proposta e conciliare le preferenze tra le varie istituzioni. Dopo la proposta viene inviata ai Parlamenti nazionali nello stesso momento in cui sarà inviata al Parlamento Europeo e al Consiglio – ai parlamenti nazionali per rispetto del principio di sussidiarietà. Questi possono contestare la legalità del progetto di legge. In base all’area politica il Comitato delle Regioni CoR e il Comitato europeo economico e sociale EESC possono essere consultati dal Consiglio o dalla Commissione sulla proposta legislativa. Quando la proposta diventa pubblica l’hustling diventa più pressante. Dietro la scena è spesso regolare il contatto fra ministri nazionali, il COREPER e i MEP per preparare il campo di un possibile processo di conciliazione o per escluderlo riuscendo prima a raggiungere un accordo. Questa dinamica informale è stata istituzionalizzata nell’organo dell’Trilogue. L’OLP richiede una maggioranza qualificata nel consiglio, una maggioranza assoluta dei MEP per supportare la proposta. La commissione così riceve la proposta emendata da sia il Parlamento che dal Consiglio, e dopo rivisiterà la medesima per soddisfare le richieste delle altre due istituzioni. Se il processo funziona la proposta può essere adottata, mentre nel caso non dovesse funzionare i punti rimasti in discussione sono chiariti in una Comitato di Conciliazione. Questo comitato è formato da un equo numero di rappresentanti del Parlamento Europeo e del Consiglio. Il suo compito è risolvere le problematiche inter-istituzionali. Se il Comitato di Conciliazione non dovesse funzionare la legislazione fallisce. Mentre se dovesse risolvere le problematiche l’atto è posto al voto sia in Parlamento che in Consiglio. Il fallimento della procedura legislativa è raro, difatti ogni anno ci sono solo una o due conciliazioni (ese. Il 7% del totale da giugno 2009 a dicembre 2010 è passato attraverso il meccanismo di conciliazione. 1. Proposta della Commissione x» 2. Pareri dei parlamenti nazionali SE 3. Pareri del Comitato economico e sociale europeo e/o del Comitato delle regioni (se richiesto) PRIMA LETTURA 1 4. Prima lettura da parte del Parlamento europeo. Il Parlamento adotta una posizione (emendamenti) + 5. La Commissione può modificare la sua proposta * 6. Prima lettura da parte del Consiglio (*) rasa ora 7.Il Consiglio approva la posizione del Parlamento. L'atto è adottato. SECONDA LETTURA 8. Il Consiglio e il Parlamento non raggiungono un accordo sugli emendamenti. Il Consiglio adotta la posizione in prima lettura. 9. Seconda lettura da parte del Parlamento europeo Il Parlamento approva la posizione del Consiglio in prima lettura (l'atto è adottato in tempi rapidi in seconda lettura) o propone emendamenti. 10. Parere della Commissione sugli emendamenti del Parlamento * 11. Seconda lettura da parte del Consiglio (*). ses————'——_——% 12. Il Consiglio approva tutti gli emendamenti del Parlamento alla posizione del Consiglio in prima lettura. L'atto è adottato. 13. Il Consiglio e il Parlamento non trovano un accordo sugli emendamenti alla posizione del Consiglio in prima lettura. CONCILIAZIONE 14. È convocato un comitato di conciliazione. * 15. Il comitato di conciliazione trova un accordo su un testo comune. _——n1y 16. Parlamento e Consiglio approvano la proposta del comitato di conciliazione e l'atto è adottato. 17. Il Parlamento efo il Consiglio non trovano un accordo sulla proposta del comitato di conciliazione e l'atto non è adottato. (")1l Consiglio adotta la sua posizione a maggioranza qualificata () trattati prevedono l'unanimità in alcuni casi eccezionali). Tuttavia, se il Consiglio intende discostarsi dalla [parere della Commissione, esso adotta la sua posizione all'unanimità. 42 45 Alla sua origine, nel Trattato di Roma e per tempo dopo la CCP veniva considerata in relazione al commercio di prodotti finiti ma i cambiamenti nell’economia globale ha consegnato un ruolo predominante al commercio e ai servizi e alle richieste collegate come la proprietà intellettuale. Il trattato di Lisbona ha effettivamente risolto queste tensioni e l’Unione ha ora competenza non solo nei prodotti finiti e servizi ma anche in materie legate alla proprietà intellettuale e investimenti esteri. Un’altra area di tensione creatasi da poco riflette il collegamento fra le policy interne e le relazioni esterne. Come l’integrazione interna raggiunge nuove aree è inevitabile che si vengano a creare conseguenze esterne. Policy interne come: concorrenza, ambiente, industria, ecc. queste sono nate e sviluppate nelle recenti negoziazioni fra EU e importanti partners. Fino al 2015 la più ambiziosa è stata la negoziazione fra UE e US per il TTIP TRANSATLANTIC TRADE AND INVESTMENT PARTNERSHIP. ISTITUZIONI E POLICY-MAKING: SVILUPPO DI POLITICHE DI ASSISTENZA E POLITICHE MONETARIE. Nel processo di decolonizzazione l’integrazione monetaria in Europa era inevitabilmente accompagnata da forme di politiche monetarie internazionali, ma queste aree non erano mai state soggetto di pieno metodo comunitario con il ruolo leader della Commissione. Così ci sono diversi pattern di policy-making e coinvolgimento istituzionale. - Sulle politiche di assistenza, partendo dal 1960 ci furono una serie di accordi fra stati membri ed ex-colonie in sviluppo che hanno creato un sistema di decisione multilaterale per lo sviluppo di certe aree. ✓ Yaoundé system 1963: accordo di reciproca preferenza nell’accesso al commercio fra gli stati membri della Comunità europea e gli stati associati (formalmente le colonie degli stati membri), ✓ Lomé system 1974: include le colonie inglesi che richiede non una reciproca preferenza commerciale ma schemi di supporto su prezzi agricoli nella politica agricola comune e sulle esportazioni minerarie, ✓ Cotonou system 2000: serie di accordi multilaterali. Ora copre più della metà die paesi nel sistema internale inclusi alcuni ricchi e in maggioranza molto poveri. La creazione di questo sistema fu sentita dagli stati membri come una politica di assistenza in grado di creare una partnership istituzionalizzata fra le Comunità e i paesi africani, caraibici e del pacifico ACP COUNTRIES. Ciò permette i paesi di poter contrattare con una voce collettiva, enfatizza i processi bottom-up di sviluppo in cui ogni paese può progettare il suo progetto di sviluppo sostenibile poi negoziato con l’Unione. Inoltre, come sistema presenta diverse condizionalità e previsioni che garantiscono alla Unione benefici a condizione di una buona governance, osservanza dei diritti umani e introduzione delle economie di mercato. La tensione maggiore si è avuta con l’ingresso della Politica comune Agricola CAP, che provoca dimostrabili danni alle economie di alcuni dei paesi più poveri attraverso la diminuzione di prezzi, prevedere libero accesso al mercato europeo e sussidia le esportazioni europee. Così capiamo quanto le economie non facenti parte della Unione siano influenzate non sempre però da guadagni. Problema centrale nello sviluppo europeo è dato da due fattori: 1. Un problema istituzionale interno: la compresenza di competenze decisionali fra UE e stati membri e una nuova varietà di istituzioni. 2. Fattore esterno: il modo in cui gli sviluppo delle politiche di assistenza sono diventate politicizzate nell’arena globale contemporanea. Le politiche di assistenza e sviluppo rimangono in un’area di competenze miste in cui le proposte decisionali su livello europeo coesistono con le politiche nazionali e gli sviluppi internazionali. Per questo il programma 46 creatosi a livello europeo, diversamente dalla CCP è il risultato di divisioni di potere fra istituzioni europee e governi nazionali rappresentati nel Consiglio. Come risultato la Commissione e l’Unione non possono dire di parlare con un’unica voce sebbene le decisioni hanno una influenza consistente nel modo in cui l’assistenza allo sviluppo e consegnata e allocata. Il trattato di Lisbona, la maggiore innovazione istituzionale è la creazione del nuovo Europea External Action Service EEAS e il rimescolamento dei Servizi della Commissione in Direzioni generali per lo sviluppo e la cooperazione DGDEVCO che creano significanti incomprensioni su chi controllo le decisione e il finanziamento dei programmi. L’euro è gestito attraverso un complesso processo istituzionale in cui la BCE ha ruolo centrale. Perché non è stata adottata da tutti i paesi membri, esistono ancora monete nazionali come la sterlina inglese, il krones danese e lo zloty polacchi. Ci sono delle grosse diversità che lasciano spazio a tensioni e conflitti il risultato è uno schema di istituzioni che hanno effetto nella politica monetaria internazionale. Complicazioni ancora più forti quando è iniziata la crisi europea finanziaria del 2008. OBIETTIVI DI POLITICA ESTERNA: non esplicita i suoi obiettivi, inizialmente nell’articolo 113 del trattato di roma la CCP venne stabilita su dei principi espliciti applicandosi solo alla Comunità e alla Unione ma anche a più lontane relazioni. ARTICOLO 113 1. Dopo lo spirare del periodo transitorio, la politica commerciale comune è fondata su principi uniformi, specialmente per quanto concerne le modificazioni tariffarie, la conclusione di accordi tariffari e commerciali, l’uniformazione delle misure di liberalizzazione, la politica d’esportazione e le misure di difesa commerciale, tra cui quelle da adottarsi in casi di dumping e di sovvenzioni. 2. Ai fini dell’attuazione della politica commerciale comune, la Commissione sottopone delle proposte al Consiglio. 3. Qualora si debbano negoziare accordi con paesi terzi, la Commissione presenta raccomandazioni al Consiglio che l’autorizza ad aprire i negoziati necessari. Tali negoziati sono condotti dalla Commissione in consultazione con un Comitato speciale designato dal Consiglio per assisterla in questo compito e nel quadro delle direttive che il Consiglio pub impartirle. 4. Nell’esercizio delle competenze che gli sono conferite dal presente articolo il Consiglio delibera a maggioranza qualificata. Ciò ha permesso la creazione di importanti partnership e relazioni commerciali stabilendo però una gerarchia come “piramide di privilegio” in cui solo l’Unione può gestire e modificare le sue relazioni con i partners individuali. Allo stesso tempo l’Unione deve bilanciare le sue obbligazioni esterne con la domanda interna degli stati membri produttori e consumatori. OSTACOLI E OPPORTUNITA’, LA UE COME POTENZA NELLA WORLD ECONOMY: → Interesse collettivo dell’Unione per intero e quello dei paesi membri o gruppi di paesi, → Le competenze di ciascuna istituzione e le pressioni generale dai differenti settori di politica economica esterna, → La presenza di partner diversi e rivali nell’arena globale il che richiede un ruolo differente negli incentivi e risorse, → La dimensione economica del coinvolgimento nell’arena globale e il crescente grado di politicizzazione, → La competizione di tipo multilaterale, interregionale, bilaterale e unilaterale nella spinta delle decisioni europee, spesso all’interno di framework montati da pattern complicati di richiesta. 47 Comunque, l’unione è diventata una riconosciuta potenza economica e ha acquisito un apparato legale e istituzionale che le permette di agire in questo ruolo dandole la capacità di portare avanti un numero di importanti funzioni di solito collegate allo stato e preservare la prosperità dei suoi cittadini nell’economia dinamica. Caso: UE e KYOTO PROTOCOL: un ruolo di leadership globale nell’implementazione degli accordi di Kyoto, questo accordo raggiunto nel 1999 stabilisce delle riduzioni nella emissione di gas serra – US e China hanno fallito nella ratificazione e nella implementazione. Sebbene gli USA nel 2005 non facessero parte degli accordi questi si sono mossi sulle tracce europee specialmente con l’amministrazione Obama nel 2009 e sembrava che avrebbero ratificato presto. Questo a delle paradossali implicazioni per l’UE che può affermare di essere leader essendo riuscita a creare attivismo in US e China. ALLARGAMENTO Da 6 a 28! L’accesso in Unione degli stati è generalmente indicato come un successo delle politiche di integrazione europea perché riesce così a promuovere stabilità all’interno del continente, mentre la volontà degli Stati ad unirsi sebbene sia condizionata dalle richieste di adattamento ai requisiti di accesso dell’Unione rimane alta. Gli allargamenti dell’Unione sono meglio comprensibili come sia processo sia decisioni politiche. Come un processo coinvolge l’adattamento graduale intrapreso dai Paesi affinché siano rispettati gli standard. Questo processo è diventato maggiormente complicato alla fine della Guerra Fredda quando l’Unione doveva rispondere alle richieste di accesso dei nuovi stati democratici dall’Europa centrale e orientale (CEE Central Eastern Europe). Come una politica invece gli allargamenti si riferiscono ai principi, obiettivi, e strumenti definiti dall’Unione con l’intento di incorporare nuovi membri. Sono tipicamente delle politiche intergovernamentali nelle quali gli stati membri detengono un monopolio decisionale e la Commissione ha un ruolo delegato di monitoraggio. Mentre il EP approva l’accesso del nuovo membro attraverso la procedura del consenso. LA STORIA DELL’ALLARGAMENTO: 5 round di adesione hanno aggiunto 22 membri agli originali 6 e hanno portato ad un conteggio della popolazione complessivo di 500 milioni di persone. Ogni round raggruppa stati sotto dinamiche geografiche, infatti sono chiamati: • Northern enlargement, • Mediterranean enlargement, • EFTA enlargement (Austria, Finlandia, Svezia), • Eastern enlargement, • The Balkan enlargement; ognuno è stato diverso per gli interessi politici ed economici intrinseci che hanno effetto sia sull’Unione che sui suoi membri. NORTHERN ENLARGEMENT: 1973 con l’adesione alla Comunità Economica Europea di Danimarca, Irlanda e Regno Unito. Le votazioni degli stati membri all’accesso dei paesi vennero caratterizzate dai due veto posti dalla Francia all’adesione dell’UK. Il primo allargamento illustra il meccanismo che poi si ripeterà successivamente, ovvero una relazione asimmetrica fra UE stati in richiesta di adesione. Inoltre l’accesso di due stati “euroscettici” come UK e Danimarca ha sfidato l’approccio pro-integrazione dei 6 fondatori mentre il significato politico consegnato dall’UK fu la riunificazione dell’assetto Franco-tedesco. La istituzionalizzazione del Consiglio Europeo del 1974 fu, in linea generale, la risposta Franco-tedesca a questa sfida. MEDITERRANEAM ENLARGEMENT: due step – Grecia nel 1981; Portogallo e Spagna nel 1986. Anche la Turchia ha fatto richiesta nel 1959 ma le negoziazioni furono sospese a luce dell’intervento militare nel 1970 con l’invasione di Cipro. Tutti gli stati avevano appena finito la transizione democratica, e per la Spagna significava un ritorno in Europa dopo l’isolamento autoimposto dal dittatore Franco. Anche durante 50 monetaria, ...). La commissione porta avanti uno screening dell’acquis per familiarizzare con ciò richiede allo stato e valutare il suo grado di preparazione. Il processo rimane intergovernativo, come l’apertura e la chiusura dei capitoli di negoziazione che richiede l’unanimità dei 28 stati. Anche se il termine “negoziazione” è un termine errato perché gli stati candidati non possono modificare la sostanza nelle negoziazioni ma solo la tempistica che riguarda la implementazione dell’acquis. Dopo che i vari capitoli sono negoziati il Trattato di Adesione deve essere approvato dall’EP e deve essere ratificato da ogni Stato Membro e dallo stato applicante in accordo con i requisiti costituzionali di ognuno. In diversi casi gli stati devono sottoporre la decisione a Referendum. COME SPIEGARE L’ALLARGAMENTO (secondo le teorie): NEO-FUNZIONALISMO: mentre il neo-funzionalismo fu il primo tentativo di spiegare l’integrazione europea questo non pose la stessa attenzione al fenomeno dell’allargamento. Questo perché ai tempi del primo allargamento la teoria aveva perso diffusione tra gli studiosi. Nel 1990 la ripresa teorica ha dato vita ad alcune teorizzazioni a riguardo. Il neo-funzionalismo spiega 3 aspetti dell’allargamento che sono: l’allargamento come processo, il ruolo delle istituzioni sovranazionali e l’integrazione funzionale.  L’allargamento come processo graduale riflette la logica neofunzionalista della irreversibilità di un processo in cui, come lo è il risultato delle negoziazioni, il pieno acquis è imposto sui nuovi membri;  Durante l’allargamento la Commissione gioca un ruolo di primo piano nel gestire il processo di negoziazione con lo stato applicante, e provvede il report annuale sui progressi effettuati. Questo ruolo propositivo è evidente nella promozione del Dialogo Sociale Europeo nei paesi dell’EEC. La Commissione ha tradizionalmente supportato il processo di allargamento per proteggere il suo ruolo leader nell’area decisionale.  Il neo-funzionalismo conta sul ruolo dei gruppi di interesse europei di supportare l’allargamento e coordinare con il loro ruolo in modo transnazionale i nuovi membri potendo creare programmi finanziati dalla Commissione per promuovere e supportare i gruppi di interesse dei paesi. INTERGOVERNATIVISMO LIBERALE: i contributi sono duplici:  Da un lato si concentra sulla prevedibilità dei motivi socio-economici come fattori che informano sulle preferenze nazionali – in sostanza mostrano i costi e benefici dell’interdipendenza socio- economica e informano gli stati membri e candidati se supportare l’allargamento, Applicazione di adesione inviata al Consiglio Il Consiglio invia l’applicazione in Commissione La commissione prepara l’AVIS o opinione La decisione del Consiglio per iniziare le negoziazioni (unanimità) Il processo di SCREENING della Commissione Negoziazioni portate avanti dalla Presidenza sul framework già prodotto Commissione, EP e stati membri approvano il risultato delle negoziazioni Lo stato applicante e gli stato membri ratificano il Trattato di Adesione 51  Dall’altro lato si focalizzano su come gli stati si accordano principalmente utilizzando approccio intergovernativo. Infatti, i paesi che maggiormente ci guadagnano dall’adesione di nuovi stati, come Germania e il Regno Unito, supportano un allargamento rapido e integrale, mentre i paesi in competizione per l’ottenimento di finanziamenti europei preferiscono un approccio meno inclusivo. COSTRUTTIVISMO SOCIALE: studia due questioni: 1) Perché gli stati membri accettano gli allargamenti orientali, 2) Perché gli stati candidati all’accesso concordano nell’aderire all’acquis comunitario? Per prima cosa i valori liberali dell’Unione spingono gli stati a condividere la propria identità nel sistema internazionale in modo che altri possano aderirne. Ma anche perché la particolare identità europea sugli stati terzi crede in una responsabilità speciale per la reintegrazione delle popolazioni che sono state involontariamente escluse dall’integrazione. In terzo luogo, viene usato il linguaggio dell’insegnamento sociale e della diffusione delle norme per esprimere come le riforme di adattamento all’adesione prendono piede. Vengono poste le élite a capo dei processi di emulazione dei modelli istituzionali europei attraverso progetti gemellari che permettono la diffusione di expertise ed esperienze seguendo il modello occidentale. GLI ALLARGAMENTI FUTURI: diversi problemi sono creati dall’allargamento sia nel breve termine che nel lungo termine. Per prima cosa la fatica creata dall’allargamento orientale è evidente, e il supporto ad ulteriori allargamenti rimane basso. Secondo alcuni dati statistici un’alta percentuale di rispondenti europei ora è contraria ad ulteriori allargamenti (49%) rispetto a chi li supporta (37%). E più preoccupante è il fatto che l’allargamento non è supportato anche dai cittadini degli stati candidati come in Turchia, Islanda. In secondo luogo, sebbene ci siano dei segnali positivi, i progressi degli stati candidati sono generalmente disattesi. Questo risulta da 3 fattori: il grande costo di adozione, il lascito dei conflitti come quelli etnici in Serbia, Bosnia ed Erzegovina (questione Kosovo v. Serbia), questioni liberali attuali. In terzo luogo, c’è evidenza di una profonda nazionalizzazione o il rafforzamento della sua influenza sugli stati membri nelle policy di allargamento che tengono in ostaggio i processi intergovernativi. In quarto luogo il crescente supporto ai partiti populisti euroscettici nella maggioranza degli stati membri, che vedono un allargamento come una fonte di insicurezza in questioni come immigrazione e zoppicante welfare ciò rende ancora più politicizzato il processo. Juncker ha affermato “l’unione ha bisogno di prendere una pausa dall’allargamento” e che non sono previsti ulteriori allargamenti nei prossimi 5 anni. Infatti, questi sono scomparsi dall’agenda politica della Commissione e spesso sono rinominati con: Politiche europee di vicinato e negoziazioni di allargamento. Cinque, la crisi economica ha avuto le sue conseguenze. Ha rallentato il processo di convergenza economica fra i nuovi e i vecchi stati, e ha avuto un effetto particolarmente negativo su alcuni. Ad esempio, Serbia e Bosnia hanno dovuto ricorrere agli aiuti del FMI per assistenza finanziaria. In più la crisi dell’eurozona ha incrementato preoccupazioni fra gli stati ue sulle limitazioni finanziarie e i nuovi flussi migratori associati all’allargamento. Per ultimo, la Russia ha sempre intravisto l’allargamento degli stati ex-sovietici in ue come meno problematico che quello rivolto direttamente alla NATO. Altresì l’annessione della Crimea e la Guerra civile in Ucraina, il coinvolgimento della russia in Siria hanno teso le relazioni fra UE e Russia come testimoniato dalle sanzioni economiche europee apposte alla Russia attraverso la limitazione delle importazioni di cibo. 52 THE EUROPEAN UNION’S FOREIGN, SECURITY, AND DEFENCE POLICIES CFSP: Common Foreign And Security Policy CSDP: Common Security and Defence policy Serie di tensioni tra stati intergovernativisti e integrazionisti. Tradizionalmente nella visione vestfaliana le relazioni internazionali sono un sistema di stati sovrani indipendenti con una politica estera e di difesa legata alla sovranità statale. La cooperazione è vista come minatoria della propria indipendenza e dell’interesse nazionale permanente. In contrasto gli integrazionisti intravedono nella creazione della CFSP e CSDP una naturale estensione delle funzioni europee come un attore internazionale combinando il soft power economico con un significato militare in modo da adempiere alle sue responsabilità. Una seconda tensione vi è fra stati Atlanticisti ed Europeisti – su di un lato ci sono gli stati europei che vorrebbero una NATO più forte e la presenza americana sul territorio, mentre sul secondo lato, stati come la Francia, che promuovono una sicurezza europea indipendente e strutture difensive alternative a quelle NATO come un modo per bilanciare il potere di influenza internazionale americano. Infine, c’è tensione fra gli stati maggiormente interventisti, come Francia e UK e quelli che tradizionalmente non lo sono come la Germania. Il predecessore della CFSP la European Political Cooperation EPC non aveva compiti di produzione di politica estera. Inoltre, il collasso dell’Unione Sovietica aveva cancellato il bisogno di sicurezza nella “buffer zone” fra la Russia e l’oriente il ché ha permesso a stati come Svezia, Finlandia e Austria di sottoscrivere l’adesione alla UE. Con il TEU siglato a Maastricht ed entrato in effetto nel 1993 la Unione ha intrapreso i primi passi nella cooperazione nella politica estera, di sicurezza e di difesa. Ha stabilito che la CFSP doveva coprire tutte le aree di politica estera e di sicurezza e a quel tempo doveva lavorare attraverso la creazione di una politica comune e condivisa dagli stati. Il trattato aveva delineato i principali obiettivi dell’CSDP per salvaguardare i valori comuni, gli interessi fondamentali, indipendenza e integrità dell’Unione. “per rafforzare la sicurezza della unione, per promuovere la cooperazione internazionale e rafforzare la sicurezza internazionale e infine, sviluppare e consolidare la democrazia, la rule of law e il rispetto dei diritti umani. Il trattato inoltre stabiliva i 3 PILASTRI: per rendere funzionante e salvaguardare il carattere intergovernativo della CFSP. Il secondo pilastro, all’interno CFSP, era sotto il controllo del Consiglio europeo ed prevedeva piccolissimi coinvolgimenti delle altre istituzioni europee. Inoltre il processo decisionale in seno alla politica estera rimaneva alla unanimità degli Stati, consegnano ai governi la possibilità di veto su qualsiasi iniziativa e operazione. Il Trattato individuava due fonti per le relazioni esterne europee: la prima era una politica estera indipendente dello stato membro e la seconda era la cooperazione attraverso il framework dell’CFSP dove gli stati membri dovevano informare e consultarsi fra di loro. Poi il Consiglio stabiliva una posizione comune che i governi nazionali dovevano appoggiare. Durante gli anni della CFSP pochi obiettivi erano stati perseguiti, era difficile collaborare. E spesso le posizioni comuni risultavano deboli riflettendo un denominatore comune di bassa politica. Seguentemente, durante il Consiglio europeo di Amsterdam del 1997 vennero confermate le previsioni del Trattato ma lo innova introducendo: - L’astensione costruttiva: una procedura che permette a meno di un terzo degli stati membri di fare opt out da una azione congiunta senza porre un veto su l’intera azione. Questa venne poi sostituita dalla cooperazione rafforzata nel Trattato di Lisbona. - Crea una nuova istituzione CFSP a Bruxelles ovvero l’Alto Rappresentante per la CFSP. Il HR divenne la testa dell’Unità di Pianificazione Politica E Allerta Preventiva e per agire come una Segretario Generale del Consiglio europeo. 55 • Operazione Concordia: militare in Macedonia, nella forma di missione di peacekeeping FYROM. Le 357 truppe utilizzate nell’operazione hanno incluso partecipanti provenienti da tutti gli stati membri ad eccezione di Irlanda e Danimarca. • Nello stesso anno una seconda operazione militare è stata intrapresa all’esterno dell’eu nel continente africano, l’operazione Artemis nella Repubblica Dem. Del Congo DRC. Ciò dimostra la volontà e la capacità dell’eu anche nelle operazioni militari, poiché la maggioranza delle operazioni sono state civili con un particolare focus su quelle di SECURITY SECTOR REFORM SSR, e di polizia e rule of law. Le operazioni SSR e di polizia sono diventate quelle caratteristiche proprie dell’Unione con attività di peacekeeping e gestione di crisi post-conflitto. Le decisioni sullo scopo, durata e grandezza della missione è posto dal mandato deciso dal Consiglio Affari Esteri, e questo può essere allungato nel tempo. Per esempio, in EUNAVFOR (operazione Atalanta in Somalia) il mandato fu esteso per tre volte tra il 2008 e il dicembre 2016. Quindi i primi 6 anni di CSDP furono sorprendentemente movimentati durante i quali la UE ha lanciato ¾ delle missioni totali. Questa attività poi venne seguita da un periodo di “mission fatigue” specialmente per le missioni militari. Questo ha conciso poi con la ratifica del Trattato di Lisbona nel 2009 – in cui si riprese un certo interesse soprattutto nei riguardi del continente africano. Dal 2010 9 missioni sono state lanciate in Africa principalmente nella regione del Sehel nel corno d’africa e nella Repubblica Centrafricana. L’unica operazione al di fuori del continente africano fu EUAM in Ucraina sempre di tipo SSR nel 2014. Differenze tra operazioni civili e militari:  Civilian missions: sono finanziate dal budget europeo (diviso fra gli SM) ma possono creare problemi nello staff che le compone perché avendo personale civile, come ufficiali di polizia e giudici, non possono essere nominati al dispiegamento come uno staff militare ma sono impiegati su base volontaria, lasciando quindi il proprio impiego in nazione.  Nelle missioni militari invece, tutto il costo della missione e il pagamento del personale ricade sugli stati membri. Normalmente la UE prevede un piccolo budget per i costi di comunicazione. Ciò diventa spesso troppo ingente per poter essere affrontato dagli stati. Tutte le operazioni militari sono richieste dagli stati che accolgono, e con il supporto del mandato delle UN. La richiesta di operazioni è molto alta rispetto alla capacità della CSDP e del numero di missioni lanciate. Questo dimostra che c’è la percezione che la UE può essere d’aiuto. Spesso le missioni sono state criticate per avere ambizioni limitate o mandati neutrali, ma hanno tutte raggiunto i loro scopi civili/militari. NORMATIVE POWER EUROPE NPE: normativo in virtù del suo carattere ibrido, visto come standard su come dovrebbe essere una organizzazione internazionale. In più è normativa per via del suo approccio alla politica estera e di sicurezza guidata da principi, come i diritti umani universali, democrazia e diritto internazionale. 56 IL MERCATO UNICO PROSPETTIVA STORICA: nell’arco di un anno dalla Conferenza di Messina del 1955 alla Conferenza di Venenza del 1956 l’idea della unificazione economica fra i 6 membri fondatori ha preso piede. Dopo un mese di discussioni lo Spaak Report ha generato l’idea di una nuova relazione economica fra stati come la base della negoziazione di nuovi trattati. 3 elementi: 1) Stabilimento di standard normali per la competizione attraverso l’eliminazione delle barriere, 2) Il taglio dell’intervento statale e delle condizioni di monopolio, 3) Misure per prevenire la distorsione della concorrenza che includono una possibile armonizzazione della legislazione a livello europeo. L’intento economico si incastra con l’agenda federalista: una unione doganale, con abolizione delle dogane fra gli stati membri e applicazione di medesime tariffe (Common External Tariff 1968) sul commercio rivolte verso i paesi terzi che non fanno parte dell’Unione Economica. La riduzione delle tariffe interne venne frequentemente estesa anche a paesi terzi in modo la limitare gli effetti discriminatori sull’unione doganale e svolsero un ruolo politico per l’allargamento della Comunità. Il trattato stabilisce 4 libertà caratteristiche del mercato unico: libero movimento di capitale, di beni, di servizi e di lavoro. Contrasti fra ideologie interventiste e del laissez faire continuano tuttora. L’impegno alla partecipazione del mercato comune era bilanciato dall’accettazione del dirigismo e intervento delle agenzie statali e dei monopoli nazionalizzati e ciò creava tensioni fra “capitalismo regolato” e “neoliberismo” (diverse forme di capitalismo). Due cambiamenti importanti: emergere del principio di RICONOSCIMENTO RECIPROCO (mutual recognition) e l’incremento dell’ATTIVITA’ GIUDIZIALE della Corte di Giustizia dell’EU CJEU. La comunità aveva proposto una politica di armonizzazione (o standardizzazione) che provvedeva a far luce sull’opposizione agli sforzi per regolare le tradizioni, costumi e pratiche nazionali diverse. L’utilizzo dell’unanimità per prendere le decisioni risultava estremamente difficile, così si introdusse un nuovo modo di governance nel momento in cui venne riconosciuto il principio del mutual recognition. Questo principio permetteva agli stati membri di riconoscere la equivalente regolazione. Poiché gli stati membri non riconoscevano incondizionatamente l’equivalenze delle nrome loro si preservavano il diritto di rafforzare la regolazione nazionale su considerazioni di interesse generale. Senza il principio di MR e assenza di regolazione di prodotti e procedimenti standard poteva portare ad una “corsa a ribasso” negli standard sociali e ambientali poiché ogni stato cerca di attirare investimenti diretti esteri e raggiungere un vantaggio nella competizione significativo attraverso anche il dumping sociale. Una cospicua parte di misure che hanno contribuito alla formazione del mercato unico vanno all’attivismo giudiziale della Corte di Giustizia. Poiché a confronto con le caratteristiche economiche europee diverse aziende hanno cercato risarcimenti attraverso il sistema giudiziario europeo e alla corte è stato chiesto di imporre restrizioni sulle importazioni imposte dagli stati membri che erano legittimate dal Trattato. Ad esempio: le proibizioni italiane sulla vendita di pasta non fatta da grano duro, o le regole tedesche sulla vendita dei prodotti definiti birra che non sono composti di particolari ingredienti, od anche la regolazione belga sulla vendita di margarina solo in contenitori cubici per prevenire la confusione con il burro che era invece venduto in contenitori sferici. SENTENZA DASSONVILLE (importazione di whisky francese in Belgio – venne accusata dalle autorità belghe per la violazione di regole nazionali che proibiscono l’importazione da uno stato terzo senza la corretta documentazione): Dassonville, sentenza di Giudizio emanato dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea l’11 luglio 1974, che ha posto il divieto agli Stati membri della CE di introdurre dazi doganali e misure di effetto equivalente negli scambi. Essendo la nozione di misura equivalente a una restrizione quantitativa piuttosto vaga, la Corte, nella sentenza di D., ha deciso di assimilare a essa «ogni normativa commerciale 57 degli Stati membri che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari». In particolare, ha stabilito che imporre ai prodotti degli altri Stati membri le norme tecniche del Paese di importazione, senza una valida giustificazione, equivale a stabilire una misura equivalente, in quanto si penalizzano i prodotti importati. La mancanza di armonizzazione comunitaria non può giustificare questo atteggiamento, che equivale a ostacolare la libera circolazione delle merci, basata, in tema di mercato interno (➔ ), sul principio del mutuo riconoscimento (➔), da parte degli Stati membri, delle rispettive normative. SENTENZA CASSIS DE DIJON: Nel 1976, l'azienda tedesca Rewe aveva richiesto il permesso di importare diversi liquori (tra cui il Cassis) per venderli nei propri supermercati in Germania. L'organo competente in materia, la Bundesmonopolverwaltung für Branntwein, ente federale amministrativo delle acquaviti in Germania, comunicò all'azienda che non erano necessari permessi di importazione, ma aggiunse che il liquore non poteva essere commercializzato in Germania, dato che il suo tenore alcolico (dal 15% al 20%) era inferiore al minimo prescritto dal diritto tedesco per i liquori (32%). La Corte considerò che il liquore veniva prodotto conformemente alle norme legali di un paese comunitario, la Francia, e che gli ostacoli imposti alla libera circolazione dei beni all'interno della CEE potevano al massimo essere giustificati da interessi generali da parte del Paese interessato dall'importazione (c.d. esigenze imperative). A tali interessi potevano corrispondere le esigenze di salute pubblica, ma proprio in questo contesto giocava un ruolo non trascurabile il fatto che il tenore alcolico del Cassis fosse modesto. La Corte sentenziò infine che quella limitazione imposta dallo stato non era giustificata da alcun interesse generale; la ditta vinse quindi la causa contro l'amministrazione tedesca. Il principio del mutuo riconoscimento implica che solo nelle aree in cui non vi erano equivalenti regolazioni gli stati membri potevano invocare le restrizioni nazionali, pratiche e tradizioni e restringere quindi il libero commercio nella Comunità. Le uniche deroghe accettabili erano su: SALUTE PUBBLICA / CONCORRENZA LEALE / PROTEZIONE DEI CONSUMATORI basati su ragionevolezza. I governi quindi devono dimostrare che la misura restrittiva non va semplicemente a minare il libero commercio applicando quindi forme di protezionismo. SENTENZA KECK AND MITHOUARD: alle modalità di commercializzazione dei prodotti, quali, per es., luogo e orario di vendita, pubblicità, vendita a domicilio, la Corte, con la sent. Keck e Mithouard del 24.11.1993 (cause riunite C-267/91 e C-268/91, in Racc., I-6126) ha operato una significativa innovazione nella sua giurisprudenza escludendo dalla nozione le disposizioni nazionali che limitino o vietino talune modalità di vendita, sempre che non siano nemmeno indirettamente discriminatorie e non ostacolino l’accesso al mercato per i prodotti importati. Quindi esclude un giudizio della Corte ad esempio sulla vendita di domenica, le ore di chiusura e altre materie se hanno un effetto molto limitato sul mercato unico e che riflettono norme nazionali, sociali e culturali. SENTENZA VIKING LINE ABP: ribadisce l’importanza della libertà di movimento e stabilimento dei servizi sui diritti sociali e dei lavoratori per l’integrazione economica. L’attivismo giudiziario ha quindi concesso alle compagnie il diritto a scegliere le regolazioni meno restrittiva nell’ambiente nazionale. SENTENZA COWAN: La libera circolazione delle persone sulla base del diritto comunitario, dapprima prevista a favore dei soli lavoratori subordinati e autonomi, è stata nel tempo estesa a opera della Giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee anche ai destinatari di servizi: si pensi ad esempio ai turisti e ai soggetti che usufruiscono di trattamenti medici all’estero. A questi viene riconosciuto un diritto di ingresso e di soggiorno ricollegato al loro status di soggetti che circolano al fine di ricevere una prestazione economicamente valutabile. Il cittadino può poi decidere di circolare anche per un periodo di tempo più lungo, esercitando una vera e propria attività economica stabile: in tal caso il soggetto sarà sottoposto a regole diverse a seconda che si tratti di lavoratore subordinato o di lavoratore autonomo, sulla base dei principi sanciti dagli artt. 39 e ss. e 43 e ss. del Trattato istitutivo delle Comunità europee (TCE) (v. Trattati di Roma). 60 LA DIMENSIONE SOCIALE DELLA UE Structural Fund: fondi regionali per questioni sociali, agricole, di coesione e fondi regionali. Ciò avviene dentro la cd. Dimensione sociale dell’integrazione europea = tutti quegli atti portati avanti sotto il capitolo della sociali policy presente nel trattato. Secondo il trattato di roma la social policy rimaneva un affare nazionale. Il trattato non prevedeva la europeizzazione delle politiche sociali perché troppe delegazioni si sono opposte durante le negoziazioni. Alla fine un compromesso fu trovato ma non include una esplicita competenza della European Economic Community EEC per l’armonizzazione sociale attiva. La filosofia dominante nel 1957 era che lo sviluppo del welfare sarebbe stato conseguenza della crescita economica e quindi della liberalizzazione del mercato e non quindi di politiche redistributive. Però il trattato contiene alcune piccole concessioni per alcune delegazioni più interventiste. Ad esempio sul principio dello stesso salario ad entrambi i sessi, il mantenimento della esistente equivalenza tra i regimi di ferie retribuite e lo stabilimento del Fondo Sociale Europeo. Paradossalmente però le uniche competenze che possedeva la Comunità eco. Non erano nel capitolo di policy sociale ma nella Parte seconda, sui fondamenti della Comunità che contenevano previsioni sul libero movimento di lavoro, beni, servizi e capitali. In particolare riconoscendo il diritto ai lavoratori di non subire discriminazioni nelle aree di impiego, remunerazione e altre condizioni lavorative (ora articolo 45 TFUE). Joint Decision Trap: ogni governo poteva apporre il veto sulle questioni sociali, e si risultava in una trappola decisionale. Nel 1987 l’Atto Unico Europeo SEA è entrato in vigore. Ma l’europeizzazione dell’area sociale rimane controversa. Solo una eccezione è stata introdotta: su l’armonizzazione dei diritti di salute e sicurezza sul lavoro ha previsto una modifica all’uso dell’unanimità e prevede la possibilità di utilizzo della QMV dei membri del Consiglio. Nel 1991 con la IGC precedente al Trattato di Maastricht. Comunque, sotto il requisito dell’approvazione unanime dei 12 membri le decisioni sociali non potevano alterare significativamente poiché si paventava forte opposizione della UK. Così all’interno della IGC alla UK venne garantino un opt-out dalle misure sociali. Così il Protocollo sulla Politica Sociale venne annesso al Trattato e tutti i membri ad eccezione dell’UK erano autorizzati a usare le istituzioni, procedure, meccanismi del trattato per l’implementazione dei loro “Agreement on Social Policy” chiamato a volte Social Chapter. Rimangono escluse comunque decisioni riguardo: il diritto di associazione, il diritto allo sciopero e il diritto ad imporre la serrata. Inoltre il QMV è stato esteso a molte più materie. L’unanimità è rimasta solo per materie di sicurezza sociale, protezione sociale dei lavoratori, protezione dei contratti a tempo determinato, la rappresentanza collettiva in difesa degli interessi di lavoratori e datori di lavoro inclusa la co-determinazione, condizioni di impiego per lavoratori con nazionalità di terzi paesi (non EU) legalmente residenti nella Comunità, e la contribuzione finanziaria per la promozione dell’impiego e la creazione di lavoro. Un'altra innovazione fu sotto il Trattato di Amsterdam un nuovo capitolo sulle policies di impiego provvedendo l’armonizzazione delle leggi nazionali sulla base di linee guida e report di verifica. Il trattato di Nizza non appronta notevoli modifiche, se non in alcuni campi prevedere la decisione secondo la decisione di co-procedura ora chiamata la OLP Ordinary Legislative Procedure. Il trattato di Lisbona invece, provvede sicurezza sociale per i lavoratori migranti come unica nuova materia in cui applicare il QMV nel Consiglio. LO SCOPO DELLO SVILUPPO DELLA POLITICA SOCIALE EUROPEA: i governi intravedevano nella materia sociale una estensione dell’integrazione europea. 3 campi di regolazione sociale: salute e sicurezza; altre condizioni lavorative; eguaglianza nel posto di lavoro e altrove. 61 1) Salute e sicurezza a lavoro: direttive includono la protezione dall’esposizione dei lavoratori alle emissioni inquinanti, carichi pesanti e rischi chimici, fisici e biologici. 2) Sulle condizioni lavorative: protezione dalla ridondanza collettiva, il trasferimento dell’impresa e insolvenza dei datori di lavoro. O condizioni contrattuali. 3) Sull’equality la Corte di Giustizia dell’Ue è tradizionalmente stata l’attore maggiore provvedendo diverse interpretazioni sulle misure domestiche toccate. EUROPEAN SOCIAL FUND: previsto dal trattato di roma, co-finanzia i progetti per favorire l’accesso al mondo del lavoro dei giovani, sia dei disoccupati sia risolvendo la differenza di genere nel mercato. Tra il 2014 e il 2020 ha stanziato 80 bilioni di euro. Addizzionalmente il Cohesion Fund finanzia progetti ambientali e costruzione di infrastrutture inter-stato con un GDP di poco minore del 90% della media europea. European Globalization Adjustement Fund EGF: aiuta i lavoratori a trovare un nuovo lavoro vedendo al cambiamento del mercato su scala globale. Questo è operativo dal 2007 con 500 milioni di euro all’anno a sua disposizione. THE OPEN METHOD OF COORDINATION (metodo aperto di coordinamento): uno stile di soft governance, come sviluppo nel campo delle politiche di impiego. Il trattato di Amsterdam lo formalizza, e ogni anno l’UE adotta linee guida su politiche d’impiego. La specificazione e l’implementazione è lasciata agli stati nazionali in modo che la situazione domestica e partiti politici secondo le loro preferenze possono prendere le linee guida in considerazione. Allo stesso modo gli stati membri devono presentare report regolarmente su come possano essere raggiunti gli obiettivi e perché hanno scelto particolari strategie nei loro Piani D’azione nazionali NAPs. Il metodo è stato integrato in un complesso sistema di finanziamento e controllo: il Semestre europeo, dove gli stati membri, in particolare quelli dentro un programma di salvataggio o con un’eccessiva sproporzionalità economica o deficit, non sono pienamente autonomi nella loro spesa pubblica, inclusiva quindi di tematiche sociali e di salute e la Commissione può imporre per ultima fini su questi paesi. PARTNERSHIP SOCIALE: sullo stile corporativista. Include non solo attori pubblici ma anche gruppi di interesse e co-attori decisivi. Con Trattato di Maastricht le decisione governative nell’Consiglio dei ministri eu sono formate da contrattazioni collettive fra i maggiori gruppi di interesse e i gruppi federati con una Comunità corporativista nelle politiche. I Partners sociali sono quelli che rappresentano gli interessi dei lavoratori e imprenditori europei in grado di negoziare accordi collettivi e giocare un ruolo fondamentale nel Dialogo Sociale Europeo. L’AREA DI LIBERTA’, SICUREZZA E GIUSTIZIA AFSJ: Area of freedom, security and justice. Dopo la seconda guerra mondiale l’europa orientale è diventata un’area di immigrazione, i movimenti trans-frontalieri sono aumentati, rafforzando il pattugliamento delle frontiere e causando ritardi nei punti di entrata. Ciò ha naturalmente rafforzato la comunicazione tra le regolazioni nazionali e la rivitalizzazione dell’agenda politica sul tema nella ratifica del SEA (Single European Act) nel 1986. Poter garantire la libera circolazione delle persone all’interno della ue doveva essere assicurata attraverso confini esterni con coerenti regole di accesso. Sono stati classificati 3 gruppi di persone in relazione allo spostamento in europa: i cittadini della comunità, e dopo Unione, i residenti in Ue da tanto tempo provenienti da paesi terzi (che hanno permessi di lavoro e residenza) e nazionalità terze THIRD-COUNTRY NATIONALS TCNs come lavoratori migranti e rifugiati entrati nel territorio europeo. Gli sforzi alla cooperazione sono stati lanciati non dall’Unione ma dal Consiglio d’Europa COE la cui membership è formata da tutti gli stati del continente europeo da est ad ovest. 62 TREVI GROUP: nel 1975 in una assemblea informale ha discusso del terrorismo trans-frontaliero proponendo una stretta cooperazione tra le autorità europee. L’incontro si è concluso con delle consultazioni non vincolanti, su crimine internazionale inclusivo di narcotraffico e traffico d’armi. L’ESPERIMENTO SCHENGEN: nel 1985 un numero di stati europei decisero di accordarsi in un sistema che potesse connettere forze di polizia e autorità di frontiera. I paesi: Belgio, Olanda, Lussemburgo, Germania, Francia e Italia crearono: Schengen information System (SIS) un database condiviso che contiene informazioni (come dati sul crimine e richieste di asilo), accessibile dalla legge nazionale. Uno dei vantaggi del sistema era che potevano ridursi le richieste di asilo multiple potendo essere fatte in un solo paese. Inoltre provvede alla creazione di policy sul visto europeo potendo introdurre un visto uniforme. Lo Spazio Schengen (detto anche Area Schengen o Zona Schengen) è un'area che comprende 26 Stati europei che, in base all'acquis di Schengen, hanno abolito i controlli sulle persone alle loro frontiere comuni, che sono state sostituite da un'unica frontiera esterna e funzionano quindi, dal punto di vista dei viaggi internazionali, come un unico paese. Lo spazio Schengen rappresenta quindi un territorio dove è garantita la libera circolazione delle persone.[1] Allo Spazio Schengen aderiscono 22 Stati su 28 dell'Unione europea; gli Stati membri che hanno deciso di non aderire allo Spazio Schengen sono il Regno Unito e l'Irlanda, in base a una clausola di opt-out, mentre quattro altri paesi (Cipro, Croazia, Romania e Bulgaria) hanno sottoscritto la Convenzione di Schengen ma per essi non è al momento ancora in vigore, poiché non hanno ancora attuato tutti gli accorgimenti tecnici previsti nella pratica; in via provvisoria, mantengono tuttora i controlli alla frontiera delle persone. Gli stati terzi che partecipano a Schengen sono Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein, che hanno firmato la Convenzione di Schengen; a questi si aggiungono infine il Principato di Monaco che fa parte dell'Area Schengen tramite la Francia e altri due (San Marino e Vaticano) che fanno parte di Schengen di fatto in concomitanza con l'entrata in vigore della Convenzione di Schengen in Italia: con essi il numero degli Stati componenti l'area Schengen sale de facto a 29. MAASTRICHT E IL TERZO PILASTRO: Justice and Home Affairs JHA è incorporato nel terzo pilastro. Nel trattato sull’unione europea TUE vengono identificate delle aree di “interesse comune”: politiche di asilo, regole applicabili all’attraversamento dell’Unione dall’esterno, politiche migratorie, gestione nelle nazionalità dai paesi terzi, battaglia alla droga e al narcotraffico, tracciamento di frodi internazionali, cooperazione giudiziaria in materie civili e criminali, cooperazione di frontiera, cooperazione nelle operazioni di polizia per combattere e prevenire il terrorismo internazionale, cooperazione di polizia per tracciare il crimine internazionale. Queste aree sono state delineate attraverso un compromesso tra stati, e mentre tutti erano d’accordo sulle materie gli stati si divisero per come si potesse attuare la copertura. Alcuni sostengono che il pilastro dovrebbe essere gestito dal primo pilastro come una politica sovranazionale; altri preferiscono far rimanere questo campo sensibile al dialogo intergovernativo. Ma allo stesso tempo le istituzioni come EP e Corte di Giustizia sono state escluse dalla materia provocando critiche a metà anni ’90. Il trattato di Amsterdam ha cercato di affrontare il terzo pilastro portando l’immigrazione e l’asilo allo stesso modo della cooperazione di polizia in materia civile nel primo pilastro. Nel terzo rimane la cooperazione per materie criminali (sempre di cooperazione civile e militare) che rimane quindi intergovernativo. Schengen viene incorporato nel trattato ma non risulta una semplificazione data la sovrapposizione della membership coinvolta nell’accordo. Il trattato di Nizza ha aggiunto diversi cambiamenti alla struttura di Amsterdam e ha esteso il diritto all’inziativa condivisa alla Commissione nel terzo pilastro. Il trattato di Lisbona attua la riforma più significante della JHA. Fa progressi nella normalizzazione della domanda di policies dopo il fallito Trattato Costituzionale.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved