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Guide e consigli
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.F. Campobasso, Diritto commerciale libri 1-2-3, Dispense di Diritto Commerciale

riassunti Campobasso , diritto commerciale 2 G. Olivieri LUISS canale a

Tipologia: Dispense

2020/2021

In vendita dal 22/05/2021

hume88
hume88 🇮🇹

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Scarica .F. Campobasso, Diritto commerciale libri 1-2-3 e più Dispense in PDF di Diritto Commerciale solo su Docsity! I segni distintivi Il sistema dei segni distintivi Ciascun imprenditore utilizza di regola uno o più fattori di identificazione, quindi uno o più sereni distintivi che consentono di individuarlo sul cercato e di distinguerlo dagli altri imprenditori concorrenti. La ditta, l'insegna ed il marchio sono i tre principali segni distintivi dell’imprenditore. La ditta contraddistingue la persona dell’imprenditore nell’esercizio dell'attività d'impresa (nome commerciale). L’insegna individua i locali in cui l’attività d'impresa è esercitata. Il marchio, individua e distingue i beni o i servizi prodotti. Crescente rilievo sta acquistando anche il nome a dominio che individua un sito internet usato nell'attività economica. LA FUNZIONE DEI SEGNI DISTINTIVI Ditta, insegna, marchio e nome a dominio assolvono una funzione comune nel’ economica di mercato; favoriscono la formazione e il mantenimento della clientela in quanto consentono al pubblico ed in particolare ai consumatori di distinguere fra i vari operatori economici e di effettuare scelte consapevoli. Intorno ai segni distintivi ruotano diversi interessi. L'interesse degli imprenditori a dotarsi di segni che abbiano forza distintiva e attrattivi; sempre l'interesse degli imprenditori a poter liberamente cedere ad altri i propri segni distintivi, in modo da poter monetizzare l’autonomo valore economico che acquistano per il legame che creano tra impresa e clientela. L'interesse dei fornitori, finanziatori e della stessa clientela a non essere tratti in inganno sull’identità dell’imprenditore e la provenienza dei prodotti. E sul generale interesse che la competizione concorrenziali si svolga in modo ordinato e leale. La realizzazione di questa finalità è l’obiettivo cui tende la regolamentazione giuridica dei segni distintivi dell’imprenditore. PRINCIPI COMUNI 1) L'imprenditore fogne di ampia libertà nella formazione dei propri segni distintivi. È tenuto però a rispettare determinate regole, volte ad evitare inganno e confusione sul mercato, che riguardano: verità, novità e capacità distintiva. 2) L'imprenditore ha diritto all’uso esclusivo dei propri segni distintivi. Si tratta di un diritto non assoluto, ma relativo e strumentale alla realizzazione della funzione distintiva rispetto agli imprenditori concorrenti. Il titolare di un segno distintivo non può impedire che altri adotti lo stesso segno distintivo quando, per la diversità delle attività d’impresa o per la diversità dei mercati serviti, non vi è pericolo di confusione e di sviamento della clientela. 3) L’imprenditore può trasferire ad altri i propri segni distintivi. Ma neppure questo diritto è pieno è incondizionato poiché l'ordinamento tende a evitare che la circolazione dei segni distintivi possa trarre in inganno il pubblico. BENI IMMATERIALI? | segni distintivi possono essere inquadrati nella categoria dei beni immateriali, e quindi si può parlare di un vero e proprio diritto di proprietà su un bene immateriale. Si è in presenza di un tipo di proprietà che la legge definisce come proprietà industriale. La ditta DITTA: NOZIONE FORMAZIONE CONTENUTO DEL DIRITTO La ditta è il nome commerciale dell’imprenditore; lo individua come soggetto di diritto nell’esercizio dell'attività d'impresa. Ed è segno distintivo necessario, nel senso che in mancanza di diversa scelta essa coincide con il nome civile dell’imprenditore. Non è necessario che la ditta corrisponda al nome civile; questa può essere liberamente prescelta dall’imprenditore. Nella scelta della propria ditta l'imprenditore incorra dei limiti specifici, rappresentati dal rispetto dei principi della verità e della novità. VERITÀ DELLA DITTA Il principio della verità della ditta ha un contenuto assai limitato e diverso a seconda che si tratti di ditta originaria o di ditta derivata. DITTA ORIGINARIA La ditta originaria è quella formata dall’imprenditore che la utilizza. Deve contenere almeno il cognome o la sigla dell’imprenditore. Anche se non è molto se si tiene presente la scarsa capacità individuante che può avere una ditta in cui figurano solo le iniziali del nome e del cognome. Si ritiene che l'imprenditore non è tenuto a modificare la ditta patronimica, qualora intervengono mutamenti nel suo nome civile. DITTA DERIVATA La ditta derivata è quella formata da un dato imprenditore e successivamente trasferita ad altro imprenditore insieme all'azienda. NOVITÀ Più consistente è la portata del principio della novità. La ditta non deve essere uguale o simile a quella usata da altro imprenditore e tale da creare confusione per l'oggetto dell'impresa o per il luogo in cui questa è esercitata. Chi ha adottato per primo una data ditta, ha perciò diritto all’uso esclusivo della stessa e tale diritto acquista per il solo fatto dell’uso della ditta. Chi successivamente adotti una ditta uguale o simile, può essere costretto ad integrarla o modificarla con indicazioni idonee a differenziarla. Anche quando la ditta usata per secondo corrisponda al nome civile dell’imprenditore (ditta patronimica), anche quando l’altro imprenditore abbia per lungo tempo tollerato l’uso di una ditta confondibile. IMPRESE COMMERCIALI Il criterio della priorità dell’uso, per risolvere il conflitto fra ditte confondibili, trovava in passato applicazione anche per le imprese commerciali individuali. La recente attuazione del registro delle imprese rende applicabile l’art 2564 cc, in base al quale per le imprese commerciali l'obbligo dell’integrazione o modificazione spetta a chi ha iscritto la propria ditta nel registro delle imprese in epoca posteriore. Per le imprese commerciali dovrebbe trovare piena applicazione il criterio della priorità dell'iscrizione nel registro delle imprese. Tende a prevalere l'opinione che al ditta registrata per prima prevalga solo quando chi ha pre — usato la stessa ditta senza registrarla non riesca a provare la conoscenza del proprio pre — uso da parte dell’altro imprenditore. OBBLIGO DI DIFFERENZIAZIONE Il diritto all'uso esclusivo della ditta e l'obbligo di differenziazione sussistono solo se i due imprenditori sono in rapporto concorrenziale fra loro e quindi possa determinarsi confusione per l'oggetto dell'impresa e/o per il luogo in cui questa è esercitata. Quindi, è possibile l’omonimia fra ditte che non creano confusione sul mercato. Il diritto all'uso esclusivo è quindi diritto relativo. La giurisprudenza è propensa a concepire con una certa larghezza l’esistenza del rapporto concorrenziale. Si ritiene che la confondibilità per l'oggetto deve essere valutata tenendo conto anche dell’attitudine dell'impresa a espandersi in attività complementari, similari o affini. Il luogo di Il marchio MARCHIO: NOZIONE E FUNZIONI DEL MARCHIO Il marchio è il segno distintivo dei prodotti o dei servizi dell'impresa. Esso è disciplinato sia dall'ordinamento nazionale sia da quello comunitario o internazionale. MARCHIO NAZIONALE Il marchio nazionale è regolato dagli articoli dal 2569 al 2574 c.c e dal codice della proprietà industriale. MARCHIO COMUNITARIO AI marchio nazionale si è di recente affiancato il marchio comunitario, disciplinato dal regolamento C'è 207/2009. La relativa disciplina consente di ottenere con un’unica procedura un marchio unico, unitariamente regolato e tutelato in tutti i paesi dell'UE. MARCHIO INTERNAZIONALE È disciplinato da 2 convenzioni: la Convenzione d’Unione di Parigi del 1883 e l'Accordo di Madrid del 1891 integrato dal Protocollo di Madrid del 1989. Queste normative, imperniate sull’istituto della registrazione del marchio, riconoscono al titolare del marchio, il diritto all’uso esclusivo dello stesso, permettendo che il marchio assolva la sua funzione di identificazione e differenziazione dei prodotti similari esistenti sul mercato. Il marchio è uno dei più importanti segni distintici per il ruolo che assolve nella moderna economia industriale. FUNZIONE DISTINTIVA DEI PRODOTTI AI marchio di imprenditori affidano la funzione di differenziare i propri prodotti da quelli concorrenti. Il pubblico è messo in grado di riconoscere con facilità i prodotti provenienti da una determinata fonte di produzione; può selezionare fra i molti prodotti similari quello ritenuto migliore per qualità e/o prezzo orientando consapevolmente le proprie scelte. Il marchio costituisce il principale simbolo di collegamento fra produttori e consumatori. INDICE DI PROVENIENZA Il marchio non esaurisce la sua funzione nel differenziare i prodotti esistenti sul mercato. È anche indicare della provenienza del prodotto da una fonte unitaria di produzione. Dopo la riforma del 1992 questa funzione del marchio risulta ridimensionata. È caduto il divieto di circolazione del marchio separatamente dell’azienda e si è riconosciuta la legittimità del co-uso di uno stesso marchio da parte di + imprenditori concorrenti, sulla base di una licenza di marchio non esclusiva concessa dal titolare dello stesso. È oggi consentito che prodotti uguali contraddistinti dallo stesso merchino siano immessi in commercio da produttori diversi. | contenuti di uno stesso marchio sono tenuti ad assicurare l’omogeneità dei caratteri essenziali e della qualità dei prodotti dello stesso tipo contraddistinti dal marchio comune in modo da evitare che il pubblico sia tratto in inganno. FUNZIONE DI GARANZIA DELLA QUALITÀ Fra le funzioni del marchio giuridicamente riconosciute e protette non può ricomprenderai quella di garanzia della qualità dei prodotti. Il pubblico molto spesso associa al marchio l’idea di un certo livello qualitativo dei prodotti dallo stesso contrassegnati. È indubbio però che nella disciplina dei marchi non ci è alcuna norma che assolva una funzione di garanzia della qualità die prodotti oche vieti al produttore variazioni qualitative della propria produzione. Il legislatore si preoccupa solo di evitare che il pubblico si tratto in inganno sull'origine e sulla qualità del prodotto. FUNZIONE ATTRATTIVA È dato di comune esperienza che certi marchi finiscono con l’assumere un’autonoma forza attrattiva dei consumatori: molto spesso di acquistano dati prodotti a preferenza di altri similari solo perché contrassegnati da un marchio famoso. L'impiego dei marchi nella pubblicità commerciale esalta la loro capacità di richiamo del pubblico. È comprensibile l'interesse dei titolari di marchi celebre a contrastare l’uso degli stessi da parte di altri produttori, anche per prodotti affatto diversi da quelli da loro immessi sul mercato. Tale esigenza era in passato ignorata dal legislatore. La situazione è però oggi cambiata. L'attuale disciplina ha espressamente recepito la distinzione fra marchi ordinari e marchi celebri ed ha esteso la tutela di questi ultimi oltre i limiti segnati dalla necessità di evitare confusione fra prodotti affini dando riconoscimento giuridico alla funzione attrattiva degli stessi. I TIPI DI MARCHIO I marchi possono essere classificati e raggruppati secondo diversi criteri ed una prima classica distinzione di basa sulla natura dell'attività svolta dal titolare del marchio. MARCHIO DI FABBRICA E DI COMMERCIO Del marchio può servirsi il fabbricante del prodotto. E i beni che subiscono successive fasi di lavorazione o risultano dall’assemblaggio di parti distintamente prodotte possono presentare anche più marchi di fabbrica. Il marchio può essere apposto anche dal commerciante, sia esso un disturbatore intermedio o il rivenditore finale. Su uno stesso prodotto possono coesistere più marchi ed in tal caso il rivenditore può apporre il proprio marchio al prodotti che mette in vendita, ma non può sopprimere il marchio del produttore. MARCHIO DI SERVIZIO Il marchio può essere utilizzato anche da imprese che producono servizi (imprese di trasporto). La forma tipica di uso di tali marchi è quella pubblicitaria, essendo essi appositi sui materiali che se io per la produzione del servizio o sulle divise del personale. MARCHIO GENERALE E MARCHI SPECIALI Altra classica distinzione è quella fra marchio generale e marchi speciali. L'imprenditore può utilizzare un solo marchio per tutti i propri prodotti (marchio generale), ma può anche servirsi di più marchi. Quando vuole differenziare i diversi prodotti della propria impresa o anche tipi diversi dello stesso prodotto per sottolineare ai consumatori le relative diversità qualitative (marchi speciali). È possibile anche l’uso contemporaneo di un marchio generale e di più marchi speciali, quando si vuole evidenziare al tempo stesso l’unità della fonte di produzione e la diversità dei prodotti. COMPOSIZIONE DEL MARCHIO Possono essere utilizzati come marchi tutti i nuovi segni suscettibili di essere rappresentati graficamente. Il marchio può essere costituito solo da parole (marchio denominativo) e può coincidere con la stessa ditta o con il nome civile dell’imprenditore. Può essere costituito esclusivamente da figure, lettere, cifre, disegni o colori (marchio figurativo) ed anche da suoni. Il marchio può consistere nella combinazione di parole e di uno o più altri simboli (marchio misto). MARCHI DI FORMA Il marchio è di regola qualcosa di esterno al prodotto o al suo involucro, che si aggiunge al prodotto stesso per indicarne la provenienza. Il marchio può essere costituito anche dalla forma del prodotto o dalla confezione dello stesso (marchio di forma o tridimensionale). Il codice puntualizza che non possono essere registrate come marchio le forme imposte dalla natura stessa del prodotto quelle necessarie per ottenere un risultato tecnico e quelle che danno un valore sostanziale al prodotto. Le forme necessarie sono di libera utilizzazione. Le forme funzionali e quelle ornamentali sono tutelabili attraverso il conseguimento del brevetto per modelli industriali. Si deve trattare di una forma arbitraria la cui funzione esclusiva sia cioè di quella di consentire l'individuazione del prodotto. MARCHIO COLLETTIVO Un tipo particolare di marchio è infine il marchio collettivo. Esso si distingue dai marchi di impresa in quanto titolare del marchio collettivo è un soggetto che svolge la funzione di garantire l'origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o servizi. Tale marchio non viene utilizzato dall'ente che ne ha ottenuto la registrazione, ma è concesso in uso a produttori o commercianti consociati. Questi si impegnano a rispettare nella loro attività le norme statutarie fissate dall'ente e a consentire i relativi controlli. Questi marchi sono di regola utilizzati in aggiunta a quelli individuali ed assolvono ad una funzione di garanzia della qualità o della provenienza del prodotto. | marchi collettivi possono consistere anche in una denominazione geografica che designa la provenienza del prodotto o del servizio. Presentano affinità con i marchi collettivi le denominazioni di origine protetta nomi geografici utilizzati per contraddistinguere prodotti con caratteristiche qualitative legate a fattori naturali o a tecniche di lavorazione proprie di una data zona. I REQUISITI DI VALIDITÀ DEL MARCHIO Per essere tutelato giuridicamente, il marchio deve rispondere a determinati requisiti di validità: liceità, verità, originalità e novità. LICEITÀ Il marchio non deve contenere segni contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume; stemmi o altri segni protetti da convenzioni internazionali, senza l’autorizzazione dell'autorità competente; segni lesivi di un altrui diritto di autore o di proprietà industriale. A tutela dell’altrui diritto all'immagine è fatto divieto di utilizzare come marchio l’altrui ritratto senza consenso dell'interessato 0, dopo la morte di questi degli eredi. Per quanto riguarda la tutela dell’ altrui diritto al nome, è oggi introdotta un'opportunità distinzione fondata sulla diversa capacità attrattiva che il nome può avere. Se si tratta di persona che ha acquisito notorietà , è necessario il consenso dell'interessato o dei suoi eredi, se si vuole usare come marchio il nome della stessa o anche lo pseudonimo. Per le persone non note resta ferma la regola originaria: il nome altrui può essere inserito nel marchio anche senza il consenso dell'interessato, purché l’uso non sia tale da ledere la fama, il credito o il decoro dell’avente diritto al nome. L'Ufficio brevetti ha la facoltà di subordinare la registrazione al consenso dell'interessato. VERITÀ Il principio della verità consiste nel divieto di inserire nel marchio segni idonei ad ingannare il pubblico, in particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualità dei prodotti o servizi. ORIGINALITÀ Il marchio deve essere originale. Deve essere composto in modo da consentire l'individuazione dei prodotti contrassegnati fra tutti i prodotti dello stesso genere immessi sul mercato . Il legislatore predetermina i tipi di segni privi di questa capacità distintiva, che sono: A) Le denominazioni generiche del prodotto o del servizio o la loro figura generica; B) Le indicazi descrittive dei caratteri essenziali, delle prestazioni, della provenienza geografica del prodotto. C) 1 segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente, come la parola super. La ratio di questi divieti è quella di impedire l’acquisto di posizioni di monopolio su simboli che nel lessico comune individuano genericamente quel dato prodotto. Il requisito di originalità è rispettato quando si utilizzano denominazioni che non abbiano alcuna relazione con il prodotto contraddistinto (marchio di fantasia). MARCHI FORTI E MARCHI DEBOLI È possibile usare comune marchio denominazioni generiche o parole di uso comune modificate o combinate fra loro in modo fantasioso (es Amplifon). In questi casi, la capacità distintiva del marchio è affidata alla modificazione o alla combinazione di fantasia e solo entro tali limiti il titolare del marchio è tutelato contro l’altrui imitazione. SECONDARY MEANING La distinzione fra marchi deboli e marchi forti non è sempre agevola e si può verificare che un marchio, inizialmente dotato di scarsa capacità distintiva, diventi poi forte a seguito dell’uso che ne Si ha volgarizzazione del marchio quando lo stesso è divenuto nel commercio denominazione generica di quel dato prodotto, perdendo la propria capacità distintiva. Tipico è il caso della Biro. L'attuale disciplina richiede che la volgarizzazione si sia verificata per fatto dell'attività o dell’inattività del titolare del marchio. È necessario un comportamento (Commissivo od omissivo) del titolare. Questi non perderà il diritto di esclusiva qualora ne difensa la capacità distintiva, diffidando o agendo giudizialmente contro i concorrenti che utilizzano il proprio marchio come denominazione generica del prodotto. DIFESA DEL MARCHIO Il marchio registrato è tutelato civile mente e penalmente. Il titolare del marchio il cui diritto di esclusiva sia stato leso da un concorrente può promuovere contro questi l’azione di contraffazione. L'azione di contraffazione è volta ad ottenere l’inibitoria alla continuazione degli atti lesivi del proprio diritto e la rimozione degli effetti degli stessi, attraverso la distruzione delle cose materiali per mezzo delle quali è stata attuata la contraffazione. Il giudice può anche ordinare, su domanda di parte, la pubblicazione della sentenza di condanna in uno o più giornali. L'attuale disciplina consente al titolare dello stesso di ottenere la cancellazione o il trasferimento di un nome a dominio lesivo del proprio diritto, o registrato da altri in mala fede. MARCHI PROTETTIVI Il titolare di un marchio registrato può crearsi una rete di difesa del proprio marchio contro le altrui contraffazioni registrando uno o più marchi protettivi: cioè marchi simili a quello effettivamente usato e che sono registrati al solo fine di precostituire la prova della confondibilità. È ampliato l'ambito dell’esclusiva anche nei confronti di cui utilizza un marchio coincidente con una proprio marchio protettivo. IL MARCHIO DI FATTO L'ordinamento tutela anche chi usi un marchio senza registrarlo, ma si tratta di una tutela minore di quella di cui gode il marchio registrato. In ogni caso, è disposto che chi ha fatto uso di un marchio non registrato ha la facoltà di continuare ad usarne, nonostante la registrazione da altri ottenuta, nei limiti in cui anteriormente se ne è avvalso. La tutela-L del diritto di esclusiva sul marchio registrato si fonda sull'uso di fatto dello stesso e sull’effettivo grado di notorietà raggiunto. NOTORIETÀ NAZIONALE Il titolare di un marchio non registrato, diventato noto su tutto il territorio nazionale, potrà impedire che altri usi in fatto lo steso marchio per gli stesi prodotti, ma non per prodotti affini. Potrà ottenere che sia dichiararlo nullo, per difetto del requisito della novità, un marchio confondibile successivamente registrato. NOTORIETÀ LOCALE Più modesta è la protezione che riceve il titolare di un marchio non registrato con notorietà locale. Non potrà impedire che altro imprenditore usi di fatto lo stesso marchio per gli stessi prodotti in altra zona del territorio nazionale. Non potrà impedire che un concorrente registri validamente lo steso marchio ed in tal caso potrà solo continuare ad usare il proprio marchio nei limiti della diffusione locale. Quindi non potrà diffondere i proposti contrassegnati fuori dall'ambito territoriale precedentemente praticato e su di lui incomberà l’onere di provare l'estensione del pre-uso. Il titolare del marchio registrato avrà diritto di esclusiva in ogni altra zona del paese. Il marchio di fatto gode di una tutela penale più limitata e non ha prospettive di tutela internazionale riconosciute invece al marchio registrato. Infine, le azioni esercitabili a tutela di un marchio non registrato non sono quelle tipiche del codice della proprietà industriale ma solo quelle previste in via generale in tema di disciplina della concorrenza sleale. IL TRASFERIMENTO DEL MARCHIO Il marchio è trasferibile e può essere trasferito sia a titolo definitivo sia a titolo temporaneo (licenza di marchio). È consentito al titolare di un marchio di monetizzare il valore commerciale dello stesso determinato dalla capacità attrattiva della clientela. La disciplina della circolazione del marchio è mutata con la riforma del 1992. L'attuale disciplina opta per una più libera circolazione del marchio. Oggi il marchio può essere trasferito o concesso in licenza, per tutti o per parte dei prodotti per i quali è stato registrato, senza che sia necessario il contemporaneo trasferimento dell’azienda o del corrispondente ramo produttivo. Resta ferma la regola che il trasferimento del marchio non costituito dalla ditta originaria si presume quando è trasferita l’azienda. È possibile il trasferimento a titolo definitivo del marchio solo per una parte dei prodotti coperti dal diritto di esclusiva dell’alienante con conseguente contitolarità del marchi, anche se è controverso se ciò sia possibile anche per prodotti identici o affini a quelli che l’alienante continua a produrre. LICENZA NON ESCLUSIVA La novità più significativa è costituita dall’espresso riconoscimento dell’ammissibilità della licenza di marchio non esclusiva. È espressamente consentito che lo stesso marchio sia contemporaneamente utilizzato dal titolare originario e da uno o più concessionari, sia per la totalità sia per una parte dei prodotti per i quali il marchio è stato registrato. È consentito che, in base ad accordi contrattuali, vengano immessi sul mercato prodotti dello stesso genere contraddistinti dallo stesso marchio, ma con diversa fonte di provenienza. LIMITI Il legislatore si preoccupa di prevenire e reprimere i pericoli di inganno per il pubblico cui può dar luogo la libera circolazione del marchio e la licenza non esclusiva, utilizzata in contratti di franchising e merchandising. Il merchandising è un contratto con il quale il titolare del marchio celebre consente l'utilizzazione del proprio marchio ad uno o più licenziatariper contraddistinguere prodotti del tutto diversi da quelli da lui fabbricati. È quindi fissato il principio che dal trasferimento o dalla licenza del marchio non deve derivare inganno nei caratteri dei prodotti o servizi che sono essenziali nell’apprezzamento del pubblico. La licenza non esclusiva è subordinata all’ulteriore condizione che il licenziatario si obblighi ad utilizzare il marchio per prodotti con caratteristiche e qualitative uguali a quelle dei corrispondenti prodotti messi in commercio dal concedente o dagli altri licenziatari. Il titolare del marchio può avvalersi degli strumenti di tutela previsti dalla legge marchi nei confronti del licenziatario che violi le disposizioni al riguardo contenute nel contratto di licenza che prevede clausole di controllo sull’attività del licenziatario. La violazione di queste regole espone alla sanzione della decadenza eventualmente parziale, del marchio per sopravvenuto uso ingannevole dello stesso; sanzione che potrà colpire anche il concedente ove i comportamenti ingannevoli del licenziatario siano avvenuti col suo consenso. Insegna INSEGNA: NOZIONE E DISCIPLINA L’insegna contraddistingue i locali dell'impresa o l’intero complesso aziendale. REQUISITI La disciplina dell’insegna si esaurisce in due norme. L'art 2568 che dichiara applicabile all'insegna il primo comma dell'art. 2564, cioè che l'insegna non potrà essere uguale o simile a quella già utilizzata da altro imprenditore concorrente, con conseguente obbligo di differenziazione qualora possa ingenerare confusione del pubblico. Anche per quanto riguarda la formazione dell'insegnante trovano applicazione i principi base ricavabili dalla disciplina della ditta e del marchio. L'insegnante dovrà essere lecita; non dovrà contenere indicazioni idonee a trarre in inganno il pubblico circa l’attività o i prodotti; dovrà avere sufficiente capacità distintiva. Non è tutelato chi adotti come insegna indicazioni generiche, salvo che l’originalità non derivi dalla composizione grafica o dai colori utilizzati. In tal caso si potrà ottenere solo la modificazione d i questi elementi. TRASFERIMENTO È pacifico che il diritto sull’insegna può essere trasferito. E trova applicazione la disciplina prevista per il trasferimento del marchio . Quindi deve ritenersi lecita anche la licenza non esclusiva ed il conseguente couso della stessa insegna da parte di più imprenditori collegati. Opere dell’ingegno e invenzioni industriali LE CREAZIONI INTELLETTUALI un rapporto di lavoro subordinato. È frequente che l’opera sia il frutto della collaborazione di più persone e in tal caso l'attribuzione dei diritti segue regole specifiche e diverse a seconda dei caratteri della collaborazione. OPERA COLLETTIVA L’opera può essere costituita da + contributi autonomi e separabili, organizzati in forma unitaria da un direttore o da un coordinatore. È questa l’opera collettiva. Costituisce un’opera originale e autore della stessa è considerato il direttore o il coordinatore, mentre i diritti di sfruttamento economico spettano all'editore. Ai singoli autori è riconosciuto il diritto d'autore sulla propria parte. OPERA IN COLLABORAZIONE La cooperazione può anche dar vita ad un’opera composta da contributi omogenei ed oggettivamente non distinguibili e non divisibili (es. manuale scritto da 2 autori). In tal caso si instaura fra i coautori un regime di comunione, regolate dalle norme generali intema di comunione. Ogni autore può tutelare autonomamente il diritto morale, mentre è necessario l'accordo di tutti per pubblicare l’opera o per modificare l’opera già pubblicata. Accordo sostituibile dall’autorizzazione del tribunale in caso di ingiustificato rifiuto di uno dei coautori. OPERA COMPOSTA Una terza ipotesi è quella dell’opera costituita da contributi eterogenei e distinti, ma che danno vita ad un’opera funzionalmente unitaria ed in: bile (opere composte). Anche tali opere cadono in regime di comunione ma sono legislativamente individuati sia il soggetto a cui è riservato l’esercizio del diritto di utilizzazione economica dell’opera complessiva, sia la quota parte di ciascuno nei proventi. DIRITTI CONNESSI Diritti connessi o affini al diritto d'autore sono poi riconosciuti a determinate categorie di soggetti (es. produttori di dischi). A questi soggetti è riconosciuto il diritto ad un equo compenso da parte di chiunque utilizzi, in qualsiasi modo ed anche senza scopo di lucro, la loro opera creativa e interpretativa. TRASFERIMENTO DEL DIRITTO D’AUTORE. TUTELA. Il diritto di utilizzazione economica dell’opera dell’ingegno è libera re trasferibile, sia unitariamente che nelle sue singole manifestazioni, sia fra vivi sia mortis causa. Il trasferimento per atto fra vivi può essere sia titolo definitivo, sia a titolo temporaneo e le parti possono utilizzare al riguardo qualsiasi schema contrattuale tipico o atipico. | contratti specificamente previsti e utilizzati per lo sfruttamento economico di un’opera dell’ingegno sono, il contratto di edizione ed il contratto di rappresentazione e di esecuzione. CONTRATTO DI EDIZIONE Col contratto di edizione, l’autore concede in esclusiva ad un editore l’esercizio del diritto di pubblicare per la stampa l’opera, per conto e a spese dell’editore stesso. L'editore si obbliga a stampare, a mettere in commercio l’opera e a corrispondere all'autore il compenso pattuito. Compenso che è costituito da una partecipazione percentuale al ricavato della vendita, ma per altre opere può anche essere fissato a forfait. Il contratto può riguardare anche un’opera non ancora realtà e può si apre vedere un numero determinato di edizioni (contratto per edizione), sia lasciare all'editore la facoltà di eseguire le edizioni che riterrà necessarie (contratto a termine). In entrambi i casi la durata del contratto non può eccedere i 20 anni. CONTRATTO DI RAPPRESENTAZIONE Col contratto di rappresentazione e di esecuzione, l’autore cede, non in esclusiva, il solo diritto di rappresentazione in pubblico di opere destinate a tal fine o di eseguire in pubblico una composizione musicale. L'altra parte si obbliga a provvedervi a proprie spese. La disciplina di tale contratto ricalca quella del contratto di edizione. DIFESA DEL DIRITTO D'AUTORE Il diritto d'autore è protetto con specifiche sanzioni civili, amministrative pecuniarie e penali, a carico di chi ponga in essere comportamenti lesivi, che possono andare dall’imitazione totale o parziale degli elementi creativi essenziali di un’opera altrui (plagio — contraffazione) alla lesione di singole manifestazioni del diritto d'autore, quali L’abusiva riproduzione o diffusione fra il pubblico di opere cinematografiche, letterarie o musicali. Il titolare di uno dei diritti di utilizzazione economica dell’opera dell'ingegno e il titolare del diritto morale, eventualmente diverso dal primo, che hanno ragione di temere la violazione del proprio diritto, possono adire l'autorità giudiziaria per chiedere l'accertamento del proprio diritto e l’inibizione della violazione temuta o in atto. In questo secondo caso possono altresì chiedere che vengano applicate le sanzioni tipiche della rimozione e della distruzione di quanto è stato strumento materiale della lesione del diritto patrimoniale o morale, oltre in ogni caso il diritto al risarcimento dei danni subiti. Il risarcimento è dovuto anche per i danni non patrimoniali subiti dall'autore. Il giudice può inoltre ordinare la pubblicazione della sentenza di condanna in uno o più giornali a spese dalla parte soccombente. TUTELA INTERNAZIONALE Le opere dell'ingegno godono di una protezione circoscritta al territorio nazionale e per le loro caratteristiche sono esposte al pericolo della concorrente utilizzazione abusiva da parte di terzi in altri Stati. Tale pericolo ha sollecitato accordi internazionali volti ad estendere l'ambito territoriale di tutela del diritto di autore e l’Italia ha aderito alle 2 principali Convenzioni internazionali in materia: 1) La Convenzione di Unione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche del 1896 2) La Convenzione Universale sul diritto di autore di Ginevra del 1952. Invenzioni industriali LE INVENZIONI INDUSTRIALI: OGGETTO E REQUISITI NOZIONE Le invenzioni industriali sono idee creative che appartengono al campo della tecnica. Consistono nella soluzione originale di un problema tecnico, suscettibile di pratica applicazione nel settore della produzione di beni o servizi. Netta è la distinzione rispetto alle opere dell'ingegno dalle quali le invenzioni industriali si differenziano anche per il diverso modo di acquisto del diritto di utilizzazione economica: la concessione del corrispondente brevetto da parte dell'Ufficio italiano brevetti e marchi. TIPOLOGIA Possono formare oggetto di brevetto per invenzione industriale le idee inventive di maggior rilievo tecnologico. Queste possono essere distinte in 3 grandi categorie: 1) Invenzioni di prodotto, che hanno per oggetto un nuovo prodotto materiale; 2) Invenzioni di procedimento, che possono consistere in un nuovo metodo di produzione di beni già noti, in un nuovo processo di lavorazione industriale in un nuovo dispositivo meccanico; 3) Invenzioni derivate, che si presentano come derivazione di una precedente invenzione. Possono consistere: nella combinazione di invenzioni precedenti in modo da ricavarne un'invenzione tecnicamente nuova (invenzioni combinazione); nel migliorare un'invenzione precedente modificandola (invenzioni di perfezionamento); in una nuova utilizzazione di una sostanza o di una composizione di sostanze già conosciute (invenzioni di traslazione). ESCLUSIONI Non sono considerate invenzioni: A) Le scoperte, le teorie scientifiche e i metodi matematici; B) I metodi per attività intellettuali o commerciali; C) Presentazioni di informazioni. Quindi non può formare oggetto di brevetto ciò che già esiste in natura e l’uomo si limita a percepire o una nuova teoria. Non sono brevettabili i programmi per calcolatori ed elaboratori elettronici (software), ma lo è l'elemento materiale dei calcolatori (hardware). Non sono brevettabili i metodi per il trattamento chirurgico o terapeutico del corpo umano o animale. Anche se le invenzioni tecnologiche e le nuove varietà vegetali sono tutelabili mediante speciali forme di brevettazione autonomamente disciplinate dal codice della proprietà industriale. REQUISITI Le invenzioni devono rispondere a determinati requisiti di validità per poter formare oggetto di brevetti. Devono essere leciti, devono essere nuovi, devono implicare un'attività inventiva e devono essere idonei ad avere un’applicazione industriale. NOVITÀ È nuova l’invenzione che non è compresa nello stato della tecnica. Per stato della tecnica si intende tutto ciò che sia comunque accessibile al pubblico, in Italia o all’estero, prima della data di deposito della domanda di brevetto. Manca del requisito della novità l'invenzione già divulgata. ATTIVITÀ INVENTIVA L'invenzione implica attività inventiva se per una persona esperta del ramo, essa non risulta in modo evidente dallo stato della tecnica. È invenzione anche un piccolo progresso tecnico purché non conseguibile da un tecnico medio delramo facendo ricorso alle sue ordinarie capacità e conoscenze (giudizio di non ovvietà). INDUSTRIALITA’ L'invenzione è considerata atta ad avere applicazione industriale se il trovato può essere fabbricato o utilizzato in qualsiasi genere di industria, compresa quella agricola. IL DIRITTO AL BREVETTO La tutela giuridica dell'invenzione ha contenuto sia morale che patrimoniale. L’inventore ha diritto ad essere riconosciuto autore dell'invenzione e tale diritto morale acquista per il solo fatto dell'invenzione. L’inventore ha inoltre il diritto, trasferibile, di conseguire il brevetto (diritto del brevetto), che ha funzione costitutiva ai fini dell'acquisto del diritto all’utilizzazione economica in esclusiva del trovato (diritto sul brevetto). Non sempre l’autore dell'invenzione coincide col soggetto legittimato a richiedere il brevetto. La dissociazione fra le due posizioni può in particolare verificarsi quando si tratta di invenzioni realizzate dai dipendenti di un imprenditore. INVENZIONI DEI DIPENDENTI Il lavoratore ha sempre diritto ad essere riconosciuto autore dell'invenzione fatta nello svolgimento del rapporto di lavoro. L'attribuzione dei diritti patrimoniali derivanti dall’invenzione è regolata secondo una triplice tipologia: INVENZIONE DI SERVIZIO L'attività inventiva è prevista come oggetto del contratto o dal rapporto di lavoro, che prevede altresì una specifica retribuzione per tale attività (invenzione di servizio). Gli addetti agli uffici ricerca e progettazione della grande industria. Le invenzioni da loro realizzate appartengono al datore di lavoro, che acquista a titolo originario il diritto di chiedere e di sfruttare il brevetto, mentre al lavoratore nella è dovuto per i risultati raggiunti. del soccombente. La competenza per le causa dei contraffazione è attributi in primo grado al Tribunale delle imprese competente per territorio. BREVETTO INTERNAZIONALE E EUROPEO Il rilascio del brevetto per invenzione attribuisce diritto di esclusiva solo sul territori o nazionale. L'esclusiva può essere conseguita anche in altri Stati ed alcuni trattati internazionali agevolano, sia pure in modo e misura diversi, il conseguimento di questo risultato. BREVETTAZIONE INTERNAZIONALE La Convenzione di Unione di Parigi del 1883 per la protezione della proprietà industriale, riconosce a chi ha richiesto il brevetto per invenzione in uno degli stati dell’Unione diritto di priorità per ciascuno degli altri paesi. L’inventore deve presentare distinte domande per ciascun paese ma la novità dell'invenzione è valutata con riferimento alla data del primo deposito nazionale, purché le successive domande siano presentate entro 12 mesi. L’inventore conseguirà in tal mondo tanti distinti brevetti nazionali, regolati dalle singole legislazioni. Il Trattato di Washington del 1970 ha consentito una notevole semplificazione della procedura per il conseguimento del brevetto internazionale, con al quale l’inventore presenta una sola domanda internazionale di brevettazione specificando per quali paesi intende conseguire il brevetto. BREVETTO EUROPEO L’inventore può anche conseguire il brevetto europeo. Il contenuto del diritto di esclusiva resta però regolato dalle legislazione nazionali dei Paesi in cui il brevetto ha efficacia. Il brevetto europeo quindi non è un brevetto autonomo. È un titolo equivalente, sul piano degli effetti, ad un fascio di brevetti nazionali. BREVETTO EUROPEO CON EFFETTO UNITARIO Nel 2011 gli organi comunitari hanno autorizzato una cooperazione rafforzata fra gli Stati membri per la creazione di un brevetto europeo con effetti unitari. Il brevetto europeo con effetto unitario è rilasciato dall’Ufficio europeo di Monaco, secondo le regole ed il procedimento previsto per il brevetto europeo. Questo brevetto ha carattere sovranazionale, unitario ed autonomo. Può essere rilasciato solo per tutti i Paesi dell’Unione Europea partecipanti e fornisce una protezione uniforme in tutti gli Stati. Le controversie riguardanti un brevetto unico europeo sono devolvette alla giurisdizione di una Corte unica europea sui brevetti , con sedi distaccate presso ciascuno Stato partecipante. L'INVENZIONE NON BREVETTATA L’inventore può astenersi dal brevettare il proprio lavoro e sfruttarlo in segreto. TUTELA DEL PRE USO È riconosciuta una limitata tutela anche a chi abbia utilizzato un’invenzione senza brevettarla. Infatti chiunque ha fatto uso dell'invenzione nella propria azienda nei 12 mesi anteriori al deposito dell’altrui domanda di brevetto, può continuare a sfruttare l'invenzione stessa nei limiti del pre uso. Il pre utente può trasferire tale facoltà, ma solo insieme all’azienda in cui l'invenzione è utilizzata, restando a suo carico la prova del pre uso e dell’ampiezza dello stesso. Si tratta in sostanza di un temperamento equitativo della funzione costitutiva del brevetto. Questa tutela minima opererà nel caso di presso segreto, la cui violazione configura anche atto di concorrenza sleale. Se l'inventore o il pre utente hanno divulgato l'invenzione, il successivo brevetto difetterà del requisito della novità e quindi potrà essere esperita azione di nullità dello stesso. Dichiarato nullo il brevetto, chiunque potrà liberamente sfruttare l’invenzione. Modelli industriali MODELLI DI UTILITÀ I modelli industriali sono creazioni intellettuali applicate all'industria di minor rilievo rispetto alle invenzioni industriali. È riguardano la foggia funzionale o estetica dei prodotti. | modelli industriali sono distinti in: A) Modelli di utilità; B) Disegni e modelli. MODELLI DI UTILITÀ I modelli di utilità sono nuovi trovati destinati a conferire particolare funzionalità a macchine, strumenti, utensili o oggetti d’uso. DISCIPLINA La tutela dei modelli di utilità si fonda sull’istituto della brevettazione e in materia torva applicazione larga parte della disciplina delle invenzioni industriali, anche se i requisiti della novità e dell’originalità vanno adattati al mino rilievo dell'idea creativa. Il punto più significativo di differenziazione normativa rispetto alle invenzioni industriali riguarda la durata del brevetto: 10 anni per i modelli di utilità, rispetto ai 20 anni delle invenzioni industriali. INVENZIONI E MODELLI DI UTILITÀ Il brevetto per invenzione ha una durata doppia rispetto a quello per modello di utilità. È possibile presentare contemporaneamente domanda per entrambi i brevetti, ma la concessione dell'uno esclude la concedibilità dell'altro. Sia le invenzioni industriali sia i modelli di utilità tendono a risolvere un problema tecnico ed anche un'invenzione vera e porta può riguardare la forma funzionale di un preesistente prodotto (invenzione di perfezionamento). L'invenzione dà vita alla creazione di un nuovo prodotto o di un nuovo procedimento; il modello presuppone un prodotto già esistente al quale apporta solo particolare efficacia o comodità di impiego. Non sempre è agevole determinare se un perfezionamento di forma dia vita ad un nuovo oggetto o si limiti a migliorare la funzionalità di un preesistente prodotto. DISEGNI E MODELLI | disegni e i modelli sono nuove idee destinate e migliorare l'aspetto dei prodotti industriali. Questo è il campo dell’industrial design. La relativa tutela avviene oggi mediante registrazione presso l'Ufficio italiano brevetti e marchi, e la nuova disciplina prevede che possono essere registrati i disegni e modelli che siano nuovi e che abbiano carattere individuale. Il disegno o modello non deve essere identico ad un disegno o modello già divulgato in precedenza e deve suscitare nell’utilizzatore informato un'impressione generale diversa da quella suscitata da qualsiasi altro disegno o modello precedentemente divulgato. È consentita anche la tutela separata di componenti destinati ad essere assemblati in un prodotto completato purché le caratteristiche visibili del componente possiedano di per sé i requisiti della novità e del carattere individuale. Non possono essere registrati disegni o modelli contrari all'ordine pubblico o al buon costume, né stemmi o altri segni protetti da convenzioni internazionali o che rivestono particolare interesse pubblico. La registrazione dura 5 anni dalla domanda, ma è prorogabile per periodo di 5 anni, fino ad un massimo di 25 anni. La registrazione di un disegno o modello conferisce al titolare il diritto esclusivo di utilizzarlo e di vietare a terzi dei utilizzarlo senza il suo consenso. L a tutela è estesa ex lege ad ogni altro disegno o modello che non sia un'impressione generale diversa. ARTE APPLICATA AL’INDUSTRIA Con l’attuale disciplina, le opere del disegno industriale sono ammesse a godere anche della più ampia tutela del diritto d'autore quando presentino di per sé carattere creativo e valore artistico. Per esse la tutela dura dunque fino a 70 anni dopo la morte dell’autore. DISEGNI E MODELLI COMUNITARI Ai disegni e modelli nazionali si sono di recente affiancati i disegni e modelli comunitari i quali ricevono una protezione autonoma ed unitaria estesa a tutti gli Stati membri dell’UE. La relativa disciplina di basa sulla registrazione del modello o del signo presso l'Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno. Limitata e provvisoria tutela le ce l'hanno anche i disegni e modelli non registrati. Il disegno e modello che possieda i requisiti di novità e carattere individuale è protetto come disegno o modello comunitario non registrato per un periodo di 3 anni dalla data in cui lo stesso è stato divulgato al pubblico per la prima volta nella Comunità consentendo al suo titolare di vietarne l'imitazione da parte di terzi. Disciplina della concorrenza CONCORRENZA PERFETTA E MONOPOLIO IL MODELLO IDEALE DI MERCATO Quando vi è contemporanea presenza sul mercato di una pluralità di operatori economici in competizione fra loro, con frazionamento dell'offerta fra + imprese nessuna delle quali sia singolarmente in grado di condizionare il prezzo delle merci vendute, ci troviamo in una situazione di concorrenza perfetta. La concorrenza spinge verso una generale e progressiva riduzione sia dei costi di produzione sia dei prezzi di vendita. È un modello perfetto in quanto assicura la naturale eliminazione dal mercato delle imprese meno competitive e stimola il progresso tecnologico e l'accrescimento dell'efficienza produttiva delle imprese. LA REALTÀ Sono 3 i fenomeni rilevanti per la disciplina antimonopolistica nazionale e comunitaria: 1) Le intese restrittive della concorrenza; 2) Gli abusi di posizione dominante; 3) Le concentrazione. NOZIONE Le intese cono comportamenti concordarti fra imprese volti a limitare la propria libertà di azione sul mercato (es. accordi con cui si fissano prezzi uniformi). Sono considerati intese: A) Gli accordi fra imprese (anche non vincolanti); B) Le deliberazioni di consorzi, di associazioni di imprese e di latri organismi similari anche se adottate ai sensi di disposizioni statutarie e regolamentari; PRATICHE CONCORDATE C) Le pratiche concordate fra imprese. Rientra tra questa ogni forma di coordinamento dell'attività delle imprese che si traduce in comportamenti paralleli consapevolmente adottati (es.aumento simultaneo dei prezzi) mediante contatti diretti o indiretti (es. Scambio sistematico di informazioni riservate). LE INTESE VIETATE Non tutte le intere anti concorrenziali sono vietate. Vietate sono solo le intese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del marcato o in una parte rilevante. Sono lecite la intese minori; cioè quelle intese che per la struttura del mercato interessato, le caratteristiche delle imprese operanti e gli effetti sull'andamento dell’offerta non incidono sull'assetto concorrenziale del mercato. La legge elenca 5 tipi di imprese espressamente vietate e sono: A) Fissare direttamente o indirettamente i prezzi di acquisto o vendita o altre condizioni contrattuali; B) Impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, gli investimenti, lo sviluppo tecnico o il progresso tecnologico; C) Ripartire i mercati e le fonti di approvvigionamento; D) Applicare, nei rapporti commerciali con altri contraenti, condizioni diverse per prestazioni equivalenti, così da determinare per essi ingiustificati svantaggi nella concorrenza; E) Subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che non abbiano alcun rapporto con l’oggetto dei contratti stessi. Quindi rientrano fra le intese vietate quella fra produttori (intese orizzontali) e gli accordi commerciali fra produttori e distributori che prevedono clausole di esclusiva idonee a produrre un effetto di chiusura del mercato (intese verticali). SANZIONI Le intese vietate sono nulle ad ogni effetto. Chiunque può agire in giudizio per farne accertare la nullità, anche prima che gli effetti restrittivi della concorrenza si siano prodotti. L'Autorità accerta con apposita istruttoria le infrazioni commesse, adotta i provvedimenti per la rimozione degli effetti anti concorrenziali già prodottisi ed irroga le sanzioni pecuniaria. Può chiudere l’istruttoria senza accertare l'infrazione, quando l'impresa assioma impegni tali da far cessare profili anti concorrenziali contestati. Può ridurre o non applicare del tutto la sanzione alla imprese che forniscano informazioni decisive o utili per la scoperta di un'intesa illecita di cui hanno fatto parte. ESENZIONI Il divieto di intese anti concorrenziali rilevanti non ha carattere assoluto. L'Autorità può concedere esenzioni temporanee purché ricorrano le condizioni specificate dalla legge. Si deve trattare di intese che migliorano le condizioni di offerta sul mercato e producono un sostanziale beneficio per i consumatori in termini di aumento della produzione, di miglioramento qualitativo della stessa o della distribuzione, di progresso tecnico. È necessario che non sia eliminata la concorrenza da una parte sostanziale del mercato. ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE E DI DIPENDENZA ECONOMICA ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE Fenomeno preso in considerazione dall'ordinamento nazionale e comunitario è l'abuso di posizione dominante da parte di una 0 + imprese. Non è vietato il fatto in sé dell’acquisizione di una posizione dominante sul mercato o in una sua parte rilavante, è vietato lo sfruttamento abusivo di questa posizione dominante, con comportamenti lesivi dei concorrenti e dei consumatori, capaci di pregiudicare la concorrenza effettiva. MERCATO RILEVANTE Nella valutazione della posizione dominante un ruolo decisivo giù a l'individuazione del mercato rilevante. Questo comprende tutti i prodotti e/o i servizi che sono considerati intercambiabili o sostituibili dal consumatore, in ragione delle caratteristiche dei prodotti, dei loro prezzi e dell’uso al quale sono destinati e abbraccia quella zona, geograficamente circoscritta, in cui le imprese fornitrici si pongono fra loro in rapporto di concorrenza. L’individuazione del mercato non è però sempre agevole. COMPORTAMENTI TIPICI I comportamenti tipici che possono dar luogo ad abuso di posizione dominante sono identificati negli stessi comportamenti che possono formare oggetto di intese vietate. È vietato di: A) Imporre, direttamente o indirettamente,, prezzi o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose; B) Impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, lo sviluppo tecnico a danno dei consumatori C) Applicare nei rapporti commerciali condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti (es. adottare prezzi diversi per lo stesso prodotto); D) Subordinare la conclusione di contratti all'accettazione di prestazioni supplementari che non abbiano alcuna connessione con l’oggetto del contratto stesso. SANZIONI Il divieto di abuso di posizione dominante non ammette eccezioni. Accertata l'infrazione, l'Autorità competente ne ordina la cessazione prendendo le misure necessarie. Infligge sanzioni pecuniarie identiche a quelle stabilite per le intese e, in caso di reiterata inottemperanza, l'Autorità italiana può anche disporre la sospensione dell'attività dell'impresa fino a 30 giorni. ABUSO DI DIPENDENZA ECONOMICA È oggi vietato nell'ordinamento nazionale anche l’abuso dello stato di dipendenza economica nel quale si trova un'impresa, cliente o fornitrice, rispetto ad una o più altre imprese anche in posizione non dominante sul mercato. Si intende per la dipendenza economica la situazione in cui una impresa sia in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un’altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi. Essa è valutata tenendo conto anche delle reali possibilità per la parte che ha subito l’abuso di reperire sul mercato alternative soddisfacenti. SANZIONI Il patto attraverso il quale si realizza l'abuso di dipendenza economica è nullo ed espone al risarcimento dei danni nei confronti dell'impresa che ha subito l'abuso. L'autorità garante applica le sanzioni previste per l'abuso di posizione dominante qualora ravvisi che l’abuso di dipendenza economica abbia rilevanza per la tutela della concorrenza e del mercato. LE CONCENTRAZIONI Fenomeno posto sotto controllo dalla legislazione antimonopolistica è costituito dalle operazioni di concentrazione fra imprese. FORME DI CONCENTRAZIONE Si ha concentrazione quando: 1) Due o + imprese di fondono dando luogo ad un’unica impresa (concentrazione giuridica); 2) Due o + imprese, pur restando giuridicamente distinte, diventano un'unica entità economica; sono sottoposte, con qualsiasi mezzo, ad un controllo unitario che consente di esercitare, anche congiuntamente, un’influenza determinante sull'attività produttiva delle imprese controllate; 3) Due o + imprese indipendenti costituiscono un'impresa societaria comune. Le imprese comuni sono sottratte alla disciplina delle concentrazioni quando abbiano come scopo principale il coordinamento dei comportamenti concorrenziali delle imprese partecipanti. Diversi sono gli strumenti giuridici che possono dar luogo ad un’operazione di concentrazione (es. fusione, scissione ecc). Identico è però il risultato economico, ossia l'ampliamento della quota di mercato detenuta dall'impresa, realizzato attraverso operazioni che comportano la sa il riduzione del numero delle imprese indipendenti operanti nel settore. Le concentrazioni costituiscono un utile strumento di ristrutturazione e non sono di per sé vietate in quanto rispondono all'esigenza di accrescere la competitività delle imprese. Diventano illecite e vietate quando diano luogo a gravi alterazioni del regime concorrenziale del mercato. COMUNICAZIONE PREVENTIVA Le operazioni di concentrazione che superano determinate Sofie di fatturato a livello nazionale o comunitario devono essere preventivamente comunicate all'Autorità italiana o alla Commissione CE, al fine di valutare se esse comportano la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante che elimina o riduce in modo sostanziale e durevole la concorrenza sul mercato nazionale o comunitario o in una parte rilevante degli stessi. Se l’Autorità ritiene di dover indagare sulla liceità della concentrazione, apre un’apposita istruttoria che deve essere conclusa nel termine di 45 giorni. Nel frattempo può ordinare alle imprese interessate di sospendere la realizzazione della concentrazione. SANZIONI Terminata l'istruttoria, l'Autorità può vietare la concentrazione se ritiene che la stessa comporta la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominate con effetti distorsivi per la concorrenza stabili e durevoli. In alternativa può autorizzarla prescrivendo le misure necessarie per impedire queste conseguenze. Qualora la concentrazione sia stata già realizzata, prescrive le misure necessarie a ripristinare condizioni di concorrenza effettiva e ad eliminare gli effetti distorsivi. In presenza di rilevanti interessi generali dell'economia nazionale, l’Autorità può autorizzare anche concentrazioni vietate. Pesanti sanzioni pecuniari sono inflitte dell'Autorità se la concentrazione vietata viene ugualmente eseguita o se le imprese non si adeguano a quanto dalla stessa prescritto per eliminare gli effetti anti concorrenziali della concentrazione già eseguita. Non è sancita la nullità delle operazioni che hanno dato luogo ad una concentrazione vietata ed ai terzi resta solo la possibilità di richiedere il risarcimento dei danni in via giudiziaria, fermo restando che l'Autorità può imporre il compimento di operazioni inverse a quelle che hanno determinato una concentrazione vietata. Limitazioni della concorrenza patto stesso e valido solo se circoscritto ad un determinato ambito territoriale o a un determinato tipo di attività. È imposto un limite di durata: massimo cinque anni. | patti di durata maggiore o di durata indeterminata sono validi per lo stesso periodo. Finalità della disciplina e quella di tutelare il soggetto o i soggetti che assumono convenzionalmente l'obbligo di non concorrenza. Alla norma è estranea la finalità di preservare la struttura concorrenziale del mercato. Il che comporta che, ogni accordo limitativo della concorrenza fra imprese italiane deve ritenersi valido quando non ricorrono i presupposti per l'applicazione delle norme antimonopolistiche comunitarie e purché non ricadono nel divieto di intese anticoncorrenziali o di abuso di posizione dominante. Si devono distinguere due categorie di patti anticoncorrenziali: i patti autonomi e i patti accessori. PATTI AUTONOMI L'accordo limitativo della concorrenza può presentarsi come un autonomo contratto che ha come oggetto e funzione esclusivi la restrizione della libertà di concorrenza. Un tale contratto può opporre obblighi di non concorrenza a carico di una sola delle parti (restrizioni unilaterali), oppure a carico di tutti gli imprenditori partecipanti all’intesa (restrizioni reciproche). CARTELLI Questi contratti si definiscono cartelli o intese che possono prevedere impegni reciproci di vario tipo. Possono riguardare la quantità da produrre (cartelli di contingentamento) o le zone di distribuzione (cartelli di zona) oppure i prezzi da praticare (cartelli prezzo). CARTELLI E CONSORZI Le finalità di un cartello possono essere realizzate anche attraverso la stipulazione di un contratto di consorzio. Il consorzio si caratterizza per la creazione di una organizzazione comune fra gli imprenditori partecipanti e per esso non è previsto alcun limite di durata. È disposto che se le parti non prevedono nulla, il contratto è valido per 10 anni. Il limite di durata quinquennale e applicabile con certezza solo alle restrizioni reciproche della concorrenza che non prevedono la costituzione di una organizzazione comune per la realizzazione del loro oggetto. Incerto e se tale regola si applichi anche quando l’accordo è strutturato sottoforma di consorzio e la soluzione negativa appare più corretta. PATTI ACCESSORI Le restrizioni negoziali della concorrenza possono atteggiarsi oltre che come contratti autonomi, anche come clausola accessoria di altro contratto avente diverso oggetto. Anche questi pattuizioni possono prevedere sia restrizioni della concorrenza a carico di una sola delle parti, sia restrizioni reciproche. Possono intercorrere sia fra imprenditori in diretta concorrenza fra loro (resti i orizzontali), sia fra imprenditori operanti a livelli diversi e fra i quali manca un rapporto diretto di concorrenza (restrizioni vertic: PATTI NOMINATI Alcuni di questi patti accessori sono disciplinati separatamente. Il codice regola distintamente: A) la clausola di esclusiva che può essere convenzionalmente inserita in un contratto di somministrazione. È una clausola per la quale è prevista una durata corrispondente a quella del contratto base. B) Il patto di preferenza a favore del somministrante inseribile nello stesso contratto di somministrazione. Con questo patto,Il somministrato si obbliga a preferire a parità di condizioni, lo stesso somministrando e qualora intenda stipulare un successivo contratto di somministrazione per lo stesso oggetto; C) Il patto di non concorrenza con il quale si limita l’attività del prestatore di lavoro per il tempo successivo alla cessazione del contratto. Patto Per il quale sono di questi requisiti di validità rigorosi per tutelare la libertà del lavoratore. Il patto è nullo se non risulta da atto scritto. È nullo anche se non è previsto un corrispettivo a favore del lavoratore. Il vincolo non può eccedere tre anni dalla fine del rapporto di lavoro; D) Il patto con cui si limita la concorrenza dell’agente dopo lo scioglimento del contratto di agenzia. Questo patto deve farsi per iscritto, non può avere durata superiore a due anni e deve riguardare la stessa zona, clientela e genere di beni o servizi oggetto del contratto di agenzia. All’agente è riconosciuta un'indennità, determinata d'accordo tra le parti o, in mancanza dal giudice. Non tutti i fatti accessori limitativi della concorrenza ricadono nell’ambito di applicazione della disciplina generale dettata dall'articolo 2596. Questa è applicabile solo ai patti accessori innominati: Patty di esclusiva e di preferenza inseriti in altri contratti (esempio. Appalto); Fatti diversi da questi inseriti in un qualsiasi contratto. E opinione corretta che anche per i patti innominati debba essere operata una distinzione. Si ritiene che il limite di cinque anni si applichi solo alle clausole in nominate che comportano limitazione della concorrenza non funzionali al tipo di contratto cui accedono: non quando tra il patto il contratto sussiste un collegamento causale in modo che il primo adempia alla stessa funzione economica del secondo. E perciò, anche le clausole di esclusiva inserite in contratti diversi dall'agenzia o somministrazione avranno validità per tutta la durata del contratto principale e non durata massima di 5 anni. ACCORDI ORIZZONTALI E VERTICALI Più forte restrizione nell’ambito di operatività dell’articolo 2596 conduce l’opinione secondo cui le limitazioni si applicherebbero sono alle restrizioni orizzontali della concorrenza: cioè ai patti stipulati fra produttori o rivenditori della stessa merce. E quindi questa disciplina non verrebbe applicata ai patti di non concorrenza stipulati fra imprenditori che operano a livello diverso. Questi patti e tutte le restrizioni verticali della concorrenza sarebbero regolati da la mail articolo 1379, che è una norma che prevede genericamente che impatto non è valido se non contenuto entro convenienti limiti di tempo e non corrisponde ad un apprezzabile interesse delle parti. La concorrenza sleale LIBERTÀ DI CONCORRENZA E DISCIPLINA DELLA CONCORRENZA SLEALE La libertà di iniziativa economica implica la normale presenza Sul mercato di una pluralità di imprenditori che offrono beni o servizi identici o simili lari e qui sono in competizione fra loro per conquistare il pubblico di consumatori e conseguire il maggior successo economico. Nel perseguimento di questi obiettivi ciascun imprenditore gode di ampia libertà di azione e può porre in atto le tecniche e strategie che ritiene più proficue. La competizione può essere anche rude pesante. Il danno che un imprenditore subisce a causa della sottrazione della clientela da parte di concorrenti non è danno ingiusto e risarcibile. E comunque interesse generale che la competizione fra imprenditori si svolga in modo corretto e leale quindi sono state determinate alcune regole di comportamento che devono essere osservate nello svolgimento della concorrenza. Il codice di commercio del 1882 non conteneva specifiche disposizioni a riguardo e il vuoto normativo fu prima colmato dalla giurisprudenza applicando la disciplina generale dell’illecito civile. Quindi comportamenti concorrenziali Riprovevoli erano sanzionati come atti illeciti, dando luogo alla formazione giurisprudenziale di un complesso di regole che disciplinavano la concorrenza. IL SISTEMA ATTUALE Nell'ordinamento questa esigenza e soddisfatta dalla disciplina della concorrenza sleale che recepisce nella legislazione interna la normativa dettata dalla Convenzione di unione di Parigi per la protezione della proprietà industriale. PRINCIPI Tre principi della disciplina della concorrenza sleale ricordiamo che nello svolgimento della competizione fra imprenditori concorrenti è vietato servirsi di mezzi e tecniche non conformi ai principi della correttezza professionale. Infatti, gli atti e comportamenti che violano questa regola sono atti di concorrenza sleale (illecito concorrenziale). Questi atti sono sanzionati anche se compiuti senza dolo o colpa. Sono sanzionati anche se non hanno ancora arrecato un danno i concorrenti. Basta il cosiddetto danno potenziale; e cioè che l’atto sia idoneo a danneggiare l'altrui azienda. Questo è necessario e sufficiente perché scattino le sanzioni tipiche dell’inibitoria alla continuazione degli atti di concorrenza sleale e della rimozione degli effetti prodotti, salvo il diritto al risarcimento dei danni in presenza di dolo o colpa e di un danno patrimoniale attuale. CONCORRENZA SLEALE E ILLECITO CIVILE Concorrenza sleale ed illecito civile sono istituti che presentano affinità e divergenze. La disciplina della concorrenza sleale assolve la funzione di prevenire reprimere atti suscettibili di arrecare un danno ingiusto. Funzione quindi identica a quella che l'ordinamento assegna alla disciplina dell'illecito civile, anche se è adattata a seconda del tipo di illecito che si vuole reprimere. La repressione degli atti di concorrenza sleale: A) È svincolata dal ricorrere dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa; B) È svincolata dalla presenza di un danno patrimoniale attuale, si inteso nel senso tradizionale; C) È attuata attraverso sanzioni tipiche (inibitoria e rimozione) che non si esauriscono nel risarcimento dei danni che è solo eventuale. Si tratta quindi di una disciplina speciale rispetto a quella dell'illecito civile e che, offre agli imprenditori una tutela più energica nelle relazioni con i concorrenti. Ciò per evitare che pratiche scorrette alterino un valore di interesse generale chi è il corretto funzionamento del mercato. INTERESSI TUTELATI L'interesse tutelato dalla disciplina della concorrenza sleale e il generale interesse a che non vengano falsati gli elementi di valutazione e di giudizio del pubblico e non siano tratti in inganno i consumatori. Interessi dei consumatori devono essere tenuti presenti nel valutare la lealtà delle pratiche concorrenziali dove il dato normativo si presta a diverse scelte interpretative. Non possono essere rilevati ad interessi direttamente Tutelati da questa disciplina. Necessario perché è un atto configuri concorrenza sleale e l'idoneità dello stesso a danneggiare i concorrenti. Resta comunque un atto di concorrenza sleale anche se non arreca alcun pregiudizio ai consumatori e anche se questi ne traggono un vantaggio. E tipico il caso delle vendite sottocosto finalizzate alla niente amento di concorrenti in quadrate fra gli atti di concorrenza sleale. Legittimati a reagire contro gli atti di concorrenza sleale sono solo gli imprenditori concorrenti o le loro associazioni di categoria; non il singolo consumatore o associazioni. Quindi l'interesse dei consumatori a non essere tratti in inganno nelle loro scelte e tutelato dalla disciplina della concorrenza sleale solo in modo mediato e riflesso. Il sistema della concorrenza sleale non può essere quindi deputato ad assolvere una diretta funzione protettiva di consumatori. Anche l'appropriazione di pregi altrui può essere realizzata con modalità e tecniche diverse. Ne costituiscono forme tipiche la pubblicità parassitaria (o per sottrazione) e la pubblicità per riferimento (o per agganciamento). La prima consiste nella mendace attribuzione a sé stessi di qualità, pregi, riconoscimenti, premi o comunque di caratteristiche positive che in realtà appartengono ad altri imprenditori del settore. La seconda tende a far credere che i propri prodotti siano simili a quelli di un concorrente, al fine di avvantaggiarsi indebitamente dell’altrui rinomanza commerciale. PUBBLICITÀ COMPARATIVA Non sempre costituisce atto di concorrenza sleale la pubblicità comparativa. Costituisce pubblicità comparativa ogni pubblicità che identifichi in modo esplicito o implicito un concorrente, o beni o servizi offerti da un concorrente. Consiste quindi nel confronto fra la propria attività i propri prodotti e quelli di uno o più concorrenti, fatto in modo da gettare discredito su gli altri prodotti o sull’altrui attività. Ciò avviene sia nell'ipotesi in cui si esprime un giudizio negativo sui concorrenti, sia nell'ipotesi in cui si utilizzano indagini di terzi contenenti i giudizi a sé favorevoli o sfavorevoli ai concorrenti. La comparazione è lecita quando non è ingannevole, quindi quando confronta oggettivamente caratteristiche essenziali e verificabili di beni o servizi omogenei. Non deve però procurare all’autore della pubblicità un indebito vantaggio tratto dalla notorietà dei segni distintivi del concorrente. GLI ALTRI ATTI DI CONCORRENZA SLEALE Si ritiene che costituiscano atti di concorrenza sleale ogni mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda. Si tratta di un criterio elastico che affida al giudice il compito di interpretare la coscienza sociale del momento, per stabilire se un comportamento concorrenziale sia o meno in armonia con i canoni di etica Professionale generalmente accettati e seguiti dal mondo degli affari. PUBBLICITÀ MENZOGNERA Fra gli atti contrari al parametro della correttezza professionale rientra la pubblicità menzognera: si tratta di una falsa attribuzione ai propri prodotti di qualità o pregi non appartenenti ad alcun concorrente. Costituisce illecito concorrenziale la pubblicità menzognera diretta a screditare i prodotti di altro imprenditore. Deve considerarsi illecita anche la pubblicità menzognera non specificamente lesiva di un determinato concorrente, quando il messaggio pubblicitario sia tale da trarre in inganno il pubblico falsandone gli elementi di giudizio, con potenziale danno a tutto il settore. PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE Nel caso di pratiche commerciali scorrette anche può applicarsi la disciplina della concorrenza sleale. Fra le altre forme di concorrenza sleale vanno ricordate: CONCORRENZA PARASSITARIA La concorrenza parassitaria che consiste nella sistematica imitazione delle altrui iniziative imprenditoriali (esempio prodotti, marchi eccetera). Limitazione è attuata con accorgimenti tali da evitare la piena confondibilità delle attività ma comunque con un disegno complessivo che denota lo sfruttamento della creatività di altri. BOICOTTAGGIO ECONOMICO Il boicottaggio economico, che è il rifiuto ingiustificato di un'impresa in posizione dominante sul mercato (boicottaggio individuale) o di un gruppo di imprese associate (boicottaggio collettivo) di fornire i propri prodotti a determinati rivenditori, in modo da escludere dal mercato. DUMPING Altra forma di concorrenza sleale è il dumping che consiste nella sistematica vendita sotto costo dei propri prodotti. È controverso però se il dumping costituisca atto di concorrenza sleale in ogni caso o solo quando sia finalizzato all'eliminazione di concorrenti ed all'acquisizione di una posizione monopolistica. STORNO DI DIPENDENTI Altra forma di concorrenza sleale e la sottrazione ad un concorrente di dipendenti o di collaboratori autonomi particolarmente qualificati, quando venga attuata con modalità tali da manifestare il deliberato proposito di danneggiare l’altrui azienda e avvantaggiarsi in modo parassitario degli investimenti formativi e delle conoscenze aziendali del concorrente. SOTTRAZIONE DI SEGRETI AZIENDALI Fra gli atti di concorrenza sleale è oggi espressamente compresa anche la violazione di segreti aziendali. Cioè, la rivelazione a terzi E l'acquisizione o l'utilizzazione da parte di terzi, in modo contrario alla correttezza professionale, delle informazioni aziendali segrete; illeciti che spora anche a sanzioni penali. SANZIONI CONTRO ATTI DI CONCORRENZA SLEALE Esistono due tipi di sanzioni contro gli atti di concorrenza sleale. La sanzione tipica dell’inibitoria e quella di risarcimento dei danni. INIBITORIA L'interesse primario dell’imprenditore che subisce un atto di concorrenza sleale e quello di ottenere la cessazione dell’otto e di ottenerla prima che ciò gli possa causare un danno patrimoniale. L'azione inibitoria risponde infatti a questa finalità. Questa azione è diretta ad ottenere una sentenza che accerti l’illecito concorrenziale, inibisca la continuazione per il futuro e disponga a carico della controparte i provvedimenti reintegrativi necessari per far cessare gli effetti della concorrenza sleale. (Ad esempio: rimozione o distruzione delle cose che sono servite per attuare l’illecito concorrenziale). Per promuovere l’azione inibitoria non è necessario che ci sia dolo 0 colpa del soggetto attivo dell'atto di concorrenza sleale e non è nemmeno necessario che vi sia un danno patrimoniale attuale per la controparte. RISARCIMENTO DEI DANNI Se invece vi è dolo o colpa del soggetto attivo e vi è un danno patrimoniale attuale per la controparte, il concorrente leso potrà ottenere anche il risarcimento dei danni. L'esercizio di questa azione è facilitato in quanto la colpa del danneggiante si presume una volta accertato l’atto di concorrenza sleale. Fra le misure risarcitorie il giudice può disporre anche la pubblicazione della sentenza in uno o più giornali a spese del soccombente. SOGGETTI LEGITTIMATI L'azione per la repressione della concorrenza sleale può essere promossa dall’imprenditore o dagli imprenditori lesi. Possono promuoverla anche le associazioni professionali degli imprenditori e gli enti rappresentativi di categoria, quando gli atti di concorrenza sleale pregiudicano gli interessi di una categoria professionale.Possono promuoverla anche gli agenti di commercio. Fra i soggetti legittimati non vi sono né i singoli consumatori, né le associazioni rappresentative dei loro interessi. PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE FRA IMPRESE E CONSUMATORI “Pratica commerciale” è qualsiasi condotta posta in essere da un professionista in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori. Rientrano quindi in questa definizione tutte le attività realizzate dall’imprenditore prima dell'operazione commerciale, come la promozione del prodotto, ma anche durante o dopo. Rientrano anche le omissioni, quando possono trarre in inganno il consumatore o possono essere considerate scorrette. Una pratica commerciale scorretta quando: A) Non è conforme al grado di diligenza che il consumatore può attendersi dal professionista in base ai principi generali di correttezza e buona fede nel settore di attività del professionista stesso; B) Edèidoneaa falsare il comportamento economico del consumatore medio, inducendolo ad assumere una decisione commerciale che non avrebbe altrimenti preso. Sono valutate con maggior rigore le pratiche commerciali che, per le loro caratteristiche possono influenzare uno specifico gruppo di consumatori particolarmente vulnerabili (minori, anziani eccetera). La correttezza della condotta del professionista dovrà essere accertata in Relazione alla normale capacità di discernimento di un individuo appartenente a quella categoria debole. I codice del consumo delinea 2 categorie tipiche di pratiche commerciali scorrette: le pratiche ingannevoli e quelle aggressive. PRATICHE INGANNEVOLI Sono ingannevoli le pratiche che, in quanto contengono informazioni false o per la presentazione, sono idonea a trarre in errore il consumatore medio su elementi essenziali dell'operazione commerciale e possono indurlo ad assumere una decisione che altrimenti non avrebbe preso. L'errore può riguardare: caratteri del prodotto, prezzo, qualifica del professionista, diritti del consumatore eccetera. Sono ingannevoli anche le pratiche commerciali che comportano confusione con i prodotti o i segni distintivi di un concorrente oppure nel caso in cui siano realizzate in violazione dei codici di comportamento che il professionista ha dichiarato di rispettare. Ad esempio le pratiche che possono indurre i consumatori a condotte imprudenti. Lo stesso vale anche quando il professionista tace o presenta in modo oscuro informazioni determinanti affiché il consumatore medio possa assumere consapevolmente le proprie scelte d'acquisto. PRATICHE AGGRESSIVE Sono aggressive le pratiche che, mediante molestie o coercizione fisica o morale, sono idonee a limitare la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio e possono indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che altrimenti non avrebbe preso. Esistono alcuni elementi da prendere in considerazione per determinare l’esistenza di una molestia o di una coercizione (tempi, luogo, persistenza). Sono inoltre, elencate una serie di pratiche che vivono in ogni caso essere considerate ingannevoli o aggressive: Si tratta di elencazioni che non hanno carattere tassativo e non impediscono la repressione di condotte non contemplate. TUTELA AMMINISTRATIVA L'autorità garante, su istanza Oddio ufficio, inibisce le pratiche commerciali illecite, nei elimina gli effetti e irroga sanzioni pecuniarie a carico del professionista. Si giudica scorretta la pratica commerciale, l'autorità può anche disporre la pubblicazione della pronuncia. Nei casi meno gravi può chiudere il procedimento Mediante un accordo con cui il professionista si impegna a porre fine all’infrazione. In caso di urgenza, l'autorità può disporre anche la sospensione provvisoria della pratica commerciale. Il giudice ordinario invece prende la decisione sull'azione di risarcimento eventualmente proposta dal consumatore danneggiato. AUTODISCIPLINA È possibile azionare preventivamente desiste Eni di autodisciplina eventualmente organizzati da associazioni imprenditoriali e professionali, come il Giurì di autodisciplina pubblicitaria.. È previsto che le parti interessate possono rivolgersi ad organismi volontari ed autonomi di autodisciplina, per ottenere l’inibitoria degli atti di pubblicità ingannevole o comparativa, convenendo, di astenersi dall’adire l'autorità garante fino alla pronuncia definitiva del giurì. Ogni interessato può richiedere all'autorità la sospensione del procedimento iniziato dinanzi alla stessa ad altri soggetti legittimati, in attesa della pronuncia dell’organo di autodisciplina. La sospensione può essere disposta per un necessario che i partecipanti svolgano la stessa attività o attività simili anche se questa è la regola quando il consorzio a finalità limitative della concorrenza. FORMA E CONTENUTO Il contratto di consorzio è un contratto formale. Deve essere stipulato per iscritto appena di nullità. Deve contenere una serie di indicazioni tra cui la determinazione dell’oggetto del consorzio, degli obblighi assunti dai consorziati e degli eventuali contributi in denaro da essi dovuti il funzionamento del consorzio. Se si tratta di consorzio di contingentamento, il contratto di deve stabilire le quote dei singoli consorziati o i criteri per la loro determinazione. DURATA Il contratto di consorzio è un contratto di durata. Questa può essere liberamente fissato dalle parti. Nel silenzio del contratto è valido per 10 anni. Non c'è alcuna distinzione tra consorzi di cooperazione e consorzi anticoncorrenziali quindi si ritiene sia applicabile anche a questi ultimi la regola che fissa in cinque anni la durata massima di patti Limitativi della concorrenza. AMMISSIONE DI NUOVI CONSORZIATI Il contratto di consorzio è un contratto aperto. È possibile la partecipazione al consorzio i nuovi imprenditori senza che sia necessario il consenso di tutti gli attuali consorziati. Le condizioni per l'ammissione devono però essere predeterminate nel contratto. L'indicazione non è essenziale e se il contratto non prevede nulla si ritiene che sia a struttura chiusa. Quindi nuovi imprenditori potranno aderire solo con il consenso di tutti i consorziati. In ogni caso è disposto che il trasferimento a qualsiasi titolo dell'azienda comporta l’automatico subingresso dell'acquirente nel contratto di consorzio. Ma, se sussiste una giusta causa e se il trasferimento dell'azienda è avvenuto per atto tra vivi, gli altri consorziati potranno deliberare l'esclusione dell'acquirente dal consorzio. RECESSO ED ESCLUSIONE Il contratto di consorzio può sciogliersi limitatamente ad un consorziato, per recesso o per esclusione. Le cause devono essere indicate nel contratto e causa tipica di esclusione può essere l'inadempimento degli obblighi consortili. Anche l'indicazione dei casi di recesso e di esclusione non è clausola essenziale del contratto. L'esclusione potrà essere sempre deliberata in caso di gravi inadempienze ed il rapporto individuale potrà essere interrotto quando un consorziato cessi di essere imprenditore, sia su iniziativa degli altri consorziati sia per recesso dell'interessato. In quanto la qualità di imprenditore delle parti è uno dei requisiti essenziali del contratto di consorzio. LIQUIDAZIONE DELLA QUOTA AI consorziato deceduto o escluso completerà la liquidazione della sua quota di partecipazione al fondo patrimoniale consortile. Nei casi di recesso e di esclusione la quota di partecipazione del consorziato ricevuto o escluso si accresce a quella degli altri consorziati. L’accrescimento però riguarderà solo la eventuale quota di produzione riservata a quel dato consorziato e non la quota di partecipazione dello stesso al patrimonio del consorzio; questa, infatti, va liquidata al consorziato receduto o escluso. SCIOGLIMENTO DEL CONSORZIO Le cause di scioglimento dell’intero contratto di consorzio sono elencate dall’articolo 2611 del codice civile che consente lo scioglimento con delibera maggioritaria dei consorziati quando sussiste una giusta causa. In mancanza lo scioglimento anticipato dovrei essere deciso all'unanimità. I CONSORZI CON ATTIVITÀ INTERNA. L'ORGANIZZAZIONE CONSORTILE Carattere strutturale essenziale dei consorzi e la creazione di un’organizzazione comune, cui è demandato il compito di attuare il contratto assumendo e portando di esecuzione decisioni a tal fine necessarie. Organizzazione può avere rilievo solo interno o anche nei confronti dei terzi. Nei consorzi si pone la necessità di determinare quali siano gli organi preposti all'attuazione del contratto e le rispettive funzioni e le modalità di funzionamento. La disciplina era lacunosa ma, dai dati normativi e merge comunque che la struttura organizzativa di ogni consorzio si fonda sulla presenza di un organo con funzioni deliberativi, composto da tutti i consorziati (assemblea) e di un organo con funzioni gestori e ed esecutive (organo direttivo). ASSEMBLEA Per quanto riguarda l'assemblea si prevede che le delibere relative all'attuazione dell'oggetto del consorzio sono prese col voto favorevole della maggioranza dei consorziati. Mentre, è richiesto il consenso di tutti consorziati per le modificazioni del contratto. Queste regole hanno carattere dispositivo perché è fatta salva la possibilità delle parti di disporre diversamente nel contratto. Per le delibere adottate a maggioranza, è previsto che se possono essere impugnate entro 30 giorni davanti al autorità giudiziaria dai consorziati, sì non sono state prese in conformità della legge o del contratto. Non è disposto nulla invece, sulle regole procedurali da osservare nelle deliberazioni. In ogni caso, si ritiene che almeno le deliberazioni a maggioranza debbano essere adottate rispettando le cadenze che regola il funzionamento di ogni organo collegiale: preventiva convocazione, riunione, discussione e votazione. ORGANO DIRETTIVO Per quanto riguarda l’organo direttivo, nei consorzi non destinati a svolgere attività esterna, la funzione tipica di questo organo e quella di controllare l’attività dei consorziati al fine di accertare l'esatto adempimento delle obbligazioni assunte. CONSORZI CON ATTIVITÀ ESTERNA È prevista una specifica disciplina per quanto riguarda i consorzi che svolgono attività con i terzi. Questa disciplina trova fondamento sia nell’esigenza di regolare i rapporti patrimoniali tra il consorzio e di terzi, sia nel carattere imprenditoriale dell'attività di questi consorzi.Infatti nei consorzi di cooperazione aziendale, lo svolgimento di fasi dell'attività dell’imprese consorziate e comunque è già un'attività di impresa ed un'attività commerciale. Quindi i consorzi con attività esterna costituiscono una delle possibili forme organizzative per l’esercizio collettivo di attività d’impresa. PUBBLICITÀ LEGALE Per questi consorzi è previsto un regime di pubblicità legale che serve a portare a conoscenza dei terzi i dati essenziali della struttura del consorzio. Infatti, un estratto del contratto di consorzio deve essere depositato presso l'ufficio del registro delle imprese, entro 30 giorni dalla stipulazione. Le persone che hanno la direzione del consorzio sono tenute a redigere annualmente la situazione patrimoniale del consorzio e a depositarla presso l'ufficio del registro delle imprese. RAPPRESENTANZA Il contratto di consorzio che svolge attività esterna deve specificare le persone a cui è attribuita la presidenza, la direzione e la rappresentanza del consorzio e di relativi poteri. Questi dati devono essere iscritti nel registro delle imprese. Inoltre, è previsto che il consorzio può essere chiamato in giudizio (rappresentanza processuale passiva) nelle persone del presidente del direttore, anche se la rappresentanza è attribuita ad altre persone. Quindi, la mancanza di rappresentanza processuale passiva del presidente e del direttore è inopponibile ai terzi, anche se iscritta nel registro delle imprese. IL FONDO CONSORTILE Nei consorzi con attività esterna è prevista la formazione di un fondo patrimoniale (fondo consortile), costituito dai contributi iniziali e successivi dei consorziati e dei beni acquistati con questi contributi. Questo fondo consortile è considerato come patrimonio autonomo rispetto al patrimonio dei singoli consorziati: infatti, è destinato a garantire il soddisfacimento dei creditori del consorzio e infatti, è aggredibile solamente da questi fino a quando dura il consorzio. Per la durata del consorzio, quindi, i consorziati non possono chiedere la divisione del fondo ed | creditori particolari dei consorziati non possono far valere i loro diritti sullo stesso fondo. OBBLIGAZIONI CONSORTILI Per quanto riguarda le obbligazioni consortili bisogna distinguere tra obbligazioni assunte in nome del consorzio dai suoi rappresentanti e obbligazioni assunte dagli organi del consorzio per conto dei singoli consorziati. Per le prime, risponde esclusivamente il consorzio e di creditori possono far valere i loro diritti sul fondo consortile. E quindi, i terzi possono fare affidamento solo sul patrimonio del consorzio, per le obbligazioni assunte in nome del consorzio e nell’interesse di tutti consorziati. Maggiormente tutelati sono i terzi quando si tratta di obbligazioni assunte dagli organi del consorzio per conto dei singoli consorziati. Per queste obbligazioni rispondono solidalmente sia il consorzio o i consorziati interessati, sia fondo consortile. È inoltre previsto che, in caso di insolvenza del consorziato interessato, il debito dell’insolvente si ripartisce fra tutti gli altri consorziati in proporzione delle loro quote. Quindi significa che per queste obbligazioni la responsabilità del fondo consortile ha funzione di garanzia. Il consorzio inoltre potrà avere azione di rivalsa per l’intero nei confronti del consorziato interessato e azione di rivalsa pro quota verso gli altri consorziati. Questo regime di responsabilità trova applicazione in tutti casi in cui un'operazione rientrante nella sfera dell'oggetto consortile, sia stata compiuta nell'interesse esclusivo di uno o di più consorziati determinati. Cioè, sia quando gli organi del consorzio hanno operato in nome del consorzio e per conto del singolo consorziato, sia quando l'operazione è stata compiuta in nome e per conto del consorziato in base a procura conferita al direttore del consorzio, sia quando il singolo consorziato ha stipulato direttamente il contratto col terzo, avvalendosi dell’opera di Intermediazione del consorzio. LE SOCIETA CONSORTILI CONSORZI E SOCIETÀ Consorzi e società sono istituti diversi. La diversità e metta quando il consorzio svolge attività esclusivamente interna, in quanto manca l’eser. in comune di un'attività economica da parte dei consorziati. La distinzione è più sottile quando il consorzio è destinato a svolgere anche attività esterna. Società e consorzi con attività esterna sono infatti fenomeni associativi che presentano in comune, il normale carattere imprenditoriale dell’attività esercitata, Ed il fine di realizzare attraverso questa attività un interesse economico dei partecipanti. Si differenziano comunque per la diversità dello scopo egoistico programmato e tipicamente perseguito. SCOPO CONSORTILE Per quanto riguarda lo scopo consortile, bisogna dire che il consorzio si caratterizza per: A) La qualità di imprenditore di tutti partecipanti al consorzio; B) Elostretto nesso funzionale che esiste fra l’attività del consorzio e l’attività svolta da i singoli imprenditori consorziati, visto che l’organizzazione comune è costituita per la disciplina il per lo svolgimento di determinati fasi delle rispettive imprese. Indi, funzione tipica di un consorzio e quella di produrre beni o servizi necessari alle imprese consorziate e tendenzialmente destinati ad essere assorbiti dalle stesse. Ciò implica, che l’attività di impresa per consorzio non si può ritenere tipicamente finalizzata nella produzione di beni o servizi destinati ad essere ceduti a terzi, e al conseguimento di utili, poiché i rapporti di scambio sono posti in essere con gli stessi imprenditori partecipanti al consorzio. AMMINISTRATORI La gestione del gruppo e affidata ad uno o più amministratori, nominati con il contratto costitutivo del gruppo o con decisione dei membri. Può essere nominato amministratore anche una persona giuridica, la quale esercita le relative funzioni tramite un proprio rappresentante, persona fisica. RAPPRESENTANZA I poteri degli amministratori sono fissati dal contratto. Tuttavia ad essi spetta per legge la rappresentanza del gruppo verso i terzi. Se gli amministratori sono più, la rappresentanza spetta a ciascuno disgiuntamente, salvo che il contratto preveda la rappresentanza congiunta. Specifiche norme, poi, tutelano i terzi che entrano in contatto con i rappresentanti legali del gruppo. SCRITTURE CONTABILI Il gruppo deve tenere le scritture contabili previste per gli imprenditori commerciali, indipendentemente dalla natura dell'attività esercitata. Gli amministratori redigono il bilancio, lo sottopongono all'approvazione dei membri e provvedono a depositarlo nel registro delle imprese entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio. PROFITTI E PERDITE I profitti risultanti dall'attività del gruppo sono considerati direttamente i profitti dei membri e ripartiti fra gli stessi secondo la proporzione prevista nel contratto o, in parti uguali. Con lo stesso criterio i membri contribuiscono a coprire l'eccedenza delle uscite rispetto alle entrate del gruppo. RESPONSABILITÀ La disciplina del gruppo europeo di interesse economico non prevede la formazione obbligatoria di un fondo patrimoniale iniziale, né eleva espressamente il fondo patrimoniale eventualmente costituito a patrimonio autonomo. Delle obbligazioni di qualsiasi natura assunte dal gruppo rispondono solidalmente ed illimitatamente tutti i membri del gruppo, oltre a questo col proprio patrimonio. La responsabilità dei membri è sussidiaria rispetto a quella del gruppo: i creditori possono agire nei confronti dei membri soltanto dopo aver chiesto al gruppo di pagare e qualora il pagamento non sia stato effettuato entro un congruo termine. Non si tratta quindi di un vero e proprio beneficio di escussione. Ogni nuovo membro del gruppo risponde anche delle obbligazioni anteriori al suo ingresso, salvo patto contrario opponibile ai terzi solo se pubblicato. Inoltre, i membri che cessano di far parte del gruppo continuano a rispondere delle obbligazioni anteriori e la responsabilità permane anche dopo lo scioglimento del gruppo, per un termine massimo di cinque anni. NUOVE AMMISSIONI L'ammissione di nuovi membri deve essere decisa all'unanimità e l’unanimità è necessaria anche per l’efficacia della cessione della quota di partecipazione, sia ad un terzo sia ad altro membro. RECESSO ED ESCLUSIONE Le cause di recesso ed esclusione devono essere fissate nel contratto. Il recesso è sempre possibile se sussiste una giusta causa o con l'accordo unanime degli altri componenti. Inoltre, in caso di gravi inadempienze l'esclusione può essere comunque pronunciata dal giudice su richiesta della maggioranza degli altri membri. Sono esclusi di diritto: il componente che perde requisiti soggettivi per la partecipazione al gruppo e il membro insolvente che sia assoggettato a procedura concorsuale. Il componente che cessa di far parte del gruppo diritto alla liquidazione del valore della sua quota di partecipazione, determinato tenendo conto del patrimonio del gruppo al momento dello scioglimento parziale. SCIOGLIMENTO DEL GEIE Sono cause obbligatorie di scioglimento del gruppo: la scadenza del termine; il conseguimento dell'oggetto o la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo; il venir meno della pluralità dei membri o della diversa nazionalità degli stessi. Il giudice può anche pronunciare lo scioglimento del gruppo per giusta causa. Il verificarsi di una causa di scioglimento del gruppo apre il procedimento di liquidazione dello stesso, che è regolato dalle disposizioni in tema di società di persone. FALLIMENTO AI pari di ogni imprenditore commerciale, il gruppo che esercita attività commerciale è esposto al fallimento in caso di insolvenza. Il fallimento del gruppo non determina l’automatico fallimento dei suoi membri anche se responsabili illimitatamente. Tuttavia, gli organi del fallimento potranno chiedere ai membri del gruppo il versamento delle somme necessarie per estinguere i debiti secondo la proporzione prevista nel contratto o, in parte uguali. Associazioni temporanee di imprese ASSOCIAZIONI TEMPORANEE DI IMPRESE IL FENOMENO Le associazioni temporanee o raggruppamenti temporanei di imprese sono forme di cooperazione temporanea ed occasionale fra imprese poste in essere per realizzare congiuntamente un’opera o un affare complesso. Si tratta perlopiù di grandi opere pubbliche o private, che superano le capacità operative della singola impresa ma che, presentano caratteristiche tali da consentire il concorso di più imprese distinte nella loro realizzazione. Si pensi alla costruzione di un autostrada. La cooperazione temporanea fra imprese per la realizzazione di opere aventi tali caratteristiche è fenomeno largamente diffuso in campo internazionale. Esigenza che si pone anche sul piano nazionale soprattutto nel settore di grandi appalti pubblici e privati. E si tratta di un’esigenza operativa che non sempre viene soddisfatta attraverso la costituzione di una società o di un consorzio di cooperazione fra le imprese interessate. IL PROBLEMA GIURIDICO La costituzione di questi organismi comporta spese preventive che potrebbero risultare inutili qualora la gara di appalto non venga vinta. Se le imprese partecipano alla gara attraverso una società o un consorzio, saranno questi organismi a risultare, giuridicamente, aggiudicatari dell'appalto e non le singole imprese che intendono cooperare nell'esecuzione dell’opera. Saranno quindi la società o il consorzio ad assumere l'obbligo di costruire l’opera complessiva e ad acquistare tutti diritti relativi nei confronti del committente. E molto spesso sono proprio queste conseguenze che le imprese interessate vogliono evitare in quanto eccedenti rispetto allo scopo perseguito. Questi vogliono unire le loro forze e cooperare ma vogliono al tempo stesso Conservare la loro autonomia operativa. Vogliono seguire ciascuna direttamente, con i propri mezzi e con la propria organizzazione, una parte dell’opera, assicurando al committente il coordinamento imposto dal carattere unitario dell’opera e pur presentando le necessarie garanzie di esecuzione integrale dell'appalto. LA PRASSI CONTRATTUALE Quindi si sono sviluppati nella pratica degli affari, accordi reciproci di cooperazione strutturata in modo da soddisfare le delineate esigenze operative evitando nel contempo di dar vita ad un rapporto societario. Le imprese interessate si presentano di fronte alla controparte come imprese distinte ma collegate. Presentano un'offerta congiunta e si obbligano congiuntamente ad eseguire l’opera complessiva affidando ad una di esse (impresa capogruppo capofila) il compito di gestire unitariamente rapporti con il committente e di coordinare lavori nella fase esecutiva. Ciascun impresa conserva piena autonomia giuridica ed economica nel compimento della parte dell’opera o della specifica prestazione da essa direttamente assunta e risponde direttamente nei confronti del committente per la parte di propria competenza. Le forme di cooperazione fra imprese così strutturate, presentano caratteri di originalità tali da rendere difficile il loro puntuale inquadramento in alcuno dei tipi contrattuali legislativamente previsti e regolati. Costituiscono contratti associativi innominati, espressione dell'autonomia contrattuale delle parti. Questi fenomeni non hanno ancora ricevuto il nostro ordinamento una disciplina organica ed unitaria gli abbracci profili sia interni sia esterni della loro attività. FIGURE TIPICHE La nostra legislazione si limita a regolare solo alcuni aspetti di alcune forme tipiche di cooperazione temporanea relative a determinati settori di attività: A) Accordi di cooperazione internazionale per la produzione di opere cinematografiche; B) Istituto della contitolarità della cessione per la ricerca e la coltivazione di giacimenti di idrocarburi o minerari; C) Le associazioni temporanee di imprese per la partecipazione agli appalti pubblici di lavori, forniture servizi, disciplinate dal codice degli appalti pubblici. LE ASSOCIAZIONI TEMPORANEE PER LA PARTECIPAZIONE AGLI APPALTI PUBBLICI La legislazione in tema di appalti pubblici consente che l'esecuzione della stessa opera, o la prestazione di forniture o servizi, siano affidate in appalto ad una pluralità di imprese che conservano la propria individualità. Allo stesso tempo detta norme volte a garantire che la cooperazione di più imprese non pregiudichi di interessi dell'ente committente nella fase di esecuzione del contratto. MANDATO COLLETTIVO Il raggruppamento temporaneo di imprese disciplinato dal codice degli appalti pubblici si fonda su un mandato collettivo con rappresentanza conferito dalle imprese che intendono partecipare alla gara di appalto ad una di esse qualificata capogruppo. Il mandato deve risultare da scrittura privata autenticata ed è per legge gratuito. In base a tale mandato la capogruppo è ammessa a formulare un’ unica offerta, in nome e per conto proprio e delle altre imprese riunite RAPPRESENTANZA DELLA CAPOGRUPPO Per assicurare all'ente pubblico committente un unico interlocutore per tutta la durata dell’appalto, la capogruppo conserva la veste di rappresentante per tutto tale periodo. Il mandato conferito alla capogruppo è irrevocabile e la revoca, non hai effetto nei confronti del soggetto appaltante. La disciplina di diritto comune invece stabilisce che la revoca del mandato collettivo è sempre possibile, sE proviene da tutti i mandanti e può essere provocata anche dal singolo mandante se sussiste giusta causa. Inoltre è stabilito che la capogruppo alla rappresentanza esclusiva, anche processuale, Willy imprese mandanti nei confronti della stazione appaltante per tutte le operazioni i gatti di qualsiasi natura dipendenti dall’appalto, anche dopo il collaudo dei lavori, fino all'estinzione di ogni rapporto. La posizione di rappresentante della capogruppo opera solo a favore dell’ente committente in quanto questo conserva il diritto di far valere direttamente le responsabilità facenti capo ai mandanti. RESPONSABILITÀ La finalità di tutela dell'ente committente emerge anche dalla disciplina della rispondi Sabi Lita nei suoi confronti, diversamente articolata a seconda che l’opera comprenda o meno parti dichiarati scorporabil dall'ente stesso. Vale a dire, parti che possono essere assunte separatamente dall’imprese raggruppate. La parte di non scorporabili danno vita ai cosiddetti raggruppamenti 1) La denominazione di cambiale inserita nel contesto del titolo ed espressa nella lingua in cui il titolo è redatto. Per il vaglia cambiario possono essere utilizzate le denominazioni “vaglia cambiario” o “pagherò cambiario”; 2) L’ordine incondizionato nella cambiale tratta (pagherete a...) o la promessa incondizionata nel vagli cambiario (pagherò a ...) di pagare una somma determinata. Somma che è espressa sia in lettere sia in cifre. In caso di discordanza, prevale la somma scritta in lettere. Se la somma è scritta più volte in caso di discordanza prevale la somma minore. 3) L’indicazione nella cambiale tratta del nome di chi è designato a pagare, il suo luogo e data di nascita e il duo codice fiscale. Il trattario può essere anche lo stesso traente. 4) L'indicazione nel vaglia cambiario del luogo e della data di nascita e del codice fiscale dell’emittente; 5) Il nome del primo prenditore. Nella cambiale tratta può essere lo stesso traente; 6) La data di emissione della cambiale; quindi l’indicazione del giorno in cui il titolo è messo in circolazione; 7) La sottoscrizione del traente o dell'emittente. La sottoscrizione deve essere autografa; apposta manualmente dal traente o dall'emittente e deve contenere il nome e il cognome o almeno la ditta di colui che si obbliga. È valida la sottoscrizione in cui il nome è abbreviato o indicato solo con l'iniziale. Req aturali Sono: 1) L'indicazione della scadenza. Questa può essere omessa ed in tal caso la cambiale si considera pagabile a vista. Se indicata, la scadenza deve rientrare in uno dei 4 tipi previsti dalla legge: a vista, a certo tempo vista, a certo tempo data, a giorno fisso. A vista: immediatamente esigibile e deve essere presentata al pagamento entro 1 anno dalla sua data; A certo tempo vista: scade decorso un determinato periodo di tempo dalla data di accettazione o del protesto per mancata accettazione, o dalla data del visto apposto dall’emittente; A certo tempo data: pagabile decorsi un determinato numero di giorni o mesi dalla data di emissione. 2) L'indicazione del luogo dove la cambiale è emessa. In mancanza, la cambiale si considera sottoscritta nel Lugo indicato accanto al nome del traente o dell'emittente; 3) L'indicazione del luogo di pagamento. In mancanza la cambiale tratta è pagabile nel luogo indicato accanto al nome del trattario; il vagli cambiario nel luogo di emissione del titolo. È possibile indicare come Lugo di pagamento anche il domicilio di un terzo ed in tal caso la cambiale di dice domiciliata. La domiciliazione è propria se il pagamento deve essere effettuato dal terzo, come rappresentante del trattario o dell'emittente. È impropria se il pagamento deve essere effettuato presso il terzo dallo stesso trattario o dall'emittente. Possono essere indicati anche più luoghi di pagamento. Il bollo Non costituisce requisito di validità della cambiale il pagamento dell'imposta proporzionale di bollo. La mancanza o insufficienza originaria del bollo privano la cambiale della qualità di titolo esecutivo. La successiva regolarizzazione fiscale è necessaria affinchè il portatore possa esercitare in giudizio i diritti cambiari. La cambiale in bianco La cambiale sprovvista di uno dei requisiti essenziali si chiama cambiale in bianco. Perché si possa parlare di titolo di credito cambiario basta la sola sottoscrizione autografata apposta sul modulo bollato o un qualsiasi foglio di carta che porti al denominazione cambiale. Tutto il resto può essere aggiunto dopo ad opera del prenditore del titolo. Accordo di riempimento L'emissione della cambiale in bianco è accompagnata da un accordo di riempimento fra emittente e primo prenditore, con il quale si fissano le modalità del successivo riempimento del titolo. All’emissione della cambiale in bianco si ricorre quando alcuni dati cambiari non sono attualmente determinale, ma lo saranno in futuro in relazione allo svolgimento di un determinato rapporto fra le parti (es. cambiale di garanzia). Abusivo riempimento Chi rilasci una cambiale in bianco resta esposto al rischio che la stessa sia riempita dal prenditore in modo difforme da quanto pattuito. Il rischio è limitato se il pagamento della cambiale viene richiesto da colui con cui è intercorso l’accordo di riempimento: a questi l'emittente potrà sempre opporre la violazione dell'accordo di riempimento. Eccezione personale Il rischio è piÙ grave se l'immediato prenditore, dopo aver completato il titolo in difformità degli accordi, lo giri ad un terzo. L'eccezione di abusivo riempimento è un'eccezione personale, essa non è opponibile al terzo possessore a meno che questi abbia acquistato la cambiale in mala fede ovvero abbia commesso colpa grave acquistandola. In difetto di tale prova, il debitore dovrà pagare la cambiale e potrà solo chiedere il risarcimento dei danni all'autore dell’abusivo riempimento. Decadenza Il portatore decade dal diritto di riempire la cambiale in bianco dopo tre anni dal giorno dell’emissione del titolo. Il riempimento tardivo non è opponibile al portatore di buona fede al quale il titolo sia pervenuto già completo. Cambiale incompleta Quando ad es. un modulo cambiario firmato viene rubato ancora incompleto ed il ladro, dopo averlo riempito, gira la cambiale ad un terzo di buona fede. Eccezione reale o personale? Per la cambiale in bianco come per la cambiale incompleta, l’abusivo riempimento costituisce un'eccezione personale. Re validità dell’obbligazione cambiari I requisiti formali di validità della cambiale non possono essere tutti elevati a requisiti formali di validità della singola dichiarazione cambiaria, ma a requisito di forma in senso proprio di questa è solo il rispetto della sottoscrizione. Requisiti sostanziali di validità sono solo la capacità al momento dell'emissione del titolo 0, se la firma è apposta da un rappresentante, che questo abbia i necessari poteri al momento dell'emissione. Difetto di capacità o di rappresentanza al momento dell’emissione sono i soli vizi sostanziali che danno luogo ad eccezioni reali. Capacità e rappresentanza cambiaria Capacità L'assunzione di obbligazione cambiaria costituisce atto eccedente l’ordinaria amministrazione, quindi nel caso di incapaci; il rappresentante e legale del minore o dell’interdetto può assumere obbligazioni cambiarie in loro nome solo previa autorizzazione del giudice tutelare, salvo che sia stato autorizzato alla continuazione dell’esercizio di impresa commerciale. Per l’inabilitato e minore emancipato non autorizzato all'esercizio di impresa commerciale, + previsto che la loro firma sia accompagnata da quella del curatore con la clausola “per assistenza” o altra equivalente. In mancanza, il curatore è obbligato personalmente. Rappresentanza cambiaria L’obbligazione cambiaria può essere assunta anche a mezzo rappresentante. Questi deve far risultare dal titolo tale sua qualità (contemplatio domini), utilizzando la formula “per procura” od altra equivalente purchè idonea ad evidenziare che sta assumendo obbligazione in nome altrui. In tema di interpretazione della procura generale, la soluzione è diversa a seconda che il rappresentato sia o meno imprenditore commerciale. Il rappresentante generale di un imprenditore commerciale può assumere obbligazioni cambiarie salvo che non risultati diversamente dall’atto di conferimento della procura. Il rappresentante di chi non è imprenditore commerciale non può assumere obbligazioni cambiarie, salvo prova contraria. Falsus procurator Il rappresentante cambiario senza poteri è obbligato cambiariamente come se avesse firmato in proprio, quindi è tenuto al pagamento in luogo del preteso rappresentato, che può eccepire il difetto di rappresentanza anche al terzo possessore di buona fede trattandosi di eccezione reali. Il rappresentante senza poteri che ha pagato ha gli stessi diritti che avrebbe avuto il rappresentato. Quindi può agire cambiariamente nei confronti degli eventuali obbligati cambiari di grado anteriore. Le obbligazioni cambiarie Pluralità di obbligazioni La cambiale è un titolo di credito destinato ad incorporare più obbligazioni. Nasce con l'obbligazione del traente o dell'emittente e se ne possono aggiungere altre durante la vita del titolo: quella del trattario-accettante; dei singoli girante; degli avallanti e dell’accettante per intervento. Le obbligazioni cambiarie sono rette da alcuni principi. Indipendenza reciproca Innanzitutto, l'invalidità della singola obbligazione cambiaria non incide sulla validità delle altre. Questo è il principio della reciproca indipendenza o autonomia delle obbligazioni cambiarie. Se una cambiale contiene firma di persone incapaci, firme false o di persone immaginari o firme che per qualsiasi ragione non obbligano le persone che hanno firmato la cambiale o col nome delle quali essa è stat firmata, le obbligazioni degli altri firmatari restano valide. Obbligati solidali Gli obbligati cambiari sono obbligati in solido nei confronti del portatore del titolo alla scadenza, che può chiedere a ciascuno di essi il pagamento dell'intera somma cambiaria. Gli obbligati cambiari non sono obbligati tutti allo stesso modo, sia difronte al portatore, sia nei rapporti tra loro. Obbligati diretti e di regresso Nei confronti del portatore del titolo, gli obbligati cambiari sono distinti in 2 categorie: obbligati diretti e di regresso. L'azione nei confronti dei primi non è subordinarla a particolari formalità. L'azione nei confronti dei secondi presuppone il verificarsi di alcune condizioni (es. rifiuto dell’accettazione o del pagamento) ed è subordinata a specifici adempimenti formali. Sono obbligati diretti: l'emittente, l’accettante ed i loro avallanti. Sono obbligati di regresso: il traente, i giranti, i loro avallanti e l’accettante per intervento. I gradi cambiari Diversa è anche la posizione degli obbligati cambiari nei rapporti reciproci: uno solo di essi deve sopportare il peso definitivo del debito cambiario, mentre gli altri sono per legge garanti di grado successivo del pagamento. L’avallo è un’obbligazione di garanzia collegata con quella dell’avallato, ma è un’obbligazione autonoma rispetto a quest’ultima. L'obbligazione dell’avallante è valida ancorchè l'obbligazione garantita sia nulla per qualsiasi altra causa che un vizio di forma. Quindi trova applicazione il principio della reciproca indipendenza delle obbligazioni cambiarie con la sola eccezione che l’avallante può opporre al portatore il vizio di forma dell’obbligazione dell’avallato. L’avallante è tenuto al pagamento che se l'obbligazione dell’avallato è invalida. Avallo e fideiussione L’avallo è una tipica garanzia cambiaria che si differenzia dalla fideiussione. L’avallo è una garanzia autonoma; la fideiussione è una garanzia accessoria. A) L’avallo invalido come tale non si converte automaticamente in una fideiussione, anche perché non necessariamente il rapporto causale che sta a base dell’avallo è una fideiussione; B) Non sono applicabili all’avallo le norme proprie della fideiussione che trovano fondamento nel carattere accessoria della relativa garanzia L'autonomia dell’avallo non va enfatizzata oltre i limiti risultanti dai dati normativi . L'autonomia dell’avallo non impedisce all’avallato di opporre al portatore il pagamento a lui già effettuato da parte dell’avallato o altri fatti estintivi dell’obbligazione intervenuti fra l’avallato e quel determinato portatore. La cambiale ipotecaria Il pagamento della cambiale può essere assistito anche da garanzie reali: pegno ed ipoteca. Isc ne L’ ipoteca rilasciata a Garzanti di una determina obbligazione cambiaria deve essere iscritta nei registri immobiliari e annotata sulla cambiale a cura del conservatore. L’annotazione è essenziale per la costituzione dell'ipoteca. Circolazione In seguito all’annotazione, L’ ipoteca iscritta a favore dell’attuale possessore del titolo, si trasferì a automaticamente senza che sia necessario annotare i successivi trapassi nei registri immobiliari. In caso di mancato pagamento della cambiale, l’attuale possessore potrà avvalersi dell'ipoteca col grado da essa acquistato al momento dell’iscrizione originaria. Cancellazione La cancellazione dell'ipoteca può essere consentita dal creditore anche prima del pagamento. La cancellazione deve essere annotata anche sulla cambiale a cura del conservatore e comporta la perdita del diritto di regresso nei confronti dei giranti anteriori alla cancellazione. Ciò purché la loro obbligazione sia di grado successivo a quella garantista in quanto, se costretti a pagare, avrebbero avuto diritto ad essere surrogati nell’ipoteca. La circolazione della cambiale Cambiale non all’ordine Il trasferimento della cambiale mediante girata può essere escluso dal traente o dall'emittente apponendo sul titolo la clausola non all'ordine. La cambiale è trasferibile solo nella forma e con gli effetti di una cessione ordinaria. L'acquirente subentra a titolo derivativo nei diritti cambiari e resta esposto a tutte le eccezioni opponibili ai precedenti portatori. Gli stessi effetti si producono quando la cambiale è trasferita mediante atto separato anziché girata. Forma La girata deve essere apposta sulla cambiale e deve essere sottoscritta dal girante, altrimenti è nulla. Anche la girata della cambiale può essere in pieno o in bianco. La girata in bianco deve essere scritta esclusivamente a tergo della cambiale o sull’allineamento. Contenuto La girata della cambiale può essere fatta anche a favore del trattario o di uno qualsiasi degli obbligati cambiari, senza che ciò comporti estinzioni della relativa obbligazione per confusione. Il giratario di ritorno può girare di nuovo la cambiale. La girata deve essere incondizionata e qualsiasi condizione apposta si ha per non scritta. È nulla la girata parziale. Effetti La girata trasferisce la legittimazione all’esercizio dei diritti cartolari. Anche nella cambiale, il possessore in buona fede del titolo, che si legittima in base ad una serie continua di girate, diventa proprietario del titolo e titolare del diritto, prevalendo sul proprietario spossessato. Funzione di garanzia Nella cambiale il girante risponde per legge, come obbligato di regresso, dell’accettazione e del pagamento della cambiale. Ma, con apposita clausola, il girante può esonerarsi da ogni responsabilità cambiaria per l'accettazione e/o il pagamento. Girata non all'ordine La clausola non all'ordine apposta dal girante non impedisce che il titolo possa essere ulteriormente trasferito mediante girata. Limita la responsabilità del girante. Questi resta obbliato cambiariamente solo nei confronti dell’immediato giratario; non risponde nei confronti di coloro la cui cambiale sia ulteriormente girata. Girata per procura e a titolo di pegno La cambiale può essere girata per procura o a titolo di pegno. La disciplina coincide con quella dei titoli di credito in generale. Girata tardiva La cambiale può essere girata anche dopo la scadenza. La girata effettuata dopo il protesto per mancato pagamento, o dopo la scadenza del termine per levarlo, produce solo gli effetti di una cessione ordinaria. Il giratario non acquista un diritto letterale ed autonomo pur restano dispensato dalla notifica al debitore. Anche per la girata tardiva è da escludersi che il girante assuma responsabilità cambiaria. Il pagamento della cambiale La disciplina del pagamento della cambiale ricalca le norme dettate in via generale dal codice per i titoli all'ordine. Legittimazione Legittimato a chiedere il pagamento è il portatore della cambiale che giustifica il suo diritto con una serie continua di girate, anche se l’ultima è in bianco. Le girate cancellate si hanno per non scritte. Chi paga alla scadenza è tenuto a controllare solo la regolarità formale delle girate e la continuità delle stesse e se il titolo contiene girate in bianco si presume che il sottoscrittore della girata successiva sia il beneficiario di quella in bianco. Chi paga non è tenuto a controllare l'autenticità della firma dei giranti e la validità sostanziale delle girate.eseguiti tali controlli ed identificato l’attuale possessore, il debitore cambiario è liberato anche se paga al non titolare, a meno che da parte sua non vi sia stato dolo o colpa grave. Presentazione per il pagamento La cambiale deve essere presentata per il pagamento al trattario nella cambiale tratta e all’emittente nel vagli cambiario o alla diversa persona designata nel titolo a pagare per loro. Nella cambiale a giorno fisso e a certo tempo data o vista, la presentazione deve essere effettuata nel giorno della scadenza o in uno dei due giorni feriali successivi. La cambiale a vista deve essere presentata per il pagamento entro un anno dalla data di emissione. L'omessa presentazione nei termini comporta la perdita dell’azione cambiaria nei confronti degli obbligati di regresso. Termine essenziale Il termine di scadenza della cambiale è termine essenziale per il creditore e per il debitore. Il portatore della cambiale non p tenuto a ricevere il pagamento prima della scadenza. Anche se consentito dal portatore, il pagamento anticipato è a rischio e pericolo del debitore. Questi, anche se ha pagato al legittimato cartolare, può essere costretto ad un secondo pagamento da parte dell’effettivo titolare del credito. Se la cambiale non è presenta per il pagamento nei termini, ogni obbligato cambiario può liberarsi depositando la somma presso la BI. Pagamento parziale Il portatore non può rifiutare un pagamento parziale. Sono tutelati gli obbligati di regresso che restano responsabili solo per il residuo. Il pagamento per l’intero dà il diritto alla restituzione del titolo, quietanzato dal portatore. In caso di pagamento parziale, il debitore può esigere che ne sia fatta menzione nel titolo e gliene sia data quietanza separata. Pagamento per intervento Il pagamento della cambiale può essere effettuato per intervento. Colui che paga per intervento può essere un terzo o una persona già obbligata cambiariamente, tranne l’accettante. La sua indicazione può essere già contenuta nel titolo o può trattarsi di un terzo che interviene spontaneamente. L'intervento può essere prestato a favore di uno qualsiasi degli obbligati di regresso. Il pagamento per intervento non può essere parziale e deve essere effettuato al più tardi nei giorno successivo all’ultimo giorno consentito per elevare il protesto per mancato pagamento. Il pagamento per intervento libera gli obbligati di grado successivo a quello per il quale il pagamento è stato effettuato, mentre chi ha pagato accusiate i diritti cambiari verso costui e gli obbligati di grado anteriore. In mancanza di indicazione il pagamento si reputa fatto per il traente, il portatore che rifiuta il pagamento per intervento perde il regresso contro colore che sarebbero stati liberati. Le azioni cambiarie In caso di rifiuto dei pagamento o accettazione, il portatore del titolo può agire contro tutti gli obbligati cambiari, individualmente o congiuntamente, per ottenere il pagamento. L'azione è regolata diversamente a seconda che si tratti di obbligati diretti (emittente, accettante e loro avallanti) o di regresso (traente, giranti o i loro avallanti e accettante per intervento). Azione diretta L'azione diretta non è soggetta a particolari formalità e non è subordinata alla levata del protesto e non è soggetta ad alcun termine di decadenza. Il portatore è tenuto ad osservare solo il termine di prescrizione di tre anni, che decorre dalla scadenza della cambiale. Azione di regresso Il suo esercizio è subordinato a particolari condizioni sostanziali e a specifici adempimenti formali. Condizioni sostanziali L'azione contro gli obbligati di regresso può essere esercitata alla scadenza, se il pagamento non ha avuto luogo. Può essere esercitata anche prima della scadenza: 1) Se l'accettazione è stat rifiutata in tutto o in parte; 2) In caso di fallimento del trattario o dell'emittente nel pagherò cambiario; di cessazione dei pagamenti da parte degli stessi; di esecuzione infruttuosa sui loro beni; 3) In caso di fallimento del traente di una cambiale non accettabile. Procedimento ordinario e monito Il portatore della cambiale può avvalersi dell'ordinario procedimento di cognizione diretto ad ottenere sentenza di condanna. Questa è la sola via praticabile se la cambiale non era originariamente in regola con il bollo o se sia stat successivamente regolarizzata. Il portatore può far ricorso al procedimento monitorio, per ottenere un decreto ingiuntivo, provvisoriamente esecutivo, che gli consente di iscrivere ipoteca giudiziale sui beni del debitore. In caso di opposizione al decreto ingiuntivo insatura un ordinario procedimento di cognizione. Condanna provvisoria Anche nell’ordinario giudizio di cognizione iniziato dal creditore, la cambiale gode di un particolare time processuale. Infatti, su istanza del creditore, il giudice deve emettere sentenza provvisoria di condanna se le eccezioni opposte dal debitore sono di lunga indagine, imponendo al creditore il versamento di una cauzione. Eccezioni reali e personali Anche per la cambiale opera la distinzione tra eccezioni reali ed eccezioni personali. Il relativo regime coincide con quello dettato dalla disciplina generale dei titoli di credito. Identico il regime di comunicabilità alterzo possessore delle eccezioni personali fondate su rapporti personali. Eccezioni oggettive e soggettive Sono eccezioni oggettive quelle che possono essere opposte da tutti gli obbligati cambiari. Sono eccezioni soggettive quelle che possono essere opposte solo da un determinato obbligato. Le eccezioni reali e personali individuano i portatori della cambiale ai quali una data eccezione è opponibile; le eccezioni soggettive e oggettive individuano gli obbligati che possono opporla. È eccezione reale e soggettiva l'eccezione di difetto di capacità o di rappresentanza in quanto opponibile solo da quel determinato obbligato ad ogni possessore della cambiale. È eccezione reale ed oggettiva l'eccezione di nullità della cambiale per mancanza dei requisiti di forma in quanto opponibile da tutti i debitori e tutti i portatori. È eccezione personale e soggettiva ogni eccezione desunta dal rapporto causale intercorso fra un determinato debitori cambiario e il portatore del titolo. È eccezione personale ed oggettiva l'eccezione di pagamento della cambiale non risultante dal titolo. Le azioni extra-cambiarie L’azione causale L'emissione e la circolazione della cambiale trovano fondamento in un preesistente rapporto di debito fra chi dà e chi riceve il titolo. Questo rapporto non si estingue con l'emissione o con la girata della cambiale. Per realizzare il proprio credito, il possessore della cambiale ha a disposizione l’azione causale nei confronti del debitori che è stato parte del relativo rapporto. L'esercizio dell’azione clausola è subordinato ad una serie di cautele per evitare che il debitore contro cui si agisce con l’azione clausola sia esposto al rischio di un doppio pagamento. Con i Per poter esercitare l’azione è necessario che: A) Siano stati accertati col protesto la mancata accettazione o il mancato pagamento della cambiale. Questa condizione non è necessaria quando l’azione causale è promossa contro un obbligato cui non competono azioni cambiarie di ulteriore regresso e che perciò non subisce alcun pregiudizio dall’omessa levata del protesto nei termini; B) Il portatore offra al debitore la restituzione della cambiale, depositandola presso la cancelleria del giudice competente; C) Il portatore abbia adempite tutte le formalità necessarie per conservare al debitore le azioni di regresso che possono competergli; Azione di arricchimento Può verificarsi che il portatore della cambiale abbia perduro per decadenza o prescrizione, tutte le azioni cambiarie e non abbia alcuna azione causale da esercitare. In tal caso gli consente di agire contro il traente, l’accettante o il girante poter la somma di cui si siano arricchiti ingiustamente. Quindi è inquadrabile un'azione di ingiustificato arricchimento, che sarò esercitabile solo nei confronti dell’obbligato cambiario beneficiario dell’arricchimento. Quindi, di regola, nei confronti dell’accettante della cambiale tratta e dell'emittente nel pagherò. L'azione di arricchimento si prescrive in un anno dal giorno della perdita dell’azione cambiaria. Ammortamento. Duplicati e copie. Ammortamento La disciplina dell'’ammortamento della cambiale coincide con quella dettate per i titoli in credito in generale. Anche se non si richiede che l’opponente al decreto di ammortamento depositi il titolo. Duplicati e cop Costituiscono istituti desueti la creazione di duplicati e di copie della cambiale. | duplicati sono riproduzioni della cambiale rilasciate al portatore dal suo girante e che contengono la ripetizione autografa di tutte le sottoscrizioni esistenti sull’originale. I duplicati devono essere numerari nel contesto di ciascun titolo per evitare che siano considerati altrettante cambiali distinte. Le copie sono riproduzioni del titolo originario effettuato dallo stesso portatore. Le cambiali finanziarie Funzione Le cambiali finanziarie costituiscono uno strumento di finanziamento delle imprese. La loro funzione è quella di offrire alle imprese uno strumento per raccogliere direttamente fra il pubblico capitale di credito a breve e medio termine alternativo rispetto al ricorso al credito bancario. Le cambiali finanziarie non hanno avuto molto successo . Nozione Le cambiali finanziarie sono titoli di credito all'ordine emessi in serie con scadenza non inferiore ad 1 mese e non superiore a 36 mesi dalla data di emissione. La loro struttura è quella del pagherò cambiario; contengono una promessa incondizionata di pagamento da parte dell'emittente. Le cambiali finanziarie sono equiparate alle cambiali ordinarie , ma presentano alcune caratteristiche peculiari. Caratte Le cambiali finanziarie sono titoli emessi in serie e non titoli individuali come le comuni cambiali. Sono emesse in numero predeterminato nell’ambito di un’unitaria operazione di finanziamento e titoli di mutuo e presentando caratteristiche uniformi di taglio e di durata. Devono avere un taglio minimo di 50.000€ e la loro scadenza non può essere inferiore ad 1 mese o superiore a 36 mesi dalla data di emissione, perché sono uno strumento di finanziamento e breve e medio termine. La denominazione di “cambiale finanziaria” deve essere inserita nel titolo, altrimenti la cambiale è nulla. Nella cambiale finanziaria devono essere indicati anche i proventi a favore del prenditore in qualunque forma pattuita, i proventi sono di regola costituiti dalla differenza tra il valore nominale della cambiale e la minor somma corrisposta all’emittente. Con per l'emissione Le cambiali finanziarie possono essere emesse soltanto da società di capitali, cooperative e mutue assicuratrici. Non da imprenditori individuali e società di persone e nemmeno dalle banche e imprese che rientrano nella categoria delle microimprese. Limite quantitativo Esistono alcuni limiti soggettivi e quantitativi all'emissione di cambiali finanziarie. L'ammontare della raccolta fra il pubblico effettuata mediante cambiali finanziarie, da parte di spa, in accomandita per azioni e cooperative, unitamente alla raccolta realizzata mediante obbligazioni o altri strumenti finanziari non può superare il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili che risultano dall'ultimo bilancio. Per le srl si applica la disciplina dei titoli di debito, quindi non sono predeterminati limiti quantitativi, ma i titoli devono essere sottoscritti da un investitore professionale sottoposto a vigilanza prudenziale. Vincoli per le società non quotate Esistono alcuni vincoli applicabili nel caso in cui le cambiali finanziarie siano emessa d a società non quotate in borsa o in un sistema multilaterale di negoziazione: A) Le cambiali devono essere emesse e girate esclusivamente in favore di investitori professionali che non siano soci dell'emittente, neppure indirettamente. | titoli sono destinati a circolare solo fra soggetti dotati di elevata competenza in materia di investimenti finanziari; B) L'ultimo bilancio prima dell'emissione deve essere certificato da un revisore legale dei conti o da una società di revisione; C) L’emissione deve essere assistita da uno sponsor. Lo sponsor è una banca o un intermediario mobiliare che supporta l'emittente nella procedura di emissione e nella fase di collocamento dei titoli. Compito dello sponsor è anche fornire al mercato informazioni sull’emissione. Lo sponsor formula un giudizio sul meriti creditizio dell'emittente al momento dell'emissione e sul livello delle garanzie eventualmente previste. Segala se l'ammontare delle cambiali finanziarie in circolazione è superiore al totale dell'attivo corrente risultante dall'ultimo bilancio di esercizio. Per indurre lo sponsor a non supportare emissione da parti di società immeritevoli di credito, la legge stabilisce che lo stesso deve di regola mantenere nel proprio portafoglio una quota delle cambiali finanziarie. Possono fare a meno dello sponsor tutte le imprese di grandi dimensione, in base ai parametri fissati dalla Commissione europea. Circolazione Le cambiali finanziarie possono essere girate esclusivamente con la clausola “senza garanzia” e quindi senza assunzione di obbligazione cambiaria di regresso da parte del girante. È agevolata la sottoscrizione da parte degli investitori. In alternativa all'emissione dei titoli cartacei, è consentita l'emissione della cambiali in forma dematerializzata. In questo caso la dichiarazione cambiaria si sostanzierò nella promessa incondizionata di pagare alla scadenza le somme dovute ai titolari delle cambiali finanziarie che risultano dalle scritture contabili degli intermediari depositari. Per le cambiali finanziarie è previsto un regime tributario agevolato, accentuato per quelle emesse in forma dematerializzata che sono esenti da bollo. Valori mobiliari Le cambiali finanziarie sono qualificate come valori mobiliari con conseguente applicabilità di tuta la disciplina di questi. Sono requisiti di validità: A) La denominazione di assegno bancario inserita nel contesto del titolo ed espressa nella lingua in cui lo stesso è redatto; B) L'ordine incondizionato di pagare una somma determinata, espressa in lettere e in cifre. L'assegno bancario può essere emesso anche all'ordine dello stesso traente, ma in tal caso la normativa di contrasto al riciclaggio di denaro esclude che il titolo possa essere girato, salva la mera girata per l’incasso ad una banca o a Poste Italiane. C) L’indicazione del trattario che può essere solo una banca; D) L'indicazione del luogo di pagamento; E) Ladatae il luogo di emissione dell'assegno; F) La sottoscrizione del traente, per la quale valgono regole identiche a quelle dettate per la cambiale. Assegno in bianco La legge assegni non detta una specifica disciplina per l’ assegno in bianco e ciò ha fatto a lungo discutere. L'ipotesi più diffusa di assegno in bianco è l'assegno senza data di emissione, ma ciò lo trasforma in uno strumento di credito. al delle obbligaz I requisiti di validità dell'assegno vanno tenuti distinti dai requisiti di validità delle singole obbligazioni cartolari. Valgono regole identiche per la cambiale con una sola differenza in tema di rappresentanza. La procura generale comprende la facoltà di emettere o girare assegni bancari, anche se rilasciata da chi non è imprenditore commerciale. La posizione della banca trattaria Divieto di accettazione A differenza della cambiale tratta, l'assegno bancario non può essere accettato. Ogni menzione di accettazione apposta sull’assegno della banca trattaria si ha per non scritta. La banca trattaria non può diventar obbligato di regresso come girante o avallante, quindi non assume la posizione di obbligato nei confronti del portatore del titolo. Obbligazione extra-cartolare verso il portatore? Nessuna norma della legge assegni emerge che al banca è obbligata, sia pure extra-cartolarmente, verso il portatore. Certamente, con l’apertura del conto corrente e con l'assunzione del servizio di cassa la banca si obbliga ad onorare gli assegni nei limiti dei fondi disponibili. Ma si tratta di un’obbligazione ex mandato che la banca assume esclusivamente nei confronti de cliente e non nei confronti dei prenditori degli assegni. Il rifiuto ingiustificato di pagare l'assegno espone la banca a responsabilità contrattuale solo nei confronti del traente non nei confronti del prenditore. Nei confronti di quest’ultimo la banca ha la facoltà, non l'obbligo di pagare l'assegno. Il visto Non mancano strumenti legali o convenzionali, che consentono di tutelare l'aspettativa del portatore di pagamento dell'assegno. La legge assegni prevede l’istituto del visto. Il visto, scritto sull’assegno e firmato dalla banca trattaria, non comporta un obbligo di pagamento della stessa, ma ha soltanto l’effetto di accertare l’esistenza dei fondi ed impedirne il ritiro da parte del traente prima della scadenza del termine di presentazione. Se L’ attestazione è falsa o la banca consente al traente di disporre diversamente dei fondi, la banca stessa dovrà risarcire al portatore i danni subiti. Il vostro ha avito scarsa diffusione, anche perché esso è sottoposto ad un'imposta di bollo suppletiva. Scarso successo hanno avuto anche altri due istituti che miravano ad offrire al portatore una parziale garanzia extra-cartolare della banca trattaria contro il rischio dell'emissione di assegni a vuoto. Sono: l'assegno bancario a copertura garantita e la carta assegni. Gli assegni bancari a copertura garantita (o assegni vademecum) portavamo stampigliato sui moduli l'importo massimo per cui ciascuno poteva essere emesso. All’atto del rilascio dei moduli la banca bloccava in un apposito contro speciale una somma corrispondente all'ammontare complessivo stampigliato sui moduli. Questi assegni potevano essere emessi anche per importo superiore a quello stampigliato ma la banca rispondeva dell’esistenza dei fondi solo nei limiti dell'importo stampigliato. La carta assegni era un documento rilasciato dalla banca al correntista sul quale era indicato l'importo massimo di ciascun assegno per il quale la banca rispondeva del pagamento. Il benefondi È più diffuso, e consiste nella conferma, per lo più telefonica, dell’esistenza dei fondi da parte della banca trattaria, su richiesta della banca cui il titolo è girato per l’incasso. Gli effetti del benefondi sono diversi a seconda del contenuto della dichiarazione della banca trattaria. Il benefondi ha il valore si informazione sull’esistenza dei fondi e non comporta alcuna obbligazione extra-cartolare di pagamento da parte della banca trattaria (benefondi informativo). Questa sarà tenuta al risarcimento dei danni solo nel caso in cui abbia fornito informazioni inesatte. La banca può impegnarsi espressamente a bloccare i fondi corrispondenti all'ammontare dell'assegno (benefondi con blocco). In tal caso essa è obbligata extra- cartolarmente a pagare l'assegno qualora questo risulti regolare. Circolazione. Avallo. L'assegno bancario è un titolo all'ordine, ma può essere emesso anche al portatore. Come assegno al portatore vale l'assegno rilasciato senza indicazione del prenditore. Assegno all’ordine La circolazione dell'assegno bancario all'ordine è regolata da nome che coincidono con quelle dettate per la cambiale. Infatti, anche il girante dell'assegno bancario risponde ex lege del pagamento come obbligati di regresso. Sola differenza è che la girata al trattario vale come quietanza ed estingue il titolo. È quindi preclusa la possibilità che la banca trattaria giri ulteriormente l'assegno assumendo obbligazione cartolare di regresso. Assegno al portatore La circolazione dell'assegno è regolata dalle disposizioni generali del codice in tema di titoli al portatore. La legge assegni stabilisce che l'eventuale girata apposta su un assegno bancario al portatore rende il girante obbligato in via di regresso, ma non trasforma il titolo di un assegno bancario all'ordine. Limiti alla circolazione degli assegni La libera circolazione degli assegni è fortemente limitata dal legislatore per ragioni di contrasto all'evasione fiscale ed al riciclaggio di denaro. Gli assegni bancari di importo pari o superiore a 1000€ devono recare il nome del beneficiario e la clausola di non trasferibilità. Anzi, è previsto che le banche rilascino i moduli di assegno direttamente muniti della clausola di intrasferibilità, salvo che il cliente faccia richiesta per iscritto di ricevere moduli in forma libera, pagando un'imposta di bollo più elevata. Avallo Anche l'assegno bancario può essere garantito mediante avallo, ma si tratta di istituto desueto per la vita breve del titolo. La relativa disciplina coincide con quella della cambiale. È però escluso l’avallo da parte della banca trattaria. Il pagamento dell’assegno L'assegno bancario è sempre pagabile a vista ed ogni contraria disposizione si ha per non scritta. L'eventuale postdatazione dell'assegno non impedisce al portatore di presentarlo anticipatamente per il pagamento, né alla banca di pagarlo. Termini di pr ine L'assegno bancario è pagabile a vista ma deve essere presentato per il pagamento, presso lo sportello della banca trattaria indicato nel titolo: 8 giorni dalla data di emissione se l'assegno è pagabile nello stesso comuni in cui è stato emesso; 15 giorni se è pagabile in un altro comune. La presentazione dell'assegno ad una stanza di compensazione equivale e presentazione per il pagamento. L’omessa presentazione dell'assegno nei termini comporta la perdita dell’azione di regresso contro i giranti ed i loro avallanti ma non contro il traente. La banca è libera di pagare anche dopo la scadenza dei termini. La facoltà della banca di pagare l'assegno permane anche in caso di morte o sopravvenuta incapacità del traente. Legittimazione del portatore Nell’assegno all'ordine, la banca che paga è tenuta ad accertare la regolare continuità elle girate ma non a verificare l'autenticità delle firme dei giranti. La banca identifica colui che incassa e veridica che la firma del traente corrisponda a quella dallo stesso depositata al momento dell’apertura del conto corrente. Questi sono controlli necessari perché la banca non versi in colpa grave nel pagamento e possa legittimamente addebitare al traente l'importo dell'assegno pagato. Si tratta di controlli che la banca deve eseguire con diligenza professionale per esonerarsi da responsabilità nei confronti del traente. Falsificazione dell'assegno Questi principi sono applicabili qualora si scopra, successivamente al pagamento, che la firma del traente era falsa o l'importo dell'assegno era stato alterato, al fine di stabilire se il relativo rischio debba cadere sul traente o sulla banca. Con apposita clausola inserita nel contratto di conto corrente bancario, le banche tendono a scaricare sul cliente ogni responsabilità che possa derivare dalla perdita, smarrimento o uso abusivo dei moduli di assegni fino al momento in cui ha dato comunicazione scritta alla banca della perdita o sottrazione degli stessi. Resta ferma la responsabilità della banca nel pagamento degli assegni secondo i principi della diligenza professionale. Il rischio del pagamento di un assegno falso o alterato nell'importo potrà essere addossato al traente solo se la falsificazione non era riconoscibile della banca con l’uso della normale diligenza dell'accordo banchiere. Il regresso per mancato pagamento In caso di mancato pagamento da parte della banca trattaria il portatore dell'assegno può agire in regresso contro il traente, i giranti ed i loro avallanti. La presentazione del titolo alla banca trattaria nei termini di legge e la constatazione del rifiuto di pagamento mediante protesto sono necessarie solo per agire contro i giranti e i loro avallanti. Azione contro il traente Non sono necessarie per l'esercizio dell’azione di regresso contro il traente, fermo restando che il pagamento deve essere preventivamente richiesto alla banca trattaria. Nei confronti del traente, la presentazione tardiva comporta come unica conseguenza che, se dopo la scadenza del termine di presentazione la disponibilità della somma è venuto meno fatto del trattario, il portatore perde i diritti verso il traente per la somma che è venuta a mancare. Prescrizione L'azione di regresso del portatore contro il traente, i giranti e gli obbligatisi prescrive in 6 mesi dal termine di presentazione. L'azione di ulteriore regresso dell’obbligato che ha pagato l'assegno contro gli obbligati di grado anteriore si prescrive in 6 mesi dal giorno del pagamento o dal giorno in cui è stat promossa l’azione contro di lui. diretta di pagamento della banca emittente. L'assegno circolare è quindi un mezzo di pagamento più sicuro dell'assegno bancario. Chi lo riceve in pagamento può fare affidamento sulla solvibilità della banca emittente e dispone di un titolo che può agevolmente negoziare o riscuotere presso tutti i recapiti della banca che lo ha emesso. L'assegno circolare si presta quindi efficacemente a sostituire la moneta legale nei pagamenti da Piazza a Piazza. Per evitare che l'assegno circolare possa far concorrenza alla moneta legale, lo stesso non può mai essere messo al portatore, diversamente dall’assegno bancario. CONDIZIONI DI REGOLARITÀ L'emissione degli assegni circolari è subordinata ad una serie di condizioni di regolarità, volte a consentire un controllo della massa fiduciaria in circolazione a salvaguardia della stabilità monetaria. È infatti, previsto che: A) L'emissione di assegni circolari è consentita solo alle banche specificamente autorizzate dalla Banca d’Italia; B) La banca può emettere assegni circolari solo per somme che siano presso di essa disponibili al momento dell'emissione; C) La banca autorizzata ad emettere assegni circolari deve costituire presso la Banca d’Italia una cauzione in titoli a garanzia dei medesimi. REQUISITI DI VALIDITÀ costituiscono requisiti formali di validità dell’assegno circolare: 1) la denominazione di assegno circolare inserita nel contesto del titolo; 2) La promessa incondizionata di pagare avvista una somma determinata; 3) L’indicazione del prenditore; 4) L'indicazione della data e del luogo nel quale l'assegno circolare è emesso; 5) La sottoscrizione della banca emittente. Non è richiesta l'indicazione del luogo di pagamento, dato che l'assegno circolare è pagabile presso tutti i recapiti della banca emittente. DISCIPLINA All’assegno circolare si applica la disciplina del vaglia cambiario a vista. Tuttavia, data la funzione di mezzo di pagamento dell’assegno circolare: A) la girata a favore dell'emittente estingue il titolo; B) Il possessore deve presentare l'assegno per il pagamento entro 30 giorni dall'emissione, pena la decadenza dalle azioni di regresso; C) La prescrizione triennale dell’azione diretta contro la banca emittente decorre dalla data di emissione, anziché dalla presentazione come invece previsto per la cambiale. Nel contempo si applica all’assegno circolare parte della disciplina dell'assegno bancario: intema di assegno sbarrato, da accreditare, non trasferibile e turistico. Però, il prenditore di un assegno circolare non trasferibile, decorsi 20 giorni dalla denuncia dello smarrimento o della sottrazione, può ottenere il pagamento dalla filiale alla quale fu fatta la denunzia. Inoltre, il richiedente può restituire l'assegno circolare non trasferibile all’emittente ed ottenere il rimborso del corrispondente importo, versato alla banca al momento dell’emissione. L'assegno circolare e di regola è messo con la clausola di non trasferibilità, salvo diversa richiesta del cliente consentita solo per importi inferiori a 1000 €. EMISSIONE A MEZZO DI BANCHE CORRISPONDENTI Le banche autorizzate ad emettere assegni circolari possono affidarne l'emissione ad una o più banche corrispondenti. In tal caso, l'assegno circolare è redatto su moduli forniti dall'istituto autorizzato ed è munito del visto dello stesso.al momento dell’emissione la banca corrispondente sottoscrive l'assegno come rappresentante dell'istituto autorizzato, quindi solo quest’ultimo è obbligato al pagamento dell’assegno.A questa tecnica ricorrono le banche di modesta dimensione.l’autorizzazione ad emettere assegni circolari è concessa ai relativi istituti centrali di categoria. Questi affidano l'emissione degli assegni alle banche aderenti, che assumono la posizione di banche corrispondenti e rilasciano gli assegni. L'assegno è pagabile presso qualsiasi banca associata. Gli assegni speciali. Gli assegni della BI Esistono alcuni titoli speciali di pagamento emessi dalla BI, dal Banco di Napoli e dal Banco di Sicilia. Vaglia cambiario della BI È utilizzato per i pagamenti della PA e per l'estinzione dei titoli di spesa dello Stato. È un titolo di credito all'ordine che contiene la promessa incondizionata dalla BI di pagare a vista una somma determinata. È rilasciato dietro versamento in contanti del relativo importo ed è pagabile presso tutte le filiali della BI. La disciplina di questo titolo coincide con quella dell’assegno circolare. Anche per esso opera un ampio rinvio alla disciplina del vaglia cambiario ordinario. Specificamente regolata è la procedura di ammortamento che ricalca quella dell'assegno circolare. Assegno bancario della BI Regolato è l'assegno bancario, libero o piazzato della BI. È un assegno bancario all'ordine nel quale figura come traente una banca corrispondente della BI, autorizzata, e com e trattario la stessa BI. È pagabile a vista presso qualsiasi filiale o presso una determinata filiale della BI. Il titolo si differenzia dal comune assegno bancario perché è emesso dalla banca traente dietro versamento in contanti del relativo importo da parte del richiedente. È previsto il versamento di un’idonea cauzione della banca corrispondente alla BI e la costituzione presso questa di una speciale garanzia. Il titolo offre la stessa sicurezza si pagamento dell’assegno circolare e del vaglia della BI, ma a differenza di questi non contiene una promessa diretta di pagamento da parte della BI. La struttura del titolo resta quella propria dell'assegno bancario. Per l'’ammortamento si applicano le disposizioni sul vaglia cambiario della BI. Fede di credito Un titolo speciale, che può essere emesso solo dal Banco di Napoli e dal Banco di Sicilia è la fede di credito o polizizzino. Titolo in disuso che presenta spiccate analogie con l'assegno circolare. La crisi dell'impresa Crisi dell'impresa e procedure concorsuali interessi coinvolti La crisi economica dell'impresa ed il dissesto patrimoniale dell’imprenditore sono eventi che coinvolgono una gran massa di creditori. Sono eventi che innescano una serie di dissesti a catena, in quanto i creditori di un imprenditore sono in genere altri imprenditori , e la mancata realizzazione del credito concesso può provocare la crisi economica delle loro imprese. La crisi economica dell'impresa è evento di fronte al quale i mezzi di tutela individuali dei creditori previsti dall'ordinamento si rivelano strumenti inadeguati ed insufficienti. Così, nel 1942 il legislatore ritenere preferibile operare una distinzione. Per il dissesto dell’imprenditore commerciale non piccolo furono previste speciali procedure denominate procedure concorsuali. Mentre, la sistemazione del dissesto degli imprenditori agricoli e dei piccoli imprenditori commerciali restava affidata agli strumenti di diritto comune ed in particolare alla procedure esecutiva individuale. Nel 2012 sono state introdotte specifiche procedure concorsuali utilizzabili dai debitori diversi dall’imprenditore commerciale non piccolo. Le procedure concorsu; La legge regola 6 procedure concorsuali per l'imprenditore commerciale non piccolo e 3 per gli altri debitori. Per la prima categoria, procedure concorsuali sono: il fallimento, il concordato preventivo, l'accordo di ristrutturazione dei debiti, la liquidazione coatta amministrativa, l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza e la speciale amministrazione straordinaria accelerata per le imprese si maggiori dimensioni. Le procedure concorsuali destinare ai debitori diversi dall’imprenditore commerciale non piccolo sono: la procedura di liquidazione, l'accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento e il piano del consumatore (procedure concorsuali delle crisi da sovraindebitamento). Caratteri comuni Le singole procedure concorsuali condividono alcuni caratteri costanti e comuni, infatti sono tutte procedure generali e collettive. Generali perché coinvolgono tutto il patrimonio dell’imprenditore e non solo i singoli beni. Collettive perché coinvolgono tutti i creditori dell’imprenditore alla data in cui il dissesto è accertato e mirano ad assicurare la parità di trattamento degli stessi. Le forme ordinarie di tutela dei creditori sono sostituite da forme di tutela collettiva, il cui obiettivo di fondo è quello di ripartire fra tutti i creditori interessati le conseguenze patrimoniali cel dissesto debitore. Il fallimento Presupposti del fallimento | presupposti per la dichiarazione di fallimento sono: A) La qualità di imprenditore commerciale del debitore; B) Lo stato di insolvenza dello stesso; C) Il superamento di almeno uno dei limiti dimensionali fissati all'art 1 comma 2 1.fall; D) La presenza di inadempimenti complessivi superiori all'importo fissato dalla legge. Presupposto soggettivo L'ambito di applicazione del fallimento subisce alcune limitazioni in quanto: 1) Il fallimento è sostituito dalla liquidazione coatta amministrativa per alcune categorie di imprenditori commerciali; 2) Il fallimento cede il passo all’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza quando ricorrono i presupposti specifici per l'applicazione di tale procedura; L'iniziativa del debitore costituisce una facoltà dello stesso e l'imprenditore può avere interesse a provocare il suo fallimento per sottrarsi ad una serie di azioni esecutive individuali in atto. La richiesta diventa un obbligo, penalmente sanzionato, quando l'inerzia provoca L’ aggravamento del dissesto. L'imprenditore che chiede il proprio fallimento deve depositare presso la cancelleria del tribunale una serie di documenti (scritture contabili e fiscali obbligatorie dei 3 esercizi precedenti, uno stato estimativo delle sue attività, l'indicazione dei ricavi lordi degli ultimi 3 esercizi, elenco nominativo dei creditori e dei rispettivi crediti e di coloro che vantano diritti reali o personali su cose in suo possesso). Istanza del PM Il PM ha il potere-dovere di chiedere il fallimento quando l’insolvenza risulti da fatti che configurano reati fallimentari al fine di promuovere l’azione penale anche prima che il fallimento sia dichiarato. La relativa condanna può essere pronunciata solo dopo che il debitore è stato dichiarato fallito. La riforma del 2006 ha soppresso il potere del tribunale di dichiarare d'ufficio il fallimento, ma il pubblico ministero ha il potere dovere di chiedere il fallimento quando l’insolvenza risulta dalla segnalazione proveniente da un giudice che l'abbia rilevata nel corso di un procedimento civile. Competenza Competente per la dichiarazione di fallimento è il tribunale del luogo dove l’imprenditore ha la sede principale dell'impresa, ossia in cui si trova il centro di direzione e di amministrazione della stessa. Non rileva il trasferimento della sede intervenuto nell’anno precedente alla domanda di fallimento. Per le società la sede principale coincide con quella indicata nell’atto costitutivo e risultante dall'iscrizione nel registro delle imprese. In caso di discordanza fra sede legale e sede effettiva, competente è il tribunale del luogo dove effettivamente si trova il centro amministrativo della società. In caso di pronuncia di un tribunale incompetente a dichiarare il fallimento, la relativa dichiarazione conserva efficacia anche pronunciata da un giudice in competente, purché vengano trasferiti immediatamente tutti gli atti precedentemente compiuti al tribunale competente. Il tribunale dichiarato competente, se accetta la designazione, procede alla nomina del nuovo curatore e giudice delegato. Altrimenti può promuovere d'ufficio il regolamento di competenza perché la Cassazione risolva definitivamente la questione. Giurisdizione Se la sede principale è all’estero, il fallimento può essere di giurato in Italia là dove l'imprenditore ha la sede secondaria più importante. L’intervenuta dichiarazione di fallimento all’estero la dichiarazione di fallimento in Italia. In base al principio della c.d. Prerpetuatio iurisdictionis, la giurisdizione italiana non viene meno per effetto del trasferimento della sede all’estero dopo la presentazione della dichiarazione di fallimento. Il procedimento per la dichiarazione di fallimento era problematico e prevederla che il tribunale decidesse sulla domanda di fallimento in camera di consiglio e con rito sommario. Non si dava luogo ad un ordinario giudizio di cognizione. DOP la dichiarazione di fallimento, il debitore poteva far valere le sue difese presentando opposizione davanti al tribunale che lo aveva dichiarato fallito. Con l’opposizione si instaurava un ordinario giudizio di cognizione. L'opposizione però non sospendeva l'esecuzione della sentenza, quindi la procedura andava avanti e se l'opposizione era accolta ed il fallimento revocato, sul piano patrimoniale restavano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi fallimentari. Sul punto era intervento la Corte Costituzione nel 1970 rendendo obbligatoria l'audizione dell’imprenditore già durante l’istruttoria pre fallimentare, al fine di consentirgli l'esercizio del diritto di difesa. Questo diritto sussisteva solo nei limiti compatibili con la natura sommaria del procedimento in camera di consiglio e con le esigenze di celerità proprie della procedura fallimentare. La riforma del 2006 ha introdotto una più dettagliata disciplina dell'istruttoria fallimentare. Rito speciale Resta fermo che il tribunale decide sulla richiesta di fallimento con uno speciale procedimento in camera di consiglio. Può delegare lo svolgimento dell’istruttoria ad un giudice relatore, mentre solo la decisione finale deve essere assunta collegialmente. Il debitore e i creditori ostinati per il fallimento devono essere sentiti in udienza. La convocazione è comunicata d'ufficio al debitore tramite posta elettronica certificata o è notificata a cura del ricorrente con un congruo preavviso. Le parti possono presentare memorie, depositare documenti e relazioni tecniche dino a 7 giorni prima dell'udienza. Nel procedimento intervenienti anche il PM se ha sunto l'iniziativa per la dichiarazione di fallimento. Il tribunale è dotato di poteri inquisitori e può compiere d'ufficio tutte le indagini che ritiene opportune per accertare l’esistenza dei presupposti per la dichiarazione di fallimento. In ogni caso, ordina all'imprenditore di depositare i bilanci relatrici agli ultimi 3 esercizi, una situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata. Particolare rilievo assumono le informazioni assunte tramite la polizia giudiziaria e quella tributaria investigativa. Le parti possono nominate propri consulenti tecnici e proporre l'ammissione di ulteriori prove. Provvedimenti cautelari o conservativi Il tribunale può emettere provvedimenti cautelari o conservativi volti a tutelare il patrimonio o l’impresa del debitore per la durata dell'istruttoria prefallimentare (es. sequestro conservativo dell’azienda). Questi provvedimenti decadono se la domanda di fallimento viene rigettata; altrimenti in caso di apertura della procedura, al sentenza dichiarativa di fallimento stabilisce se conservarli o revocarli. La durata della fase di apertura del fallimento è più lunga e comporta che molte delle azioni revocatorie si possano perdere in quando il “periodo sospetto” per la determinazione degli atti revocabili si computa a ritroso dal giorno della dichiarazione di fallimento e non da quello di presentazione della domanda. Lo stesso vale per il decorso dell’anno entro cui può essere dichiarato fallito l'imprenditore cessato o deceduto. Il presidente del tribunale ha il potere di abbreviare tutti i termini della procedura quando ricorrono particolari ragioni d’urgenza. Rigetto della domanda Se il tribunale ritiene di non dover accogliere la domanda di fallimento, provvede con decreto motivato che viene comunicato d'ufficio alle parti. Contro tale provvedimento il creditore istante, il PM e lo stesso debitore possono proporre reclamo alla corte di appello. La corte di appello precede in camera di consiglio, sentite le parti. Se il ricorso è accolto, la corte d'appello non può dichiarare direttamente il fallimento, ma ricette d'ufficio gli atti al tribunale perché quest’ultimo vi provveda dopo aver accertato che non siano nel frattempo venuti meno i presupposti del fallimento. La sentenza dichiarativa Il fallimento è dichiarato con sentenza, anche questa contiene alcuni provvedimenti necessari per lo svolgimento della procedura (es. nomina il giudice delegato ed il curatore preposti al fallimento, ordina al fallito il deposito del bilancio ecc.) Efficacia La sentenza viene notificata d'ufficio al debitore e comunicata per estratto al PM, al curatore ed al creditore richiedente il fallimento. È resa pubblica mediante annotazione nel registro delle imprese. La sentenza è immediatamente esecutiva fra le parti del processo dalla data del deposito in cancellati. Per i terzi gli effetti si producono solo dalla data di iscrizione del provvedimento nel registro delle imprese. Il reclamo. La revoca del fallimento Oggi la sentenza che dichiara il fallimento va impugnata mediante reclamo alla corte d’appello. Soggetti legittimati Possono proporre reclamo il fallito e qualsiasi interessato, anche se portatore di un semplice interesse morale. Procedimento Il ricorso deve essere depositato presso la corte d'appello entro 30 giorni, che decorrono per il fallirò dalla data di notificazione della sentenza che dichiara il fallimento, e per tutti gli altri interessati dalla data della iscrizione della stessa nel registro delle imprese. In nessun caso può essere proposto decorso un anno dalla pubblicazione della sentenza. L’impugnazione non sospende gli effetti della dichiarazione di fallimento. La corte d'appello può disporre la temporanea sospensione della liquidazione dell'attivo, quando sussistono gravi motivi e gliene faccia richiesta un parte o il curatore. Nel giudizio di reclamo di dibatte sugli eventuali vizi del procedimento camerale e soprattutto sul punto se i presupposti del fallimento esistevano o meno all’epoca della sentenza. Il fallimento deve essere revocato qualora si accerti che l'imprenditore non era insolvente al momento della dichiarazione di fallimento pur se lo è attualmente. In tal caso, la corte d'appello deve segnalare l’insolvenza al PM affinché è chieda la dichiarazione di un nuovo fallimento i cui effetti decorreranno da tale data. Il fallimento può essere mantenuto fermo sulla base di nuovi elementi non emersi in sede di dichiarazione purché anteriori alla stessa. Resta immutata la data originaria di decorrenza degli effetti e si neutralizza il pericolo di perdere gran parte delle azioni revocatorie. Nel contempo si riconosce che il fallito possa indicare a sua difesa fatti e procedure non proposti nel giudizio di primo grado. Contro | a sentenza che decide il reclamo si può proporre ricorso per Cassazione nel termine di 30 giorni dalla notificazione d'ufficio del provvedimento. Revoca del fallimento Con la sentenza che accoglie il reclamo il fallimento è revocato. Il provvedimento è pubblicato nel registro delle imprese come la dichiarazione di fallimento. Sul piano patrimoniale restano salvi gli effetti degli altri legalmente compiuti dagli organi fallimentari. L’ex fallito può rivolgersi nei confronti del creditore istante per ottenere la condanna al risarcimento dei danni, possibile se vi sia stata un comportamento colposo dello stesso nella richiesta della dichiarazione di fallimento. Sono a carico dell’ex fallito se vi è stato un comportamento colposo, in caso contrario sono a carico dello Stato. Il tribunale fallimentare Competenze Il tribunale che ha dichiarato il fallimento è investito dall'intera procedura fallimentare e sovrintende al corretto svolgimento della stessa. Il tribunale fallimentare: A) Nomina il giudice delegato e il curatore, ne sorveglia l’operato e può sostituirli per giustificati motivi; B) Sostituisce i componenti del comitato dei creditori, su richiesta dei creditori stessi; C) Decide le controversi relativa alla procedura che non siano di competenza dal giudice delegato, nonché i reclami contro i provvedimenti dello stesso giudice delegato; D) Può chiedere chiarimenti ed informazioni al curatore, al fallito ed al comitato dei creditori. Tutti questi provvedimenti sono adottati dal tribunale con decreto, salvo che non sia diversamente disposto. Salvo diversa disposizione contro i decreti del tribunale fallimentare possono presentare reclamo alla corte d’appello il curatore, il fallito, il comitato dei creditori e chiunque vi abbia interesse. possono effettuare nuove designazioni in ordine ai componenti del comitato dei creditori. Il tribunale, valutate le ragioni della domanda, provvede alla nomina dei soggetti designati dai creditori, verificato che sia mantenuto il requisito dell’equilibrata rappresentatività dell'organo. Funzionamento Il comitato dei creditori delibera a maggioranza dei votanti. Non possono votare i componenti che si trovino in conflitto d'interessi in una data deliberazione. Il comitato nomina a maggioranza al suo interno un presidente. Questo dispone la convocazione dell'organo per adottare le deliberazioni di competenza o quando ne sia fatta richiesta da un terzo dei competenti. Il comitato deve adottare i provvedimenti di propria competenza entro 15 giorni da quando la richiesta è pervenuta al presidente. In caso di mancata costituzione dell'organo per insufficienza o per indisponibilità dei creditori ad assumere l’incarico o in caso di impossibilità di funzionamento dello stesso, di inerzia o di urgenza provvede il giudice delegato. Contro gli atti e le omissioni del comitato dei creditori è possibile fare ricorso al giudice delegato con le stesse modalità e con gli stessi limiti previsti per il reclamo contro gli atti del curatore. Se accoglie il reclamo contro un’omissione, il giudice delegato, provvede in sostituzione del comitato. Funzioni Il comitato dei creditori era un organo di rilievo marginale. Il suo parere era obbligatorio in una serie di casi, ma non era mai vincolante. Pareri Il parere espresso dal comitato è vincolante in alcuni casi (es. restituzione dei beni mobili di terzi, continuazione temporanea dell'esercizio dell’attività d'impresa, affitto di azienda, proposta di concordato fallimentare). Il giudice delegato può autorizzare i relativi provvedimenti solo se il comitato ha espresso parere favorevole. Autorizzazioni Il comitato dei creditori inoltre autorizza il curatore a compiere atti di straordinaria amministrazione, approva il piano di liquidazione proposto dal curatore, autorizza il subentro del curatore nei rapporti contrattuali pendenti ecc. Poteri informativi ed ispettivi Il comitato dei creditori ed ogni suo membro possono sempre ispezionare le scritture contabili ed i documenti del fallito. Possono prendere visione di ogni atto o documento contenuto nel fascicolo della procedura tenuto dalla cancelleria del tribunale. Il comitato deve essere informato dal curatore nei casi previsti dalla legge. Poteri reattivi. Responsabilità Il comitato dei creditori può presentare istanza al tribunale per la revoca del curatore e può esercitare l’azione di responsabilità contro il curatore revocato. | suoi componenti sono soggetti a responsabilità secondo le regole previste per i sindaci di s.p.a. L'attuale disciplina riconosce ai componenti del comitato il Diritto al rimborso delle spese. Può essere ad essi attribuito un compenso in misura non superiore al 10% di quello liquidato al curatore , con il sonsenso della maggioranza dei. Creditori ammessi, a calcolata per teste. Effetti del fallimento per il fallito: effetti patrimoniali La dichiarazione di fallimento produce molteplici effetti che investono il fallito, i suoi creditori ed i terzi che hanno avuto rapporti con il fallito. Gli effetti nei confronti del fallito possono distinguersi in effetti patrimoniali, personali e penali. Spossessamento Con la dichiarazione di fallimento il fallito perde l’amministrazione e la disponibilità dei suoi beni. Questi passano al curatore, quale amministratore del patrimonio fallimentare che viene immesso nel possesso dei beni. Lo spossessamento colpisce tutti i beni ed i diritti esistenti nel patrimonio del fallito alla data della dichiarazione di fallimento, eccezion fatta per: A) Ibenie idiritti di natura strettamente personale; B) Gli assegni a carattere alimentare, stipendi, pensioni, salari e ciò che il fallito guadagna con la propria attività nei limiti di quanto occorre per il mantenimento suo e della famiglia; C) I frutti derivanti dall’usufrutto legale sui beni dei figlio ed i beni costituiti in fondo patrimoniale con i loro frutti; D) Le cose che non possono essere pignorante per disposizione di legge. Se proprietario della propria abitazione, il fallito ha diritto di continuare ad abitarla fino alla vendita, nei limiti in cui è necessario a lui ed alla sua famiglia. Se privo di messi di sussistenza, il fallito può ottenere dal giudice delegato la concessione di un sussidio a titolo di alimenti per sé e per la famiglia. Beni sopravvenu Lo spossessamento si estende ai beni che pervengono al fallito durante il fallimento, a titolo gratuito od oneroso. Per i beni sopravvenuti vanno dedotte le passività incontrate per l'acquisto e la conservazione degli stessi. L’amministrazione fallimentare deve adempiere le relative passività per intero ed in pre deduzione. Il curatore fallimentare può decidere di non acquistare i beni sopravvenuti quando ritenga che il loro valore sia inferiore alle passività da soddisfare ed ai costi per la loro conservazione, in quanto in tal caso non si avrebbe alcun vantaggio per la massa attiva. Derelizione Il curatore può decidere di non acquisire all’attivo un bene esistente nel patrimonio del fallito alla data della dichiarazione del fallimento o rinunciare a liquidarlo dopo che è stato appreso alla massa fallimentare, se l’attività di liquidazione appaia antieconomica. In tal caso il bene ritorna nella disponibilità del fallito, ed i creditori possono su di esso esercitare azioni esecutive individuali. Atti del fallito Con la dichiarazione di fallimento il fallito non perde la capacità dio agire, né perde le proprietà dei beni oggetto dello spossessamento, fin quando gli stessi non siano stati trasferiti a terzi con atti di disposizione dell’amministrazione fallimentare. Tutti gli atti compiuti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento sono validi e vincolano il fallito. Nulla impedisce che questo inizi una nuova attività d'impresa. Gli atti posti in essere dal fallito sono inefficaci rispetto alla massa dei creditori se hanno per oggetto beni e diritti ricompresi nello spossessamento. Le obbligazioni assunte dal fallito con tali atti potranno essere fatte valere nei suoi confronti solo dopo la chiusura del fallimento. Inefficaci sono anche i pagamenti eseguiti dal fallito ed i pagamenti da lui ricevuti dopo la dichiarazione di fallimento, fermo restano che tutte le utilità conseguite dal fallito per effetto di tali atti sono apprese alla massa fallimentare. L’amministrazione fallimentare può decidere di acquisire al fallimento quanto acquistato dal fallito con atti di disposizione posti in essere dopo la dichiarazione di fallimento, ma non potrà disconoscere i corrispondenti debiti che il fallito ha dovuto contrarre. Capacità processuale La perdita dell’amministrazione e della disponibilità del patrimonio comporta che il fallito non può estate in giudizio, né come attore né come convenuto, nelle cause relative a rapporti patrimoniali compresi nel fallimento. In suo luogo starà in giudizio il curatore. Il fallito può intervenire nel giudizio solo per le questioni dalle quali può dipendere un’imputazione di bancarotta a suo carico o se l'intervento è previsto dalla legge. L'apertura al fallimento determina l'interruzione dei processi pendenti, che dovranno essere proseguiti attraverso la costituzione del curatore o la citazione dello stesso ad opera della controparte. Effetti personali e penali del fallimento per il fallito Limitazioni della libertà Con la dichiarazione di fallimento, il fallito vede limitati alcuni diritti civili garantiti dalla Costituzione: diritto al segreto epistolare ed il diritto alla libertà di movimento. La corrispondenza indirizzata al fallito che non sia persona fisica viene consegnata direttamente al curatore. Questa regola è temprata nel caso di fallimento di una persona fisica, per evitare che il curatore prenda visione anche della corrispondenza a carattere privato e personale; in tal caso la corrispondenza continua ad essere recapitata al fallito, il quale ha l'obbligo di consegnare al curatore quella riguardante i rapporti compresi nel fallimento. Il fallito è tenuto a comunicare al curatore ogni cambiamento della propria residenza o del proprio domicilio e deve presentarsi agli organi della procedura ogni qualvolta è chiamato per fornire informazioni o chiarimenti. Queste limitazioni cessano automaticamente con la chiusura del fallimento. Incapacità civili e politiche Un secondo gruppo si limitazioni riguarda le capacità civili del fallito. Il fallito non può essere amministratore, sindaco, revisore o liquidatore di società; non può essere iscritto nell'albo degli avvocati o dei dottori commercialisti; non può svolgere la funzione di tutore, arbitro, notaio. Queste restrizioni colpiscono l'imprenditore per il solo fatto d'essere sottoposto a fallimento, ed in passato permanevano anche dopo la chiusura della procedura. Oggi cessano automaticamente con la chiusura del fallimento. Reati fallimentari La dichiarazione di fallimento espone il fallito a sanzioni penali per fatti compiuti prima del fallimento o anche successivamente e che la legge configura come reali in quanto diretti a recare pregiudizio ai creditori. Le principali figure di reati fallimentari sono: A) Bancarotta fraudolenta, che comprende una serie di fatti caratterizzati dal dolo dell’imprenditore (es. occultamento di beni); B) Bancarotta semplice, che è reato punito con pene. Più lievi in quanto riguarda fatti commessi dall’imprenditore solo con colpa (es. spese personali eccessive rispetto alla conduzione economica). Non configurano il reato di bancarotta i pagamenti e le operazioni compiuti in esecuzione di un concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione omologato ad esempio. C) Il ricorso abusivo al credito, che è il reato di chi ricorre o continua a ricorrere al credito dissimulando il proprio dissesto. La condanna per tali reati comporta, come pena accessoria, il divieto di esercitare un'impresa commerciale propria. E di ricoprire uffici direttivi presso qualsiasi impresa, rispettivamente per 10,,2 e 3 anni. Effetti del fallimento per i creditori Creditori concorsuali Il fallimento è diretto a soddisfare tutti coloro che sono creditori del fallito al momento della dichiarazione di fallimento. Il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito. Dalla sua data i creditori del fallito diventano creditori consorsuali; possono realizzare il loro credito solo attraverso la procedura fallimentare. Creditori concorrenti | creditori concorsuali acquistano il diritto di partecipare alla ripartizione dell’attivo fallimentare solo in seguito all'accertamento giudiziale del loro credito nelle forme stabilite dalla legge fallimentare. Diventano in tal modo creditori concorrenti. Di regola intercorre un certo intervallo di tempo fra il momento in cui si manifesta lo stato di insolvenza e quello in cui il fallimento è dichiarato. In tale periodo l'imprenditore può aver compiuto una serie di atti di disposizione che alterano l’integrità del proprio patrimonio ed arrecano pregiudizio ai creditori. Intervenuto il fallimento sorge l'esigenza di tutelare la massa dei creditori contro tali atti. Revocatori: Il problema sorge ogni qual volta il debitore sottrae i beni al suo patrimonio con pregiudizio dei propri creditori. Così, il legislatore ha risolto questo problema con l’azione revocatoria. Il singolo creditore può ottenere dal giudice che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione con i quali il debitore reca pregiudizio alle sue ragione e così soddisfarsi sui relativi beni, come se gli stessi non fossero mai usciti dal patrimonio del debitore. L'azione revocatoria ordinaria non è di agevole esercizio. Incombe sul creditore agente l’onere di provare l’eventus damni (l'impossibilità di soddisfarsi sul residuo patrimonio del debitore), nonché il consilium fraudis del debitore e, se l’atto è a titolo oneroso, anche del terzo. Revocatoria fallimentare L'azione revocatoria ordinaria è esercitabile anche in caso di fallimento di un imprenditore ed è esercitata dal curatore nell'interesse di tutti i creditori. In caso di fallimento con la disciplina della revocatoria ordinaria concorre quella della revocatoria fallimentare. Questa si fonda su presupposti diversi e consente una più agevole ricostruzione del patrimonio da sottoporre all'esecuzione concorsuale. Il principio ispiratore della revocatoria fallimentare è che tutti gli atti posti in essere dall’imprenditore in stato di insolvenza si presumono pregiudizievoli per i creditori perché idonei ad alterare la par condicio creditorum. Il curatore che agisce in revocatoria è dispensato dall’onere di provare l’eventus damni ed il consilium fraudis. Presupposti della revocatoria fallimentare sono: A) Lo stato di insolvenza dell’imprenditore; B) La conoscenza dello stato di insolvenza da parte del terzo. Spetterà a questo provare che l'atto non ha arrecato alcun danno alla massa dei creditori per sottrarsi alla revocatoria fallimentare. Nella revocatoria fallimentare la posizione del curatore è agevolata in quanto: A) Gliatti posti in essere dall’imprenditore in un certo periodo anteriore alla dichiarazione di fallimento i si presumono compiuti in stato di insolvenza , sicché sarà il terzo a dover provare che in concreto l'imprenditore non era già insolvente. B) Per alcuni atti è posta anche una presunzione relativa di conoscenza dello stato di insolvenza da parte del terzo, sicché sarà ancora una volta questi a dover provare che in concreto ignorava lo stato di insolvenza dell’imprenditore. Il curatore avrà bisogno di ricorrere all’azione revocatoria ordinaria solo se intende colpire atti compiuti in epoca anteriore a quella coperta dalla revocatoria fallimentare, ovvero atti posti in essere dagli aventi causa del fallito, assumendosi l'onere di provare l’eventus damni e il consilium fraudis. Effetti Sono identici gli effetti della revocatoria ordinaria e fallimentare. L'atto di disposizione revocato resta valido, ma è inefficace nei confronti della massa dei creditori. Il terzo che ha subìto la revocatoria dovrà restituire al fallimento quanto in precedenza ha ricevuto dal fallito o l'equivalente in denaro se la restituzione in natura è impossibile. Il creditore sarà ammesso al passivo del fallimento per il suo eventuale credito. Verso il fallito e parteciperà alle ripartizioni dell’attivo in concorso con gli altri creditori. Decadenza L'attuale disciplina prevede che tutte le azioni revocatorie esercitate dal curatore debbano essere promosse a pena di nullità entro 3 anni dalla dichiarazione di fallimento e comunque non oltre 5 Anni dal compimento dell'atto. Revocatoria di diritto Vi è una categoria di atti che è priva di effetti nei confronti dei credito, per il solo fatto della sopravvenuta dichiarazione di fallimento. Sono: 1) Gliattia titolo gratuito compiuti nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento. Sono esclusi i regali d’uso e gli atti compiuti in adempimento di un dovere morale o scopo di pubblica. Utilità, purché proporzionati al patrimonio del donante. 2) | pagamenti di debiti che scadono nel giorno della dichiarazione di fallimento o successivamente, anch'essi compiuti nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento. Per questi atti il curatore non ha bisogno di agire in giudizio per l'accertamento della loro inefficacia. Il terzo è tenuto a restituire al fallimento quanto ricevuto; è irrilevante la sua ignoranza dello stato di insolvenza. Revocatoria giudiziale Tutti gli altri atti sono revocabili in seguito ad azione giudiziari promossa dal curatore. Gli atti soggetti a revocatoria sono distinti in 2 categorie: a) Quelli peri quali la conoscenza dello stato di insolvenza si presume, sicché spetterà. AI terzo provare la sua ignoranza; b) Quelli per i quali il curatore deve provare che il terzo conosceva lo stato di insolvenza. Atti anormali La prima categoria comprende gli atti anormali di gestione, compiuti nell’anno o nei sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento. Essi sono : 1) Gliattia titolo oneroso, compiuti nell’anno anteriore, caratterizzati da una notevole sproporzione fra la prestazione a carico del fallito e quella a carico della controparte. La sproporzione è rilevante quando le prestazioni eseguite eo le obbligazioni assunte del fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso; 2) | pagamenti di debiti pecuniari, scaduti e esigibili, effettuati con mezzi anormali di pagamento, sempre se compiuti nell’anno anteriore al fallimento; 3) 1pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costitutive, sempre nell’anno anteriore, per debiti preesistenti non scaduti; 4) | pegni, le anticresi, le ipoteche volontarie e le ipoteche giudiziarie per debiti preesistenti ma scaduti, poste in essere nei sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento. Qui l’’atto, pulir sempre anormale desta minori sospetti dato che il fallito si trovava nella necessità di pagare essendo il debito già scaduto. Per tutti questi atti spetterà al terzo convenuto in revocatoria dare la prova, non facile, CGUE ignorava lo stato di insolvenza. Atti normali Per la seconda categoria di atti sottoposti a revocatoria giudiziale, è il curatore a dover provare che il terzo conosceva lo stato di insolvenza quando l'atto fu compiuto, trattandosi di atti che rientrano nel normale svolgimento dell’attività d'impresa. Rientrano in tal e categoria, purché compiuti nei sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento: a) |pagamenti di debiti liquidi ed esigibili effettuati con mezzi normali; b) Gliatti costitutivi di diritti di prelazione per debiti sorti contestualmente; c) Ogni altro atto a titolo oneroso. Atti non revocabili Non sono revocabili: 1) | pagamenti di beni e servizi effettuati nell'esercizio dell'attività d'impresa nei termini d’uso; 2) | pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro a dipendenti e collaboratori anche non subordinati del fallito; 3) Le vendite a giusto prezzo d’immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l'abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado. Lo stesso vale peri preliminari di tali contratti; 4) Le vendite a giusto prezzo ed i preliminari di vendita di immobili destinati a costituire la sede principale dell'attività d'impresa dell'acquirente. È necessario che, alla data della dichiarazione di fallimento dell’alienante, l'acquirente abbia già iniziato l’attività d'impresa nell’immobile o anche solo che abbia compiuto negli investimenti per avviarla. Rapporti continuativi o reiterati Quando la revoca ha ad oggetto atti che estinguono posizioni passive derivanti da rapporti continuativi o reiterati, il creditore è tenuto a restituire al fallimento solo l'importo di cui si è complessivamente ridotta l'esposizione debitoria del fallito nel periodo rilevante per la revocatoria (regola del massimo scoperto). Deve restituire una somma pari alla differenza fra l'ammontare massimo raggiunto dalle sue pretese, nel periodo per il quale è provata la conoscenza dello stato di insolvenza, e l'ammontare residuo delle stesse alla data in cui si è aperto il concorso. Rientrano in questa ipotesi anche le rimesse effettuate su un conto corrente bancario. Piani isanamento attestati Non sono revocabili i pagamenti e le garanzie concesse su beni del fallito posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento dell'esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria. La veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano devono essere attestate da un professionista indipendente, designato dal debitore, iscritto nel registro dei revisori legali ed appartenente ad una delle categorie indicate dalla legge. Il piano piò essere pubblicato nel registro delle imprese su richiesta del debitore. Accordi di ristrutturazione dei debiti. Concordato preventivo. Analoga esenzione è prevista per i pagamenti e le garanzie posti durante la procedura di concordato prevendita o esecuzione del concordato stesso. Lo steso vale per gli atti posti in essere in esecuzione di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato oppure idi un accordo di composizione delle crisi da sovraindebitamento; nonché per il pagamento, alla scadenza di servizi strumentali all'accesso alle procedure concorsuali e di concordato preventivo. Altre esenzioni Sono sottratte alla disciplina della revocatoria fallimentare: A) Le ipoteche concesse a garanzia di operazioni di credito fondiario, le opere pubbliche ed agrario e ipagamenti effettuati dal debitore a fronte dei relativi crediti; B) Le operazioni di credito su pegno (ossia i coli prestiti concessi a tassi modesti e garantiti da pegno su cose mobili, in passato erogati soprattutto da Monti di Pietà). Una disciplina particolare è prevista per il pagamento di cambiali, per le cessioni di crediti realizzate nell’ambito di operazioni di factoring o di cartolarizzazione di crediti. Rapporti fra i coniugi Non è raro che il coniuge si presti a far da tramite per il compimento di atti pregiudizievoli ai creditori nell’approssimarsi della dichiarazione di fallimento. La l’effe fallimentare detta una disciplina particolarmente rigorosa per gli atti di disposizione intercorsi fra il fallito ed il coniuge. Atti fra coniugi Anche la vendita a termine o a rate con riserva di proprietà rimane sospesa per effetto del fallimento i, ma con un'eccezione: il fallimento del venditore non comporta lo scioglimento del contratto. Al curatore non è consentita alcuna scelta; il contratto prosegue ed il compratore in bonis diventa proprietario col pagamento dell'ultima rata. Preliminare di vendita di immobili Rimane sospeso il preliminare di vendita di immobili, fermo restando che per essere opponibile al. Fallimento tale contratto deve essere trascritto e la trascrizione deve essere ancora efficace alla data di apertura della procedura. Se il curatore opta per. Lo scioglimento, il credito che il promittente acquirente insinua nel fallimento è assistito da privilegio speciale sull'immobile oggetto del preliminare.re gole speciali sono previste per i preliminari di vendita aventi ad oggetto un immobile destinato a costituire l'abitazione principale dell’acquirente o di cuoi parenti ed affini entro il terzo grado, ovvero la sede principale dell'impresa dell'acquirente stesso; e per i preliminari di vendita di immobili da costruire. Contratti ad esecuzione o continuata periodica La disciplina dei contratti ad esecuzione continuata o periodica, come la somministrazione, è più semplice. La scelta spetta al curatore che, se opta per la prosecuzione del contratto, dovrà pagare per l’intero anche il. Prezzo delle consegne già avvenute o dei. Servizi già erogati. Fallimento del mandante Dopo la riforma del 2006,, rimane sospeso anche il mandato in caso di fallimento del mandante, ma con una peculiarità. Se il curatore subentra nel contratto, i crediti del mandatario sono sì da soddisfare in pre deduzione , ma solo per l’attività compiuta dopo il fallimento. Mandato in rem propriam Questa regola è da ritenere applicabile anche al mandato in rem propriam; il mandato conferito anche nell'interesse del mandatario o di terzi. Se il curatore subentra, le conseguenze sfavorevoli per gli altri creditori sono neutralizzate. Si ritiene che il mandatario debba restituire al fallimento le somme riscosse dopo la dichiarazione di fallimento; e si esclude inoltre. Che lo stesso possa compensare il debito di restituzione con il credito che vanta verso il fallito. Leasing Rimane sospeso anche il contratto di leasing finanziario in caso di fallimento dell’utilizzatore. Altri contratti Fra i contratti che sono soggetti alla regola della sospensione in via residuale, in quanto non destinatari di una speciale disciplina, meritano di essere ricordati in particolare: A) L'associazione in partecipazione in caso di fallimento dell'associato; B) Il contratto di agenzia in caso di fallimento del preponente. Per quanto riguarda il rapporto di lavoro subordinato trova applicazione la disciplina specifica in materia di licenziamento. L’esercizio provvisorio dell'impresa. L’affitto di azienda. Con la dichiarazione di fallimento l’attività di impresa si arresta ed i beni aziendali sono destinati ad essere liquidati per soddisfare i creditori. Si può avere una continuazione dell’attività quando ciò è funzionale ad una migliore liquidazione del complesso aziendale o si spera di venderlo in blocco. Ci sono due ipotesi al riguardo. Esercizio provvisorio La prima si ha con la dichiarazione di fallimento. Il tribunale nella sentenza che lo dichiara può disporre l'esercizio provvisorio dell'impresa anche limitatamente a specifici rami dell'azienda se falla interruzione può derivare un danno grave, purché non arrechi pregiudizio ai creditori. La seconda interviene dopo che è stato nominato il comitato dei creditori. Questo deve pronunziarsi sull'opportunità di continuare o di riprendere, in tutto o in parte, l'esercizio dell'impresa, fissandone anche la durata. Solo se il parere è favorevole il giudice delegato su proposta del curatore può disporre la continuazione o la ripresa dell'attività. La continuazione dell’esercizio dell'impresa è provvedimento che richiede particolare cautela date le conseguenze che la stessa produce per i creditori concorsuali e per l'imprenditore fallito. Durante l’esercizio provvisorio tutti i contratti pendenti proseguono salvo che il curatore non intenda sospenderne l'esecuzione o scioglierli. Le obbligazioni assunte dal curatore per la continuazione dell’esercizio dell'impresa costituiscono debiti della massa da soddisfare in pre deduzione. La continuazione dell'attività può comportare l'assorbimento di larga parte dell’attivo da parte dei nuovi creditori, con grave pregiudizio per i creditori concorsuali, anche privilegiati. Le obbligazioni assunte dal curatore, che si sostituisce al fallito nella gestione dell'impresa, sono e restano imputabili al fallimento. Dovranno essere da questi soddisfatte dopo la chiusura del fallimento, se non trovano capienza nell’attivo fallimentare. La continuazione dell'esercizio dell'impresa è provvedimento eccezionale che si giustifica solo se tende alla migliore liquidazione del patrimonio del fallito. Non può essere piegata a fini di conservazione dei posti di lavoro o a tentativi di risanamento dell'impresa come in passato è avvenuto. L'attuale disciplina dispone che durante l'esercizio provvisorio il curatore informi il comitato dei creditori sull'andamento della gestione, affinché quest’ultimo si pronunci sull'opportunità di continuare l’esercizio. Se il comitato dei creditori non ravvisa l'opportunità di continuare l'esercizio provvisorio, il giudice delegato ne ordina le cessazione. La cessazione dell’esercizio provvisorio può essere ordinata anche dal tribunale in qualsiasi momento, laddove ne ravvisi l'opportunità, con decreto non soggetto a reclamo. Affitto dell'azienda La conservazione del complesso aziendale in vista di una vendita in blocco può essere realizzata anche attraverso il non facile affitto dell'azienda. È soluzione preferita nella prassi, in quanto presenta il vantaggio di non far gravare sulla massa fallimentare i debiti contratti dall’affittuario nell’esercizio dell'impresa. L'attività di impresa è imputabile all’affittuario che la gestisce personalmente ed assume in proprio le relative obbligazioni, mentre dovrà corrispondere al fallimento il canone pattuito. L’affitto dell'azienda o di specifici rami di essa è autorizzato dal giudice delegato, su proposta del curatore e previo parte favorevole del comitato dei creditori, quando appaia utile al fine della più proficua vendita dell’azienda o di parti di essa. L’ affittuario è prescelto dal curatore, tenuto conto non solo dell'ammontare del canone offerto, ma anche delle garanzie offerte sulla prosecuzione delle attività imprenditoriale e sulla conservazione dei livelli occupazionali. L’affitto dell'azienda non deve intralciare o ritardare la liquidazione dei beni: la legge prescrive che di tale esigenza si tenga conto nel determinare la durata del contratto. Per la stessa ragione il contratto dve prevedere il diritto del curatore di recedere. In tal caso, all’affittuario è dovuto solo un giusto indennizzo da soddisfare in pre deduzione. L’ affittuario subentra in tutti i contratti aziendali che non abbiano carattere personale e non siano sciolti in seguito al fallimento. Non dve accollarsi i debiti pregressi, salvo quelli derivanti da rapporti di lavoro subordinato. Alla fine dell'affitto, il complesso aziendale viene retrocesso al fallimento. Il fallimento non assume alcuna responsabilità per i debiti sorti durante l’affitto, nemmeno per i debiti di lavoro. L’affittuario rimane unico debitore per le obbligazioni che assume e i creditori concorsuali sono così posti al riparo, almeno in parte, delle conseguenze di una cattiva gestione da parte di quest’ultimo. Sui rapporti pendenti al momento della retrocessione si producono gli effetti normalmente connessi alla dichiarazione di fallimento. Essi rimangono sospesi finché il curatore non decida se scioglierli o subentrare. All’affittuario è riconosciuto per legge diritto di prelazione in caso di successiva vendita dell'azienda, per le imprese soggette alla disciplina sulla cassa integrazione. Per altre imprese, il diritto di prelazione dell’affittuario può essere concesso convenzionalmente, previa autorizzazione del giudice delegato e parere favorevole del comitato dei creditori. L’accertamento del passivo L'accertamento del passivo p la fase centrale della procedura fallimentare. È diretta ad accertare quali creditori hanno diritto di partecipare alle ripartizioni dell'attivo, l'ammontare dei loro credito e le eventuali cause di prelazione. Con l'ammissione al passivo i creditori da concorsuali diventano concorrenti. Le domande jone La procedura di accertamento del passivo si apre con la domanda di ammissione dei creditori, sollecitati dal curatore con apposito avviso. Oggi anche i titolari di crediti pre deducibili hanno l’onere di presentare domanda di insinuazione al passivo. Sono esonerati da accertamento i compensi liquidati dal giudice delegato a coloro che hanno prestato opera nell’interesse dal fallimento; in questo caso il rimedio è il reclamo al tribunale contro il provvedimento che determina il compenso. La donna da si presenta con ricorso da trasmettere all'indirizzo di posta elettronica certificata indicato nell'avviso del curatore, almeno trenta giorni prima della data dell’udienza di esame dello stato passivo. Deve indicare la procedura a cui si intende partecipare, le generalità del creditore, l'oggetto del credito, gli elementi di diritto su cui si fonda. | creditori privilegiati devono specificare il titolo e le caratteristiche della prelazione vantata, altrimenti sono considerati chirografari. Sul creditore incombe anche l’onere di provare che il suo credito è anteriore alla dichiarazione di fallimento. Nella domanda di ammissione i creditori devono indicare l'indirizzo di posta elettronica presso il quale ricevere tutte le comunicazioni relative alla procedura; in mancanza, tali comunicazione di effettuano esclusivamente mediante deposito in cancelleria. Domande di rivendicazione Analoga domanda deve essere presentata per la restituzione o rivendicazione di beni di proprietà di terzi che sono stati appresi alla massa fallimentare in quanto erano in possesso del fallito (es. cose date in deposito al fallito). Se i beni rivendicati non sono stati acquistati all’attivo della proceduta, il terzo dovrà spolpò insinuarsi al passivo come creditore chirografario per recuperare il valore che le cose avevano al giorno della dichiarazione di fallimento. La domanda di ammissione al passivo produce gli effetti della domanda giudiziale, interrompe il decorso della prescrizione fino alla chiusura del fallimento. Il procedimento di accertamento del passivo si articola in 2 fasi (una necessarie e un eventuale): la prima, ad opera del curatore e del giudice delegato, consiste nella predisposizione dell’elenco dei crediti ammessi alla procedura, nonché dei diritti spettanti a terzi sui beni della massa; la seconda, di fronte al tribunale fallimentare, è quella delle impugnazioni. Il progetto di stato passivo Riguardo alla prima fase, in base all’attuale disciplina, sulla base delle domande presentate, il curatore predispone un progetto di stato passivo nel quale deve indicare: A) |crediti ammessi, divisi in crediti chirografari e crediti privilegiati; B) | crediti non ammessi in tutto o in parte o per i quali non si riconosce la natura privilegiata; C) crediti ammessi con riserva, come quelli sottoposti a condizione e quelli per i quali non è stato presentato il titolo per fatto non imputabile al creditore. In un separato elenco sono inclusi i titolari di diritti di beni di proprietà o in possesso del fallito. Per ciascun diritto riconosciuto o non riconosciuto, il curatore deve motivare le proprie conclusioni. È suo onere sollevare le eccezioni non rilevabili d'ufficio dal giudice (es. prescrizione del credito, compensazione ecc.). Può sollevare tali eccezioni anche se è prescritta la relativa azione. Il progetto di stato passivo è depositato in cancelleria, almeno 15 giorni prima di quello fissato per l’udienza di esame, e trasmetto nello stesso termine ai creditori ed ai titolari ti di diritti sui beni quando ricorrono gravi e giustificati motivi; può impedire il perfezionamento della vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto. Ripartizione dell’attivo Le somme che si rendono via via disponibili sono ripartite fra i creditori ed acquista rilievo la distinzione fra crediti pre deducibili, privilegiati e chirografari. | crediti pre deducibili Prima di fare qualsiasi ripartizione tra i creditori concorrenti, si deve provvedere al pagamento dei crediti pre deducibili. Le somme necessarie per soddisfarli vengono prelevate dalle disponibilità liquide, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti. | crediti pre deducibili liquidi vengono soddisfatti man mano che diventano esigibili, con l'autorizzazione del comitato dei creditori o del giudice delegato. Se l'attivo non è sufficiente a soddisfare tutti i crediti pre deducibili, gli stessi sono soddisfatti nell’ambito del procedimento di riparato, secondo i criteri della graduazione fra crediti privilegiati e chirografari e della par condicio fra creditori di pari grado. Credi privilegiati e chirografari Il ricavato della vendita dei beni oggetto di pegno ed ipoteca viene devoluto per il pagamento dei creditori a cui spetta la relativa garanzia. Quanto residua dopo il pagamento dei crediti pre deducibili e di quelli assistiti da garanzia reale è destinato al pagamento degli altri creditori privilegiati. Ciò nei limiti del ricavato della vendita dei beni su cui insiste il privilegio. Quanto residua ulteriormente è destinato al pagamento proporzionale dei crediti chirografari e dei creditori privilegiati per la parte del loro credito eventualmente rimasta insoddisfatta. Le somme che spettano ai creditori sono assegnate loro con periodiche ripartizioni parziale, cui segue una ripartizione finale. Ripartizioni parziali Per le ripartizioni parziali, ogni 4 mesi a partire dalla data di esecutività dello stato passivo il curatore presenta al giudice delegato un prospetto delle somme disponibili ed un progetto di ripartizione delle medesime. Per ordine del giudice delegato, il progetto di ripartizione viene depositato in cancelleria e trasmesso in via telematica a tutti i creditori, che possono presentare reclamo davanti allo stesso giudice delegato. Scaduti i termini per l’impugnazione, il giudice delegato rende esecutivo il progetto di ripartizione, previo accantonamento delle somme contestate, la cui destinazione sarà stabilita dalla decisione sul reclamo. Le ripartizioni parziali non possono superare l’80% delle somme disponibili. Sono trattenute le somme necessarie per le spese della procedura, per pagare il compenso al curatore e ogni altro pre deducibile, nonché le somme dovute ai creditori incerti. Gli altri creditori sono pagati dal curatore nei modi stabiliti dal giudice delegato. Rendiconto del curatore Esaurita la liquidazione dell'attivo, il curatore rende al giudice delegato il conto della sua gestione. Questo è approvato dal giudice delegato in un’apposita udienza. Se sorgono contestazioni e sulle stesse non si raggiunge in udienza un accordo, si apre un giudizio contenzioso dinanzi al tribunale fallimentare che decide in camera di consiglio. Ripartizione finale Approvato il conto della gestione, viene liquidato il compenso al curatore. Si procede alla ripartizione finale dell’attivo, con la quale si distribuiscono anche gli accantonamenti precedentemente effettuati. La somma dovuta ai creditori incerti è depositata nei modi stabiliti dal giudice delegato, perché possa essere versata ai creditori a cui spetta. Se invece l'evento non si verifica, se ne fa oggetto di riparto supplementare fra gli altri creditori, dopo la chiusura del fallimento. La somma dovuta ai creditori che non si presentano o sono irreperibili è depositata presso un ufficio postale o una banca. Decorsi 5 anni, possono essere reclamate dagli altri creditori rimasti insoddisfatti, altrimenti sono incamerate dallo Stato. La chiusura del fallimento. L’esdebitazione. Oltre che per concordato fallimentare, il fallimento si chiude per: A) Mancata presentazione di domande di ammissione allo stato passivo nel termine stabilito dalla sentenza dichiarativa di fallimento. Può verificarsi quando fra il fallito e tutti i suoi creditori è raggiunto un accordo extragiudiziali per il pagamento di quanto dovuto dal debitore (concordato stragiudiziale); B) Pagamento integrale dei creditori ammessi al passivo e di tutti i debiti e le spese da soddisfare in pre deduzione prima che sia compiuta la ripartizione integrale dell’attivo. Ipotesi rara che può verificarsi quando le azioni diretta a reintegrare il patrimonio del fallito abbiano determinato un notevole incremento della massa attiva; C) Ripartizione integrale dell'attivo. È questa l'ipotesi più frequente in pratica, che lascia i creditori concorrenti parzialmente insoddisfatti. D) Impossibilità di continuare utilmente la procedura per insufficienza dell'attivo. Il che si verifica quando le attività rinvenute nel patrimonio del fallito sono talmente scarse da far prevedere che il tutto non consentirò di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorrenti, né i creditori pre deducibili e le spese di procedura. Decreto di chiusura La chiusura del fallimento è dichiarata con decreto motivato del tribunale su istanza del curatore, del fallito o d’ufficio. Il decreto è reclamabile dinanzi a la corte d'appello e in Cassazione. Il decreto di chiusura ha effetto quando non è più impugnabile per scadenza dei termini o quando il reclamo è stato definitivamente rigettato. Effetti Con la chiusura del fallimento decadono gli organi preposti alla procedura e cessano gli effetti del fallimento, sia per il fallito, sia per i creditori. Le azioni esperite dal curatore per l’esercizio dei diritti derivanti dal fallimento non possono essere proseguitare e mano che non siano state cedute a terzi durante la liquidazione o per effetto del concordato fallimentare. Il debitore rimane obbligato verso i creditori non interamente soddisfatti. Questi ultimi riacquistano la possibilità di proporre azioni esecutive individuali contro l’ex fallito. La liberazione del fallito dai debiti residui può aversi solo in 2 casi: quando il fallimento si chiude per concordato o quando il debitore ottiene l’esdebitazione del tribunale fallimentare. L’esdebitazione L'esdebitazione è un beneficio concesso al fallito persona fisica in presenza di particolari condizioni soggettive ed oggettive. Questo o beneficio è limitato ai soli debitori: A) Che ne siano meritevoli per aver svolto in modo corretto la propria attività ed aver mostrato buona condotta ed atteggiamento collaborativo durante la procedura fallimentare; B) Il cui fallimento abbia consentito il soddisfacimento almeno parziale dei creditori concorsuali. Quanto ai requisiti di meritevolezza è ammesso al beneficio al l’esdebitazione solo l'imprenditore che: 1) Ha cooperato con gli organi della procedura, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utile ed adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni. È escluso dal l’esdebitazione il debitore che ha tenuto comportamenti ostruzionistici durante il fallimento; 2) Nei 10 anni precedenti non ha beneficiato di altra esdebitazione 3) Non ha distratto l’attivo, o esposto debiti inesistenti, cagionato o aggravato il dissesto rendendo difficoltosa la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari o fatto ricordo abusivo al credito. 4) Nonè stato condannato per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l'economia pubblica, l'industria ed il commercio ed altri delitti compiuti in connessione con l’esercizio dell’attività di impresa. In presenza di queste condizioni il tribunale con lo stesso decreto di chiusura del fallimento dichiara inesigibili nei confronti dell’ex fallito i debiti concorsuali non soddisfatti integralmente. Se non è disposta con il decreto di chiusura, il debitore può presentare istanza di esdebitazione con ricorso al tribunale entro l’anno successivo. Contro il decreto che concede o nega l’esdebitazione qualunque interessato può presentare reclamo alla corte d'appello. L'esdebitazione opera su tutti i debiti anteriori all'apertura del fallimento, anche quelli per i quali non è stata presentata domanda di insinuazione al passivo. Rispetto ai creditori che non hanno partecipato al fallimento, l’effetto liberatorio si produce solo per l'eccedenza rispetto alla percentuale attribuita dal fallimento ai creditori concorrenti di pari grado. Sono salvi i diritti vantati dai creditori contro i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso. Fanno eccezione particolari categorie di debiti rispetto alle quali l’esdebitazione non opera: A) Gli obblighi di mantenimento e alimentari e comunque le obbligazioni derivanti da rapporti estranei all'esercizio dell'impresa; B) La responsabilità extracontrattuale e le sanzioni pecuniarie penali ed amministrative che non siano accessorie a debiti estinti. La riapertura del fallimento Il fallimento chiuso per ripartizione integrale o insufficienza dell'attivo può essere riaperto. Condizioni È necessario che: A) Non devono essere trascorsi 5 anni dal decreto di chiusura; B) Nel patrimonio del fallito si rinvengono nuove attività che rendono utile la riapertura o, il fallito offre garanzie di pagare almeno il 10% ai creditori vecchi e nuovi. La riapertura del fallimento può essere richiesta dal debitore o da qualsiasi creditore. Non può essere disposta d'ufficio. La riapertura è rimessa alla valutazione discrezionale del tribunale, che potrebbe ritenerla non conveniente per i creditori anche quando venga garantito il pagamento del 10% da parte del debitore. Per la riapertura del fallimento non è necessario l'accertamento dell’esistenza attuale dello stato di insolvenza. Effetti AI fallimento riaperto concorrono non solo i vecchi creditori ma anche i nuovi. | primi concorrono per la somma loro dovuta in base alla precedente ammissione, dedotto quanto hanno già percepito; essi possono chiedere la conferma del provvedimento di ammissione del fallimento precedente, a meno che non vogliano aggiungere al passivo ulteriori interessi. AI nomale procedimento di verifica sono sottoposti i nuovi creditori. | termini per l'esercizio delle azioni revocatorie relative ad atti compiuti dal fallito dopo la chiusura del fallimento sono computati dalla data della sentenza di riapertura. Nel contempo sono privi di effetto nei confronti dei creditori gli atti a titolo gratuito posteriori alla chiusura e anteriori alla riapertura del fallimento, stessa cosa per gli atti di disposizione tra i coniugi. Il tribunale, se può, deve richiamare in carica il giudice delegato ed il curatore del fallimento chiuso, mentre il comitato dei creditori è nominato ex novo.
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