Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Eusebi aborto Penale II, Appunti di Diritto Penale

Approfondimento Aborto lezione Eusebi

Tipologia: Appunti

2013/2014

Caricato il 21/12/2014

hassaneinomar1
hassaneinomar1 🇮🇹

1 documento

Anteprima parziale del testo

Scarica Eusebi aborto Penale II e più Appunti in PDF di Diritto Penale solo su Docsity! Dopo la riflessione sul bene giuridico vita umana, cerchiamo di andare ora sulle legislazioni e in particolare sui profili di rilievo penalistico delle legislazioni pertinenti e sebbene tutto sommato potrebbe essere sensato dal punto di vista logico partire dal tema della fecondazione, dal punto di vista storico invece è bene prendere in considerazione primariamente la legge 194/1978, cioè la legge che rievoca “tutela sociale della maternità e interruzione volontaria della gravidanza”. Qualche premessa e poi andiamo ad analizzare il testo e vediamo quale costruzione viene data in quella legge di ipotesi di non punibilità dell’interruzione della gravidanza. Innanzitutto quale premessa? Siamo assolutamente tutti d’accordo, tutti i professori di diritto penale di questa università cattolica che uno strumento adeguato di prevenzione dell’aborto non è la minaccia della pena detentiva nei confronti della donna, quindi nessuno ha nostalgia di sistemi fondati su un tipo di prevenzione di questo genere. Detto questo però il problema è se si intende o non si intende operare una prevenzione dell’aborto o se cioè si debba ritenere acquisita una sorta di indifferenza rispetto al problema. Allora dobbiamo guardare bene un poco l’impianto normativo aggiungendo una seconda premessa. L’impianto normativo non riguarda casi rarissimi, estremi di stato di necessità, vita contro vita, dove cioè l’interruzione di gravidanza avviene in un contesto di alternativa con la vita della madre. Questi casi estremi erano comunque sempre coperti dalla norma generale sullo stato di necessità, anche prima della legge 194, quindi la legge non riguarda queste ipotesi estreme. Noi sappiamo nella stima infinita che dobbiamo alla figura femminile…noi constatiamo ogni anno degli episodi rari di grandi coraggio in cui per esempio una donna accetta dei rischi gravi pur di portare avanti una gravidanza. Il caso che oggi può dare problemi di questo genere si riduce quasi esclusivamente all’ipotesi in cui sfortunatamente durante la gravidanza intervenga una grave patologia della donna. Teniamo per altro presente che anche dinanzi a tumori, quindi problematiche di carattere oncologico abbiamo strumenti terapeutici che non superano la barriera placentale, quindi non è vero che anche in un caso di tumore a priori non si possa fare nulla. Questo per dire che le ipotesi di rischio di vita contro vita al parto se non si fanno cose naif fuori dall’ospedale sono estremamente limitate, estremamente rare. Teniamo anche presente una cosa che non attiene al penale ma all’etica. Un conto dal punto di vista etico è un aborto volontario, cioè intervenire volontariamente per porre termine alla vita del feto. Un conto è il caso in cui per contrastare una patologia della donna si provochino indirettamente dei danni al feto. Questo dal punto di vista etico è accettabile, non è l’eroismo (come abbiamo detto abbiamo sempre degli esempi straordinari di questo tipo) di chi mette in gioco se stesso per la vita del figlio, ma appunto una cosa è un intervento abortivo, altra cosa è un intervento curativo quindi con altra finalità che come effetto indiretto dovesse avere un danno al feto. Detto questo tutto sommato le strategie che potevano essere messe in gioco negli anni ’60 intorno al problema aborto potevano essere di due tipi. Una prima strategia poteva essere fondata su una legislazione molto forte di aiuto alla donna. Una seconda strategia che di fatto in gran parte dei paesi occidentali si è imposta ha creato con diverse costruzioni giuridiche ambiti di praticabilità che poi si sono rivelati molto ampi dell’interruzione della gravidanza. Quindi ha finito per prevalere questa seconda strategia che poteva essere alternativa di fortissimo, massiccio aiuto alla donna in gravidanza. Vediamo allora come si configurano e qui comincia l’argomentazione penalistica le legislazioni presenti sul piano internazionale. C’è un primo gruppo di legislazioni soprattutto di matrice anglosassone dove il legislatore prevede una praticabilità dell’aborto indicando semplicemente un’epoca della gravidanza, un così detto termine prima del quale non ci sono divieti, così detta soluzione dei termini. È chiaro che una soluzione del genere che è propria del diritto inglese e di alcuni stati degli Stati Uniti è una legislazione che annulla completamente la rilevanza della vita del feto. Come dire che entro una certa epoca della gravidanza non ci sono divieti, l’aborto è liberamente praticabile. Questa non è la posizione della maggior parte degli ordinamenti europei e dunque anche di quello italiano i quali continuano a prevedere per l’Italia agli artt 19 e ss della legge 194 l’aborto come reato. L’aborto resta reato. Se noi leggiamo gli artt 19 e ss. L’aborto resta reato ovviamente nel caso di aborto praticato su donna non consenziente, ci mancherebbe altro, ma resta reato anche se praticato su donna consenziente ma rispetto a questa fattispecie è previsto un ampio settore di non punibilità. Quindi la legge italiano come gran parte delle leggi europee mantiene reato di aborto, il delitto di aborto anche rispetto alla donna consenziente ma prevede ipotesi in cui l’aborto non è punibile e dovremmo domandarci che tipo di non punibilità è. L’aborto su donna consenziente se praticato al di fuori delle ipotesi di non punibilità è punibile sia nei confronti di chi lo pratica sulla donna sia nei confronti della donna medesima anche se qui c’è da fare una considerazione sulla pena prevista nei confronti della donna. Notiamo che stiamo parlando di un aborto praticato fuori dalle ipotesi che ai sensi della legge 194 configurano la non punibilità. La pena dei confronti della donna è della multa fino a euro 51. Allora capiamo… avevamo prima detto che nessuno ha nostalgia di un sistema di prevenzione che si fondi sulla minaccia detentiva nei confronti della donna ma noi capiamo che una monetizzazione addirittura pecuniaria rappresenta un messaggio estremamente equivoco e francamente anche offensivo nei confronti della dignità della donna oltre che della realtà esistenziale del feto. Si trovi una qualsiasi altra modalità sanzionatoria per segnalare il disvalore, ma non la monetizzazione. Erano le vecchie 100mila lire che con l’euro sono diventate fino 51. Resta dunque un delitto punito con questa strana pena pecuniaria fino a euro 51. Quello che però a noi interessa è vedere come viene strutturato l’impianto di non punibilità, quindi le ipotesi di non punibilità. Quindi abbiamo detto che la legislazione italiana come la maggior parte delle legislazioni europee e continentali non si limitano a prevedere soglie della gravidanza ma prevedono anche delle condizioni necessarie perché l’interruzione della gravidanza non sia punibile. Quindi non una soluzione dei termini come è in alcuni ambiti anglosassoni, ma una indicazione di condizioni. Questo ci fa già capire che nonostante quello che sovente si sente dire, la legge italiana non prevede una così detta autodeterminazione, cioè l’aborto non è libero, cioè discrezionale, ma è non punibile in presenza di determinate condizioni. Bisogna poi vedere se la limitazione operata da queste condizioni è realistica o meno ma questo per il momento lo lasciamo da parte. La legge italiana divide la gravidanza in tre fasi. Alla luce di quanto detto nella scorsa lezione l’evolversi della gravidanza non muta assolutamente interrogativo vediamo un altro aspetto interessante dal punto di vista penalistico. Almeno a parole la legge non si dichiara affatto indifferente all’aborto che quindi intende pur sempre prevenire tanto che nei primi novanta giorni di gravidanza, solo nei primi novanta giorni di gravidanza è previsto ai fini della non punibilità non solo che sia rispettato il termine, novanta giorni, non solo che sussistano i requisiti ( questo vale sia per la fase 1 sia per la fase 2, termine e requisiti) , ma nei primi novanta giorni è previsto anche un obbligatorio momento di dialogo con la donna. Art 5 : il così detto colloquio. La legge non usa la parola colloquio ma è quella da tutti utilizzata. L’art 5 prevede che la donna la quale ritiene di essere in presenza di quei requisiti, se si orienta a interrompere una gravidanza, deve effettuare un colloquio e quale finalità ha questo colloquio? ( citiamo le parole precise dell’art 5). Questo colloquio ha la finalità di aiutare la donna a rimuovere le cause che la porterebbero all’interruzione della gravidanza. Quindi un colloquio con finalità preventiva. Una finalità quindi che non attiene alla gestione della fertilità. Qui il concepimento c’è già stato. La gravidanza c’è già, ma una prevenzione nel momento in cui la gravidanza c’è già, finalizzata a offrire alla donna ogni aiuto possibile sul piano materiale e sul piano psicologico almeno a parole perché possano essere rimosse le cause che la porterebbero all’interruzione della gravidanza. Notiamo che questo aspetto, art 5, dovrebbe essere l’aspetto condiviso da tutti, dovrebbe essere l’aspetto del maggior impegno di tutti perché si può dire che faccia parte del rispetto della dignità della donna, cioè il fatto che alla donna in gravidanza possa essere offerto il massimo aiuto possibile per non abortire, resta da domandarsi se questo lo facciamo o meno. Quindi vediamo che sulla carta la legge almeno rispetto ai primi 90 giorni, da un lato prevede una non punibilità, ma dall’altro lato dice che nonostante una non punibilità vuole lo stesso prevenire l’aborto attraverso però un dialogo e un aiuto con la donna. Che questo effettivamente avvenga visto che il numero degli aborti è ovviamente del tutto maggioritario nei primi novanta giorni rispetto alla fase successiva al novantesimo giorno di cui diremo fra poco, resta qualche perplessità alla luce dei numeri. Vediamo di fotografare un po’ l’entità del fenomeno aborto legale. Noi sappiamo che ogni anno è obbligatoria una relazione del ministero sull’andamento dell’applicazione della legge sull’aborto. Noi abbiamo un numero di nati soprattutto grazie agli immigrati che resta vicino al numero di 500 mila e abbiamo un numero di aborti che è tra il 115 mila e i 120 mila all’anno. Quindi un numero certamente consistente che non tiene conto poi di tutta una serie di strumenti che oggi ci sono e che portano presumibilmente ad avere un’ulteriore incidenza di abortività che sfugge al controllo della legge. Quindi pensiamo che il fenomeno è dal punto di vista della consistenza numerica estremamente significativo. Nel periodo intercorrente tra il 1978 e oggi il numero di aborti è vicino ai 6 milioni, quindi non è che siano numeri marginali. L’entità numerica maggiore fu nel 1984 con un tasso di 416 aborti ogni mille nati vivi. Oggi il tasso è diminuito ma su questa diminuzione si possono ritenere incidenti molti fattori tra cui quelli a cui si accennava prima. Allora da un lato abbiamo visto le ipotesi di non punibilità, dall’altro lato la previsione di un colloquio con finalità preventiva. Abbiamo fatto questa descrizione, poi sul colloquio torniamo per descriverlo meglio .Adesso andiamo a interrogarci dal punto di vista penale sulla configurazione della non punibilità. Cerchiamo di dare un inquadramento al problema prima introdotto. Trattandosi pur sempre del porre fine volontariamente alla vita di un individuo umano come costruisce la legge questa non punibilità? Facciamo un passaggio alla volta. In primis la legge non arriva a dire per esempio che basta una malformazione del feto per abortire. Non arriva a dire che se siamo nei primi novanta giorni basta una condizione di disagio economico sociale familiare per abortire. Perché non arriva a dire questo? E fa riferimento al pericolo per la salute fisico psichica ? Perché se la legge avesse detto che basta una malformazione per abortire o che basta un disagio economico avrebbe sovvertito l’impianto dell’art 2 della costituzione. Ricordiamo che quando parlavamo della pena, l’art 2 insieme all’art 3 della Costituzione in sostanza dicono che i diritto inviolabili dipendono esclusivamente dalla esistenza in vita. I diritto inviolabili non dipendono da un giudizio sulle tue condizioni esistenziali. Ne avevamo parlato quando avevamo criticato il concetto di giustizia come reciprocità dei comportamenti. Richiamiamo rapidamente i concetti. Dopo avere indicato che la repubblica riconosce i diritti inviolabile, cioè non è lo Stato, non è la legge che istituisce i diritti. I diritti sono pertinenti all’esistenza dell’uomo, lo Stato è servente rispetto ai diritti. Capiamo l’enorme salto di qualità rispetto al totalitarismo e anche rispetto all’impianto liberale della nostra Costituzione; non è l’ordinamento giuridico che concede discrezionalmente i diritti, ma i diritti ( quelli inviolabili ovviamente) sono coessenziali alla esistenza dell’individuo. La Repubblica li riconosce. Tanto che all’art 3 si dice : la dignità sociale – cioè la spendibilità di quei diritti nei rapporti con gli altri, il riconoscimento di quei diritti nei rapporti con gli altri- non dipende (fa quattro esemplificazioni e poi dà due concetti generali) non dipende da lingua, razza, sesso, religione ( poi dopo le quattro esemplificazioni) , non dipende dalle condizioni personali e sociali; cioè i diritti inviolabili non dipendono dal fatto che tu sia ricco , povero, sano, malato, ignorante, all’inizio della tua vita, oppure un malato terminale, non dipendono nemmeno dal fatto che tu sia onesto o ergastolano; i diritti inviolabili non dipendono da un giudizio sulle tue qualità o sulle tue capacità. Ecco che se la legge sull’aborto avesse detto che basta una malformazione per abortire e tanto più ovviamente se avesse detto come la legge inglese che l’aborto è puramente discrezionale, non c’è bisogno di nessun requisito, l’impianto dei diritti inviolabili dell’uomo della Costituzione sarebbe stato completamente sovvertito. Avrebbe dovuto dire: se se all’inizio della tua vita e se sei malato non hai diritto a vivere; se la tua esistenza è iniziata in un contesto genitoriale con difficoltà economiche non hai diritto a vivere e questo la Corte Costituzionale non lo poteva dire. E allora si introduce il concetto di pericolo per la salute fisico- psichica. Come dire: l’aborto non si fa perché il feto è malformato, ma si fa perché la prosecuzione della gravidanza porterebbe a un pericolo per la salute fisico-psichica; quanto poi questo sia vero dei fatti lo dobbiamo valutare alla luce del carattere in concreto estremamente incerto del giudizio sul pericolo della salute psichica, ma l’impianto della legge è in questo senso. Allora l’aver fatto riferimento al pericolo per la salute fisico psichica a che cosa ci fa pensare? Qual è l’inquadramento giuridico in cui fin dalla sentenza del 1975 la Corte Costituzionale inquadra un possibile ambito di non punibilità dell’aborto? Il riferimento alla salute fisico psichica a quale istituto, a quale nozione ci fa pensare? A quell’unico istituto dell’ordinamento giuridico al di là delle valutazioni morali che consente di offendere un innocente. Qual è l’unico istituto dell’ordinamento giuridico che consente di recare offesa a un innocente? Lo stato di necessità. Non la legittima difesa, perché la legittima difesa consente di recare offesa non a un innocente, ma a un offensore, mentre lo stato di necessità- art 54 del codice penale- dichiara non punibile la condotta di chi abbia agito per salvare sì od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, però la norma non finisce qui. Quindi quelle parole ( pericolo per la salute fisico psichica) evocano lo stato di necessità che è l’unica norma dell’ordinamento giuridico che autorizza l’agire contro una persona innocente. La norma sullo stato di necessità è una delle norme più delicate dell’ordinamento giuridico, perché copre delle situazioni fra loro diversissime, perché dice “salvare sé od altri”; finchè è “sé” le ipotesi di scuola vengono in mente subito: il naufrago che allontana, che fa annegare l’altro naufrago per salvarsi con l’unico salvagente disponibile; l’alpinista che fa precipitare l’altro alpinista per non morire anche lui. Ma il problema delicato è quando Tizio interviene facendo una scelta fra la vita dell’uno e la vita degli altri. Torri gemelle: non ce l’hanno fatta però c’era già l’ordine di abbattere gli aerei in colo prima di andare a schiantarsi non si sa dove, provocando quindi volontariamente la morte di tutti i malcapitati. La norma sulla stato di necessità non dà criteri e pone problemi interpretativi delicatissimi. Tizio può decidere per salvare altri di esporre a morte uno che non morirebbe? Ci sono anche qui gli esempi di scuola, ma poi ci sono gli esempi reali. Un treno sta andando a schiantarsi in una stazione. Posso azionare lo scambio per evitare tanti morti nella stazione che lo farà andare su un gruppo di operai che sta lavorando sul binario ignaro e sicuramente moriranno? I problema dello stato di necessità e soprattutto del c.d. soccorso di necessità sono enormi. Adesso noi li affrontiamo e semmai potremo poi ritornarci. Quindi l’unica norma dell’ordinamento giuridico che autorizza ad agire non per salvare se stessi, ma per evitare anche ad una terza persona un danno danneggiando un altro è la norma sullo stato di necessità. Ma la Corte Costituzionale che fa un po’ di apripista alla legge sull’aborto, cioè la sentenza numero 27 del 1975, si rende ben conto che dello stato di necessità mancano due requisiti. Perché sia uno stato di necessita mancano due requisiti. Una parentesi che non c’entra niente con l’aborto: la ragione di cui dicevamo fa sì che mentre la legittima difesa seppur con diverse accentuazioni è presa in considerazione anche sul piano morale dalla filosofia morale, dalla teologia morale, non lo stato di necessità, perché lo stato di necessità in un certo senso prende atto che non tutti sono santi, va bene sei stato egoista però hai salvato te stesso facendo morire un’altra persona, ma poi diventa delicatissimo quando non sei in gioco tu, non è più un problema di esigibilità, non posso esigere da te la santità, diventa delicatissimo lo stato di necessità quando tu diventi colui che sceglie. La Corte Costituzionale si rende conto che dello stato di necessità mancano due requisiti. Il primo requisito che manca è l’attualità del pericolo, perché il pericolo rispetto all’esecuzione di un aborto non è attuale, ma è connesso all’evolversi futuro della gravidanza. Questa cosa diciamo che non quella che ha il massimo spessore, ma l’altro requisito è invece estremamente delicato. Qual è ? La proporzionalità, di cui tortura…) si possono usare mezza speciali per acquisire notizie? Anche qui il ragionamento rischia di essere lo stesso. Sono titolari di diritti inviolabili, ma in fondo sono terroristi ( presunti terroristi perché non c’è stato ancora il processo), sono titolari di diritti inviolabili, ma in misura differenziata rispetto ai cittadini. Ancora una volta l’introduzione di concetti di flessibilizzazione può portare a conseguenze assolutamente incontrollabili. Il compianto maestro professor Stella in uno dei suoi ultimi libri ricordava la discussione che ha infiammato per anni sotto la presidenza del giudice Barack la Corte suprema di Israele. Il giudice Barack di è sempre opposto anche dinanzi a pericoli per la popolazione israeliana ad ammettere la tortura di prigionieri palestinesi, supposti terroristi per acquisire notizie, proprio in funzione della tenuta dei diritti inviolabili e rifiutando logiche di flessibilizzazzione. Ancora una volta vediamo che i temi della bioetica, della biogiuridica meglio, sono in qualche modo cartine di tornasole che scioccamente spesso i nostri giornali ci presentano come dispute di destra , sinistra, laici, cattolici…però sono cartine di tornasole molto delicate di alcuni snodi di fondo della costruzione giuridica del nostro tempo e anche per questo stiamo dedicando un poco di attenzione a queste tema. Tornando al problema aborto allora ci potremmo fare una domanda: ma allora le ipotesi di n on punibilità, visto che abbiamo detto che l’aborto, in linea di principio att 19 e ss (vediamo in particolare l’art. 21 ) continua a essere considerato reato anche rispetto alla donna consenziente. Che tipo di non punibilità è? È una causa di giustificazione? È una causa di non punibilità in senso stretto? È una causa di esclusione della colpevolezza? Ma la nostra dottrina non ha mai inquadrato questa non punibilità come esclusione della colpevolezza. Di fatto l’argomentazione della Corte Costituzionale è palesemente nell’orbita dello stato di necessità, cioè causa di giustificazione. Certo che considerarlo causa di giustificazione ( se dovessimo fare un tema, ricordiamo sempre che l’importante del tema non è tanto dare la soluzione giusta, perché ci sono dei temi dove la soluzione è discutibile, l’importante è dare un’argomentazione che tiene) …è una causa di giustificazione con la forzatura che abbiamo detto prima (manca la proporzione) , certo che considerarlo causa di giustificazione… la giustificazione rende il fatto lecito cioè non antigiuridico. Allora vorrebbe dire che in presenza di quelle condizioni l’aborto è considerato a tutti gli effetti lecito. Ci potrebbe essere tra l’altro un elemento di contraddizione. Se è un comportamento che viene considerato lecito perché l’art 5 prevede un colloquio per evitarlo? Se è lecito… Dal punto di vista del messaggio ( però sono quei messaggi che poi finiscono per percepire soltanto gli studenti di diritto penale) dal punto di vista teorico forse sarebbe una soluzione più pulita dire che è una causa di non punibilità, la quale dice che il fatto non è punibile ma resta l’antigiuridicità di principio. Non è punibile per una ragione di strategia politico criminale, ma non viene meno l’antigiuridicità, a meno che ci sia davvero lo stato di necessità, cioè il caso classico vita contro vita e simili. Da un punto di vista teorico ( ma sono quelle distinzioni che come dicevamo finisce per percepire solo il penalista) forse il messaggio è socialmente più nitido. Non si banalizza l’aborto. Non è punibile, ma resta una qualifica di principio di antigiuridicità. Tuttavia c’è anche qui una controindicazione, perché se si dice che è una causa di non punibilità, cioè una mera valutazione di opportunità legislativa, rischia di venir meno come poi è venuta meno in Germania qualsiasi possibilità di discutere sui limiti dell’aborto autorizzato. Se è una pura valutazione di carattere politico criminale del legislatore, si rischia di lasciare la partita completamente nelle mani di una discrezionalità legislativa. Mentre il fatto che in Italia la Corte Costituzionale si è mossa richiedendo il requisito del pericolo per la salute fisico-psichica è motivabile in quanto esclusivamente si è partiti dall’idea che non potesse che essere una causa di giustificazione. Quindi dovessimo fare un tema su questo interrogativo… è uno di quegli interrogativi in cui ci sono da indicare et…et…et…et. Sia che si tratti di causa di giustificazione, sia che si tratti di causa di non punibilità è opportuno ricordare un capitolo già affrontato e che qui forse adesso capiamo meglio. Ricordiamo quando ci siamo posti l’interrogativo se la Corte Costituzionale può giudicare incostituzionali norme di favore. Qui vediamo chiaramente un esempio: se si arrivasse a dire che la Corte Costituzionale non può mai sindacare norme favorevoli come sono le cause di non punibilità e le cause di giustificazione. Le ragioni le ricordiamo…perché l’intervento della Corte Costituzionale comporterebbe un riespandersi dell’ambito del punibile in contrasto col principio di riserva di legge e comunque per l’irrilevanza nel processo a quo; noi poi avevamo illustrato le motivazioni che portano ad ammettere il sindacato costituzionale ove la norma di favore sia irragionevole, cioè priva di qualsiasi giustificabilità costituzionale. Se si arrivasse a dire che la Corte costituzionale non può sindacare le norme favorevoli si arriverebbe a dire che l’intera materia dell’aborto, visto che è costruita su non punibilità, è sottratta a qualsiasi vaglio della Corte Costituzionale. È chiaro che per altro il vaglio della Corte Costituzionale, sempre che la Corte Costituzionale voglia metterci naso ( ciò che in realtà non ha mai voluto fare, dopo la sentenza del ’75) , è più facile se si resta nell’ottica della causa di giustificazione, perché le cause di giustificazione pongono questo problema della proporzionalità, dei beni in gioco etc… Se invece ci muoviamo nella logica delle cause di non punibilità e quindi delle pure valutazioni di opportunità politico- criminali è chiaro che anche un giudizio della Corte Costituzionale diventerebbe un po’ più delicato. Certo non è che si può ammettere che il legislatore possa discrezionalmente motivare in senso politico criminale qualsiasi rinuncia alla tutela penale, però certamente i limiti del giudizio sarebbero più ampi. Questo è un poco il quadro della costruzione giuridica in tema di non punibilità dell’aborto. Adesso facciamo un rapido passo indietro e torniamo all’art 5, la norma sul colloquio. Qual è la rilevanza penalistica? L’abbiamo detto prima, cioè da un lato, almeno sulla carta, c’è una rinuncia in presenza di queste condizioni alla pena, dall’altro lato, almeno sulla carta, si dice che però si interviene a finalità preventiva in un modo diverso attraverso cioè il colloquio. Il problema sarebbe che questo colloquio abbia uno spessore effettivo. E il fatto che la legge davvero ci creda a questa volontà di prevenzione è un poco messo in dubbio se noi guardiamo dopo il primo comma dell’art 5 , il comma successivo, dove scopriamo che il colloquio può essere effettuato di regola presso un consultorio o un centro socio-sanitario di base; ma poi la donna si può rivolgere, comma successivo, anche al medico di fiducia, che non è il medico di base, ma qualsiasi medico di cui abbia fiducia; e quindi il colloquio può essere effettuato presso qualsiasi medico , non richiede nemmeno un ginecologo. Capiamo che ( poi può essere discutibile che un medico non ginecologo metta una firma su una cosa così delicata) il potersi rivolgere per fare il colloquio a un medico di fiducia e non a un consultorio, consente di fatto un aggiramento dell’intento preventivo, anche perché da un lato di fatto potrebbe essere che allora ci si rivolga al medico che si sa abbastanza disponibile a non porre troppi problemi , a non volere discutere più di tanto, dall’altro lato comunque il medico non ha la struttura adeguata a fornire un aiuto che deve essere anche un aiuto di carattere psicologico e anche un aiuto di carattere materiale, tanto che il comma successivo dice che certo il medico deve problematizzare con la donna, valutando le ragioni per cui chiede l’aborto, ma il medico la informa che c’è un consultori oal quale si può rivolgere per aiuto. È chiaro che un colloquio che può avvenire anche presso qualsiasi medico tutto sommato finisce per togliere parecchio della credibilità dell’intento preventivo. Questo intento preventivo ha due componenti e qui scopriamo un altro elemento giuridico abbastanza importante. Il colloquio, il consultorio ha questa finalità di rimuovere le cause che porterebbero la donna a interrompere la gravidanza e quindi non è un colloquio esclusivamente medico. Se poi nonostante il colloquio la donna persevera nell’intento di interrompere la gravidanza dice l’ultimo comma : “Dinanzi alla richiesta della donna di interrompere la gravidanza sulla base delle condizioni di cui all’art 4, dei requisiti di cui abbiamo aprlato prima, il medico quindi solo ed esclusivamente il medico può rilasciare un documento firmato anche dalla donna con il quale si può presentare a una struttura ospedaliera pubblica per effettuare l’interruzione della gravidanza, salvo un periodo di ripensamento di 7 giorni, a meno che si dichiari uno stato di urgenza che tra l’altro non si capisce bene in che cosa consista”. Quindi il colloquio si conclude con un momento medico e rappresentando quindi quel documento, quel foglio firmato dal medico e dalla donna, l’ultimo atto della catena causale per ottenere l’interruzione della gravidanza, a meno che il medico ospedaliero ritenga che al procedura non è stata corretta, il medico che concluderà il colloquio con la donna, sarà un medico non obiettore di coscienza. E qui scopriamo un altro delicato istituto giuridico. La legge sull’aborto è una delle quattro leggi italiane che prevede l’obiezione di coscienza. Sono la normativa sul servizio militare che ha perso molto spessore da quando il servizio militare essendo in tempo di pace non è più obbligatorio ( ma notiamo bene che il servizio di leva tornerebbe obbligatorio in tempo di guerra e non si può escludere nulla oggigiorno), la legge sull’aborto , la legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita e notiamo bene la normativa sulla sperimentazione animale; è anche prevista l’obiezione di coscienza anche nella normativa sulla sperimentazione animale. E sull’obiezione di coscienza dobbiamo dire qualcosa dal punto di vista penale. Per ora andiamo avanti in termini descrittivi sull’aborto, poi ci soffermiamo a riflettere sull’obiezione di coscienza. Quindi il momento finale del colloquio sarà un momento medico, col medico non obiettore di coscienza perché il medico obiettore non può realizzare l’atto causale decisivo per l’aborto, mentre ci deve essere una fase antecedente del colloquio dove dovrebbero essere presenti operatori di tipo diverso, psicologo quanto meno e assistente sociale, perché la dimensione dell’aiuto ( poi torniamo
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved